CRITICA DELLA RAGIONE PRATICA, 1788. Formalismo e imperativo categorico (la legge morale). • I principi pratici sono regole che determinano la volontà; morale pura. Nella “Critica della ragione (teoretica) pura, La possono essere massime (soggettive) o imperativi ha criticato la tendenza della ragione a trascendere il Kant (oggettivi). Gli imperativi possono essere ipotetici limite dell’esperienza; nella “Critica della ragion praticata”, (prescrizioni legate a un fine come le regole dell’abilità o i invece, Kant critica la tendenza della ragione a restare legata consigli della prudenza) o categorici. all’esperienza. Non è, quindi, una critica della ragione pura • Formalismo. Gli imperativi categorici sono leggi formali pratica ma una critica della ragione pratica che comporta la indipendenti da un fine o da un contenuto materiale: il definizione delle condizioni universali e necessarie fondamento della legge è l’intenzione non il contenuto (trascendentali) della moralità del soggetto e dell’esser puro materiale (seppur presente). Tali leggi sono universali e (non condizionato dall’esperienza) della sua volontà. necessariamente valide per tutti; la necessità dell’imperativo categorico non è naturale La libertà e l’autonomia (dovere=müssen) m a morale (dovere=sollen). • Il dovere mi apre in modo non fenomenico alla libertà: non • L'imperativo categorico determina la volontà in modo conoscere che cos’è la libertà. Posso sapere, tuttavia, posso oggettivo; tre sono le formulazioni di Kant: che la libertà implica l’indipendenza della volontà dalla legge -­‐ “agisci in modo che la massima della tua volontà possa naturale dei fenomeni e dai contenuti materiali. valere sempre, al tempo stesso, come principio di una • Posso sapere, inoltre, che la libertà comporta legislazione universale”(Critica della ragione pratica e l’autodeterminazione della volontà (autonomia=porre a se Metafisica dei costumi); stesso la propria legge), ovvero l'obbedienza a se stessi, in -­‐ “agisce in modo da considerare l’umanità, sia nella tua quando soggetto dotato di ragione in grado di darsi da sé le persona, sia nella persona di ogni altro, sempre anche norme alle quali ubbidire: obbedendo alla legge obbedisco a come scopo, e mai come semplice mezzo” (Metafisica dei me stesso (l’imperativo mi comanda non ciò che debbo volere costumi); ma come debbo volere). -­‐ “agisci in modo che la volontà, con la sua massima, possa • L’opposto dell’autonomia è l’eteronomia: la volontà è considerarsi come universalmente legislatrice rispetto a determinata da altro da motivi interni soggettivi (ad es. il se m edesima” (Metafisica dei costumi). piacere) o oggettivi (ad es. la perfezione) e da motivi esterni soggettivi (ad es. l’educazione) o oggettivi (ad es. Dio). La Dal sensibile all’universale ricerca della felicità, ad esempio, conduce a imperativi ipotetici, Come passare dalla legge (intelligibile) all’azione poiché la volontà non si autodetermina ma è determinata da (sensibile)? Per sapere se la nostra azione è morale un fine materiale, la felicità appunto, che mi costringe a possiamo: pensare cosa devo fare (contenuto m ateriale) e non come devo • usare la natura sensibile della m assima come schema farlo o immagine della natura intelligibile della legge; (intenzione formale). L’etica greca ricerca la felicità, la morale kantiana, invece, il dovere per il dovere (mi rende • elevare la m assima al livello dell’universalità; degno di essere felice). • guardare le azioni nell’ottica dell’universale; • far diventare la massima una legge necessaria che Primato del dovere e rigorismo. tutti, anche noi stessi, saremmo costretti a rispettare; • La coscienza della libertà, del potere, la ricerca della felicità e la • valutare se saremmo contenti di vivere in un mondo distinzione del bene dal male, sono subordinate alla coscienza in cui la nostra massima fosse una legge necessaria; del dovere: devo quindi sono libero, devo quindi posso, devo • riconoscere se la massima è universalizzabile oppure quindi sono degno di felicità, devo quindi compio il bene. La no, quindi se è m orale oppure no. legge c onsente d i d istinguere i l b ene d al m ale, n on v iceversa. • Il primato del dovere si esercita anche su qualsiasi sentimento che non deve in alcun modo mediare, influenzare e determinare la volontà. La legge va rispettata per dovere, Il noumeno e i postulati della ragion altrimenti il suo rispetto non è morale ma semplicemente pratica L’unico sentimento accettato è appunto il rispetto della legale. • La sfera noumenica, inaccessibile dal legge stessa, grazie al quale esercitiamo il nostro dovere. Esso punto di vista teoretico-­‐conoscitivo, ci costringe (coercizione pratica) a sottomettere tutte le diventa accessibile dal punto di vista inclinazioni c he m inacciano l ’autodeterminazione d ella v olontà. pratico, in quanto, grazie alla morale, l'uomo può innalzarsi al di sopra del mondo sensibile regolato in modo • Postulato d ella libertà d ella volontà: s econdo K ant è p ossibile c onsiderare l a meccanicistico dalle leggi di natura. stessa azione dal punto di vista fenomenico (l’azione non è libera in quanto • La libertà della volontà umana, condizionata da cause meccaniche) e dal punto di vista noumenico (l’azione è in quanto condizionata dalla volontà pura come causa libera). l'immortalità dell'anima e l'esistenza di libera Dio, che a livello teoretico erano idee • Postulato dell’esistenza di Dio: la virtù è l’attuazione del dovere in cui pensabili e non conoscibili, sono consiste il bene supremo; il bene sommo è la virtù a cui si aggiunge la felicità. considerati a livello pratico dei postulati La ricerca della felicità non genera la virtù e la ricerca della virtù rende degni della ragione, in quanto tali indimostrabili di essere felici ma in questo mondo non rende felici. Pertanto, è necessario ma necessari per poter spiegare la legge un Dio onnisciente e onnipotente che adegui alla virtù la giusta felicità. morale. Essendo un fatto innegabile la • Postulato dell’immortalità dell’anima: la perfetta adeguatezza della volontà legge morale, anche la libertà, l’anima e alla legge morale è detta santità. La santità non è di questo mondo, può Dio (indispensabili per spiegare la legge trovarsi solo in un processo all’infinito che appartenga alla personalità stessa dell’individuo: immortalità dell’anima. L’altra vita per Kant è un continuo avvicinamento a quella santità impossibile nel m ondo sensibile. morale) sono delle realtà innegabili, rese oggettive dall’oggettività della morale.