10° Corso Nazionale
di Quarto Livello Europeo
di Formazione per Allenatori
delle Federazioni Sportive Nazionali
e Discipline Sportive Associate
>>>>>>> ANNO 2010 >>>>>>>>
“
Project Work
Applicazione della dieta
genetica nella
preparazione del ciclista di
alto livello
Autore: Christian Leghissa
Supervisore: Michelangelo Giampietro
Roma, 13 dicembre 2010
”
ABSTRACT
Questo studio si è proposto di evidenziare quale sia la collocazione della nutrigenetica
all’interno di una disciplina sportiva complessa come il ciclismo. Si è scelto pertanto di
sottoporre 2 ciclisti professionisti di sesso diverso, alla sperimentazione del programma
alimentare su base genetica dell’azienda G&Life di Trieste. Secondo le procedure
dell’azienda, le abitudini alimentari, il modo di allenarsi e lo stile di vita (anche al di
fuori dello sport) di ciascun soggetto sono stati
valutati attentamente tramite la
compilazione di un questionario. Ambedue i candidati sono stati poi sottoposti ad
un’analisi genetica per valutare il loro profilo genetico in relazione a 20 geni
appartenenti a 7 diverse aree metaboliche (metabolismo dei grassi, degli zuccheri e
dell’osso, intolleranza al lattosio, processi ossidativi, stile di vita, gusto). A partire dai
dati del questionario e dai risultati genetici ottenuti sono stati elaborati due piani
alimentari personalizzati. I due soggetti in esame hanno seguito questo programma per
un periodo di tempo di 60 giorni. Al termine di questo periodo è stato valutata
l’efficacia della dieta, sia in termini di performance sportiva che di benessere quotidiano
generale. Entrambi i soggetti hanno mostrato benefici, tranne nei periodi di allenamento
intenso. Pertanto si evince, seppur con una casistica troppo ristretta, che la nutrigenetica
rappresenta un buon punto di partenza ma sono comunque necessari ulteriori studi per
rendere il programma alimentare più aderente alle esigenze di uno sportivo
professionista.
i RINGRAZIAMENTI
Nella stesura di questo progetto di lavoro mi preme ringraziare innanzitutto tutto lo staff
di G-Diet per la grande disponibilità e cortesia dimostratami e per tutto l’aiuto fornito
durante la stesura stessa.
Un sentito ringraziamento và alla Dott.sa Barbara Sartori per il costante supporto, alla
Dott.sa Ilenia Lazzaro per la pazienza e l’applicazione, nonché ai due tester che mi
hanno costantemente comunicato in maniera molto esaustiva le molteplici variabili nel
seguire la dieta genetica.
Un ultimo doveroso ringraziamento và alla Federazione Ciclistica Italiana – Centro
Studi per avermi dato l’opportunità inerente la frequentazione e al supervisore Dott.
Michelangelo Giampietro per i validi consigli datomi durante la stesura e la
composizione del progetto di lavoro.
ii SOMMARIO
Abstract
i
Ringraziamenti
ii
Sommario
iii
1. Introduzione
1
2. Cos’è la Nutrigenetica
3
2.1. La medicina predittiva
3. Interazione gene-dieta
6
7
3.1.Le aree metaboliche
9
3.2.Geni analizzati nel test G-Diet
13
4. L’esame pratico: due agonisti si sottopongono a G-Diet
21
4.1.I due tester
21
4.2.Il metodo
21
4.3.I risultati
24
4.4.Considerazioni
30
5. Conclusione
32
6. Lista dei riferimenti bibliografici
35
iii 1. INTRODUZIONE
Il ruolo dell’alimentazione per il mantenimento di uno stato di salute corretto viene
menzionato già nel lontano V secolo a.C. da Ippocrate. E’ per tale motivo che negli
ultimi anni la correlazione benessere – alimentazione si è fatta ancor più pressante, sotto
la spinta di osservazioni epidemiologiche e cliniche.
L’alimentazione scorretta di ogni singolo individuo, talvolta associata al fumo e ad uno
stile di vita non particolarmente salutare, hanno fatto sì che, buona parte della
popolazione abbia disturbi come malattie cardiovascolari, cancro e diabete. Allo scopo
di indirizzare, anche visivamente, la popolazione ad assumere comportamenti alimentari
più sani e a intensificare l’attività fisica, si sono costruite nel tempo una serie di
piramidi alimentari.
Nel 2002 i nutrizionisti della Harvard Medical School hanno proposto una nuova
piramide alimentare, denominata Healthy Eating Pyramid, dalla quale si riconosce che
non tutti i grassi sono dannosi, e che esiste un possibile effetto negativo dovuto ai
cereali raffinati e agli zuccheri che vengono rapidamente assorbiti e che sarebbero causa
di rapidi innalzamenti di glicemia e insulinemia.
La piramide alimentare raccoglie quindi le più aggiornate informazioni nutrizionali
disponibili fino ad ora. Essa non rappresenta una costruzione intoccabile, ma si lega in
un certo senso alle nuove conoscenze della ricerca nel campo della nutrizione, nel quale
la medicina nutrizionale ha fatto molti progressi negli ultimi anni.
Recentissimi progressi compiuti dalla genetica hanno permesso di immaginare e
sviluppare uno schema di ricerca nutrizionale che sia ancor più aderente alle reali
necessità dell’organismo. Ed è proprio per rispondere a queste esigenze che nasce il
ricorso alla nutrigenetica
E’ pertanto possibile affermare che siamo entrati già da diverso tempo nell’era della
genetica applicata alla nutrizione: sebbene ognuno di noi sia unico in virtù dei propri
geni, è evidente che per tutti gli individui la salute e la condizione fisica dipendono in
buona parte dal modo in cui ci si alimenta.
Le differenze da individuo a individuo si manifestano sia esteriormente nel nostro
fisico, come il colore dei capelli e degli occhi, sia internamente, ad esempio nella
diversa capacità di metabolizzare i nutrienti o eliminare le tossine. L’insieme di queste
caratteristiche è definito fenotipo.
Figura 1: il genoma umano (immagine tratta da www.ilgiornale.it)
Lo studio del genoma umano permette di comprendere meglio l’effetto dei geni sul
funzionamento di un’organismo. Le differenze genetiche tra individui sono spesso
costituite da singole variazioni nella sequenza di basi del DNA, dette poliformismi o
SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms). Queste variazioni potrebbero spiegare
differenze nella nostra suscettibilità o resistenza a varie patologie, nonché essere utili
per prevedere la risposta del nostro corpo al trattamento farmacologico o ad una dieta.
Conoscere le variazioni genetiche ed il loro effetto sul metabolismo può quindi essere
fondamentale per individuare le predisposizioni individuali, al fine di mantenere e
migliorare lo stato di benessere.
Da ciò, l’esigenza di ricorrere ad esami approfonditi attraverso test specifici per poter
stabilire quale sia l’esatto rapporto tra il singolo individuo ed il singolo cibo.
Vi sono diversi laboratori nazionali e non che hanno deciso di analizzare questo tipo di
variazioni genetiche.
Questo project work si basa sul lavoro svolto fino ad ora dal gruppo di ricercatori e
nutrizionisti della G&Life, azienda giovane del comprensorio tecnologico dell’Area
Science Park di Trieste, il cui responsabile scientifico è il professor Paolo Gasparini
primario di genetica all'Ospedale Burlo Garofalo di Trieste.
Il progetto, denominato G-Diet, valuta globalmente una ventina di geni, responsabili del
gusto, del metabolismo degli zuccheri, dei grassi, dell’osso, e altri ancora correlati allo
stile di vita (es. la sedentarietà o l’attività fisica svolta, lo stress giornaliero, la tendenza
a mangiare/bere poco o troppo). Tutti i geni del nostro DNA presentano delle varianti, o
poliformismi (SNPs): nel caso dei venti geni dell’alimentazione, alcune varianti sono
favorevoli alla salute, altre no, ed è su queste ultime che si modellano i suggerimenti
dietetici o di stile di vita, ivi compreso l’esercizio fisico.
Da questo progetto è stato ideato un kit, chiamato G-Diet. Il punto di partenza è
l’elaborazione del profilo genetico della singola persona: sono state scelte 20 varianti
del DNA che hanno un considerevole impatto su 7 aree metaboliche; in base al profilo
ottenuto sono stati elaborati degli interventi nutrizionali e comportamentali specifici per
ogni singolo individuo.
Questo Project Work si propone di analizzare l’applicabilità del metodo alla dieta di
due sportivi di alto livello, a fine di ottimizzare le prestazione fisiche e non. E’ ben noto
infatti, il ruolo basilare svolto dalla alimentazione nella attività sportiva di alto livello:
nel corso di questo studio, il biker W.C. e la ciclocrossista I.L., si sono sottoposti alle
analisi genetiche, dello staff G&Life, al fine di redigere un piano alimentare bilanciato,
nonché di determinare la predisposizione a sviluppare patologie quali, ad esempio,
osteoporosi o diabete. Le analisi hanno evidenziato come, con specifiche modifiche
delle abitudini alimentari, sono spariti alcuni disturbi che i due atleti analizzati
avvertivano prima e dopo i pasti. In un caso c’è stato anche la diminuzione del peso
corporeo (e del conseguente indice di massa grassa a favore della massa magra e del
muscolo) e nell’altro, il miglioramento della performance sportiva. [1], [2]
2. COS’E’ LA NUTRIGENETICA
La nutrigenetica è la scienza che studia il ruolo dei geni e delle loro varianti ( SNPs )
nell’assorbimento, metabolismo e catabolismo degli alimenti. Aspira ad usare
l’informazione genotipica di un individuo per determinare le proprietà delle proteine
codificate da certi geni. Una variazione genetica, può modificare l’attività di un enzima,
e di conseguenza influenzare il metabolismo di un nutriente come ad esempio l’acido
folico.
Avere o non avere queste varianti non è però indice di malattia; è invece un buon
indicatore per attuare misure preventive su possibili squilibri metabolici, attraverso
programmi di alimentazione e stile di vita tagliati su misura.
Sono state redatte linee guida standard per una corretta alimentazione che sono basate
principalmente su studi epidemiologici e di intervento (e NON prove cliniche). Queste
linee guida sono state sviluppate per aiutare a mantenere uno stile di vita salutare più a
lungo possibile. Lo scopo della nutrigenetica è di modificare le linee guida alimentari
in base al profilo genetico (genotipo) e fenotipo individuale. Alcuni studi [3] hanno
recentemente dimostrato come una dieta costruita sul profilo genetico dia risultati più
duraturi e migliori in termini di raggiungimenti di normali livelli di glicemia e di
omocisteina.
Diverse prove su soggetti che si sono sottoposti alla dieta nutrigenetica rispetto a
quella tradizionale hanno dimostrato come essi abbiano conservato più a lungo il peso
forma, e mostrato una maggiore tendenza a raggiungere i livelli normali di glicemia.
Anche i livelli di omocisteina si sono stabilizzati in poche settimane, riducendo così il
rischio di aterosclerosi, ictus ed infarto del miocardio.
In termini pratici, con la nutrigenetica è possibile sviluppare una nutrizione
personalizzata alla costituzione genetica dell’individuo, tenendo conto della variabilità
dei geni coinvolti nel metabolismo del nutriente e del suo bersaglio. E’ perciò a tutti gli
effetti un’efficace terapia naturale, in quanto ci aiuta a prevenire o ritardare l’insorgenza
di patologie legate al metabolismo e allo stile di vita ( diabete, obesità, osteoporosi,
malattie cardiovascolari ecc.).
Questa scienza può pertanto fornirci un ausilio prezioso per il controllo del peso e per il
mantenimento dello stato di benessere, assicurando la giusta quantità di nutrienti
adattata a ciascun profilo genetico. [2], [3]
Figura 2:La dieta ideale è scritta nel DNA
La nutrigenetica può avvalersi di potenti strumenti in grado di fornire informazioni
specifiche, individuali e precoci, rispetto ai tradizionali sistemi diagnostici, sul ruolo
preventivo svolto dai nutrienti. Sono state messe a punto tecniche bio-molecolari per
caratterizzare i geni e per chiarire le interazioni tra questi e i nutrienti.
Le basi concettuali di questa nuova scienza possono essere riassunte nei seguenti punti:
•
i composti introdotti con la dieta possono esercitare a livello del genoma
umano effetti diretti o indiretti, alterando l’espressione e/o la struttura dei
geni;
•
la dieta può rappresentare un fattore di rischio o uno strumento di
prevenzione per le patologie degenerative;
•
il grado in cui la dieta può influenzare il bilancio salute/malattia dipende dal
corredo genetico di ciascun individuo;
•
un intervento nutrizionale basato sulla conoscenza del genotipo e dello stato
di nutrizione dell’individuo può essere usato per prevenire o curare le
patologie.
2.1. La medicina predittiva
Il progetto genoma umano ha consegnato alla comunità scientifica internazionale una
sequenza genetica di tre miliardi di paia di basi condivisa. Le differenze fra individui
sono costituite per la maggior parte da polimorfismi nucleotidici, ovvero cambiamenti
di una singola base nel DNA.
In campo medico, le nuove conoscenze sul genoma umano hanno permesso il
consolidarsi di una nuova dimensione molecolare della medicina, in particolare di un
settore definito come “Medicina Predittiva”, ovvero una medicina, che basandosi sulle
informazioni ricavabili dalla costituzione genetica di un individuo, possa anticipare una
stima del rischio di quest’ultimo di sviluppare una determinata patologia durante il
corso della vita.
L’interesse per la componente genetica della suscettibilità a malattie complesse sta
assumendo sempre più importanza nella medicina moderna, in quanto si sta mettendo in
evidenza il ruolo di alcuni polimorfismi genetici relativamente comuni, ma che se
associati tra loro e combinati con specifiche componenti ambientali, possono elevare
notevolmente il rischio di sviluppare patologie diffuse nella società industriale.
Con la nutrigenetica, il concetto di medicina personalizzata viene esteso all’area della
nutrizione. La variabilità genetica individuale, determinando come i nutrienti vengono
assimilati, metabolizzati, accumulati e in fine escreti, è alla base della peculiarità di
ciascuno nel rispondere alle molecole introdotte nell’organismo e, in generale, agli stili
alimentari e di vita.
Senza dubbio però la più affascinante delle opportunità che si aprono nel campo della
nutrigenetica è lo sviluppo, partendo dalle differenze genetiche individuali, di una
nutrizione personalizzata, allo scopo di ottenere una effettiva terapia dietetica salutare in
grado di prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie correlate all’alimentazione, per
singoli
individui
o
per
particolari
sottogruppi.
[4]
3. INTERAZIONE GENE-DIETA
Il concetto che le conoscenze sulle richieste nutrizionali, lo stato di nutrizione e il
genotipo di un individuo o di un sottogruppo di popolazione possano essere usate per la
prevenzione e la cura di alcune patologie risulta di facile e immediata comprensione per
quanto riguarda situazioni come le carenze nutrizionali, ma certamente meno ovvio per
un gruppo di circa 50 malattie genetiche umane causate dalla presenza di varianti in
geni che codificano per enzimi coinvolti in specifiche vie metaboliche. Ciascuno dei
nostri geni possiede circa 10 differenze nel suo codice rispetto al gene standard, queste
deviazioni vengono chiamate polimorfismi (SNPs = single nucleotide polymorphisms) e
le varianti che ne conseguono alleli. E ovvio che, vista la frequenza relativamente alta
con cui tali varianti ricorrono nel genoma, non tutti i polimorfismi causano gravi
implicazioni per la salute: la maggior parte di essi esibisce invece solo un lieve effetto
sulla funzionalità della proteina per cui codifica. Le differenze individuali che ne
risultano possono spiegare perché non tutti reagiamo in modo identico alle varie
sollecitazioni, e la nutrigenetica descrive appunto i cambiamenti nell’espressione
genica in seguito a uno specifico intervento nutrizionale. Le molecole che introduciamo
con la dieta possono modulare aspetti specifici della fisiologia cellulare, agendo da
ligandi per i recettori dei fattori di trascrizione, alterando le concentrazioni di substrati e
metaboliti e, tramite interazioni a livello degli acidi nucleici, influenzando specifiche
vie di trasduzione del segnale. [5]
I laboratori dell'Area Science Park di Trieste hanno messo a punto un possibile nuovo
approccio al cibo, che potrebbe aiutarci nel conseguimento del “peso forma” e di uno
stile di vita più sano. Il professor Paolo Gasparini, spiega che il profilo genetico offre
informazioni fondamentali sul metabolismo e sui comportamenti alimentari di una
persona: “Una volta ottenuto il profilo, lo rappresentiamo per aree metaboliche e per
ogni area metabolica proponiamo gli interventi da fare dal punto di vista nutrizionale e
comportamentale. Tutto questo contribuisce a migliorare il benessere individuale”.
“Alcuni individui - continua Gasparini - hanno delle variazioni genetiche che li rendono
particolarmente sensibili all’amaro e di conseguenza tendono a eliminare dalla dieta cibi
come i broccoli, il radicchio e altre verdure, la birra, l’acqua tonica, il caffè. La
conseguenza è che rischiano carenze alimentari ed è bene allora suggerire, per la loro
dieta, fonti alternative di vitamine e sali minerali”. Al contrario, il rischio per chi ha una
scarsa percezione dell'amaro e del piccante è quello di essere troppo attratto da cibi e
bevande nuovi e quindi maggiormente a rischio di obesità. I più sfortunati potrebbero
presentare anche una variante sfavorevole della grelina, un ormone che stimola
l'appetito, con il risultato di combattere sempre con un senso di fame accentuato.
3.1. Le Aree Metaboliche
Vengono prese in esame diverse aree metaboliche, al fine di poter elaborare una dieta
il più possibile coerente con le caratteristiche genetiche della persona che si sottopone al
test.
Figura 3: aree metaboliche e relativi geni analizzati nel test G-diet
GUSTO: il gusto guida la scelte dei cibi, rendendo quindi più facile eventuali
cambiamenti di comportamento a tavola. Tutti noi tendiamo a consumare cibi graditi al
palato e a scartarne altri, seppur più salutari. In natura il forte gusto amaro è tipico di
numerosi veleni e sostanze tossiche. Per un meccanismo ancestrale difensivo, molte
persone evitano gli alimenti amari. Il gusto dolce, invece, come quello della frutta è
sempre gradito.
La percezione gustativa può variare con l’età, è sensibile alle modificazioni ormonali e
risente delle abitudini alimentari pregresse.
È possibile distinguere tra tre tipologie di persone: i non taster, medium taster e super
taster.
I non taster sono coloro che percepiscono l’amaro senza esserne infastiditi. Sono capaci
di apprezzare una larga varietà di gusti come il dolce, il salato, l’acido e il piccante. Le
scelte alimentari ricadono su una vasta gamma di cibi e possono apprezzare anche
preparazioni complesse o abbinamenti gustativi particolari.
I medium taster sono coloro che percepiscono il gusto amaro senza avere una soglia
così bassa da esserne infastiditi. Possono consumare alcuni alimenti dal sapore
amarognolo, ma tendono a escluderne altri la cui componente amara è più accentuata.
Apprezzano il dolce e il salato e non sempre gradiscono l’acido e il piccante.
I super taster sono coloro in grado di cogliere negli alimenti anche minime tracce di
componenti amari. Possono essere infastiditi dai gusti decisi e piccanti, pertanto
potrebbero limitare le scelte e seguire un’ alimentazione monotona rischiando così di
non assumere nutrienti importanti per restare in forma.
INTOLLERANZA AL LATTOSIO: è in genere dovuta a una ridotta funzionalità di un
enzima, la lattasi. Nella maggior parte dei casi, questo deficit è ereditario, cioè
trasmesso dai genitori ai figli. L'intolleranza al lattosio si manifesta con flatulenza,
meteorismo, crampi addominali, diarrea e dimagrimento. In caso di difformità
intestinali i sintomi possono trarre in inganno: oltre a sintomi sopra citati, si possono
avere diarrea e stitichezza alternati con un forte aumento delle dimensioni del ventre. La
diagnosi è possibile con il test del respiro (breath test secondo la dizione inglese) con la
biopsia duodenale ed attraverso uno specifico esame del sangue. Esiste una forma
"transitoria" di intolleranza al lattosio, particolarmente frequente in età pediatrica. La
terapia è alimentare e prevede l'esclusione totale dalla dieta dei cibi contenenti il lattosio
(principalmente latte vaccino, latte di capra, latticini freschi, gelati, panna e molti dolci
contenenti latte) o l'utilizzo di prodotti commerciali contenenti lattosio predigerito; Altri
rischi possono presentarsi con l'assunzione di cibi come prosciutti cotti o insaccati dove
il lattosio viene aggiunto come additivo al fine di mantenere una giusta morbidezza
delle carni. Anche altri alimenti come i cibi precotti, alcuni tipi di pane in cassetta e
molti farmaci possono contenere lattosio. [6]
PROCESSI OSSIDATIVI: i responsabili dei processi ossidativi sono i radicali liberi,
molecole che per la loro reattività chimica sono in grado di danneggiare le cellule.
Quando i radicali liberi si trovano in eccesso si parla di stress ossidativo, causa
dell’invecchiamento dei tessuti, della pelle e degli organi. Alcune molecole, dette
antiossidanti, sono in grado di ridurre questo processo; tra queste l’acido folico, e le
vitamine B6 e B12, che sono presenti in numerosi alimenti. [7]
METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI: gli zuccheri o carboidrati rappresentano la
fonte principale di energia nel nostro metabolismo e conseguentemente occupano un
posto rilevante nella dieta dell’uomo. Si dividono in carboidrati semplici e complessi. I
carboidrati semplici si trovano normalmente nella frutta e verdura, nei latticini, nonché
in caramelle, miele, zucchero da tavola e sciroppi. I carboidrati complessi si trovano nel
pane, nei cereali, legumi, riso e pasta. Il metabolismo trasforma i carboidrati in glucosio
e glicogeno. Il glucosio rappresenta la risorsa energetica che l’organismo utilizza
prontamente, mentre il glicogeno è la forma in cui l’energia viene depositata e utilizzata
quando la concentrazione di glucosio libero è insufficiente. L’assunzione dei carboidrati
provoca un immediato aumento della glicemia.
METABOLISMO DEI GRASSI: nell’organismo umano i grassi o lipidi sono
componenti strutturali delle membrane cellulari. Costituiscono una forma di
immagazzinamento dell’energia e sono le sostanze da cui derivano molte importanti
molecole. Sono così classificati:
•
lipidi semplici come i trigliceridi (i grassi più rappresentati nell’organismo), gli
acidi grassi saturi (che aumentano il livello di colesterolo totale e di lipoproteine
LDL nel sangue, favorendo il processo arteriosclerotico) e gli acidi grassi
insaturi (che tendono a fare diminuire il colesterolo totale e LDL nel sangue);
•
lipidi composti, ovvero i fosfolipidi (che, sintetizzati all'interno delle cellule,
soprattutto nel fegato, servono al trasporto degli altri grassi e a formare le
membrane cellulari) e le lipoproteine (tra le quali le LDL e le HDL);
•
lipidi derivati, il più noto dei quali è il colesterolo tipico esclusivamente dei
tessuti animali.
I grassi svolgono funzioni essenziali nell'organismo. Per esempio, il colesterolo è un
elemento strutturale delle membrane cellulari, serve alla sintesi degli ormoni steroidei, è
il precursore della vitamina D nonché degli acidi biliari. Oltre che da fattori genetici, il
metabolismo dei grassi è regolato anche da fattori ambientali come il fumo di sigaretta,
il consumo di alcool, la composizione della dieta e l'attività fisica. Da uno
sbilanciamento tra i fattori genetici e quelli ambientali possono derivare malattie
cardiovascolari.
METABOLISMO DELL’OSSO: L’osso è un tessuto continuamente sottoposto a
demolizione e rigenerazione. Oltre che alla funzione di sostegno, il sistema osseo è
responsabile anche dell’immagazzinamento di calcio e fosforo, che sono richiesti da
tutte le reazioni biochimiche dell’organismo per il funzionamento neuro-muscolare e
per la fornitura dell’energia metabolica. L’osteoporosi rappresenta la più frequente
malattia metabolica dello scheletro, caratterizzata da una riduzione della massa ossea e
da un’alterazione della struttura, con conseguente aumento della fragilità e della
suscettibilità alle fratture. La massa ossea è fortemente influenzata dunque dalle carenze
alimentari, dagli squilibri ormonali e dall’uso di farmaci come i cortisonici.
STILE DI VITA: si parla molto e spesso dello stile di vita che ognuno di noi conduce.
Tutti noi abbiamo delle esigenze diverse e variabili a seconda delle abitudini. Vi sono
comunque alcuni fattori di rischio che influenzano in modo negativo la durata della vita
in un essere umano, fra i quali possiamo citare il fumo, l’ipertensione, l’abuso di alcool
e droghe, l’ipercolesterolemia ed il sovrappeso, quest’ultimo dovuto troppo spesso ad
una vita sedentaria, povera di attività ginniche sportive.
3.2. I geni analizzati nel test G-DIET
In ognuno delle sopra citate aree metaboliche vi è poi la suddivisione dei geni presi in
considerazione dal test :
IL GUSTO:
LA LEPTINA
La Leptina, dal greco leptos, magro è un piccolo ormone di natura proteica. E`
fortemente coinvolta nella regolazione del metabolismo lipidico e del consumo
energetico. Essa viene prodotta soprattutto a livello del tessuto adiposo bianco,
trasportata agli organi bersaglio, determinando una riduzione del senso di fame quando i
depositi lipidici aumentano. In questo modo il gene che codifica la leptina influenza e
regola la massa corporea. [8]
TAS23R8:
L’amaro è l’unica qualità gustativa ad avere una marcata componente ereditaria.
Nell’uomo esiste una grande varietà di sostanze che innescano questa qualità e numerosi
sono i geni che codificano per i recettori dell’amaro (indicati come TAS2R). Il gene
responsabile della percezione dell’amaro più studiato, TAS2R38, è coinvolto nella
capacità di percepire il PTC (feniltiocarbamide) e sostanze analoghe. Nella popolazione
generale i taster, cioè i soggetti capaci di percepire una concentrazione di PTC 10.000
volte più bassa rispetto a quella percepita da soggetti poco sensibili (non-taster),
rappresentano circa il 70%. Forme diverse di TAS2R38 spiegano la differenza tra taster
e non-taster. I due gruppi prediligono cibi differenti e quindi hanno abitudini alimentari
diverse.
In particolare i soggetti taster hanno una dieta abbastanza monotona e tendono a
consumare minime quantità di frutta e verdura, mentre i non taster hanno una maggiore
attitudine a provare nuovi cibi e bevande.
Questi ultimi hanno anche un maggior rischio di sviluppare un incremento dell’indice di
massa corporea (BMI – Body mass index). [8]
INTOLLERANZA AL LATTOSIO
LA LATTASI:
La lattasi è un enzima deputato alla digestione dello zucchero caratteristico del latte; in
particolare questa proteina è deputata all’idrolisi enzimatica del lattosio in glucosio e
galattosio:
lattosio + H2O → galattosio + glucosio
Il lattosio è uno zucchero, un disaccaride tipico del latte e dei suoi derivati. In cento
grammi di latte vaccino ne troviamo circa 5 grammi, mentre nel latte materno il
contenuto percentuale sfiora il 7% in peso. Nell’uomo, l’enzima lattasi abbonda nei
microvilli (orletto a spazzola) dell’intestino tenue, che ’tappezzano i villi intestinali
aumentando la superficie assorbente. In questa stessa sede si trovano altre disaccaridasi,
proteine ad azione enzimatica simile a quella della lattasi deputate alla digestione dei
disaccaridi come il saccarosio (il normale zucchero da cucina) ed il maltosio. Le
condizioni ottimali per l’attività lattasica si hanno a temperature di 48°C e a pH vicini
alla neutralità (5,6). Studi epidemiologici hanno evidenziato che una variante genetica
dell’enzima ne riduce la funzionalità ed è correlata con una predisposizione
all’intolleranza al lattosio. [9]
I PROCESSI OSSIDATIVI
MTHFR:
Il gene MTHFR produce un enzima coinvolto nel metabolismo dell’acido folico ed è
fondamentale nella sintesi della cisteina, un aminoacido semi-essenziale. Una diversa
forma del gene porta ad una riduzione del 50 % dell’attività enzimatica della MTHFR e
a livelli molto bassi di acido folico nel plasma. In presenza di questa variante genica o
in condizioni di carenze alimentari è auspicabile incrementare l’introito di acido folico.
Particolare attenzione va prestata, per esempio, nelle donne in stato di gravidanza,
perché in condizioni di carenza di acido folico si configura un fattore di rischio per i
difetti del tubo neurale del nascituro. [10]
IL METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI:
PGC-1 alpha
PGC-1 alpha (peroxisomal proliferator activated receptor gamma coactivator alpha) è
un gene che elabora stimoli fisiologici in specifici programmi metabolici, spesso tramite
la stimolazione dell’attività mitocondriale. Fra le funzioni di PGC-1 alpha vi sono la
regolazione della termogenesi nel tessuto adiposo bruno (BAT), alcune attività delle
fibre nel muscolo scheletrico, l’ossidazione degli acidi grassi e la gluconeogenesi nel
fegato. In particolare il gene PGC-1 alpha aumenta e coordina l’espressione di diversi
geni che stimolano l’utilizzo del glucosio. La presenza di varianti dei questo gene è
associata a un maggiore rischio di diabete di tipo II. Questa forma di diabete è
caratterizzata da un elevato valore della glicemia nel sangue dovuto, tra l’altro, a una
riduzione del numero di recettori di membrana ’che impediscono l’ingresso di una
quantità sufficiente di glucosio nelle cellule. [11]
PPAR gamma-2
PPAR gamma (PPARG) è un recettore che notoriamente svolge un ruolo importante
nella alla regolazione del metabolismo lipidico e dei carboidrati, aumentando la
sensibilità all’insulina. Una forma particolare del gene PPARG è associata alla
diminuzione dell’indice di massa corporea (BMI – Body mass index), alla riduzione dei
livelli di insulina, all’ aumento dei livelli di HDL e ad una migliorata sensibilità
all’insulina, con conseguente diminuzione dei livelli di glicemia nel sangue. [11]
TCF7L2
Il gene TCF7L2 controlla l’attività di molti altri geni, in particolare quelli coinvolti nel
metabolismo degli zuccheri. Forme diverse di questo gene sono associate a un aumento
del rischio di sviluppare il diabete di tipo II. Infatti una persona che porti due copie
modificate del gene TCF7L2 (omozigote) ha una probabilità di contrarre il diabete
molto superiore rispetto a chi non ha la modificazione. [12]
TNF alpha
Il gene TNF alpha è un fattore di trascrizione coinvolto nel metabolismo sia degli
zuccheri sia dei grassi. Inoltre TNF alpha è un mediatore dell’infiammazione. La forma
comune del gene del TNF alpha aumenta il rischio di insulino-resistenza nei soggetti
obesi, per cui l’insulina non fa entrare quantità sufficienti di glucosio nelle cellule. [12]
Figura 4: il ruolo dei geni analizzati nell’area del metabolismo degli zuccheri
L’AREA METABOLICA DEI GRASSI:
GRELINA
La grelina è un ormone prodotto da cellule giacenti sul fondo dello stomaco e stimola
l’appetito. I livelli di grelina aumentano prima dei pasti e scendono circa un’ora dopo. È
considerato il complementare della leptina, prodotto dai tessuti adiposi, che induce
sazietà laddove presente in concentrazioni elevate. Forme diverse del gene grelina sono
associate a disordini alimentari quali aumento dell’indice di massa corporea (BMI) e
quindi possibile obesità, sindrome metabolica (alto rischio cardiovascolare) etc., che
necessitano di correttivi specifici. [13]
PPARA
Il gene PPARA (PPAR alpha) svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del
trasporto degli acidi biliari, del colesterolo e degli acidi grassi nel sangue. In particolare,
il gene è maggiormente attivo in tessuti con alta ossidazione degli acidi grassi,
controllando geni che regolano il catabolismo lipidico. La sua attivazione incrementa i
valori di HDL (il cosiddetto colesterolo buono) e riduce quello dei trigliceridi. Forme
diverse del gene PPAR alpha sono associate a dislipidemie (alterazioni del profilo
lipidico) e anche a una maggior prevalenza di altri fattori di rischio cardiovascolare,
come l’ipertrofia ventricolare. Inoltre sono descritte associazioni tra alcune di queste
forme diverse e il rischio o la protezione nei confronti della litiasi della colecisti. Tali
associazioni appaiono significative prevalentemente nei pazienti di sesso maschile, a
conferma dell’effetto modulatore degli ormoni sessuali sull’attività di PPAR alpha. [14]
RECETTORI DELLA LEPTINA 1 E 2
La leptina e il suo recettore regolano l’appetito. I recettori per la leptina sono localizzati
soprattutto all’interno del cervello, precisamente nell’ipotalamo, una regione del sistema
nervoso centrale deputata, tra l’altro, al controllo del peso, della temperatura corporea,
della fame, della sete e del freddo. Il recettore della leptina regola la funzione della
leptina stessa, coinvolta anche nel controllo del peso corporeo. Forme diverse del gene
per il recettore della leptina sono associate a variazioni del peso corporeo e obesità.
Esistono ulteriori correlazioni tra queste forme diverse e il metabolismo del glucosio e
dell’insulina. [15]
RECETTORE DELLE LDL
Il gene per il recettore delle lipoproteine LDL (low density lipoprotein receptor o
LDLR) rappresenta un fattore di protezione nei confronti di eventi cardiovascolari. Si
tratta infatti di una proteina, localizzata sulla superficie delle cellule, che è in grado di
captare le LDL del sangue e di farle entrare nella cellula, dove vengono scomposte. A
causa di alterazioni genetiche il recettore può essere prodotto in quantità insufficiente
oppure essere del tutto assente. Il deficit del recettore fa sì che le LDL si accumulino nel
sangue, determinando un aumento del cosiddetto colesterolo cattivo. [16]
RESISTINA
Il gene della resistina è coinvolto nel metabolismo dei grassi e degli zuccheri. È infatti
implicato nei meccanismi di insulino-resistenza caratteristici del diabete e dell’obesità.
Sono state identificate diverse forme del gene, correlabili con vari disturbi del
comportamento alimentare e il loro effetto quali l’aumento del BMI, obesità, sensibilità
all’insulina.[17]
BETA 1 – adrenoceptor
I recettori adrenergici beta-1 sono i principali recettori cardiaci per norepinefrina ed
epinefrina, che rappresentano il più importante meccanismo mediante il quale il sistema
nervoso simpatico aumenta il flusso sanguigno. Forme diverse del gene sono associate a
un maggiore rischio di infarto e ipertensione, ma anche a un incremento del BMI. [18]
BETA 3 – adrenoceptor
Il recettore adrenergico beta-3 viene codificato da uno dei geni coinvolti nel
metabolismo dei grassi nel tessuto adiposo, favorendo l’accumulo del grasso nel corpo.
La presenza di una diversa forma di questo gene è associata a un aumento dell’indice di
massa corporea.
Figura 5: il ruolo dei geni analizzati nell’area del metabolismo dei grassi
IL METABOLISMO DELL’OSSO:
ERS1
Il gene ERS1 (recettore per gli estrogeni) è coinvolto nel metabolismo dell’osso e in
particolare nel determinare la massa ossea di ciascun individuo.
Variazioni del gene ERS1 sono associate ad una riduzione della massa ossea
(osteopenia) ed a un maggior rischio di osteoporosi e di fratture osteoporotiche. [19]
LRP5
Il gene LRP5 ( low density lipoprotein receptor – related protein) è un recettore degli
osteoblasti che agisce come mediatore nell’osteosintesi (metabolismo dell’osso). I
poliformismi del gene LRP5 comportano un aumento del rischio di ridotta densità
ossea, rischio di osteoporosi e di fratture osteoporotiche. [20]
Figura 6: il ruolo dei geni analizzati nell’area del metabolismo dell’osso
GENI E STILE DI VITA:
ACE:
Il gene ACE è coinvolto nella regolazione della vasodilatazione, nella contrazione
muscolare e nell’innalzamento della pressione del sangue. La forma I è caratterizzata
dal possedere di una inserzione di 300 basi in più rispetto alla forma D. Studi recenti
hanno dimostrato che più lungo è il gene ACE, più i muscoli sono efficienti e
sopportano sforzi prolungati.
Poiché ogni soggetto ha due geni, esistono tre possibili configurazioni ( D D, I D, I I ). I
soggetti I I sono quelli con maggior resistenza allo sforzo muscolare. Ulteriori studi
hanno mostrato come la percentuale dei soggetti I I sia minore fra gli sprinter che fra i
maratoneti.
Queste informazioni sono importanti non solo nel campo sportivo, ma anche
cardiologico, poiché si può supporre che soggetti di tipo I I rispondano meglio a
eventuali problemi cardiaci. [21]
CHRNA3:
Il gene CHRNA3 rappresenta uno dei recettori per la nicotina, ovvero molecole presenti
sulla superficie delle cellule del cervello, nei vasi sanguigni, nei bronchi, nelle vie
urinarie, nel sistema digestivo, che reagiscono alla nicotina presente nelle sigarette.
Studi recenti hanno dimostrato una forte correlazione fra la presenza di una particolare
variazione del gene CHRNA3 e la dipendenza da nicotina. Se iniziano a fumare, gli
individui che possiedono questa diversa forma genetica (30% della popolazione)
rischiano la dipendenza e incontreranno maggiori difficoltà a smettere. Inoltre saranno
più esposti a contrarre malattie cardiovascolari e neoplastiche. [22]
4. L’ESAME PRATICO: DUE AGONISTI SI SOTTOPONGONO A
G-DIET
4.1. I due tester
Per analizzare l’applicabilità del metodo alla dieta di due sportivi di alto livello, al fine
di ottimizzare le prestazione fisiche e non, si sono sottoposti al test G-DIET due ciclisti
praticanti il fuoristrada ma con caratteristiche diverse. Sono stati scelti un atleta W.C. di
sesso maschile e una I.L. di sesso femminile, per valutare eventuali differenze sia
nell’applicabilità del metodo, che nei risultati finali. I due tester svolgono attività
diverse: W.C. è un maratoneta, quindi predisposto ed allenato a sforzi di lunga durata,
con gare durevoli dalle 3 alle 5 ore, e un monte ore di allenamento settimanale di circa
20 ore. W.C. ha 34 anni, è un atleta professionista, non impegnato in nessuna attività
lavorativa se non quella ciclistica. La sua stagione atletica comincia a Novembre
(preparazione base) e si intensifica da Aprile e fine Settembre.
I.L. invece, è una ciclocrossista, quindi predisposta e allenata a sforzi intensi ma di
media-breve durata, con gare di durata massima di 45 minuti, e circa 12-15 ore di
allenamento settimanale. I.L. ha 28 anni e oltre a svolgere attività agonistica, svolge un
lavoro di tipo sedentario ma di tipo intellettuale per circa 6-8 ore al giorno. La sua
stagione atletica comincia verso Aprile (preparazione base) e si intensifica da Settembre
a fine Gennaio, quindi nei mesi invernali.
4.2. Il metodo
G-Diet è il nuovo kit ideato e realizzato dal team di scienziati di G&Life. L’azienda
opera nel settore della nutrigenetica all’interno dell’ AREA SCIENCE PARK di
Trieste, il più importante polo scientifico e tecnologico nazionale. Il brevetto, unico in
Europa, sfrutta le ricerche più recenti nel campo non solo della nutri genetica ma anche
del gusto.
Alla base c’è l’etimologia di dieta che non significa “fare attenzione a quanto si
mangia” o “dimagrire”, ma piuttosto fare attenzione a come si vive, in senso lato. La
dieta è uno stile di vita che passa attraverso il cibo, ma non solo. G-Diet ha un approccio
olistico alla persona, basato sulle nuove scoperte scientifiche che considerano lo stretto
rapporto tra psiche, comportamenti, alimentazione e salute.
Il test è utilizzabile facilmente da chiunque a qualunque età. Viene effettuato un test del
gusto e l’analisi del DNA tramite raccolta di un campione di saliva, fornendo poi una
dieta completa studiata in base al profilo genetico, alle preferenze indicate su un
campione di 200 alimenti e allo stile di vita. Le indicazioni genetiche fornite valgono
per tutta la vita; si tratta di un programma alimentare finalizzato ad ottenere e mantenere
una condizione di benessere nel tempo.
Il kit G-Diet contiene:
-
una provetta per la raccolta del campione di saliva
-
un set di cartine per il test del gusto
-
un dettagliato questionario sullo stile di vita e sulle preferenze alimentari
-
una bustina trasparente dove inserire la provetta con il campione di DNA
raccolto
-
il documento di consenso e privacy con busta predisposta
-
Una busta preaffrancata e prestampata per l’invio al centro di ricerca.
Figura 7: il kit G-Diet
Come si utilizza il kit G-Diet
1. Prelievo del DNA: Si deposita un campione di saliva nell’apposita provetta.
2. Test del gusto per rilevare la sensibilità individuale all’amaro: la striscia di
carta (contenente PROP, una sostanza che stimola la percezione amara) deve
essere appoggiata sulla lingua per circa 30 secondi dopo almeno 40 minuti di
digiuno. Tolta dalla bocca si valuta quanto intensa è stata la rilevazione del
gusto amaro secondo una scala graduata predefinita.
3. Questionario : Occorre fornire alcuni dati (peso, altezza, circonferenza vita,
età, sesso, se fumatore e se in meno pausa) e rispondere ad un dettagliato
questionario su preferenze e frequenza di assunzione di circa 200 alimenti e
sull’attività fisica praticata (e per quante ore settimanali).
Nella busta già affrancata, totalmente anonima, si inserisce: il consenso nella busta
predisposta, il questionario compilato in ogni sua parte, la provetta con il campione di
saliva inserita nella bustina trasparente. Il tutto viene spedito via posta al laboratorio
G&Life.
Cosa contiene il report di G-Diet
I professionisti di G&Life elaborano una serie di linee guida personalizzate per una
corretta alimentazione, basata essenzialmente sul profilo genetico, ossia sulla
combinazione genetica che contraddistingue ognuno di noi. Il dato genetico viene
riassunto in una tabella, nella quale attraverso una semplice rappresentazione a
semafori, il soggetto può facilmente valutare quali siano i geni e le aree metaboliche su
cui porre attenzione. Viene proposta poi, una dieta basata su gusto, geni, preferenze
alimentari e stile di vita. Si tratta di un vero e proprio programma personalizzato per il
proprio benessere, che combina le più avanzate tecnologie di analisi del genoma con le
migliori metodologie delle scienze nutrizionali.
Attraverso l’analisi del profilo genetico e dello stato di forma è possibile personalizzare
la quantità di nutrienti necessari, e quindi il programma alimentare stesso. Una dieta
come quella suggerita da G-Diet, pensata per essere seguita nel tempo, deve anche
soddisfare il palato. I consigli alimentari offerti, dunque, non saranno affatto punitivi ma
piuttosto “appetitosi”.
4.3. I risultati
I due genotipi analizzati sono stati sintetizzati in una tabella. Per un’immediata
comprensione delle implicazioni del risultato genetico, il singolo gene è accompagno da
un segnale colorato di tipo semaforico (rosso, verde e giallo). Il colore è indice della
situazione metabolica e/o stile di vita personale. Il segnale verde indica che la funzione
genetica è quella ottimale e non implica esigenze nutrizionali particolari. In alcuni casi
ha un effetto protettivo.
Il segnale giallo significa che quel particolare gene presenta un poliformismo che
implica cautela.
I geni che riportano il segnale rosso presentano un poliformismo che necessita del
massimo livello di attenzione. Pertanto nel processo G-Diet i riflessi di tale
poliformismo determinano specifiche azioni di compensazione.
Se non ci sono colori significa che il risultato genetico non influisce in alcun modo.
Alcuni geni hanno indicazioni diverse dai colori perché non richiedono attenzioni
particolari, ma determinano predisposizioni per lo stile di vita.
Di seguito, si analizzeranno i due tester singolarmente.
TESTER A- W.C. Maratoneta mountain-biker
Altezza
Età
Attività fisica
Peso attuale
Metabolismo basale
Fabbisogno calorico con attività
agonistica (20 ore sett.)
182 cm
34 anni
intensa 20 ore/sett
72,0 kg;
1731 Kcal
28658 Kcal
B.M.I. 21,74 (18,5 - 24,9)
Tabella 1. dati di W.C.
Figura 8: risultati del test G-Diet per W.C.
L’atleta maratoneta è risultato un individuo geneticamente predisposto a non percepire
il gusto amaro in modo marcato: ciò potrebbe portarlo a provare nuovi cibi, nuove
bevande e nuove combinazioni di sapori. Dovrà porre attenzione alla quantità di cibo
che assume, perché ha una maggiore probabilità di sviluppare un incremento dell’indice
di massa corporea (TAS2R38).
Dal test risulta che W.C. è geneticamente predisposto ad avere una bassa attività
dell'enzima lattasi. Lo staff di G&Life ha consigliato di controllare la presenza di decifit
della lattasi e in caso di positività associare una dieta priva di lattosio o, su consiglio
dello specialista, assumere integratori (LATTASI).
Il suo profilo genetico per l’area implicata nei processi ossidativi suggerisce di
assumere cibi contenenti acido folico (vegetali a foglia, legumi, frumento integrale),
vitamina B6 (germe di grano, crusca di grano, farina di frumento integrale) e vitamina
B12 (pesce), compatibilmente con il profilo genetico coinvolto nel metabolismo dei
grassi e degli zuccheri (MTHFR, PPARA, PGC-1 alpha, PPAR gamma-2).
I geni relativi al suo metabolismo degli zuccheri hanno evidenziato la presenza di una
combinazione di funzioni genetiche che richiede una certa attenzione (PGC-1 alpha,
PPAR gamma-2, TCF7L2, TNF alpha).
Il genotipo del Tester A suggerisce di limitare l'introito di cibi ricchi in zuccheri
semplici (marmellata, miele, zucchero, frutta, bibite zuccherine, succhi di frutta, dolci,
latte, yogurt) (PPAR gamma-2, TCF7L2) e di prestare attenzione al consumo di
alimenti contenenti grassi saturi: cocco, frutta secca, burro, strutto, lardo, margarina,
olio di semi di palma e di cocco, tuorlo d'uovo, agnello, carni grasse, salumi (pancetta,
coppa, mortadella, salame, zampone) e formaggi (groviera, provolone, parmigiano,
gorgonzola, fontina) (PPAR gamma-2).
E’ importante poi controllare il modo in cui mangia, perché la variazione genetica
riscontrata indica una predisposizione ad avere un marcato senso della fame, che può
portare ad un'alimentazione scorretta, con la possibilità di superare la quantità di calorie
necessarie per il consumo metabolico. Suddividerà la sua dieta in 5 pasti giornalieri
(colazione, spuntino, pranzo, merenda, cena) con porzioni adeguate al suo fabbisogno
(GRELINA). Il suo profilo lo predispone all'accumulo di grasso, pertanto è importante
che segua un programma alimentare equilibrato ed adatto (Recettore della Leptina 1,
Recettore della Leptina 2), tenendo sotto controllo il consumo di sodio attraverso un uso
consapevole del sale e una corretta assunzione di cibi ricchi in sodio come le salse
(ketchup, maionese, salsa di soia), il caviale, i salumi e gli insaccati, i formaggi, in
particolare quelli stagionati, i prodotti da forno (crackers, croissants, grissini, pizze
ricche in sale), i prodotti liofilizzati e inscatolati e le conserve sotto sale (RESISTINA).
Si suggerisce al tester di controllare regolarmente la pressione arteriosa, la glicemia, il
colesterolo HDL ed i trigliceridi (RESISTINA). Il suo metabolismo osseo dimostra una
combinazione di geni che richiede una certa attenzione per cui risulta utile preferire
alimenti ricchi in calcio (frutta secca, legumi secchi, verdura tipo broccoletti, cardi,
indivia, spinaci, cavolo, cavolfiore, radicchio verde) (LRP5, ERS1, PPARA, PGC1alpha, PPAR gamma-2).
Il genotipo di W.C. suggerisce la pratica di una regolare attività sportiva (PPAR
gamma-2, MTHFR, Recettore della Leptina 1, Recettore della Leptina 2). Può praticare
lo sport che più gli piace, ma il suo genotipo lo predispone a svolgere attività fisica di
tipo aerobico (ACE).
E’ poi importante che, alla fine della carriera agonistica non inizi a fumare, in quanto
W.C. è un soggetto predisposto a sviluppare una forte dipendenza dal fumo (CHRNA3).
Il test della cartina ha indicato che è un non taster. Il risultato è in accordo con il suo
profilo genetico. L’atleta è capace di percepire il gusto amaro, apprezzando una larga
varietà di gusti come il dolce, il salato, l’acido ed il piccante. Le sue scelte alimentari
possono ricadere su di una vasta gamma di cibi e è in grado di apprezzare anche
preparazioni complesse o abbinamenti gustativi particolari.
La sua alimentazione attuale è povera di omega3 e corretta di omega6. Il loro rapporto
non è bilanciato. Inoltre, è ricca in grassi saturi. ed è caratterizzata da un adeguato
apporto di alimenti ricchi in acido folico e vitamina B6. Si cercherà quindi, nella dieta
predisposta dallo staff G&Life di correggere questi errori alimentari.
In questo momento sta introducendo una quantità ‘accettabile’ di alcool, ma sta
introducendo troppo caffè. Si consiglia, dunque, la riduzione del consumo giornaliero.
TESTER B- I.L. Ciclocrossista
Altezza
Età
Attività fisica
Peso attuale
Metabolismo basale
Fabbisogno calorico con attività
agonistica (12 ore sett.)
166 cm
28 anni
intensa 12-15 ore/sett
55,0 kg
1350 Kcal.
1828 Kcal
B.M.I. 19,96 (18,5 - 24,9)
Tabella 2. dati di I.L.
Figura 9: risultati del test G-Diet per I.L.
L’atleta ciclocrossista è risultata un individuo geneticamente predisposto a percepire il
gusto amaro ma non in modo molto marcato: ciò potrebbe portarla ad escludere alcuni
cibi (soprattutto alcune varietà di frutta e verdura, come pompelmo, succo di arancia,
cavolfiori, broccoli, cicoria, radicchio rosso e carciofi), prediligendo una dieta poco
variata (TAS2R38). Il suo genotipo indica una preferenza per i cibi dolci: dovrà quindi
porre attenzione al loro consumo (LEPTINA).
I.L. è geneticamente predisposta ad avere una normale attività dell'enzima lattasi
(LATTASI). Il suo profilo genetico è buono, ma è importante che la dieta comprenda
cibi contenenti acido folico (vegetali a foglia, legumi, frumento integrale), vitamina B6
(germe di grano, crusca di grano, farina di frumento integrale) e vitamina B12 (pesce,
latte e derivati), compatibilmente con il suo profilo genetico coinvolto nel metabolismo
dei grassi e degli zuccheri (MTHFR, PPARA, PGC-1 alpha, PPAR gamma-2).
I geni relativi al suo metabolismo degli zuccheri, infatti, hanno evidenziato la presenza
di una combinazione di funzioni genetiche che richiede una certa attenzione (PGC-1
alpha, PPAR gamma-2, TCF7L2, TNF alpha). Si suggerisce dunque, di limitare
l'introito di cibi ricchi in zuccheri semplici (marmellata, miele, zucchero, frutta, bibite
zuccherine, succhi di frutta, dolci, latte, yogurt) (PGC-1 alpha, PPAR gamma-2,
TCF7L2).
La combinazione genetica di I.L. suggerisce poi di prestare attenzione al consumo di
alimenti contenenti grassi saturi: cocco, frutta secca, burro, strutto, lardo, margarina,
olio di semi di palma e di cocco, tuorlo d'uovo, agnello, carni grasse, salumi (pancetta,
coppa, mortadella, salame, zampone) e formaggi (groviera, provolone, parmigiano,
gorgonzola, fontina) (PGC-1alpha, PPAR gamma-2).
Il tester B dovrebbe controllare il modo in cui mangia, perché la variazione genetica
riscontrata indica una sua predisposizione ad avere un marcato senso della fame, che
può portare ad un'alimentazione scorretta, con la possibilità di superare la quantità di
calorie necessarie per il consumo metabolico. Suddividerà quindi, la sua dieta in 5 pasti
giornalieri (colazione, spuntino, pranzo, merenda, cena) con porzioni adeguate al suo
fabbisogno (GRELINA).
Il profilo genetico di I.L. la predispone all'accumulo di grasso, pertanto è importante che
segua un programma alimentare equilibrato ed adatto a lei (Recettore della Leptina 1,
Recettore della Leptina 2).
Si suggerisce di tenere sotto controllo il consumo di sodio attraverso un uso
consapevole del sale e una corretta assunzione di cibi ricchi in sodio come le salse
(ketchup, maionese, salsa di soia), il caviale, i salumi e gli insaccati, i formaggi, in
particolare quelli stagionati, i prodotti da panificio (crakers, croissants, grissini, pizze
ricche in sale), i prodotti liofilizzati e inscatolati e le conserve sotto sale (RESISTINA).
E' importante poi controllare regolarmente la pressione arteriosa, la glicemia, il
colesterolo HDL ed i trigliceridi (RESISTINA) e dopo i 40 anni sarà particolarmente
importante seguire uno stile di vita salutare che le permetta, tra le altre cose, di
controllare il peso (BETA 1 -adrenoceptor).
Il metabolismo osseo della tester ciclocrossista dimostra una combinazione di geni dalle
funzioni ottimali. Non è previsto alcun intervento particolare se non una dieta
equilibrata, una normale attività fisica ed un corretto stile di vita (LRP5, ERS1).
Il suo genotipo suggerisce la pratica di una regolare attività sportiva (PGC-1alpha,
PPAR gamma-2, MTHFR, Recettore della Leptina 1, Recettore della Leptina 2, BETA
3 - adrenoceptor). Può praticare lo sport che più le piace, ma il suo genotipo la
predispone a svolgere attività fisica di tipo anaerobico (ACE).
Il test della cartina ha indicato che I.L. è un medium taster. Il risultato è perciò in
accordo con il suo profilo genetico. Percepisce l’amaro e riesce a distinguerlo in molte
pietanze che ne contengono una quantità limitata. Questa caratteristica genetica può
portarla però ad evitare alcuni cibi (soprattutto alcune varietà di frutta e verdura)
prediligendo una dieta poco variata.
La sua alimentazione attuale è povera di omega3 e corretta di omega6. Il loro rapporto
non è bilanciato. Il suo regime alimentare è inoltre ricco in grassi saturi e caratterizzato
da un corretto introito di cibi ricchi in acido folico, ma di un basso consumo di alimenti
contenenti vitamina B6.
Si cercherà quindi, nella dieta predisposta dallo staff G&Life di correggere questi errori
alimentari.
In questo momento I.L. sta introducendo una quantità ‘accettabile’ sia di alcool che di
caffè, quindi potrà continuare a consumare queste due bevande secondo le sue abitudini.
4.4. Considerazioni
Grazie ad un semplice questionario, alla fine del periodo test-prova, in sinergia con lo
staff G&Life ho raccolto le impressioni salienti dei due tester. A W.C la dieta è parsa
molto varia con molteplici possibilità di scelta, dettaglio che gli consentiva di variare a
piacimento le varie pietanze con possibilità di mangiare pure al ristorante, cosa da non
sottovalutare per chi viaggia molto ed è spesso fuori casa causa impegni agonistici. Tra
gli effetti riscontrati, W.C. non ha avuto variazioni significative di peso, ha però avuto
una sensazione di “gamba piena” ad ogni allenamento quotidiano, miglior qualità del
sonno notturno e minor necessità di “spuntini notturni” nei periodi di maggior carico di
allenamento.
Per quanto riguarda i suggerimenti e le problematiche riscontrate, W.C. ritiene utile un
maggior intervento del dietologo in modo tale da render più flessibile la proposta di
dieta in base ai giorni di allenamento e nei vari momenti della stagione agonistica
(eventuali soggiorni in altura, periodi con carichi di allenamento elevati, periodi di
riposo e recupero). Andrebbero inseriti anche dei controlli medici per verificare i
risultati della dieta proposta, cosa che porterebbe molto più facilmente a eventuali
aggiustamenti in corso.
La tester donna I.L. ha riscontrato che la dieta è stata abbastanza varia, ma che é stata
costretta ad eliminare molti degli alimenti che normalmente mangiava, fra tutti i
carboidrati complessi ed il formaggio. E’ altresì variata anche la quantità di cibo da
mangiare quotidianamente , mentre la distribuzione dei vari alimenti nell’arco della
giornata è rimasta uguale ( 3 pasti + 3 spuntini).
Per quanto riguarda le problematiche riscontrate, I.L. ha detto di aver perso peso molto
velocemente e di esser stata già da subito meno gonfia rispetto al solito, anche grazie ad
un aumento notevole della diuresi. Tutto ciò però ha comportato spesso spossatezza
accompagnata da dei giramenti di testa. Le successive analisi del sangue hanno
evidenziato un livello di glicemia troppo basso per l’attività ciclistica svolta. Tutto ciò
le ha creato dei scompensi anche durante la giornata sia sportiva che lavorativa, non
essendo Lei una ciclista professionista.
I.L. ha interrotto così per 15 giorni la dieta genetica con il piano alimentare proposto,
cosa che le ha fatto riprendere il peso perso; il rialzo della glicemia ha portato ad uno
stato di benessere generale che era venuto a mancare durante la dieta.
Il piano alimentare è stato modificato in base ai problemi da lei riferiti, rendendolo
molto più omogeneo e adatto alle sue caratteristiche metaboliche.
Come il tester W.C, anche I.L. ritiene utile un maggior intervento del dietologo per
render più flessibile la proposta di dieta in base ai giorni di allenamento e gare e nei vari
momenti della stagione agonistica.
Entrambi i tester hanno dato parere positivo al questionario proposto dallo staff G&Life,
definendolo molto esaustivo.
5. CONCLUSIONE
Quale sarà la possibilità di utilizzare le conoscenze che derivano dalla genetica della
nutrizione nel tempo?
Il passaggio da una piramide alimentare, che suggerisce una corretta nutrizione, a una
piramide che adegua la nutrizione al make-up genetico individuale non è vicino.
Figura 10: il passaggio da una piramide alimentare che suggerisce una corretta
nutrizione ad una piramide che adegua la nutrizione al make-up genetico individuale è
l’obbiettivo della nutrizione personalizzata ( da Harvard School of Public Health 2005)
Probabilmente nel giro di poco tempo si avrà una dettagliata conoscenza dei
meccanismi molecolari che controllano il bilancio energetico, ma solo tra diversi anni si
potranno conoscere le conseguenze metaboliche molecolari prodotte dall’incapacità di
mantenere un appropriato bilancio energetico.
Queste conoscenze potranno porre le basi individuali che determinano l’obesità e le sue
complicanze metaboliche e cardiovascolari. Probabilmente in futuro si sarà in grado di
implementare strategie individuali tali da consentire la riduzione dell’incidenza delle
malattie legate a errori nutrizionali. Queste conoscenze, tuttavia, per essere applicate
dovranno essere completate da una rigorosa caratterizzazione dei pazienti oggetto degli
interventi nutrizionali.
Questi tempi lunghi dipendono sostanzialmente dall’enorme complessità del “sistema
uomo” e dalle sue numerose variazioni genetiche individuali. Questo comporta
problemi ancora non risolti nel disegno degli studi e nella messa a punto di nuovi test
statistici necessari alla comprensione della complessa interazione tra genetica,
epigenetica (una qualunque attività di regolazione dei geni tramite processi chimici che
non comportino cambiamenti nel codice del DNA, ma possono modificare il fenotipo
dell’individuo) e fattori ambientali.
La completa utilizzazione della genetica nutrizionale pone anche problemi etici. La
nutrizione personalizzata deve essere impiegata con lo scopo di contribuire alla buona
salute e forma fisica dell’individuo con indicazioni in linea con i suoi valori culturali. Si
dovrà porre particolare attenzione alla solidità delle conoscenze che vengono applicate,
alle modalità necessarie per implementare la consulenza genetico nutrizionale, alla
commercializzazione diretta produttore-paziente di kit per la raccolta di materiale
genetico e alla commercializzazione di specifici prodotti nutrizionali.
Infine, bisognerà adoperarsi affinché l’eventuale potenziale utilità della genetica
nutrizionale sia estendibile a tutti gli individui senza alcun tipo di restrizione. Questo
project work è stato uno dei primi test dello staff G&Life su atleti agonisti, con uno
stile di vita e con necessità completamente diverse da quelle dell’individuo comune. In
alcuni casi dunque, si è incorso in errori di valutazione che, solo dopo un’attenta
comunicazione tra i tester e il personale G&Life, hanno potuto essere corrette. Sarà
quindi importante, per continuare la ricerca, effettuare test di gruppo sugli atleti,
cercando di stilare un profilo e un programma più personalizzato e vicino alle esigenze
di un’atleta professionista. Nei due report analizzati infatti, molto spesso siamo incorsi
in diciture troppo generiche e poco personalizzate all’entità “atleta” (per es. in entrambi
i casi si è spesso rimarcato lo smettere di fumare/il non cominciare a farlo, anche se i
nostri atleti ovviamente non fumano; è evidente che fumo non va per niente d’accordo
con l’attività sportiva, soprattutto se praticata a livello agonistico!).
Se complessivamente, la dieta proposta ha migliorato la condizione fisica dei due atleti,
facendogli perdere grasso e migliorando alcuni problemi di digestione e intolleranza
legati a scelte alimentari errate, va comunque rimarcato che, al momento, il nuovo
regime dietetico non ha prodotto significativi aumenti della performance agonistica e
che, specialmente nei primi mesi, ha causato alla tester donna problemi di glicemia
troppo bassa (con conseguente riduzione della performance sportiva). Probabilmente nei
futuri test si dovrebbe tener conto in maniera più specifica che l’atleta agonista ha
abitudini alimentari: ben consolidate: un ciclista per mantenere la performance sportiva
ai maggiori livelli possibili è portato a consumare elevate dosi di carboidrati semplici.
Difficilmente un atleta professionista potrà stravolgere completamente il suo piano
alimentare, anche se – come nei due casi analizzati- si è trovata a livello genetico una
combinazione genetica relativa al metabolismo degli zuccheri che suggerisce di
apportare alcune modifiche alla alimentazione. [23]
LISTA DEI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[1] http://www.simg.it/Documenti/Rivista/2008/01_2008/10.pdf
[2] http://www.gazzetta.it/Fitness/Diete_alimentazione (14.10.2009)
[3] Arkadianos I. et al., (2007), Improved weight management using genetic
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