10° Corso Nazionale di Quarto Livello Europeo di Formazione per Allenatori delle Federazioni Sportive Nazionali e Discipline Sportive Associate >>>>>>> ANNO 2010 >>>>>>>> “ Project Work Applicazione della dieta genetica nella preparazione del ciclista di alto livello Autore: Christian Leghissa Supervisore: Michelangelo Giampietro Roma, 13 dicembre 2010 ” ABSTRACT Questo studio si è proposto di evidenziare quale sia la collocazione della nutrigenetica all’interno di una disciplina sportiva complessa come il ciclismo. Si è scelto pertanto di sottoporre 2 ciclisti professionisti di sesso diverso, alla sperimentazione del programma alimentare su base genetica dell’azienda G&Life di Trieste. Secondo le procedure dell’azienda, le abitudini alimentari, il modo di allenarsi e lo stile di vita (anche al di fuori dello sport) di ciascun soggetto sono stati valutati attentamente tramite la compilazione di un questionario. Ambedue i candidati sono stati poi sottoposti ad un’analisi genetica per valutare il loro profilo genetico in relazione a 20 geni appartenenti a 7 diverse aree metaboliche (metabolismo dei grassi, degli zuccheri e dell’osso, intolleranza al lattosio, processi ossidativi, stile di vita, gusto). A partire dai dati del questionario e dai risultati genetici ottenuti sono stati elaborati due piani alimentari personalizzati. I due soggetti in esame hanno seguito questo programma per un periodo di tempo di 60 giorni. Al termine di questo periodo è stato valutata l’efficacia della dieta, sia in termini di performance sportiva che di benessere quotidiano generale. Entrambi i soggetti hanno mostrato benefici, tranne nei periodi di allenamento intenso. Pertanto si evince, seppur con una casistica troppo ristretta, che la nutrigenetica rappresenta un buon punto di partenza ma sono comunque necessari ulteriori studi per rendere il programma alimentare più aderente alle esigenze di uno sportivo professionista. i RINGRAZIAMENTI Nella stesura di questo progetto di lavoro mi preme ringraziare innanzitutto tutto lo staff di G-Diet per la grande disponibilità e cortesia dimostratami e per tutto l’aiuto fornito durante la stesura stessa. Un sentito ringraziamento và alla Dott.sa Barbara Sartori per il costante supporto, alla Dott.sa Ilenia Lazzaro per la pazienza e l’applicazione, nonché ai due tester che mi hanno costantemente comunicato in maniera molto esaustiva le molteplici variabili nel seguire la dieta genetica. Un ultimo doveroso ringraziamento và alla Federazione Ciclistica Italiana – Centro Studi per avermi dato l’opportunità inerente la frequentazione e al supervisore Dott. Michelangelo Giampietro per i validi consigli datomi durante la stesura e la composizione del progetto di lavoro. ii SOMMARIO Abstract i Ringraziamenti ii Sommario iii 1. Introduzione 1 2. Cos’è la Nutrigenetica 3 2.1. La medicina predittiva 3. Interazione gene-dieta 6 7 3.1.Le aree metaboliche 9 3.2.Geni analizzati nel test G-Diet 13 4. L’esame pratico: due agonisti si sottopongono a G-Diet 21 4.1.I due tester 21 4.2.Il metodo 21 4.3.I risultati 24 4.4.Considerazioni 30 5. Conclusione 32 6. Lista dei riferimenti bibliografici 35 iii 1. INTRODUZIONE Il ruolo dell’alimentazione per il mantenimento di uno stato di salute corretto viene menzionato già nel lontano V secolo a.C. da Ippocrate. E’ per tale motivo che negli ultimi anni la correlazione benessere – alimentazione si è fatta ancor più pressante, sotto la spinta di osservazioni epidemiologiche e cliniche. L’alimentazione scorretta di ogni singolo individuo, talvolta associata al fumo e ad uno stile di vita non particolarmente salutare, hanno fatto sì che, buona parte della popolazione abbia disturbi come malattie cardiovascolari, cancro e diabete. Allo scopo di indirizzare, anche visivamente, la popolazione ad assumere comportamenti alimentari più sani e a intensificare l’attività fisica, si sono costruite nel tempo una serie di piramidi alimentari. Nel 2002 i nutrizionisti della Harvard Medical School hanno proposto una nuova piramide alimentare, denominata Healthy Eating Pyramid, dalla quale si riconosce che non tutti i grassi sono dannosi, e che esiste un possibile effetto negativo dovuto ai cereali raffinati e agli zuccheri che vengono rapidamente assorbiti e che sarebbero causa di rapidi innalzamenti di glicemia e insulinemia. La piramide alimentare raccoglie quindi le più aggiornate informazioni nutrizionali disponibili fino ad ora. Essa non rappresenta una costruzione intoccabile, ma si lega in un certo senso alle nuove conoscenze della ricerca nel campo della nutrizione, nel quale la medicina nutrizionale ha fatto molti progressi negli ultimi anni. Recentissimi progressi compiuti dalla genetica hanno permesso di immaginare e sviluppare uno schema di ricerca nutrizionale che sia ancor più aderente alle reali necessità dell’organismo. Ed è proprio per rispondere a queste esigenze che nasce il ricorso alla nutrigenetica E’ pertanto possibile affermare che siamo entrati già da diverso tempo nell’era della genetica applicata alla nutrizione: sebbene ognuno di noi sia unico in virtù dei propri geni, è evidente che per tutti gli individui la salute e la condizione fisica dipendono in buona parte dal modo in cui ci si alimenta. Le differenze da individuo a individuo si manifestano sia esteriormente nel nostro fisico, come il colore dei capelli e degli occhi, sia internamente, ad esempio nella diversa capacità di metabolizzare i nutrienti o eliminare le tossine. L’insieme di queste caratteristiche è definito fenotipo. Figura 1: il genoma umano (immagine tratta da www.ilgiornale.it) Lo studio del genoma umano permette di comprendere meglio l’effetto dei geni sul funzionamento di un’organismo. Le differenze genetiche tra individui sono spesso costituite da singole variazioni nella sequenza di basi del DNA, dette poliformismi o SNPs (Single Nucleotide Polymorphisms). Queste variazioni potrebbero spiegare differenze nella nostra suscettibilità o resistenza a varie patologie, nonché essere utili per prevedere la risposta del nostro corpo al trattamento farmacologico o ad una dieta. Conoscere le variazioni genetiche ed il loro effetto sul metabolismo può quindi essere fondamentale per individuare le predisposizioni individuali, al fine di mantenere e migliorare lo stato di benessere. Da ciò, l’esigenza di ricorrere ad esami approfonditi attraverso test specifici per poter stabilire quale sia l’esatto rapporto tra il singolo individuo ed il singolo cibo. Vi sono diversi laboratori nazionali e non che hanno deciso di analizzare questo tipo di variazioni genetiche. Questo project work si basa sul lavoro svolto fino ad ora dal gruppo di ricercatori e nutrizionisti della G&Life, azienda giovane del comprensorio tecnologico dell’Area Science Park di Trieste, il cui responsabile scientifico è il professor Paolo Gasparini primario di genetica all'Ospedale Burlo Garofalo di Trieste. Il progetto, denominato G-Diet, valuta globalmente una ventina di geni, responsabili del gusto, del metabolismo degli zuccheri, dei grassi, dell’osso, e altri ancora correlati allo stile di vita (es. la sedentarietà o l’attività fisica svolta, lo stress giornaliero, la tendenza a mangiare/bere poco o troppo). Tutti i geni del nostro DNA presentano delle varianti, o poliformismi (SNPs): nel caso dei venti geni dell’alimentazione, alcune varianti sono favorevoli alla salute, altre no, ed è su queste ultime che si modellano i suggerimenti dietetici o di stile di vita, ivi compreso l’esercizio fisico. Da questo progetto è stato ideato un kit, chiamato G-Diet. Il punto di partenza è l’elaborazione del profilo genetico della singola persona: sono state scelte 20 varianti del DNA che hanno un considerevole impatto su 7 aree metaboliche; in base al profilo ottenuto sono stati elaborati degli interventi nutrizionali e comportamentali specifici per ogni singolo individuo. Questo Project Work si propone di analizzare l’applicabilità del metodo alla dieta di due sportivi di alto livello, a fine di ottimizzare le prestazione fisiche e non. E’ ben noto infatti, il ruolo basilare svolto dalla alimentazione nella attività sportiva di alto livello: nel corso di questo studio, il biker W.C. e la ciclocrossista I.L., si sono sottoposti alle analisi genetiche, dello staff G&Life, al fine di redigere un piano alimentare bilanciato, nonché di determinare la predisposizione a sviluppare patologie quali, ad esempio, osteoporosi o diabete. Le analisi hanno evidenziato come, con specifiche modifiche delle abitudini alimentari, sono spariti alcuni disturbi che i due atleti analizzati avvertivano prima e dopo i pasti. In un caso c’è stato anche la diminuzione del peso corporeo (e del conseguente indice di massa grassa a favore della massa magra e del muscolo) e nell’altro, il miglioramento della performance sportiva. [1], [2] 2. COS’E’ LA NUTRIGENETICA La nutrigenetica è la scienza che studia il ruolo dei geni e delle loro varianti ( SNPs ) nell’assorbimento, metabolismo e catabolismo degli alimenti. Aspira ad usare l’informazione genotipica di un individuo per determinare le proprietà delle proteine codificate da certi geni. Una variazione genetica, può modificare l’attività di un enzima, e di conseguenza influenzare il metabolismo di un nutriente come ad esempio l’acido folico. Avere o non avere queste varianti non è però indice di malattia; è invece un buon indicatore per attuare misure preventive su possibili squilibri metabolici, attraverso programmi di alimentazione e stile di vita tagliati su misura. Sono state redatte linee guida standard per una corretta alimentazione che sono basate principalmente su studi epidemiologici e di intervento (e NON prove cliniche). Queste linee guida sono state sviluppate per aiutare a mantenere uno stile di vita salutare più a lungo possibile. Lo scopo della nutrigenetica è di modificare le linee guida alimentari in base al profilo genetico (genotipo) e fenotipo individuale. Alcuni studi [3] hanno recentemente dimostrato come una dieta costruita sul profilo genetico dia risultati più duraturi e migliori in termini di raggiungimenti di normali livelli di glicemia e di omocisteina. Diverse prove su soggetti che si sono sottoposti alla dieta nutrigenetica rispetto a quella tradizionale hanno dimostrato come essi abbiano conservato più a lungo il peso forma, e mostrato una maggiore tendenza a raggiungere i livelli normali di glicemia. Anche i livelli di omocisteina si sono stabilizzati in poche settimane, riducendo così il rischio di aterosclerosi, ictus ed infarto del miocardio. In termini pratici, con la nutrigenetica è possibile sviluppare una nutrizione personalizzata alla costituzione genetica dell’individuo, tenendo conto della variabilità dei geni coinvolti nel metabolismo del nutriente e del suo bersaglio. E’ perciò a tutti gli effetti un’efficace terapia naturale, in quanto ci aiuta a prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie legate al metabolismo e allo stile di vita ( diabete, obesità, osteoporosi, malattie cardiovascolari ecc.). Questa scienza può pertanto fornirci un ausilio prezioso per il controllo del peso e per il mantenimento dello stato di benessere, assicurando la giusta quantità di nutrienti adattata a ciascun profilo genetico. [2], [3] Figura 2:La dieta ideale è scritta nel DNA La nutrigenetica può avvalersi di potenti strumenti in grado di fornire informazioni specifiche, individuali e precoci, rispetto ai tradizionali sistemi diagnostici, sul ruolo preventivo svolto dai nutrienti. Sono state messe a punto tecniche bio-molecolari per caratterizzare i geni e per chiarire le interazioni tra questi e i nutrienti. Le basi concettuali di questa nuova scienza possono essere riassunte nei seguenti punti: • i composti introdotti con la dieta possono esercitare a livello del genoma umano effetti diretti o indiretti, alterando l’espressione e/o la struttura dei geni; • la dieta può rappresentare un fattore di rischio o uno strumento di prevenzione per le patologie degenerative; • il grado in cui la dieta può influenzare il bilancio salute/malattia dipende dal corredo genetico di ciascun individuo; • un intervento nutrizionale basato sulla conoscenza del genotipo e dello stato di nutrizione dell’individuo può essere usato per prevenire o curare le patologie. 2.1. La medicina predittiva Il progetto genoma umano ha consegnato alla comunità scientifica internazionale una sequenza genetica di tre miliardi di paia di basi condivisa. Le differenze fra individui sono costituite per la maggior parte da polimorfismi nucleotidici, ovvero cambiamenti di una singola base nel DNA. In campo medico, le nuove conoscenze sul genoma umano hanno permesso il consolidarsi di una nuova dimensione molecolare della medicina, in particolare di un settore definito come “Medicina Predittiva”, ovvero una medicina, che basandosi sulle informazioni ricavabili dalla costituzione genetica di un individuo, possa anticipare una stima del rischio di quest’ultimo di sviluppare una determinata patologia durante il corso della vita. L’interesse per la componente genetica della suscettibilità a malattie complesse sta assumendo sempre più importanza nella medicina moderna, in quanto si sta mettendo in evidenza il ruolo di alcuni polimorfismi genetici relativamente comuni, ma che se associati tra loro e combinati con specifiche componenti ambientali, possono elevare notevolmente il rischio di sviluppare patologie diffuse nella società industriale. Con la nutrigenetica, il concetto di medicina personalizzata viene esteso all’area della nutrizione. La variabilità genetica individuale, determinando come i nutrienti vengono assimilati, metabolizzati, accumulati e in fine escreti, è alla base della peculiarità di ciascuno nel rispondere alle molecole introdotte nell’organismo e, in generale, agli stili alimentari e di vita. Senza dubbio però la più affascinante delle opportunità che si aprono nel campo della nutrigenetica è lo sviluppo, partendo dalle differenze genetiche individuali, di una nutrizione personalizzata, allo scopo di ottenere una effettiva terapia dietetica salutare in grado di prevenire o ritardare l’insorgenza di patologie correlate all’alimentazione, per singoli individui o per particolari sottogruppi. [4] 3. INTERAZIONE GENE-DIETA Il concetto che le conoscenze sulle richieste nutrizionali, lo stato di nutrizione e il genotipo di un individuo o di un sottogruppo di popolazione possano essere usate per la prevenzione e la cura di alcune patologie risulta di facile e immediata comprensione per quanto riguarda situazioni come le carenze nutrizionali, ma certamente meno ovvio per un gruppo di circa 50 malattie genetiche umane causate dalla presenza di varianti in geni che codificano per enzimi coinvolti in specifiche vie metaboliche. Ciascuno dei nostri geni possiede circa 10 differenze nel suo codice rispetto al gene standard, queste deviazioni vengono chiamate polimorfismi (SNPs = single nucleotide polymorphisms) e le varianti che ne conseguono alleli. E ovvio che, vista la frequenza relativamente alta con cui tali varianti ricorrono nel genoma, non tutti i polimorfismi causano gravi implicazioni per la salute: la maggior parte di essi esibisce invece solo un lieve effetto sulla funzionalità della proteina per cui codifica. Le differenze individuali che ne risultano possono spiegare perché non tutti reagiamo in modo identico alle varie sollecitazioni, e la nutrigenetica descrive appunto i cambiamenti nell’espressione genica in seguito a uno specifico intervento nutrizionale. Le molecole che introduciamo con la dieta possono modulare aspetti specifici della fisiologia cellulare, agendo da ligandi per i recettori dei fattori di trascrizione, alterando le concentrazioni di substrati e metaboliti e, tramite interazioni a livello degli acidi nucleici, influenzando specifiche vie di trasduzione del segnale. [5] I laboratori dell'Area Science Park di Trieste hanno messo a punto un possibile nuovo approccio al cibo, che potrebbe aiutarci nel conseguimento del “peso forma” e di uno stile di vita più sano. Il professor Paolo Gasparini, spiega che il profilo genetico offre informazioni fondamentali sul metabolismo e sui comportamenti alimentari di una persona: “Una volta ottenuto il profilo, lo rappresentiamo per aree metaboliche e per ogni area metabolica proponiamo gli interventi da fare dal punto di vista nutrizionale e comportamentale. Tutto questo contribuisce a migliorare il benessere individuale”. “Alcuni individui - continua Gasparini - hanno delle variazioni genetiche che li rendono particolarmente sensibili all’amaro e di conseguenza tendono a eliminare dalla dieta cibi come i broccoli, il radicchio e altre verdure, la birra, l’acqua tonica, il caffè. La conseguenza è che rischiano carenze alimentari ed è bene allora suggerire, per la loro dieta, fonti alternative di vitamine e sali minerali”. Al contrario, il rischio per chi ha una scarsa percezione dell'amaro e del piccante è quello di essere troppo attratto da cibi e bevande nuovi e quindi maggiormente a rischio di obesità. I più sfortunati potrebbero presentare anche una variante sfavorevole della grelina, un ormone che stimola l'appetito, con il risultato di combattere sempre con un senso di fame accentuato. 3.1. Le Aree Metaboliche Vengono prese in esame diverse aree metaboliche, al fine di poter elaborare una dieta il più possibile coerente con le caratteristiche genetiche della persona che si sottopone al test. Figura 3: aree metaboliche e relativi geni analizzati nel test G-diet GUSTO: il gusto guida la scelte dei cibi, rendendo quindi più facile eventuali cambiamenti di comportamento a tavola. Tutti noi tendiamo a consumare cibi graditi al palato e a scartarne altri, seppur più salutari. In natura il forte gusto amaro è tipico di numerosi veleni e sostanze tossiche. Per un meccanismo ancestrale difensivo, molte persone evitano gli alimenti amari. Il gusto dolce, invece, come quello della frutta è sempre gradito. La percezione gustativa può variare con l’età, è sensibile alle modificazioni ormonali e risente delle abitudini alimentari pregresse. È possibile distinguere tra tre tipologie di persone: i non taster, medium taster e super taster. I non taster sono coloro che percepiscono l’amaro senza esserne infastiditi. Sono capaci di apprezzare una larga varietà di gusti come il dolce, il salato, l’acido e il piccante. Le scelte alimentari ricadono su una vasta gamma di cibi e possono apprezzare anche preparazioni complesse o abbinamenti gustativi particolari. I medium taster sono coloro che percepiscono il gusto amaro senza avere una soglia così bassa da esserne infastiditi. Possono consumare alcuni alimenti dal sapore amarognolo, ma tendono a escluderne altri la cui componente amara è più accentuata. Apprezzano il dolce e il salato e non sempre gradiscono l’acido e il piccante. I super taster sono coloro in grado di cogliere negli alimenti anche minime tracce di componenti amari. Possono essere infastiditi dai gusti decisi e piccanti, pertanto potrebbero limitare le scelte e seguire un’ alimentazione monotona rischiando così di non assumere nutrienti importanti per restare in forma. INTOLLERANZA AL LATTOSIO: è in genere dovuta a una ridotta funzionalità di un enzima, la lattasi. Nella maggior parte dei casi, questo deficit è ereditario, cioè trasmesso dai genitori ai figli. L'intolleranza al lattosio si manifesta con flatulenza, meteorismo, crampi addominali, diarrea e dimagrimento. In caso di difformità intestinali i sintomi possono trarre in inganno: oltre a sintomi sopra citati, si possono avere diarrea e stitichezza alternati con un forte aumento delle dimensioni del ventre. La diagnosi è possibile con il test del respiro (breath test secondo la dizione inglese) con la biopsia duodenale ed attraverso uno specifico esame del sangue. Esiste una forma "transitoria" di intolleranza al lattosio, particolarmente frequente in età pediatrica. La terapia è alimentare e prevede l'esclusione totale dalla dieta dei cibi contenenti il lattosio (principalmente latte vaccino, latte di capra, latticini freschi, gelati, panna e molti dolci contenenti latte) o l'utilizzo di prodotti commerciali contenenti lattosio predigerito; Altri rischi possono presentarsi con l'assunzione di cibi come prosciutti cotti o insaccati dove il lattosio viene aggiunto come additivo al fine di mantenere una giusta morbidezza delle carni. Anche altri alimenti come i cibi precotti, alcuni tipi di pane in cassetta e molti farmaci possono contenere lattosio. [6] PROCESSI OSSIDATIVI: i responsabili dei processi ossidativi sono i radicali liberi, molecole che per la loro reattività chimica sono in grado di danneggiare le cellule. Quando i radicali liberi si trovano in eccesso si parla di stress ossidativo, causa dell’invecchiamento dei tessuti, della pelle e degli organi. Alcune molecole, dette antiossidanti, sono in grado di ridurre questo processo; tra queste l’acido folico, e le vitamine B6 e B12, che sono presenti in numerosi alimenti. [7] METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI: gli zuccheri o carboidrati rappresentano la fonte principale di energia nel nostro metabolismo e conseguentemente occupano un posto rilevante nella dieta dell’uomo. Si dividono in carboidrati semplici e complessi. I carboidrati semplici si trovano normalmente nella frutta e verdura, nei latticini, nonché in caramelle, miele, zucchero da tavola e sciroppi. I carboidrati complessi si trovano nel pane, nei cereali, legumi, riso e pasta. Il metabolismo trasforma i carboidrati in glucosio e glicogeno. Il glucosio rappresenta la risorsa energetica che l’organismo utilizza prontamente, mentre il glicogeno è la forma in cui l’energia viene depositata e utilizzata quando la concentrazione di glucosio libero è insufficiente. L’assunzione dei carboidrati provoca un immediato aumento della glicemia. METABOLISMO DEI GRASSI: nell’organismo umano i grassi o lipidi sono componenti strutturali delle membrane cellulari. Costituiscono una forma di immagazzinamento dell’energia e sono le sostanze da cui derivano molte importanti molecole. Sono così classificati: • lipidi semplici come i trigliceridi (i grassi più rappresentati nell’organismo), gli acidi grassi saturi (che aumentano il livello di colesterolo totale e di lipoproteine LDL nel sangue, favorendo il processo arteriosclerotico) e gli acidi grassi insaturi (che tendono a fare diminuire il colesterolo totale e LDL nel sangue); • lipidi composti, ovvero i fosfolipidi (che, sintetizzati all'interno delle cellule, soprattutto nel fegato, servono al trasporto degli altri grassi e a formare le membrane cellulari) e le lipoproteine (tra le quali le LDL e le HDL); • lipidi derivati, il più noto dei quali è il colesterolo tipico esclusivamente dei tessuti animali. I grassi svolgono funzioni essenziali nell'organismo. Per esempio, il colesterolo è un elemento strutturale delle membrane cellulari, serve alla sintesi degli ormoni steroidei, è il precursore della vitamina D nonché degli acidi biliari. Oltre che da fattori genetici, il metabolismo dei grassi è regolato anche da fattori ambientali come il fumo di sigaretta, il consumo di alcool, la composizione della dieta e l'attività fisica. Da uno sbilanciamento tra i fattori genetici e quelli ambientali possono derivare malattie cardiovascolari. METABOLISMO DELL’OSSO: L’osso è un tessuto continuamente sottoposto a demolizione e rigenerazione. Oltre che alla funzione di sostegno, il sistema osseo è responsabile anche dell’immagazzinamento di calcio e fosforo, che sono richiesti da tutte le reazioni biochimiche dell’organismo per il funzionamento neuro-muscolare e per la fornitura dell’energia metabolica. L’osteoporosi rappresenta la più frequente malattia metabolica dello scheletro, caratterizzata da una riduzione della massa ossea e da un’alterazione della struttura, con conseguente aumento della fragilità e della suscettibilità alle fratture. La massa ossea è fortemente influenzata dunque dalle carenze alimentari, dagli squilibri ormonali e dall’uso di farmaci come i cortisonici. STILE DI VITA: si parla molto e spesso dello stile di vita che ognuno di noi conduce. Tutti noi abbiamo delle esigenze diverse e variabili a seconda delle abitudini. Vi sono comunque alcuni fattori di rischio che influenzano in modo negativo la durata della vita in un essere umano, fra i quali possiamo citare il fumo, l’ipertensione, l’abuso di alcool e droghe, l’ipercolesterolemia ed il sovrappeso, quest’ultimo dovuto troppo spesso ad una vita sedentaria, povera di attività ginniche sportive. 3.2. I geni analizzati nel test G-DIET In ognuno delle sopra citate aree metaboliche vi è poi la suddivisione dei geni presi in considerazione dal test : IL GUSTO: LA LEPTINA La Leptina, dal greco leptos, magro è un piccolo ormone di natura proteica. E` fortemente coinvolta nella regolazione del metabolismo lipidico e del consumo energetico. Essa viene prodotta soprattutto a livello del tessuto adiposo bianco, trasportata agli organi bersaglio, determinando una riduzione del senso di fame quando i depositi lipidici aumentano. In questo modo il gene che codifica la leptina influenza e regola la massa corporea. [8] TAS23R8: L’amaro è l’unica qualità gustativa ad avere una marcata componente ereditaria. Nell’uomo esiste una grande varietà di sostanze che innescano questa qualità e numerosi sono i geni che codificano per i recettori dell’amaro (indicati come TAS2R). Il gene responsabile della percezione dell’amaro più studiato, TAS2R38, è coinvolto nella capacità di percepire il PTC (feniltiocarbamide) e sostanze analoghe. Nella popolazione generale i taster, cioè i soggetti capaci di percepire una concentrazione di PTC 10.000 volte più bassa rispetto a quella percepita da soggetti poco sensibili (non-taster), rappresentano circa il 70%. Forme diverse di TAS2R38 spiegano la differenza tra taster e non-taster. I due gruppi prediligono cibi differenti e quindi hanno abitudini alimentari diverse. In particolare i soggetti taster hanno una dieta abbastanza monotona e tendono a consumare minime quantità di frutta e verdura, mentre i non taster hanno una maggiore attitudine a provare nuovi cibi e bevande. Questi ultimi hanno anche un maggior rischio di sviluppare un incremento dell’indice di massa corporea (BMI – Body mass index). [8] INTOLLERANZA AL LATTOSIO LA LATTASI: La lattasi è un enzima deputato alla digestione dello zucchero caratteristico del latte; in particolare questa proteina è deputata all’idrolisi enzimatica del lattosio in glucosio e galattosio: lattosio + H2O → galattosio + glucosio Il lattosio è uno zucchero, un disaccaride tipico del latte e dei suoi derivati. In cento grammi di latte vaccino ne troviamo circa 5 grammi, mentre nel latte materno il contenuto percentuale sfiora il 7% in peso. Nell’uomo, l’enzima lattasi abbonda nei microvilli (orletto a spazzola) dell’intestino tenue, che ’tappezzano i villi intestinali aumentando la superficie assorbente. In questa stessa sede si trovano altre disaccaridasi, proteine ad azione enzimatica simile a quella della lattasi deputate alla digestione dei disaccaridi come il saccarosio (il normale zucchero da cucina) ed il maltosio. Le condizioni ottimali per l’attività lattasica si hanno a temperature di 48°C e a pH vicini alla neutralità (5,6). Studi epidemiologici hanno evidenziato che una variante genetica dell’enzima ne riduce la funzionalità ed è correlata con una predisposizione all’intolleranza al lattosio. [9] I PROCESSI OSSIDATIVI MTHFR: Il gene MTHFR produce un enzima coinvolto nel metabolismo dell’acido folico ed è fondamentale nella sintesi della cisteina, un aminoacido semi-essenziale. Una diversa forma del gene porta ad una riduzione del 50 % dell’attività enzimatica della MTHFR e a livelli molto bassi di acido folico nel plasma. In presenza di questa variante genica o in condizioni di carenze alimentari è auspicabile incrementare l’introito di acido folico. Particolare attenzione va prestata, per esempio, nelle donne in stato di gravidanza, perché in condizioni di carenza di acido folico si configura un fattore di rischio per i difetti del tubo neurale del nascituro. [10] IL METABOLISMO DEGLI ZUCCHERI: PGC-1 alpha PGC-1 alpha (peroxisomal proliferator activated receptor gamma coactivator alpha) è un gene che elabora stimoli fisiologici in specifici programmi metabolici, spesso tramite la stimolazione dell’attività mitocondriale. Fra le funzioni di PGC-1 alpha vi sono la regolazione della termogenesi nel tessuto adiposo bruno (BAT), alcune attività delle fibre nel muscolo scheletrico, l’ossidazione degli acidi grassi e la gluconeogenesi nel fegato. In particolare il gene PGC-1 alpha aumenta e coordina l’espressione di diversi geni che stimolano l’utilizzo del glucosio. La presenza di varianti dei questo gene è associata a un maggiore rischio di diabete di tipo II. Questa forma di diabete è caratterizzata da un elevato valore della glicemia nel sangue dovuto, tra l’altro, a una riduzione del numero di recettori di membrana ’che impediscono l’ingresso di una quantità sufficiente di glucosio nelle cellule. [11] PPAR gamma-2 PPAR gamma (PPARG) è un recettore che notoriamente svolge un ruolo importante nella alla regolazione del metabolismo lipidico e dei carboidrati, aumentando la sensibilità all’insulina. Una forma particolare del gene PPARG è associata alla diminuzione dell’indice di massa corporea (BMI – Body mass index), alla riduzione dei livelli di insulina, all’ aumento dei livelli di HDL e ad una migliorata sensibilità all’insulina, con conseguente diminuzione dei livelli di glicemia nel sangue. [11] TCF7L2 Il gene TCF7L2 controlla l’attività di molti altri geni, in particolare quelli coinvolti nel metabolismo degli zuccheri. Forme diverse di questo gene sono associate a un aumento del rischio di sviluppare il diabete di tipo II. Infatti una persona che porti due copie modificate del gene TCF7L2 (omozigote) ha una probabilità di contrarre il diabete molto superiore rispetto a chi non ha la modificazione. [12] TNF alpha Il gene TNF alpha è un fattore di trascrizione coinvolto nel metabolismo sia degli zuccheri sia dei grassi. Inoltre TNF alpha è un mediatore dell’infiammazione. La forma comune del gene del TNF alpha aumenta il rischio di insulino-resistenza nei soggetti obesi, per cui l’insulina non fa entrare quantità sufficienti di glucosio nelle cellule. [12] Figura 4: il ruolo dei geni analizzati nell’area del metabolismo degli zuccheri L’AREA METABOLICA DEI GRASSI: GRELINA La grelina è un ormone prodotto da cellule giacenti sul fondo dello stomaco e stimola l’appetito. I livelli di grelina aumentano prima dei pasti e scendono circa un’ora dopo. È considerato il complementare della leptina, prodotto dai tessuti adiposi, che induce sazietà laddove presente in concentrazioni elevate. Forme diverse del gene grelina sono associate a disordini alimentari quali aumento dell’indice di massa corporea (BMI) e quindi possibile obesità, sindrome metabolica (alto rischio cardiovascolare) etc., che necessitano di correttivi specifici. [13] PPARA Il gene PPARA (PPAR alpha) svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del trasporto degli acidi biliari, del colesterolo e degli acidi grassi nel sangue. In particolare, il gene è maggiormente attivo in tessuti con alta ossidazione degli acidi grassi, controllando geni che regolano il catabolismo lipidico. La sua attivazione incrementa i valori di HDL (il cosiddetto colesterolo buono) e riduce quello dei trigliceridi. Forme diverse del gene PPAR alpha sono associate a dislipidemie (alterazioni del profilo lipidico) e anche a una maggior prevalenza di altri fattori di rischio cardiovascolare, come l’ipertrofia ventricolare. Inoltre sono descritte associazioni tra alcune di queste forme diverse e il rischio o la protezione nei confronti della litiasi della colecisti. Tali associazioni appaiono significative prevalentemente nei pazienti di sesso maschile, a conferma dell’effetto modulatore degli ormoni sessuali sull’attività di PPAR alpha. [14] RECETTORI DELLA LEPTINA 1 E 2 La leptina e il suo recettore regolano l’appetito. I recettori per la leptina sono localizzati soprattutto all’interno del cervello, precisamente nell’ipotalamo, una regione del sistema nervoso centrale deputata, tra l’altro, al controllo del peso, della temperatura corporea, della fame, della sete e del freddo. Il recettore della leptina regola la funzione della leptina stessa, coinvolta anche nel controllo del peso corporeo. Forme diverse del gene per il recettore della leptina sono associate a variazioni del peso corporeo e obesità. Esistono ulteriori correlazioni tra queste forme diverse e il metabolismo del glucosio e dell’insulina. [15] RECETTORE DELLE LDL Il gene per il recettore delle lipoproteine LDL (low density lipoprotein receptor o LDLR) rappresenta un fattore di protezione nei confronti di eventi cardiovascolari. Si tratta infatti di una proteina, localizzata sulla superficie delle cellule, che è in grado di captare le LDL del sangue e di farle entrare nella cellula, dove vengono scomposte. A causa di alterazioni genetiche il recettore può essere prodotto in quantità insufficiente oppure essere del tutto assente. Il deficit del recettore fa sì che le LDL si accumulino nel sangue, determinando un aumento del cosiddetto colesterolo cattivo. [16] RESISTINA Il gene della resistina è coinvolto nel metabolismo dei grassi e degli zuccheri. È infatti implicato nei meccanismi di insulino-resistenza caratteristici del diabete e dell’obesità. Sono state identificate diverse forme del gene, correlabili con vari disturbi del comportamento alimentare e il loro effetto quali l’aumento del BMI, obesità, sensibilità all’insulina.[17] BETA 1 – adrenoceptor I recettori adrenergici beta-1 sono i principali recettori cardiaci per norepinefrina ed epinefrina, che rappresentano il più importante meccanismo mediante il quale il sistema nervoso simpatico aumenta il flusso sanguigno. Forme diverse del gene sono associate a un maggiore rischio di infarto e ipertensione, ma anche a un incremento del BMI. [18] BETA 3 – adrenoceptor Il recettore adrenergico beta-3 viene codificato da uno dei geni coinvolti nel metabolismo dei grassi nel tessuto adiposo, favorendo l’accumulo del grasso nel corpo. La presenza di una diversa forma di questo gene è associata a un aumento dell’indice di massa corporea. Figura 5: il ruolo dei geni analizzati nell’area del metabolismo dei grassi IL METABOLISMO DELL’OSSO: ERS1 Il gene ERS1 (recettore per gli estrogeni) è coinvolto nel metabolismo dell’osso e in particolare nel determinare la massa ossea di ciascun individuo. Variazioni del gene ERS1 sono associate ad una riduzione della massa ossea (osteopenia) ed a un maggior rischio di osteoporosi e di fratture osteoporotiche. [19] LRP5 Il gene LRP5 ( low density lipoprotein receptor – related protein) è un recettore degli osteoblasti che agisce come mediatore nell’osteosintesi (metabolismo dell’osso). I poliformismi del gene LRP5 comportano un aumento del rischio di ridotta densità ossea, rischio di osteoporosi e di fratture osteoporotiche. [20] Figura 6: il ruolo dei geni analizzati nell’area del metabolismo dell’osso GENI E STILE DI VITA: ACE: Il gene ACE è coinvolto nella regolazione della vasodilatazione, nella contrazione muscolare e nell’innalzamento della pressione del sangue. La forma I è caratterizzata dal possedere di una inserzione di 300 basi in più rispetto alla forma D. Studi recenti hanno dimostrato che più lungo è il gene ACE, più i muscoli sono efficienti e sopportano sforzi prolungati. Poiché ogni soggetto ha due geni, esistono tre possibili configurazioni ( D D, I D, I I ). I soggetti I I sono quelli con maggior resistenza allo sforzo muscolare. Ulteriori studi hanno mostrato come la percentuale dei soggetti I I sia minore fra gli sprinter che fra i maratoneti. Queste informazioni sono importanti non solo nel campo sportivo, ma anche cardiologico, poiché si può supporre che soggetti di tipo I I rispondano meglio a eventuali problemi cardiaci. [21] CHRNA3: Il gene CHRNA3 rappresenta uno dei recettori per la nicotina, ovvero molecole presenti sulla superficie delle cellule del cervello, nei vasi sanguigni, nei bronchi, nelle vie urinarie, nel sistema digestivo, che reagiscono alla nicotina presente nelle sigarette. Studi recenti hanno dimostrato una forte correlazione fra la presenza di una particolare variazione del gene CHRNA3 e la dipendenza da nicotina. Se iniziano a fumare, gli individui che possiedono questa diversa forma genetica (30% della popolazione) rischiano la dipendenza e incontreranno maggiori difficoltà a smettere. Inoltre saranno più esposti a contrarre malattie cardiovascolari e neoplastiche. [22] 4. L’ESAME PRATICO: DUE AGONISTI SI SOTTOPONGONO A G-DIET 4.1. I due tester Per analizzare l’applicabilità del metodo alla dieta di due sportivi di alto livello, al fine di ottimizzare le prestazione fisiche e non, si sono sottoposti al test G-DIET due ciclisti praticanti il fuoristrada ma con caratteristiche diverse. Sono stati scelti un atleta W.C. di sesso maschile e una I.L. di sesso femminile, per valutare eventuali differenze sia nell’applicabilità del metodo, che nei risultati finali. I due tester svolgono attività diverse: W.C. è un maratoneta, quindi predisposto ed allenato a sforzi di lunga durata, con gare durevoli dalle 3 alle 5 ore, e un monte ore di allenamento settimanale di circa 20 ore. W.C. ha 34 anni, è un atleta professionista, non impegnato in nessuna attività lavorativa se non quella ciclistica. La sua stagione atletica comincia a Novembre (preparazione base) e si intensifica da Aprile e fine Settembre. I.L. invece, è una ciclocrossista, quindi predisposta e allenata a sforzi intensi ma di media-breve durata, con gare di durata massima di 45 minuti, e circa 12-15 ore di allenamento settimanale. I.L. ha 28 anni e oltre a svolgere attività agonistica, svolge un lavoro di tipo sedentario ma di tipo intellettuale per circa 6-8 ore al giorno. La sua stagione atletica comincia verso Aprile (preparazione base) e si intensifica da Settembre a fine Gennaio, quindi nei mesi invernali. 4.2. Il metodo G-Diet è il nuovo kit ideato e realizzato dal team di scienziati di G&Life. L’azienda opera nel settore della nutrigenetica all’interno dell’ AREA SCIENCE PARK di Trieste, il più importante polo scientifico e tecnologico nazionale. Il brevetto, unico in Europa, sfrutta le ricerche più recenti nel campo non solo della nutri genetica ma anche del gusto. Alla base c’è l’etimologia di dieta che non significa “fare attenzione a quanto si mangia” o “dimagrire”, ma piuttosto fare attenzione a come si vive, in senso lato. La dieta è uno stile di vita che passa attraverso il cibo, ma non solo. G-Diet ha un approccio olistico alla persona, basato sulle nuove scoperte scientifiche che considerano lo stretto rapporto tra psiche, comportamenti, alimentazione e salute. Il test è utilizzabile facilmente da chiunque a qualunque età. Viene effettuato un test del gusto e l’analisi del DNA tramite raccolta di un campione di saliva, fornendo poi una dieta completa studiata in base al profilo genetico, alle preferenze indicate su un campione di 200 alimenti e allo stile di vita. Le indicazioni genetiche fornite valgono per tutta la vita; si tratta di un programma alimentare finalizzato ad ottenere e mantenere una condizione di benessere nel tempo. Il kit G-Diet contiene: - una provetta per la raccolta del campione di saliva - un set di cartine per il test del gusto - un dettagliato questionario sullo stile di vita e sulle preferenze alimentari - una bustina trasparente dove inserire la provetta con il campione di DNA raccolto - il documento di consenso e privacy con busta predisposta - Una busta preaffrancata e prestampata per l’invio al centro di ricerca. Figura 7: il kit G-Diet Come si utilizza il kit G-Diet 1. Prelievo del DNA: Si deposita un campione di saliva nell’apposita provetta. 2. Test del gusto per rilevare la sensibilità individuale all’amaro: la striscia di carta (contenente PROP, una sostanza che stimola la percezione amara) deve essere appoggiata sulla lingua per circa 30 secondi dopo almeno 40 minuti di digiuno. Tolta dalla bocca si valuta quanto intensa è stata la rilevazione del gusto amaro secondo una scala graduata predefinita. 3. Questionario : Occorre fornire alcuni dati (peso, altezza, circonferenza vita, età, sesso, se fumatore e se in meno pausa) e rispondere ad un dettagliato questionario su preferenze e frequenza di assunzione di circa 200 alimenti e sull’attività fisica praticata (e per quante ore settimanali). Nella busta già affrancata, totalmente anonima, si inserisce: il consenso nella busta predisposta, il questionario compilato in ogni sua parte, la provetta con il campione di saliva inserita nella bustina trasparente. Il tutto viene spedito via posta al laboratorio G&Life. Cosa contiene il report di G-Diet I professionisti di G&Life elaborano una serie di linee guida personalizzate per una corretta alimentazione, basata essenzialmente sul profilo genetico, ossia sulla combinazione genetica che contraddistingue ognuno di noi. Il dato genetico viene riassunto in una tabella, nella quale attraverso una semplice rappresentazione a semafori, il soggetto può facilmente valutare quali siano i geni e le aree metaboliche su cui porre attenzione. Viene proposta poi, una dieta basata su gusto, geni, preferenze alimentari e stile di vita. Si tratta di un vero e proprio programma personalizzato per il proprio benessere, che combina le più avanzate tecnologie di analisi del genoma con le migliori metodologie delle scienze nutrizionali. Attraverso l’analisi del profilo genetico e dello stato di forma è possibile personalizzare la quantità di nutrienti necessari, e quindi il programma alimentare stesso. Una dieta come quella suggerita da G-Diet, pensata per essere seguita nel tempo, deve anche soddisfare il palato. I consigli alimentari offerti, dunque, non saranno affatto punitivi ma piuttosto “appetitosi”. 4.3. I risultati I due genotipi analizzati sono stati sintetizzati in una tabella. Per un’immediata comprensione delle implicazioni del risultato genetico, il singolo gene è accompagno da un segnale colorato di tipo semaforico (rosso, verde e giallo). Il colore è indice della situazione metabolica e/o stile di vita personale. Il segnale verde indica che la funzione genetica è quella ottimale e non implica esigenze nutrizionali particolari. In alcuni casi ha un effetto protettivo. Il segnale giallo significa che quel particolare gene presenta un poliformismo che implica cautela. I geni che riportano il segnale rosso presentano un poliformismo che necessita del massimo livello di attenzione. Pertanto nel processo G-Diet i riflessi di tale poliformismo determinano specifiche azioni di compensazione. Se non ci sono colori significa che il risultato genetico non influisce in alcun modo. Alcuni geni hanno indicazioni diverse dai colori perché non richiedono attenzioni particolari, ma determinano predisposizioni per lo stile di vita. Di seguito, si analizzeranno i due tester singolarmente. TESTER A- W.C. Maratoneta mountain-biker Altezza Età Attività fisica Peso attuale Metabolismo basale Fabbisogno calorico con attività agonistica (20 ore sett.) 182 cm 34 anni intensa 20 ore/sett 72,0 kg; 1731 Kcal 28658 Kcal B.M.I. 21,74 (18,5 - 24,9) Tabella 1. dati di W.C. Figura 8: risultati del test G-Diet per W.C. L’atleta maratoneta è risultato un individuo geneticamente predisposto a non percepire il gusto amaro in modo marcato: ciò potrebbe portarlo a provare nuovi cibi, nuove bevande e nuove combinazioni di sapori. Dovrà porre attenzione alla quantità di cibo che assume, perché ha una maggiore probabilità di sviluppare un incremento dell’indice di massa corporea (TAS2R38). Dal test risulta che W.C. è geneticamente predisposto ad avere una bassa attività dell'enzima lattasi. Lo staff di G&Life ha consigliato di controllare la presenza di decifit della lattasi e in caso di positività associare una dieta priva di lattosio o, su consiglio dello specialista, assumere integratori (LATTASI). Il suo profilo genetico per l’area implicata nei processi ossidativi suggerisce di assumere cibi contenenti acido folico (vegetali a foglia, legumi, frumento integrale), vitamina B6 (germe di grano, crusca di grano, farina di frumento integrale) e vitamina B12 (pesce), compatibilmente con il profilo genetico coinvolto nel metabolismo dei grassi e degli zuccheri (MTHFR, PPARA, PGC-1 alpha, PPAR gamma-2). I geni relativi al suo metabolismo degli zuccheri hanno evidenziato la presenza di una combinazione di funzioni genetiche che richiede una certa attenzione (PGC-1 alpha, PPAR gamma-2, TCF7L2, TNF alpha). Il genotipo del Tester A suggerisce di limitare l'introito di cibi ricchi in zuccheri semplici (marmellata, miele, zucchero, frutta, bibite zuccherine, succhi di frutta, dolci, latte, yogurt) (PPAR gamma-2, TCF7L2) e di prestare attenzione al consumo di alimenti contenenti grassi saturi: cocco, frutta secca, burro, strutto, lardo, margarina, olio di semi di palma e di cocco, tuorlo d'uovo, agnello, carni grasse, salumi (pancetta, coppa, mortadella, salame, zampone) e formaggi (groviera, provolone, parmigiano, gorgonzola, fontina) (PPAR gamma-2). E’ importante poi controllare il modo in cui mangia, perché la variazione genetica riscontrata indica una predisposizione ad avere un marcato senso della fame, che può portare ad un'alimentazione scorretta, con la possibilità di superare la quantità di calorie necessarie per il consumo metabolico. Suddividerà la sua dieta in 5 pasti giornalieri (colazione, spuntino, pranzo, merenda, cena) con porzioni adeguate al suo fabbisogno (GRELINA). Il suo profilo lo predispone all'accumulo di grasso, pertanto è importante che segua un programma alimentare equilibrato ed adatto (Recettore della Leptina 1, Recettore della Leptina 2), tenendo sotto controllo il consumo di sodio attraverso un uso consapevole del sale e una corretta assunzione di cibi ricchi in sodio come le salse (ketchup, maionese, salsa di soia), il caviale, i salumi e gli insaccati, i formaggi, in particolare quelli stagionati, i prodotti da forno (crackers, croissants, grissini, pizze ricche in sale), i prodotti liofilizzati e inscatolati e le conserve sotto sale (RESISTINA). Si suggerisce al tester di controllare regolarmente la pressione arteriosa, la glicemia, il colesterolo HDL ed i trigliceridi (RESISTINA). Il suo metabolismo osseo dimostra una combinazione di geni che richiede una certa attenzione per cui risulta utile preferire alimenti ricchi in calcio (frutta secca, legumi secchi, verdura tipo broccoletti, cardi, indivia, spinaci, cavolo, cavolfiore, radicchio verde) (LRP5, ERS1, PPARA, PGC1alpha, PPAR gamma-2). Il genotipo di W.C. suggerisce la pratica di una regolare attività sportiva (PPAR gamma-2, MTHFR, Recettore della Leptina 1, Recettore della Leptina 2). Può praticare lo sport che più gli piace, ma il suo genotipo lo predispone a svolgere attività fisica di tipo aerobico (ACE). E’ poi importante che, alla fine della carriera agonistica non inizi a fumare, in quanto W.C. è un soggetto predisposto a sviluppare una forte dipendenza dal fumo (CHRNA3). Il test della cartina ha indicato che è un non taster. Il risultato è in accordo con il suo profilo genetico. L’atleta è capace di percepire il gusto amaro, apprezzando una larga varietà di gusti come il dolce, il salato, l’acido ed il piccante. Le sue scelte alimentari possono ricadere su di una vasta gamma di cibi e è in grado di apprezzare anche preparazioni complesse o abbinamenti gustativi particolari. La sua alimentazione attuale è povera di omega3 e corretta di omega6. Il loro rapporto non è bilanciato. Inoltre, è ricca in grassi saturi. ed è caratterizzata da un adeguato apporto di alimenti ricchi in acido folico e vitamina B6. Si cercherà quindi, nella dieta predisposta dallo staff G&Life di correggere questi errori alimentari. In questo momento sta introducendo una quantità ‘accettabile’ di alcool, ma sta introducendo troppo caffè. Si consiglia, dunque, la riduzione del consumo giornaliero. TESTER B- I.L. Ciclocrossista Altezza Età Attività fisica Peso attuale Metabolismo basale Fabbisogno calorico con attività agonistica (12 ore sett.) 166 cm 28 anni intensa 12-15 ore/sett 55,0 kg 1350 Kcal. 1828 Kcal B.M.I. 19,96 (18,5 - 24,9) Tabella 2. dati di I.L. Figura 9: risultati del test G-Diet per I.L. L’atleta ciclocrossista è risultata un individuo geneticamente predisposto a percepire il gusto amaro ma non in modo molto marcato: ciò potrebbe portarla ad escludere alcuni cibi (soprattutto alcune varietà di frutta e verdura, come pompelmo, succo di arancia, cavolfiori, broccoli, cicoria, radicchio rosso e carciofi), prediligendo una dieta poco variata (TAS2R38). Il suo genotipo indica una preferenza per i cibi dolci: dovrà quindi porre attenzione al loro consumo (LEPTINA). I.L. è geneticamente predisposta ad avere una normale attività dell'enzima lattasi (LATTASI). Il suo profilo genetico è buono, ma è importante che la dieta comprenda cibi contenenti acido folico (vegetali a foglia, legumi, frumento integrale), vitamina B6 (germe di grano, crusca di grano, farina di frumento integrale) e vitamina B12 (pesce, latte e derivati), compatibilmente con il suo profilo genetico coinvolto nel metabolismo dei grassi e degli zuccheri (MTHFR, PPARA, PGC-1 alpha, PPAR gamma-2). I geni relativi al suo metabolismo degli zuccheri, infatti, hanno evidenziato la presenza di una combinazione di funzioni genetiche che richiede una certa attenzione (PGC-1 alpha, PPAR gamma-2, TCF7L2, TNF alpha). Si suggerisce dunque, di limitare l'introito di cibi ricchi in zuccheri semplici (marmellata, miele, zucchero, frutta, bibite zuccherine, succhi di frutta, dolci, latte, yogurt) (PGC-1 alpha, PPAR gamma-2, TCF7L2). La combinazione genetica di I.L. suggerisce poi di prestare attenzione al consumo di alimenti contenenti grassi saturi: cocco, frutta secca, burro, strutto, lardo, margarina, olio di semi di palma e di cocco, tuorlo d'uovo, agnello, carni grasse, salumi (pancetta, coppa, mortadella, salame, zampone) e formaggi (groviera, provolone, parmigiano, gorgonzola, fontina) (PGC-1alpha, PPAR gamma-2). Il tester B dovrebbe controllare il modo in cui mangia, perché la variazione genetica riscontrata indica una sua predisposizione ad avere un marcato senso della fame, che può portare ad un'alimentazione scorretta, con la possibilità di superare la quantità di calorie necessarie per il consumo metabolico. Suddividerà quindi, la sua dieta in 5 pasti giornalieri (colazione, spuntino, pranzo, merenda, cena) con porzioni adeguate al suo fabbisogno (GRELINA). Il profilo genetico di I.L. la predispone all'accumulo di grasso, pertanto è importante che segua un programma alimentare equilibrato ed adatto a lei (Recettore della Leptina 1, Recettore della Leptina 2). Si suggerisce di tenere sotto controllo il consumo di sodio attraverso un uso consapevole del sale e una corretta assunzione di cibi ricchi in sodio come le salse (ketchup, maionese, salsa di soia), il caviale, i salumi e gli insaccati, i formaggi, in particolare quelli stagionati, i prodotti da panificio (crakers, croissants, grissini, pizze ricche in sale), i prodotti liofilizzati e inscatolati e le conserve sotto sale (RESISTINA). E' importante poi controllare regolarmente la pressione arteriosa, la glicemia, il colesterolo HDL ed i trigliceridi (RESISTINA) e dopo i 40 anni sarà particolarmente importante seguire uno stile di vita salutare che le permetta, tra le altre cose, di controllare il peso (BETA 1 -adrenoceptor). Il metabolismo osseo della tester ciclocrossista dimostra una combinazione di geni dalle funzioni ottimali. Non è previsto alcun intervento particolare se non una dieta equilibrata, una normale attività fisica ed un corretto stile di vita (LRP5, ERS1). Il suo genotipo suggerisce la pratica di una regolare attività sportiva (PGC-1alpha, PPAR gamma-2, MTHFR, Recettore della Leptina 1, Recettore della Leptina 2, BETA 3 - adrenoceptor). Può praticare lo sport che più le piace, ma il suo genotipo la predispone a svolgere attività fisica di tipo anaerobico (ACE). Il test della cartina ha indicato che I.L. è un medium taster. Il risultato è perciò in accordo con il suo profilo genetico. Percepisce l’amaro e riesce a distinguerlo in molte pietanze che ne contengono una quantità limitata. Questa caratteristica genetica può portarla però ad evitare alcuni cibi (soprattutto alcune varietà di frutta e verdura) prediligendo una dieta poco variata. La sua alimentazione attuale è povera di omega3 e corretta di omega6. Il loro rapporto non è bilanciato. Il suo regime alimentare è inoltre ricco in grassi saturi e caratterizzato da un corretto introito di cibi ricchi in acido folico, ma di un basso consumo di alimenti contenenti vitamina B6. Si cercherà quindi, nella dieta predisposta dallo staff G&Life di correggere questi errori alimentari. In questo momento I.L. sta introducendo una quantità ‘accettabile’ sia di alcool che di caffè, quindi potrà continuare a consumare queste due bevande secondo le sue abitudini. 4.4. Considerazioni Grazie ad un semplice questionario, alla fine del periodo test-prova, in sinergia con lo staff G&Life ho raccolto le impressioni salienti dei due tester. A W.C la dieta è parsa molto varia con molteplici possibilità di scelta, dettaglio che gli consentiva di variare a piacimento le varie pietanze con possibilità di mangiare pure al ristorante, cosa da non sottovalutare per chi viaggia molto ed è spesso fuori casa causa impegni agonistici. Tra gli effetti riscontrati, W.C. non ha avuto variazioni significative di peso, ha però avuto una sensazione di “gamba piena” ad ogni allenamento quotidiano, miglior qualità del sonno notturno e minor necessità di “spuntini notturni” nei periodi di maggior carico di allenamento. Per quanto riguarda i suggerimenti e le problematiche riscontrate, W.C. ritiene utile un maggior intervento del dietologo in modo tale da render più flessibile la proposta di dieta in base ai giorni di allenamento e nei vari momenti della stagione agonistica (eventuali soggiorni in altura, periodi con carichi di allenamento elevati, periodi di riposo e recupero). Andrebbero inseriti anche dei controlli medici per verificare i risultati della dieta proposta, cosa che porterebbe molto più facilmente a eventuali aggiustamenti in corso. La tester donna I.L. ha riscontrato che la dieta è stata abbastanza varia, ma che é stata costretta ad eliminare molti degli alimenti che normalmente mangiava, fra tutti i carboidrati complessi ed il formaggio. E’ altresì variata anche la quantità di cibo da mangiare quotidianamente , mentre la distribuzione dei vari alimenti nell’arco della giornata è rimasta uguale ( 3 pasti + 3 spuntini). Per quanto riguarda le problematiche riscontrate, I.L. ha detto di aver perso peso molto velocemente e di esser stata già da subito meno gonfia rispetto al solito, anche grazie ad un aumento notevole della diuresi. Tutto ciò però ha comportato spesso spossatezza accompagnata da dei giramenti di testa. Le successive analisi del sangue hanno evidenziato un livello di glicemia troppo basso per l’attività ciclistica svolta. Tutto ciò le ha creato dei scompensi anche durante la giornata sia sportiva che lavorativa, non essendo Lei una ciclista professionista. I.L. ha interrotto così per 15 giorni la dieta genetica con il piano alimentare proposto, cosa che le ha fatto riprendere il peso perso; il rialzo della glicemia ha portato ad uno stato di benessere generale che era venuto a mancare durante la dieta. Il piano alimentare è stato modificato in base ai problemi da lei riferiti, rendendolo molto più omogeneo e adatto alle sue caratteristiche metaboliche. Come il tester W.C, anche I.L. ritiene utile un maggior intervento del dietologo per render più flessibile la proposta di dieta in base ai giorni di allenamento e gare e nei vari momenti della stagione agonistica. Entrambi i tester hanno dato parere positivo al questionario proposto dallo staff G&Life, definendolo molto esaustivo. 5. CONCLUSIONE Quale sarà la possibilità di utilizzare le conoscenze che derivano dalla genetica della nutrizione nel tempo? Il passaggio da una piramide alimentare, che suggerisce una corretta nutrizione, a una piramide che adegua la nutrizione al make-up genetico individuale non è vicino. Figura 10: il passaggio da una piramide alimentare che suggerisce una corretta nutrizione ad una piramide che adegua la nutrizione al make-up genetico individuale è l’obbiettivo della nutrizione personalizzata ( da Harvard School of Public Health 2005) Probabilmente nel giro di poco tempo si avrà una dettagliata conoscenza dei meccanismi molecolari che controllano il bilancio energetico, ma solo tra diversi anni si potranno conoscere le conseguenze metaboliche molecolari prodotte dall’incapacità di mantenere un appropriato bilancio energetico. Queste conoscenze potranno porre le basi individuali che determinano l’obesità e le sue complicanze metaboliche e cardiovascolari. Probabilmente in futuro si sarà in grado di implementare strategie individuali tali da consentire la riduzione dell’incidenza delle malattie legate a errori nutrizionali. Queste conoscenze, tuttavia, per essere applicate dovranno essere completate da una rigorosa caratterizzazione dei pazienti oggetto degli interventi nutrizionali. Questi tempi lunghi dipendono sostanzialmente dall’enorme complessità del “sistema uomo” e dalle sue numerose variazioni genetiche individuali. Questo comporta problemi ancora non risolti nel disegno degli studi e nella messa a punto di nuovi test statistici necessari alla comprensione della complessa interazione tra genetica, epigenetica (una qualunque attività di regolazione dei geni tramite processi chimici che non comportino cambiamenti nel codice del DNA, ma possono modificare il fenotipo dell’individuo) e fattori ambientali. La completa utilizzazione della genetica nutrizionale pone anche problemi etici. La nutrizione personalizzata deve essere impiegata con lo scopo di contribuire alla buona salute e forma fisica dell’individuo con indicazioni in linea con i suoi valori culturali. Si dovrà porre particolare attenzione alla solidità delle conoscenze che vengono applicate, alle modalità necessarie per implementare la consulenza genetico nutrizionale, alla commercializzazione diretta produttore-paziente di kit per la raccolta di materiale genetico e alla commercializzazione di specifici prodotti nutrizionali. Infine, bisognerà adoperarsi affinché l’eventuale potenziale utilità della genetica nutrizionale sia estendibile a tutti gli individui senza alcun tipo di restrizione. Questo project work è stato uno dei primi test dello staff G&Life su atleti agonisti, con uno stile di vita e con necessità completamente diverse da quelle dell’individuo comune. In alcuni casi dunque, si è incorso in errori di valutazione che, solo dopo un’attenta comunicazione tra i tester e il personale G&Life, hanno potuto essere corrette. Sarà quindi importante, per continuare la ricerca, effettuare test di gruppo sugli atleti, cercando di stilare un profilo e un programma più personalizzato e vicino alle esigenze di un’atleta professionista. Nei due report analizzati infatti, molto spesso siamo incorsi in diciture troppo generiche e poco personalizzate all’entità “atleta” (per es. in entrambi i casi si è spesso rimarcato lo smettere di fumare/il non cominciare a farlo, anche se i nostri atleti ovviamente non fumano; è evidente che fumo non va per niente d’accordo con l’attività sportiva, soprattutto se praticata a livello agonistico!). Se complessivamente, la dieta proposta ha migliorato la condizione fisica dei due atleti, facendogli perdere grasso e migliorando alcuni problemi di digestione e intolleranza legati a scelte alimentari errate, va comunque rimarcato che, al momento, il nuovo regime dietetico non ha prodotto significativi aumenti della performance agonistica e che, specialmente nei primi mesi, ha causato alla tester donna problemi di glicemia troppo bassa (con conseguente riduzione della performance sportiva). Probabilmente nei futuri test si dovrebbe tener conto in maniera più specifica che l’atleta agonista ha abitudini alimentari: ben consolidate: un ciclista per mantenere la performance sportiva ai maggiori livelli possibili è portato a consumare elevate dosi di carboidrati semplici. Difficilmente un atleta professionista potrà stravolgere completamente il suo piano alimentare, anche se – come nei due casi analizzati- si è trovata a livello genetico una combinazione genetica relativa al metabolismo degli zuccheri che suggerisce di apportare alcune modifiche alla alimentazione. [23] LISTA DEI RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI [1] http://www.simg.it/Documenti/Rivista/2008/01_2008/10.pdf [2] http://www.gazzetta.it/Fitness/Diete_alimentazione (14.10.2009) [3] Arkadianos I. et al., (2007), Improved weight management using genetic information to personalize a calorie controlled diet, Nutrition Journal, 6:29 [4] Gardner Cd. et al., (2007), Comparison of the Atkins, Zone, Ornish and LEARN diets for change in weight and related risk factors among overweight premenopausal women., JAMA [5] http://www.laboratoriogenoma.eu [6] http://www.my-personaltrainer.it/nutrizione/intolleranza-lattosio.html [6] Smith GD. et al., (2009), Lactase persistence-related genetic variant: population substructure and health outcomes. Eur J Hum Genet.; 17(3):357-67. [7] D' Angelo A. et al., (2000), The role of vitamin B12 in fasting hyperhomocysteinemia and its interaction with the homozygous C677T mutation of the methylenetetrahydrofolate reductase (MTHFR) gene. 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