La Complessità è un Pensiero Debole Por Fabrizio Li Vigni En el presente articulo el autor realiza una interesante retacion entre el Pensa- miento Débil de Gianni Vattimo y el Pensamiento Complejo, particularmente en la [ormuìocion de Edgar Morin para luego proponer el Pensamiento Complejo, como una de Lasmejores soluciones "débites" en el marco del desarrollo del nihilismo posmoderno. "Mejor" no solo en términos de eficocia, sino también de aplicabilidad, plausibilidad y "credibilidad" en un contexto desencantado, y en términos de adhesìon a lo que Lasmismos teorìcos del pensamiento débil han defendido o han anunciado teoricamente en sus obras. L'ermeneutica fa parte di questi rari movi- Introduzione menti non passeggeri, tanto che da termine In un articolo di fine anni ottanta, Gianni tecnico e specialistico si è presto trasfor- Vattimo scriveva che se l'egemonia cultu- mato in un concetto filosofico dal significato rale negli anni cinquanta e sessanta era ben più amplio. stata del marxismo, e negli anni settanta dello strutturalismo, il linguaggio comune Lo stesso si potrebbe dire del «pensiero de- della filosofia e della cultura degli anni ot- bole» - esito ed emanazione dell'ermeneu- tanta era da individuarsi nell'ermeneutica tica -, non tanto in quanto espressione (Vattimo, 1987). Se è vero che le mode pas- figlia di un filosofo particolare, ma in senso sano, e che certi movimenti culturali si lato come descrizione di un'epoca. Sotto esauriscono o vengono a un certo punto es- altri nomi - postmoderno, nichilismo, mo- pressamente rinnegati, rifiutati, relegati al dernità liquida ... - certi assunti contenuti canto della «storia della filosofia» in cori nella formula suddetta seguitano a essere pressoché unanimi, riconosciuti dalla comunità degli intellet- certi altri, sebbene dopo l'auge iniziale non costituiscano più il tuali occidentali, dai giornalisti e anche da- tema centrale del dibattito filosofico, en- Il'Opinione pubblica in riferimento trano a far parte del DNA degli studiosi in tendenze sociologiche, filosofiche, etiche, modo indelebile. estetiche, esistenziali, culturali, artistiche alle delle società democratiche contemporanee. Diventano un presupposto difficilmente relegabile alla pattumiera storica, si conver- Sì sono abbandonate le credenze assolute, tono in premesse che i filosofi, sebbene non collettive, come quelle religiose o partiti- tutti espressamente, che; è la crisi dei grandi meta-racconti danno per scontate. ex -]6 La Complessità (Lyotard); Dio è morto (Nietzsche e suoi interpreti); tutto scivola, si liquefa, cambia continuamente (Bauman); è un Pensiero Debole Dall'ermeneutica al pensiero debole l'individua- lismo è il principio primo, e la causa di Il pensiero debole è legato indissolubil- ogni "debilitazione" morale, politica, reli- mente alla presa di coscienza ermeneutica giosa (Lipovetsky); e via continuando. dei saperi. Il circolo ermeneutico è quell'ambito in cui soggetto e oggetto si incon- Che alla crisi dei valori, delle credenze, trano e dialogano, inter-influenzandosi delle verità certe e immutabili, occorre una codeterminandosi. Esso determina il deca- risposta adeguata, lo affermano tutti co- dimento dei concetti classici di soggetto e loro i quali rilevano l'incredulità postmo- oggetto, e dà luogo a una svolta: derna. Pochi però tentano e di indicare qualche via, presumibilmente per pudore: Nei suoi termini più essenziali, il circolo come proporre un nuovo credo, quando si ermeneutico indica una peculiare appar- mette in discussione la credenza in quanto tenenza reciproca di «soggetto» e «og- tale? come tentare di persuadere un pub- getto» dell'interpretazione, blico che nelle proprie analisi si è definito per questo non possono più esser chia- poco persuaso e impersuadibile? Tuttavia mati in tal modo, giacché i due termini per stare a questo mondo è imprescindibile sono nati e si sono sviluppati entro una avere un set - per quanto minimo, insta- prospettiva che ne implicava la separa- bile, dubbioso e cangiante - di valori (es- tezza e la conirapposizione e con essi la tetici, morali, etici); inevitabile possedere qualche scopo e schema di vita; impensa- esprimeva. Il fatto che, per Heidegger, l'interpretazione non sia altro che l'arti- bile sottrarsi all'uso di un metodo, un ap- colazione del compreso, che essa presup- proccio, un modo di pensare, una visione ponga quindi sempre una comprensione - per quanto debole - del mondo. o pre-comprensione che proprio della cosa, significa semplicemente che, prima di ogni atto esVorrei in quest'articolo proporre il pensiero plicito di conoscenza, prima di ogni rico- complesso, particolarmente nella formula- noscimento zione del pensatore francese Edgar Morin, qualcosa, conoscente e conosciuto si ap- come una delle migliori soluzioni deboli partengono già reciprocamente: il conos- all'avanzare del nichilismo postmoderno. ciuto «Migliore» non solo in termini di efficacia conoscente, ma solo perché il conoscente è ma anche di plausibilità, dentro il mondo che il conosciuto co-de- applicabilità e "credibilità" in un contesto disincantato, è già di qualcosa dentro come l'orizzonte (als) del termina. (Vattimo, 1980; p. 26). nonché in termini di aderenza a ciò che gli stessi teorici del pensiero debole hanno nei Heisenberg aveva già messo in luce come loro lavori auspicato o preannunciato. l'osservatore in Fisica non sia più eludibile, ex - 37 La Complessità Pensiero Debole non parli da un non-luogo, non possa mas- l'essere cherarsi fingendo di non esistere. Il sognon sono «altro» del dialogo, cambia e modifica il carattere dell'appello e [. ..] fa sorgere neutrali o superiori all'oggetto esaminato, e nuove domande. [...] è ciò che, sulla base non c'è verità indipendente da essi, che non di premesse non molto diverse da quelle sia da essi condizionata. In errneneutica, il di Gadamer, Luigi Pareyson chiama es- soggetto si pone in gioco dialogicamente plicitamente con l'oggetto in un terzo spazio generato dal zione. (Ibidem; pp. 32-33). getto, l'osservatore esistono, stesso è un dell'appellante l'infinità come dell'interpreta- loro incontro, l'orizzonte appunto, dal quale entrambi escono modificati. «Nel riflettere L'ermeneutica ha più la natura di una presa su questi problemi, il pensiero mette in luce di coscienza che di una scoperta, e ha come che un rapporto soggetto-oggetto del tipo di antecedenti Nietzsche e Heidegger, da Vat- quello su cui si fonda il modello positivis- timo non a caso ritenuti i padri della pos- tico della conoscenza non si dà» (Vattimo, tmodernità 1980; p. 28). Questo significa «[...] che ogni analisti della relatività della verità e del ni- tipo di conoscenza e di esperienza della ve- chilismo acuitisi sul finire dell' epoca mo- rità è ermeneutica. Tale generalizzazione, derna, già secolarizzata anch' essa. Non è però, implica anche la generalizzazione del possibile fondamentare carattere linguistico a ogni esperienza e co- l'acquisizione ormai inscindibile da ogni noscenza» (Ibidem; p. 31). Il che equivale a analisi della contemporaneità. in filosofia, in quanto primi nulla - questa è dire, né più né meno, che «ogni esperienza Se, dunque, «non si dà esperienza di verità del mondo è mediata dal linquaqqio» (lvi). se non come atto interpretativo» (Vattimo, Non esiste una verità sicura e immutabile, 1994; p. 7), risulta interessante per lo meno eterna e oggettiva, alla quale un soggetto accennare alle conseguenze etiche implicite qualsiasi possa, con la dovuta ricerca, per- nella svolta ermeneutica. Scrive infatti Vat- venire; la verità piuttosto viene fatta e ri- timo che «sarà difficile non vedere che l'es- fatta continuamente in questajUsione degli plicitazione dell' essenza interpretativa orizzonti di cui parla Gadamer, nella quale ogni verità comporta anche una profonda il dialogo tra soggetto e oggetto si ristrut- modifica del modo di rapportarsi pratica- tura in un processo senza fine. Il che ha due mente al vero» (Ibidem; p. 37)· di conseguenze: La preoccupazione del filosofo torinese è della cos- infatti quella «di non ridurre l'ermeneu- cienza storica si sostituisce il modello del tica a una semplice, metafisica, filosofia carattere dia logico [...] b) che l'interpre- pluralistica tazione è un processo in( de)finito in cui mente relativistica ogni risposta, nella misura in cui tocca vola» (Ibidem; p. 70). a) al modello dell'oggettività ex·38 della cultura, tendenzial- e, in definitiva, fri- La Complessità è un Pensiero Debole Subentra qui l'aderenza nietzschiana: alla proposta bra, non restare paralizzata dalla perdita del riferimento luminoso, unico e stabile, cartesiano» (Ibidem; p. 10). Il pensiero debole [...] il principio che, se c'è un dovere che - aggiunge il suo principale fautore -, lungi nell'età del nichilismo possiamo ancora dal proporsi come la sigla di qualche nuova assumere come coqente, non è quello di filosofia, piuttosto «è l'assunzione di un at- rispettare le tavole di valori esistenti, ma teggiamento: il tentare di disporsi in un'e- quello di inventare nuove tavole di va- tica della debolezza, non semplice, assai più lori, nuovi stili di vita, nuovi sistemi di costosa, meno rassicurante» (Ivi). Esso non metafore per parlare del mondo e della è, pertanto, la volontà di porre una pietra propria esperienza. (Ibidem; p. 45). sopra la filosofia: occorre continuare a pensare, senza più la pretesa di un pensiero to- In sostanza «si tratta di cogliere il nichi- talizzante e totalitario, di un fondamento lismo come chance di emancipazione» (Ibi- assoluto ed eterno. La ragione, nel criticare dem; p. 51), un modo di continuare la se stessa, non ha da deporre le armi, ma modernità in modo disincantato, debole, deve continuare a operare senza mai ab- non solido, ma per questo più razionale, in bandonare quanto a operare è una razionalità forte- messa in discussione dei suoi stessi metodi. mente critica di se stessa. È una ragione che deve camminare dub- l'autocontrollo, la continua biosa di se stessa, e che solo così può man- La complessità del pensiero debole tenersi razionale. «La domanda», che Rovatti si pone, nella Segno distintivo, carattere indelebile, re- prima metà della Premessa alla raccolta di quisito irremovibile di ogni nuovo pensiero saggi, Il pensiero debole, da lui curata in- non può che essere dunque uno scetticismo sieme a Vattimo, incarnato: «la morte di Dio è proprio, prima «è: si deve necessaria- alla verità oppure si di tutto, la fine della struttura stabile de- possono chiamare "nuove ragioni", meno Il'essere, dunque anche di ogni possibilità pretenziose, a tamponare la falla senza che di enunciare che Dio esiste o non esiste» la teoria perda il suo potere?» (Rovatti & (Vattimo, 1983; p. 21). Dio, qui, rappresenta Vattimo, 1983; p. 8). Vattimo, nella seconda qualsiasi argomento o fenomeno di cui si metà della stessa Premessa, auspica che il voglia individuare la Verità. Non solo nella pensiero debole sia capace «di articolarsi conoscenza, ma anche nell'azione (del sin- (dunque di "ragionare") nella mezza luce» golo o politica, ecologica o umanitaria), va (Ibidem; p. 9), e afferma che a tal fine «la abbandonata la sicumera. Occorre questio- razionalità deve, al proprio interno, depo- nare ogni cosa - il che ha conseguenze sul tenziarsi, cedere terreno, non aver timore di nostro agire, che non deve, almeno non indietreggiare verso la supposta zona d'om- sempre, subire un arresto, ma rendersi più mente rinunciare ex - 39 La Complessità è un Pensiero Debole cauto, circospetto, meno avventato. Non Già qui: a) si può scorgere un legame con il solo non è più possibile - e sarebbe dun- principio del soggetto osservatore, di cui que un autoinganno intellettuale se lo si fa- Morin farà uno dei punti cardine della sua cesse certezze epistemologia; b) è ravvisabile il principio qualsivoglia, ma è più che mai rischioso. Il d'incertezza, di cui Morin parlerà a proposito nichilismo postmoderno è in questo senso dell'epistemologia, dell'ecologia dell'azione e saggio: invita a, o causa ineluttabi1mente, della pedagogia. Già qui, dunque, l'erme- la prudenza e l'onestà intellettuali. neuticità e la debolezza caratteristiche del cammmare con pensiero complesso, ma anche la possibilità «Se si vuole riassumere un'ontologia debole che cosa pensa della nozione di di porre la complessità come naturale consecuzione di un'antologia debole. verità», scrive Vattimo: Rovatti, nel suo intervento all'interno del si potrà cominciare col dire che: a) il succitato libro, muove dal nichilismo nietzs- vero non è oggetto di una prensione no- chiano per chiedersi se, oltre il rotolare dal etica del tipo dell'evidenza, ma risultato centro Oa sicurezza) alla X (l'incerto, l'in- di un processo di verifica [...l esso, in cognita), sia possibile un "oltre". Ma la do- altri termini, non ha una natura metafi- manda in chi vive è sempre retorica, giacché sica o logica, ma retorica; b) verifiche e non desiderare un "oltre" implicherebbe, stipulazioni accadono in un orizzonte nel più estremo dei casi, la volontà al suici- [... l che è lo spazio della libertà dei rap- dio personale o l'auspicio di un azzera- porti interpersonali, dei rapporti tra le culture e le generazioni; in questo spazio, mento nessuno muove mai da zero, ma sempre ci ritroviamo non sicuri, in bilico, indecisi, già da fedeltà, legami. soli, naufraganti. Non possiamo più creare L'orizzonte retorico della verità (o pos- nuovi saperi globali, perché i precedenti li siamo anche dire: ermeneutico) si costi- abbiamo abbandonati tutti in quanto, ap- tuisce punto, in appartenenze, questo modo libero ma dell'umanità intera. Avendo abbandonato le certezze dei saperi globali, "globali". «Quel che sappiamo "impuro" [...l c) la verità è frutto di in- bene», osserva infatti Rovatti, «è che il sa- terpretazione pere del globale che possediamo non ci non perché attraverso il processo interpretativo si giunga a un coglimento diretto del vero [...l ma per- basta, semplicemente perché è una spiegazione che non spiega. ché è solo nel processo interpretativo [...l che la verità si costituisce; d) in tutto ciò, Eccoci in pieno nel nostro scenario cultu- nella concezione "retorica" della verità, rale. Ma abbiamo poi veramente bisogno di l'essere esperisce l'estremo del suo tra- una spiegazione? di un "globale"?» (Rovatti, monto ['..l vive fino in fondo la sua de- 1983; p. 39). Il pensiero della complessità bolezza ['..l. (Ibidem; pp. 25-26). metterà in luce proprio i punti d'ombra, gli ex - 40 La Complessità è un Pensiero Debole angoli di mistero, 1'incomprimibile incom- anzi si rivela complesso. Allargandosi, il suo pletezza delle conoscenze. spazio si complica. Intensificandosi, il suo tempo si articola» (Ibidem; p. 50). «L'idea di sistema e anche solo quella di La debolezza complesso "definizione" diventano impraticabili, non convenienti: non perché vi sia troppo poco, del pensiero non per una rarefazione, ma per una densità per la quale il concetto risulta inadatto» Tutto ciò contiene già i propositi che fonda- (Ibidem; p. 46). La realtà, sembra direi il fi- mentano il pensiero complesso di Edgar losofo di Modena, in un certo senso "es- Morin. Tra le innumerevoli opere del pen- plode", non solo sotto lo sferzare del suo satore francese che si possono citare per cangiare, ma soprattutto sotto il pressare illustrare il suo paradigma, ho prediletto il della sua varietà. «Che le storie si moltipli- suo intervento nel libro La sfida della com- chino, che cioè siano "molte" storie: ecco il plessità a cura di Bocchi & Ceruti CAA. VV., primo rilievo. E già ci pare di intravedere un 1983), perché il più sintetico, completo e filo, addirittura una categoria. La "molte- compatto. Con acume, Morin vi scrive: plicità" può divenire la categoria di un nuovo pensiero, di un pensiero "debole"?» Vi sono (Ibidem; p. 47). quando si voglia parlare di complessità. due difficoltà preliminari La prima sta nel fatto che il termine non Certamente lo è divenuta della complessità, possiede uno statuto epistemologico. Ad che per definizione si pone come approccio interdisciplinario a un mondo organizzato eccezione di Bachelard, i filosofi della scienza e gli epistemologi lo hanno tras- in un sistema di sistemi, stratificato, in- curato. La seconda difficoltà è di ordine comprimibile, irriducibile, che non può più semantico. Se si potesse definire la com- fare a meno di far dialogare tutti gli ele- plessità in maniera chiara, ne verrebbe menti in gioco, giacché non può slegarli se evidentemente non vuole perdere il reale: «complesso» sig- rebbe più complesso. In ogni modo la nifica tessuto insieme: se esso viene sfilac- complessità si presenta come difficoltà e dato, come incertezza, non come chiarezza e si denatura, muore e diventa illeggibile, inintelligibile. che il termine non sa- come risposta. (Morin, 1983; p. 25). Nella nostra analisi, 1'oggetto è diventato Il pensiero complesso, erede, tra gli altri, irreparabilmente plurale, e condeterminato del pensiero sistemico iniziato da von Ber- dal soggetto, il quale «non può essere stac- talanffy, non segue più il miraggio della cato, isolato, dedotto, non è né più un fascio semplicità e del riduzionismo, tipico della di luce né il limite dell' ombra. Eppure scienza "classica". Non solo esso smette di agisce, funziona: non sfuma in un niente, escludere l'incertezza, il disordine, il conex - 41 La Complessità è un Pensiero Debole tingente, e inizia a giudicarli essenziali alla disordine vengono reintrodotti spiegazione della natura e dell'uomo, o co- della scoperta che essi non solo sono ele- munque ineliminabili da ogni nostra des- mento indissolubile del reale, ma persino crizione del mondo, ma include anche il principi creatori, generatori, tutt'altro che soggetto, poiché non c'è complessità che anomalie, e che difettosa sarebbe la nostra non sia nel rapporto tra l'uomo e il mondo analisi se perseverasse nell'ignorarli o nel (ermeneutica). sopprimerli. Morin sottolinea «che non ci si può accos- «La seconda via della complessità è data - tare alla complessità attraverso una defini- nelle scienze naturali - dal superamento di zione preliminare» e che si debba «invece quei limiti che potremmo chiamare i limiti seguire percorsi differenti, tanto differenti di quell'astrazione universalista che elimi- che ci si può chiedere se invece di una com- nava la singolarità, la località e la tempora- plessità non vi siano delle complessità» lità. [...] non possiamo eliminare il singolare (lvi). Nei vari volumi del suo Metodo, il e il locale ricorrendo all'universale. Dob- pensatore francese non smetterà di ripetere biamo al contrario connettere queste no- che la sua opera non vuole affatto stabilire e zioni» (lbidem; p. 26). È il rifiuto del definire una volta per tutte, con precisione, il metodo appunto della complessità. Egli è principio aristotelico secondo il quale non v'è scienza se non del generale: il partico- più che cosciente che il suo lavoro è incom- lare deve essere riabilitato nel discorso pleto, monco, parziale - che si tratta di un scientifico e fatto dialogare insieme al ge- inizio: già nella sua stessa delineazione, il nerale, se non vogliamo lasciar fuori una messe immensa di fenomeni scientifici. pensiero complesso si pone come pensiero a seguito debole, giacché rifiuta non solo di porsi come un nuovo pensiero forte, stabile e con- «La terza via è la via della complicazione. Il cluso, ma persino di fissarsi in una definipensiero problema della complicazione si è posto nel momento in cui si è visto che i fenomeni complesso può esservi, è solo quella di un biologici e sociali presentavano un numero «work in proqress» - apice della debolezza incalcolabile di interazioni, di inter-retroa- e dell'umiltà intellettuale. zioni, uno straordinario groviglio che non zione. Se enunciazione di poteva venir computato nemmeno con il riMorin elenca poi quelle che definisce come corso al computer più potente» (lvi). È il ri- «le differenti strade che conducono alla conoscimento dell'infinita molteplicità del "sfida della complessità"» (lvi): «La prima mondo: non possiamo più decurtare, igno- via [...] è quella dell'irriducibilità del caso o rare, eliminare, tagliare, amputare la mul- del disordine» (Ivi), Non più elementi da tidimensionalità, l'immensità, la pluralità, espungere dalla nostra analisi, non più la poliedricità dei fenomeni naturali, se non errori o difetti del nostro osservare, caso e vogliamo a nostra volta partorire un sapere ex·42 La Complessità decurtato, ignorante, mancante, è un Pensiero Debole monco, della molteplicità, della complementari età amputato. Tuttavia la complessità è più della complicatezza, che è solo uno degli as- di forze, principi, visioni e fenomeni opposti, concorrenziali, antagonisti. Si tratta di petti della prima. In particolare «Comple- un principio dialogico, che implica «[...] che xus è ciò che viene tessuto insieme, e il due logiche, due "nature", due principi sono tessuto deriva da fili differenti e diventa connessi in un'unità senza che con ciò la dua- uno. Tutte le varie complessità si intrec- lità si dissolva nell'unità» (Ibidem, p. 33). ciano dunque, e si tessono insieme, per formare l'unità della complessità; ma l'unità «[La sesta via è] il principio dell'organizza- del complexus non viene con ciò eliminata zione ricorsiva. [...] [Essa consiste nel fatto dalla varietà e dalla diversità delle comples- che] i prodotti sono necessari alla produ- sità che l'hanno tessuto» (Ibidem; p. 32). zione di ciò che li produce 1. [ •••] ciò che è prodotto e ciò che produce diventano no«La quarta via si è aperta nel momento in cui abbiamo iniziato a ideare una misteriosa zioni ancora più complesse, e si richiamano vicendevolmente» (Ibidem; p. 29). relazione di complementarietà [...] fra le no- «Significa [...] che [ad anello] la fine del zioni di ordine, disordine e organizzazione» processo ne nutre l'inizio, per ritorno dello (Ibidem; pp. 26-27). Sono i concetti fonda- stato finale del circuito su e nello stato in- mentali dell'epistemologia moriniana, che iziale - lo stato finale diviene in qualche prende a piene mani dalla cibernetica di modo lo stato iniziale, pur rimanendo fi- Wiener, dalla sistemica di von Bertalanffy e nale [...] È questo appunto un processo ri- della scuola californiana, dall'autopoiesi di corsivo: ogni processo i cui stati o effetti Maturana e Varela, dalla teoria dei giochi di finali producono von Neumann e Morgenstern, dal principio iziali» (Morin, 1977; p. 213). gli stati o le cause in- dell'order from noise di von Foerster. La ricorsività è in Morin più che la retroa«La quinta via della complessità è la via de- zione cibernetica, poiché implica la produ- Il'organizzazione. I... I[Essa] costituisce I... ] zione-dì-sé, un'unità nello stesso tempo in cui costi- riproduzione di un sé: è un movimento cir- tuisce una molteplicità. La complessità lo- colare che ripete ma che allo stesso tempo gica dell'unitas multiplex ci richiede di non rinnova, che reitera e allo stesso tempo dissolvere il molteplice nell'uno, né l'uno crea. Può aiutare a chiarire questo punto il nel molteplice» (Ibidem; p. 27). È forse il fascino so concetto della spirale: i fenomeni principale cavallo di battaglia del pensatore naturali e umani hanno quasi sempre la ca- francese, che vede ovunque l'irriducibilità ratteristica di ripetere un uguale diverso, ossia la rigenerazione, la Questa non è una definizione standard di ricorsività, ma una interpretazione originale di Morin. Una definizione standard di ricorsività sarebbe invero questa: è definibile ricorsivo ciò che può essere indefinitamente reiterato sui prodotti finali. 1 Cx- 43 La Complessità è un Pensiero Debole di reiterare andando avanti, non come un A questa lista va aggiunto il principio cerchio che ripete se stesso in modo iden- grammatico, laddove l'ologramma indica tico, ma come una spirale che pur tor- che «il tutto è in certa misura nella parte nando in linea d'aria sugli stessi punti che è nel tutto» (Ibidem; p. 34). Così il DNA percorsi in precedenza, al contempo s'in- sta nell'organismo ma contiene l'informa- nalza, avanza, procede, giungendo a livelli nuovi e diversi. zione genetica che rende possibile l'esplica- 010- zione e l'esistenza dell'organismo nella sua interezza. Analogamente, l'antropologo, il «Ecco la settima via verso la complessità, la sociologo o il filosofo che volessero studiare via della crisi dei concetti chiusi e chiari [...] la società devono essere coscienti di far cioè la crisi della chiarezza e della separa- parte della società che vogliono studiare e zione nella spiegazione. Qui abbiamo dav- del fatto che la società (intesa come cultura) vero una rottura è contenuta in essi. con la grande idea cartesiana per cui la chiarezza e la distinzione delle idee sono indice della loro verità Infine, senz'altro l'elemento che più di tutti [ ...}» (Morin, 1983; p. 29). Più spesso è esat- fa del pensiero complesso un pensiero de- tamente il contrario, giacché un'idea chiara bole è la riammissione sempiterna dell'in- e chiusa è quasi sempre un'idea mutilata, quindi falsa. La complessità non ha paura certezza, la sua denuncia e la sua accettazione, ovvero la denuncia e l'accetta- della vaghezza, della mancanza di assoluta zione dei dubbi, dei limiti, delle mancanze discretezza, delle logichefuzzy. di ogni conoscenza: «Nella totalità vi sono buchi neri, macchie scure, zone d'ombra, «L'ottava via della complessità è data dal rotture. [...] La vera totalità è sempre incri- ritorno [...] l'osserva- nata, piena di fessure, incompleta. La vera deve integrarsi concezione della totalità riconosce l'insuffi- dell'osservatore. tore-concettualizzatore nella sua osservazione e nella sua conce- cienza della totalità. È questo il grande pro- zione. [...] E questo non è soltanto un ri- gresso [...] che Adorno ha rispetto a Hegel torno del quale è il continuatore fedele: "La tota- a una modestia intellettuale; anche il ritorno all'aspirazione è autentica lità è la non verità"» (Morin, 1977; p. 146). alla verità. Il problema dell'osservatore In questo senso «La sfida della complessità non ci fa rinunciare per sempre al mito della è limitato soltanto alle scienze Oggi interessa anche le chiarificazione totale dell'universo, ma ci l'osservatore perturba incoraggia a continuare l'avventura della l'osservazione microfisica (Heisenberg)» conoscenza, che è un dialogo con l'uni- (Ibidem; pp. 30-31). È la grande con- verso» (Morin, 1983; p. 34). Il dubbio car- quista del Novecento, l'eredità non solo di tesiano non dubitava di se stesso; il dubbio Heisenberg, moriniano dubita fin anche di se stesso: l'in- atropo-sociali. scienze fisiche: Schrodinger, Einstein, ma anche di Gadamer e dell' ermeneutica. certezza, «il dubbio sul dubbio [danno] al ex - 44 La CompLessità è un Pensiero Debole dubbio una nuova dimensione, quella della seconda l'aspetto problematico della civiltà: riflessività» (Morin, 1977; p. 11). la storia non ha leggi fisse, non c'è un inizio infernale e un procedere inesorabile verso il La complessità non è perciò la ricerca né la Progresso. La storia dell'umanità è fatta di pretesa della completezza. È semmai il suo regressioni e progressi, umanità e disuma- contrario: ovvero il riconoscimento dell'im- nità, razionalità e barbarie (Morin, 2005)· possibilità, della natura chimerica della Morin avverte che tuttavia queste consapevolezze non devono condurci all'epoché, né completezza. Infatti: il pensiero complesso aspira alla conos- all'immobilità o al fatalismo. «Prepararsi al cenza multidimensionale, ma è consape- nostro mondo incerto è il contrario di rasseg- vole in partenza dell'impossibilità della narsi a uno scetticismo generalizzato» (Morin, conoscenza completa: uno degli assiomi 1999; p. 61). «Sforzarsi a pensare bene è pra- della complessità è l'impossibilità, anche teorica, dell'onniscienza. [...] Pertanto il ticare un pensiero che si sforzi senza sosta di pensiero complesso è animato da una zioni e le sue conoscenze, che senza sosta si ap- tensione permanente tra l'aspirazione a plichi a lottare contro l'errore e la menzogna a un sapere non parcellizzato, non setto- se stesso [...]» (Ibidem; p. 62). contestualizzare e globalizzarele sue informa- riale, non riduttivo, e il riconoscimento dell'incompiutezza e dell'incompletezza Conclusione di ogni conoscenza. (Morin, 1990; p. 3) Chiarezza e ambiguità, certezza e incertezza Vi sono in gioco due livelli, uno ontologico e uno epistemologico. La molteplicità e il sog- devono convivere, anzi interagire fino a co- getto hanno sia un risvolto ontologico che llaborare. La coscienza dell'incertezza, che epistemologico, mentre l'incertezza delle sembra una sconfitta, è secondo Morin in analisi è un aspetto epistemologico che co- realtà un trionfo. Prova ne sia l'atteggia- rrisponde alla complessità, al disordine, mento conseguente, che non è di rassegna- all'instabilità della realtà - piano ontologico. zione, ma di determinazione nell'affrontare i dubbi su cui si fondano le conoscenze, il Alla luce delle affinità esposte in quest'arti- mondo, la nostra vita. C'è un'incertezza na- colo fra pensiero debole e pensiero com- turale - fisica e biologica - dacché il mito plesso, può meglio comprendersi la mia dell'Ordine è caduto; esiste anche un'incer- tesi, che è pertanto bidirezionale: tezza umana - cognitiva e storica -, di cui la lato, il pensiero debole, che veicola elementi prima mette in risalto l'aspetto non ogget- che saranno tipici della complessità - quali tivo della conoscenza (essa è sempre tradu- la molteplicità, il pluralismo, il dubbio, la zione, ricostruzione, interpretazione e deve presenza del soggetto - può trovare un na- fare costantemente i conti con l'errore), e la turale e fecondo sbocco nel pensiero comex - 45 da un La Complessità è un Pensiero Debole plesso; dall'altro, la complessità è in tutto e MORIN, Edgar. 1977. Il metodo 1. La natura della per tutto un pensiero debole, poiché è in- natura. Milano, Raffaello Cortina Editore 2001. certo, non totalizzante, in cui larga parte ha MORIN, Edgar. 1983. "Le vie della complessità", il soggetto, interpretante e indelebile gene- contenuto in AA. VV. La sfida della complessità a ratore di ogni verità, la quale, per questo, cura di G. Bocchi e M. Ceruti. Milano, Mondadori non è e non pretende più di essere ogget- 2010 - 25-36. tiva, eterna e certa. MORIN, Edgar. 1990. Introduzione al pensiero Il pensiero debole è una presa di coscienza, complesso. Gli strumenti per affrontare la sfida della il pensiero complesso è una proposta: il complessità. Milano, Sperling & Kupfer Editori primo prende coscienza del nichilismo e ri- 1990,1993· leva la necessità di uscirne, facendone tesoro; il secondo è una possibilità di uscirne, MORIN, Edgar. 1999. La testa ben fatta. Milano, Raffaello Cortina Editore 2000, 2007· potendo costituire quella chance cui accenna Vattimo senza specificare meglio, MORIN, Edgar. 2005. Cultura e barbarie europee. senza riempire il vuoto che lui ha indicato. Milano, Raffaello Cortina Editore 2006. Il pensiero debole ha suggerito una neces- ROVAITI, Pier Aldo & VAITIMO, Gianni. sità e le caratteristiche generali di ogni pen- 1983. "Premessa", contenuto in AA.VV.Il pensiero sare futuro, ma non ha stilato una lista, non debole a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti. Milano, ha approntato un nuovo metodo, non ha ge- Feltrinelli 2010 - 7-11. nerato un nuovo pensiero. ROVAITI, Pier Aldo. 1983. "Trasformazioni nel Per esprimerlo in metafora: vi è un edificio corso dell'esperienza", contenuto inAAVV. Il pen- fatiscente, decadente; qualcuno lo nota e fa siero debole a cura di G. Vattimo e P. A. Rovatti. Mi- notare ai passanti che l'edificio è fatiscente, lano, Feltrinelli 2.010 - 29-51. e che necessita un restauro, ma poi se ne va per la sua strada; qualcun altro, facendo tesoro dell'annotazione di quello, stila l'elenco VAITIMO, Gianni. 1980. Le avventure della differenza. Cosa significa pensare dopo Nietzsche e Heidegger. Milano, Garzanti 2001. di operazioni da fare per restaurarlo. È agli scienziati, ai tecnici, ai politici e a noi citta- VAITIMO, Gianni. 1987. "Ermeneutica dini che spetta la messa in pratica di questa koiné", in Aut aut, 217-18 (1987) - 3-12. ristrutturazione. come VAITIMO, Gianni. 1983. "Dialettica, differenza, pensiero debole", contenuto in AA.VV. Il pensiero Bibliografia debole a cura dì G. Vattimo e P. A. Rovatti. Milano, AA.VV. 1983. La sfida della complessità a cura di G. Feltrinelli 2010 - 12.-28. Bocchi e M. Ceruti, Milano, Mondadori 2007· VAITIMO, Gianni. 1994. Oltre l'interpretazione. AA.VV. 1983. Il pensiero debole a cura di G. Vat- Il significato dell'ermeneutica per la filosofia. Roma- timo e P. A. Rovatti. Milano, Feltrinelli 2010. Bari, Laterza 2002. ex - 46