5.
Europa e approvvigionamenti di gas: alcuni possibili scenari per il
prossimo decennio
La crisi tra Russia e Ucraina e l’ondata di instabilità che ha investito il Nord
Africa-Medio Oriente hanno messo in luce, ancora un volta, le criticità del
sistema di approvvigionamento energetico europeo. La Russia appare
destinata a conservare il ruolo di pivot energetico del Vecchio Continente
anche in futuro. In quest’ottica, al di là della realizzazione delle necessarie
infrastrutture di collegamento alternative, gli sforzi europei dovrebbero
concentrarsi nella riduzione delle barriere interne, affiancate alla
costituzione di una capacità di stoccaggio sufficiente a gestire i momenti
di crisi. L‘emergere di break tecnologici nell’upstream potrebbe, tuttavia,
ribaltare i rapporti di competitività tra fonti di approvvigionamento
alternative, favorendo l’export nordamericano di gas sul mercato europeo.
Il paniere energetico europeo è dominato dalle fonti fossili: petrolio, gas e carbone forniscono oltre
tre quarti del fabbisogno dell’Unione Europea. La produzione interna dei Paesi europei è tuttavia
sempre più limitata e la maggioranza dei consumi energetici (55 per cento) è soddisfatta da importazioni, creando una vera e propria dipendenza delle economie europee dai propri fornitori internazionali.
Nonostante il rapido sviluppo delle fonti rinnovabili, il loro contributo in termini di riduzione della dipendenza europea può avere un impatto determinante solo in un orizzonte temporale di lungo periodo, misurabile in decenni. Con l’eccezione dell’idroelettrico, che però non può essere espanso ulteriormente, le rinnovabili non sono infatti un settore maturo.
La sicurezza energetica europea continua dunque a dipendere dall’approvvigionamento internazionale di fonti fossili. Tra queste, il gas naturale riveste un ruolo particolare. Nonostante il calo dei consumi indotto dalla crisi economica e dai sussidi alle rinnovabili, le centrali termoelettriche alimentate
a gas rappresentano un elemento essenziale per garantire sia volumi di produzione sufficiente sia la
flessibilità di funzionamento del sistema, grazie alle caratteristiche tecniche degli impianti, che possono essere rapidamente avviati.
La rilevanza del gas non si limita al settore elettrico: i consumi per usi civili sono praticamente insostituibili nel breve periodo senza costi enormi, soprattutto nel caso del riscaldamento delle abitazioni private. Anche nel settore industriale, infine, il gas rappresenta un input importante per garantire la
competitività di interi settori ad alta intensità energetica.
prometeia – rapporto di previsione luglio 2014129
La centralità del gas nella sicurezza energetica
europea
gli approfondimenti
L’approvvigionamento europeo: lo scenario di riferimento
La rilevanza dei consumi finali di gas, combinata con l’alto e crescente livello di dipendenza dalle importazioni, pone la questione dell’approvvigionamento al centro della sicurezza energetica europea.
Nel 2013, il fabbisogno di gas europeo è stato di 462 miliardi di metri cubi (bcm), di cui solo il 33 per
cento è stato prodotto internamente. Il resto dei consumi è stato importato, lungo quattro direttrici dominanti: Russia (27 per cento), Norvegia (23 per cento), Nord Africa (9 per cento) e il resto (8 per
cento) via metaniera, sotto forma di GNL1.
Negli ultimi anni, l’instabilità politica lungo le direttici russa e nordafricana ha creato forti preoccupazioni per l’affidabilità dei flussi. Analizzare l’evoluzione della situazione nello spazio post-Sovietico e
in Africa Settentrionale e i possibili impatti sulle esportazioni di gas è dunque centrale per valutare le
prospettive per i mercati europei, in termini di sicurezza e di dinamiche di prezzo.
Il punto di partenza dell’analisi è uno scenario di riferimento relativo alle dinamiche di approvvigionamento europeo in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo (al 2025) basato su una valutazione
positiva in termini di stabilità politica lungo tutte le direttici di importazione.
Nello scenario di riferimento, la domanda di gas naturale dei Paesi Ue è destinata a crescere a ritmi contenuti, con un fabbisogno stimato
di 500 bcm al 2025, a livelli dunque ancoTab. 5.1 Bilancio gas naturale Ue: scenario di riferimento
ra inferiori al picco storico del 2010 (527
(miliardi di metri cubi, bcm)
bcm). Nonostante il ritorno a una mode2013
2025
delta
CAGR
sta crescita economica, le attese sono di
Consumi
462
500
38
0.7%
un’ulteriore contrazione del consumo di
Produzione
156
135
-21
-1.2%
energia per unità di PIL prodotto, causaImportazioni
306
365
59
1.5%
ta dall’aumento di efficienza e dalla crescita inferiore alla media delle attività ad
Fonte: nostre stime su dati IEA (International Energy Agency),
European Commission, Eurogas.
alta intensità energetica.
In continuità con la situazione attuale, l’elemento centrale resterà la dipendenza
europea dalle importazioni. A differenza di quanto avvenuto nel contesto nordamericano, il gas non convenzionale è
destinato a rimanere un fenomeno marginale in Europa, a causa dei limiti politici, legali e geologici presenti in tutta l’Europa continentale. Combinando questo
aspetto con una produzione convenzionale in calo a causa dell’esaurimento dei
bacini storici, emerge un aumento complessivo del fabbisogno di gas importato pari a 59 bcm.
Tab. 5.2
La mappa degli approvvigionamenti
(bcm)
Importazioni:
2013
2025
delta
CAGR
306
365
59
1.5%
Russia
123
150
27
1.7%
Norvegia
105
100
-5
-0.4%
Algeria
36
30
-6
-1.5%
Corridoio meridionale
—
10
—
—
Libia
6
8
2
2.4%
Qatar
23
50
27
6.7%
Stati Uniti
—
5
—
—
Altri GNL
13
12
-1
-0.7%
Fonte: 2013, elaborazioni su dati Eurogas e GIIGNL (International
Group of Liquefied Natual Gas Importers); 2025, nostre stime.
Eurogas 2014.
1
130
rapporto di previsione – prometeia
5. Europa e approvvigionamenti di gas: alcuni possibili scenari per il prossimo decennio
Nello scenario di riferimento, la Russia è destinata a consolidare il proprio ruolo di principale fornitore europeo di gas, aumentando le esportazioni dirette in Ue fino a 150 bcm all’anno. Il gas proverrà soprattutto dalla Siberia Occidentale e arriverà sui mercati europei attraverso l’attuale sistema di
esportazione, costituito da rete ucraina, Yamal-Europa, North Stream, gasdotti minori verso le repubbliche baltiche e la Finlandia. A queste infrastrutture, la cui capacità teorica annua supera oggi i
200 bcm, si aggiungerà il nuovo gasdotto South Stream, con una capacità annua superiore ai 60 bcm.
L’ipotesi è che, nonostante l’attuale opposizione della Commissione Europea, il gasdotto goda di un livello di sostegno da parte del governo russo e dei principali governi nazionali europei tale da portare
alla realizzazione dell’infrastruttura.
Nel contesto attuale esistono diverse incognite che possono avere ripercussioni negative sui flussi di esportazione russi. La prima è quella relativa all’instabilità in Ucraina, sul cui territorio transita
oggi oltre la metà del gas esportato in Ue. Alla fine del 2013, il Paese sembrava avviato verso un marcato rafforzamento delle relazioni con Mosca, ma dopo la cacciata di Yanukovych e la destabilizzazione del Paese la tensione con la Russia è improvvisamente aumentata e con essa i rischi per l’Europa.
L’esito del cambio di regime nei prossimi anni sarà il permanere di un governo centrale ucraino molto debole e fortemente dipendente dal sostegno politico ed economico occidentale, incapace di imporre la propria autorità sulle regioni orientali. In queste regioni si registrerà un aumento del livello di
autonomia, senza però giungere a una secessione, a causa dell’assenza di un appoggio russo per questa ipotesi.
L’evoluzione della situazione in Ucraina non è destinata ad avere un impatto duraturo sulle forniture russe, per diverse ragioni. In primo luogo, la Russia e i grandi Paesi importatori europei condividono un forte interesse economico per la stabilità dei flussi, non solo di gas naturale, ma anche di petrolio. Questo interesse comune rappresenta un importante elemento di contenimento della crisi politica in Ucraina.
In secondo luogo, l’Ucraina è destinata a restare dipendente in misura significativa dalle forniture
energetiche russe, a causa degli alti costi di una completa diversificazione. Questa situazione limita
fortemente la possibilità per il governo di Kiev di utilizzare la minaccia di interrompere i flussi di gas
come arma negoziale nei confronti della Russia e dei Paesi Europei. Inoltre, nonostante i possibili ritardi, la realizzazione del gasdotto South Stream è destinata a ridurre notevolmente la rilevanza del
transito attraverso l’Ucraina e dunque la capacità di ricatto del governo di Kiev.
La seconda incognita relativa alla stabilità delle forniture russe è quella che riguarda la disponibilità
di un’adeguata capacità di produzione. Nonostante l’ampiezza delle riserve russe escluda ogni problema di scarsità al 2025, si pone tuttavia il problema di garantire investimenti adeguati a espandere la capacità di produzione e far fronte al naturale esaurimento dei giacimenti attualmente sfruttati. Nello scenario di riferimento, la disponibilità di capitali russi e internazionali è sufficiente a coprire le esigenze di investimento, che a livello cumulato nel corso del decennio sono nell’ordine di alcune
centinaia di miliardi di dollari.
La disponibilità di capacità produttiva e la stabilità del transito verso l’Europa non saranno compromesse nemmeno dalla transizione al vertice del governo russo, plausibilmente prevista per il 2020.
Come registrato nel corso delle precedenti transizioni politiche, incluso il crollo sovietico, i flussi
energetici tra la Russia e i Paesi europei tendono a essere improntati a una forte inerzia.
prometeia – luglio 2014131
La Federazione Russa e
l’instabilità in Ucraina
gli approfondimenti
Nemmeno l’aumento dei canali di esportazione del gas russo è destinato a compromettere i flussi
verso l’Europa. Il gas diretto in Cina proverrà infatti dai giacimenti della Siberia Orientale, mentre
quello destinato ai mercati globali del GNL proverrà dai giacimenti dell’isola di Sakhalin e, se realizzato, dal terminal di Yamal. In entrambi i casi si tratta di bacini produttivi alternativi a quelli principali
utilizzati per rifornire i clienti europei, attualmente e in prospettiva futura: la Russia può infatti agire
sui mercati internazionali come un insieme di diversi produttori in parallelo, grazie all’estensione del
proprio territorio e alle grandi riserve provate a diposizione, superiori a 30.000 bcm.
L’area nordafricana e la
centralità algerina
Nello scenario di riferimento l’Africa Settentrionale continuerà a rappresentare uno dei canali principali di approvvigionamento europeo, anche se la sua importanza relativa è destinata a diminuire. A
contribuire a questa tendenza saranno due fattori: la perdurante e quasi endemica instabilità politica
e l’aumento dei consumi interni.
L’instabilità politica non avrà effetti negativi sull’integrità delle infrastrutture esistenti e, sebbene siano possibili interruzioni per periodi limitati di tempo, nel complesso i flussi continueranno in modo
stabile. L’incertezza politica avrà tuttavia un effetto negativo sugli investimenti esteri nell’area, riducendo il potenziale produttivo.
Per quanto riguarda la Libia, il Paese resterà instabile, ma esistono buone probabilità che in un orizzonte temporale di 2-5 anni emergano soluzioni di compromesso tra i potentati locali che consentiranno una ripresa delle esportazioni petrolifere. In questo arco temporale potranno continuare interruzioni delle esportazioni di gas attraverso il gasdotto Greenstream che collega il paese con l’Italia.
In seguito alla stabilizzazione del Paese, tuttavia, i flussi di gas riprenderanno a regime (8 bcm all’anno), a causa della necessità dei proventi da esportazione per mantenere la stabilità politica. Gli esigui
consumi interni non intaccheranno la base per l’esportazione.
La principale incognita per la sicurezza energetica europea resta tuttavia l’evoluzione della situazione in Algeria, il principale produttore della regione. La transizione di potere dall’attuale presidente
Bouteflika a un nuovo leader appare inevitabile a causa delle condizioni di salute del presidente. Diverse correnti interne all’establishment si stanno scontrando da anni per individuare un successore, ma fintanto che Bouteflika è vivo o una delle correnti non prevale, lo scontro è destinato a restare nell’ombra. L’esito più probabile è che alla morte del presidente emerga una nuova figura di riferimento in grado di governare il Paese in modo analogo a quanto fatto da Bouteflika a partire dal 1999.
Esiste tuttavia un rischio di destabilizzazione per il Paese. Qualora la lotta per la successione dovesse
portare a scontri, il rischio è un crollo degli apparati statali, con una perdita di controllo del territorio
che potrebbe trasformarsi in destabilizzazione endemica. Il deterioramento del quadro della sicurezza nel sud e nell’est del paese, nella regione costiera della Cabilia (da anni focolaio di rivolta berbera),
la crisi del Sahel e della vicina Libia e, più in generale, la porosità dei confini desertici nordafricani potrebbero favorire l’ulteriore proliferare di numerosi gruppi terroristici, affiliati ad Al-Qaeda nel Maghreb Islamico e inseriti nei network del crimine transnazionale. In questo caso, i flussi energetici verso
l’Ue sarebbero seriamente compromessi, a causa sia dei possibili danni alle infrastrutture, sia soprattutto all’impossibilità di mantenere gli investimenti necessari nelle attività di produzione.
Nello scenario di riferimento la transizione algerina è tuttavia destinata a verificarsi senza una destabilizzazione del Paese, grazie alla consapevolezza da parte dell’establishment dei rischi esistenti e grazie alla resilienza degli apparati di sicurezza. Il principale problema per le esportazioni ener-
132
rapporto di previsione – prometeia
5. Europa e approvvigionamenti di gas: alcuni possibili scenari per il prossimo decennio
getiche sarà invece il calo della disponibilità di gas per l’esportazione, a causa dell’effetto combinato
dei limitati investimenti nel corso di questo decennio e dell’aumento dei consumi interni, indotto dalla crescita della popolazione. Nel complesso, dunque, i flussi dall’Algeria si contrarranno da 36 a 30
bcm all’anno.
La continuità delle esportazioni algerine verso il principale cliente, l’Italia, dipenderà anche dalla stabilità politica in Tunisia. Le dimensioni contenute e l’economia relativamente sviluppata rendono la
Tunisia il Paese più stabile della regione, ma esistono rischi collegati al malcontento sociale a causa del debole quadro macroeconomico e dell’intensificarsi dell’attività di gruppi jihadisti, soprattutto
nelle aree confinanti con l’Algeria. Nello scenario di riferimento, la transizione politica in atto nel Paese è tuttavia destinata ad avere successo, anche grazie alla cooperazione internazionale, portando a
una perdurante stabilità o comunque a un’instabilità limitata e tale da non compromettere per i flussi di gas algerino.
Nello scenario di riferimento, il secondo fornitore di gas per i mercati europei resterà la Norvegia, le
cui esportazioni sono previste sostanzialmente stabili (100 bcm). La lieve contrazione è dovuta essenzialmente al progressivo esaurimento della capacità produttiva dei giacimenti più maturi del
Mare del Nord.
Il terzo fornitore di gas europeo sarà il Qatar, che vedrà le proprie esportazioni verso i mercati Ue aumentare fino a 50 bcm all’anno, in netto aumento rispetto ai poco più di 20 bcm del 2013. Si tratterà
in realtà in larga misura di un recupero di volumi persi negli ultimi due anni: le importazioni di GNL dal
Qatar avevano infatti già raggiunto nel 2011 un picco superiore ai 40 bcm.
La repentina riduzione dei flussi causata dalla crisi dei consumi in Europa e dall’aumento della domanda in Asia orientale, soprattutto in Giappone, ha carattere congiunturale. A portare nella direzione di
un recupero sarà innanzitutto l’ampia capacità di rigassificazione inutilizzata in Europa, circa 150 bcm
annui su poco meno di 200. In presenza di nuova domanda di importazione, i rigassificatori europei
rappresenteranno un’opzione immediatamente disponibile.
Al contempo, l’offerta mondiale di GNL conoscerà importanti cambiamenti: in Australia, Malesia,
Africa Orientale e Nord America entreranno in funzione nuovi terminali di liquefazione, destinati ad
aumentare la pressione competitiva sul Qatar, soprattutto nei mercati dell’Asia Orientale. Per gli operatori attivi in Qatar, i mercati europei rappresenteranno uno sbocco sempre più attraente per diversificare i flussi di esportazioni, arrivati a circa 100 bcm nel 2013 e destinati a crescere ulteriormente
nel prossimo decennio.
Oltre alle esportazioni qatarine, i terminali europei attrarranno GNL in arrivo da produttori minori. I
volumi in arrivo dagli Stati Uniti saranno tuttavia limitati a 5 bcm, per due ragioni. Anzitutto la capacità di esportazione effettivamente realizzata entro il prossimo decennio sarà limitata a poche decine di bcm, nella migliore delle ipotesi. Inoltre, i volumi esportati saranno indirizzati principalmente
verso i mercati asiatici, sfruttando l’ampliamento del Canale di Panama, lasciando ai mercati europei
solo volumi marginali. Altri produttori minori, come quelli africani e centroamericani, forniranno altri
12 bcm all’anno per i terminali Ue.
Infine, un’ulteriore direttrice di importazioni per i mercati europei sarà il Corridoio meridionale, costituito dal sistema infrastrutturale Southern Caucasus Pipeline (Azerbaijan-Georgia), TANAP (Turchia)
prometeia – luglio 2014133
Gli altri canali di approvvigionamento
gli approfondimenti
e TAP (Grecia-Albania-Italia). I volumi in arrivo saranno limitati a 10 bcm di produzione azerbaigiana,
perché gli altri potenziali produttori dell’area o saranno orientati verso il mercato cinese (Turkmenistan) o non saranno in grado di fornire capacità produttiva adeguata, per ragioni economiche e politiche (Iran e Iraq). Un eventuale potenziamento del Corridoio potrebbe avvenire soprattutto in caso di
un aumento della produzione azerbaigiana, la cui tempistica è tuttavia al momento incerta.
Quali alternative a Kiev? Gli scenari europei del gas in caso di inasprimento della crisi Russia-Ucraina
Da un punto di vista energetico, quella dell’Ucraina è la posizione di un paese fortemente dipendente
dall’estero, con un sistema industriale intensivo e inefficiente, e senza strutture alternative per l’approvvigionamento. Condizioni che la legano a doppio filo con il principale fornitore di gas naturale, la
Russia.
Kiev deve far fronte a una
bolletta del gas insostenibile per le finanze pubbliche
Non meraviglia quindi che negli ultimi anni si siano intensificati gli sforzi da parte di Mosca per portare l’Ucraina nella propria area di influenza politica e commerciale, adottando la strategia del bastone
e della carota, sia direttamente nei confronti di Kiev, sia indirettamente di Bruxelles, come si è osservato in occasione delle “crisi del gas” del 2006 e del 2009. Di recente, nel 2013, la carota ha preso la
forma di uno sconto sostanziale sulle forniture di gas (prezzate a poco meno di 0.27 $/mc) promesso
da Mosca come contropartita all’interruzione dei colloqui per l’istituzione di un accordo di libero
scambio con l’Ue. Carota che è rapidamente diventata un bastone quando la deposizione di Yanuchovic ha portato a un nuovo allontanamento di Kiev da Mosca. I prezzi delle forniture sono stati immediatamente riportati verso i livelli medi pagati dagli importatori europei, per poi essere nuovamente
incrementati nei giorni successivi, fino a 0.49 $/mc: una variazione, ceteris paribus, che comporta per
Kiev un maggiore esborso di oltre 5 miliardi di dollari all’anno uno sforzo insostenibile per le casse
pubbliche, anche a fronte del salvagente di 17 miliardi di dollari complessivi promessi dal FMI. Così,
mentre nell’est del paese dilagava il conflitto armato tra Kiev e le truppe separatiste, sul fronte energetico Gazprom (sollevando una controversia sui pagamenti del gas) annunciava la chiusura dei rubinetti per l’Ucraina, ultimo atto – in ordine temporale – di questa vicenda.
Il gas al momento transita regolarmente, ma la situazione rimane precaria
Al momento i transiti in direzione Europa attraverso l’Ucraina procedono regolarmente: quest’ultima
sta gestendo la domanda interna dando fondo alle riserve stoccate e invertendo i flussi nelle pipeline
che – normalmente – portano il gas russo dal confine ucraino verso Slovacchia e Polonia, ma la situazione rimane precaria.
Nei prossimi mesi, i rischi legati a una possibile evoluzione negativa dello scenario sono contenuti, per via del calo stagionale dei consumi. I problemi potrebbero tuttavia emergere con l’avvicinarsi
dell’inverno, il periodo dell’anno in cui la domanda di gas, trainata dagli utilizzi da riscaldamento, aumenta in maniera consistente (e le pressioni di Gazprom sui clienti, storicamente, si fanno più forti).
Per l’Europa rinunciare a un flusso di gas di tale entità significa comunque, prima o poi, essere preparata a reperire questi volumi per altre vie. Quali?
Solo il completamento del South Stream permetterebbe una totale indipendenza dall’Ucraina
Considerando l’Europa come aggregato, la prima fonte alternativa – paradossalmente – sarebbe proprio la Russia, che potrebbe reindirizzare il gas destinato al transito sull’Ucraina verso altre direttrici.
Una possibilità è costituita dall’innalzamento del grado di utilizzo della capacità di trasporto del
North Stream, il gasdotto che, transitando sotto al Mar Baltico, collega direttamente Russia e Germania, cui si potrebbe aggiungere l’utilizzo della capacità di trasporto residua sulla pipeline Yamal-
134
rapporto di previsione – prometeia
5. Europa e approvvigionamenti di gas: alcuni possibili scenari per il prossimo decennio
Tab. 5.3
Principali pipeline di approvvigionamento di gas naturale in Europa
Fonte: elaborazioni Prometeia.
Europa, che transita per la Bielorussia. Si tratta comunque di una soluzione parziale (in teoria i gasdotti combinati potrebbero fornire circa 30 bcm in più rispetto ai livelli attuali), le cui potenzialità,
peraltro, sono attualmente vincolate dall’assenza di interconnessioni sufficientemente capaci tra paesi europei. Per via del relativo isolamento tra i singoli mercati nazionali, un incremento delle consegne sulla direttrice settentrionale non risolverebbe infatti i problemi di paesi, come l’Italia, fortemente dipendenti dai flussi provenienti dall’Ucraina. Nello specifico del caso italiano, la portata delle pipeline alternative non sarebbe sufficiente a garantire la tenuta complessiva delle forniture, che
pertanto dovrebbero comunque essere compensate dal contributo di altri paesi, come l’Algeria.
Un elemento in grado di offrire una soluzione duratura a questo problema si potrebbe trovare nel gasdotto South Stream. La possibilità di portare oltre 60 miliardi di metri cubi di gas al di là del Mar
Nero non risolve il problema dell’elevata dipendenza europea dalla Russia; tuttavia, permetterebbe di
aggirare il blocco ucraino, riducendo in maniera sensibile il rischio complessivo del sistema di approvvigionamento. Con South Stream e North Stream a regime e la presenza di una rete efficiente di pipeline di collegamento tra il Nord e il Sud dell’Europa, è ragionevole ipotizzare un incremento dei flussi
di gas verso il Vecchio Continente superiore agli 85 bcm, sufficienti a compensare quanto attualmente transita dall’Ucraina. Inserendo in questo scenario la completa operatività del gasdotto TAP (Trans
Adriatic Pipeline) tra l’Italia e la Turchia, si potrebbero aggiungere (rispetto allo scenario di base) ulteriori 10 bcm all’anno di gas proveniente dall’area del Mar Caspio.
Gli ultimi anni hanno visto uno sviluppo considerevole sia della capacità di trasporto globale di gas naturale liquefatto via nave (GNL) sia di quella di importazione e d’esportazione dello stesso, garantita
dagli investimenti in rigassificatori e impianti di liquefazione effettuati in Europa e nei principali paesi esportatori. E’ possibile ipotizzare la sostituzione di 80 bcm di gas con le importazioni via nave? Al
momento in Europa la capacità di rigassificazione lascia spazi più che sufficienti, potenzialmente,
non soltanto a colmare un eventuale calo delle forniture russe, ma addirittura a tagliare la Russia fuo-
prometeia – luglio 2014135
Il GNL è un’alternativa realistica al gas russo?
gli approfondimenti
ri dal mercato Ue. Ma questo vale solo sulla carFig. 5.1
Scenario 1: Alternative all’interruzione
ta. I problemi risiedono al di fuori dei confini eudei flussi dall’Ucraina
ropei: la capacità di ricevere gas liquefatto è infat100
ti condizionata all’esistenza di un’offerta, che in
90
questo caso non solo è limitata (rispetto alla capa80
cità di importazione Ue), ma è anche inelastica, in
70
quanto vincolata dai contratti di lungo periodo ne60
cessari a coprire gli investimenti effettuati per la
50
costruzione degli impianti di liquefazione. In altre
Ucraina
40
parole, gli impianti di liquefazione esistenti lavora30
no tutti a pieno regime, e destinano la loro produ20
zione eccedente verso le aree in cui il prezzo del
10
gas è più vantaggioso (attualmente l’Asia, dove il
0
GNL è prezzato a forte premio rispetto all’EuroAltre vie
North Stream
South Stream
pa). Affinché il mercato europeo del gas diventi atMiliardi di metri cubi di gas, elaborazioni su fonti varie.
traente per le forniture di GNL occorre che il prezzo medio salga stabilmente verso quello asiatico
(crescendo cioè di quasi il 60 per cento rispetto ai valori attuali) o che quello asiatico scenda in misura
analoga o, ancora, che si generi sul mercato globale una eccedenza sufficiente di capacità di esportazione di GNL. In questo senso, le prospettive più interessanti – ed economicamente più verosimili – risiedono nella combinazione tra la seconda e la terza ipotesi, cioè una convergenza dei prezzi asiatici in direzione di quelli europei, guidati dall’incremento dell’offerta proveniente dall’Asia-Oceania.
Nel lungo periodo le alternative non mancano…
In prospettiva, in Europa flussi di GNL aggiuntivi rispetto a quanto ipotizzato nello scenario di base
potrebbero essere garantiti dalla prosecuzione della fase espansiva della produzione di gas in Canada e Stati Uniti. Nel complesso, il mercato del GNL nordamericano potrebbe garantire, in prospettiva
futura, dai 15 ai 20 bcm di gas in più rispetto a quanto ipotizzato nello scenario di base, che si andrebbero a sommare ai 70 bcm garantiti dalla combinazione tra North Stream e Yamal-Europa (+30 bcm),
South Stream (+30 bcm) e TAP (+10 bcm). In totale più di 80 bcm, sufficienti ad annullare i rischi di una
interruzione delle forniture passanti per l’Ucraina. Ulteriori consegne potrebbero essere, infine, garantite dall’Algeria, in procinto di espandere i suoi terminali di rigassificazione e di incrementare la capacità di esportazione di GNL di circa 16 bcm.
…ma per ora l’Europa rimane condizionata da
quanto accade in Ucraina
Si noti che in questo scenario al 2025 è ipotizzato che la capacità del South Stream arrivi a regime (60
bcm/anno). Un’ipotesi piuttosto ottimistica, la cui realizzazione, così come per le altre alternative descritte, sottintende il completo superamento delle criticità legate alla consegna delle opere. Anche
per quanto riguarda il GNL, occorrerà almeno un quinquennio prima che sul mercato globale si generi
un surplus sufficiente a rendere quest’ultimo una fonte di approvvigionamento adeguata; ipotesi che
richiede, inoltre, il citato potenziamento della rete di interconnessione interna all’Europa. In parole
povere, le alternative elencate finora (ad eccezione del North Stream) fanno parte di uno scenario futuro, che verosimilmente diventerà tale non prima della fine di questo decennio; ma non riguardano
ancora il presente.
Algeria, un altro potenziale fattore di rischio
dello scenario
Se in una prospettiva di più lungo termine è possibile ipotizzare, accanto a un incremento delle forniture russe, anche una loro “messa in sicurezza”, nel prossimo quinquennio l’Europa si troverà comunque a fronteggiare gli stessi problemi di oggi, ma con meno alternative. Non solo per via della riduzione strutturale della produzione del Mare del Nord, che combinata alla prospettiva di un lento recupe-
136
rapporto di previsione – prometeia
5. Europa e approvvigionamenti di gas: alcuni possibili scenari per il prossimo decennio
Fig. 5.2
Sceanrio 2: Alternative all’interruzione
dei flussi dall’Ucraina e dall’Algeria
120
100
Algeria
80
60
40
Ucraina
20
0
GNL aggiuntivo richiesto
Altre vie
North Stream
South Stream
Miliardi di metri cubi di gas, elaborazioni su fonti varie.
ro della domanda interna (anche nell’ipotesi di un
aumento dell’efficienza energetica complessiva)
porterà a un incremento del fabbisogno. Ma anche perché tra i grandi fornitori tradizionali figurano paesi, come l’Algeria, la cui stabilità è messa
a repentaglio dal deterioramento del quadro geopolitico dell’area del Nord Africa/Medio Oriente. Nel 2011, lo scoppio della guerra civile ha portato all’azzeramento dell’export di gas naturale
da Tripoli, una volta considerato un partner energetico affidabile dell’Europa. Nello scenario di
base l’Algeria è ipotizzata fornire all’Europa 30
bcm di gas nel 2025: in caso di tensioni politiche,
sommati agli 80 bcm dell’Ucraina, porterebbero
il volume complessivo di gas “a rischio” a circa
110-115 bcm, oltre 1/5 della domanda europea di
gas naturale prevista nel 2025.
Cosa succederebbe nel caso di un’interruzione contemporanea dei flussi dall’Algeria e dall’Ucraina?
Una situazione di questo genere presenta non poche criticità. Nell’immediato si creerebbe un ammanco di gas sul mercato interno pari ad almeno 30 bcm che (nell’ipotesi di una capacità di liquefazione globale sufficientemente ampia) potrebbe essere coperto dal GNL: ma perché ciò si verifichi occorre che le quotazioni sulle piazze europee salgano in maniera da coprire il differenziale con i prezzi
asiatici, garantendo margini di profitto agli eventuali nuovi fornitori. Una situazione di questo tipo
scatenerebbe con ogni probabilità una guerra sui prezzi con l’Asia per accaparrarsi carichi aggiuntivi
di gas, con corse al rialzo difficilmente sostenibili, per l’Europa, per un periodo di tempo prolungato. In
ogni caso, tutti gli scenari descritti implicano la conservazione di una forte dipendenza europea dalla
Russia. Una riduzione della dipendenza dalle forniture di Gazprom non è ipotizzabile a meno di non
comprimere il denominatore, ovvero i consumi europei di gas.
Un’ipotesi pessimistica:
interruzione contemporanea su due fronti
Ciò non esclude che sia comunque possibile agire per ridurre il potere di mercato dei fornitori nei confronti dell’Europa. La necessità dell’Europa di rifornirsi di gas va di pari passo con il bisogno della Russia di finanziare il bilancio pubblico con i profitti della vendita di gas, in un equilibrio in cui nessuno dei
due contendenti ha l’incentivo a deviare dalla strategia concordata (la stabilità complessiva del commercio di gas). Il payoff non è tuttavia simmetrico: qualsiasi minaccia di deviazione dalla strategia è
poco credibile, ma lo è soprattutto per l’Europa, dal momento che fare a meno delle forniture di gas in
pieno inverno ha un costo politico ed economico molto superiore all’eventuale rinuncia a qualche
mese di profitto. Una rinuncia che per Gazprom avrà peraltro un costo ancora più contenuto quando
le pipeline verso la Cina, a partire dal 2018, aggiungeranno Pechino al parco clienti del monopolista
russo.
Come riequilibrare i rapporti di forza tra Russia
ed Europa?
In aggiunta agli investimenti descritti in precedenza, l’Europa può agire in questa direzione, migliorando la propria capacità di resistere a un’interruzione delle forniture. La creazione di un mercato unico
del gas, combinata a investimenti massicci destinati a realizzare nuova capacità di stoccaggio, consentirebbe di beneficiare di margini di trattativa molto più ampi nei confronti dei fornitori tradizionali. Un aumento dell’autosufficienza europea, anche se per un periodo limitato, si traduce infatti in una
punizione più severa (perché significa rinunciare ai profitti per tempi più lunghi) nei confronti del for-
prometeia – luglio 2014137
gli approfondimenti
nitore che minacci di interrompere le consegne. E’ un progetto che, al di là degli ingenti investimenti
necessari per realizzare le infrastrutture e rifornire in anticipo gli stock, implica anche un grado elevato di coesione politica tra i paesi membri. Al tempo stesso è però probabilmente l’unica strada, nello scenario previsivo al 2025, che possa garantire al Vecchio Continente un certo grado di indipendenza in termini di approvvigionamento di energia.
Energia, un pezzo importante nel puzzle geopolitico del futuro
Le possibili evoluzioni dello scenario energetico globale descritte nelle precedenti sezioni di questo
approfondimento ipotizzano un framework tecnologico pari (o quasi) all’attuale, in un mondo in cui
gli equilibri tra i grandi attori internazionali non subiscono mutamenti di rilievo rispetto allo status
quo. L’elevata connotazione strategica dell’oil&gas - e più in generale delle materie prime - nell’ambito dei processi di crescita mondiale suggerisce, tuttavia, anche un’interpretazione più “audace” di ciò
a cui stiamo recentemente assistendo sul palcoscenico internazionale. Gli ultimi mesi hanno visto un
susseguirsi di avvenimenti che – letti singolarmente – potrebbero apparire disgiunti l’uno dall’altro
per obiettivi e possibili effetti, ma – guardati nell’insieme da una prospettiva più alta – disegnano un
percorso che potrebbe portare, in un orizzonte di lungo termine, a una nuova contrapposizione negli
equilibri di forza fra ovest ed est del mondo.
Gli ultimi mesi hanno visto un susseguirsi di
eventi che vanno a modificare il quadro di riferimento internazionale…
Nel luglio del 2013 Unione Europea e Stati Uniti hanno avviato le negoziazioni per la definizione di un
accordo di libero scambio (Transatlantic Trade and Investment Partnership, TTIP) finalizzato a un’attenuazione delle barriere tariffarie e a un’omogeneizzazione delle normative tra i due mercati relativamente al commercio di beni e servizi, inclusa l’energia. A marzo 2014 la Cina ha annunciato l’avvio
del primo sfruttamento commerciale delle risorse interne di shale gas. Nonostante le storiche divergenze, tante volte inconciliabili, nel mese di maggio Russia e Cina hanno iniziato a collaborare, firmando un accordo trentennale per la fornitura di gas al gigante asiatico - 38 bcm/anno, a partire dal 2018
- per un valore complessivo di 400 miliardi di dollari. La cooperazione tra le due superpotenze, oltre
alle ricadute dirette in termini di investimenti necessari a onorare il contratto (su tutti, la costruzione
del gasdotto Power of Siberia), è presumibilmente destinata a estendersi ad altri ambiti commerciali. In relazione a ciò, la Russia ha dichiarato che potrebbe, quantomeno in linea di principio, essere
pronta a ricevere i pagamenti dalla Cina in renminbi anziché in dollari, a prova di un tentativo di “aggirare” la valuta americana in una fase in cui i rapporti con l’Occidente si stanno facendo sempre più tesi.
E’ di pochi giorni fa la notizia della storica decisione del governo americano di aprirsi all’export di petrolio, dopo oltre 40 anni di divieto. Si tratta ancora di piccoli numeri – l’autorizzazione a vendere all’estero greggio ultraleggero al momento riguarda solo due piccole compagnie petrolifere – ma il fatto
rappresenta senza dubbio una svolta per lo scenario energetico mondiale. Sempre degli ultimi giorni
è la notizia del piano della Cina di creare un nuovo istituto finanziario globale che vada in competizione con le esistenti World Bank e Asian Development Bank, nelle opinioni di Pechino troppo condizionate dall’influenza statunitense. Questi, solo per citare alcuni degli eventi che stanno modificando
sotto diversi aspetti il quadro di riferimento internazionale.
…lasciando intravvedere passi per la nascita di
un nuovo paradigma nella
competizione globale
Se passiamo dall’osservare gli alberi al guardare la foresta, in questi movimenti si possono intravvedere i passi per la creazione di un nuovo paradigma nella competizione globale, con potenziali impatti rilevanti sul quadro degli scambi: da un lato, il nascente asse Russia-Cina, a minacciare gli interessi
strategici dell’America in Asia; dall’altro, la creazione di un blocco Stati Uniti-Europa, nel tentativo di
contrastare la cooperazione sino-russa e conservare lo status di grande potenza da decenni appan-
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5. Europa e approvvigionamenti di gas: alcuni possibili scenari per il prossimo decennio
naggio della nazione americana. E’ un quadro al momento solo abbozzato, ma che in prospettiva offre
elevate opportunità potenziali di crescita, soprattutto a Occidente. La demografia favorisce il blocco
emergente (1.5 miliardi di abitanti, contro i poco più di 800 milioni del mercato occidentale), ma l’ago
della bilancia pende con decisione verso ovest se si guarda a grandezze più prettamente economiche:
l’interscambio Usa-Ue è il flusso bilaterale di maggiori dimensioni negli scambi mondiali; la quota
congiunta di Europa e Stati Uniti supera il 40 per cento delle esportazioni mondiali; le imprese di Europa e Stati Uniti realizzano il 65 per cento dell’R&D globale e pesano il 70 per cento degli IDE globali. La posta in gioco è alta, così come, presumibilmente, l’interesse degli Stati Uniti nel dare concreta
realizzazione al progetto di un grande mercato unico occidentale.
Nel decretare i vincitori di questa partita i futuri sviluppi della shale revolution potrebbero rivestire
un ruolo importante. Oggi, una lettura delle strategie energetiche statunitensi al servizio di obiettivi
geopolitici e geoeconomici appare nel concreto poco realistica per l’orizzonte del prossimo decennio.
Come argomentato in precedenza, al 2025 il potenziale in termini di export di GNL dagli Stati Uniti
non è stimato tale da fare traballare la posizione dominante della Russia. Per di più in Europa, dove
agli attuali livelli di prezzo i margini americani sarebbero estremamente risicati, se non addirittura negativi. Il progetto degli Stati Uniti di esportare GNL è comunque supportato da concreti piani di investimento, tra cui quello del terminal di Sabine Pass è il caso più emblematico. L’impianto in questione,
ex-rigassificatore convertito in impianto di liquefazione dopo che la rivoluzione dello shale gas ha
sovvertito le prospettive per il bilancio energetico statunitense, ha una capacità potenziale stimata
in circa 25 bcm/anno (già autorizzata dal Dipartimento per l’Energia), di cui 12 bcm previsti entrare in
piena operatività alla fine del 2015 (il resto è atteso per il 2018). Non mancano inoltre i tentativi di individuare meccanismi per la formazione del prezzo che consentano di maturare una convenienza per
gli acquirenti europei all’acquisto di gas americano (formule indicizzate alla quotazione Henry Hub,
già denominate ship-or-pay, con un parallelismo rispetto ai take-or-pay che regolano le forniture dai
gasdotti russi)2.
I futuri sviluppi della shale revolution potrebbero
giocare un ruolo importante in questa partita…
Un cambio radicale nelle regole del gioco potrebbe però intervenire in caso di break tecnologico. Un
upgrading nella tecnologia estrattiva in grado di imprimere un’accelerazione allo sfruttamento delle
riserve non convenzionali rispetto alla situazione attuale – riducendo tempi e costi necessari per disporne e/o favorendo lo sviluppo di nuovi giacimenti oggi difficilmente accessibili - così come innovazioni che riducessero l’onerosità del processo di liquefazione/rigassificazione avrebbero un forte impatto sull’effettiva disponibilità di risorse, con una conseguente spinta all’aumento delle esportazioni di gas dagli Stati Uniti rispetto a quanto a oggi ritenuto plausibile. Una maggiore incidenza del gas
americano nel paniere delle importazioni europee andrebbe a rafforzare il costituendo asse Usa-Ue,
minando quella che a oggi appare come la più solida partnership energetica al mondo, quella tra Russia ed Europa. Ciò aprirebbe le porte a uno scenario in cui l’egemonia russa viene messa a rischio, in
primis in qualità di fornitore di gas, ma - in seconda battuta – anche nei rapporti di forza all’interno
dell’economia mondiale.
…soprattutto in caso di
un break tecnologico che
spinga in direzione di un
più consistente flusso di
export di GNL dagli Stati Uniti
Ritenere possibili nuovi avanzamenti della frontiera tecnologica non è poi così bizzarro. Del resto,
fino a poco tempo fa chi avrebbe immaginato gli attuali risvolti per le risorse energetiche non convenzionali? Negli ultimi anni il punto di break-even per la produzione di gas negli Stati Uniti si è peraltro
già significativamente abbassato, grazie a una maggiore efficienza nelle perforazioni derivante dal
know-how maturato in un numero crescente e diversificato di siti.
A oggi, tuttavia, anche queste formule di calcolo non consentirebbero particolari margini di convenienza per l’Europa. .
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gli approfondimenti
Sfide tecnologiche e politiche si intrecciano negli
scenari del futuro
Proseguendo in questa chiave la lettura dei possibili scenari, evidenziamo come la tecnologia possa
rivestire un ruolo importante non solo sul fronte dell’offerta, ma anche su quello della domanda. Fattori che favoriscano, ad esempio, un trasferimento dei consumi da petrolio a gas per l’auto, e i trasporti in generale, potrebbero stimolare azioni per lo sviluppo di un mercato internazionale del gas più
competitivo.
Negli scenari del futuro le sfide tecnologiche si intrecciano quindi con quelle politiche, fino a diventarne strumento. Un successo nelle prime potrebbe significare una vittoria nelle seconde, con conseguenti impatti sullo scacchiere degli scambi globali, sulla sicurezza energetica, sulla protezione
dell’ambiente e, non ultimo, sui prezzi di petrolio e gas. Tracciare oggi una rotta su questi aspetti appare prematuro, ma è importante mantenere alta l’attenzione per coglierne in tempo sfide e opportunità.
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