Marco Landonio ANDRÈ MARIE AMPÈRE (Lione 1775 - Marsiglia 1836) l’enciclopedico La VITA Il grande fisico francese era particolarmente interessato di matematica ma aveva una vastità di altri interessi intellettuali; la sua carriera scientifica fu rallentata anche da questo oltre che da difficoltà finanziarie. In età giovanile passava da studi sulla meccanica teorica alla costruzione pratica di macchine, alla teoria del volo degli aquiloni, ai linguaggi artificiali, alla musica, all’astronomia. Si occupò anche di filosofia e metafisica, di botanica e letteratura. Non riuscì mai a concentrarsi in modo esclusivo su un’unica disciplina per applicare tutto il suo genio in essa; ma egli non vide mai alcuna contraddizione in tutto questo poiché era convinto di una unità fondamentale alla base di ogni conoscenza. Morì di polmonite nel 1836. Il MATEMATICO e la TEORIA sul GIOCO d’AZZARDO Il suo primo saggio fu una teoria matematica sul gioco d’azzardo; infatti arrivò a dimostrare che un giocatore che, con una quantità finita di denaro, giochi con uno o più avversari che abbiano denaro infinito, perderà necessariamente in un tempo finito. Ma capì che poteva arrivare ad essere solo un matematico competente, non all’altezza dei contemporanei come Laplace e Cauchy. Il FILOSOFO e il suo METODO SCIENTIFICO Egli trovò ispirazione per il suo pensiero nel filosofo tedesco Immanuel Kant. Costui divideva il mondo nel regno dei fenomeni1 e dei noumeni2. Kant ammetteva che l’uomo non potrebbe mai conoscere realmente i noumeni ma per Ampère le relazioni e i rapporti tra i noumeni erano direttamente osservabili da quelli tra i fenomeni. Egli costruì così il suo metodo di indagine scientifica basato su entità noumeniche cioè teoriche, con una spiegazione dei fenomeni per deduzione che infine veniva verificata dall’esperimento. Questo metodo è chiamato oggi “ipotetito - deduttivo”; Ampère lo applicò sia in chimica che in elettrodinamica. Il CHIMICO Gay-Lussac nel 1808 aveva scoperto la legge delle combinazioni semplici dei volumi gassosi e Ampère per giustificare questo applicò il suo metodo ipotetico-deduttivo: egli ipotizzò che volumi uguali di gas diversi (fenomeno), nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contenessero lo stesso numero3 di molecole (noumeno). Tra 1808 e il 1815, suppose inoltre che le molecole avessero la forma di poliedri e fossero costituite da atomi disposti come i vertici di solidi regolari e simmetrici. La chimica poteva fondarsi sulla geometria, che per Ampère era la forma più pura di matematica. STRUMENTI dopo la PILA: GALVANOMETRO (REGOLA di AMPÈRE) e PILA CIRCOLARE Dopo la pila comparvero nuove famiglie di strumenti e Ampère partecipò alla loro sistemazione teorica. Per moltiplicare, ad esempio, gli effetti magnetici del cosiddetto “flusso magnetico”, Ampère suggerì di usare due aghi magnetici uguali, montati in contrapposizione, per evitare il campo magnetico terrestre, che infatti si neutralizzava in quella piccola regione di spazio. Egli chiamò questo suo nuovo strumento “galvanometro” e notò che l’ago della bussola si disponeva sempre ad angolo retto rispetto al conduttore percorso dalla corrente. Grazie al galvanometro scoprì come definire l’orientamento del campo magnetico generato da una corrente che percorre un conduttore (regola di Ampère): “il polo Nord di un ago magnetico (introdotto nel relativo campo) devia sempre a sinistra di un osservatore che, adagiato lungo il filo in modo che la corrente gli entri dai piedi e vada verso il capo, volge all’ago la faccia”. Costruì poi una pila voltaica (1820) circolare in modo che il polo positivo fosse a contatto con quello negativo e osservò che generava un campo magnetico simmetrico. Egli utilizzò, da quel fruttuoso mese di settembre in avanti, questi strumenti per le sue sperimentazioni e per le sue verifiche. Alla base dell’amperometro ci sono gli stessi principi del galvanometro e l’unica differenza stà nella sensibilità che negli amperometri è maggiore. sono le sensazioni percepite dalla mente umana, sono i segnali di una realtà diversa. sono le cause dei fenomeni, le “cose in sè”, gli oggetti veri della realtà e le fonti degli altri segnali. 3 questo numero fu poi calcolato da Avogadro: 6 X 10 alla 23 1 2 1 di 3 Marco Landonio L’INTERAZIONE ELETTRODINAMICA tra 2 CORRENTI ELETTRICHE Oersted aveva scoperto che un filo percorso da un corrente fa orientare un ago magnetico e fece le prime osservazioni dell’azione magnetica delle correnti elettriche; le sue spiegazioni erano però fantasiose. Anche Ampère subì, dopo questa scoperta, un notevole interesse. Egli ripeté ed ampliò le esperienze di Oersted, ottenendo in brevissimo tempo i suoi risultati e, mentre era professore di filosofia a Parigi, (1820) annunciò la scoperta delle interazioni tra 2 conduttori percorsi da corrente; l’interazione avveniva con delle forze attrattive o repulsive a seconda che la corrente passasse con stesso verso o con versi opposti. Egli dimostrò questa relazione e, non a caso, era un ottimo matematico. In maniera analoga all’ago di una bussola, egli trovò che anche una spira mobile percorsa da corrente (che corrisponde a un semplice circuito) si orienta come l’ago, se in presenza di un’altra spira o di un magnete. Questa fu la sua esperienza più significativa; facendo passare corrente nelle due spire - circuiti, la spira mobile ruotava per delle forze “elettrodinamiche” originatesi dalla corrente. Le distinzioni introdotte dalle leggi columbiane, tra fluido elettrico e fluido magnetico, erano da considerarsi palesemente errate e l’esperienza di Oersted non era più paradossale. Una carica in moto dunque, esercita su un’altra carica in moto, oltre alla forza di natura elettrica, una forza “magnetica”. Oggi possiamo spiegare questo fatto ipotizzando che la carica sia immersa in un campo magnetico generato dall’altra. Con questa ipotesi rivoluzionaria nasceva un altro ramo dalla fisica: l’elettrodinamica ed Ampère ne era il fondatore. L’AZIONE MECCANICA delle CORRENTI e l’UNITÀ di MISURA dell’INTENSITÀ di CORRENTE Pochi giorni dopo la dimostrazione dell’azione elettrodinamica delle correnti, egli descrisse poi l’azione meccanica esercitata tra correnti in assenza di magneti, azione sulla quale si fonda la moderna elettrodinamica e le leggi delle forze motrici. La sua ipotesi fondamentale fu verificata tra l’altro da 2 esperimenti: 1. due spire percorse da corrente si respingono come magneti dello stesso polo. 2. due solenoidi si respingono se sono arrotolati attorno a due tubi di vetro che impediscono l’azione longitudinale tipica di due semplici fili (altrimenti si attrarrebbero inspiegabilmente). I risultati da lui conseguiti sono ricordati oggi dal nome dell’unità di misura della corrente nel S.I. Questa unità assoluta4, rappresentata dall’ampère, è definita come quella corrente costante che, attraversando 2 conduttori rettilinei, infinitamente lunghi, posti nel vuoto a distanza di un metro, produce tra essi una forza di 2 X 10 alla -7 newton per ogni metro di conduttore. In formula: F . . µ . i1 i2 l d 2. π l = lunghezza dei tratti dei fili considerati i = intensità di corrente circolante d = distanza tra i due fili Purtroppo questa concessione ha reso il nome “ampère” legato ai comuni fusibili che sono tarati con diversi valori di corrente, senza considerare gli enormi contributi dello scienziato francese. Il TEOREMA della CIRCUITAZIONE di AMPÈRE Questo teorema evidenzia la relazione della componente tangenziale delle “influenze dell’azione magnetica” (concetti oggi interpretati come “campo”), sommate lungo una curva chiusa, con la corrente che passa attraverso la curva (la relazione è di proporzionalità diretta al prodotto della lunghezza e della permeabilità magnetica). Questa relazione permette di ricavare quantitativamente il passaggio di corrente tra due fili, in una spira oppure in un solenoide, tutte situazioni con un alto grado di simmetria. Essa oggi può essere enunciata dicendo che: “la circuitazione del vettore induzione magnetica lungo un percorso chiuso, col quale risulta concatenata la corrente che genera il campo, è uguale al prodotto della permeabilità magnetica per la corrente, qualunque sia la forma geometrica del percorso chiuso”. In formula: C (B) = i C (B) = circuitazione del campo magnetico = permeabilità magnetica del vuoto i = somma algebrica delle correnti concatenate al circuito Maxwell modificherà questo teorema generalizzandolo e riscrivendolo nella sua “quarta” equazione. dicasi anche fondamentale perché è definita soltanto in funzione di grandezze meccaniche (forze e lunghezze). 4 2 di 3 Marco Landonio L’INTERPRETAZIONE del MAGNETISMO dei MAGNETI PERMANENTI Come interpretazione teorica dei suoi esperimenti pensò alle correnti atomiche presenti nei magneti ed ebbe un’intuizione famosissima ancor oggi. Egli, per primo, suggerì questo semplice modello che unifica i fenomeni elettrici e magnetici in quanto le forze magnetiche hanno origine elettrica: attorno a ogni molecola di un corpo di materiale magnetico, circola una corrente elettrica microscopica. Con questo modello oggi possiamo comprendere il campo magnetico di un magnete a sbarra, situazione simile a quella di un solenoide. I momenti magnetici5 di tutte le piccole spire, di minuscole dimensioni, sono paralleli all’asse del cilindro. In ogni punto all’interno del magnete la corrente totale è nulla poiché spire di correnti confinanti si annullano vicendevolmente. Risulta esserci solo una corrente superficiale simile a quella di un solenoide. La CONTROVERSIA con FARADAY (1821-22) Faraday aveva apparentemente smentito la sua ipotesi fondamentale che il magnetismo fosse il risultato di correnti circolari: in una bacinella d’acqua un sughero sormontato da un magnete si fermava in prossimità di un tubo magnetizzato cavo ma proseguiva in un solenoide. Perché i due fenomeni erano diversi? L’apparenza fu però risolta da Ampère sia teoricamente che sperimentalmente. Infatti egli attribuì questa contraddizione a un aspetto qualitativo: col solenoide l’ago e il sughero erano all’interno delle correnti mentre col magnete rimanevano all’esterno. La forza dell’impegno di difesa di questa sua ipotesi era evidente anche in altri esperimenti. La TEORIA sulla NATURA del CALORE e della LUCE Ampère nel 1832 espose una nota circa la natura di due enti fisici come il calore e la luce, con l’ipotesi di derivazione da movimenti vibratori. Egli infatti evidenziava delle analogie tra la luce e il calore. Si apriva la strada alla crisi del calorico, come particolare tipo di materia, verso la concezione di un moto oscillatorio delle più piccole parti dei corpi. L’EREDITÀ Egli pubblicò, nel 1826, una monumentale opera di ispirazione newtoniana, che Maxwell definirà “perfetta nella forma e inattaccabile nella precisione”, che rielaborava le sue pubblicazioni precedenti; essa era intitolata: “Théorie mathématique des Phénomènes Electro-dynamiques uniquement déduite de l’Expérience”. Prima di morire si dedicò ancora a un’opera di filosofia della scienza aderendo alla dottrina di Leibniz sulla “armonia prestabilita”. Il processo di ragionamento dell’uomo è un’immagine del processo di ragionamento di Dio e preesiste quindi un’armonia tra le leggi dell’universo e i poteri razionali dell’uomo. Ecco perché terminò la sua vita come l’aveva cominciata: come un enciclopedista fortemente convinto dell’unità di tutto il sapere, poiché ogni forma di conoscenza non è altro che il riflesso dell’unità della mente divina. il momento magnetico è quella grandezza fisica che ha modulo dato dal prodotto tra corrente e superficie, direzione perpendicolare alla spira e verso tale che, se ci si dispone come il vettore, si vede la corrente ruotare in senso antiorario. 5 3 di 3