le crociate - Santuario della vittoria

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LE CROCIATE
Origine, sviluppo e termine
Linee storiche
Lezione tenuta presso la Delegazione di Terra Santa
da fr. Pacifico Sella
Docente di storia della Chiesa ed Archivista
Provincia Veneta di S. Antonio di Padova dell’Ofm
Roma, 21 settembre 2011
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“Pace di Dio” e “Vessillo di S. Pietro”
L’idea delle crociate non nacque affatto dal progetto di
liberare la Terra Santa. Le sue radici affondano in Europa,
specialmente in Francia, e paradossalmente nel tentativo
di stabilire la pace di Dio. Di per sé la guerra era di
competenza del re, cui spettava salvaguardare la pace
all’interno e all’esterno. Con la decadenza dell’autorità
imperiale carolingia, nella Francia meridionale si
moltiplicarono nei secoli IX-X le faide e i depredamenti
del patrimonio ecclesiastico. Di conseguenza vescovi e
sinodi promossero la “pace di Dio” e, quale suo
compromesso, “la tregua di Dio”. Per imporla si
costituirono milizie locali sotto l’egida episcopale, pronte
a combattere per la pace (“guerra alla guerra”). Un forte
“sacerdotium” si assunse perciò i compiti di un debole
“regnum”. Questa fu una delle cause contestuali e
propedeutiche che portarono all’idea della guerra santa.
Un’altra radice risale a sant’Agostino, che disse lecita, e
pertanto giusta, la guerra difensiva a protezione dei fedeli.
Gregorio I (590-604) propaganda la guerra anche come
mezzo di diffusione della fede e Carlo Magno ne farà più
tardi uso (conversione coatta dei sassoni e dei frisoni). Il
soldato che fosse morto nel contesto di una guerra che
avesse tali finalità di difesa della Chiesa, la sua morte era
equiparata a quella di un martire. Non si deve dimenticare
l’esegesi del passo lucano «et ait dominus servo exi in
vias et sepes et compelle intrare ut impleatur domus
mea» (Lc 14,23). “Compelle intrare”, “costringi ad
entrare” così il dominus si rivolge al suo servo affinché
“spinga” perché ci siano nuovi invitati alla festa del
matrimonio di suo figlio. Ebbene su questo “compelle
intrare” a partire da S. Agostino (lettere 173 e 185) si
assiste ad una elaborazione tesa a giustificare la
coercizione, in materia di fede, esercitata dall’autorità
pubblica su invito e sollecitazione della Chiesa. Di qui
derivò poi la sacralizzazione della guerra (giusta) e con
essa la sacralizzazione della cavalleria: il cavaliere fu
solennemente impegnato a difendere i beni dei poveri,
delle vedove e della Chiesa. La disponibilità a combattere
per la cristianità contro i nemici esterni, specialmente
contro l’Islam, si diffuse sempre più, cosa cui contribuì
anche l’alta considerazione di cui la lotta e la battaglia
godevano di per sé tra i popoli germanici.
Contro intrusi pagani avevano già precedentemente
combattuto i principi della Chiesa, ad esempio contro i
saraceni (papa Leone IV), i magiari (Ulrico di Augusta) e
i normanni (papa Leone IX). Soprattutto la guerra contro
gli arabi in Spagna (reconquista) fu concepita come una
guerra santa con la proclamazione da parte del papa
Alessandro II (nel 1063) di una pace di Dio che
sospendesse le guerre tra i cristiani, l’indulgenza per
coloro che vi avessero partecipato e l’invio del vessillo di
s. Pietro per significare particolarmente le finalità sacre
dell’impresa spagnola; essa fu condotta con nuovo vigore
e coronata dalla conquista di Toledo nel 1085. Pure la
cacciata dei saraceni dalla Sicilia fu già una specie di
crociata (indulgenza per i volontari e l’assegnazione del
vessillo di S. Pietro). Il papato riformatore appoggiò le
guerre sante all’interno e all’esterno: nel 1063 in Spagna,
nel 1066 la spedizione normanna contro l’Inghilterra, la
pataria milanese per la riforma ecclesiale interna.
Gregorio VII meditò anche una crociata contro l’oriente,
mediante la quale pensava di metter fine con la forza allo
scisma greco. Il suo successore Urbano II perfezionò
coerentemente l’idea della crociata, abbinando la guerra
santa col pellegrinaggio a Gerusalemme. Tali
pellegrinaggi avevano una tradizione antichissima e
continuarono anche quando gli arabi, nel 637,
conquistarono la città. Neppure la distruzione della chiesa
del Santo Sèpolcro, perpetrata nel 1009 da Al Hakim “il
Pazzo”, ne provocò una interruzione significativa. Così al
pellegrinaggio del 1064/65 parteciparono circa settemila
pellegrini, guidati dall’arcivescovo Sigfrido di Magonza e
con la partecipazione dei vescovi Gunther di Bamberga,
Ottone di Ratisbona e del futuro vescovo di Passau
Altmann.
Mentalità
La riforma della Chiesa cattolica, conseguente alla “lotta delle investiture”, porterà a far sì che
il Papa si sostituisca all’Imperatore nella guida dell’Occidente cristiano. Per comprendere la portata
di questa rivoluzione, consistente nel passaggio del testimone dalle mani dell’imperatore a quelle
del papa, bisognerebbe dare una rilettura del Dictatus Papae di Gregorio VII, allora si capirebbe
quale sia il panorama ecclesiastico contestuale che fa da sfondo alle crociate. Pertanto la “lotta delle
investiture” porterà al passaggio da una teocrazia di marca imperiale, che segna il suo apice con
Ottone III di Sassonia († 1002), ad una teocrazia di marca ierocratica, dove l’ “altare” ha la
precedenza sul “trono”, sancita una volta per tutte dal concordato di Worms (1122) e riconfermata
dai concili lateranensi. È proprio nell’ambito dei concili lateranensi (1123, 1139, 1179, 1215) – poi
quelli lionesi (1245, 1274) – la comprova del cambiamento del vertice sommo nella cristianità
medievale: non è più l’imperatore ad indire il concilio (come succedeva nella Ch. antica), ma
adesso è il papa a legittimare tale iniziativa.
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Le coordinate mentali e spirituali di questo cambiamento sono individuate, e alla fine
sistemate, nel pensiero politico e mistico che sta alla base della rinascita teologica del XII sec. e che
va sotto il nome di “agostinismo”. L’agostinismo lo possiamo definire come quella tensione
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spirituale tesa a verticalizzare tutta l’esistenza dell’uomo medievale. È impossibile comprendere il
fenomeno “crociato” senza considerare la cultura determinata dallo spiritualismo agostinista1.
Sviluppi
La situazione politica in Oriente mutò radicalmente,
quando nel 1071 Romano IV, imperatore romano
d’oriente, subì una sconfitta tremenda a Manzikert, in
Armenia, ad opera dei selgiuchidi turchi. Nel 1076
costoro conquistarono anche Gerusalemme e nel 1085
Antiochia, fino ad allora greca. Il nuovo imperatore
Alessio I Comneno (1081-1118) si rivolse quindi a
Urbano II per chiedere l’appoggio dei cavalieri
occidentali. La richiesta giunse a Urbano II durante il
sinodo di Piacenza del 1095. Di qui il papa si recò nella
Francia meridionale, dove si incontrò col vescovo
Ademaro di Puy e il conte Raimondo di Tolosa e St.
Gilies, con i quali dovrebbe aver concertato l’idea di una
crociata. Nel novembre del 1095 si riunì a Clermont un
sinodo per la riforma. Alla sua conclusione il papa lanciò
un appello per la liberazione del Santo Sepolcro dal
potere degli infedeli, appello che incontrò un’adesione
spontanea totale. Numerosi cavalieri indossarono al grido
di “Deus lo volt” il manto con la croce sul petto, che in
seguito doveva divenire il simbolo dei crociati. Scopo
ufficiale era dunque la liberazione del Santo Sepolcro che
i selgiuchidi avrebbero oltraggiato, tuttavia l’aiuto da
portare ai greci e la loro riunificazione vi giocarono
sicuramente un ruolo importante. Un effetto collaterale
consistette anche nel fatto che, in questo modo, il
potenziale bellico della nobiltà occidentale veniva
dirottato dalle faide interne alla guerra santa. Veniva
formulata in tal modo l’idea, in sé contraddittoria, di un
pellegrinaggio armato.
1
Di conseguenza si sviluppò anche un nuovo rito di
benedizione: accanto al bastone e alla bisaccia, antichi
simboli dei pellegrino, si benedisse ora anche la spada.
Quanto pronto fosse il terreno ad accogliere l’idea della
crociata risulta dalle Gesta Dei per Francos, una
relazione sulla prima crociata in cui leggiamo: «Quando
giunse quel tempo, che Gesù addita quotidianamente ai
suoi fedeli, specie quando leggiamo nel vangelo: “Chi
vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua
croce e mi segua” (Mt 16,24), un grande movimento
percorse il paese dei franchi, sicché chiunque desiderava
seguire fervorosamente con cuore e animo puro Dio e
portare la croce dietro di lui, non esitò a intraprendere il
più presto possibile il cammino verso il Santo Sepolcro».
Questa pietà era radicata nelle tendenze del tempo. Gli
ordini religiosi della riforma propagandavano la “vita
apostolica”, volevano vivere come “pauperes Christi”.
Elementi di questa vita erano la penitenza, che si
esternava soprattutto in pellegrinaggi, la cura dei malati e
dei poveri e la predicazione della “via salutis” come
insegnamento catechistico impartito ai laici. Vita
apostolica significava quindi vicinanza a Cristo, sequela
di Cristo. La crociata fu così interpretata come sequela
quanto mai fedele di Cristo, della sua passione e morte,
come una specie di martirio. I crociati facevano penitenza
per sé ma anche per coloro che erano rimasti in patria, i
quali a loro volta li sostenevano con la preghiera e con
donazioni in denaro e in beni naturali. Una forma
particolare assunse questa pietà negli ordini cavallereschi.
L’agostinismo possiamo così definirlo: esso è un indirizzo filosofico-teologico che i pensatori dell’XI fino al
XIII secolo pongono in essere nella rilettura delle opere di s. Agostino associate alla comprensione delle opere
teologiche dello Pseudo-Dionigi (neoplatonismo) che poi confliggerà col realismo aristotelico-tomistico. Le tesi più
significative dell’ag. sono: subordinazione della filosofia alla teologia, della natura alla sopranatura; primato del bene
sul vero, della volontà sull’intelletto; origine delle idee per una diretta illuminazione di Dio; pluralità delle forme
sostanziali; accentuata distinzione tra anima e corpo; le “ragioni seminali” insite nella materia (per spiegare il divenire
della medesima); ilemorfismo anche per le creature angeliche, ecc. Tutte tesi su cui inclinano alcuni grandi maestri della
scuola francescana; per es.: Alessandro di Halles, s. Bonaventura, Riccardo di Mediavilla, Matteo d’Acquasparta ecc. È
s. Tommaso d’Aquino a vulnerare mortalmente tutto l’impianto del pensiero ag., giunto con s. Bonaventura al suo
apogeo. Ci sarà per esso una “rinascita” nel neoag. il cui capofila sarà Matteo d’Acquasparta. Resisterà poco: la
speculazione filosofica del b. Giovanni Duns Scoto ne segnerà definitivamente la sorte.
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Il successo dell’appello in favore della crociata, lanciato
da Urbano II nel sinodo di Clermont, superò di gran lunga
le aspettative. Anziché alcune migliaia di cavalieri, come
l’imperatore greco si attendeva, o alcune decine di
migliaia, come il papa aveva sperato, scoppiò un
movimento di massa, un vero isterismo per le crociate,
che procedette secondo leggi proprie. Così l’eremita
Pietro di Amiens, autonominatosi predicatore della
crociata, mise in moto una crociata popolare, cui si
associò ogni specie di gentaglia. Contemporaneamente
nelle regioni lungo le rive del Reno si verificarono
massacri di ebrei, ma contro cui la stessa protezione
episcopale si dimostrò impotente.
La guida della prima crociata non poté essere affidata ai
due maggiori principi dell’occidente: l’imperatore Enrico
IV e il re Filippo I di Francia erano ambedue scomunicati.
Di conseguenza la guida della cristianità occidentale
spettò al papato, senza che la cosa fosse stata progettata.
Infatti proprio il periodo bisecolare delle crociate tradisce
una avventurosa mancanza di progettazione e di guida.
Già nel corso della prima crociata queste deficienze
vennero a galla. Sia il legato papale Ademaro di Puy, sia
Raimondo di Tolosa non avevano alcuna autorità
particolare, perché anche altri prìncipi di pari dignità
aderirono all’impresa. Figura di maggior rilievo divenne
tuttavia Goffredo di Buglione, duca della Bassa
Lotaringia. Militarmente potenti, ma anche testardi e
indipendenti erano i prìncipi normanni dell’Italia
meridionale e della Normandia, che percorsero
continuamente vie proprie e soprattutto volevano
assicurarsi nuove terre e nuovi domini. Alla fine ne risultò
un organo direttivo composto da principi diversi con
finalità diverse. Per alcuni di essi e per la grande massa la
mèta rimase tuttavia la liberazione del Santo Sepolcro.
Il 15 agosto 1096, come convenuto, i vari eserciti
partirono per vie diverse in direzione di Costantinopoli.
Qui si verificarono le prime difficoltà. L’imperatore
Alessio pretese dai principi un giuramento di vassallaggio
di tipo occidentale. Egli aveva atteso truppe mercenarie,
non eserciti sotto comandanti indipendenti. Suo scopo era
infatti quello di cacciare i turchi, che occupavano quasi
tutta la penisola anatolica. In ogni caso, attraverso il
giuramento di vassallaggio, sperava di ottenere un certo
controllo sulla crociata.
Sotto il profilo militare questa cominciò molto bene.
All’inizio di giugno del 1097 fu riconquistata Nicea, e il
10 luglio fu riportata una vittoria sui selgiuchidi a
Dorileo. La spedizione proseguì quindi attraverso
l’altopiano anatolico verso la Cilicia, dopo aver superato
la catena del Tauro. Qui Baldovino di Boulogne si staccò
dal grosso dell’esercito e si diresse verso la cristianoarmena Edessa (Urfa), si fece adottare dal principe locale
Thoros ed eresse la contea di Edessa quale primo Stato
crociato. Il grosso dell’esercito cominciò ad ottobre
l’assedio di Antiochia, che cadde il 3 giugno del 1098
dopo gravi crisi e molte fatiche. Quindi dovette essere
ancora sconfitto un esercito islamico, accorso in aiuto
della città. Quando Boemondo di Taranto si proclamò
principe di Antiochia e nominò un patriarca latino, si
verificarono delle tensioni con l’imperatore Alessio che
rivendicava per sé questa città, andata perduta non molti
anni prima, nel 1085. L’esercito si riposò in Antiochia e
partì finalmente nel gennaio del 1099 verso
Gerusalemme. L’assedio durò sei settimane e la città
cadde il 14 luglio del 1099. L’esercito cristiano operò uno
spaventoso massacro fra la popolazione musulmana,
l’entusiasmo religioso degenerò in sete di sangue. I
principi si trovarono d’accordo nell’affidare a Goffredo di
Buglione il governo della città, ma Goffredo rifiutò il
titolo di re e si chiamò “Difensore del Santo Sepolcro”.
Egli moriva già nel 1100 e aveva per successore
Baldovino di Edessa, che assunse il titolo di re di
Gerusalemme (1100-18). Negli anni successivi gli Stati
fondati dai crociati furono militarmente consolidati: nel
1102 furono sconfitti gli egiziani, nel 1109 fu conquistata
Tripoli e trasformata in contea, con l’annessione di
Sidone e di Beirut nel 1110. In tal modo furono creati
quattro Stati franchi nel Levante: il regno di
Gerusalemme, il principato di Antiochia e le due contee di
Edessa e di Tripoli, che nel loro apogeo furono difesi da
64 piazzeforti. Si trattava di Stati organizzati sul modello
francese e normanno, che subirono in seguito anche
l’influsso delle repubbliche marinare italiane Pisa,
Venezia, Genova e Amalfi. Ma erano anche Stati del tutto
artificiali, che dovettero essere protetti con potenti
fortificazioni, le cui rovine conservano ancor oggi un
aspetto imponente (Krak des Chevaliers e Chateau Blanc
in Siria, Montfort, Acri ecc. in Israele, Montreal in
Giordania).
La conclusione positiva di quest’unica crociata coronata
da successo suscitò grande giubilo in occidente, e la
conquista di Gerusalemme fu celebrata in numerosi canti
(tra cui alcuni secoli dopo, la Gerusalemme liberata di
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Torquato Tasso). Già nel 1101 partivano tre altri
pellegrinaggi col duca bavarese Welf, l’arcivescovo
Thiemo di Salisburgo e Itha di Babenberg, vedova del
margravio, verso l’Oriente, ma tutti e tre furono annientati
dai selgiuchidi nell’Asia Minore. Meglio riuscì il
rifornimento via mare tanto più necessario in quanto per
la difesa dei territori conquistati v’erano a disposizione
solo poche migliaia di cavalieri.
L’impresa della crociata aveva messo nelle mani del
papato la guida della cristianità occidentale. Sarebbe però
sbagliato pensare qui a uno stratagemma escogitato da
Urbano II. Infatti nello stesso tempo i papi dovettero
assumersi l’onere di pensare agli Stati di nuova conquista,
cosa che mise a nudo le loro limitate possibilità.
Nella storiografia si è soliti enumerare otto crociate. Ma
si tratta di una cifra arbitraria, perché ben presto tutte le
imprese belliche contro i pagani furono benedette come
crociate, mentre altre spedizioni verso Gerusalemme non
compaiono in questa enumerazione. La seconda crociata
fu provocata dalla caduta di Edessa (1144). Eugenio III
affidò a Bernardo di Chiaravalle l’incarico di predicarla.
Questi convinse Luigi VII di Francia e, nel Natale 1146, il
recalcitrante Corrado III ad aderire all’impresa. Nel
maggio del 1147 l’esercito tedesco partì con numerosi
principi e vescovi, raggiunse tra molte difficoltà
l’Anatolia, ma fu annientato il 15 ottobre presso Dorileo.
Il re Corrado sfuggì alla catastrofe con appena un decimo
dell’esercito. Il re francese seguì la più sicura via lungo la
costa e raggiunse quindi per nave Antiochia. Durante una
riunione di principi ad Acri fu decisa una spedizione
contro Damasco, anche se la locale dinastia dei Burgiti
era da tempo alleata di Gerusalemme. La spedizione ebbe
un esito vergognoso e provocò per di più la perdita di un
importante alleato. Così, dopo tante attese, la seconda
crociata terminò con un chiaro fallimento. Solo la
conquista di Lisbona nell’estremo occidente ad opera di
crociati inglesi e fiamminghi poté essere registrata come
un successo.
Con l’insuccesso si fece sentire per la prima volta anche
la critica delle crociate. Superficialmente se ne addossò la
colpa all’infedeltà dei greci, ma già Gerhoh di
Reichesberg definì la guerra dichiarata e condotta dalla
Chiesa come un’«opera del diavolo e dell’anticristo».
La situazione degli Stati fondati dai crociati peggiorò
rapidamente nei decenni successivi. Dopo la morte del
giovane re Baldovino IV, malato di lebbra, i cavalieri
erano più discordi che mai. Il sultano Saladino era riuscito
a stringere un’alleanza tra le forze islamiche e l’Egitto. Il
4 luglio 1187 egli riportò una vittoria decisiva sugli
eserciti cavallereschi ad Hattin nelle vicinanze di
Tiberiade; il 2 ottobre Gerusalemme cadeva. Così finiva
propriamente tutta l’impresa delle crociate. Quel che
seguì fu solo un epilogo.
La caduta di Gerusalemme scatenò la terza crociata.
Clemente III riuscì a rappacificare Francia e Inghilterra e
a spingere tutti i principi importanti d’Europa a
partecipare all’impresa. Il comando fu affidato
all’imperatore Federico Barbarossa, che partì nel 1189
con un esercito ben armato da Ratisbona. Egli però
moriva il 10 giugno 1190 nel guadare il fiume Saleph
nell’Anatolia meridionale. Sei settimane dopo moriva
anche suo figlio Federico di Svevia, dopo di che l’esercito
tedesco si dissolse. Il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di
Leone giunse via mare, conquistò nel 1191 Cipro e liberò
con un esercito franco-inglese Acri. Tra i principi scoppiò
quindi la discordia, e il re francese se ne tornò in patria.
Riccardo riuscì ancora a consolidare con alcune vittorie la
fascia costiera, ma Gerusalemme rimase musulmana.
Durante un armistizio (1192), riuscì ad ottenere il libero
accesso dei pellegrini nella Città Santa. Alla fine ai
crociati rimasero perciò solo più la fascia costiera e alcuni
castelli fortificati, governati ora da Cipro.
Tra le crociate ufficiali non figura l’impresa che
l’imperatore Enrico VI nel 1195 aveva giurato di
compiere. Egli inviò inizialmente un esercito al comando
di Corrado di Querfurt, che conquistò Tiro e Sidone e rese
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sicura la costa. Ma la morte dell’imperatore (1197) e la
doppia elezione in Germania impedirono una conclusione
positiva dell’impresa. Per la prima volta fu riscosso anche
un tributo per questa crociata.
Pure il nuovo papa Innocenzo III concepì coerentemente
un suo piano su questa base. I cavalieri dovevano essere
pagati, il denaro sarebbe stato procurato con
autotassazioni. A partire dal 1199 il papa si mise a
propagandare la (quarta) crociata e cercò di mettersi in
contatto coi greci. I crociati — soprattutto francesi e
piemontesi — si radunarono nel 1202 a Venezia, che
doveva provvedere al trasporto con una flotta. Non
essendo il denaro sufficiente a pagare le spese di viaggio,
i crociati si impegnarono a conquistare Zara nella
Dalmazia, una città cristiana governata dal re d’Ungheria,
e infine nel 1204 a conquistare Costantinopoli, che di
fatto fu trasformata in una colonia veneziana. Un nesso
col fine della crociata esisteva solo in quanto,
assoggettando i greci, si dava ad intendere di voler
conquistare i Luoghi Santi. Ma tale disegno non fu più
realizzato. La crociata era completamente sfuggita di
mano al papa e, in mano ai veneziani, era diventata
un’immensa scorreria dai danni irreparabili. Steven
Runciman parla di un «atto di gigantesca follia politica».
L’odio e la diffidenza della Chiesa greca contro quella
latina aumentarono ancora, non solo, ma così fu liquidata
anche l’unica potenza capace di opporsi ai turchi. Ora
anche i resti degli Stati fondati dai crociati erano
minacciati e tutta l’idea della crociata era stata
sconfessata.
Una reazione irrazionale a tali eventi fu la crociata dei
fanciulli del 1212. Un pastorello francese di nome
Stefano e il decenne Nicola di Colonia guidarono migliaia
di adolescenti verso Marsiglia e Brindisi, dove per la
maggior parte morirono o furono venduti schiavi.
La riconquista di Gerusalemme rimase uno dei
principali punti programmatici nei pontiticato di
Innocenzo III. Nei concilio Lateranense IV (1215) fu
decisa una grande crociata per il 1217, furono riscosse
decime e lanciato un piano di propaganda. Andrea II, re
d’Ungheria, e Leopoldo VI, duca d’Austria, si batterono
con scarso successo davanti ad Acri. Il grosso
dell’esercito si diresse verso l’Egitto, dove conquistò
Damietta. Ma la spedizione, eroicamente guidata da
Giovanni di Brienne, re titolare di Gerusalemme, e
dall’ottuso e fanatico legato papale Pelagio, finì con una
grave sconfitta (1221), per colpa di questo ultimo.
L’imperatore Federico II aveva già preso la croce nel
1215, ma aveva continuamente rimandato la partenza.
Solo nel 1227 radunò un grosso esercito a Brindisi. Su
tutta l’impresa gravava però già l’ombra della lotta dei
papi contro gli Hohenstaufen. Infatti, quando l’imperatore
s’ammalò e la crociata dovette essere rimandata, Gregorio
IX lo scomunicò. Malgrado ciò, nel 1228 Federico si recò
personalmente in Siria e ottenne attraverso trattative — e
ad ogni buon conto con un esercito alle spalle — la
restituzione di Gerusalemme, Betlemme e Nazaret, con un
corridoio verso Giaffa, nonché un armistizio per dieci
anni e si incoronò re di Gerusalemme. Essa fu in assoluto
la crociata più positiva dal tempo della prima delle
imprese di questo genere.
Ciò nonostante essa rimase solo un interludio. Infatti nel
1244 Gerusalemme cadeva in maniera definitiva in mano
ai musulmani, mentre l’esercito dei crociati veniva
annientato a Gaza. Di conseguenza nel concilio Lionese I
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(1245) si discusse di una nuova crociata e si decisero
nuove tasse; ma l’entusiasmo si era raffreddato. Solo
Luigi IX il Santo (1226-70), re di Francia, intraprese nel
1248 una crociata contro l’Egitto, fu fatto prigioniero col
suo esercito e riottenne la libertà soltanto dietro riscatto
(1250, settima crociata). Egli si trattenne ancora fino al
1254 in Palestina, cercando di regolare le faccende degli
Stati franchi.
Successivamente il dominio latino in Oriente si avviò
con rapidità alla fine. Nel 1261 fu eliminato l’impero
latino di Costantinopoli. Nel 1268 andarono perdute
Giaffa e Antiochia. Luigi IX intraprese allora la sua
ultima (ottava) crociata. Si diresse verso Tunisi per
conquistarla, nella speranza che l’emiro locale si facesse
battezzare e marciasse con lui, unitamente al proprio
esercito, contro l’Egitto. Ma morì di peste nel 1270 con la
maggior parte dell’esercito durante l’assedio della città.
Nel 1289 cadde Tripoli e infine, nel 1291, Acri. Tentativi
di una crociata fatti nel 1274 dal concilio Lionese II
finirono nel vuoto. Causa di questa sconfitta non fu certo
in primo luogo la potenza degli Stati islamici, che erano
anzi indeboliti dagli attacchi dei mongoli. Altrettanto
determinanti furono le discordie dei cavalieri occidentali,
spesso impegnati a combattersi tra di loro e restii a
sottomettersi a una qualche autorità. Le cause di ciò erano
state denunciate già con la prima crociata.
Per concludere, sembra quasi un paradosso: la genesi della Custodia di T.S., amministrata
oggi dai religiosi dell’OFM, ha come suo antefatto la caduta dell’ultimo baluardo crociato in
Palestina, a S. Giovanni d’Acri nel 1291. Quello che non poté fare la spada, lo si attuò con la croce,
l’umile presenza, la testimonianza semplice e la mansueta apparenza dei figli di s. Francesco. Al
riguardo si dovrebbe leggere e meditare la portata del cap. 16° della Regola non bollata (1221) per
comprendere come il Poverello di Assisi avesse a suo tempo capito – frutto della sua esperienza alla
quinta crociata (1219) – quali dovessero essere le caratteristiche della missione minoritica in mezzo
ai saraceni e ai non cristiani.
In breve la nascita della Custodia possiamo riassumerla in due date fondamentali. Nel 1333 il
re di Napoli, Roberto d’Angiò, incentivato dalla moglie Sancia di Maiorca, riacquista i Luoghi
santi. Nel 1342 il servizio religioso al S. Sepolcro viene assicurato dai Frati Minori: papa Clemente
VI affida loro l’intera Custodia di T.S., cosa a cui i Francescani hanno corrisposto fino ad oggi.
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I castelli crociati (krak)
Mi sembra cosa opportuna concludere con alcuni cenni sugli edifici eretti dai crociati in T.S..
Essi sono costituiti dalle chiese (45 edifici sacri tutt’ora esistenti sono stati costruiti o ampiamente
modificati dagli architetti crociati) e dai castelli atti a difendere e a controllare il territorio
palestinese in mano crociata.
Ho già antecedentemente detto che si possono enumerare 64 piazzeforti a difesa degli stati
latini di T.S. Essi sono dislocate nei punti particolarmente strategici e hanno la caratteristica di
essere molto più possenti dei fortilizi costruiti in Europa nello stesso periodo. In effetti essi furono
progettati al fine di essere autosufficienti in lunghi periodi di assedio. Inoltre i crociati non
disponevano di molti uomini e quindi si compensava questo difetto incrementando la sicurezza
delle fortezze concepite. Un dato che la dice lunga: le mura delle roccaforti crociate erano costituite
da grossi blocchi di pietra e spesse anche quattro metri, cosa che in Europa in questo tempo non
avveniva (ci si limitava alla costruzione di mura a “sacco” utilizzando materiale di riporto).
Le mura difensive sono dotate di numerose feritoie per scagliare dardi senza essere colpiti e
poi caditoie in maniera a difesa dei punti nevralgici atte ad essere usate per lanciare pietre o irrorare
con olio bollente gli assalitori.
I principali krak crociati sono situati sui porti della costa (onde impedire le incursioni marine dei
saraceni) e lungo tutto il confine orientale della Palestina a partire da Edessa fino giù ad Aqaba sul
Mar Rosso. Eccone i principali:
Al-Karak o anche Karak di Moab in Giordania, a est del Mar Morto; controllava tutta la pianura
moabita ed eventuali incursioni provenienti da sud.
Arsuf. È situato sulla costa a nord di Giaffa. La città litorale di Arsuf fu occupata dai crociati nel
1101 e fu subito ribattezzata Azoto. Ricostruita e potenziata nella sua cerchia muraria
costituì l’omonima signoria che fu vassalla del Regno di Gerusalemme. Con la caduta di
Gerusalemme nel 1187, la città fu conquistata da Saladino, sebbene nel 1191 per una
vittoria riportata da re Riccardo Cuor di Leone su di lui, tornò in mani cristiane. Nel 1241
si registra un ulteriore potenziamento del sistema difensivo e portuale e nel 1261 l’intera
cittadina è ceduta in amministrazione agli Ospitalieri. Vi rimase fino al 1265, quando il
mamelucco Baybars la conquistò definitivamente, uccidendo tutti i cavalieri occupanti,
nonostante la promessa di averli lasciati liberi se si fossero arresi. Rase completamente al
suolo l’intera cittadina fortificata ed essa non venne più ricostruita.
Bagras, propriamente detto di Gastum e venne costruito per controllare il passo siriano che
collegava Alessandretta con Antiochia.
Castello di Beaufort, situato nel Libano meridionale non lontano dall’attuale confine israeliano e
siriano.
Castello di Biblo, sulla costa libanese, ad una trentina di km a nord di Beirut.
Cave de Tyron, a est della città di Sidone.
Cittadella del Saladino si trova a 24 km a est da Laodicea, in Siria, ed è ancora oggi uno tra i più bei
castelli crociati pervenuti fino a noi.
Kaysun situato nei pressi della cittadina di Çakırhüyük, nel comune di Besni, provincia di
Adıyaman, nel sud-est della Turchia; faceva parte della contea di Edessa.
Krak dei Cavalieri, è il più bello e tutt’ora quasi intatto tra i castelli crociati. Si trova a metà strada
circa tra Aleppo e Damasco, a 60 km quasi a sud-ovest di Hama. Poteva ospitare fino a 4
mila soldati. Fu potenziato dagli Ospitalieri che lo acquisirono dai conti di Tripoli nel
1144. I Cavalieri dell’Ospedale lo tennero per 128 anni, fino all’aprile del 1272,
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arrendendosi alle truppe mamelucche di Baybars che lo assediarono per tutta la durata
dell’inverno precedente.
Mirabel, situato a nord di Giaffa e svolgeva una funzione protettiva sia nei confronti di questa, di
cui era vassallo, e allo stesso tempo nei confronti di Gerusalemme. Per la sua importanza,
una volta caduta in mano musulmana (1187), non fu distrutta ma usata da Saladino per il
controllo di tutto il territorio palestinese di Giaffa.
Montreal, si trova in territorio giordano, non molto lontano da Aqaba. Fu in seguito alla conquista
crociata di questa città portuale (an. 1116) che se ne decise l’erezione. La sua ubicazione
era estremamente importante per controllare le vie carovaniere dirette o provenienti sia
dall’Egitto e sia dalla Mecca. Rinaldo di Chatillon usò il castello come base per attaccare le
ricche carovane commerciali che transitavano nella regione, contravvenendo alle
autorizzazioni del passaggio che egli stesso aveva garantito. E sempre a Montreal fece
costruire delle navi che poi, trasportate via terra fino al Mar Rosso, sognava di usare con il
fine di muovere la guerra direttamente fino alla Mecca. Questo atteggiamento di forte
ostilità irritò profondamente il sultano Saladino, che per ritorsione invase il Regno di
Gerusalemme nel 1187. Ne derivò una catena di eventi che portarono alla disastrosa
sconfitta di Hattin e alla caduta di Gerusalemme nelle mani dei musulmani. Dopo aver
ucciso personalmente Rinaldo ad Hattin, Saladino mosse contro Montreal, che fu assediata
alla fine dello stesso anno. Data la sua ubicazione in collina, il sultano non poté impiegare
macchine belliche e l'assedio si protrasse per quasi due anni, durante i quali gli assediati –
dicono le fonti dell’epoca – furono costretti a vendere mogli e figli in cambio di cibo.
L'episodio è riportato anche a proposito dell’assedio di Kerak. Quando la fortezza cadde,
nel maggio del 1189, le famiglie dei difensori furono restituite loro sane e salve. Con
l'invasione dei Mamelucchi anche Montreal fu conquistata e ricostruita (voce “Montreal
(castello)” in Wikipedia, http://it.wikipedia.org/wiki/Montreal_(castello), in data
16/09/2011).
Qala'at Marqab si trova in Siria e precisamente a metà strada tra Laodicea e Tartus, all’altezza di
Baniyas da cui dista qualche chilometro. Controllava il traffico carovaniero di questa
regione ponendo sotto il suo controllo anche le bande della setta degli “assassini” che
avevano la loro roccaforte presso Masyaf. Assolse sin dall’inizio (an. 1118) una funzione
protettiva fondamentale per la presenza crociata ubicata lungo il litorale siriano. Baybars
impiegò più di 100 mila uomini per poterla conquistare e ciò fu reso possibile solo dopo la
caduta del Krak dei Cavalieri. Ai cavalieri dell’Ospedale (che l’avevano acquisito sin dal
1180 facendone una vera fortezza inespugnabile) che ancora lo occupavano valorosamente
fu risparmiata la vita e fu concesso loro di scendere fino a Tartus e di imbarcarsi.
Safed, è un’autentica fortezza posizionata in una collina ad 850 m. di altitudine. Essa si trova a
Safad, città israeliana situata in Galilea poco distante dal litorale occidentale del Lago di
Tiberiade e ad una dieta di distanza da S. Giovanni d’Acri. Era tenuta sin dal 1168 dai
cavalieri templari e vassallaticamente compresa nel regno di Gerusalemme. Fu distrutta
una prima volta nel 1210, ma nel 1243 fu completamente ricostruita dai templari stessi. Ma
la sua vita fu breve: essendo la fortezza situata in una zona altamente strategica impediva
ai mamelucchi di Baybars l’avanzata verso S. Giovanni d’Acri, pertanto il suo
smantellamento era necessario per la conquista del litorale marino di Acri. Dopo un lungo
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assedio Baybars riuscì ad avere la meglio sugli occupanti conquistando una tra le più belle
roccaforti della Palestina crociata. La distrusse ab imis fundamentis tanto più che ancora
oggi si nutrono seri dubbi sulla perimetria del sito.
Tell Arqa, si trova nel nord del Libano, presso l’antica Arca Cesarea ad una ventina di km a nord est
di Tripoli ed è per la sua posizione strategica che i crociati che vi vivevano potevano
controllare il traffico carovaniero tra Tripoli, Tartus e Homs. Di fatto subito dopo la
conquista crociata di Arca, nel 1108, compresa l’importanza del luogo, i crociati vi
costruiscono subito una fortezza per sottoporre a controllo l’intera area. Nel 1167 esso è
donato ai Cavalieri di Malta. La città di Arca sarà definitivamente conquistata da Baybars
nel 1266 che, dopo detta conquista, estenderà tutto il controllo sulla Contea di Tripoli.
Toron. Sorge sulla strada montana che collega Tiro con Damasco. Faceva parte del Regno di
Gerusalemme. Fu costruito nel 1105 al fine di condurre una campagna di conquista che
avesse per oggetto tutto il litorale di Tiro, che in quell’anno era ancora occupato dagli
islamici. Una prima volta conquistato dai musulmani di Saladino nel 1187, rimase nelle
loro mani fino al 1229, quando fu recuperato dal trattato stipulato da Federico II con il
sultano del Cairo, Malik al-Kamil. Alterne vicende e passaggi di mano segnano la storia di
questo castello che fu preso definitivamente da Baybars nel 1266, il quale consentì che la
ridotta guarnigione crociata che lo teneva potesse mettersi in salvo se si fosse arresa, cosa
che avvenne appunto in quell’anno.
Turbessel. Oggi essa è compresa nei confini sud orientali della Turchia. Fu una tra le più rilevanti
fortificazioni crociate comprese nel territorio della Contea di Edessa. Nel 1144 Edessa
cade nelle mani di Zangi mentre il Conte si trovava a soggiornare a Turbessel mantenendo
così l’amministrazione della parte occidentale della sua contea. Dopo un breve ritorno di
Edessa in mani cristiane, fu definitivamente occupata da Norandino, figlio di Zangi, ad
eccezione di Turbessel la quale fu venduta, nel 1150, all’imperatore bizantino Emmanuele
I Comneno da parte della vedova di Ioscellino II, ultimo conte di Edessa, la quale si ritirò a
S. Giovanni d’Acri. Le sorti bizantine di Turbessel non furono migliori di quelle di Edessa:
fu conquistata da Norandino (figlio di Zangi) nello stesso anno dell’acquisizione bizantina.
Gli Ordini cavallereschi
Intendo qui concludere questa mia breve(brevissima) panoramica delle Crociate e del loro
contesto culturale con una specificazione quasi d’appendice che riguarda coloro che furono gli
interpreti per eccellenza dello spirito crociato, i membri degli Ordini cavallereschi.
Gli inizi degli Ordini monastici-cavallereschi vanno ricercati nel servizio che costoro
prestavano ai pellegrini e ai malati, da cui si poi sviluppò la difesa armata contro musulmani e i
pagani. La loro regola ricalcava il più delle volte quella degli agostiniani o dei benedettini, tuttavia
avevano una struttura adatta ai loro compiti. Di conseguenza i membri erano suddivisi in tre gruppi:
cavalieri per il servizio delle armi (di nobile lignaggio), cappellani dell’ordine e fratelli per il
servizio dei malati, ma anche per quello delle armi. Al vertice presiedeva il Gran Maestro,
affiancato da un capitolo generale. Per la Terra Santa importanti furono solo i Giovanniti e i
Templari, cui spettò in un primo momento la difesa dei pellegrini e più tardi anche la difesa di
numerosi castelli e fortificazioni. Spesso essi litigarono fra di loro e sempre furono in contrasto col
re di Gerusalemme. Attraverso numerose fondazioni e un’abile politica finanziaria, tutti questi
accumularono una grande ricchezza. A motivo degli ampi privilegi religiosi papali loro concessi, si
sottrassero in larga misura ad ogni controllo statale sia in Terra Santa che nei paesi europei.
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L’Ordine dei Templari
Questo ordine sorse verso il 1119 a Gerusalemme, dove Ugo di Payens costituì
un’associazione con sette cavalieri francesi e fece voto di difendere con le armi i pellegrini che si
recavano a Gerusalemme. Il re Baldovino assegnò loro un
edificio vicino al tempio di Salomone, localizzabile
nell’attuale moschea di Al-Aqsa, da cui derivarono il nome.
Nel 1128 Bernardo di Chiaravalle diede loro una regola e li
raccomandò alla cavalleria occidentale. Nel 1139 divennero
esenti dal potere secolare e si diffusero presto rapidamente. I
membri erano in maggioranza francesi e in Francia essi
avevano anche i loro possedimenti più importanti. Dopo la
caduta di Acri (1291), l’Ordine trasferì la sua attività a Cipro,
ma degenerò rapidamente e trovò la sua fine nel famigerato processo dei Templari intentato a
partire dal 1305 (soppressione definitiva nel 1312 ad opera di Clemente V). Oltre a prestar servizio
militare, l’Ordine istituì e mantenne anche ospedali.
L’Ordine dei Giovanniti od Ospedalieri
Gli inizi dei Giovanniti (detti anche Ospedalieri, Cavalieri di Rodi e, infine, di Malta) sono,
nella loro vocazione ospedaliera, precedenti ai Templari. Verso la metà del secolo XI alcuni
mercanti di Amalfi eressero a Gerusalemme un ospedale vicino ad
una chiesa dedicata a san Giovanni. Al tempo della prima crociata
l’ospedale era diretto da Gerardo di Amalfi. Sotto il suo successore,
Raimondo di Puy (1120-60), i Giovanniti divennero un ordine
cavalleresco, senza però abbandonare l’attività ospedaliera, che anzi
estesero anche all’Europa, portando così a conoscenza
dell’Occidente le superiori conoscenze mediche degli Arabi. Dopo
la caduta di Acri e una breve permanenza a Cipro, conquistarono
Rodi col Dodecaneso e trasformarono queste isole in un baluardo
contro i Turchi e in centri commerciali (1309-1522). Cacciati infine
dai Turchi anche da lì, ebbero nel 1530 dall’imperatore Carlo V
l’isola di Malta, da cui continuarono la lotta contro i pirati saraceni.
La rivoluzione francese li spogliò definitivamente dei loro beni e nel 1798 Napoleone li privò anche
dell’isola di Malta. A partire dal 1859 ripresero a fiorire e oggi si occupano soprattutto della cura
dei malati.
L’Ordine teutonico
Il terzo grande ordine cavalleresco sorse verso il 1190 da un ospedale da campo alle porte di
Acri, ma non fu più impegnato in Terra Santa. Nel 1191 Clemente III approvò la comunità
ospedaliera, che nel 1198 si trasformò in ordine cavalleresco. A partire dal 1230,
sotto la direzione del Gran maestro Ermanno di Salza (molto vicino
all’imperatore Federico II), trasferì la sua attività in Prussia (Kulm) e nel 1237 si
fuse con i cavalieri dell’Ordine dei Portaspada della Livonia. Qui costituì il
Deutsch-Ordensland, un vero e proprio Stato dell’Ordine teutonico, che andava
dalla Vistola sino al Golfo di Finlandia. Dal 1309 in poi il Gran Maestro stabilì
la sua sede a Marienburg (Malbork). Nel 1410, dopo la sconfitta di Tannenberg
contro i Polacchi, cominciò il declino. Nel 1525 l’allora Gran maestro Alberto di
Brandeburgo trasformò lo Stato dell’Ordine in un principato protestante. Nella
parte cattolica della Germania l’Ordine continuò a sussistere, ma nel 1805 fu
soppresso negli Stati della Confederazione renana. Oggi esso ha il suo centro a
Vienna e sedi in Alto Adige e in alcune città tedesche.
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Accanto ai tre grandi Ordini cavallereschi ne esistettero numerosi altri più piccoli, ma di essi
solo quelli attivi nella penisola iberica raggiunsero una qualche importanza e s’impegnarono ivi
nella “reconquista” della Spagna. Nel 1318 il re Dionigi del Portogallo fondò l’Ordine di Cristo con
membri del dissolto Ordine dei Templari; in esso, a partire dal 1433, la dignità di Gran Maestro
divenne una prerogativa della casa regnante. Ciò rivestì in seguito grande importanza, perché
l’Ordine ottenne il diritto di patronato su tutte le missioni portoghesi. L’Ordine di Cristo fu abolito
nel 1797. Solo temporaneamente ordine cavalleresco furono i Mercedari (fondati da Pietro
Nolasco2 su incoraggiamento di Raimondo di Peñafort nel 1218), che si dedicarono al riscatto dei
prigionieri cristiani dalle mani dei Saraceni.
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J. F. MICHAUD, Storia delle Crociate, Milano, BUR 1999
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Le crociate viste dagli arabi
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A. MAALOUF, Le crociate viste dagli arabi, Torino, Societa editrice internazionale, 2001.
All’origine dell’idea di “crociata”
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Era di famiglia nobile e da giovane era dedito alla pietà, all'elemosina e alla carità. Avendo distribuito tutti i suoi averi
ai poveri, fece voto di verginità e per evitare contatti con gli Albigesi, si recò a Barcellona. All'epoca gran parte della
penisola iberica era sotto il dominio degli Arabi e Pietro riscattò molti cristiani che, a causa della loro fede, erano
trattenuti in prigione, spendendo così tutto il suo patrimonio. Dopo una maturata deliberazione, mossa anche dal
ritenere di aver avuto una visione celeste, nel 1218 decise di fondare un ordine religioso simile a quello fondato alcuni
anni prima da san Giovanni de Matha e san Felice di Valois (i Trinitari), il cui obiettivo principale sarebbe stato la
liberazione degli schiavi cristiani. In quest’impresa lo incoraggiarono molto Raimondo di Peñafort (OP) e Giacomo I,
re di Aragona. L’Ordine fu chiamato Ordine di Santa Maria della Mercede e fu solennemente approvato da papa
Gregorio IX nell’anno 1230. I suoi membri erano legati da un voto speciale, quello cioè di impiegare tutte le loro
sostanze per il riscatto dei cristiani catturati e, qualora fosse stato eventualmente necessario, di riscattarli rimanendo in
prigione al loro posto. All'inizio i membri erano laici come il fondatore stesso, ma papa Clemente V decretò che il
Maestro Generale dell'Ordine dovesse sempre essere un sacerdote.
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E se così fosse ... Chiedo venia a lor Signori.
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