Elementi di teoria dell’integrazione
Andrea Carpignani
Dipartimento di Matematica dell’Università di Pisa
Largo B. Pontecorvo, 5
56127 Pisa
16 aprile 2008
Andrea Carpignani
Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 1
Vocabolario di teoria della misura
Tribù e spazi misurabili
Fissiamo un insieme non vuoto E. Diciamo che un insieme E di parti di E è
una tribù se essa è stabile
◮
◮
◮
per passaggio al complementare A 7→ Ac ≡ E \ A
S
per riunione numerabile (An ) 7→ n An
T
per intersezione numerabile (An ) 7→ n An
Se E è una tribù su E, la coppia (E, E) si chiama uno spazio misurabile.
◮
L’insieme E è l’insieme del quale si vogliono misurare (alcuni de) i
sottoinsiemi
◮
L’insieme E è l’insieme che contiene come elementi gli oggetti che si
vogliono misurare
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Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 2
Vocabolario di teoria della misura
Fissato un insieme non vuoto E, sia U un insieme di parti di E. È sempre
possibile costruire la più piccola tribù E contenente U. Essa si chiama la tribù
generata da U.
Con il termine “più piccola” s’intende:
◮
◮
che E è una tribù
che ogni altra tribù contenente U contiene anche E
ESEMPIO IMPORTANTE
Se U denota l’insieme di tutti gli intervalli della retta reale R, la più
piccola tribù contenete U si chiama la tribù boreliana della retta reale e
si denota con B. Gli elementi di B si chiamano gli insiemi boreliani di R.
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pag. 3
Vocabolario di teoria della misura
Misure su uno spazio misurabile
Assegnato uno spazio misurabile (E, E), si chiama una misura, nello spazio
misurabile, ogni funzione µ di E in [0, ∞] che sia numerabilmente additiva,
cioè tale che, per ogni successione (An ) di insiemi misurabili (elementi di E) a
due a due disgiunti, valga la relazione
!
∞
∞
X
[
µ
µ(An )
An =
n=0
n=0
da intendere come µ(∅) = 0 nel caso banale in cui la successione sia formata
da termini tutti eguali a ∅.
La terna (E, E, µ) si chiama uno spazio misurato.
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pag. 4
Vocabolario di teoria della misura
Assegnato uno spazio misurato (E, E, µ), adottiamo le seguenti definizioni:
◮ gli elementi della tribù E si chiamano gli insiemi misurabili
◮
per ogni insieme misurabile A, il numero µ(A) si chiama la misura di A
secondo µ
◮
il numero µ(E) si chiama la massa totale di µ
la misura µ si dice finita se ha massa totale finita; essa si dice σ–finita se
non è finita e se l’insieme E è unione numerabile di una famiglia di
insiemi misurabili di misura finita
si chiama trascurabile (secondo µ) ogni insieme misurabile la cui misura è
nulla
◮
◮
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pag. 5
Vocabolario di teoria della misura
Il criterio fondamentale per la coincidenza di due misure
Siano µ e ν due misure nello spazio misurabile (E, E), e sia U una classe di
parti di E che generi E, che sia stabile per l’intersezione binaria e che
contenga una successione di insiemi misurabili la cui riunione coincida con E.
Supponiamo che risulti
µ(A) = ν(A) < ∞
per ogni A ∈ U.
Allora le due misure µ, ν sono identiche.
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pag. 6
La misura di Lebesgue
La misura di Lebesgue
Denotiamo con I l’insieme formato da tutti gli intervalli della forma [a, b],
con a ≤ b. Definiamo su I la funzione
λ([a, b]) = b − a.
Per un teorema dovuto a Costantin Carathéodory si può dimostrare che λ si
estende in una misura sulla tribù generata da I che coincide con la tribù
boreliana B della retta reale. Questa misura si chiama la misura di Lebesgue
sulla retta reale.
L’unicità di questa misura su (R, B) deriva dal criterio fondamentale per la
coincidenza di due misure.
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pag. 7
La misura di Lebesgue
Proprietà della misura di Lebesgue
◮
◮
◮
La misura di Lebesgue è σ–finita.
La misura di Lebesgue è nulla sui singoletti: λ({x}) = 0.
La misura di Lebesgue è invariante per traslazione e rispetta l’omotetia.
Precisamente, se A è un insieme boreliano e c un numero reale, poniamo
c+A= c+x:x ∈A
cA = cx : x ∈ A
Allora
λ(c + A) = λ(A)
λ(cA) = |c|λ(A)
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pag. 8
La misura prodotto
La misura prodotto
Supponiamo assegnati due spazi misurati (E, E, µ) e (F, F , ν). Supponiamo
che le misure µ e ν siano σ–finite. Si può allora costruire uno spazio misurato
a partire dall’insieme prodotto cartesiano E × F .
Poniamo
U = A × B : A ∈ E, B ∈ F
Definiamo su U la seguente funzione:
π(A × B) = µ(A)ν(B)
Sempre per il teorema di Carathéodory π si estende alla tribù E ⊗ F generata
da U. Questa tribù si chiama la tribù prodotto e la misura cosı̀ costruita si
chiama la misura prodotto e si denota con µ ⊗ ν.
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pag. 9
La misura prodotto
La misura di Lebesgue n–dimensionale
Consideriamo lo spazio misurato (R, B, λ).
Nello spazio euclideo n dimensionale Rn la tribù boreliana è il prodotto di n
copie della tribù boreliana di R e si denota con il simbolo Bn .
La misura prodotto di n copie della misura di Lebesgue si chiama la misura di
Lebesgue n–dimensionale e si denota con λn .
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pag. 10
Applicazioni misurabili
Applicazioni misurabili
Siano (E, E) e (F, F ) due spazi misurabili, e sia f : E → F una funzione.
Diciamo che f è misurabile se risulta
{x ∈ E : f (x) ∈ B} ∈ E
per ogni B ∈ F.
Quando (F, F ) coincide con lo spazio misurabile (R, B) vi è un semplice
criterio per stabilire la misurabilità delle funzioni:
Sia f : E → R. Essa è misurabile se e soltanto se, per ogni numero reale c
l’insieme {x : f (x) ≤ c} è un elemento di E.
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pag. 11
Applicazioni misurabili
Funzioni semplici
Si chiamano funzioni semplici tutte quelle funzioni di E in R che assumono
soltanto un numero finito di valori.
Se D è l’insieme finito dei possibili valori di f , vale la seguente eguaglianza:
X
f=
cI{x:f (x)=c} ,
c∈D
dove abbiamo posto
IA (x) =
(
1 se x ∈ A,
0 se x ∈
/ A.
Osservazione. Nei teoremi di teoria della misura, di solito, le formule si
dimostrano facilmente per le funzioni semplici eppoi, con opportuni teoremi
limite, si vede se è possibile generalizzare la formula al caso di una generica
funzione misurabile.
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pag. 12
L’integrale rispetto ad una misura
Integrale di una funzione misurabile positivaR
Ad ogni funzione misurabile positiva f associamo un numero f dµ detto
l’integrale di f secondo µ in modo tale che valgano le proprietà seguenti:
◮ Per ogni A ∈ E, si ha
Z
IA dµ = µ(A)
◮
Se fn ≥ 0 sono funzioni e se an ≥ 0 sono numeri reali, allora
Z X
Z
X
an fn dµ =
an fn dµ
n
n
◮
Per ogni coppia f, g di funzioni misurabili e positive, con f ≤ g, si ha
Z
Z
f dµ ≤ g dµ
◮
Se 0 ≤ fn ↑ f allora risulta
Z
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fn dµ ↑
Z
f dµ
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pag. 13
L’integrale rispetto ad una misura
Funzioni integrabili
Data una funzione misurabile f , si chiama la sua parte positiva e si denota
con f + , la funzione che coincide con f su {x : f (x) ≥ 0} e con 0 altrove. Si
chiama invece la sua parte negativa, e si denota con f − , la funzione che
coincide con −f su {x : f (x) ≤ 0} e con 0 altrove.
R
R
Diremo che f è integrabile se entrambi gli integrali f + dµ e f − dµ sono
finiti, ed in tal caso si pone:
Z
Z
Z
f dµ = f + dµ − f − dµ
È da notare che |f | coincide con f + + f − e quindi
Z
Z
Z
|f | dµ = f + dµ + f − dµ
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pag. 14
L’integrale rispetto ad una misura
Proprietà dell’integrale
Denotiamo con L1 (µ) lo spazio vettoriale formato da tutte le funzioni
integrabili rispetto alla misura µ.
◮
Linearità dell’integrale. Se f1 , . . . , fN ∈ L1 (µ) e a1 , . . . , aN ∈ R, si ha
Z
Z X
X
ai fi dµ
ai fi dµ =
i
i
◮
◮
Isotonia dell’integrale. Se f, g ∈ L1 (µ), si ha
Z
Z
f ≤g ⇒
f dµ ≤ g dµ
Teorema di Lebesgue sulla convergenza dominata.
Se L1 (µ) ∋ fn (x) → f (x) ∈ L1 (µ) e se esiste g ∈ L1 (µ)
Z
Z
|fn (x)| ≤ g(x) ⇒ lim
fn dµ = f dµ
n→∞
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pag. 15
L’integrale rispetto ad una misura
Integrale di una funzione semplice
Se f è una funzione misurabile semplice definita su (E, E, µ) e D è l’insieme
dei suoi valori, il suo integrale è
Z
X
f dµ =
cµ({x : f (x) = c}).
c∈D
Osservazione. Un teorema dice che ogni funzione misurabile è limite
puntuale di funzioni semplici. Questo, unito con la formula appena scritta,
giustifica il comune modo di pensare secondo il quale l’integrale sarebbe una
“somma di infiniti elementi infinitesimi”.
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Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 16
Integrale su un insieme misurabile
Integrale su un insieme misurabile
Sia f una funzione misurabile e sia A un insieme misurabile. Se la
funzione IA f è integrabile, si dice che f è integrabile su A. In tal caso
l’integrale di IA f si chiama l’integrale di f su A e si denota con uno dei
simboli seguenti:
Z
Z
Z
f dµ,
f (x) µ(dx),
µ(dx) f (x).
A
A
A
Nel caso in cui µ sia la misura di Lebesgue si scrive
Z
f (x) dx
A
in luogo di
Z
f (x) λ(dx)
A
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pag. 17
L’integrale rispetto alla misura di Lebesgue
L’integrale rispetto alla misura di Lebesgue
Nel caso particolare della misura di Lebesgue, può capitare che una
funzione f sia integrabile su un intervallo [a, b]. In tal caso si è soliti scrivere
b
Z
f (x) dx
a
Inoltre, si pone solitamente, se a < b
Z
a
f (x) dx = −
Z
b
f (x) dx
a
b
In questo modo vale, per ogni terna a, b, c di numeri reali
Z
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c
f (x) dx =
a
Z
a
b
f (x) dx +
Z
c
f (x) dx
b
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pag. 18
L’integrale rispetto alla misura di Lebesgue
Data una funzione reale definita su un intervallo di R (non ridotto ad un sol
punto), si chiama una sua primitiva ogni funzione reale, definita sul medesimo
intervallo, che l’ammetta come derivata. Ricordiamo poi che, grazie al
teorema del valor medio di Lagrange, due primitive di una stessa funzione
differiscono tra loro per una costante.
Teorema fondamentale del calcolo integrale
Sia f una funzione reale definita e continua su un intervallo I di R, e
sia x0 un punto di U . Poniamo
Z x
f (t) dt.
F (x) =
x0
Allora F è una primitiva di f .
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Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 19
Misure definite tramite una densità
Misure definite tramite una densità
Sia (E, E, λ) uno spazio misurato e sia µ un’altra misura su (E, E). Diciamo
che µ ammette una densità secondo λ se esiste una funzione misurabile e
positiva φ tale che risulti
Z
µ(A) =
φ dλ
per ogni A ∈ E.
A
In tal caso si dice che φ è una (versione della) densità di µ rispetto a λ.
L’integrazione rispetto a µ, in questo caso, si può ridurre ad un’integrazione
rispetto a λ usando la formula seguente, valida per ogni funzione reale f
integrabile secondo µ:
Z
Z
f dµ = f φ dλ
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pag. 20
Il teorema di Fubini
Il teorema di Fubini
Siano (E, E, µ) e (F, F , ν) due spazi misurati. Supponiamo che le misure µ e ν
siano σ–finite e consideriamo lo spazio misurato prodotto
(E × F, E ⊗ F, µ ⊗ ν)
e poniamo π = µ ⊗ ν.
Vale allora la seguente formula di Fubini: per ogni funzione f integrabile
secondo π, si ha
Z
Z hZ
Z hZ
i
i
f (x, y) π(dx dy) =
f (x, y) µ(dx) ν(dy) =
f (x, y) ν(dy) µ(dx)
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pag. 21
La misura immagine
La misura immagine
Assegnato lo spazio misurato (E, E, µ), e lo spazio misurabile (F, F ),
sia ψ : E → F un’applicazione misurabile. Allora ψ definisce una nuova
misura su F :
λ(A) = µ({x : ψ(x) ∈ A})
per ogni A ∈ F
Si è cosı̀ costruito lo spazio misurato (F, F , λ). Se f è una funzione reale,
definita su F , integrabile secondo λ, si ha
Z
Z
f (y) λ(dy) = f (ψ(x))µ(dx)
Se accade che F = E e F = E, e se φ è una densità di µ rispetto a λ, la
formula diventa
Z
Z
f (y) λ(dy) = f (ψ(x))φ(x) λ(dx)
Questa è la formula generale del cambiamento di variabile.
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Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 22
La misura immagine
ESEMPIO
Supponiamo E = R, E = B e λ la misura di Lebesgue. Se ψ è di classe C 1 ,
allora una versione della densità di µ rispetto alla misura di Lebesgue λ è la
derivata ψ ′ di ψ. La formula diventa
Z
ψ(b)
ψ(a)
f (y) dy =
Z
b
f (ψ(x))ψ ′ (x) dx
a
Questa è la classica formula del cambiamento di variabile, valida per
l’integrale di Lebesgue.
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pag. 23
Gli integrali multipli
Gli integrali multipli
D’ora in avanti supporremo E = Rn , E = Bn e su questo spazio misurabile
considereremo sempre la misura di Lebesgue n–dimensionale.
L’integrale in questo spazio misurato si denota con il simbolo
Z
Z
· · · f (x1 , . . . , xn ) dx1 · · · dxn
R
Usiamo cioè porre, quando possibile, tanti simboli quanti la dimensione
dello spazio euclideo Rn e non facciamo comparire la misura di Lebesgue
rispetto alla quale stiamo integrando. Chiamiamo questi integrali gli integrali
multipli.
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Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 24
Gli integrali multipli
Cominciamo con il caso n = 2. Diciamo che un insieme A è normale rispetto
alla variabile y se esistono due funzioni reali φ e ψ definite su un
intervallo [a, b] tali che si possa scrivere
A = (x, y) ∈ R2 : a ≤ x ≤ b, φ(x) ≤ y ≤ ψ(x)
Poiché risulta
IA (x, y) = I[a,b] (x)I[ψ(x),φ(x)] (y)
per il teorema di Fubini si ha
ZZ
A
f (x, y) dx dy =
Z
a
b
hZ
ψ(x)
φ(x)
i
f (x, y) dy dx
Una cosa analoga vale per gli insiemi normali rispetto alla variabile x, cioè
scambiando i ruoli di x e di y.
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Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 25
Gli integrali multipli
Veniamo ora al caso n = 3. Stavolta un insieme A di R3 è normale rispetto
alla variabile z se esistono due funzioni reali φ e ψ definite su un insieme
misurabile B di R2 tali che si possa scrivere
A = (x, y, z) ∈ R3 : (x, y) ∈ B, φ(x, y) ≤ z ≤ ψ(x, y)
In questo caso il teorema di Fubini ci fornisce la formula
ZZZ
A
f (x, y, z) dx dy dz =
ZZ h Z
B
ψ(x,y)
φ(x,y)
i
f (x, y, z) dz dx dy
Questa formula è certamente espressiva: dapprima si calcola un integrale
“semplice” eppoi si calcola un integrale doppio rispetto al dominio B.
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pag. 26
Gli integrali multipli
Un altro modo per semplificare l’integrale triplo è il seguente: definiamo la
sezione di A come l’insieme
Az = {(x, y) ∈ R2 : (x, y, z) ∈ A}
Usando ancora una volta il teorema di Fubini si trova la formula
ZZZ
Z h ZZ
i
f (x, y, z) dx dy dz
f (x, y, z) dx dy dz =
A
Az
In questa formula, dapprima si calcola un integrale doppio, eppoi un
integrale “semplice” definito su tutta la retta reale.
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pag. 27
Gli integrali multipli
Accenniamo velocemente alla formula per il cambiamento di variabile negli
integrali multipli. Sia dunque ψ = (ψ1 , . . . , ψn ) una trasformazione di Rn
in Rn che supponiamo di classe C 1 . Si può dimostrare che vale la seguente
formula di cambiamento di variabile
Z
Z
f (ψ(x1 , . . . , xn ))| det(Jψ )| dx1 · · · dxn
f (y1 , . . . , yn ) dy1 · · · dyn =
A
ψ(A)
dove Jψ denota la matrice jacobiana della trasformazione ψ, ossia la matrice
∂ψ1
 ∂x1
 .
Jψ = 
 ..
 ∂ψ
1
∂xn

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···
..
.
···

∂ψn
∂x1 
.. 

. 
∂ψn 
∂xn
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pag. 28
Gli integrali multipli
Concludiamo la presentazione scrivendo esplicitamente la formula nel caso in
cui ψ sia il cambiamento di variabili dalle coordinate cartesiane alle
coordinate polari nel caso n = 2.
La trasformazione è
x = ̺ cos ϕ,
y = ̺ sen ϕ
Il determinante della matrice jacobiana è semplicemente ̺.
Ora, se A è un insieme misurabile di R2 e B denota lo stesso insieme espresso
in coordinate polari, per ogni funzione reale f definita su A risulta
ZZ
ZZ
f (̺ cos ϕ, ̺ sen ϕ)̺ d̺ dϕ
f (x, y) dx dy =
A
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B
Elementi di teoria dell’integrazione –
pag. 29