Il fusto Il fusto funzioni e struttura Nelle cormofite, la presenza di tessuti conduttori e di sostegno, ha reso possibile lo sviluppo di un organo epigeo, il fusto o caule che , assolve a numerose funzioni: 1. Sostiene le porzioni fotosintetizzanti, rappresentate in gran parte dalle foglie e le espone alla luce nella giusta angolazione; 2. Garantisce il trasporto delle sostanze nutritive dalle radici e dalle foglie a tutte le cellule della pianta; 3. Costituisce un organo di riserva, seppure in misura molto minore rispetto alle radici. Osservando l’estremità del fusto è possibile mettere in evidenza tre zone che dall’apice, verso il basso sono dette rispettivamente: 1 Zona di accrescimento per divisione Le cellule del meristema apicale, sono in continua divisione, vi è produzione di nuovi elementi che allontanandosi dal meristema, cessano di dividersi e vanno incontro ad un processo di distensione e differenziazione. 2 Zona di accrescimento per distensione e di differenziazione, È la zona in cui avviene l’allungamento del giovane fusto 3 Zona di struttura primaria Dove le cellule sono ormai morfologicamente e funzionalmente adulte. L’accrescimento primario in lunghezza è a questo punto terminato. Il meristema apicale del fusto è pertanto responsabile dell’ accrescimento primario della pianta, e cioè della crescita in lunghezza delle porzioni aeree. In alcune piante (es.: graminacee), sono presenti alla base degli internodi, i meristemi intercalari, che determinano un ulteriore allungamento del fusto. In tutti i fusti, inoltre, nelle zone di differenziazione, rimangono delle aree meristematiche residue da cui, in corrispondenza delle bozze fogliari, si originano i fasci conduttori delle foglie. Nelle piante che presentano solo un accrescimento primario, (pteridofite, quasi tutte le monocotiledoni ed alcune dicotiledoni), la struttura primaria è quella definitiva. Nelle gimnosperme e nella maggior parte delle dicotiledoni invece, i tessuti primari del corpo della pianta, sono in gran parte sostituiti, durante l’accrescimento secondario in spessore, dai tessuti secondari. Alla zona di struttura primaria, segue dunque una zona di struttura secondaria. È da tener presente che non esiste una netta demarcazione tra la varie zone, ma il passaggio avviene gradatamente. Si ricorda ad esempio che già nella zona di accrescimento per distensione esistono e sono funzionanti il protoxilema ed il protofloema, costituiti da cellule adulte. Struttura primaria del fusto Effettuando una sezione trasversale di un giovane fusto di dicotiledone ad una certa distanza dall’apice (a livello della struttura primaria), è possibile osservare al microscopio ottico, dall’esterno verso l’interno • Epidermide • Corteccia • Cilindro centrale. Phalangium esculentum Nutt. = Camassia quamash Fusto monocotiledone mais DicotiledonePhaseolus vulgaris La corteccia La corteccia è formata da più di un tipo di tessuto. Negli strati più superficiali, nei quali la radiazione solare penetra facilmente, è presente un parenchima clorofilliano; più all’interno, dove la radiazione solare non arriva, i plastidi si saranno differenziati in leucoplasti e il parenchima che li contiene sarà essenzialmente un parenchima di riserva. Nella corteccia trovano la collocazione più adeguata anche i tessuti meccanici. Le sollecitazioni cui va incontro un fusto sono infatti tipicamente sforzi di flessione, che si traducono in uno sforzo di compressione su un lato e in uno di trazione su quello opposto. Le sollecitazioni saranno quindi massime in periferia e nulle nella zona centrale. E’ nella zona periferica che andranno quindi collocate le “ zone resistenti”, costituite dai collenchimi e/o sclerenchimi (nella radice, i tessuti meccanici, sono maggiormente dislocati al centro dell’organo, in quanto essa è sottoposta a sforzi di trazione più che di piegamento e torsione). C Lo spessore della corteccia è in genere limitato, presenta solitamente una zona sottoepidermica collenchimatica alla quale segue una zona più o meno spessa di cellule parenchimatiche nel cui spessore si possono trovare fibre nonché tessuti segregatori di vario tipo (Canali resiniferi,Tubi laticiferi ecc.). Se si osserva ad esempio al microscopio la sezione trasversale di un fusto di sedano, le cellule collenchimatiche, formano dei cordoni longitudinali ai vertici di fusti erbacei a sezione quadrangolare . Mentre i tessuti meccanici, danno resistenza e flessibilità al fusticino, le cellule parenchimatiche, svolgono sia una funzione fotosintetica (più sviluppata nelle cellule sottostanti l’epidermide) che di riserva. Lo strato più interno della corteccia è in genere costituito da cellule più compatte, con prevalente funzione di riserva. Nei fusti sotterranei o nei fusti sommersi di piante acquatiche assume l’aspetto di un vero e proprio tessuto tegumentale endodermico. Cinnamomum zeylanicum Sezione trasversale di fusto di Nimphaea sp.ricco di parenchima aerifero. Cilindro centrale o stele Il cilindro centrale o stele, di una pianta, è la zona più interna del fusto o della radice in cui si trovano i tessuti conduttori, che nella struttura primaria, sono riuniti in cordoni verticali detti fasci. Un fascio può essere definito come un insieme di tessuti adibiti sia al trasporto di sostanze organiche sia di acqua e sali minerali . I fasci xilematici e floematici sono in stretta relazione ma, a seconda della posizione occupata nello spazio possono essere suddivisi in diverse categorie. 1. Fasci concentrici Sono divisi in: a. Fascio perixilematico, in cui lo xilema circonda il floema; è presente in certi rizomi e nei fusti di alcune monocotiledoni; b. Fascio perifloematico, in cui il floema circonda lo xilema; è presente nella maggior parte delle felci. il perifloematico, è stato progressivamente modificato nel corso dell’evoluzione delle piante terrestri e deve essere cosiderato l’antenato dei moderni fasci, quelli collaterali. È probabile che il successo in ambiente terrestre del tipo perifloematico sia dovuto a: 1) La funzione svolta dallo xilema è prioritaria rispetto a quella del floema ed il fascio perifloematico, assicura maggiore protezione allo xilema; una ferita, anche profonda, può danneggiare al massimo un elemento cribroso ma difficilmente un più prezioso vaso; 2) Lo xilema quando non è più funzionante, è più utile del vecchio floema, potendo servire anche come elemento di sostegno; è vantaggioso quindi avere uno xilema interno, che si conserva anche con l’eliminazione dei tessuti esterni. Uno svantaggio dei fasci concentrici è però che, essendo sempre privi di tessuto meristematico, non consentono un accrescimento diametrico secondario: il sistema concentrico non è vincente se persiste come tale! La frammentazione del grande anello di xilema e floema e in alcuni casi, l’interposizione cambiale nelle “isole” così formatesi sono stati i processi evolutivi che hanno portato alla presenza dei fasci collaterali e bicollaterali delle spermatofite. Fasci collaterali Lo xilema è situato sullo stesso raggio del floema, internamente a questo. Se tra i due tessuti conduttori è interposta una zona meristematica primaria (il futuro cambio intrafascicolare) il fascio collaterale è aperto (gimnosperme e dicotiledoni)(C) Quando invece xilema e floema sono a stretto contatto senza strati meristematici intercalati, il fascio collaterale è chiuso (D ) È tipico delle piante che non presentano accrescimento secondario in spessore (monocotiledoni e molte piante erbacee) ma è anche presente in molte nervature fogliari. Fascio bicollaterale È un fascio APERTO caratterizzato dalla presenza di una zona floematica interna, oltre a quella esterna normale. Lo xilema, quindi, risulta sempre separato dal floema per mezzo di due zone meristematiche (Solanaceae, Cucurbitaceae, Apocinaceae (E)) Fascio radiale I cordoni xilematici e floematici, in numero variabile, sono posti su raggi diversi, cioè affiancati lateralmente in modo alternato. Questi sono denominati come arche (F). La differenziazione degli elementi vasali avviene in modo centripeto dalla periferia verso il centro, portando, a volte, alla formazione di una massa legnosa a forma di stella. È tipico delle radici delle cormofite. Teoria stelare Le piante vascolari hanno organizzato e disposto i vari tipi di fascio all’interno del cilindro centrale per ottenere, nel corso dell’evoluzione, la soluzione migliore per utilizzare lo spazio e quindi la luce. Per colonizzare la terra si sono superati degli ostacoli specializzando e sviluppando determinati tessuti per la conduzione(già nelle briofite sono presenti cellule come gli idroidi ed i leptoidi). I fasci conduttori compaiono a livello delle pteridofite. La presenza di tessuti conduttori lignificati (tracheidi) ha permesso di incrementare il sostegno del fusto ed il trasporto a distanza dell’acqua il che, ha consentito a differenza delle briofite uno sviluppo in altezza e diventare addirittura arboree. I tessuti conduttori si trovano nel cilindro centrale (STELE). La struttura più primitiva tipica di molte pteridofite è la protostele (A), nella quale è presente, al centro del fusto, un unico fascio perifloematico. Il passo evolutivo successivo ha permesso di sfruttare meglio lo spazio ed ha posto al riparo da problemi derivanti da possibili danneggiamenti dell’unico fascio presente nella protostele. Dopo una divisione dicotomica dalla stele centrale si dipartono più fasci che seguono i germogli laterali e si ottiene una actinostele (B), fascio radiale, presente nella maggior parte delle radici e nei fusti di alcune licofite. Un migliore utilizzo dello spazio e della luce ha richiesto uno sviluppo in altezza con conseguenti problemi di staticità. Nella sifonostele (C) gli elementi xilematici e floematici vengono utilizzati sia per la conduzione che per garantire la staticità e la resistenza alla flessione del fusto, che può così aumentare in altezza. È come un tubo interno al fusto perché è caratterizzato da un anello continuo di fasci collaterali o bicollaterali (Selaginella) che ha al centro un tessuto parenchimatico di riserva che costituisce il midollo. È presente nei fusti di molte felci e di alcune gimnosperme e angiosperme. Una semplice sifonostele non assicura però una buona ramificazione necessaria alla formazione di germogli laterali. Il problema viene superato nella sifono-eustele (presente in alcune felci) (D) dove si aveva un’iniziale frammentazione dell’anello di tessuto conduttore, ma ancor meglio nell’eustele (E). Presente in Equisetum, nella generalità delle gimnosperme ed in molte dicotiledoni, si ha una disposizione circolare di più fasci collaterali intervallati da raggi midollari, che permettono il collegamento tra midollo e corteccia. L’ambiente terrestre è stato conquistato da questa struttura. Infine parliamo della atactostele delle monocotiledoni(F) derivante dalla eustele in quanto in alcune specie di dicotiledoni sono presenti steli intermedie alle due forme. Nell’atactostele i fasci sono sempre di tipo collaterale chiuso e dispersi nel tessuto fondamentale, tanto che non è possibile distinguere il midollo dalla corteccia. Sono più grandi verso l’interno , piccoli è più numerosi verso l’esterno. La presenza di un gran numero di fasci circondati da una guaina di fibre e la loro disposizione caratteristica, dà alle monocotiledoni una rigidità affiancata all’elasticità, tali che, sebbene prive di accrescimento secondario, fa sì che molte di esse possano svilupparsi in misura maggiore rispetto alle dicotiledoni erbacee. Inoltre, viene perfezionato il trasporto idrico in quanto le foglie sono innervate direttamente dai fasci collaterali autonomi, che decorrono longitudinalmente nel fusto. Questo sistema di conduzione in cui ogni fascio è collegato ad una singola foglia, favorisce notevolmente l’attività fotosintetica. DicotiledonePhaseolus vulgaris Fusto monocotiledone mais Cilindro centrale o stele È posto in posizione centrale, occupa gran parte del fusto ed in esso, si distinguono i fasci conduttori ed una zona centrale di parenchima midollare con funzione di riserva. La distribuzione dei fasci nelle dicotiledoni è variabile, ma nelle regioni internodali, è generalmente riconducibile alla sifonostele o alla eustele. Sezione trasversale del giovane fusto di tiglio (Tilia Americana) che presenta una tipica sifonostele-nel particolare (b) si mette in evidenza la presenza di collenchima sottoepidemico, dei dotti mucipari e dei fasci conduttori primari. Fusto di Aristolochia sp. (Dicotiledoni) in sezione trasversale. Esempio di eustele 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. Altro esempio di struttura eustelica: fusto di Clematis vitalba (Dicotiledoni) in sezione trasversale. Libro Legno Epidermide Corteccia Periciclo Endoderma Zona perimidollare Raggi midollari Midollo centrale A livello dei nodi, tuttavia, la struttura anatomica si complica, in quanto alcuni fasci conduttori della stele si dirigono verso le appendici caulinari, lasciando in molti casi nella stele una zona più o meno ampia priva di tessuto conduttore, la lacuna fogliare. L’insieme dei fasci che, attraversano la corteccia, si dirigono verso l’appendice laterale è detto traccia fogliare. Le lacune fogliari, evidenti nella sifonostele sono difficilmente individuabili nella eustele, in cui si confondono con i raggi midollari. Nelle MONOCOTILEDONI invece, i fasci di tipo collaterale chiuso, sono uniformemente sparsi nel tessuto fondamentale, costituendo una atactostele in cui non è visibile la distinzione, tipica delle dicotiledoni, tra corteccia e midollo. plectostele Quindi ci sono piante che hanno un unico cilindro centrale nel fusto (o stele) e parleremo di fusti monostelici ed altre il cui fusto possiede più cilindri centrali ed in questo caso si parla fusti polistelici. SIFONOSTELE (o solenostele, siphon e solen dal greco, tubo) la struttura del fascio è tubulosa l’unica stele, è caratterizzata da un unico fascio concentrico perifloematico con midollo al centro. Se al nome viene fatto seguire da un aggettivo qualificativo, ECTOFLOICA, si precisa che il floema si trova sul solo lato esterno del legno; ANFIFLOICA è caratterizzata da un unico fascio presentante midollo al centro e una porzione xilematica ad anello racchiusa da due cerchi floematici uno all'esterno ed uno all'interno. APLOSTELE o PROTOSTELE cauli monostelici, si possono avere un unico fascio concentrico perifloematico; il legno è compatto cosicché non esiste un midollo ACTINOSTELE l’unica stele è costituita da un unico fascio raggiato PLECTOSTELE l’unica stele è costituita da strati di legno e di libro sifonostele anfifloica Dennstaedtia punctilobula (Filicales) in sezione trasversale. La stele è caratterizzata da un unico fascio presentante midollo al centro e una porzione xilematica ad anello racchiusa da due cerchi floematici uno all'esterno ed uno all'interno Fusto di Botrychium virginianum (Ophioglossales) in sezione trasversale sopra un nodo. A livello dei nodi, la stele è caratterizzata da un unico fascio concentrico perifloematico con midollo al centro: sifonostele ectofloica. Particolare della stele Fusto di Piper geniculatum (Dicotiledoni) in sezione trasversale. Esempio di una struttura particolare di Dicotiledone in cui i fasci sono dislocati su due cerchi: - quello esterno formante un anello continuo con possibilità di accrescimento secondario, - quello interno con disposizione più irregolare che ricorda la struttura atactostelica delle Monocotiledoni. eustele di stelo di Lupinus arboreus A differenza delle Dicotiledoni, nelle Monocotiledoni i fasci sono disposti "disordinatamente" nel cilindro centrale (struttura atactostelica). Essi sono di tipo collaterale chiuso, cioè senza cambio interposto tra xilema e floema. Tali fasci sono immersi in un parenchima con cellule a pareti lignificate, l'ispessimento delle pareti è via via maggiore dall'interno verso l'esterno. Nella corteccia si nota abbastanza bene l'endodermide e quindi, verso l'esterno, un parenchima assimilatore che lascia il posto a un collenchima in posizione sottoepidermica. L'epidermide mostra una spessa cuticola. atactostele di stelo di Zea mays. Fusto di Zea mays (Monocotiledoni) in sezione trasversale. Altro esempio di struttura atactostelica, con i fasci cribro-vascolari che si spingono a ridosso dell’epidermide Nelle monocotiledoni e nelle dicotiledoni erbacee, nonostante ci sia solo accrescimento primario, cioè vi è crescita dovuta ai soli meristemi primari, si ha un limitato accrescimento in spessore dovuto essenzialmente all’ingrossamento delle cellule dei vari tessuti definitivi. Solo in rari casi si ha un ragguardevole aumento delle dimensioni del fusto grazie a particolari modalità di accrescimento primario in spessore osservabile nelle palme tra le monocotiledoni, e nei cactus e nei tuberi di patata tra le dicotiledoni. A parte queste eccezioni, di solito l’accrescimento in spessore è di tipo secondario ed inizia solo al termine di quello primario, protraendosi fino alla morte della pianta. Le cotiledoni con fusti con accrescimento secondario Monocotiledoni arborescenti come la palma da cocco(Cocos sp.) e l’albero di Joshua (Yucca brevifolia) possono raggiungere dimensioni ragguardevoli. In realtà esistono 3 tipi di monocotiledoni arborescenti: 1. Le palme,come il cocco, che non si ramificano e non hanno un vero accrescimento secondario: 2. I pandàni (Pandanus sp.) che esibiscono fusti ramificati, ma sono anch’essi privi di accrescimento laterale 3. Le liliacee arboree (come Yucca)e altre che portano rami, possiedono un cambio e dunque hanno un vero accrescimento secondario. I fusti delle palme possiedono un gran numero di fasci di conduzione, molti dei quali sono tracce fogliari. Le foglie sono grandi e la loro base abbraccia il fusto; a ogni foglia afferiscono molte tracce fogliari. a b c Alla base delle palme avviene un certo ispessimento che però deriva da radici avventizie basali. Un ingrossamento del fusto nella sua interezza in effetti avviene, ed è opera della divisione e dell’espansione delle cellule parenchimatiche responsabili del cosiddetto accrescimento secondario diffuso. Non è un vero e proprio accrescimento secondario, perché non è opera di un cambio, che è assente. Diverse monocotiledoni, incluse Agave e Dracaena(albero del sangue di drago), mostrano invece un accrescimento secondario vero e proprio, derivante dall’azione di un cambio; i loro fusti sono affusolati, più sottili in alto e più spessi alla base. Questa architettura deriva dalla disposizione spaziale delle cellule prodotte dal cambio. Il cambio delle monocotiledoni è il solo che produca la maggior parte delle cellule parenchimatiche con i fasci conduttori immersi in questo tessuto fondamentale. I fasci vascolari secondari differiscono dai primi perché in essi, lo xilema circonda il floema. Nelle monocotiledoni, qualche fusto più vecchio mostra uno strato simile al sughero che rimpiazza l’epidermide. Questo strato, detto sughero stratificato, non è considerato appartenente al periderma perché non deriva dall’attività di un cambio subero fellodermico(CHE NON C’E’), ma dalla proliferazione delle cellule parenchimatiche della periferia del fusto. Struttura secondaria del fusto In alcune pteridofite oggi estinte, era presente un accrescimento secondario in spessore che si è però oggi affermato nelle gimnosperme e nelle dicotiledoni. Perché è necessario che la pianta abbia questo tipo di accrescimento secondario? Necessità primaria di una pianta è quella di svolgere un’efficiente attività fotosintetica, che richiede l’allungamento del fusto in maniera da portare le foglie sempre + in alto. Vi sarebbero problemi di staticità se non intervenisse l’accrescimento in spessore, che permette anche lo sviluppo di nuovi fasci conduttori in collegamento con le foglie neo formate. Nelle gimnosperme e nelle dicotiledoni l’accrescimento secondario in spessore è assicurato dall’attività di due meristemi: 1. Cambio cribro vascolare, che porta all’accrescimento del tessuto vascolare 2. Cambio subero fellodermico, che origina un nuovo tessuto di rivestimento, il periderma. 1-Cambio cribro vascolare Sia nel fusto che nella radice, il cambio cribro vascolare è costituito da un anello continuo di due tipi di cellule : 1. Iniziali fusiformi che sono allungate longitudinalmente, appiattite ed affusolate alle estremità e per mezzo di divisioni periclinali aumentano gli strati di cellule che formano il corpo della pianta. Quando una si divide, una delle due cellule figlie, dopo aver prodotto per mitosi un numero variabile di derivate, si differenzia, mentre l’altra cellula figlia rimane meristematica ed in grado di dividersi ancora. Le cellule disposte internamente al cambio cribro-vascolare si differenziano in tracheidi, elementi delle trachee o altre cellule dello XILEMA (o legno) SECONDARIO, mentre quelle esterne si differenziano in cellule cribrose o elementi dei tubi cribrosi, cellule annesse o altre cellule del FLOEMA (o libro) SECONDARIO. Cosi lo xilema secondario si trova in contatto con quello primario, più interno, e il floema secondario è in contatto con il primario più esterno. Questa è detta attività dipleuretica Iniziali dei raggi, sono molto più corte delle iniziali fusiformi, si dividono e producono raggi midollari. Questi sono costituiti da cellule vive parenchimatiche che hanno funzione di riserva e di trasporto delle sostanze nutritive. Il numero delle derivate xilematiche è in genere maggiore di quello delle derivate floematiche e ciò fa si che dal cambio si origini molto + xilema secondario verso l’interno ed un quantitativo inferiore di floema secondario verso l’esterno. 2. L’attività del cambio cribro vascolare permette al fusto ed alla radice di accrescersi in spessore, e di conseguenza deve essere compensato da un aumento della circonferenza del cambio stesso, mediante divisioni anticlinali (divisioni perpendicolari alla superficie dell’organo) delle sue cellule. I tessuti esterni al cambio, in seguito alla sua attività, vengono spostati e schiacciati verso la periferia del fusto tanto che del floema restano evidenti solo le fibre. Tali tessuti, non riescono a seguire l’accrescimento in spessore del fusto; una conseguenza sarebbe la loro lacerazione se non si differenziassero nel frattempo, per attività di meristemi residui siti nei raggi midollari, nuove cellule parenchimatiche in grado di occupare gli spazi vuoti creati. Poiché le formazioni del floema secondario vecchie e lontane dal cambio, subiscono una dilatazione maggiore di quelle giovani e vicine al cambio, assumono una caratteristica forma a cuneo detti RAGGI DI DILATAZIONE DEL FLOEMA. Questo cambio rimane in attività fino alla morte della pianta, assicurando un accrescimento diametrico secondario potenzialmente illimitato. Nei fusti con sifonostele, il cambio cribro vascolare appare fin dall’inizio come un anello continuo di cellule meristematiche interposte tra i fasci di XILEMA e FLOEMA primari perciò è detto CAMBIO INTERFASCICOLARE di origini primaria. Nella maggior parte delle gimnosperme e delle dicotiledoni tuttavia il tipo di stele presente è l’eustele, dove è distinguibile un cambio intrafascicolare di origine primaria, interposto tra xilema e floema primari e, un cambio interfascicolare che si origina da un meristema secondario a partire da cellule parenchimatiche dei raggi midollari. Anche qui il cambio è circolare sin dall’inizio e produce xilema verso l’interno e floema verso l’esterno. Cambio subero-fellodermico A differenza del cambio cribro-vascolare il fellogeno è sempre in tutta la sua estensione, un meristema di origine secondaria in quanto deriva da cellule già differenziate che riacquistano le caratteristiche meristematiche. L’attività del fellogeno permette di sostituire i tessuti primari di rivestimento di fusto e radice, che a causa della dilatazione tendono a lacerarsi, con un tessuto secondario: il PERIDERMA. Il fellogeno (≠ dal cambio cribro vascolare) è formato da un solo tipo di cellule iniziali, ma anch’esso presenta attività dipleurica, in quanto dalla divisione delle sue cellule origina sughero(+) verso l’esterno e felloderma(-) verso l’interno. Sughero, fellogeno e felloderma vanno a costituire il PERIDERMA Il primo cambio subero fellodermico, si origina nei fusti a partire da cellule parenchimatiche sottoepidermiche o a volte dalle stesse cellule epidermiche (es.melo, pero). I tessuti esterni al fellogeno, sono soggetti a stiramento e solo in alcune piante (acero, rosa, vischio) l’epidermide si accresce per dilatazione e può quindi persistere per diversi anni al di sopra del periderma. D’altronde, poiché il sughero, prodotto verso l’esterno dal fellogeno, è impermeabile alle sostanze trasportate dai fasci conduttori del cilindro centrale, tutte le cellule esterne ad esso sono comunque destinate a morire. Solo in alcune angiosperme il primo fellogeno è attivo per anni (es. betulla) o addirittura per tutta la vita della pianta (es faggio, quercus suber). Di solito invece, il primo fellogeno cessa ben presto la propria attività trasformandosi anch’esso in sughero. Un nuovo fellogeno si origina allora da strati più profondi della corteccia, ma morirà anche questo. Si ripete nel corso degli anni questo processo e il cambio s.fellodermico arretra nell’origine, e il fellogeno si forma anche a livello del floema primario e, in seguito, addirittura dal floema secondario. In questo modo il floema più vecchio, dato che è esterno al fellogeno muore e viene eliminato con la caduta del ritidoma. RITIDOMA indica tutti i tessuti morti, esterni all’ultimo fellogeno formato e corrisponde a quella che comunemente è indicata come SCORZA O CORTECCIA degli alberi. In una struttura con accrescimento secondario il termine corteccia è usato propriamente per indicare tutti i tessuti, sia vivi sia morti , esterni al cambio cribro-vascolare. Il fellogeno, oltre a contribuire all’accrescimento diametrico, interviene nei processi di cicatrizzazione. Nei tessuti lacerati le cellule parenchimatiche vive presenti in prossimità della ferita iniziano a produrre un “callo da ferita”; in seguito alla periferia del callo, entra in attività un fellogeno che produce uno strato di sughero protettivo verso l’esterno. Gli anelli di crescita Molto evidenti, nelle sezioni trasversali di fusti di piante che vivono nelle zone temperate, sono un gran numero di anelli concentrici chiamati anelli di crescita. Osservando la struttura di questi anelli al microscopio ottico, si può notare che essi si originano in quanto le cellule conduttrici dello xilema, non hanno tutte lo stesso diametro. Ad elementi conduttori con lume molto grande, fanno seguito, procedendo dal centro verso il cambio c.v. elementi conduttori dal diametro progressivamente minore, evidenziabili come zone più scure perché con minore contenuto di aria, finché ad elementi molto piccoli, seguono bruscamente elementi con diametro molto grande. Ciò si spiega in quanto il cambio di piante legnose di zone temperate, alla ripresa in primavera dell’attività vegetativa, sotto lo stimolo di ormoni prodotti dalle gemme, produce elementi con pareti sottili, facilmente estensibili e dal diametro grande, per garantire l’appropriato apporto di acqua alle gemme che si devono aprire. Con il sopraggiungere dell’estate, invece, il cambio inizia a produrre elementi sempre più piccoli e con pareti fortemente ispessite e lignificate, finché al cessare dell’attività meristematica del cambio (in genere ad Agosto), si interrompe la produzione di nuovo xilema. Nella primavera successiva, il cambio riprende a produrre elementi grandi che, a stretto contatto con quelli piccoli e con pareti spesse dell’anno precedente, creano un confine netto tra il legno primaverile e quello estivo. Ogni anno un nuovo anello si aggiunge ai precedenti. (45X-SEM) Pinus echinata(il pino pece) evidente il legno primaverile(larghe tracheidi)ed il legno estivo(strette). I raggi midollari sono uniseriati, formati da un’unica fila di cellule, parenchimatiche. Si notano canali resiniferi. Il legno delle conifere è detto omoxilo perché formato da un unico tipo di cellule che hanno funzione sia di sostegno che di conduzione. Per la sua uniformità il legno omoxilo è adatto alla conduzione delle vibrazioni e vieni quindi preferito per la costruzione di strumenti musicali. Questo legno è privo di fibre ed è spesso denominato softwood (nelle angiosperme ed in alcune conifere come Pinus elliottii c’è l’hardwood). La formazione di un legno estivo diverso da quello primaverile, non è tanto dovuta alla mancanza d’acqua in estate quanto ad una variazione, sia qualitativa che quantitativa, nella produzione di ormoni dalla parte delle gemme, che in questo periodo cessano di svilupparsi. Se si eliminano le gemme apicali di una pianta, l’attività del cambio cessa, per riprendere se al suo apice si usano ormoni come le giberelline o le auxine. Esiste quindi uno stretto rapporto tra la formazione di foglie e l’attività del cambio. Ovviamente il fenomeno degli anelli di crescita è presente solo in quelle piante che vivono in zone dove il cambio è attivo periodicamente e dunque dove esiste l’alternanza delle stagioni. Nelle zone equatoriali, dove la temperatura è praticamente costante durante tutto l’anno, il cambio è sempre attivo e non si hanno quindi anelli di crescita. Il legno privo di anelli è molto pregiato ne è un esempio l’ebano. Se in una stagione vegetativa (corrispondente ad un anno nelle regioni temperate) si forma un solo anello di crescita, questo viene detto anche cerchia annuale. (SEM 100X Quercus rubra) Si vedono elementi conduttori del legno primaverile(poche tracheidi e numerose trachee) con ampio lume e, quelle estive con lume ridotto. Il legno delle angiosperme è detto eteroxilo per la presenza delle trachee e delle fibre deputate al sostegno e, per la natura dei raggi midollari che possono essere uniseriali(come nelle gimnosperme) o multiseriali, ossia formati da più file di cellule. La presenza di grossi vasi (trachee) e di lunghe fibre, fanno si che il legno delle angiosperme sia costituito da file disordinate di cellule. Il legno delle angiosperme è definito hardwood anche se solo in alcune angiosperme il legno è veramente duro(bosso, mogano, olivo, ligustro). In altre angiosperme, il legno è dolce come nel caso del legno di balsa. Tutto dipende dalla proporzione relativa di elementi di conduzione, fibre e cellule parenchimatiche. Nel legni duri quindi prevalgono le fibre, i vasi con lume piccolo e le cellule parenchimatiche sono poco numerose. Legno secondario Il legno secondario prodotto dall’attività del cambio cribro vascolare svolge principalmente 3 funzioni: 1. Lo xilema prossimo al cambio, recentemente differenziato, assicura il TRASPORTO dell’acqua e sali in essa disciolti. 2. Allontanandosi dal cambio, andando verso il centro, si inizia a perdere gradualmente la funzione di trasporto e inizia quella di SOSTEGNO (tille, protuberanze delle cell. parenchimatiche, occludono i vasi ed entra aria facendo perdere funzionalità). 3. RISERVA: le cellule parenchimatiche durante il riposo vegetativo, immagazzinano le sostanze elaborate dall’azione fotosintetica. Il legno + interno, + vecchio, non svolge questa funzione, perché qui le cellule sono morte. La sezione di alcuni tronchi (Prunus, mogano, teak, ebano…) presentano 2 zone facilmente distinguibili: Alburno: esterno e prossimo al cambio cribro vascolare, è la zona+ chiara, è lo xilema funzionante nel trasporto dell’acqua e svolge funzione di riserva per le cellule parenchimatiche vive. Duramen: interna e lontana dal cambio cribro vascolare e costituita dal legno più scuro, più vecchio. Lo xilema non è più funzionante, le pareti cellulari sono impregnate di tannini, oli essenziali, resine che sono antidegradative e antifermentative, che non fanno marcire il legno e danno ad esso un colore particolare, ne incrementano la durezza, il peso l’impermeabilità. È quello commercialmente + pregiato. In alcuni alberi, mancano queste impregnazioni del duramen (salice) ed il tronco può per l’azione di funghi, divenire cavo. Nell’Acer pseudoplatanus, Acer platanoides ad esempio è presente solo l’alburno. Libro secondario Il floema funzionante è solo quello dell’ultimo anno, più prossimo al cambio. Esternamente a questo troviamo del tessuto floematico che mantiene solo la funzione di riserva. In ogni caso, lo spessore totale del floema è sempre ridotto in quanto, con il procedere dell’accrescimento diametrico della pianta, esso viene schiacciato verso i margini del fusto e di esso rimangono solo le fibre. Anche qui il lume degli elementi cribrosi viene occluso da un callo in modo da divenire non funzionale. A seguito dell’attività del fellogeno, inoltre, il vecchio floema viene eliminato con la caduta del ritidoma. Nelle piante erbacee, l’asse caulinare non possiede cellule con pareti lignificate e prende il nome di fusto. Negli arbusti e negli alberi al contrario l’asse lignifica, diventa rigido e prende il nome di tronco. La porzione dell’asse compresa fra il colletto e le foglie cotiledonari viene detta asse ipocotile. La prima parte del fusto che si forma dopo la germinazione . Fra i cotiledoni e la prima foglia è situato l’asse epicotile. Il punto di inserzione della foglia sull’asse è spesso ingrossato e va a formare un nodo. La porzione di fusto fra due nodi consecutivi si dice internodo. La crescita intercalare dovuta ai meristemi permette l’allungamento del fusto e l’allontanamento dei nodi. Il fusto dove gli internodi hanno raggiunto la loro massima lunghezza viene detto macroblasto. Nelle piante primitive la ramificazione era biforcata(dicotomica). La ritroviamo ancora nelle briofite e nelle pteridofite attuali(Psilotum). Ha inizio a livello di una cellula apicale che si divide longitudinalmente in determinati momenti dell’accrescimento del fusto. I due rami della forcella si sviluppano a partire da due cellule figlie. I fusti delle spermatofite, danno origine a ramificazioni che nascono dalle gemme laterali (o ascellari). Una gemma corrisponde ad un cono vegetativo racchiuso da foglie modificate con funzione protettiva. Le gemme laterali sono situate sul fusto all’ascella delle foglie Le foglie possono presentare all’ascella una o + gemme a seconda della specie. Le ramificazioni del fusto si sviluppano da gemme ascellari. Se un ramo laterale non si allunga viene detto brachiblasto. In parecchie specie arboree, ad es. negli alberi da frutta si osservano brachiblasti che portano fiori e successivamente frutti. Questi rami sono detti fruttiferi. Le foglie di larici e pini sono alla stessa stregua inserite su brachiblasti. Il fusto di numerose piante legnose si allunga con macroblasti durante il primo anno mentre l’anno seguente si sviluppano brachiblasti laterali Le modalità con le quali il fusto può ramificarsi possono essere raggruppate essenzialmente in due tipi principali: Ramificazione monopodiale Ramificazione simpodiale La forma del cono è determinata dalla posizione delle gemme laterali che si svilupperanno. Si distinguono un accrescimento: Acrotono Basitono Le regole che si applicano alla ramificazione del fusto valgono anche per le infiorescenze Tipi di fusto metamorfosato RIZOMA: E' un fusto strisciante e sotterraneo che può ricordare per il suo aspetto, l'apparato radicale. La sua vera natura tuttavia si manifesta anche esternamente per la presenza di foglie squamiformi , di radici avventizie e di gemme.(Esempio: gramigna) TUBERO: Anche questo è un organo ipogeo che per di più si trova allo stesso livello delle radici , quindi più facilmente può confondere un osservatore superficiale. Dimostra però la sua origine caulinare per la presenza delle gemme.(Esempio: patata) BULBO: E' un fusto accorciato e claviforme (girello) attorno al quale si trovano numerose foglie divenute carnose, perché ricche di materiale di riserva. Da esso, in basso, si dipartono le radici, in alto le foglie e lo scapo fiorifero. (esempio : Cipolla, Giacinto , ecc.. STOLONI: Sono rami striscianti, simili ai rizomi; si trovano però sulla superficie del suolo. Si osservano frequentemente nelle fragole e possono, staccandosi dalla pianta madre, originare piante indipendenti. CLADODI: Sono rami appiattiti e con l'aspetto di foglie. Portano tuttavia il fiore e poi il frutto nella loro porzione più centrale e non alla loro base. (Esempio: Pungitopo) FUSTI SFERICI E COLONNARI: Si trovano nelle piante grasse, cioè in quei vegetali adattati agli ambienti caldo-secchi. La loro forma globosa o cilindrica è in funzione del fatto che essi rappresentano organi di riserva acquifera . Sono generalmente verdi perchè mancano di foglie funzionanti, essendosi queste trasformate in spine. VITICCI: Sono rami trasformatisi in organi di presa; si trovano comunemente nella vite e servono per sostegno alla pianta. SPINE: In alcuni casi i rami assumono l'aspetto di spine più o meno grosse. Queste si distinguono dagli aculei (propri ad esempio della Rosa) che sono semplici produzioni epidermiche , perché presentano la struttura interna del fusto.