Linee guida per la definizione di un
“Manifesto contro la dittatura del PIL”
Positive Economy Forum San Patrignano – 8 aprile 2016
Un manifesto promosso per
lanciare un messaggio preciso alle
istituzioni
nazionali,
internazionali e ai partiti politici.
Un impegno netto a supporto di
uno
sviluppo
economico
sostenibile e inclusivo.
Un manifesto per favorire la
diffusione di un capitalismo
paziente da contrapporre al
capitalismo di breve periodo che
non ha saputo dare tutte le
risposte necessarie a fronteggiare
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una crisi economia e finanziaria
globale.
Un manifesto che metta al centro
un’idea di economia positiva,
fatta per il bene e la prosperità
delle
generazioni
future.
Economia positiva è tutto ciò che
è fatto da aziende, governi, scuole
e università, ONG, territori e dalla
società civile per preparare un
futuro migliore a chi verrà dopo
di noi.
Un’idea di economia che già oggi
è una parte integrante del nostro
sistema nazionale.
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Esiste infatti un’Italia virtuosa e
troppo spesso sottovalutata. È
l’Italia
del
volontariato,
dell’impresa
sociale,
delle
cooperative, di quello che viene
definito Terzo settore. Un punto
nevralgico della nostra economia:
da solo, il Terzo settore vale oltre
il 7% del PIL italiano e offre
servizi
alla
persona
che
alleggeriscono i costi dello Stato e
contribuiscono a rispondere ai
bisogni delle fasce più deboli.
Le
istituzioni
non
sempre
appaiono sensibili alle istanze del
Terzo settore ed in alcuni casi
assistiamo, nel silenzio complice
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della politica nazionale ed
europea, a scelte che addirittura
arrivano ad offendere non
soltanto chi opera nel Terzo
settore, ma anche tutti i cittadini
onesti.
Il Prodotto interno lordo sembra
ormai
diventato
l’unico
strumento per la valutazione del
benessere
di
un’economia
nazionale.
Dal
2014,
nella
compilazione dei bilanci destinati
al calcolo del PIL, i Paesi membri
dell’Unione
Europea
sono
obbligati ad inserire anche i
proventi di attività illecite, come il
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traffico
di
prostituzione.
droga
o
la
Il volontariato è incredibilmente
escluso da questo calcolo.
È una scelta che insulta la logica,
ma crediamo anche la coscienza
della maggior parte delle persone.
Sono le storture di un sistema di
valutazione che favorisce criteri
divisivi e di esclusione sociale,
invece di supportare percorsi di
aggregazione virtuosa.
Una dittatura, quella del PIL, che
premia, ad esempio, i paesi in cui,
a parità di standard sanitari i costi
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dei farmaci e dei servizi sanitari
sostenuti dai cittadini sono
maggiori.
Da anni, molti economisti e
intellettuali
hanno
proposto
strumenti e modelli alternativi al
PIL nella valutazione dello stato
di
salute
di
un’economia,
attraverso indicatori nuovi che
evidenzino
anche
l’impatto
sociale dell’impresa, l’attenzione
ai territori, alle comunità, a chi è
oggi più in difficoltà, come i
poveri, gli immigrati, i malati.
Esistono
già
delle
valide
esperienze internazionali alle
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quali guardare, come gli Indici
dell’Economia
Positiva
individuati da Jacques Attali o lo
stesso BES calcolato dall’Istat,
seppure quest’ultimo risenta di
un eccesso di complessità – non a
caso viene molto poco preso a
riferimento dal decisore pubblico.
Ora è venuto il momento di un
cambio di passo.
Perché l’economia di un paese,
ovvero il suo stato di salute, si
deve
calcolare
attraverso
indicatori che analizzino la
qualità della vita di quel paese,
l’efficienza della sua giustizia, il
livello di tutela dell’ambiente,
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l’attenzione al consumo di risorse
naturali, la sua capacità di
inclusione sociale e di genere.
Con questo manifesto invitiamo le
istituzioni nazionali a un cambio
di passo effettivo teso a favorire
l’affermazione di nuovi modelli
come
quelli
dell’economia
positiva, dell’economia circolare e
dell’economia civile, in linea con
gli obiettivi dell’Agenda ONU
2030.
Crediamo che occorra fare di più
per superare la dittatura del
Prodotto Interno Lordo.
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Per questo, punti fermi del futuro
“Manifesto contro la dittatura del
PIL”, saranno:
1) La valutazione di strumenti
complementari al PIL nel
calcolo del livello di benessere
dell’economia nazionale.
2) L’inclusione delle attività
derivanti
dal
volontariato
all’interno del calcolo del
Prodotto
interno
lordo
nazionale, a testimonianza del
contributo economico garantito
da queste realtà all’economia
nazionale.
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3) Un deciso e aperto contrasto
in sede europea da parte delle
Istituzioni
nazionali
al
mantenimento dei proventi
derivanti da attività illecite nel
calcolo del Prodotto interno
lordo da parte di Eurostat.
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