La Complessità è un Pensiero Debole

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La Complessità è un Pensiero Debole
Por Fabrizio Li Vigni
En el presente articulo el autor realiza
una interesante retacion entre el Pensa-
miento Débil de Gianni Vattimo y el Pensamiento Complejo, particularmente
en
la [ormuìocion de Edgar Morin para luego proponer el Pensamiento Complejo, como
una de Lasmejores soluciones "débites" en el marco del desarrollo del nihilismo
posmoderno. "Mejor" no solo en términos de eficocia, sino también de aplicabilidad,
plausibilidad y "credibilidad" en un contexto desencantado, y en términos de adhesìon a lo que Lasmismos teorìcos del pensamiento débil
han defendido o han
anunciado teoricamente en sus obras.
L'ermeneutica fa parte di questi rari movi-
Introduzione
menti non passeggeri, tanto che da termine
In un articolo di fine anni ottanta, Gianni
tecnico e specialistico si è presto trasfor-
Vattimo scriveva che se l'egemonia cultu-
mato in un concetto filosofico dal significato
rale negli anni cinquanta e sessanta era
ben più amplio.
stata del marxismo, e negli anni settanta
dello strutturalismo, il linguaggio comune
Lo stesso si potrebbe dire del «pensiero de-
della filosofia e della cultura degli anni ot-
bole» - esito ed emanazione dell'ermeneu-
tanta era da individuarsi nell'ermeneutica
tica -, non tanto in quanto espressione
(Vattimo, 1987). Se è vero che le mode pas-
figlia di un filosofo particolare, ma in senso
sano, e che certi movimenti culturali si
lato come descrizione di un'epoca. Sotto
esauriscono o vengono a un certo punto es-
altri nomi - postmoderno, nichilismo, mo-
pressamente rinnegati, rifiutati, relegati al
dernità liquida ... - certi assunti contenuti
canto della «storia della filosofia» in cori
nella formula suddetta seguitano a essere
pressoché unanimi,
riconosciuti dalla comunità degli intellet-
certi altri, sebbene
dopo l'auge iniziale non costituiscano più il
tuali occidentali, dai giornalisti e anche da-
tema centrale del dibattito filosofico, en-
Il'Opinione pubblica in riferimento
trano a far parte del DNA degli studiosi in
tendenze sociologiche, filosofiche, etiche,
modo indelebile.
estetiche, esistenziali, culturali, artistiche
alle
delle società democratiche contemporanee.
Diventano un presupposto difficilmente relegabile alla pattumiera storica, si conver-
Sì sono abbandonate le credenze assolute,
tono in premesse che i filosofi, sebbene non
collettive, come quelle religiose o partiti-
tutti espressamente,
che; è la crisi dei grandi meta-racconti
danno per scontate.
ex -]6
La Complessità
(Lyotard); Dio è morto (Nietzsche e suoi interpreti); tutto scivola, si liquefa, cambia
continuamente
(Bauman);
è un
Pensiero Debole
Dall'ermeneutica al pensiero
debole
l'individua-
lismo è il principio primo, e la causa di
Il pensiero debole è legato indissolubil-
ogni "debilitazione" morale, politica, reli-
mente alla presa di coscienza ermeneutica
giosa (Lipovetsky); e via continuando.
dei saperi. Il circolo ermeneutico è quell'ambito in cui soggetto e oggetto si incon-
Che alla crisi dei valori, delle credenze,
trano e dialogano, inter-influenzandosi
delle verità certe e immutabili, occorre una
codeterminandosi. Esso determina il deca-
risposta adeguata, lo affermano tutti co-
dimento dei concetti classici di soggetto e
loro i quali rilevano l'incredulità postmo-
oggetto, e dà luogo a una svolta:
derna. Pochi però tentano
e
di indicare
qualche via, presumibilmente per pudore:
Nei suoi termini più essenziali, il circolo
come proporre un nuovo credo, quando si
ermeneutico indica una peculiare appar-
mette in discussione la credenza in quanto
tenenza reciproca di «soggetto» e «og-
tale? come tentare di persuadere un pub-
getto» dell'interpretazione,
blico che nelle proprie analisi si è definito
per questo non possono più esser chia-
poco persuaso e impersuadibile? Tuttavia
mati in tal modo, giacché i due termini
per stare a questo mondo è imprescindibile
sono nati e si sono sviluppati entro una
avere un set - per quanto minimo, insta-
prospettiva che ne implicava la separa-
bile, dubbioso e cangiante - di valori (es-
tezza e la conirapposizione e con essi la
tetici, morali, etici); inevitabile possedere
qualche scopo e schema di vita; impensa-
esprimeva. Il fatto che, per Heidegger,
l'interpretazione non sia altro che l'arti-
bile sottrarsi all'uso di un metodo, un ap-
colazione del compreso, che essa presup-
proccio, un modo di pensare, una visione
ponga quindi sempre una comprensione
- per quanto debole - del mondo.
o pre-comprensione
che proprio
della cosa, significa
semplicemente che, prima di ogni atto esVorrei in quest'articolo proporre il pensiero
plicito di conoscenza, prima di ogni rico-
complesso, particolarmente nella formula-
noscimento
zione del pensatore francese Edgar Morin,
qualcosa, conoscente e conosciuto si ap-
come una delle migliori soluzioni deboli
partengono già reciprocamente: il conos-
all'avanzare del nichilismo postmoderno.
ciuto
«Migliore» non solo in termini di efficacia
conoscente, ma solo perché il conoscente è
ma anche di plausibilità,
dentro il mondo che il conosciuto co-de-
applicabilità e
"credibilità" in un contesto disincantato,
è già
di qualcosa
dentro
come
l'orizzonte
(als)
del
termina. (Vattimo, 1980; p. 26).
nonché in termini di aderenza a ciò che gli
stessi teorici del pensiero debole hanno nei
Heisenberg aveva già messo in luce come
loro lavori auspicato o preannunciato.
l'osservatore in Fisica non sia più eludibile,
ex - 37
La Complessità
Pensiero Debole
non parli da un non-luogo, non possa mas-
l'essere
cherarsi fingendo di non esistere. Il sognon sono
«altro» del dialogo, cambia e modifica il
carattere dell'appello e [. ..] fa sorgere
neutrali o superiori all'oggetto esaminato, e
nuove domande. [...] è ciò che, sulla base
non c'è verità indipendente da essi, che non
di premesse non molto diverse da quelle
sia da essi condizionata. In errneneutica, il
di Gadamer, Luigi Pareyson chiama es-
soggetto si pone in gioco dialogicamente
plicitamente
con l'oggetto in un terzo spazio generato dal
zione. (Ibidem; pp. 32-33).
getto, l'osservatore
esistono,
stesso
è un
dell'appellante
l'infinità
come
dell'interpreta-
loro incontro, l'orizzonte appunto, dal quale
entrambi escono modificati. «Nel riflettere
L'ermeneutica ha più la natura di una presa
su questi problemi, il pensiero mette in luce
di coscienza che di una scoperta, e ha come
che un rapporto soggetto-oggetto del tipo di
antecedenti Nietzsche e Heidegger, da Vat-
quello su cui si fonda il modello positivis-
timo non a caso ritenuti i padri della pos-
tico della conoscenza non si dà» (Vattimo,
tmodernità
1980; p. 28). Questo significa «[...] che ogni
analisti della relatività della verità e del ni-
tipo di conoscenza e di esperienza della ve-
chilismo acuitisi sul finire dell' epoca mo-
rità è ermeneutica. Tale generalizzazione,
derna, già secolarizzata anch' essa. Non è
però, implica anche la generalizzazione del
possibile fondamentare
carattere linguistico a ogni esperienza e co-
l'acquisizione ormai inscindibile da ogni
noscenza» (Ibidem; p. 31). Il che equivale a
analisi della contemporaneità.
in filosofia, in quanto primi
nulla - questa è
dire, né più né meno, che «ogni esperienza
Se, dunque, «non si dà esperienza di verità
del mondo è mediata dal linquaqqio» (lvi).
se non come atto interpretativo» (Vattimo,
Non esiste una verità sicura e immutabile,
1994; p. 7), risulta interessante per lo meno
eterna e oggettiva, alla quale un soggetto
accennare alle conseguenze etiche implicite
qualsiasi possa, con la dovuta ricerca, per-
nella svolta ermeneutica. Scrive infatti Vat-
venire; la verità piuttosto viene fatta e ri-
timo che «sarà difficile non vedere che l'es-
fatta continuamente in questajUsione degli
plicitazione dell' essenza interpretativa
orizzonti di cui parla Gadamer, nella quale
ogni verità comporta anche una profonda
il dialogo tra soggetto e oggetto si ristrut-
modifica del modo di rapportarsi pratica-
tura in un processo senza fine. Il che ha due
mente al vero» (Ibidem; p. 37)·
di
conseguenze:
La preoccupazione
del filosofo torinese è
della cos-
infatti quella «di non ridurre l'ermeneu-
cienza storica si sostituisce il modello del
tica a una semplice, metafisica, filosofia
carattere dia logico [...] b) che l'interpre-
pluralistica
tazione è un processo in( de)finito in cui
mente relativistica
ogni risposta, nella misura in cui tocca
vola» (Ibidem; p. 70).
a) al modello dell'oggettività
ex·38
della
cultura,
tendenzial-
e, in definitiva,
fri-
La Complessità è un Pensiero Debole
Subentra qui l'aderenza
nietzschiana:
alla proposta
bra, non restare paralizzata dalla perdita del
riferimento luminoso, unico e stabile, cartesiano» (Ibidem; p.
10).
Il pensiero debole
[...] il principio che, se c'è un dovere che
- aggiunge il suo principale fautore -, lungi
nell'età del nichilismo possiamo ancora
dal proporsi come la sigla di qualche nuova
assumere come coqente, non è quello di
filosofia, piuttosto «è l'assunzione di un at-
rispettare le tavole di valori esistenti, ma
teggiamento: il tentare di disporsi in un'e-
quello di inventare nuove tavole di va-
tica della debolezza, non semplice, assai più
lori, nuovi stili di vita, nuovi sistemi di
costosa, meno rassicurante» (Ivi). Esso non
metafore per parlare del mondo e della
è, pertanto, la volontà di porre una pietra
propria esperienza. (Ibidem; p. 45).
sopra la filosofia: occorre continuare a pensare, senza più la pretesa di un pensiero to-
In sostanza «si tratta di cogliere il nichi-
talizzante e totalitario, di un fondamento
lismo come chance di emancipazione» (Ibi-
assoluto ed eterno. La ragione, nel criticare
dem; p. 51), un modo di continuare la
se stessa, non ha da deporre le armi, ma
modernità in modo disincantato, debole,
deve continuare a operare senza mai ab-
non solido, ma per questo più razionale, in
bandonare
quanto a operare è una razionalità forte-
messa in discussione dei suoi stessi metodi.
mente critica di se stessa.
È una ragione che deve camminare dub-
l'autocontrollo,
la continua
biosa di se stessa, e che solo così può man-
La complessità del pensiero debole
tenersi razionale.
«La domanda», che Rovatti si pone, nella
Segno distintivo, carattere indelebile, re-
prima metà della Premessa alla raccolta di
quisito irremovibile di ogni nuovo pensiero
saggi, Il pensiero debole, da lui curata in-
non può che essere dunque uno scetticismo
sieme a Vattimo,
incarnato: «la morte di Dio è proprio, prima
«è:
si deve necessaria-
alla verità oppure si
di tutto, la fine della struttura stabile de-
possono chiamare "nuove ragioni", meno
Il'essere, dunque anche di ogni possibilità
pretenziose, a tamponare la falla senza che
di enunciare che Dio esiste o non esiste»
la teoria perda il suo potere?» (Rovatti &
(Vattimo, 1983; p. 21). Dio, qui, rappresenta
Vattimo, 1983; p. 8). Vattimo, nella seconda
qualsiasi argomento o fenomeno di cui si
metà della stessa Premessa, auspica che il
voglia individuare la Verità. Non solo nella
pensiero debole sia capace «di articolarsi
conoscenza, ma anche nell'azione (del sin-
(dunque di "ragionare") nella mezza luce»
golo o politica, ecologica o umanitaria), va
(Ibidem; p. 9), e afferma che a tal fine «la
abbandonata la sicumera. Occorre questio-
razionalità deve, al proprio interno, depo-
nare ogni cosa - il che ha conseguenze sul
tenziarsi, cedere terreno, non aver timore di
nostro agire, che non deve, almeno non
indietreggiare verso la supposta zona d'om-
sempre, subire un arresto, ma rendersi più
mente rinunciare
ex - 39
La Complessità è un Pensiero Debole
cauto, circospetto, meno avventato. Non
Già qui: a) si può scorgere un legame con il
solo non è più possibile - e sarebbe dun-
principio del soggetto osservatore, di cui
que un autoinganno intellettuale se lo si fa-
Morin farà uno dei punti cardine della sua
cesse
certezze
epistemologia; b) è ravvisabile il principio
qualsivoglia, ma è più che mai rischioso. Il
d'incertezza, di cui Morin parlerà a proposito
nichilismo postmoderno è in questo senso
dell'epistemologia, dell'ecologia dell'azione e
saggio: invita a, o causa ineluttabi1mente,
della pedagogia. Già qui, dunque, l'erme-
la prudenza e l'onestà intellettuali.
neuticità e la debolezza caratteristiche del
cammmare
con
pensiero complesso, ma anche la possibilità
«Se si vuole riassumere
un'ontologia
debole
che cosa pensa
della nozione
di
di porre la complessità come naturale consecuzione di un'antologia debole.
verità», scrive Vattimo:
Rovatti, nel suo intervento all'interno del
si potrà cominciare col dire che: a) il
succitato libro, muove dal nichilismo nietzs-
vero non è oggetto di una prensione no-
chiano per chiedersi se, oltre il rotolare dal
etica del tipo dell'evidenza, ma risultato
centro Oa sicurezza) alla X (l'incerto, l'in-
di un processo di verifica [...l esso, in
cognita), sia possibile un "oltre". Ma la do-
altri termini, non ha una natura metafi-
manda in chi vive è sempre retorica, giacché
sica o logica, ma retorica; b) verifiche e
non desiderare un "oltre" implicherebbe,
stipulazioni
accadono in un orizzonte
nel più estremo dei casi, la volontà al suici-
[...
l che è lo spazio della libertà dei rap-
dio personale o l'auspicio di un azzera-
porti interpersonali, dei rapporti tra le
culture e le generazioni; in questo spazio,
mento
nessuno muove mai da zero, ma sempre
ci ritroviamo non sicuri, in bilico, indecisi,
già da fedeltà,
legami.
soli, naufraganti. Non possiamo più creare
L'orizzonte retorico della verità (o pos-
nuovi saperi globali, perché i precedenti li
siamo anche dire: ermeneutico) si costi-
abbiamo abbandonati tutti in quanto, ap-
tuisce
punto,
in
appartenenze,
questo
modo
libero
ma
dell'umanità
intera.
Avendo
abbandonato le certezze dei saperi globali,
"globali". «Quel che sappiamo
"impuro" [...l c) la verità è frutto di in-
bene», osserva infatti Rovatti, «è che il sa-
terpretazione
pere del globale che possediamo non ci
non perché attraverso il
processo interpretativo
si giunga a un
coglimento diretto del vero [...l ma per-
basta, semplicemente perché è una spiegazione che non spiega.
ché è solo nel processo interpretativo [...l
che la verità si costituisce; d) in tutto ciò,
Eccoci in pieno nel nostro scenario cultu-
nella concezione "retorica" della verità,
rale. Ma abbiamo poi veramente bisogno di
l'essere esperisce l'estremo del suo tra-
una spiegazione? di un "globale"?» (Rovatti,
monto ['..l vive fino in fondo la sua de-
1983; p. 39). Il pensiero della complessità
bolezza ['..l. (Ibidem; pp. 25-26).
metterà in luce proprio i punti d'ombra, gli
ex - 40
La Complessità
è un
Pensiero Debole
angoli di mistero, 1'incomprimibile incom-
anzi si rivela complesso. Allargandosi, il suo
pletezza delle conoscenze.
spazio si complica. Intensificandosi, il suo
tempo si articola» (Ibidem; p. 50).
«L'idea di sistema e anche solo quella di
La debolezza
complesso
"definizione" diventano impraticabili, non
convenienti: non perché vi sia troppo poco,
del pensiero
non per una rarefazione, ma per una densità per la quale il concetto risulta inadatto»
Tutto ciò contiene già i propositi che fonda-
(Ibidem; p. 46). La realtà, sembra direi il fi-
mentano il pensiero complesso di Edgar
losofo di Modena, in un certo senso "es-
Morin. Tra le innumerevoli opere del pen-
plode", non solo sotto lo sferzare del suo
satore francese che si possono citare per
cangiare, ma soprattutto sotto il pressare
illustrare il suo paradigma, ho prediletto il
della sua varietà. «Che le storie si moltipli-
suo intervento nel libro La sfida della com-
chino, che cioè siano "molte" storie: ecco il
plessità a cura di Bocchi & Ceruti CAA. VV.,
primo rilievo. E già ci pare di intravedere un
1983), perché il più sintetico, completo e
filo, addirittura una categoria. La "molte-
compatto. Con acume, Morin vi scrive:
plicità" può divenire la categoria di un
nuovo pensiero, di un pensiero "debole"?»
Vi sono
(Ibidem; p. 47).
quando si voglia parlare di complessità.
due
difficoltà
preliminari
La prima sta nel fatto che il termine non
Certamente lo è divenuta della complessità,
possiede uno statuto epistemologico. Ad
che per definizione si pone come approccio
interdisciplinario a un mondo organizzato
eccezione di Bachelard, i filosofi della
scienza e gli epistemologi lo hanno tras-
in un sistema di sistemi, stratificato, in-
curato. La seconda difficoltà è di ordine
comprimibile, irriducibile, che non può più
semantico. Se si potesse definire la com-
fare a meno di far dialogare tutti gli ele-
plessità in maniera chiara, ne verrebbe
menti in gioco, giacché non può slegarli se
evidentemente
non vuole perdere il reale: «complesso» sig-
rebbe più complesso. In ogni modo la
nifica tessuto insieme: se esso viene sfilac-
complessità si presenta come difficoltà e
dato,
come incertezza, non come chiarezza e
si denatura,
muore
e diventa
illeggibile, inintelligibile.
che il termine non sa-
come risposta. (Morin, 1983; p. 25).
Nella nostra analisi, 1'oggetto è diventato
Il pensiero complesso, erede, tra gli altri,
irreparabilmente plurale, e condeterminato
del pensiero sistemico iniziato da von Ber-
dal soggetto, il quale «non può essere stac-
talanffy, non segue più il miraggio della
cato, isolato, dedotto, non è né più un fascio
semplicità e del riduzionismo, tipico della
di luce né il limite dell' ombra. Eppure
scienza "classica". Non solo esso smette di
agisce, funziona: non sfuma in un niente,
escludere l'incertezza, il disordine, il conex - 41
La Complessità è un Pensiero Debole
tingente, e inizia a giudicarli essenziali alla
disordine vengono reintrodotti
spiegazione della natura e dell'uomo, o co-
della scoperta che essi non solo sono ele-
munque ineliminabili da ogni nostra des-
mento indissolubile del reale, ma persino
crizione del mondo, ma include anche il
principi creatori, generatori, tutt'altro che
soggetto, poiché non c'è complessità che
anomalie, e che difettosa sarebbe la nostra
non sia nel rapporto tra l'uomo e il mondo
analisi se perseverasse nell'ignorarli o nel
(ermeneutica).
sopprimerli.
Morin sottolinea «che non ci si può accos-
«La seconda via della complessità è data -
tare alla complessità attraverso una defini-
nelle scienze naturali - dal superamento di
zione preliminare» e che si debba «invece
quei limiti che potremmo chiamare i limiti
seguire percorsi differenti, tanto differenti
di quell'astrazione universalista che elimi-
che ci si può chiedere se invece di una com-
nava la singolarità, la località e la tempora-
plessità non vi siano delle complessità»
lità. [...] non possiamo eliminare il singolare
(lvi). Nei vari volumi del suo Metodo, il
e il locale ricorrendo all'universale. Dob-
pensatore francese non smetterà di ripetere
biamo al contrario connettere queste no-
che la sua opera non vuole affatto stabilire e
zioni» (lbidem; p. 26). È il rifiuto del
definire una volta per tutte, con precisione,
il metodo appunto della complessità. Egli è
principio aristotelico secondo il quale non
v'è scienza se non del generale: il partico-
più che cosciente che il suo lavoro è incom-
lare deve essere riabilitato nel discorso
pleto, monco, parziale - che si tratta di un
scientifico e fatto dialogare insieme al ge-
inizio: già nella sua stessa delineazione, il
nerale, se non vogliamo lasciar fuori una
messe immensa di fenomeni scientifici.
pensiero complesso si pone come pensiero
a seguito
debole, giacché rifiuta non solo di porsi
come un nuovo pensiero forte, stabile e con-
«La terza via è la via della complicazione. Il
cluso, ma persino di fissarsi in una definipensiero
problema della complicazione si è posto nel
momento in cui si è visto che i fenomeni
complesso può esservi, è solo quella di un
biologici e sociali presentavano un numero
«work in proqress» - apice della debolezza
incalcolabile di interazioni, di inter-retroa-
e dell'umiltà intellettuale.
zioni, uno straordinario groviglio che non
zione.
Se
enunciazione
di
poteva venir computato nemmeno con il riMorin elenca poi quelle che definisce come
corso al computer più potente» (lvi). È il ri-
«le differenti strade che conducono alla
conoscimento dell'infinita molteplicità del
"sfida della complessità"» (lvi): «La prima
mondo: non possiamo più decurtare, igno-
via [...] è quella dell'irriducibilità del caso o
rare, eliminare, tagliare, amputare la mul-
del disordine» (Ivi), Non più elementi da
tidimensionalità, l'immensità, la pluralità,
espungere dalla nostra analisi, non più
la poliedricità dei fenomeni naturali, se non
errori o difetti del nostro osservare, caso e
vogliamo a nostra volta partorire un sapere
ex·42
La Complessità
decurtato, ignorante,
mancante,
è
un Pensiero Debole
monco,
della molteplicità, della complementari età
amputato. Tuttavia la complessità è più
della complicatezza, che è solo uno degli as-
di forze, principi, visioni e fenomeni opposti, concorrenziali, antagonisti. Si tratta di
petti della prima. In particolare «Comple-
un principio dialogico, che implica «[...] che
xus è ciò che viene tessuto insieme, e il
due logiche, due "nature", due principi sono
tessuto deriva da fili differenti e diventa
connessi in un'unità senza che con ciò la dua-
uno. Tutte le varie complessità si intrec-
lità si dissolva nell'unità» (Ibidem, p. 33).
ciano dunque, e si tessono insieme, per formare l'unità della complessità; ma l'unità
«[La sesta via è] il principio dell'organizza-
del complexus non viene con ciò eliminata
zione ricorsiva. [...] [Essa consiste nel fatto
dalla varietà e dalla diversità delle comples-
che] i prodotti sono necessari alla produ-
sità che l'hanno tessuto» (Ibidem; p. 32).
zione di ciò che li produce
1. [ •••]
ciò che è
prodotto e ciò che produce diventano no«La quarta via si è aperta nel momento in
cui abbiamo iniziato a ideare una misteriosa
zioni ancora più complesse, e si richiamano vicendevolmente» (Ibidem; p. 29).
relazione di complementarietà [...] fra le no-
«Significa [...] che [ad anello] la fine del
zioni di ordine, disordine e organizzazione»
processo ne nutre l'inizio, per ritorno dello
(Ibidem; pp. 26-27). Sono i concetti fonda-
stato finale del circuito su e nello stato in-
mentali dell'epistemologia moriniana, che
iziale - lo stato finale diviene in qualche
prende a piene mani dalla cibernetica di
modo lo stato iniziale, pur rimanendo fi-
Wiener, dalla sistemica di von Bertalanffy e
nale [...] È questo appunto un processo ri-
della scuola californiana, dall'autopoiesi di
corsivo: ogni processo i cui stati o effetti
Maturana e Varela, dalla teoria dei giochi di
finali producono
von Neumann e Morgenstern, dal principio
iziali» (Morin, 1977; p. 213).
gli stati o le cause in-
dell'order from noise di von Foerster.
La ricorsività è in Morin più che la retroa«La quinta via della complessità è la via de-
zione cibernetica, poiché implica la produ-
Il'organizzazione. I...
I[Essa] costituisce I...
]
zione-dì-sé,
un'unità nello stesso tempo in cui costi-
riproduzione di un sé: è un movimento cir-
tuisce una molteplicità. La complessità lo-
colare che ripete ma che allo stesso tempo
gica dell'unitas multiplex ci richiede di non
rinnova, che reitera e allo stesso tempo
dissolvere il molteplice nell'uno, né l'uno
crea. Può aiutare a chiarire questo punto il
nel molteplice» (Ibidem; p. 27). È forse il
fascino so concetto della spirale: i fenomeni
principale cavallo di battaglia del pensatore
naturali e umani hanno quasi sempre la ca-
francese, che vede ovunque l'irriducibilità
ratteristica di ripetere un uguale diverso,
ossia la rigenerazione,
la
Questa non è una definizione standard di ricorsività, ma una interpretazione originale di Morin. Una definizione standard di ricorsività sarebbe invero questa: è definibile ricorsivo ciò che può essere indefinitamente
reiterato sui prodotti finali.
1
Cx- 43
La Complessità è un Pensiero Debole
di reiterare andando avanti, non come un
A questa lista va aggiunto il principio
cerchio che ripete se stesso in modo iden-
grammatico, laddove l'ologramma indica
tico, ma come una spirale che pur tor-
che «il tutto è in certa misura nella parte
nando in linea d'aria sugli stessi punti
che è nel tutto» (Ibidem; p. 34). Così il DNA
percorsi in precedenza, al contempo s'in-
sta nell'organismo ma contiene l'informa-
nalza, avanza, procede, giungendo a livelli
nuovi e diversi.
zione genetica che rende possibile l'esplica-
010-
zione e l'esistenza dell'organismo nella sua
interezza. Analogamente, l'antropologo, il
«Ecco la settima via verso la complessità, la
sociologo o il filosofo che volessero studiare
via della crisi dei concetti chiusi e chiari [...]
la società devono essere coscienti di far
cioè la crisi della chiarezza e della separa-
parte della società che vogliono studiare e
zione nella spiegazione. Qui abbiamo dav-
del fatto che la società (intesa come cultura)
vero una rottura
è contenuta in essi.
con la grande
idea
cartesiana per cui la chiarezza e la distinzione delle idee sono indice della loro verità
Infine, senz'altro l'elemento che più di tutti
[ ...}» (Morin, 1983; p. 29). Più spesso è esat-
fa del pensiero complesso un pensiero de-
tamente il contrario, giacché un'idea chiara
bole è la riammissione sempiterna dell'in-
e chiusa è quasi sempre un'idea mutilata,
quindi falsa. La complessità non ha paura
certezza, la sua denuncia e la sua
accettazione, ovvero la denuncia e l'accetta-
della vaghezza, della mancanza di assoluta
zione dei dubbi, dei limiti, delle mancanze
discretezza, delle logichefuzzy.
di ogni conoscenza: «Nella totalità vi sono
buchi neri, macchie scure, zone d'ombra,
«L'ottava via della complessità è data dal
rotture. [...] La vera totalità è sempre incri-
ritorno
[...] l'osserva-
nata, piena di fessure, incompleta. La vera
deve integrarsi
concezione della totalità riconosce l'insuffi-
dell'osservatore.
tore-concettualizzatore
nella sua osservazione e nella sua conce-
cienza della totalità. È questo il grande pro-
zione. [...] E questo non è soltanto un ri-
gresso [...] che Adorno ha rispetto a Hegel
torno
del quale è il continuatore fedele: "La tota-
a una modestia
intellettuale;
anche il ritorno all'aspirazione
è
autentica
lità è la non verità"» (Morin, 1977; p. 146).
alla verità. Il problema dell'osservatore
In questo senso «La sfida della complessità
non
ci fa rinunciare per sempre al mito della
è limitato
soltanto
alle scienze
Oggi interessa
anche le
chiarificazione totale dell'universo, ma ci
l'osservatore
perturba
incoraggia a continuare l'avventura della
l'osservazione microfisica (Heisenberg)»
conoscenza, che è un dialogo con l'uni-
(Ibidem; pp. 30-31). È la grande con-
verso» (Morin, 1983; p. 34). Il dubbio car-
quista del Novecento, l'eredità non solo di
tesiano non dubitava di se stesso; il dubbio
Heisenberg,
moriniano dubita fin anche di se stesso: l'in-
atropo-sociali.
scienze fisiche:
Schrodinger,
Einstein,
ma
anche di Gadamer e dell' ermeneutica.
certezza, «il dubbio sul dubbio [danno] al
ex - 44
La CompLessità
è un
Pensiero Debole
dubbio una nuova dimensione, quella della
seconda l'aspetto problematico della civiltà:
riflessività» (Morin, 1977; p. 11).
la storia non ha leggi fisse, non c'è un inizio
infernale e un procedere inesorabile verso il
La complessità non è perciò la ricerca né la
Progresso. La storia dell'umanità è fatta di
pretesa della completezza. È semmai il suo
regressioni e progressi, umanità e disuma-
contrario: ovvero il riconoscimento dell'im-
nità, razionalità e barbarie (Morin, 2005)·
possibilità, della natura chimerica della
Morin avverte che tuttavia queste consapevolezze non devono condurci all'epoché, né
completezza. Infatti:
il pensiero complesso aspira alla conos-
all'immobilità o al fatalismo. «Prepararsi al
cenza multidimensionale, ma è consape-
nostro mondo incerto è il contrario di rasseg-
vole in partenza dell'impossibilità della
narsi a uno scetticismo generalizzato» (Morin,
conoscenza completa: uno degli assiomi
1999; p. 61). «Sforzarsi a pensare bene è pra-
della complessità è l'impossibilità, anche
teorica, dell'onniscienza. [...] Pertanto il
ticare un pensiero che si sforzi senza sosta di
pensiero complesso è animato da una
zioni e le sue conoscenze, che senza sosta si ap-
tensione permanente tra l'aspirazione a
plichi a lottare contro l'errore e la menzogna a
un sapere non parcellizzato, non setto-
se stesso [...]» (Ibidem; p. 62).
contestualizzare e globalizzarele sue informa-
riale, non riduttivo, e il riconoscimento
dell'incompiutezza
e dell'incompletezza
Conclusione
di ogni conoscenza. (Morin, 1990; p. 3)
Chiarezza e ambiguità, certezza e incertezza
Vi sono in gioco due livelli, uno ontologico e
uno epistemologico. La molteplicità e il sog-
devono convivere, anzi interagire fino a co-
getto hanno sia un risvolto ontologico che
llaborare. La coscienza dell'incertezza, che
epistemologico, mentre l'incertezza delle
sembra una sconfitta, è secondo Morin in
analisi è un aspetto epistemologico che co-
realtà un trionfo. Prova ne sia l'atteggia-
rrisponde alla complessità, al disordine,
mento conseguente, che non è di rassegna-
all'instabilità della realtà - piano ontologico.
zione, ma di determinazione nell'affrontare
i dubbi su cui si fondano le conoscenze, il
Alla luce delle affinità esposte in quest'arti-
mondo, la nostra vita. C'è un'incertezza na-
colo fra pensiero debole e pensiero com-
turale - fisica e biologica - dacché il mito
plesso, può meglio comprendersi la mia
dell'Ordine è caduto; esiste anche un'incer-
tesi, che è pertanto bidirezionale:
tezza umana - cognitiva e storica -, di cui la
lato, il pensiero debole, che veicola elementi
prima mette in risalto l'aspetto non ogget-
che saranno tipici della complessità - quali
tivo della conoscenza (essa è sempre tradu-
la molteplicità, il pluralismo, il dubbio, la
zione, ricostruzione, interpretazione e deve
presenza del soggetto - può trovare un na-
fare costantemente i conti con l'errore), e la
turale e fecondo sbocco nel pensiero comex - 45
da un
La Complessità è un Pensiero Debole
plesso; dall'altro, la complessità è in tutto e
MORIN, Edgar. 1977. Il metodo 1. La natura della
per tutto un pensiero debole, poiché è in-
natura. Milano, Raffaello Cortina Editore 2001.
certo, non totalizzante, in cui larga parte ha
MORIN, Edgar. 1983. "Le vie della complessità",
il soggetto, interpretante e indelebile gene-
contenuto in AA. VV. La sfida della complessità a
ratore di ogni verità, la quale, per questo,
cura di G. Bocchi e M. Ceruti. Milano, Mondadori
non è e non pretende più di essere ogget-
2010 - 25-36.
tiva, eterna e certa.
MORIN, Edgar. 1990. Introduzione al pensiero
Il pensiero debole è una presa di coscienza,
complesso. Gli strumenti per affrontare la sfida della
il pensiero complesso è una proposta: il
complessità. Milano, Sperling & Kupfer Editori
primo prende coscienza del nichilismo e ri-
1990,1993·
leva la necessità di uscirne, facendone tesoro; il secondo è una possibilità di uscirne,
MORIN, Edgar. 1999. La testa ben fatta. Milano,
Raffaello Cortina Editore 2000, 2007·
potendo costituire quella chance cui accenna Vattimo senza specificare meglio,
MORIN, Edgar. 2005. Cultura e barbarie europee.
senza riempire il vuoto che lui ha indicato.
Milano, Raffaello Cortina Editore 2006.
Il pensiero debole ha suggerito una neces-
ROVAITI, Pier Aldo & VAITIMO, Gianni.
sità e le caratteristiche generali di ogni pen-
1983. "Premessa", contenuto in AA.VV.Il pensiero
sare futuro, ma non ha stilato una lista, non
debole a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti. Milano,
ha approntato un nuovo metodo, non ha ge-
Feltrinelli 2010 - 7-11.
nerato un nuovo pensiero.
ROVAITI, Pier Aldo. 1983. "Trasformazioni nel
Per esprimerlo in metafora: vi è un edificio
corso dell'esperienza", contenuto inAAVV. Il pen-
fatiscente, decadente; qualcuno lo nota e fa
siero debole a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti. Mi-
notare ai passanti che l'edificio è fatiscente,
lano, Feltrinelli 2.010 - 29-51.
e che necessita un restauro, ma poi se ne va
per la sua strada; qualcun altro, facendo tesoro dell'annotazione di quello, stila l'elenco
VAITIMO, Gianni. 1980. Le avventure della differenza. Cosa significa pensare dopo Nietzsche e
Heidegger. Milano, Garzanti 2001.
di operazioni da fare per restaurarlo. È agli
scienziati, ai tecnici, ai politici e a noi citta-
VAITIMO, Gianni. 1987. "Ermeneutica
dini che spetta la messa in pratica di questa
koiné", in Aut aut, 217-18 (1987) - 3-12.
ristrutturazione.
come
VAITIMO, Gianni. 1983. "Dialettica, differenza,
pensiero debole", contenuto in AA.VV. Il pensiero
Bibliografia
debole a cura dì G. Vattimo e P. A. Rovatti. Milano,
AA.VV. 1983. La sfida della complessità a cura di G.
Feltrinelli 2010 - 12.-28.
Bocchi e M. Ceruti, Milano, Mondadori 2007·
VAITIMO, Gianni. 1994. Oltre l'interpretazione.
AA.VV. 1983. Il pensiero debole a cura di G. Vat-
Il significato dell'ermeneutica per la filosofia. Roma-
timo e P. A. Rovatti. Milano, Feltrinelli 2010.
Bari, Laterza 2002.
ex - 46
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