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SULLE ORIGINI DELLA
SCIENZA ELETTRICA E
MAGNETICA
PARTE 4:
DALL'INTRODUZIONE DEL
POTENZIALE AD OHM
Roberto Renzetti
INTRODUZIONE (0)
Nel mese di novembre del 1801, Volta illustrò il funzionamento della sua pila
all'Istituto di Francia, alla presenza di Napoleone Bonaparte che lo insignì di una
medaglia d'oro. Nella sua memoria che riporta il discorso all'Istituto, Memoria
sull'identità del fluido elettrico col fluido galvanico, Volta parla di alcune delle cose che
si fanno con la pila come la decomposizione dell'acqua e le ossidazioni di metalli ed
introduce una terminologia di grande interesse. Parlando di un metallo carico egli
introduce il concetto di tensione elettrica che tale metallo possiederebbe e, parlando di
due metalli diversi, come la sua coppia bimetallica, dice che tra di essi vi è una
differenza di tensione. Viene così superato lo sbilanciamento del quale fino ad ora aveva
parlato. Non c'è solo questo ma molte altre osservazioni d'interesse che Volta continuerà
a fare fino alla sua scomparsa.
E' giusto dire che Volta ha realizzato la prima fonte energetica in oltre 2000 anni.
L'energia chimica diveniva disponibile all'uomo. Che fino a circa il 1860, la sua è stata
l'unica fonte energetica di origine chimica a disposizione dell'umanità. Che la corrente
elettrica divenne un veicolo di distribuzione delle energie da acqua in caduta e dalla
combustione di combustibili fossili.
Volta ha riportato ad un prestigio internazionale la fisica italiana che era stata
mortificata dal processo a Galileo di oltre 150 anni prima. Come sanno tutti coloro che
si occupano di questi problemi, la distruzione di una scuola di pensiero può avvenire in
pochissimo tempo; la sua ricostruzione può richiedere, nell'ipotesi ci si riesca, anche
centinaia di anni. Vi erano le condizioni per una rinascita della scuola di fisica in Italia al
tempo di Volta ? quale era, cioè, la situazione in Italia all'alba del 1800 ? Il Paese era
diviso in una miriade di statarelli in gran parte sotto dominio straniero. Con i Paesi
dominanti che trasferivano influenze su determinati territori, dipendenti da piccoli tiranni
volubili o da governanti fantoccio ma sempre con la supervisione incontrastata della
Chiesa di Roma. L'apertura del nuovo secolo vede l'astro napoleonico che si
impadronisce di gran parte dell'Italia e che, per molti versi, la modernizza. E neanche a
dire che in Italia possano nascere quei movimenti nazionalisti che, pur simpatizzando per
l'Illuminismo, non sopportano che esso sia importato con le armate napoleoniche e
reagiscono con movimenti di unità nazionale. Solo pochi aristocratici colgono il breve
periodo per tentare di scacciare i piccoli tiranni locali e dare al Paese un respiro unitario.
Sta di fatto che
un Paese così diviso, con una enorme ipoteca ecclesiastica, non avrebbe mai potuto
dotarsi di una scienza, di una scuola, di una sua ricerca. Il genio di Volta è un'anomalia.
E' un lampo che si esaurisce in se stesso. Le enormi potenzialità della sua scoperta non
saranno sviluppate e sfruttate in Italia. La mano passerà di nuovo a Francia, Gran
Bretagna, Olanda e intraprendente Prussia. Dalle parti nostre vedremo il fiorire di geniali
inventori, di persone che, in mancanza di finanziamenti, dovranno rendere produttiva la
scienza con la realizzazione di prodotti che si possono vendere (strumenti di misura). In
compenso gli scienziati italiani erano ben coscienti di questo stato di handicap e furono
tra quelli che in gran parte aderirono al movimento risorgimentale, anche in armi,
quando se ne presentò la necessità. La loro prima organizzazione, la Società Italiana per
il Progresso delle Scienze (SIPS), si riunì per la prima volta a Pisa nel 1839(2). Nel sito
della SIPS si legge:
Ciò che costituì, fin da principio, un'importante caratteristica delle Riunioni degli
scienziati italiani, fu la larga partecipazione del pubblico colto, a fianco dei più illustri
scienziati. Sebbene - a causa dei tempi avversi e dell'ostilità dei governi che allora
tiranneggiavano l'Italia - non si potesse costituire un sodalizio nazionale, stabile e
legalmente riconosciuto, pure, con il ripetersi di quei congressi, si riuscì a formare
quell'unità spirituale della Nazione, che fu premessa e fondamento della successiva
unità politica. E di ciò danno conferma gli Atti delle Riunioni, e le testimonianze degli
scrittori, italiani e stranieri del tempo.(3)
Tornando alla pila c'è da dire che essa poneva vari problemi legati alla
comprensione dei meccanismi che sono alla sua base. Molte furono le teorie avanzate
ma poco si otteneva perché mancava la conoscenza della struttura della materia. Fu
anche questo il motivo per il quale occorse molto tempo prima di avere delle pile di uso
pratico e comunque di concezione diversa da quella di Volta. Va certamente ricordato
Giuseppe Zamboni (1776-1846) che per primo costruì una pila a secco. Quindi vi fu
Gaston Planté (1834-1879) che nel 1859
Negli anni si realizzarono diverse decomposizione di sostanze. Dopo l'acqua,
Wilhelm Henry decompose l'ammoniaca, Cruickshank decompose sali metallici, Luigi
Valentino Brugnatelli ottenne le prime ramature, argentature, zincature galvaniche, Davy
che disponeva di importanti finanziamenti, tanto da potersi far
La batteria di 2000 pile che nel 1813 Davy si fece sistemare nei sotterranei della Royal
Institution di Londra.
... e la batteria di pile che Napoleone(5) fece realizzare a l'École Polytechnique nello stesso
anno.
costruire una batteria di pile impressionante, dimostrò che l'acqua non si separa
direttamente ma attraverso l'intervento dell'acido solforico, scompose la potassa
scoprendo due nuovi metalli e mise in funzione un gigantesco arco voltaico, Wollaston
iniziò a fornire una qualche teoria seguito da Theodor Grotthus, ... Questi fatti fecero
interessare alla pila i chimici che iniziarono a fornire spiegazioni sul suo funzionamento
(De la Rive nel 1825, Berzelius nel 1812, ...).
A lato di questa frenetica attività che apriva innumerevoli e non pensabili campi di
ricerca, vi fu necessità di accrescere il vocabolario. William Whewell (1833) introdusse
il termine elettrodo. Fu Faraday ad introdurre i termini: elettrolisi, anodo e catodo. S.
Robertson introdusse il termine galvanometro al quale Ampère dette il significato che
oggi accettiamo (alla scomparsa di Ampère, l'unità di misura dell'intensità di corrente fu
a lui dedicata, l'ampere, e lo strumento di misura delle correnti divenne l'amperomentro).
Altri fenomeni particolari che ampliavano le fenomenologie della pila furono quelli
scoperti da Seebeck nel 1822 e da Peltier nel 1834. Il primo scoprì l'effetto
termoelettrico (scaldando la saldatura tra due metalli diversi si può ottenere una
differenza di tensione elettrica; l'apparato è utilizzabile come un sensibilissimo
termometro) il secondo l'effetto inverso (una corrente può scaldare o raffreddare una
saldatura bimetallica).
Ed anche l'industria si accorse immediatamente della possibilità di sfruttare la pila
di Volta. Ormai è fuori dalla nostra immediata immaginazione ma la scintilla che si
poteva far scoccare a piacere mediante una pila ebbe applicazione per produrre
esplosioni sotterranee nelle miniere. Ci si poneva a distanza e, come
Un semplice detonatore: collegando i due estremi del filo ad una pila si ottiene una scintilla
tra A e B. Se il rettangolo di figura è immerso in una sostanza esplosiva si ottiene l'effetto
esplosivo
diremmo oggi, si chiudeva il circuito ... Ma qui intervenne una difficoltà che fece
avanzare ancora la conoscenza: i cavi utilizzati erano dei semplici conduttori che
avevano collocazioni varie ma tutte soggette ad umidità, a bagnarsi, con la conseguenza
che il sistema non funzionava. Fu allora che si pensò di isolare i cavi conduttori
mediante fasciature che piano piano divennero le guaine isolanti che oggi conosciamo.
Così che ai primi dell'Ottocento era nato il filo elettrico ancora oggi in uso. Ma qui una
rapida osservazione puiò essere fatta tra scienza, uso della scienza e tecnologia. Credo
che questo esempio sia emblematico del come le cose funzionano. Ad evitare l'uso
esplosivo della pila cosa si sarebbe dovuto fare ? Impedire le ricerche di Volta ? e poi,
che dire della ricaduta del filo elettrico come prodotto tecnologico di una applicazione
scientifica ?
LA TEORIA DEL POTENZIALE
Come afferma D'Agostino,
"l'importanza della matematizzazione della scienza elettrica che avvenne a cavallo del
secolo va al di là della semplice introduzione di metodi quantitativi che si era già avuta,
come abbiamo visto, nella seconda metà del '700 - misura delle forze, determinazione di
unità di misura, confronto con forze diverse - metodi pur essi abbastanza importanti nel
costituirsi di una scienza. Ma l'interesse maggiore della matematizzazione sta qui
nell'introduzione, nel campo dei fenomeni elettrici e magnetici, di un modello
matematico-fisico, quello delle forze centrali e del calcolo. Questo processo avvenne in
Francia intorno al 1820 ed ebbe come massimi rappresentanti Ampère e Poisson".
E' cioè il modello newtoniano, così come si era sviluppato durante tutto il
Settecento ad opera dei fisici matematici-francesi, che si afferma attraverso
l'affermazione delle forze centrali a distanza come regolatrici di ogni fenomeno ed
attraverso la trattazione con l'analisi matematica di tali fenomeni. La legge dell'inverso
del quadrato era stata introdotta da Newton e Coulomb l'aveva estesa all'elettricità
(mentre Michell lo aveva fatto con il magnetismo). Nessun intermediario nelle azioni. I
terminali erano i due oggetti che producevano il fenomeno ed il mezzo interposto era
indifferente.
NATURA ELETTRICA DEL MAGNETISMO
L'Ottocento è il secolo del Romanticismo, ed in particolare di Schelling, il
fondatore della Naturphilosophie.
Friedrich Wilhelm Joseph Schelling
1775 -1854
Secondo Schelling il meccanicismo fisico non rende ragione dell'esistenza della
natura. La concezione meccanicista di materia come un qualcosa di inerte fino a che su
di essa non agiscono forze, entità diverse e separate dalla materia è, secondo Schelling,
l'ammissione di una discontinuità tra materia e spirito (tra natura e uomo) che non
corrisponde alla unità originaria di queste due entità, per esempio, nell'organismo
vivente. Schelling sostiene (tra il 1797 ed il 1799) che è lo spirito (le forze) che si
organizza in materia e pone quindi le forze, agenti tra punti inestesi (alla Boscovich),
con i loro "conflitti e trasformazioni" alla base dell'esistenza del mondo (dinamismo
fisico). Non c'è più materia allora ma c'è una particolare modificazione di una
determinata zona dello spazio dovuta appunto ai conflitti ed alle trasformazioni delle
forze (spirito) eterne e preesistenti. Questo rifiuto netto del meccanicismo, e più in
generale del metodo scientifico, non nasce casualmente in questo periodo.
Le differenti scoperte in ambito elettrico e magnetico, che il meccanicismo non
aveva ancora spiegato esaurientemente, avevano aperto campi di indagine e di polemica
in cui si inserirono efficacemente le speculazioni romantiche nella loro offensiva
generale contro il meccanicismo. Certamente al culmine del meccanicismo, quando
l'azione istantanea a distanza lungo la congiungente gli « oggetti » era alla base di tutte
le teorie fisiche, nessuno avrebbe pensato di ottenere un qualche risultato progettando
esperienze che si ponevano a priori in contrasto con le premesse di principio ed in
particolare con quel tipo di azione. È quindi proprio sotto l'influenza ideologica della
Naturphilosophie che il fisico danese Hans Christian Öersted (1777-1851) progettò ed
effettuò una memorabile esperienza che scosse profondamente l'edificio meccanicista.
Hans Christian Öersted
Per la prima volta, dopo più di 130 anni di rassicuranti azioni 'rettilinee a distanza',
veniva evidenziata una azione totalmente differente: un filo conduttore, se disposto
parallelamente ad un ago magnetico, vede l'ago ruotare di 90º e disporsi
perpendicolarmente al filo, quando in esso viene fatta circolare corrente.
Esperienza di Oersted
Questo tipo di azione si svolge su di un piano perpendicolare alla congiungente filo
- ago e consiste in una rotazione dell'ago medesimo risultando, come dice Oersted,
'circolare'. Oersted, nel condurre l'esperienza, muove l'ago nello spazio circostante il filo
e si accorge che, se la rotazione avviene in un senso con l'ago disposto sotto il filo, essa
avviene in senso opposto se si dispone l'ago sopra il filo. Per Oersted quindi, le forze
magnetiche sono distribuite nello spazio che circonda il filo e, data la simmetria degli
spostamenti dell'ago, conclude che le forze magnetiche sono costituite da cerchi "poiché
è nella natura dei cerchi che movimenti da parti opposte debbano avere opposte
direzioni" (oggi diremmo che le linee di forza del campo magnetico intorno ad un filo
rettilineo percorso da corrente, sezionando il filo con un piano ad esso perpendicolare,
hanno la forma di circonferenze concentriche al filo).
Questo tipo di azione non è più riconducibile alle forze centrali. Sono proprio le
forze secondo un moderno modo di vedere, che riempiono tutto lo spazio e quindi che
esistono sia lungo la congiungente filo-ago sia lungo la normale a questa congiungente
che rendono possibile la deviazione dell'ago. Lo stesso Öersted sostiene:
« ... Il conflitto elettrico non è racchiuso nel conduttore ma, come abbiamo già detto, è
al medesimo tempo disperso nello spazio circostante, e ciò è ampiamente dimostrato da
tutte le osservazioni fin qui fatte... ».
Riferendosi poi all'effetto di simmetria da lui riscontrato nel disporre l'ago magnetico al
di sopra o al di sotto del filo percorso da corrente dice:
« ... In maniera simile è possibile dedurre da quanto abbiamo osservato che questo
conflitto agisce circolarmente perché questa sembra essere una condizione senza la
quale è impossibile che la medesima parte del filo di congiunzione, che quando sta sotto
il polo magnetico lo fa spostare ad est, lo fa spostare invece ad ovest quando è posta
sopra di esso. Perché è nella natura dei cerchi che moti in parti opposte abbiano
direzioni opposte... ».
La Naturphilosophie aveva la sua base sperimentale e l'esperienza di Öersted se da
una parte si opponeva alle teorie meccaniciste, dall'altra affermava l'esigenza del metodo
scientifico (negata da Shelling): le forze o chi per esse preesistono nella « natura » solo
se, andandole a cercare, le troviamo. Comunque questa osservazione non fu fatta
all'epoca e l'esperienza di Oersted suscitò un interesse ed un fermento di ricerca che tanti
risultati avrebbero dato allo sviluppo della scienza.
Il quadro concettuale nel quale questa esperienza irrompeva era quello newtoniano
che si era affermato a partire dalla scoperta della gravitazione universale (Newton,
1685). Al di là dell'aspetto matematico (proporzionalità tra masse che interagiscono e
dipendenza dall'inverso del quadrato della distanza tra i loro centri), questa legge
sottintende che:
1) l'azione tra le due masse è rettilinea, avviene cioè lungo la retta che unisce i centri
delle stesse;
2) l'azione è a distanza, non ha cioè bisogno di intermediari per agire tra le due masse;
3) l'azione è istantanea, non richiede cioè tempo per propagarsi (essa si propaga quindi
con velocità infinita).
Tutto il Settecento visse sotto l'autorevole influsso di Newton e quindi alla ricerca
di azioni del tipo di quelle descritte. Così John Michell nel 1750 provò a dare una stessa
legge per le forze che si esercitano tra poli magnetici trovando un qualcosa di simile (a
parte la definizione dei poli con p):
(proporzionalità tra 'poli' che interagiscono e dipendenza dall'inverso del quadrato della
loro 'distanza'), legge che non funziona e Coulomb ricavò (1785) la legge di forza tra
cariche elettriche (a parte la definizione della definizione di carica con q):
(proporzionalità tra cariche che interagiscono e dipendenza dall'inverso del quadrato
della distanza tra i loro centri), legge che funziona solo a certe condizioni: cariche
puntiformi, a grande distanza, …. Insomma tutti i fisici tentavano di trovare leggi alla
Newton e nel far ciò avrebbero certamente disposto i loro strumenti di misura 'tra' i due
oggetti che andavano ad interagire.
Questo quadro interpretativo, per la verità poco fecondo, viene sconvolto
dall'esperienza di Oersted che, come già detto, era un convinto sostenitore di Schelling
che in particolare riteneva le forze sparpagliate dappertutto con i loro conflitti e
trasmutazioni che creano il mondo.
SEGUITO DELLA STORIA
Questi argomenti sono stati già da me trattati e non mi ripeto oltre rimandando ad
essi . Voglio invece sottolineare un paio di cose per capire meglio dove siamo e dove
andiamo.
(6)
Disponendo di un generatore di corrente continua, come una pila, è possibile
mostrare effetti altrimenti impensabili. Naturalmente non bastano gli apparati
sperimentali, occorre anche essere guidati da un pregiudizio, in questo caso dal conflitto
di forze.
Oersted mostra, in linguaggio moderno, che una corrente elettrica provoca effetti
magnetici e Faraday mostrerà che il magnetismo produce elettricità. Da questo momento
il magnetismo diventa un capitolo della più generale scienza elettromagnetica (resta
sempre lo studio dei fenomeni legati ai materiali magnetici ma sarà piuttosto un
problema di struttura della materia). Finché la luce non sarà inglobata nel più generale
elettromagnetismo, rendendo l'ottica un suo capitolo. E la misura della sua velocità ci
riporterà a vicende meccaniche con conseguenze impensabili ancora alla fine
dell'Ottocento.
Il campo di indagine diventa immenso e sarà occupato successivamente dai grandi
fisici dell'Ottocento e dei primi del Novecento, tra i quali giganteggiano Ampère, Ohm
che formulerà le leggi della corrente fornita da una pila, Faraday, Maxwell, Hertz, W.
Thomson, Lorentz, Einstein.
L'INTERVENTO DI AMPÈRE
Tra i primi ad iniziare ricerche per trovare correlazioni tra fenomeni elettrici e
magnetici che in qualche modo rendessero meglio conto dell'esperienza di Oersted per
cercare di ricondurla nell'ambito delle forze centrali, furono i meccanicisti (Biot, Arago,
Ampère ed altri). La memoria di Öersted fu comunicata all'Académie des Sciences di
Parigi nel settembre del 1820 da Arago. Subito, in settembre, partirono le prime ricerche
sperimentali degli scienziati francesi. In quello stesso mese ed in quelli immediatamente
successivi Ampère lesse all'Académie una serie di note in cui riuscì in un impresa da
tutti ritenuta impossibile: quella di ricondurre le forze del tipo di quelle osservate da
Oersted al caso delle forze centrali.
Prima di passare ad un qualche approfondimento sull'opera di Ampére è bene
osservare che, fra le comunicazioni all'Académie ve ne furono due di una certa
importanza fatte da Jean Baptiste Biot (1774-1862) e Felix Savart (1791-1841). Anche
se non c'è una precisa documentazione scritta, risalente all'epoca
Jean Baptiste Biot
delle comunicazioni all'Académie, sulle ipotesi e sugli esperimenti da cui mossero Biot e
Savart, che permetta un giudizio critico sul loro contributo alla spiegazione
Felix Savart
delle «forze di Oersted », i due fisici riuscirono a fornire una determinazione molto
accurata della legge di forza tra corrente ed ago magnetico. Alla determinazione di
questa legge, nella sua forma integrale definitiva, contribuì anche Laplace come ricorda
Biot:
... Egli(Laplace) ha dedotto matematicamente dalle nostre osservazioni la legge della
forza esercitata singolarmente da ogni tratto di filo su ogni molecola magnetica ad esso
esposta. Questa forza è diretta, come l'azione totale, perpendicolarmente al piano
formato dall'elemento longitudinale di filo e dalla più breve distanza tra questo
elemento e la molecola magnetica sollecitata. La sua intensità, come nelle altre azioni
magnetiche è inversamente proporzionale al quadrato di questa stessa distanza
Come si vede, anche questa è una legge che ha una grande analogia formale con
quella di Coulomb e quella di Newton: l'andamento con l'inverso del quadrato della
distanza ed il riconoscimento stesso di un'azione a distanza bastano per ora a far
intravedere la presenza rassicurante di Newton e ad allontanare lo spettro delle forze «
disordinate » ed « in permanente conflitto ».
Il contributo di Ampère (1775-1836), come è stato già detto, fu più preciso e
determinante. Egli nella sua prima nota del 18 settembre all'Académie annunciò la
scoperta delle azioni ponderomotrici tra correnti elettriche, nelle immediatamente
André Marie Ampère
successive illustrò meglio il fenomeno con dovizia di particolari, di sperimentazioni
diverse, di interpretazioni teoriche. Seguiamo con un poco di attenzione l'opera di
Ampére. Egli studiando l'azione che si esercita tra due correnti (43) scrive (44):
... I due conduttori si trovano così paralleli e vicini l'un l'altro su di un piano
orizzontale; uno di essi può oscillare intorno alla linea orizzontale passante per le
estremità dei due punti di acciaio, e, in questo movimento, esso resta necessariamente
parallelo all'altro conduttore (che è) fisso...
Ampére inizia a studiare due conduttori rettilinei disposti parallelamente ed in
grado di muoversi parallelamente l'uno rispetto all'altro. In questo caso si ha attrazione o
repulsione (a seconda del verso delle correnti nei due fili). Il problema che Ampére
aveva bene in mente era però quello della rotazione dell'ago magnetico di Öersted ed
allora egli monta l'esperienza in modo da avere un filo rettilineo fisso ed un altro in
grado di ruotare su di un piano parallelo al primo (44):
... Se il conduttore mobile, invece di essere costretto a muoversi parallelamente a quello
fisso, è libero soltanto di girare su di un piano parallelo a questo conduttore fisso,
intorno ad una perpendicolare comune passante per i loro centri, è chiaro che, secondo
la legge che abbiamo appena ammesso per le attrazioni e repulsioni delle correnti
elettriche, le due metà di ogni conduttore attireranno e respingeranno quelle dell'altro,
secondo che le correnti siano concordi o discordi; per conseguenza il conduttore mobile
girerà fino a quando esso arriva in una situazione in cui si trovi parallelo a quello fisso,
e in cui le correnti siano dirette nello stesso senso: da cui segue che nell'azione mutua di
due correnti elettriche l'azione direttrice e l'azione attrattiva o repulsiva dipendono da
uno stesso principio e non sono che effetti differenti di una sola e medesima azione.
Nel caso quindi in cui uno dei due conduttori in esame è libero di ruotare esso tende
a disporsi parallelamente al primo. In definitiva, secondo Ampère, due correnti non
parallele tendono a disporsi parallelamente. Questo primo ragionamento, confortato
dall'esperienza, è il nocciolo su cui si impernia tutta l'ulteriore discussione che porterà
Ampère ad ammettere una sostanziale identità tra correnti e magneti. Egli dice:
Non è più allora necessario stabilire tra questi due effetti la distinzione che è così
importante fare, come vedremo fra poco, quando si tratta dell'azione mutua di una
corrente elettrica e di un magnete considerato come si fa ordinariamente in rapporto al
suo asse, perché, in questo tipo di azione, i due oggetti tendono a sistemarsi in direzioni
perpendicolari tra loro.
L'ipotesi riduzionista di Ampère non può però prescindere da una « teoria » che
vada ad interpretare il magnetismo come, appunto, originato da particolari correnti. Ed
allora un magnete, ed in particolare un ago magnetico, viene concepito come circondato
da correnti che si avvolgono attorno al suo asse risultando perpendicolari a quest'ultimo.
Ampère passa quindi a sottoporre all'esperienza questa ipotesi cominciando a
studiare le azioni mutue tra correnti e magneti e tra magneti e magneti:
Esaminerò... l'azione mutua tra una corrente elettrica ed il globo terrestre o un magnete
e l'azione mutua di due magneti l'uno sull'altro e mostrerò che esse rientrano l'una e
l'altra nella legge dell'azione mutua di due correnti elettriche che ho appena
annunciato, concependo sulla superficie e all'interno di un magnete tante correnti
elettriche, in piani perpendicolari all'asse di questo magnete, quante si possono
concepire linee formanti, senza intersecarsi mutuamente, delle curve chiuse; in modo
che non mi sembra molto possibile, dopo il semplice raffronto dei fatti dubitare che non
vi siano realmente queste correnti intorno all'asse dei magneti, o piuttosto che la
magnetizzazione non consiste che nella operazione per la quale si fornisce alle
particelle d'acciaio la proprietà di produrre, nel senso delle correnti di cui abbiamo
appena parlato, la stessa azione elettromotrice che si trova nella pila voltaica... .
E questa azione elettromotrice non è rilevabile perché, come osserva Ampère:
... Solamente, poiché questa azione elettromotrice si sviluppa nel caso del magnete tra le
differenti particelle di uno stesso corpo buon conduttore essa non può mai... produrre
alcuna tensione elettrica, ma solamente una corrente continua rassomigliante a quella
che avrebbe luogo in una pila voltaica rientrante su se stessa in modo da formare una
curva chiusa (45): è abbastanza evidente... che una tale pila non potrebbe produrre in
alcuno dei suoi punti né tensione né attrazioni o repulsioni elettriche ordinarie...; ma la
corrente che si stabilirebbe immediatamente in questa pila agirebbe, per orientarla,
attirarla o respingerla, sia su un'altra corrente elettrica, sia su un magnete che viene
allora considerato come un insieme di correnti elettriche.
E con queste ultime esperienze in connessione con i termini teorici (le ipotesi
aggiuntive) Ampère riesce a portare a compimento un'operazione che soltanto un mese
prima sarebbe sembrata impossibile: la spiegazione in termini newtoniani dell'esperienza
di Öersted. Nel portare a compimento questo «programma » Ampère arriva anche ad una
importante conclusione che trascende gli scopi per cui aveva iniziato a lavorare:
E' cosi che si arriva a questo risultato inatteso, che i fenomeni magnetici sono
unicamente prodotti dalla elettricità....
Ecco allora su quali ipotesi Ampère trova la legge di forza tra correnti: il magnete è
pensato come un insieme di correnti elettriche nei piani perpendicolari alla linea che
unisce i poli. Questa ipotesi è dunque necessaria ad Ampère, e non accessoria come
sembra dalla lettura di qualche testo od articolo, per ricavare l'azione ponderomotrice tra
correnti, per rendere conto dell'esperienza di Öersted e, infine, per ricondurre le « forze
in conflitto » all'ordine newtoniano.
L'introduzione di questa ipotesi spiega bene il perché, contrariamente a due fili
percorsi da corrente che tendono a sistemarsi parallelamente, un ago magnetico tende a
disporsi perpendicolarmente ad un filo percorso da corrente. Quest'ultimo fenomeno è in
realtà analogo a quello dei due fili: sono le correnti che circolano perpendicolarmente al
filo e nel far questo portano l'asse del magnete ad essere perpendicolare al filo stesso
come mostrato in figura:
L'esperienza di Oersted nell'interpretazione di Ampère
Ampère si rende subito conto però che non è possibile ricavare la legge di forza tra
due correnti se non passando attraverso elementi infinitesimi di circuito ed infatti egli
trova che:
... L'azione di quelle [correnti] delle quali si possono misurare gli effetti, è la somma
delle azioni infinitamente piccole dei loro elementi, somma che si può ottenere con due
integrazioni successive, l'una da farsi su tutta la lunghezza di una delle correnti
relativamente ad uno stesso punto dell'altra, la seconda da eseguirsi sul risultato della
prima integrazione ... su tutta l'estensione della seconda corrente...
Anche qui quindi l'espressione della legge che regola l'azione che si esercita tra due
correnti elettriche ha il carattere di azione istantanea a distanza tipico della fisica
newtoniana. È questo un trionfo di Ampère. I fluidi imponderabili stessi, che la
Naturphilosophie con Öersted aveva allontanato dall'indagine fisica rientrano ora di
prepotenza sulla scena impregnando di sé non solo la spiegazione dei fenomeni elettrici
ma la costituzione stessa della materia.
Da un punto di vista analitico la formula che ci presenta Ampère è un capolavoro di
"imbroglio fisico-matematico" che, in nome dell'eleganza e semplicità newtoniana ci
spaccia come azione centrale quella descritta da:
Nella relazione scritta i1 ed i2 sono le correnti che circolano nei due fili, ds1 e ds2 sono
gli elementi infinitesimi dei circuiti 1 e 2, r è il raggio vettore da ds1 a ds2
Due circuiti e gli elementi che determinano le attrazioni (in questo caso) tra correnti
(questa legge, nella semplificazione di correnti rettilinee, parallele e complanari, è quella
nota come azione elettrodinamica tra correnti di Ampère che si studia in ogni corso
elementare di fisica: la forza che si esercita su un tratto di filo di
lunghezza s del conduttore è proporzionale, oltre che a tale lunghezza, alle intensità i1 ed
i2 delle correnti che fluiscono nei fili ed inversamente proporzionale alla loro distanza r).
Provo a spiegare l'imbroglio di Ampère. Nella relazione figura il prodotto tra due
correnti e, a meno di costanti, la cosa è formalmente identica a tutte le relazioni che si
richiamano alla gravitazione di Newton. Osservando ancora, in modo superficiale,
sembrerebbe che l'r che compare al numeratore si debba semplificare con l'r 3 che
compare al denominatore, di modo che si avrebbe ancora la legge dell'inverso del
quadrato. In realtà al numeratore vi è un doppio prodotto vettoriale e vi sono due
integrazioni circolari. A conti fatti la relazione non c'entra nulla con quella di Newton,
soprattutto perché lo svolgimento dei prodotti vettoriali origina grandezze dipendenti da
angoli. E' facile convincersi che mai Newton avrebbe pensato a forze dipendenti da
angoli. Il fatto è che vi era una sorta di religione: non si riusciva a tagliare il cordone con
Newton. Solo Faraday, probabilmente perché outsider, proveniente non da ambienti
accademici, riuscì nell'impresa e demolì ogni interpretazione newtoniana
nell'interpretazione dei fenomeni elettromagnetici.
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(9) Stephen Gaukroger - Descartes, an intellectual biography - Clarendon Press Oxford
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(10) R. Descartes - I principi della filosofia - Bollati Boringhieri 1992
(11) R. Descartes - Il mondo. L'uomo - Laterza 1969
(12) I. Newton - Optics - in Newton, Huygens, Encyclopedia Britannica 1952
(13) Mary B. Hesse - Forze e campi - Feltrinelli 1974
(14) E. Bellone - Le congetture settecentesche su elettricità e magnetismo - in La
Scienza vol. 12, UTET, De Agostini, La Repubblica 2005
(15) F. Sebastiani - I fluidi imponderabili - Dedalo 1990
(16) Felip Cid - Historia de la ciencia - Planeta, Barcelona 1979
(17) Isaac Newton - Philosophiae Naturalis Principia Mathematica - UTET 1965
(18) L.S. De Camp, C.C. De Camp - The Story of Science in America - Scribners Library
Binding 1967
(19) Beniamino Franklin - Vita, scritta da sé medesimo - G. Barbèra 1885.
(20) Jacques Ahrweiller - Franklin - Accademia 1973
(21) Associazione Elettrotecniaca Italiana (a cura della) - L'opera di Alessandro Volta
nel 1° centenario della morte - Ulrico Hoepli 1927
(22) Salvo D'Agostino - Introduzione alla scienza dell'Ottocento e Elettricità e
magnetismo fino all'introduzione del potenziale in Dispense di Storia della Fisica Istituto di Fisica Università di Roma (a. a. 1973/1974)
(28) André Marie Ampère - Opere - UTET 1969