Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Atomi con piu’ di un elettrone 1 Gli atomi con parecchi elettroni sono molto piu' complessi ed interessanti dell'atomo di Idrogeno e mostrano una fenomenologia molto piu' varia. Le funzioni d'onda dipendono da 3 coordinate spaziali e da una variabile di spin per ogni elettrone. PARTE PRIMA 1-Spettroscopie dei livelli profondi e struttura a gusci dell' atomo 2-Metodo di Hartree-Fock 3-Struttura dell'atomo nell'approssimazione del campo centrale PARTE SECONDA 1- Transizioni radiative negli atomi 2-Metodo di Hartree-Fock-parte seconda-parte seconda 3-Struttura dell'atomo nell'approssimazione del campo centrale-parte seconda 4-Effetto Stark 5- Effetto Zeeman 6-Effetto Auger-parte seconda Appendice. Dimostrazione euristica del Teorema di Wigner-Eckart con applicazione alla struttura fine degli atomi. PARTE PRIMA 1-Spettroscopie dei livelli profondi e struttura a gusci dell' atomo Varie spettroscopie permettono di osservare la struttura a gusci degli atomi plurielettronici. Cio’ significa che entro certi limiti possiamo parlare di stati a un elettrone nell'atomo; questi stati sono organizzati in gusci etichettati dal numero quantico principale n, ed i livelli dipendono da n e da L (mentre quelli di H dipendono da L). I gusci interni, interamente occupati da elettroni nello stato fondamentale, formano il "core" sferico-simmetrico dell'atomo, mentre il guscio piu' esterno puo' essere parzialmente occupato. I gusci con l≠0 sono risolti in sottogusci dall'interazione spin-orbita, e l’ordine dei livelli e’ lo stesso che nell’atomo di H, a parte la dipendenza da L. 1 Per chi volesse proseguire lo studio di questi argomenti, e' disponibile in Biblioteca anche il mio libro: "Corso di Fisica Atomica e Molecolare-Introduzione alla fisica teorica per strutturisti", @ Nuova Cultura, 2a edizione (1998). Per spiegazioni: stanza 4596 , Tel. 4596, e-mail [email protected]. = 1= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Nella tecnica nota come X-Ray Absorption (assorbimento di raggi X) si espone il campione a raggi X di frequenza nota ω e si misura il coefficiente di assorbimento α(ω). Per un dato campione, α dipende dall'energia dei fotoni, e, se lavoriamo coi raggi X in bassa risoluzione, la dipendenza e' analoga per un campione gassoso o solido, quindi possiamo pensare di fare la misura, per esempio, su un pezzo di Pb, come nel caso in figura. Il grafico sperimentale in scala log-log mostra che il cofficiente di assorbimento (linea nera) scende da 2 106 cm -1 per fotoni da 1 KeV a circa 10 cm -1 per fotoni da 10 MeV. Si osserva che α presenta un repentino incremento quando l'energia del fotone supera l'energia di legame di un guscio interno; Infatti, a quell'energia, nuovi elettroni sono capaci di transire nel continuo, ed il loro contributo ad α rimane importante fino ad energie pari a varie volte la soglia, per poi declinare. L’ultimo salto a circa 100 KeV corisponde al livello piu’ interno; quello precedente, a circa 10 KeV, mostra struttura. La nomenclatura usata per i gusci e sottogusci e' la seguente: 1s1/2 2s1/2 2p1/2 2p3/2 3s1/2 . 3p1/2 ............ K LI LI I LI I I MI MI I ............. Essa e' stata introdotta prima che nascesse la meccanica quantistica e ci fosse una spiegazione teorica della stuttura atomica, ma e' rimasta in uso. Ecco per esempio i gusci del Ferro. Fe(Z=26) Energia Guscio Legame K 7112.0eV = 2= Atomi con piu’ di un elettrone LI LII LIII MI MII MIII a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini 842.0 719.9 706.8 94.0 52.7 52.7 In un esperimento di fotoemissione irraggiamo il campione con raggi X monocromatici, di pulsazione ω, ed osserviamo gli elettroni emessi analizzandoli in energia cinetica Ek . Uno spettro di fotoemissione e' un grafico della corrente dei fotoelettroni in funzione di Ek , e presenta una serie di righe, ciascuna delle quali corrisponde a uno dei gusci o sottogusci. Ad ogni riga possiamo assegnare l'energia di legame E B = h -E k . E’ molto notevole il fatto che per tutti gli atomi, gli stati di valenza hanno EB dell'ordine di 10 eV; d’altra parte per tutti gli elementi dall’Idrogeno (Z=1) ai transuranici (Z dell’ordine di 100) un atomo e’ sempre un oggetto da un Angstrom. I gusci profondi o "di core" hanno EB molto piu' variabili e grandi, >0.1 MeV alla fine del sistema periodico. A seconda dei legami chimici in cui l'atomo e' coinvolto, le EB variano in piu' o meno di qualche eV; questa variazione e' percentualmente piccola per i livelli di core, ma e' importante per quelli di valenza. Dopo che un elettrone interno e' stato emesso (per fotoemissione, ma anche per urto di elettroni veloci, etc.) l'atomo rimane con una lacuna, o buco. Questo stato e' altamente eccitato e instabile, e deve decadere in stati senza buchi interni. Un elettrone in un livello soprastante puo' riempire il buco emettendo un fotone. In Emissione di raggi X (X-Ray Emission) si studia lo spettro della radiazione emessa. Nel caso di un buco K, si osservano, in accordo con le regole di selezione 2, le seguenti transizioni: Kα 2p1/2→1s1/2 , 2p3/2→1s1/2 Kβ 3p1/2→1s1/2 , 3p3/2→1s1/2 Kγ 4p1/2→1s1/2 , 4p3/2→1s1/2 etc. Con adeguata risoluzione, le righe Kα ,K β ,K γ , ... , si risolvono in doppietti a causa della struttura fine. Ad esempio, nel Fe (Z=26) le righe K sono: 2Il nostro discorso e' un po' semplificato. Le regole di selezione di dipolo non sono del tutto affidabili nella regione dei raggi X, quando la lunghezza d'onda e' confrontabile con le dimensioni atomiche, e lo spettro mostra anche delle deboli righe "proibite". = 3= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Transizione hν (eV) 6403.8 K α1 Kα2 6390.8 Kβ1 7058.0 3d 5/2 3d 3/2 3p M 3s 3p 3/2 1/2 2p 1/2 L 2s Kα K Kβ 2p 3/2 1/2 1s 1/2 Una lacuna L da' luogo alla serie Lα ,L β ,L γ , ...dove ogni riga ha una struttura interna che si puo' ricostruire dallo schema dei livelli con le regole di selezione. Storicamente, queste osservazioni furono importanti per confermare qualitativamente il modello di Bohr. La legge empirica di Moseley (1913) stabilisce che la frequenza emessa in ciascuna riga e' proporzionale a Z2. Cio' si puo' capire se si suppone che Z 2e 4m 1 2 Ze2 1 1 2 − 2 = 2 − 12 , dove a = h h n 2 → n1 = 2 e’ il raggio di 0 2a0 n1 2h n1 n2 n2 me 2 Z Bohr, n1 ed n2 sono i numeri quantici principali del guscio piu' interno e di quello piu' esterno, rispettivamente3. In realta' la legge di Moseley e', sugli standard odierni, molto grossolana, ed anche le energie En dei livelli interni sono male rappresentate dalla formula di Bohr. Per forzare l'accordo con l'esperimento uno puo' scrivere (Z − n )2 e 4 m En = − , dove le costanti semiempiriche σn indipendenti da Z 2h2 n 2 servono per includere lo schermo del campo del nucleo da parte degli elettroni atomici piu' interni di quello considerato. I valori consigliati crescono con n: σ1 e' fra 1 e 2, σ2 fra 7.4 e 9.4, etc. 3Il risultato di Moseley puo' apparire banale, con il senno di poi. In realta' e' stato importantissimo, perche' ha portato a introdurre Z. Prima, si pensava che il sistema di Mendeleev dovesse ordinare gli atomi secondo il peso atomico. Purtroppo, poco dopo aver stabilito questo risultato fondamentale, Moseley fu spedito al fronte, e fu ucciso nella Grande Guerra. = 4= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Un’altra spettroscopia importante si basa sull’ Effetto Auger4. Nel 1925, Pierre Auger scopri' l'effetto che porta il suo nome mentre studiava il processo di emissione di un elettrone da parte di un atomo che assorbe un fotone, cioe' (per dirlo in termini moderni) la fotoemissione. Bombardando con raggi X di frequenza ν definita gli atomi di gas nobile presenti in una camera di Wilson, si osservano le tracce lasciate dai fotoelettroni; la lunghezza di ogni traccia e' proporzionale all'energia cinetica dell'elettrone fotoemesso. Se l'energia di legame dell'elettrone nell'atomo e' Eb, l'energia cinetica e' Ek =hν−Eb. Ogni elemento e' caratterizzato dai diversi valori possibili di Eb, che corrispondono ai vari gusci e sotto-gusci occupati. Ma la scoperta inattesa fu che da uno stesso centro talvolta si vedevano irradiare piu' tracce, e mentre una di queste obbediva alla relazione Ek =hν−Eb, le altre avevano energie EA caratteristiche della specie atomica, ma indipendenti da ν. Questi sono gli elettroni Auger. La legge empirica trovata da P. Auger per descrivere i fenomeni osservati e' EA (ijk) = E B (i)-EB (j)-E B (k) dove E B (α) e' una qualsiasi delle energie di legame permesse per la specie atomica in esame; dunque, EA (ijk) e' legata a 3 livelli elettronici, ed ogni atomo e' capace di emettere un suo spettro Auger, perche' ogni specie atomica ha solo certe EB (α) caratteristiche. La legge empirica suggerisce un'interpretazione: raggi X di frequenza adeguata producono una lacuna "primaria" nello stato di energia di legame EB (i), ed un normale fotoelettrone; ben presto, la lacuna primaria viene riempita dall'elettrone j, in un livello soprastante, e l'energia guadagnata nel processo viene ceduta in qualche modo ad un elettrone in uno stato k, che si trasforma cosi' in elettrone Auger. Perche' una particolare transizione possa avvenire, occorre che tale lacuna sia abbastanza profonda perche' la sua energia di legame superi la somma di quelle delle buche finali. Beninteso, la conservazione dell'energia e' compatibile con ambedue i processi a) e b) della figura, che sono indistinguibili. 4Le nozioni generali sulla natura dell'effetto Auger sono esposte in un mio articolo scritto per il Dizionario delle Scienze Fisiche della Treccani (1991). Per gli spettri atomici e la loro interpretazione, il libro di Chattarji, "Theory of Auger Transitions", (1976) e' un riferimento essenziale. = 5= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 k k j j i i a) Prof. Michele Cini b) Le transizioni Auger vengono denotate con i simboli spettroscopici dei gusci (o, piu' precisamente, dei sotto-gusci) coinvolti: cosi' una transizione KL1M2 e'dovuta ad una buca primaria nel guscio K che decade lasciando nello stato finale due buche L1 ed M2 piu' un elettrone Auger5. Si parla di transizioni di core-core-core, di core-valenza-valenza, etc., a seconda dei livelli profondi o periferici che sono coinvolti. L’effetto Auger e’ causato dall’interazione Coulombiana: due elettroni del sistema collidono e mentre uno riempie la lacuna primaria l’altro viene sparato via come elettrone Auger. Per interpretare teoricamente la struttura a gusci introdurremo il metodo del campo medio, o di Hartree-Fock. Studieremo poi il metodo del campo centrale che permette di arrivare semplicemente a molti risultati sulla struttura dell’atomo e sulle sue spettroscopie. 2-Metodo di Hartree-Fock Tutti i problemi di Meccanica Quantistica di cui gli Studenti conoscono la soluzione esatta sono unidimensionali, o sono riducibili a problemi unidimensionali grazie ad opportune separazioni di variabili6. Un problema ad una dimensione puo' non essere risolubile in termini di funzioni tabulate, ma se ne viene comunque a capo, almeno numericamente. Gia' un'equazione alle derivate parziali in due variabili x,y e' assai piu' complicata di un'equazione differenziale ordinaria, a meno che le variabili non siano separabili; tuttavia, il problema puo' essere discretizzato su una griglia a 2 dimensioni, e 5Le transizioni Auger in cui le buche i,j e k appartengono ad uno stesso guscio atomico si chiamano di Coster-Kronig; quelle in cui appartengono ad uno stesso sotto-guscio si chiamano di super-Coster-Kronig. Transizioni di questo genere si osservano spesso nel decadimento di lacune appartenenti a gusci periferici di atomi complessi, e possono dar luogo ad elettroni Auger di energia molto bassa, anche solo di qualche eV; in altri casi, le transizioni risultano energeticamente proibite. C'e' tutto un armamentario di metodi per trattare i casi non separabili, ma i problemi quantistici esattamente risolti restano comunque l'eccezione, piuttosto che la regola. 6 = 6= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini risolto numericamente. Per una particella senza spin avremo a che fare con 3 variabili, e se queste non sono separabili dovremo discretizzarlo su una griglia a 3 dimensioni. Per un elettrone di Pauli c’e’ uno spinore a due componenti da determinare, ma in sostanza l'equazione di Schrödinger-Pauli hφ=εφ per 1 elettrone in un potenziale dato e’ trattabile, e noi possiamo calcolare le autofunzioni spin-orbitali 1 ( x ), 2 ( x ),K (dove x include la variabile di spin). Ma con molte particelle non possiamo piu' procedere allo stesso modo, perche' il numero dei gradi di liberta' esplode, se non c'e' separazione di variabili; e le variabili si separano se e solo se non c'e' interazione fra le particelle. Per esempio, un problema con 2 elettroni si separa se H=h1 + h2 , vale a dire, se non c'e' interazione. Siano gli spin-orbitali 1 ( x ), 2 ( x ) autostati di h(x): allora con Φ(1,2) = 1 (x1 ) 2 (x 2 ) l'equazione H Φ(1,2) = E Φ(1,2) e' soddisfatta. Pero’ la soluzione non e’ accettabile perche’ non soddisfa la statistica di Fermi: hanno senso fisico quelle combinazioni delle Φ(1,2) che soddisfano il principio di antisimmetria. Poco male. Bastera' scrivere (x ) (x )- 1 (x 2 ) 2 (x1 ) Φ(1,2) = 1 1 2 2 2 dove il secondo membro e' un determinante di Slater. La vera difficolta' nasce dall'interazione fra gli elettroni, per cui H non e' additiva, e quindi il problema non e' separabile, resta molto difficile, e richiede approssimazioni. Ci sono vari metodi efficaci. Nel metodo di Hartree-Fock si postula la forma determinantale della Φ e si cercano gli spin-orbitali φi ottimali secondo il Metodo Variazionale, che adesso richiameremo. Altri nomi dello stesso approccio sono "metodo del campo medio", o mean field (MF), metodo del campo autoconsistente, o self-consistent field (SCF). Esso si basa su una approssimata separazione delle variabili, e' molto piu' trattabile del problema esatto, da' risultati parziali, ma apprezzabili, ed e' il punto di partenza della moderna teoria "many-body". Metodo Variazionale Questo metodo e' noto, e mi limito a richiamarlo con alcune osservazioni cruciali. 1)Sia φ una funzione d'onda di un arbitrario sistema quantistico, ad una o molte particelle, normalizzata con N=<φ|φ>=1. L'energia E[ ] =< | H | > e' un funzionale, cioe’ dipende da tutti i valori che φ assume al variare delle sue variabili indipendenti. Poiche’ φ figura nel bra e nel ket, E e' un funzionale quadratico di φ. Studiamo l'effetto su E di una variazione di φ che supponiamo infinitesima ma per il resto arbitraria. Per caratterizzare la variazione scriveremo φ→φ+αη dove η e' una funzione complessa arbitraria delle stesse = 7= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini variabili da cui dipende φ, mentre α→0 e' un parametro complesso il cui modulo e' infinitesimo; beninteso, anche la fase di α e' arbitraria. La variazione dell'energia E=<φ|H|φ> che consegue da φ→φ+αη, al primo ordine in α, e' δE=α * <η|H|φ>+α<φ|H|η> + O(α 2), mentre δN=α * <η|φ>+α<φ|η> + O(α 2). Poiche' α e' piccolo, trascuriamo gli O(α 2). La condizione che E sia stazionario rispetto alle variazioni di φ e' {δE=0, η abitrario}; ma questa condizione e' troppo forte per essere interessante dato che variazioni di φ che non conservino la normalizzazione sono del tutto prive di significato fisico. La condizione fisicamente rilevante e’ che E sia stazionario sotto il vincolo N=1; questo si puo' imporre con un moltiplicatore di Lagrange λ, scrivendo δE-λδN=0, cioe' δ(E-λN)=0. Si noti che questa condizione di minimo vincolato si ottiene da quella di minimo non vincolato δE=0 sostituendo H con H-λ. In questo modo, |φ> dipende dal moltiplicatore λ , il cui valore e' infine fissato imponendo N=1. Applicando il metodo di Lagrange, risulta che α * <η|H-λ|φ>+α<φ|H-λ|η>=0. Scegliendo α reale, ne concludiamo che <η|H-λ|φ>+<φ|H-λ|η>=0; scegliendolo immaginario puro, ne concludiamo che <η|H-λ|φ>-<φ|H-λ|η>=0; poiche' la fase di α e' arbitraria, occorre che sia <η|H-λ|φ>=0. Ma anche η e' arbitrario e quindi deduciamo l’equazione di Schrödinger (H-λ)|φ>=0. Cosi' λ coincide con l'autovalore E. Riassumendo, {Hφ=Eφ, <φ|φ>=1} ⇔ {δ(E-λN)=0, λ=E} ⇔ {δ(E)=0, col vincolo N=1}. Abbiamo trovato un altro modo di scrivere l'equazione di Schrödinger. Il principio variazionale vale per tutti gli autostati, ed il moltiplicatore di Lagrange e' l'autovalore dell'energia. Lo stato fondamentale e’ il minimo assoluto. 2) Se variamo solo il bra, cioe' ridefiniamo δE e δN con δE=α * <η|H|φ>, δN=α * <η|φ>, non commettiamo alcun errore, perche' la variazione del ket da' una informazione ridondante. Otteniamo lo stesso principio variazionale con meno algebra. Quindi la regola e': basta variare il bra. 3) Fin qui tutto e' esatto, e non c'e' niente che escluda gli stati eccitati. Pero' l'utilita' del metodo sta nella possibilita' di generare approssimazioni. Si sceglie una classe limitata di φ, e si cercano gli stati stazionari entro quella classe. Se la vera φ dello stato fondamentale non appartiene alla classe di funzioni considerate, si = 8= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini ottiene un valore di E sempre piu' alto del vero, e l'approssimazione migliora allargando la classe di funzioni. Ma per gli stati eccitati vi sono severe limitazioni. Il problema e' che i veri autostati sono tutti ortogonali fra loro, ma la stessa proprieta' non e' garantita 1 per le che corrispondono ai punti stazionari in una classe limitata di funzioni. Non possiamo in alcun modo rinunciare all'ortogonalita', e non possiamo dare alcun significato fisico ad uno stato eccitato che non sia ortogonale a quello fondamentale. D’altra parte, se lo ortogonalizziamo, il principio variazionale non e' piu' soddisfatto. Che possiamo fare? Dobbiamo in genere studiare gli stati eccitati con la teoria perturbativa o altri metodi. C'e' una eccezione molto importante: lo stato piu' basso di ogni tipo di simmetria si puo' sempre cercare col metodo variazionale. In un atomo, stati con autovalori J diversi del momento angolare sono automaticamente ortogonali, cosi' se la funzione con cui si approssima lo stato fondamentale di un atomo ha per esempio J=0, e quella con cui cerchiamo il primo stato eccitato ha un J diverso, possiamo usare il principio variazionale con la garanzia che i due stati verranno ortogonali. Il discorso si generalizza ad ogni tipo di simmetria7, perche' una simmetria e' un operatore X, unitario ‡ ‡ ( XX = 1= X X ), tale che [H,X]- =0. Autostati di un operatore unitario X appartenenti ad autovalori diversi sono ortogonali, come e' noto dal Corso di Metodi Matematici per la Fisica 8. Vediamo una applicazione del metodo. Stato fondamentale dell'atomo di He nel metodo di Hartree Trascureremo tutti gli effetti relativistici, e tratteremo il nucleo come una carica puntiforme e fissa. L'atomo di He e' descritto dall'Hamiltoniano modello In questo Corso si studia il metodo LCAO (Linear Combination of Atomic Orbitals), che serve per approssimare gli orbitali molecolari come combinazioni lineari degli orbitali atomici. Si vedra' che in quel metodo tutti gli autostati approssimati sono ortogonali; cio' e' dovuto alla particolare scelta delle funzioni di prova, ma il principio variazionale di per se' non assicura l'ortogonalita'. 7J e' il generatore infinitesimo, hermitiano, delle rotazioni, che sono simmetrie e sono rappresentate da operatori unitari. 8Se Xφ =ei α φ e Xφ =ei βφ , ( , ) = ( , X ‡ X ) = ( X , X ) = e i( − ) ( , ) e, 1 1 2 2 1 2 1 2 1 2 1 2 con α≠β, questo richiede (φ1,φ2)=0. 1 = 9= Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 H = h1 + h 2 + Prof. Michele Cini 1 ; r12 qui stiamo usando unita' atomiche , con e2 =1, h = 1, m=1 ed indichiamo con hi l'Hamiltoniano "a un corpo" dell'elettrone iesimo; vale a dire, hi = − ∇i 2 Z − 2 ri dove ∇ i deriva rispetto alle coordinate dell'elettrone iesimo, che si trova a distanza ri dal nucleo. Vogliamo trovare una descrizione approssimata dello stato fondamentale usando il metodo variazionale. Attribuiamo allo stato fondamentale la configurazione 1s2, cioe' lo descriviamo come He 1s2 1S, dove 1S significa singoletto con L=0. Chiamiamo a(r) l'orbitale 1s, che e' una funzione incognita delle coordinate. Come funzione di prova, prendiamo un determinante di Slater, ovvero il singoletto r r 1 a(r1 ) (1) a(r2 ) (2) r ; Φ= r 2 a( r1 ) (1) a( r2 ) (2) semplificando un po' la notazione scriveremo 1 a(1) (1) a(2) (2) a(1)a(2)[ (1) (2) − (1) (2)] = = a(1)a(2) S . 2 a(1) (1) a(2) (2) 2 Non poniamo alcuna restrizione sulla forma di a(r); cerchiamo cioe' la migliore soluzione determinantale possibile. Calcoliamo Φ= E =< Φ|H|Φ >; poiche' l' autofunzione di singoletto χS e' gia' normalizzata a 1 e lo spin non figura in H, si ottiene r r r r r r E = (a(1)a(2)| H | a(1)a(2)) ≡ ∫ dr1 dr2 a * (r1 )a* (r2 )Ha(r1 )a(r2 ). Si noti che se invece di partire dalla | > correttamente antisimmetrizzata avessimo preso | >=a(1)a(2) (1) (2) avremmo trovato lo stesso risultato. Sostituendo l'espressione di H, si trova: E = (a(1)| h(1)| a(1))+ (a(2)| h(2) | a(2)) + (a(1)a(2)| 1 | a(1)a(2)) = r12 1 = 2(a | h | a) + (a(1)a(2)| | a(1)a(2)). r12 r * r r Qui, (a | h | a) ≡ ∫ dr a ( r) ha(r ). Dobbiamo imporre δE=0 sotto il vincolo N =<Φ|Φ>=1. Il metodo dei moltiplicatori di Lagrange porta alla condizione unica = 10 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 E = dove ε e' appunto il moltiplicatore. Prof. Michele Cini N Nei problemi variazionali basta variare il bra; cosi' otteniamo E = 2( a | h | a) + ( a(1)a(2)| 1 1 | a(1)a(2)) + (a(1) a(2)| | a(1)a(2)) = r12 r12 1 | a(1)a(2)), r12 dove l'ultimo passaggio e' solo un cambiamento di variabili. Imponiamo la normalizzazione: Φ risulta correttamente normalizzata se l'orbitale e' normalizzato, quindi la condizione e' N=|<a|a>|2=1, o anche <a|a>=1. Variando ancora il solo bra, 2( a | h | a) + 2( a(1)a(2)| δ<a|a>=<δa|a> , e δE = εδ<a|a> diventa, esplicitando gli elementi di matrice, 1 a(1)a(2)d3 r1 d3 r2 r12 Dal momento che δa e' arbitrario, deve aversi ∫ a* (r)h(r)a(r)d 3 r + ∫ ∫ a* (1)a* (2) = ∫ a* (r)a(r)d3 r. 1 a(2)d3 r2 = a(1). r12 Con questa equazione di Hartree possiamo determinare l'orbitale a(r) che e' ottimale in senso variazionale. Essa e' della forma di una equazione di Schrödinger per un elettrone. Il potenziale in cui l'elettrone si muove e' la somma di quello del nucleo (contenuto in h) e del potenziale di Hartree h(1)a(1)+ a(1)∫ a* (2) V H (r) = ∫ a* (2) 1 a(2)d 3 r2 ; r12 questo e' il potenziale elettrostatico dovuto alla distribuzione di carica media creata dall'elettrone di spin opposto, in cui si muove l'elettrone considerato. Usando una funzione variazionale ad un solo parametro Z della forma a(r) = Z3 e− Zr si ottiene per l'atomo di He, com'e' ben noto, una energia di legame Eb=77.483 eV; questo va confrontato con il valore sperimentale Eb≈79.0 eV, che possiamo identificare col risultato esatto (a parte piccole correzioni dovute ad effetti relativistici, alla massa finita del nucleo, etc.). L'errore e' di circa 1.5 eV. Nell'equazione di Hartree non si e' imposta alcuna restrizione alla forma dell'orbitale, e i calcoli = 11 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini sono considerevolmente piu' complicati. Con metodi numerici, si ottiene alla fine Eb = 77.866 eV, con un miglioramento di soli 0.383 eV. Resta tutta da capire, a questo punto, una "energia di correlazione" di ≈ 1.1 eV. Si definiscono effetti di correlazione tutti i fatti che non si capiscono col metodo di HF. Gli effetti di correlazione conseguono dal fatto che la vera funzione d'onda non e' della forma determinantale; il potenziale dell'altro elettrone puo' solo approssimativamente essere sostituito da VH. In realta' un elettrone interagisce con l'altro, non con la sua distribuzione media. Infatti, l'atomo di He e' descritto molto piu' accuratamente dalle funzioni d'onda non determinantali di Hylleraas. Queste sono funzioni d'onda bielettroniche della forma (s,d, r12 ) = e − ks ∑ C(a,b,c)s d r a b c 12 . abc dove s=r1+r2, d=r1-r 2 ; si somma su molti esponenti a,b,c e si minimizza l'energia rispetto ai parametri variazionali C(a,b,c) e k. La dipendenza da r12 e' un ingrediente essenziale del metodo, e consente di tener conto delle fluttuazioni di distanza fra i due elettroni. Tuttavia questo e’ un approccio di forza bruta, ed il numero di parametri variazionali cresce in modo proibitivo con il numero di particelle. Pur essendo meno preciso, il metodo di Hartree-Fock e' importante perche' e' piu' semplice e si presta molto meglio ad essere esteso al caso di molti corpi; inoltre puo' essere sistematicamente migliorato con metodi piu' avanzati. N.B. L'equazione di Hartree per lo stato fondamentale e' una equazione non lineare nell'incognita a(r), ma somiglia all'equazione di Schrödinger. Anch'essa ha infinite soluzioni "eccitate"; queste pero' non sono ortogonali allo stato fondamentale e non hanno significato fisico . Stato piu' basso dell'Ortoelio Lo stato piu' basso di ogni data simmetria, quello che corrisponde al minimo di E, e' approssimabile con questo metodo. Cio' si applica anche al tripletto 9 eccitato 1s2s 3S; la notazione comporta che noi pensiamo di promuovere un elettrone dall’orbitale piu’ basso 1s ad un orbitale eccitato ortonormale 2s, e questa e’ gia’ una descrizione qualitativa dello stato. Per la componente con MS=1 possiamo usare un singolo determinante che ha tutti i numeri quantici corretti. Per semplificare la notazione chiamiamo a l'orbitale 1s e b il 2s; beninteso, a non e' lo stesso che nello stato fondamentale. Prendiamo come funzione di prova 9 Invece il singoletto 1s2s 1S non possiamo trattarlo cosi’. = 12 = Atomi con piu’ di un elettrone Φ= a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini 1 a(1) (1) a(2) (2) a(1)b(2) − a(2)b(1) a(1)b(2) − a(2)b(1) =[ ] (1) (2) = [ ] b(1) (1) b(2) (2) 2 2 2 Allora, poiche' S=1 S z =1 S=1 Sz =1 . e' gia’ normalizzato, 1 E =< Φ | H | Φ >= (a(1)b(2) − a(2)b(1) | H | a(1)b(2) − a(2)b(1)) ; 2 dove l' elemento di matrice indicato con parentesi tonde comporta come prima l'integrazione sulle coordinate spaziali. Poiche' gli indici 1 e 2 sono muti, possiamo scrivere E = (a(1)b(2)|H|a(1)b(2)) - (a(1)b(2)|H|b(1)a(2)). Imponiamo < a |a >=< b | b >= 1, e mettendoci H = h1 + h2 + 1 , troviamo r12 che il primo contributo ad E viene (a(1) | h(1)| a(1)) + (b(2) | h(2) | b(2)) + (a(1)b(2)| 1 | a(1)b(2)) r12 mentre il secondo, cosiddetto di scambio, e’ −{( a(1)| h(1)| b(1)) < b(2)| a(2) > + < a(1)| b(1) > (b(2)| h(2)| a(2)) + 1 +(a(1)b(2)| | b(1)a(2))}. r12 Noi siamo liberi di prendere la funzione di prova come vogliamo, e costruiamo il determinante con orbitali a, b ortogonali. Quindi semplifichiamo E con la condizione10 <a|b>=0, ed otteniamo 1 E = (a | h | a) + (b | h | b) + (a(1)b(2)| | a(1)b(2)) + r12 1 −(a(1)b(2)| | b(1)a(2)) ≡ Ia + Ib + Cab − E ab . r12 Qui abbiamo definito, per usarli successivamente, gli integrali a un elettrone, come I a =(a | h |a), quello Coulombiano diretto 1 Cab = (a(1)b(2)| | a(1)b(2)), r12 e quello Coulombiano di scambio 1 Eab = (a(1)b(2)| | b(1)a(2)). r12 Il problema variazionale e' δE=0, soggetto alle condizioni <a|a>=1, <b|b>=1. Avremo cosi' i due moltiplicatori di Lagrange εa e εb. Variando a, troviamo 10Noi non seguiamo il procedimento standard, in quanto non imponiamo la condizione <a|b>=0 con un apposito moltiplicatore di Lagrange; verificheremo pero' che gli orbitali vengono automaticamente ortogonali, e non c'e' inconsistenza. = 13 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 E = ( a | h | a) + ( a(1)b(2)| −( a(1)b(2)| Prof. Michele Cini 1 | a(1)b(2)) + r12 1 | b(1)a(2)), r12 < a | a >=< a | a > . Introducendo il moltiplicatore di Lagrange, abbiamo δ[E-εa<a|a>]=0, cioe' ∫ d r a (r)h(r)a(r) + ∫ d 1∫ d 2 3 3 * − ∫ d 1∫ d 2 a (1)b (2) 3 3 * * 3 * * a (1)b (2) 1 b(1)a(2) = r12 1 a(1)b(2) − r12 ∫ d r a (r)a(r). 3 a * Poiche' δa e' arbitrario, 1 1 3 * b(2) − b(1)∫ d 2b (2) a(2) = r12 r12 Analogamente, variando b, otteniamo h(1)a(1)+ a(1)∫ d 2b (2) 3 * h(1)b(1)+ b(1)∫ d 3 2a* (2) 1 1 a(2) − a(1)∫ d3 2a* (2) b(2) = r12 r12 a a(1). b b(1). Queste sono le equazioni di Hartree-Fock (HF) per il problema in esame. Per spin paralleli si ha, oltre al potenziale di Hartree,o diretto, anche un "potenziale" di scambio, non locale. Il potenziale di Hartree opera nel modo classico, V d (x)a(x) = a(x)∫ dy b(y)* b(y) , |x − y| mentre quello di scambio non e' un potenziale nel senso usuale perche' da' V ex (x)a(x) = b(x) ∫ dy b* (y)a(y) . | x − y| Vex e' detto non locale perche' il secondo membro non dipende solo dal valore "locale" di a. Cosi', V d ha analogo classico ed un significato fisico ovvio; Vex e' puramente quantistico ed il suo significato, che e' piu' sottile, sara' discusso nel seguito. Se fossimo partiti da un semplice prodotto, invece che da un determinante di Slater, avremmo = 14 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini ottenuto V d ma non Vex . Il procedimento semplificato che trascura lo scambio e' il metodo di Hartree, ed e' stato anch'esso largamente applicato agli atomi con molti elettroni. Va notato che esso non ignora del tutto il principio di Pauli, in quanto tale principio e' usato nel riempire gli orbitali secondo l'aufbau. Come si nota dalla figura, i calcoli alla Hartree riproducono correttamente l’andamento a gusci della densita’ di carica. Torniamo ora alla ortogonalita' di a e b. Riprendiamo l'equazione di HF per |a> e moltiplichiamola scalarmente per |b>. < b|h|a > + ∫ d 1∫ d 2 3 3 b* (1)a(1)|b(2)|2 −|b(1)|2 b * (2)a(2) = r12 a ba . L'integrale sembra formidabile ma e' nullo, come si vede scambiando 1 e 2 nel secondo termine. Quindi, resta <b|h|a> = εa<b|a> e scambiando i ruoli di a e b, <a|h|b> = εb<a|b>. Prendendo il complesso coniugato di quest'ultima, dal momento che h e' hermitiano, si ottiene <b|h|a> = εb<b|a> e sottraendo questa dalla prima si trova. in perfetta analogia con l'equazione di Schrödinger, 0=( εa - εb)<b|a>. Quindi il metodo HF fornisce orbitali ortogonali 11. Riassumendo: gli orbitali di HF sono ortogonali, quindi l'energia calcolata con essi e' davvero E = Ia + Ib + Cab − Eab . Questa e' l'espressione da cui abbiamo ricavato le equazioni di HF, che pertanto rappresentano la condizione di estremo per determinanti costruiti con orbitali ortogonali. Tutto e' consistente. Non occorreva, allora, usare un moltiplicatore di Lagrange apposta per garantire <b|a>=0; se uno lo introduce, secondo il procedimento usato dai libri, perviene allo stesso risultato per una via un po' piu' complicata. 11Gli orbitali che corrispondono ad autovalori diversi sono automaticamente ortogonali; d'altra parte, in caso di degenerazione, uno puo' sempre pensare di rimuoverla con un potenziale esterno infinitesimo, ottenendo cosi' un set di orbitali ortogonali senza cambiare la fisica. = 15 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini L'analogia fra le equazioni di Hartree-Fock e quella di Schrödinger suggerisce che ogni εa rappresenti l'energia di un elettrone atomico che occupa lo spinorbitale a. Bisogna pero' rendersi conto che nessun osservabile fisico corrisponde appieno a una tale descrizione. Il concetto di "energia di un orbitale " e' molto vago e va usato con cautela nei problemi interagenti. Per vederlo, consideriamo il prodotto scalare della equazione di Hartree-Fock per a con |a>. Otteniamo < a(1)|h(1)|a(1) > + ∫ d31∫ d3 2|a(1)|2 |b(2)|2 − ∫ d 1∫ d 2a (1)b(1)a(2)b (2) 3 cioe' 3 * * 1 = r12 a 1 r12 , εa = Ia +Cab - Eab. Analogamente, εb = Ib +Cba - Eba; ma Cba =Cab , Eba =Eab , com'e' evidente dalle definizioni, con a e b reali (come possono sempre essere presi, in assenza di campo magnetico). Quindi, a + b = Ia + I b + 2(C ab - E ab ) ≠ E = I a + I b + C ab - E ab, e l'energia dell'atomo non e' la somma delle energie degli orbitali. Il significato fisico degli ε e' piuttosto quello di potenziali di ionizzazione approssimati. Si puo' pensare, ad esempio, di fotoionizzare l'atomo, mandando un elettrone in uno stato libero di energia cinetica nulla (cioe', alla soglia del continuo, alias livello di vuoto). Il potenziale di ionizzazione e' la differenza fra l'energia dello stato iniziale He 1s2s 3S e quella dello stato finale He +. Un atomo di He 1s2s 3S ha energia E= Ia + Ib + Cab - Eab , dove a=1s, b=2s; se togliamo l'elettrone b, e vogliamo stimare l'energia dello ione finale coi dati disponibili, dobbiamo sottrarre dall' energia sia Ib che Cab e -Eab ; in tutto, dovremo sottrarre giusto εb. Dunque, gli ε sono le stime dei potenziali di ionizzazione che possono essere fatte a partire dai risultati di un calcolo Hartree-Fock: questo fatto e' noto come teorema di Koopmans, ed e' importante perche' significa che dopo tutto i calcoli Hartree-Fock una certa informazione sugli stati eccitati la contengono. Il principale punto debole di questa approssimazione e' facile da capire. Nel nostro esempio dell'atomo di He 1s2s 3S, lo ione finale e' idrogenoide (con Z=2), e sarebbe logico descrivere lo stato dell'elettrone superstite con un orbitale idrogenoide. Se stimiamo il potenziale di fotoionizzazione con l'autovalore di Koopmans, descriviamo l'elettrone finale come se continuasse imperterrito ad occupare l'orbitale non rilassato a, nel calcolo del quale interveniva = 16 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini anche il potenziale dell'elettrone b. Gli autovalori di Koopmans sono potenziali di ionizzazione nell'approssimazione in cui gli orbitali rimangono "congelati" . Si puo' parzialmente ovviare a questo problema eseguendo calcoli Hartree-Fock separati per l'atomo iniziale e per lo ione finale (metodo ∆SCF); rimangono comunque degli errori dovuti agli effetti di correlazione. Generalizzazione ad N elettroni. La funzione d'onda di prova del metodo HF u1 (1 ) u1 (2 ) . . u1 ( N) 1 1 1 u2 2 (1 ) u2 2 (2 ) . . u2 2 ( N) 1 . Φ(1,2,⋅⋅⋅, N) = det . (1) N! . . u (1) . . . u ( N ) N N N N e' un determinante di Slater costruito con N spin-orbitali ortonormali incogniti, con σ che denota la proiezione z dello spin σ=±1/2. Spesso la si indica con una notazione piu' sobria, come Φ(1,2,⋅⋅⋅, N) = u1 1 u2 2 ...uN N che significa la stessa cosa. Per ogni spinorbitale uλ , potremo definire come nel caso dell'He gli integrali a 1 corpo p2 Z − |u >, (2) 2m | r| e per ogni coppia di spinorbitali c'e' un integrale coulombiano I =< u | 1 |u (1)u (2)), (3) r12 ed uno di scambio, che e' 0 per spin antiparalleli, e vale 1 E = (u (1)u (2)| |u ( 2)u (1)) se gli spin sono paralleli. r12 L'energia totale dell'atomo con N elettroni viene C = (u (1)u (2)| 1 (4) ∑ (C − E ); 2 Sia ρ e' uno degli spin-orbitali. Poiche' ρ figura nella sommatoria doppia sia come primo che come secondo indice, il suo contributo a EN e' 1 1 I + ∑ (C − E ) + ∑ (C − E ) = I + ∑ (C − E ) ≡ ; 2 2 il risultato coincide con l' autovalore di Koopmans. Quindi, EN = ∑ I + = I + ∑ (C − E ) = E N − E (N−1) , (5) dove E(ρ)N-1 si riferisce al sistema ionizzato nello stato ρ, supponendo che tutti gli orbitali rimangano congelati. = 17 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Facciamoci un'idea del grado di precisione con cui possiamo stimare i potenziali di ionizzazione in questo modo. Un calcolo HF applicato allo ione Cu+, che ha tutti i gusci chiusi12, ha dato i seguenti livelli in unita' atomiche: guscio 1s 2s 2p 3s 3p 3d autovalore di Koopmans 658.4 82.3 71.83 10.65 7.27 1.6 energia di legame sperimentale 662 81.3 61.6 11.6 6.1 0.71 C'e' evidentemente una certa correlazione, e per gli orbitali profondi c'e' anche un accordo approssimativo, ma per il guscio piu' esterno l'errore supera il 100%. Mentre l'energia del vero stato fondamentale e' sempre piu' negativa di quella calcolata in approssimazione di Hartree-Fock, non c'e' alcuna relazione del genere fra gli autovalori ε ed i veri livelli del sistema. Questi ultimi non possono essere riferiti ad un orbitale, ma a stati ad N elettroni; quindi, una discussione adeguata esula dallo schema a particella singola, e si puo' ottenere da un formalismo a molti corpi come quello delle funzioni di Green. Non si tratta di complicare la teoria per avere valori piu' precisi dei livelli: in realta', se si migliora la risoluzione sperimentale, si scopre che i livelli non esistono piu'! Le righe spettrali sono "risonanze", con una larghezza finita ed una struttura interna, e la descrizione teorica e' molto piu' ricca ed interessante. Estremizzando EN sotto i vincoli dell'ortonormalita' degli spinorbitali, si ottiene l'immediata generalizzazione delle equazioni che abbiamo visto. Possiamo scrivere direttamente i risultati anche senza impostare di nuovo il calcolo variazionale. Il metodo di HF e' cosi' importante proprio perche' puo' essere formulato allo stesso modo per tutti i sistemi. Nell'equazione di HF per uno spinorbitale uν compare il potenziale diretto complessivo 12La configurazione e' 1s22s22p63s23p63d10 e tutti i gusci sono completamente occupati o vuoti. Questo comporta che e' possibile scrivere per lo stato fondamentale una funzione d'onda di prova monodeterminantale con L e S corretti, (ambedue nulli) ed il metodo di HF e' particolarmente adatto a questi casi. = 18 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini V d = ∑ V d (r) V d (r) = ∫ dr' u (r' ) 2 , (6) . | r − r' | dove la somma e' su tutti gli altri spinorbitali; compare anche il potenziale complessivo di scambio, ↑↑ V = ∑ V ex ex V e x(r) f (r) = u (r)∫ dr' dove la somma ↑↑ ∑ u (r' )* f (r') | r − r' | (7) . include solo gli altri spinorbitali con lo spin parallelo a quello di ν; introducendo l'operatore di Fock p2 Z d ex f= − + V (r) − V ( r) (8) 2m | r| l'equazione di HF assume la forma apparentemente semplice13 f uν (r) = εν uν . (9) Z + V d (r) − V ex (r) si chiama potenziale di HF; | r| non si deve perdere di vista il fatto che si tratta di un operatore non locale. La configurazione dello stato fondamentale di ogni specie atomica, riportata sulle tabelle di Mendelejeff, e' quella che da' la minima energia col metodo di Hartree-Fock (o con la sua estensione relativistica). Il potenziale totale V HF= − Atomo H He Li Be B C N O Z 1 2 3 4 5 6 7 8 configurazione (ls) (1s)2 (2s) (2s )2 (2s)2(2p) (2s)2(2 p) 2 (2s)2(2 p) 3 (2s)2(2p) 4 Atomo Ag Cd In Sn Sb Te I Xe 13In Z 47 48 49 50 51 52 53 54 configurazione (4d) l0 (5s) (4d) l0(5s)2 (5s)2(5p) (5s)2(5p) 2 (5s)2(5p) 3 (5s)2(5p) 4 (5s)2(5p) 5 (5p) 6 effetti si ha un sistema di equazioni integrodifferenziali non lineari accoppiate che solo i moderni calcolatori possono trattare in modo virtualmente esatto, e limitatamente a sistemi atomici o comunque relativamente semplici. Non sfugga pero' l'enorme semplificazione che il metodo comporta rispetto alla soluzione dell'equazione di Schrödinger. E' molto piu' facile trattare molte equazioni in poche variabili che una in molte variabili! = 19 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini F Ne Na Mg Al Si P S Cl 9 10 11 12 13 14 15 16 17 (2s)2(2p) 5 (2p) 6 (3s) (3s)2 (3s)2(3 p) (3s)2(3 p) 2 (3s)2(3 p) 3 (3s)2(3 p) 4 (3s)2(3 p) 5 Cs Ba La Ce Pr Nd Pm Sm Eu 55 56 57 58 59 60 61 62 63 (6s) (6s)2 (5d)(6s)2 (4f)(5d)(6s)2 (4f )3(6s)2 (4f )4(6s)2 (4f )5(6s)2 (4f )6(6s)2 (4f )7(6s)2 Ar K Ca Sc Ti V Cr Mn Fe Co Ni Cu Zn Ga Ge As Se Br Kr Rb Sr Y Zr Nb Mo Tc Ru Rh Pd 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 432 44 45 46 (3 p) 6 (4s) (4s)2 (3d)(4s)2 (3d ) 2(4s)2 (3d ) 3(4s)2 (3d ) 5(4s) (3d ) 5(4s)2 (3d ) 6(4s)2 (3d ) 7(4s)2 (3d ) 8(4s)2 (3d )'°(4s) (3d ) 10 (4s)2 (4s)2(4p) (4s)2(4p) 2 (4s)2(4p) 3 (4s)2(4p) 4 (4s)2(4p) 5 (4 p) 6 (5s) (5s)2 (4d)(5s)2 (4d ) 2(5s)2 (4d ) 4(5s) (4d ) 5(5s) (4d ) 5(5s)2 (4d ) 7(5s) (4d ) 8(5s) (4d) l0 Gd Tb Dy Ho Er Tm Yb Lu Hf Ta W Re Os Ir Pt Au Hg Tl Pb Bi Po At Rn Fr Ra Ac Th Pa U 64 65 66 67 68 69 70 71 72 73 74 75 76 77 78 79 80 81 82 83 84 85 86 87 88 89 90 91 92 (4f)7(5d)(6s)2 (4f )9(6s)2 (4f) l0(6s)2 (4f )11 (6s)2 (4f )12 (6s)2 (4f )13 (6s)2 (4f )14 (6s)2 (5d)(6s)2 (5d) 2(6s)2 (5d) 3(6s)2 (5d) 4(6s)2 (5d) 5(6s)2 (5d) 6(6s)2 (5d) 7(6s)2 (5d) 9(6s) (5d)'°(6s) (5d)'°(6s) (6s)2(6p) (6s)2(6p) 2 (6s)2(6p) 3 (6s)2(6p)4 (6s)2(6p) 5 (6p) 6 (7s) (7s)2 (6d)(7s )2 (6d) 2(7s)2 (5f )2(6d)(7s)2 (5f )3(6d)(7s)2 3-Struttura dell'atomo nell'approssimazione del campo centrale In questa sezione siamo interessati allo studio dello stato fondamentale e dei primi stati eccitati di un atomo di numero = 20 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini atomico Z, includendo anche i principali effetti relativistici. Molta informazione puo' essere ottenuta senza calcoli onerosi, usando le simmetrie, sia esatte che approssimate, del problema. L'hamiltoniano che estende in modo ovvio i modelli gia' studiati per H ed He e' H tot=H 0 + H C+ H' rel , con Z H0 = ∑[ i p2i Ze2 − ], 2m ri (1) Z Z e2 ; H' rel = ∑ (ri )Li ⋅ Si (2) rij i<j i dove pi sono i momenti dei singoli elettroni, r i le loro distanze dal nucleo, rij le distanze reciproche; H' rel contiene l'interazione spinorbita, la principale correzione relativistica14. La difficolta' del problema e' dovuta alla presenza di HC, che non e' piccola e non puo' essere trattata con la teoria elementare delle perturbazioni. Nel modello del campo centrale, gli stati dell’atomo sono costruiti a partire da orbitali a 1 elettrone u nl m mS = R nl (r ) Yml ( , ) ( mS ) , HC = ∑ l come nel caso idrogenoide; la sola cosa non idrogenoide e’ la funzione radiale R. Questo significa che gli orbitali si ottengono dalla soluzione di un problema centrale in un opportuno potenziale V(r). Il punto di partenza e’ l’assegnazione della configurazione elettronica dell’atomo. I gusci comprendono tutti gli orbitali di un dato n, e quelli interamente occupati da elettroni sono il core. In tutti gli atomi (eccetto quelli di Z piccolo) il core contiene gran parte degli elettroni. Il numero quantico magnetico del guscio chiuso e' M L = ∑ M L i = 0, la i componente z dello spin e' MS = ∑ MS i = 0, e la parita' e' positiva. i Quindi il core non contribuisce ai momenti angolari ne' orbitale ne' di spin, ne' alla parita' dell'atomo. Poiche' il core e' sferico-simmetrico, i numeri quantici dell'atomo sono determinati dagli elettroni esterni. Gli elettroni dei gusci interni producono pero' insieme al nucleo il potenziale V(r), centrale, in cui si muovono gli elettroni esterni. Limitiamoci allora a descrivere i v elettroni di valenza, cioe' dei gusci incompleti, con H = HV +H' C +H' rel , (3) dove v p2 HV = ∑ [ i + V (ri )], (4) 2m i v e2 H' C = ∑ (5) rij i<j ed anche in H' rel la somma e' (per semplicita') ristretta ai soli elettroni dei gusci incompleti. L'interazione coulombiana residua H'C 14Non e' la piu' grande, ma e' la piu' evidente perche' e' l'unica che risolve degenerazioni. = 21 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini non contiene piu' termini in cui figurino elettroni di core, e spesso e' abbastanza piccola da essere trattata perturbativamente; anche H'rel e' spesso una perturbazione; cosi’ abbiamo a che fare con due perturbazioni insieme. In molti casi pero’ una delle due prevale nettamente sull'altra, e questo consente di usare schemi semplificati: quando prevale H'C vale lo schema LS, e quando prevale H' rel lo schema JJ. ' ' In approssimazione 0, ( HC = Hrel = 0) tutti gli stati dell'atomo che appartengono ad una data configurazione sono degeneri perche’ l'energia non dipende da ml ne' da m S; ad esempio, un atomo di C nello stato fondamentale ha la configurazione 1s22s22p2, e, come vedremo, la degenerazione e' 15, cioe’ ci sono 15 stati diversi dell’atomo. Tale degerazione e' dovuta in parte al fatto che H V e' invariante per rotazioni indipendenti degli elettroni e per rotazioni indipendenti degli spin; gli l dei singoli elettroni sono conservati. Fisicamente, un atomo non ha tutta questa simmetria: le simmetrie esatte sono quella per rotazioni di tutto l'atomo, che comporta r [H, J]- = 0, dove J e' il momento angolare totale, e quella per parita', che comporta [H, Π]- =0, dove Π e' la parita': Πr=-r. Ambedue le perturbazioni H' C e H' rel concorrono a ridurre la simmetria a quella vera ed a risolvere una data configurazione in un multipletto di livelli. Questo e' un modello semplificato, ma permette in molti casi una analisi semi-quantitativa. Molti fatti qualitativi importanti si possono capire senza bisogno di specificare ulteriormente V(r). Infatti, il generico orbitale dell'approssimazione 0 e' noto a meno di una funzione radiale Rn L (r) che e' la stessa per tutti gli stati del guscio. Gli elementi di matrice delle perturbazioni possono essere espressi in termini di un piccolo numero di integrali che contengono Rn L (r). Trattando questi integrali come parametri semiempirici uno puo' spingere la teoria fino al confronto con l'esperimento. Schema L-S Per gli atomi leggeri, in prima approssimazione si trascura H'rel . Se ci fosse solo H V , che dipende dalle coordinate degli elettroni solo attraverso ri , si avrebbe la conservazione dei momenti angolari orbitali Li dei singoli elettroni. In presenza di H'C, H rimane invariante solo per le rotazioni che non alterano le distanze rij , vale a dire, per le rotazioni globali di tutte le coordinate dell'atomo . Poiche' l'operatore di rotazione di un angolo α intorno all'asse z e' R(α)=exp[-iαLz], per essere invariante sotto R(α) H deve commutare = 22 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini con Lz. L’asse z e’ arbitrario e H deve commutare con le 3 componenti del momento angolare totale L. Inoltre, con H' rel =0, H commuta con tutti i singoli spin Si , ma noi siamo interessati solo allo spin totale dell'atomo, non essendovi modo di misurare lo spin di un particolare elettrone. I momenti angolari misurabili sono Z L = ∑ Li , i Z S = ∑ Si , i Z J = ∑ Ji = L + S. (6) i e H commuta con L2,S2,J 2,Lz,Sz,J z. Pero', perche' si possano etichettare gli stati con buoni numeri quantici, occorre che siano numeri quantici simultanei, e cioe' che i rispettivi operatori commutino, oltreche' con H, anche fra di loro. E' noto che le componenti dei momenti angolari soddisfano alle regole di commutazione [L i , L j ]- = ih ijk L k . (7) 2 2 2 La complicazione nasce dal fatto che J = L + S +2(L x Sx +L y Sy +L zSz ) non commuta con le componenti di L e di S. Pero' commuta con L2 e S2, perche' il quadrato di un momento angolare commuta con le sue componenti. Possiamo decidere di etichettare gli stati (diagonalizzando simultaneamente gli operatori compatibili) in due modi diversi: i numeri quantici sono E,L,ML ,S,MS,M J . 1) H, L 2 ,S 2 , L z ,Sz ,J z ; 2 2 2 2) H,L ,S , J , Jz ; i numeri quantici sono E,L,S,J,MJ . Gli autostati simultanei di ciascun insieme di operatori compatibili sono una base per descrivere gli stati atomici, e le due basi sono connesse da una trasformazione unitaria. I due schemi LSML M S e LSJM J sono fisicamente equivalenti: ora l'uno ora l'altro viene indicato in letteratura come schema L-S o di Russell-Saunders. I livelli energetici di questa approssimazione, o termini atomici, sono definiti da L e S e vengono denotati con simboli del tipo 2S+1L: ad esempio, 2P ha L=1, S=1/2; essi sono degeneri (2L+1)(2S+1) volte, perche' l'invarianza di H per rotazioni rigide indipendenti nello spazio ordinario ed in quello degli spin comporta l'indipendenza dell'energia E da ML ed MS. Termini LS diversi sono separati in energia da H'C. Vediamo come una data configurazione si risolve in termini L-S. Il problema e' banale nel caso di gusci chiusi, quando l'unico termine e' 1S. Se si ha un solo elettrone 'ottico' fuori dai gusci chiusi, l'intero atomo avra' i numeri quantici L, ML e M S dell'elettrone. Se manca un solo elettrone per fare gusci chiusi, cioe' se c'e' una sola lacuna, questa conta come un elettrone con valori opposti di ML e M S. Puo’ accadere che ci siano 2 elettroni non equivalenti (n diversi) fuori dai gusci chiusi: allora si dovranno comporre i loro L e S. Cosi', np,n'p → 1S, 3S, 1P, 3P,1D, 3D. Con 2 o piu' elettroni equivalenti, pero', i termini possibili vengono limitati dal principio di Pauli. La cosa migliore e' procedere con esempi. Esempio: atomo di C (configurazione 1s 22s22p2). = 23 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Tolti i gusci chiusi, dobbiamo considerare la configurazione p2. 1 Gli stati a 1 elettrone disponibili sono (m,σ) con m=1,0,-1 e = ± , 2 e sono 6; senza il principio di Pauli avremmo 1S, 3S, 1P, 3P,1D, 3D, cioe' 1+3+3+9+5+15=36 stati, ma per il principio di Pauli non possiamo occupare due volte lo stesso spinorbitale, e molti termini sono proibiti. I determinanti a 2 elettroni (m 1σ1,m 2σ2) fatti con 2 stati spinorbitali (m,σ) diversi rispettano il principio di Pauli. Ci sono 6 = 15 coppie di spinorbitali diversi, quindi dei 36 stati solo 15 2 risutano ammessi. Questo vuol dire che i 15 stati a 2 elettroni con L, S, ML , MS definiti si devono ottenere combinando linearmente i 15 determinanti (m 1σ1,m 2σ2); i determinanti hanno ML e M S definiti, e quelli con spin paralleli appartengono a S=1. ML 2 1 0 -1 -2 Determinanti (1 ,1 ) + - (1 ,0 +) (1- ,0 - ) (1 ,0 - ) (1 ,0 ) + + + (0 ,0 ) (1 ,-1+ ) (1 ,-1- )(1 ,-1 )(1- ,-1+ ) + + + (-1 ,0 +) (-1 ,0 ) + - - (-1 ,0 ) (-1 ,0+ ) + - - (-1 ,-1 ) + - I determinanti con MS=0 vanno visti caso per caso perche' M S=0 e' compatibile col singoletto e col tripletto. Non tutti i determinanti hanno L definito; tuttavia e' ovvio che il massimo ML deve appartenere al massimo L. Il massimo ML e' 2, e corrisponde a (m 1σ1,m 2σ2)=(1+,1−), che ha MS=0. C'e' quindi un termine D, e poiche' e' uno solo si tratta di un 1D. Il 1D comporta 5 stati, con M L = 2,1,0,-1,-2, e per arrivare a 15 dobbiamo trovarne altri 10, ortogonali a questi, e sappiamo che hanno L<2. = 24 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Con M L =1 si hanno 4 determinanti (m1σ1,m 2σ2), cioe' (1±,0,±); questi non hanno L definito. Una loro combinazione lineare15 deve dare il 1D con ML =1, e restano altre 3 combinazioni lineari ortogonali. Queste non possono avere L>1 perche' non hanno controparte con ML =2; non possono avere L=0 perche' hanno ML =1. Quindi hanno L=1. Il massimo MS e' 1, quindi c'e' un tripletto, il 3P, che comporta 3x3=9 stati. Abbiamo usato 5+9=14 dei 15 stati disponibili. Un 1P richiederebbe 3 stati, e non puo' esserci: c'e' spazio solo per un 1S. Quindi, la configurazione p2 si risolve in 1S, 3P,1D. Esempio: atomo di N (configurazione 1s 22s22p3). 6 Gli stati a 3 elettroni compatibili col principio di Pauli sono = 20. 3 Ragioniamo come sopra. Gli stati con ML massimo sono (1+,1-,0,±) ed hanno ML =2, M S=±1/2. Quindi c'e' un 2D, con 2x5=10 stati. Bisogna trovarne altri 10 con L=0,1. Gli stati con M L =1 sono 4, cioe' (1+,1-,-1±), (1±,0+,0,-). Di nuovo, MS=±1/2, quindi lo spin e’ S=1/2. Poiche' 2 combinazioni lineari devono dare 2D, le altre devono dare un altro doppietto di spin: 2P (2x3=6 stati). Poi c'e' ML =0. Abbiamo trovato 16 stati su 20, e quelli rimanenti fanno un 4S. Quindi, p3→ 4S, 2P,2D. Esempio: atomo di Ti (configurazione 1s 22s22p63d2). 10 Ci sono 10 stati a 1 elettrone, e d2 ha = 45 stati. 2 Schematicamente: ML massimo =4 (2+,2-) MS=0 → 1G 9 stati. ML =3 (2±,1±) 4 stati, di cui uno gia' usato → 3F 21 stati. 1 ML =2 ha 5 stati: (2±,0±), (1+,1-), di cui 4 gia' usati → D 5 stati. ML =1 ha 8 stati: (2±,-1±), (1±,0±), di cui 5 gia' usati → 3P 9 stati. Abbiamo in tutto 44 stati, e resta solo un 1S. Quindi, d2→ 1S, 3P,1D, 3F,1G. La parita' dello stato e' il prodotto di quelle (-)L i dei singoli orbitali. Ad esempio, lo stato fondamentale dell'atomo di C (configurazione 1s22s22p2) e' pari. Da essa deriva un 3P. Dalla configurazione eccitata 2s2p3 si ottiene un termine 3Po, dove o sta per odd (dispari). 15lo stato di 1D con ML =1 si ottiene da quello con M L =2 usando l'operatore di shift L- . Non sarebbe difficile, volendo, trovare tutte le combinazioni LS esplicitamente. = 25 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Dalla configurazione fondamentale si puo' stabilire subito il termine fondamentale grazie ad una regola stabilita da Hund, su base empirica, ed oggi verificata dai calcoli caso per caso16. Prima regola di Hund: il termine piu' basso e' quello che ha il valore massimo di S, ed il valore massimo di L compatibile con tale S. Benche' non si tratti di un teorema, la regola si puo' capire , perche' un alto spin comporta una funzione d'onda orbitale altamente antisimmetrica, e una bassa repulsione. D'altra parte, al crescere di L le funzioni d'onda divengono piu' diffuse. Esempi: Z=6 (atomo di C) configurazione 2p2→ 1S, 3P,1D fondamentale e’ 3P. e per il massimo S il termine Z=74 (W ) configurazione 5p65d46s2. Il guscio incompleto e' 5d4. Con ML =-2,-1,0,1,2, ci sono abbastanza stati per sistemare gli elettroni con spin paralleli, quindi S=2. Con tale scelta sono pero’ compatibili vari M L ; il valore massimo di ML e' 2+1+0+(-1)=2. Non c’e’ quindi L=3, che darebbe ML =3. Il termine fondamentale e' 5D. Nel limite L-S, gli stati di un dato termine sono, come si e' visto, tutti degeneri fra loro. Combinando gli stati di un termine LS con ML ed MS diversi per mezzo dei coefficienti di Clebsh-Gordan si perviene allo schema L,S,J,M J . I valori possibili di J si ottengono combinando L con S (regola di somma dei momenti angolari), mentre MJ varia da -J a J. Cosi' ad esempio un termine 3F , che ha L=3 , S=1, da' luogo ai livelli 3F4, 3F3 e 3F2, dove l'indice in basso a destra e' J . L'energia E e' indipendente da J e MJ : sono gli stessi stati del sottospazio 3F che prima classificavamo con ML ed MS e adesso etichettiamo diversamente, ma restano sempre tutti degeneri. Se ora introduciamo H'rel trattandola come una perturbazione, la degenerazione su J viene rimossa, ed il termine si scinde in livelli. Ciascuno di questi livelli e' degenere (2J+1) volte, perche' l'energia resta indipendente da MJ . Ecco lo schema dei livelli per l'atomo di Carbonio: 16 La regola vale per gli atomi, ma non per le molecole. = 26 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 1 1 2p S S 1 Prof. Michele Cini 0 D 1 2 3 D2 P 2 3 P 2 3 P 1 1 3 P 0 . Per conoscere il livello fondamentale occorre sapere un'altra regola empirica. Seconda regola di Hund. Il livello di J piu' basso ha l'energia piu' bassa se il guscio e' meno che mezzo pieno. Il livello di J piu' alto ha l'energia piu' bassa se il guscio e' piu' che mezzo pieno17. Se il guscio e' mezzo pieno, KLS =0, e non c'e' scissione dei termini (al primo ordine). 17in ambedue i casi, la condizione e' in sostanza che i momenti magnetici orbitale e di spin siano antiparalleli. = 27 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini PARTE SECONDA 1- Transizioni radiative negli atomi Dalla teoria delle perturbazioni si ottiene, come e' noto, che la velocita' con cui l'atomo compie una transizione a→b assorbendo fotoni di pulsazione ωba e' 4 2 e 2 I( ba ) 2 W ba = |M ba| ; 2 m c qui I e' l'intensita' (I= ρc, dove ρ e' la densita' di energia) e M e' l'elemento di matrice dell'hamiltoniano di accoppiamento radiazionemateria. Nel caso idrogenoide , trascurando il termine in A2 e l'interazione con lo spin dell'elettrone, l'hamiltoniano di interazione e' e H' = A(r) ⋅ p, mc e l'elemento di matrice viene −ieh r r M ba = < Ψb | e ik r ⋅ ∇ | Ψa >, mc dove e' il vettore di polarizzazione. Si sa' che nell'approssimazione di dipolo e atomiche) rr ik. r ≈ 1, (che richiede k -1 grande rispetto alle dimensioni e e r r < Ψb | ⋅ p | Ψa >= ⋅ < Ψb | p | Ψa > mcr mc r < Ψb | p | Ψa > = im ba < Ψb | r | Ψa > . In tal modo, Mba = e che si mostra che Mba e' proporzionale all'elemento D ba del momento di dipolo dell'atomo. Un calcolo diretto porta allora alle regole di selezione ∆M=0,±1, ∆L=±1. In particolare, la componente D z da' ∆M=0. L'approssimazione di dipolo gioca un ruolo importante per semplificare il problema. Infatti, un fotone e' un pacchetto d'onde elettromagnetiche, ed ha momento angolare orbitale e di spin. Consideriamone uno con vettore d'onda medio k e centrato in un certo istante intorno ad una posizione media r (l'origine delle coordinate e' nel nucleo dell'atomo). Il momento angolare orbitale r r r ∧ hk puo' assumere qualsiasi valore (cioe', il nostro pacchetto d'onde non e' un autostato di J). L'approssimazione di dipolo k≈0 ci libera del problema del momento angolare orbitale. Quando essa e' giustificata, il fotone non puo' scambiare con l'atomo altro momento angolare che quello di spin. Se ne conclude che lo spin del fotone e' 1; ∆L=0 sarebbe consentito dalla conservazione del momento angolare ma e' proibita dalla parita'. Χ Nel caso plurielettronico , l'hamiltoniano di interazione e' = 28 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini e Z ∑ A(ri )⋅ pi , mc i dove la somma e' sugli elettroni. Di conseguenza, nell'approssimazione di dipolo, Mba e' proporzionale all'elemento di Z r r matrice dell'operatore D = e ∑ ri . Un calcolo diretto e' ora molto piu' H' = i difficile. Ma le regole di selezione si possono ancora ottenere semplicemente, perche' dipendono solo dalla simmetria del problema. Il momento angolare totale del sistema (atomo + radiazione) deve conservarsi, e gli stati a e b di un atomo possono essere presi con J e MJ definiti. Il caso idrogenoide mostra che lo spin del fotone e' 1. Di conseguenza, le regole di selezione sono ∆MJ =0,±1, ∆J=0,±1, con la restrizione che 0→0 e' proibito. In particolare, la componente D z del dipolo da' ∆MJ =0 e corrisponde al caso in cui il fotone ha componente z dello spin nulla. Indipendentemente da cio', vale anche la regola di Laporte: poiche' D e' un operatore dispari, i due stati a e b devono avere parita' opposte. Riassumendo, ∆MJ = 0,±1, ∆J = 0, ±1, 0 → 0 proibito, parita' opposte. Queste sono le regole rigorose; ma altra informazione e’ contenuta nelle regole di selezione approssimate, utili per uno studio qualitativo, che sono esatte nei casi-limite. Nel limite L-S, quando trascuriamo l'interazione spin-orbita, c'e' piu' simmetria, e quindi ci sono piu' regole di selezione. Poiche' D non dipende dallo spin, si ha ∆S=0 ∆Ms=0; inoltre, L prende il posto di J , e si trova ∆ML =0,±1, ∆L=0,±1, con 0→0 proibito, parita' opposte. Negli atomi plurielettronici, la parita' non e' assegnata ne' da L ne' da J; risulta dalla configurazione. Nel caso idrogenoide, invece, π=(-) L ; di conseguenza le due regole possono essere combinate col risultato che ∆L=±1, come e' ben noto. = 29 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini PARTE SECONDA 1-Ancora sul Metodo di Hartree-Fock Come abbiamo visto, l'equazione di HF per uno spinorbitale uν assume la forma apparentemente semplice 18 f uν (r) = εν uν . Vi compare l'operatore di Fock p2 Z d ex f= − + V (r) − V (r ); 2m | r | il potenziale diretto complessivo e’ (6) (7) V d = ∑V d (r), V (r) = d u (r') 2 ∫ dr' | r − r'| (8) dove la somma e' su tutti gli altri spinorbitali; il potenziale complessivo di scambio e’ ↑↑ V e x = ∑V e x u (r') * f (r') ex V (r) f (r) = u (r) ∫ dr' | r − r'| dove la somma ↑↑ ∑ (9) include solo gli altri spinorbitali con lo spin parallelo a quello di ν. Il potenziale totale Z V HF= − + V d (r) − V ex (r) | r| si chiama potenziale di HF; non si deve perdere di vista il fatto che si tratta di un operatore non locale. Ad esempio, per lo stato fondamentale di un atomo di Be (Z=4, configurazione 1s 22s2) avremo da determinare i 4 spinorbitali u1s,σ e u2s, σ ottenuti dai due orbitali u1s e u2s. Tenuto conto che ciascun elettrone 'sente' il potenziale diretto di tutti gli altri elettroni e 18In effetti si ha un sistema di equazioni integrodifferenziali non lineari accoppiate che solo i moderni calcolatori possono trattare in modo virtualmente esatto, e limitatamente a sistemi atomici o comunque relativamente semplici. Non sfugga pero' l'enorme semplificazione che il metodo comporta rispetto alla soluzione dell'equazione di Schrödinger. E' molto piu' facile trattare molte equazioni in poche variabili che una in molte variabili! = 30 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini quello di scambio dovuto agli elettroni del suo stesso spin, possiamo scrivere subito le equazioni di HF [ p2 Z − + V1sd (r) + 2V 2sd(r) − V 2sex (r)]u1s( r) = 1su1s (10) 2m |r| p2 Z [ − + 2V1sd (r) + V 2sd(r) − V1sex (r)]u 2s (r) = 2s u2s . (11) 2m |r| Nella (10) entra il potenziale elettrostatico, locale, dovuto all'altro elettrone 1s, V1sd (r) = ∫ dr' | u1s (r' )|2 |r − r' | l'analogo dovuto ai due elettroni nel 2s, ed il potenziale di scambio dovuto all'elettrone 2s di spin parallelo a quello considerato; quest'ultimo e' non locale, cioe' e' un operatore che agendo su una funzione f(r) da' u (r' )* f (r') V 2sex (r)f (r) = u2s (r) ∫ dr' 2s . | r− r' | Notiamo che non c’e’ auto-interazione, ad esempio d [V 2s – Vex 2s]u2s(r)=0. Se formalmente aggiungiamo al potenziale nella (10) l'interazione dell'elettrone 1s con se' stesso, cioe' Vd1s Z d d ex ex Vex 1s, il potenziale diventa V HF = − + 2V 1s (r) + 2V 2s(r) − V1s (r) − V 2s (r); |r| aggiungendo nella (11) l'interazione diretta e di scambio con il 2s riotteniamo lo stesso potenziale VHF. Cosi' nella (8) possiamo sommare su tutti gli spinorbitali e nella (9) su tutti quelli di spin parallelo a quello su cui il potenziale agisce. Il vantaggio e' che cosi' ci sono solo due potenziali non locali, uno per spin su e l'altro per spin giu'; tutti gli spin-orbitali di dato spin "vedono" lo stesso potenziale non locale. Per lo stato fondamentale dell'atomo di Li (Z=3) possiamo scegliere arbitrariamente che l'elettrone spaiato 2s ha spin α. Questo comporta che l'equazione per l'orbitale 1s di spin α ha il termine di scambio, mentre per lo spin β lo scambio non c'e'. Per sistemi con gusci parzialmente occupati in generale le equazioni per uno stesso stato orbitale e spin opposti sono diverse, e quindi gli orbitali spaziali dipendono dallo spin. Cio' e' fisicamente corretto: α 2s β 1s α se rimuoviamo l'elettrone 1sβ lasciamo lo ione Li+ in uno stato 3S , = 31 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini mentre togliendo 1sα si prepara un determinante che e’ una 3 1 3 1 sovrapposizione di S , S ; ora, S ha energia piu' bassa del S e 1sβ ha minore energia di legame. Si noti che per il Litio vi sono 3 orbitali diversi da determinare, contro i 2 del Berillio che ha un elettrone in piu'. I problemi con i gusci aperti sono sempre molto piu' complicati. Quello su esposto e' il metodo di HF nella sua forma generale, o, come si dice, unrestricted HF, o spin-polarized HF. Infatti, per semplificare i calcoli e' stato spesso usato un metodo "Restricted HF", in cui si impone un unico orbitale per spin α e β assegnandogli un potenziale di HF mediato sugli spin. Nel caso del Li, tale orbitale sentirebbe mezzo potenziale di scambio. VHF dipende funzionalmente dagli spin-orbitali uν occupati e deve essere determinato insieme a loro. Il problema e' pertanto nonlineare e si risolve con metodi iterativi, come vedremo. Abbiamo gia' notato che il problema nonlineare ammette soluzioni eccitate, con V HF diverso dalla soluzione fondamentale, e che queste soluzioni non hanno significato fisico perche' non ortonormali. Pero', supponiamo di avere risolto il problema per lo stato fondamentale, trovato il potenziale VHF, e costruito l'operatore di Fock f. Questo, anche se VHF e' un potenziale non locale, e' un particolare Hamiltoniano a particella singola, che descrive (approssimativamente) gli elettroni come se fossero del tutto indipendenti: ciascuno si muove nel potenziale autoconsistente, e lo stato a N corpi e' un determinante di Slater, come in assenza di interazioni. Se cerchiamo gli autostati a particella singola di f, troviamo che N di loro, i piu' bassi in energia, coincidono ovviamente con gli uν . Ma ce ne sono infiniti altri, gli spinorbitali virtuali. Infatti, dal punto di vista matematico, una volta dato VHF, f uν (r) = εν uν e' un problema lineare agli autovalori, analogo all'equazione di Schrödinger; pertanto, ci devono essere infinite soluzioni. Queste sono ottenute dallo stesso potenziale, e sono ortonormali. Come interpretarle? Si potrebbe pensare che fossero stati di un elettrone aggiunto al sistema, ma di questo elettrone non c'e' traccia in VHF, e quindi tale interpretazione non e' del tutto soddisfacente. Si potrebbe sperare di usarli per costruire stati eccitati, ottenuti promuovendo un elettrone da uno spinorbitale occupato uν ad uno virtuale uλ . Ma il potenziale usato per trovare uλ e' calcolato in presenza dell'elettrone nello stato ν, e quindi non e' adatto allo scopo19, se non come prima approssimazione. Si deve concludere 19Poiche' il potenziale nello stato eccitato del sistema e' diverso da quello dello stato fondamentale, la cosa migliore che possiamo fare e' riscrivere le equazioni di Hartree-Fock a partire dalla configurazione eccitata e risolverle ex novo. Tuttavia, proprio per il fatto che il potenziale e' diverso, il determinante di Slater cosi' ottenuto in genere non e' ortogonale allo stato fondamentale ed agli stati eccitati piu' bassi. Non esiste nel metodo di Hartree- = 32 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini che nemmeno gli spinorbitali virtuali hanno un significato fisico ben definito. Tuttavia, un merito lo hanno: insieme con gli spinorbitali occupati costituiscono un set ortonormale, che contiene informazione sull'atomo. Pertanto, sono utili per costruire espansioni multideterminantali (Configuration Interaction, o CI). Con infiniti determinanti, si avrebbe la soluzione esatta. Schema a blocchi del procedimento di calcolo Per risolvere le equazioni autoconsistenti si usa il metodo seguente, dovuto ad Hartree, che porta ad una soluzione numericamente accurata (vedi Figura). Il processo inizia con degli orbitali uλ di prova e converge alla soluzione SCF. u λ di prova V d , V ex Soluzione equazioni nuovi u Nuovi V d ,V λ ex no Autoconsistenza? si STOP Spesso in passato ci si doveva accontentare di soluzioni approssimate, anche per problemi come quelli atomici, che pure sono relativamente semplici (meno di 100 elettroni, elevata simmetria). Una prima semplificazione si ottiene usando lo schema Restricted HF, che prevede di mediare sullo spin. Un'altra suppone che VHF abbia simmetria centrale. Allora gli orbitali uλ sono etichettati con i numeri quantici l,m e sono il prodotto di funzioni radiali R nl (r) incognite per le armoniche sferiche. Integrando sugli angoli le equazioni integrodifferenziali, si ottengono equazioni solo radiali, le cui soluzioni Rnl (r) sono indipendenti da ml e da m s. Tutti gli spinorbitali di un dato l hanno cioe' la stessa funzione radiale, e si distinguono per l'armonica sferica e la funzione di spin. Ambedue queste ipotesi, o "restrizioni di equivalenza", sono pienamente giustificate solo per atomi di gas nobile; in generale VHF non e' Fock una soluzione soddisfacente al problema degli stati eccitati, tranne che per gli stati piu' bassi di ogni simmetria; bisogna ricorrere alle teorie a molti corpi. E, d'altra parte, non c'e' nessuna osservazione che non produca eccitazioni reali, o almeno virtuali, nel campione. = 33 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini rigorosamente centrale, anche se la deviazione e' sempre piccola. Assegnando numeri quantici nlm ai singoli orbitali, lo stato fondamentale risulta descritto da una configurazione, per esempio per un atomo di C si assumera' 1s22s22p2, e per uno di Ne 1s22s22p6. Le restrizioni di equivalenza non sono il problema piu' serio che limita la precisione di questo metodo; il vero limite viene dall'uso di un singolo determinante in configurazioni a gusci aperti. Infatti, nel caso del Ne e degli altri atomi a gusci chiusi la configurazione individua un solo determinante possibile ed e' evidente che l'atomo e' in uno stato 1S (singoletto con L=0); nel caso di C e degli atomi a gusci aperti, parecchi determinanti corrispondono alla stessa configurazione. Ora, uno stato atomico nel limite non relativistico ammette i numeri quantici dello schema LS (cioe' L2, Lz, S2, S z). e con un solo determinante, non e' sempre possibile avere L e S definiti. In questi casi bisogna scrivere funzioni d'onda a due o piu' determinanti. Soluzioni praticamente esatte dei problemi atomici si possono ottenere anche usando funzioni di prova uλ con un numero adeguato di parametri variazionali e minimizzando <H>. Nei calcoli atomici si usa spesso la seguente forma funzionale per gli orbitali spaziali: n max u nLm = ∑ c (nLi) ( i) nLm (x) (1) i=1 dove i χ sono i cosiddetti STO (=Slater-type orbitals) (i ) nLm = N n rn−1 e −Z i rY Lm ( , ) , (2) c (i) e Zi sono parametri variazionali ed il fattore di normalizzazione si trova elementarmente, (2Z i ) n+1 / 2 Nn = . (2n!) (3) L'uso delle armoniche sferiche significa che VHF viene considerato come un potenziale centrale. Come abbiamo visto, questo e' rigoroso solo per gusci chiusi, ma e' generalmente una buona approssimazione. Clementi e Roetti hanno pubblicato nel 1974 una vasta tabulazione di orbitali per atomi ed ioni della prima meta' del sistema periodico20. Cosi' si dispone di attendibili funzioni d'onda HF analitiche. 20Per gli atomi pesanti il metodo di Hartree-Fock non e' affidabile, e bisogna ricorrere alla sua controparte relativistica (metodo di Dirac-Fock). Dagli anni '80 si fanno correntemente calcoli interamente relativistici di interazione di configurazioni. = 34 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Coesione di un metallo "semplice" In tutti i metalli, gli elettroni di conduzione schermano il campo elettrico degli ioni. Il potenziale schermato di uno ione e’ molto attenuato. Nell'Alluminio ed in altri metalli con bande di conduzione s e p, lo schermo e' cosi' efficace che il potenziale cristallino e' quasi piatto21. Questi metalli si chiamano "semplici" perche' molte loro proprieta' si possono spiegare col modello degli elettroni liberi. La teoria di Sommerfeld considera un gas di N elettroni confinati in un N k3 = n = F2 , dove n e' la volume V, con N e V molto grandi ma tali che 3 V densita' di numero degli elettroni di conduzione nel metallo. Come e' noto, gli elettroni occupano tutti gli stati fino al livello di Fermi di h 2kF2 energia EF = . La sfera di Fermi esiste davvero e inoltre teoria 2m spiega alcuni fatti correttamente: ad esempio il contributo degli elettroni al calore specifico dei metalli cresce linearmente con la temperatura T. Ma la densita' di energia del gas di elettroni E h 2 kF5 3 = = nE F 2 V 10 m 5 e' positiva (gli elettroni hanno solo energia cinetica) e gli elettroni non sfuggono al metallo solo perche' sono contenuti in una "scatola". La vera natura della scatola e' ovviamente elettrostatica, ma la coesione di un metallo e' piu' difficile da capire di quella di un cristallo ionico, che si spiega anche classicamente, con un modello di sfere dure cariche. La teoria di Sommerfeld non basta. E' evidente che, affinche' il metallo sia stabile, e' necessario che un elettrone sia attratto da esso, e quindi la sua energia al livello di Fermi sia negativa rispetto al vuoto. Deve essere negativa nonostante l'energia cinetica dovuta al principio di Pauli ed alla sfera di Fermi. Il Jellium e' un ipotetico metallo in cui un "liquido" di Fermi, cioe' un gas di elettroni interagenti, e' neutralizzato da un fondo di carica positiva uniforme. Le cariche nucleari sono “spalmate” in modo uniforme perche’ cosi’ il sistema ha completa simmetria traslazionale ed e’ piu’ facile da trattare; tuttavia il modello e’ cosi' complesso che non se ne conosce ancora la soluzione esatta. Esso e' un tradizionale banco di prova della teoria dei molti corpi, ed una costante sorgente di idee che poi vengono applicate ai calcoli realistici. Gli effetti elettrostatici sono inclusi nella teoria, e la migliorano considerevolmente. Vediamo che cosa possiamo imparare dall'approssimazione SCF. Fra le questioni che possiamo cominciare a trattare in questo contesto, la piu' fondamentale e' appunto quella della coesione di un pezzo di metallo. Prendiamo un cubo di Jellium di volume V→∞ contenente N →∞ elettroni, con N/V=n ed imponiamo condizioni al contorno 21 A breve distanza da uno ione lo schermo e’ inefficace, ma un elettrone di conduzione non ha molto potere risolutivo. = 35 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini periodiche. Il metodo di Hartree descrive lo stato del Jellium con una funzione di prova prodotto Φ(1,2,⋅ ⋅ ⋅ ,N) = u1σ(r1) u 2σ(r2)⋅ ⋅ ⋅ uNσ(rN) (1) di N →∞ spin-orbitali ortonormali, determinati dalle equazioni p2 d [ + V + V (r)]u ( r) = u (2) 2m dove V e' il potenziale elettrostatico del fondo di carica uniforme. Le equazioni sono facilmente risolte grazie alla simmetria. Il sistema e' invariante per traslazioni, e noi vogliamo una soluzione spazialmente uniforme, quindi gli spinorbitali possono essere etichettati con k, e sono onde piane. Per spin su, ad esempio, scriveremo lo spinorbitale e ik ⋅r uk = (3) V come se le interazioni non ci fossero. In tal modo, ogni spin-orbitale da' una densita' di carica uniforme, ed il potenziale diretto d complessivo V d = ∑V e' il potenziale Coulombiano generato da N cariche negative distribuite uniformemente nel volume V. Le equazioni sono soddisfatte, V+ Vd(r) ≡0, e gli elettroni rimangono con la sola energia energia cinetica, positiva. La risposta, poco realistica, e' che il metallo non puo' esistere. Il metodo di Hartree-Fock descrive lo stato del Jellium con una funzione di prova determinantale, e noi dobbiamo decidere la configurazione. Sapendo che i metalli semplici non sono ferromagnetici, decidiamo di cercare una soluzione non magnetica22 (lo stesso orbitale figura nel determinante con ambedue gli spin). Gli spin-orbitali sono determinati dalle equazioni di HF p2 [ + V + V d − V ex ]u = u . (4) 2m La simmetria suggerisce che le soluzioni siano le stesse onde piane di prima, e verificheremo fra poco questo fatto. Quindi, V+ Vd(r) ≡0, e ↑↑ l'unico potenziale superstite e' quello di scambio V ex = ∑ V kex' , dove la k' somma e' estesa a tutti gli elettroni che hanno lo spin parallelo a quello considerato. Vex si ottiene al solito dall'espressione del termine diretto e2 V d uk (r) = uk (r)∑ ∫ dr' uk' (r' )* uk' (r') | r − r' | k' operando il caratteristico scambio di funzioni. Viene 22Soluzioni magnetiche delle equazioni di Hartree-Fock, note come "spin density waves", hanno per basse densita' n energie piu' basse di quella non magnetica. Il Cesio e' un metallo che ha un basso n e dovrebbe avere uno stato fondamentale magnetico. In realta' non ce l'ha, ma la questione e' complicata e non possiamo affrontarla qui. = 36 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 V uk (r) = ∑ uk' (r)∫ dr' ex k' =∑ e ⋅ k' = 1 V3 ∑ ik' r V3 e ⋅ e ik' r k' ∫ dr' i(k −k' ) r ⋅ Prof. Michele Cini e2 * uk' (r') uk (r') | r − r' | e2 i (k− k' ) r' e ⋅ = | r − r' | ∫ dr' e2 i (k − k' ) (r' − r ) e ⋅ = | r' −r | 4 e2 =e ⋅ (5) ∑ 2. V 3 k' | k' −k | Cosi' il termine di scambio va con e ik ⋅r , e la (4) diventa p2 e 2 e ik ⋅r eik ⋅r 4 [ − ∑ ] = (k) 2 V V 2m V k' | k' −k | Le equazioni di Hartree-Fock sono soddisfatte dalle onde piane, come avevamo previsto. L'autovalore di Koopmans e' dato da h2 k 2 e 2 h2 k 2 4 e 2 1 4 3 (k) = − ∑ = − d k' . (6) 2 3 ∫ 2m V k' | k' −k | 2m (2 ) k' < kF | k' −k |2 ik r 1 E' facile vedere che per k → 0 si ottiene kF 4 e2 4 e2 −2e 2 k F 1 3 (0) = − d k' = − 4 dk' = 3 3 ∫0 (2 ) k ' <∫k F | k' |2 (2 ) (7) quindi ε e' negativo in questo limite. L'integrale puo' essere calcolato analiticamente23 e numericamente; ad esempio, per n=0.001 a.u. , la dipendenza di ε da k (legge di dispersione) e' la seguente. Per n=0.01, la dipendenza di ε da k (legge di dispersione) e' invece la seguente. 23vedi ad esempio Ashcroft-Mermin, Solid State Physics, Harcourt Brace College Publishers, Fort Worth (1976) ,Capitolo 17. Viene h 2 k 2 2e2 k 1 1− x2 1+ x (k) = − k FF( ), F(x) = + ln| |. 2m kF 2 4x 1−x = 37 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini L' elettrone si muove in una "buca" di potenziale nello spazio k, che ha una caratteristica forma a scodella; c'e' una singolarita' per k=k F. Il termine di scambio e' attrattivo, e questo fatto ha una semplice interpretazione fisica. Ciascun elettrone viaggia circondato da una regione di spazio (Fermi hole) in cui vi e' carenza di elettroni del suo stesso spin; l'interazione dell'elettrone con la carica positiva della Fermi hole produce l'attrazione. L' elettrone e la Fermi hole costituiscono insieme una quasiparticella, che si propaga con la la legge di dispersione (6), ben diversa da quella di un elettrone libero. Il Jellium e' stabile se un elettrone al livello di Fermi e' legato (ε(k F)<0). Che questo accada oppure no dipende dalla competizione fra il contributo negativo del termine di scambio e quello positivo dell'energia cinetica. L'esito della competizione dipende da kF, cioe' dalla densita' n del Jellium. E' chiaro dalla (7) che per densita' sufficientemente piccole (k Fa0<<1) l'attrazione prevale, e consente al metallo di esistere. Il fatto che per n crescenti finisca per prevalere la repulsione e' fisicamente corretto: non esistono metalli con k Fa0>>1. La funzione ε(k) ha una singolarita' (logaritmica) per k=k F, dove la sua derivata diverge. Questo e' sbagliato. Non esiste in realta' un comportamento patologico della legge di dispersione degli elettroni al livello di Fermi, e questa singolarita' scompare nella teoria a molti corpi. Nondimeno, il nostro semplice calcolo ci ha portato a risultati utili. Il termine di scambio rappresenta un importante contributo all'energia di coesione di un metallo reale, anche se, per una comprensione quantitativa del problema, e' sempre necessario includere gli effetti di correlazione. Piu' in generale, senza lo scambio non si capisce il legame chimico. Il vero problema e' quello di completare il metodi di HF introducendovi in qualche modo gli effetti di correlazione. Nel Metodo del Funzionale Densita' di W. Kohn e collaboratori si usa, accanto al potenziale di scambio, un opportuno potenziale di correlazione, tratto dalla teoria microscopica del Jellium . Questo metodo e' fondamentale per la moderna teoria dei solidi. = 38 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Si e' visto che Vex e' dell'ordine di k F, cioe' dell'ordine dell'inverso della distanza media fra gli elettroni. Per questo, in molti calcoli di molecole e solidi si usa (al posto del termine nonlocale di scambio) il potenziale locale semiempirico proposto da Slater U Slater r r ( r) =-2.95 [a 30 n( r)]1/3 Ry , (8) dove la costante 2.95 e' stata ottenuta dal confronto con l'esperimento. Questa estrapolazione dalla teoria del Jellium a quella di sistemi a densita' variabile non ha un vero fondamento teorico, pero' si e' rivelata utile per la semplificazione che consente in calcoli semiquantitativi. La teoria di Hartree-Fock del liquido di Fermi e' inadeguata da molti punti di vista, ma rimane un primo passo essenziale verso quella moderna. Qualita' dei risultati del metodo di HF A che punto siamo nella soluzione del problema dei molti elettroni? Facciamo il punto della situazione. 1)-Vantaggi del metodo di HF Un problema con N elettroni interagenti e' formidabile per il grande numero di variabili indipendenti. Nell'approssimazione di HF uno deve risolvere N problemi ad elettrone singolo, accoppiati. Benche' anche questo sia complicato, e' pur sempre incommensurabilmente piu' semplice del problema originario. L'approssimazione di HF e' interamente quantistica, e tratta correttamente la simmetria di permutazione, e l'elettrostatica. Inoltre, soddisfa esattamente il teorema del viriale: per un sistema di particelle in interazione coulombiana nello stato fondamentale <2T+V>=0, dove T e' l'operatore l'energia cinetica e V l'interazione. L'energia di correlazione, definita come la differenza rispetto all'energia dello stato fondamentale esatto dell'equazione di Schrödinger, e' dell'ordine del %. Di solito, i livelli predetti da calcoli HF si trovano nelle spettroscopie di atomi e molecole, e, di solito, anche l'ordine degli autovalori di Koopmans e' corretto. Anche i fattori di forma atomici (essenzialmente, le densita' di carica) sono affidabili. 2)- Problemi , limitazioni, cautele Non basta in generale un determinante di Slater per rappresentare una autofunzione atomica con numeri quantici LS ben = 39 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini definiti. Per esempio, si voglia costruire un singoletto 1Φ con due elettroni in orbitali px e py : il singoletto e' 1 1 Φ = {|px p y |+|py px |}, 2 infatti il singoletto si annulla sotto gli operatori di shift, e 1 +1 S Φ= {| px py | + | py px |} = 0. 2 Quindi 1Φ richiede due determinanti. Occorre allora estendere il metodo a Φ multi-determinantali. Benche' non ci sia nulla di nuovo sul piano concettuale, i calcoli si complicano assai. Comunque, sarebbe concettualmente sbagliato attribuire una realta' fisica all' orbitale di un elettrone singolo in un sistema di molti elettroni. Anche se la Φ fosse adeguatamente approssimata da un determinante di Slater, questo non vorrebbe dire in realta' che ciascun elettrone ha uno spinorbitale ben definito in cui muoversi. Si puo' prendere una combinazione lineare degli orbitali (trasformazione unitaria) tale che il determinante, cioe' Φ, rimanga immutata24. Cosi', tutti gli orbitali cambiano senza che cambi la fisica. Non esistono in realta' livelli a particella singola in un sistema interagente, ma solo energie di eccitazione piu' o meno ben definite di tutto il sistema nel suo complesso. In generale, in luogo di un livello di Koopmans si osserva nelle spettroscopie una struttura piu' o meno larga, con un tempo di vita finito. Non sempre i livelli predetti da calcoli HF si trovano nelle spettroscopie di atomi e molecole, e non sempre l'ordine e' corretto: per esempio, nel caso di N2 l'ordine dei potenziali di ionizzazione viene sbagliato. Infatti il metodo e' essenzialmente limitato allo stato fondamentale ed agli stati piu' bassi di ogni simmetria. Il metodo, nella forma qui esposta, ignora gli effetti relativistici. Errori percentualmente piccoli possono bene essere dell'ordine degli eV; per elettroni di valenza tali errori sono fortemente limitanti, in quanto sono confrontabili con le energie dei legami chimici25. Ci sono anche molti problemi fondamentali in cui delicati effetti di correlazione giocano un ruolo decisivo, come nella teoria degli elettroni di conduzione dei metalli, in quella del magnetismo, ed in quella della superconduttivita' ad alta temperatura critica. In tali casi la teoria di Hartree-Fock da' risultati qualitativamente sbagliati. Non 24in conseguenza della relazione det(AB) = det(A)det(B). nel modello "restricted" in cui due elettroni di spin opposto sono obbligati ad avere lo stesso orbitale spaziale le molecole si dissociano in modo sbagliato (cioe', al crescere delle distanze interatomiche non si ottengono atomi separati). 25Inoltre, = 40 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini ce ne possiamo occupare qui, ma il discorso piu' interessante e' quello! 2-Ulteriori fatti sull'approssimazione del campo centrale Nel limite L-S, gli stati di un dato termine sono, come si e' visto, tutti degeneri fra loro. Combinando gli stati di un termine LS con ML ed MS diversi per mezzo dei coefficienti di Clebsh-Gordan si perviene allo schema L,S,J,M J . I valori possibili di J si ottengono combinando L con S (regola di somma dei momenti angolari), mentre MJ varia da -J a J. Cosi' ad esempio un termine 3F , che ha L=3 , S=1, da' luogo ai livelli 3F4, 3F3 e 3F2, dove l'indice in basso a destra e' J . L'energia E e' indipendente da J e MJ : sono gli stessi stati del sottospazio 3F che prima classificavamo con ML ed MS e adesso etichettiamo diversamente, ma restano sempre tutti degeneri. Se ora introduciamo H'rel trattandola come una perturbazione, la degenerazione su J viene rimossa, ed il termine si scinde in livelli. Ciascuno di questi livelli e' degenere (2J+1) volte, perche' l'energia resta indipendente da MJ . Ecco lo schema dei livelli per l'atomo di Carbonio: 1 1 1 2p S S 0 D 1 2 3 D2 P 2 3 P 2 3 P 1 1 3 P0 Nel caso idrogenoide, L e' un buon numero quantico anche r r r in 26 presenza dell'interazione spin-orbita H' rel = L ⋅S, ; inoltre, J , L.S − = 0 [ ] (conservazione del momento angolare totale di un sistema isolato) e gli stati possono essere etichettati con |LSJMJ >. Inoltre, 26Nella teoria di Dirac, L non e' conservato; tuttavia, gli stati possono ancora essere etichettati con il momento angolare della componente "grande" della funzione d'onda. = 41 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Jˆ 2 − Lˆ2 − Sˆ 2 produce la correzione al primo ordine 2 J(J + 1)− L(L + 1) − S(S + 1) ∆E( J ) = che risolve il termine LS in un 2 multipletto di livelli etichettati da J; vale la regola degli intervalli di Lande': fissati L ed S viene ∆E( J ) −∆ E( J − 1) = J. H' rel = Z Nel caso di piu' elettroni, con H' rel = ∑ (ri )Li ⋅ Si ,si ha ancora che i [J,H' rel ]=0, [J 2,H' rel ]=0 come vogliono i principi generali27. La novita' e' che L2 ed S2 non commutano con H'rel ; Infatti, Z Z L = ( ∑ Li ) = ∑ L2i + 2 2 i i Z ∑L ⋅ L , i j ij e le singole componenti di Li non commutano con H' rel . Pertanto, H' rel mescola i termini di uno stesso J con L e S diversi. Nel caso del C, il livello 3P2 contiene un po' di quello che in approssimazione zero e' 1D2, e 3P0 si mescola con 1S0. In termini semiclassici, L e S non solo precedono, ma fluttuano anche in modulo. Gli spin scambiano momento angolare con i gradi di liberta' orbitali. Solo nel caso idrogenoide questo non puo' accadere, perche' lo spin di un elettrone e' sempre 1/2 e non puo' fluttuare. Nonostante cio', la notazione dello schema L-S continua ad essere utile; ad esempio, 3P2 e' un livello con J=2 in cui il contributo prevalente all'autovettore ha L=1 e S=1. Per gli atomi leggeri, H'rel e' piccolo rispetto alla separazione in energia dei termini; allora, potremo trascurare gli elementi di matrice di H' rel fra termini diversi, che inducono la fluttuazione, e considerare solo l'elemento diagonale di H'rel Z ∆E J =< LSJM J| ∑ (ri )Li ⋅ Si | LSJM J >. (8) i Per ragioni di simmetria (teorema di Wigner-Eckart) l'elemento di matrice e' proporzionale a quello dell'operatore L⋅S , cioe' Z < LSJM J | ∑ (ri )Li ⋅ Si | LSJM J >= K LS < LSJM J| L⋅ S|LSJM J >. i Per esempio, se vogliamo calcolare la struttura fine dei termini 3P e 3F della configurazione d2, abbiamo dei K diversi nei due casi, ma costanti all'interno di ciascun termine. La (8) consente di scrivere ∆EJ = KLS [J(J+1) - L(L+1) - S(S+1)], (9) e di ritrovare le regola degli intervalli di Lande' ∆EJ -∆EJ-1 =2 KLS J. Il punto non banale di questo risultato e' che KLS dipende solo da L e S, cioe’ dal termine LS, ma non da J; infatti l'indipendenza da MJ e' ovvia, perche' E non ne puo' dipendere. Z 27d'altra parte, e' facile verificarlo, perche' J = ∑ (L i + Si ), e gli operatori di i elettroni diversi commutano fra loro; per quelli di un dato elettrone, il commutatore di J i con L i ⋅S i si annulla come nel caso idrogenoide. = 42 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Cosi' nel caso del C si ricava il rapporto di 2 a 1 fra le separazioni dei livelli che derivano dal 3P: ∆E2 −∆ E1 = 2K11 2, . ∆E1 −∆ E0 = 2K111 Per conoscere l'ordine dei livelli occorre sapere il segno della costante di proporzionalita' KLS . Questo e' fissato, almeno per i termini fondamentali, da un'altra regola empirica: la Seconda regola di Hund. Il livello di J piu' basso ha l'energia piu' bassa (KLS >0) se il guscio e' meno che mezzo pieno. Il livello di J piu' alto ha l'energia piu' bassa (KLS <0) se il guscio e' piu' che mezzo pieno28. Se il guscio e' mezzo pieno, KLS =0, e non c'e' scissione dei termini (al primo ordine). Schema J-J L'Hamiltoniano del limite J-J puro trascura l’interazione Coulombiana ed e’ Z p2 H0 = ∑ [ i + V(ri ) + (ri )Li ⋅ Si ]. 2m i del tutto Invece di sommare i momenti angolari secondo il metodo di RussellZ Z i i Saunders, L = ∑ Li , S = ∑ Si , J=L+S, nello schema JJ si forma prima il momento angolare totale di ogni elettrone, J i =Li +Si , e poi si r r ottiene quello dell’atomo con J = ∑ J i. . I singoli elettroni hanno i hamiltoniani disaccoppiati, che non presentano quindi speciali difficolta’. Gli autospinori di r r p2 [ i + V (ri ) + (ri )L i ⋅ Si ]u = u 2m si trovano notando che l’Hamiltoniano del singolo elettrone commuta 2 con gli operatori J i ,J iz di quell’elettrone; come nel caso idrogenoide gli r r 2 autostati di J i ,J iz hanno anche Li.Si definito. Le funzioni spin-angolari con i buoni numeri quantici richiesti sono le armoniche sferiche generalizzate Y (J,mJ ,L) ottenute combinando le armoniche sferiche Y con lo spin : 28in ambedue i casi, la condizione e' in sostanza che i momenti magnetici orbitale e di spin siano antiparalleli. = 43 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 1 J = L + , Y (J,mJ ,L) = 2 1 J = L − , Y ( J,mJ ,L) = 2 L + mJ + 2L + 1 L − mJ + 2L + 1 L − mJ + 2L + 1 L + mJ + 2L + 1 Prof. Michele Cini 1 mJ − 2 L Y 1 mJ + 2 L Y 1 mJ − 2 Y L 1 mJ + 2 1 2 YL 1 2 1 2 1 2 Le radici quadrate sono coefficienti di Clebsh-Gordan e queste soluzioni sono autostati anche di L2 e S2. Gli spin-orbitali ui del caso J-J sono il prodotto delle armoniche sferiche generalizzate Y (J,mJ ,L) per funzioni radiali, che si trovano sostituendo nell'equazione agli autovalori. Con gli stati a un elettrone che appartengono alla configurazione possiamo formare un certo numero di determinanti di Slater che hanno ben definiti gli mj dei singoli elettroni e quindi anche quello dell’atomo. I singoli determinanti pero’ non hanno in genere un valore definito di J totale. 1 Possono averlo in casi come quello di due stati J1 = J 2 = con opposta 2 componente z, ma mettendo insieme due stati J1 = J 2 = 1 si ottiene in genere un miscuglio di J=0,1,2. Combinando questi determinanti con i coefficienti di Clebsh-Gordan si arriva pero’ a stati con J, M J definiti. Se H' rel >>H C possiamo trattare H'C come una piccola perturbazione, calcolandone il valor medio ∆E J = J, M J H 'C J, M J . Inoltre, gli autovalori sono indipendenti da MJ . Lo schema J-J, benche' non sia mai accurato per gli stati fondamentali degli atomi, e' preferibile a quello L-S per Z grandi. Inoltre, anche per Z piccoli o intermedi, H' rel >>H C in molti stati eccitati. Ad esempio, per un atomo di Si (di stato normale 3s23p2) nella configurazione eccitata 3s23p16s l'interazione coulombiana e' piccola perche' lo stato 6s e' molto diffuso, e siamo nello schema J-J. = 44 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Accoppiamento intermedio (intermediate coupling) In accoppiamento intermedio si trattano esattamente sia HC che H' rel ; cio’ e’ inevitabile se H' rel ≈ HC . Si comincia con l'hamiltoniano del limite J-J puro, Z p2 H0 = ∑ [ i + V(ri ) + (ri )Li ⋅ Si ], 2m i Con gli stati a un elettrone che appartengono alla configurazione data possiamo formare un certo numero di determinanti di Slater che hanno ben definiti gli mj dei singoli elettroni e quindi anche quello dell’atomo; i singoli determinanti non hanno in genere un valore definito di J totale. Sulla base dei determinanti del limite J-J, si forma la matrice di H'C. Come ogni interazione interna all’atomo, H'C commuta col momento angolare e non ha elementi di matrice fra stati con J, M J diversi. Cosi’ gli autovettori sono etichettati da J, M J e gli autovalori sono indipendenti da MJ . Il caso L-S e quello J-J si ritrovano come casi-limite. Vediamo come questo avviene per l’ atomo di Si nella configurazione eccitata 3s23p16s. Cominciamo con il limite H’C→0. L'elettrone s appartiene a 1 1 3 J = , mentre quello p ha a disposizione gli stati J = , ; il principio di 2 2 2 Pauli qui non pone restrizioni. Quindi, i determinanti (J 1,J 2) a due 1 1 3 1 r r r elettroni dell'approssimazione zero sono , , , .Ora, J = J1 + J 2 e' 2 2 2 2 1 1 conservato; con i 4 stati , possiamo fare autostati di J con J=1 e 2 2 3 1 J=0, mentre , da' J=1 e J=2. Quando introduciamo H C, J rimane 2 2 un buon numero quantico. Infatti, HC commuta con J, ed e' diagonale in questa base. Tuttavia, la perturbazione risolve i livelli degeneri, e troviamo gli stessi stati che risultano dallo schema L-S. Lo stato con J=1 che risulta da 3P non puo' essere connesso con 3 1 quello contenuto in , . Infatti, nei diagrammi di correlazione come 2 2 questo, non possono esistere incroci fra due curve che hanno gli stessi numeri quantici, e rappresentano stati della stessa simmetria. = 45 = Atomi con piu’ di un elettrone 1 a.a. 2002-03 P1 J=1 (3/2,1/2) sp Schema LS Prof. Michele Cini sp 3 3 P J=2 Schema jj P2 (Z piccoli) 3 3 (z grandi) J=1 P1 P0 (1/2,1/2) J=0 Se esistessero, vorrebbe dire che per qualche valore del parametro Z i due stati sono degeneri. Non resterebbe alcun numero quantico a distinguerli, in contrasto col primo postulato della meccanica quantistica (l'insieme dei numeri quantici individua lo stato). La transizione dallo schema L-S verso quello J-J si puo' osservare per esempio negli spettri ottici di C, Si, Ge, Sn, Pb, tutti elementi con la configurazione fondamentale p2. Gli elettroni ottici 1 1 sono equivalenti e si deve tener conto del principio di Pauli. Da , 2 2 3 1 3 3 viene un solo stato J=0, da , ne vengono 4*2=8, e da , 2 2 2 2 4 derivano = 6 stati di J definito, invece dei 4 2 che avremmo per 2 elettroni non equivalenti. Infatti, lo stato di J piu' alto si ottiene 3 1 combinando M J = con M J = ; si ha quindi J=2, che implica 5 stati. 2 2 L'ultimo stato non puo' essere che J=0. Lo schema del diagramma obbedisce alla regola del non incrocio. 1 1 S p J=0 S0 2 Schema LS (3/2,3/2) p J=2 1 D 3 1 P D2 (3/2,1/2) J=2 Schema jj J=1 J=0 (1/2,1/2) PROBLEMA D' ESAME (assegnato il 25 Giugno 1990) a)Trovare i termini che risultano dalla configurazione (ns)(n'p) 4 ; b)trovare il livello fondamentale dei seguenti elementi: O[(1s)2(2s) 2(2p) 4], Cl[(1s)2(2s) 2(2p) 6(3s) 2(3p) 5], = 46 = 2 Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Fe[(1s) 2(2s) 2(2p) 6(3s) 2(3p) 6(3d6)(4s 2)] Soluzione a) b) 2D 4P O Cl 2P 2S 2 3/2 5D 4 Fe 5- 2P 3P Effetto Stark Lo spettro ottico di un atomo di Na e' caratterizzato dal ben noto doppietto giallo, dovuto alle transizioni del suo elettrone ottico dal 3s1/2 al 3p1/2 e al 3p3/2. In un campo elettrico E, una delle righe si sdoppia, e la separazione e' proporzionale a E2. 2 2 P 3/2 2 2 P P 3/2 P 1/2 1/2 2 S 2 1/2 M=+ - 3/2 M= + - 1/2 M= + - 1/2 + M= - 1/2 S 1/2 Ecco lo spettro visibile del Na, dominato dal doppietta giallo: Mentre un calcolo quantitativo e' complicato, i fatti qualitativi sono facili da capire. L'hamiltoniano di perturbazione e', prendendo l'asse z parallelo al campo, Z H' = −eE∑ z i = EDz . i e, su qualunque autostato di H imperturbata, <H'>=0 per parita'. La correzione si ottiene solo al second'ordine, e per questo motivo la separazione e' proporzionale a E2. L'atomo idrogenoide da' un effetto Stark lineare, ma e' un'eccezione, dovuta alla degenerazione (approssimata) del 2s col 2p. Al second'ordine, la correzione all'energia di un termine L-S e' data dalla formula generale = 47 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini | < LSJM J |D z |L' SJ' M J >|2 , (1) ∑ E[LS ] − E[L' S] L ' SJ' dove opp sta a ricordare che solo i termini di parita' opposta contribuiscono; inoltre, valgono le altre regole di selezione del dipolo, che conosciamo. In particolare, come si vede nella (1), MJ '=M J . L'elemento di matrice di D z dipende da MJ e gli stati che differiscono solo per il segno di MJ rimangono degeneri. Questi fatti dipendono da proprieta' generalissime di simmetria, e ci sono gia' familiari nel caso analogo di una particella senza spin. In tal caso, il valore di aspettazione di z=rcos(θ) su YLM dipende da M: cosi' la degenerazione di un termine con L≠0 e' rimossa. Inoltre, ∂ Lz = −i , e gli stati che differiscono solo per il segno di M sono ∂ complessi coniugati. Essendo l'hamiltoniano reale, anche in presenza del campo elettrico, da HΨ = EΨ segue che HΨ* = EΨ *, cioe' che i due inversi temporali Ψ e Ψ * restano degeneri. La degenerazione in MJ e' invece totalmente rimossa nell'effetto Zeeman, perche' il campo magnetico rompe l'invarianza per inversione temporale. opp ∆E[LSJM ] = E 2 3- Effetto Zeeman Discutiamo il problema di un atomo in un campo magnetico B uniforme e costante usando l'hamiltoniano approssimato H= H0 + H so + H M , dove: Z Z p2 Ze 2 e2 H0 = ∑ ( i − )−∑ ri 2m i i < j rij descrive l'atomo imperturbato nella teoria di Schrödinger, Z HSO = ∑ (ri )Li ⋅ Si i e' il termine di interazione spin-orbita, mentre il termine magnetico, in cui trascuriamo il piccolo contributo diamagnetico in A2, e' Z e Z H M = ∑ A(ri )⋅ pi − g s B ∑ Si ⋅ B , m i i B∧ r con gs≈2. Come nel caso idrogenoide, scegliamo A(r) = , cosicche' 2 1 A(ri )⋅ pi = Li ⋅ B, 2 e HM = B (L + 2S) ⋅ B . h Prendiamo l'asse z parallelo a B. Nel limite LS (effetto Zeeman normale) HSO e' trascurabile. Questo richiede campi forti (ma non troppo: stiamo trascurando il termine diamagnetico). Poiche' Lz e S z sono diagonali insieme ad H0, la perturbazione non mischia termini diversi. Abbiamo la liberta' di classificare gli autostati di H 0 nello = 48 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini schema |LSJM >, o in quello |LSM L MS > . In presenza di B, J non e' piu' conservato (solo Jz lo e'), e gli autostati sono |LSM L MS > . Preferiamo quest'ultima base, su cui HM e' gia' diagonale. In completa analogia col caso idrogenoide, si ottiene la correzione lineare ∆E LS = B(M L +2M S )B; la degenerazione in ML e' interamente risolta dal campo magnetico. Consideriamo le transizioni di dipolo fra termini diversi, nel limite LS. Lo spettro di assorbimento obbedisce alla regola di selezione ∆MS =0. Pertanto l'interazione magnetica di spin non ha effetto sullo spettro. Invece, l'accoppiamento del campo col momento orbitale si osserva nello spettro, perche' ∆ML =0,±1, e B risolve ogni riga in tre componenti (tripletto di Lorentz). L'effetto Paschen-Back si ottiene introducendo H SO come una piccola perturbazione. Gli elementi di matrice di HSO fra termini LS diversi non sono nulli ma vengono trascurati, e la perturbazione e' trattata al primo ordine fra stati di un dato termine. Come base del sottospazio di Hilbert di un termine possiamo scegliere gli stati |LSML MS>, che sono, come abbiamo appena visto, gli autostati di H 0+H M. Tutti questi stati con L eS definiti sono mescolati fra loro -e solo fra loro- da rotazioni indipendenti di L e di S; pertanto, finche' si opera sul sottospazio, il teorema di Wigner-Eckart permette di Z → → sostituire HSO = ∑ (ri ) Li .Si con K LS L⋅S. In questo modo l'analogia col i caso idrogenoide si preserva: H SO non e' diagonale sulla base |LSML MS>, ma la sua matrice si puo' determinare con la formula → → L S + L− S+ L• S = LZ SZ + + − . 2 Se KLS e' piccolo, contano solo gli elementi diagonali < LSML MS |H SO |LSM L MS > = KLS ML MS , e gli autovalori corretti sono ∆E[LSML M S] = B (M L +2M S )B + K LS ML MS . Infine, per campi deboli (effetto Zeeman anomalo) si parte dagli autostati in assenza di campo |LSJM> , e si tratta al primo ordine la perturbazione HM = B (J+ S) ⋅ B. h Poiche' < M | J z |M'>= M MM' , il primo termine e' evidentemente diagonale, e dobbiamo occuparci della matrice di S z. Usiamo di nuovo il teorema di Wigner-Eckart. Diversamente dal caso precedente, il sottospazio |LSJM>, al variare di M, ha LSJ tutti ben definiti (e' infatti un sottospazio di quello del termine LS, e corrisponde a un livello); le sue funzioni di base si mischiano tutte fra loro - e solo fra loro- per = 49 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 rotazioni complessive di J, cioe' dell'atomo. queste rotazioni S si trasforma come J, , sottospazio | LSJM > Prof. Michele Cini Dal momento che in finche' si opera nel r r S = kJ , dove k dipendera' da LSJ ma non da M. Ne consegue che anche la matrice di S z e' diagonale, e la correzione agli autovalori e' ∆E[M] = B B [M+ < LSJM | Sz | LSJM >] h B B = B (1+ k)M = B gM , h h dove g=1+k. Determiniamo la costante k. Nel sottospazio | LSJM > , r r r r 2 S = k J ⇒ S ⋅ J = kJ , cioe' S⋅(S + L) = kJ 2 , ovvero 2 2 2 r2 r r − S − L J S + S.L = kJ 2 , cioe' S2 + = kJ 2 , 2 J(J + 1) + S(S + 1) − L(L + 1) . quindi k = 2J (J + 1) Benche' gli atomi plurielettronici siano molto piu' complicati di quelli idrogenoidi, molti risultati utili possono essere ottenuti senza sforzo computazionale con puri argomenti di simmetria. 5-Altro sull’effetto Auger k j k j i i a) b) Wentzel nel 1927 propose una teoria dell’effetto Auger basata sullo schema a elettroni indipendenti. . Nello stato finale, l'atomo ha due buche negli spinorbitali j e k. Dov'erano queste buche nello stato iniziale? Una e' quella primaria ui ; l'altra nello spinorbitale uh che e' = 50 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini destinato ad essere occupato dall'elettrone Auger nello stato finale. In questo modo, il processo Auger diventa un urto fra due lacune. Lo stato iniziale |Φi > e quello finale |Φf > sono determinanti di Slater 2X2; essi hanno la stessa energia e sono accoppiati dall'interazione Coulombiana. La probabilita' di transizione e', per la regola d'oro di Fermi, 2 2 Pif = |<Φ i | Hc |Φ f >| h dove 1 1 < Φi | Hc |Φ f >=< u ju k | | ui u h > − < u j uk | | uh ui >; r12 r12 questi elementi di matrice comportano i prodotti scalari fra gli spin, e il termine di scambio e' diverso da zero solo per lacune finali che hanno spin paralleli. Una lacuna profonda puo' decadere X o Auger. Anche le lacune finali hanno gli stessi due modi di decadere, finche' non si giunge ad uno ione stabile in cui tutte le lacune sono nei livelli piu' esterni. Il decadimento X e' tanto piu' veloce quanto piu' i livelli coinvolti sono distanti in energia, a causa del fattore ν3. Invece, il decadimento Auger prevale se gli stati i,j e k sono vicini in energia, perche' l'elemento di matrice Auger e' particolarmente grande quando gli u hanno dimensioni simili. Per questa ragione, l'effetto Auger e' il meccanismo dominante di decadimento delle lacune interne degli atomi leggeri, mentre in quelli pesanti domina il decadimento X. Viene in mente un meccanismo alternativo per arrivare da Φi a Φf . Uno degli elettroni j,k potrebbe riempire la lacuna i con un normale processo radiativo, emettendo cioe' un fotone X; questo fotone potrebbe poi causare la fotoemissione del secondo elettrone. Lo stato finale sarebbe lo stesso. Ebbene, anche questo processo esiste, ed ha il nome di fotoemissione interna; a differenza dell'effetto Auger, esso e' soggetto alle regole di selezione ottiche, e per esempio non puo' causare la transizione KL1L1 che invece viene osservata. La probabilita' di transizione della fotoemissione interna e' stata calcolata con la teoria delle perturbazioni, ed il risultato e' che la fotoemissione interna puo' essere tranquillamente trascurata rispetto all'effetto Auger. Uno spettro Auger e' un grafico della corrente in funzione dell'energia cinetica degli elettroni. = 51 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Per misurare gli spettri di molecole e solidi si usano apparecchi in cui il campione, la sorgente eccitatice e l'apparato rivelatore-analizzatore degli elettroni si trovano in una camera a vuoto. La sorgente eccitatrice puo' essere un cannone elettronico o una sorgente di raggi X, come negli apparecchi ESCA29. Il campione e' di solito una superficie solida, e per limitare il problema della contaminazione da gas residui e' necessario arrivare al vuoto ultra-alto 30. Il cammino libero medio degli elettroni in un solido dipende dalla loro energia, ma per le transizioni che si osservano comunemente e' solo di alcuni Å; la tecnica e' quindi sensibile alla superficie. Poiche' dall'energia dei picchi dello spettro si puo' risalire alla specie atomica, la tecnica Auger si presta ad analisi chimiche delle superfici. Con tecniche a scansione, si possono ottenere immagini ingrandite della superficie in cui viene visualizzata la distribuzione di un dato elemento. In effetti, gli atomi che appartengono a molecole e a solidi hanno energie di transizione core-core-core un po' diverse dagli atomi liberi, ed una analisi dettagliata degli spostamenti chimici fornisce ulteriore informazione. Ancora di piu' si puo' imparare dallo studio delle forme di riga Auger di core-valenza-valenza, dal momento che i gusci piu' esterni sono i piu' sensibili ai legami chimici; l'interpretazione delle forme di riga e' attualmente un interessante argomento di ricerca31. La formula originale di Auger fornisce le energie delle transizioni con un errore che puo' essere piccolo in senso relativo, ma e' tipicamente dell'ordine di qualche decina di eV. Un tale errore e' enorme rispetto alla precisione con cui le misure possono essere 29acronimo per Electron Spectroscopy for Chemical Analysis. il campione e' un fascio di molecole, e' sufficiente un vuoto basso, che consenta agli elettroni un cammino libero superiore alle dimensioni della camera di misura. 31per un articolo di rassegna, vedere ad esempio M.Cini, J.Phys.C, Condensed Matter 1 (1989). 30se = 52 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini fatte di routine nei moderni apparati. Il problema principale e' che nello stato finale ci sono due lacune, ed occorre tenere conto della loro repulsione, che sposta i picchi dello spettro e li suddivide in multipletti. Inoltre, ogni transizione diagrammatica (cioe', prevista dalla precedente discussione) ha in realta' vari satelliti, che corrispondono a stati eccitati dello ione finale. Anche la formula di Wentzel si basa su un certo numero di ipotesi che la rendono inadeguata per scopi quantitativi, ed in particolare trascura sia gli effetti di correlazione che quelli relativistici. Si comprende cosi' che una teoria dettagliata degli spettri e' necessariamente complessa, anche nel caso di un campione di atomi liberi. Nondimeno, la spettroscopia Auger di sistemi complicati come molecole e solidi e' oggi uno dei metodi piu' importanti per lo studio degli effetti di correlazione. = 53 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 Prof. Michele Cini Appendice. Dimostrazione euristica del Teorema di Wigner-Eckart con applicazione alla struttura fine degli atomi. r Una rotazione R r trasforma il vettore x = ( x1 , x2 ,x 3 ) secondo la r x' = R ( ) x ; la matrice R e' legge, nota dalla geometria, i ij j r ortogonale. Un operatore v = (v1 ,v 2 ,v 3 ) e' un vettore se la legge con cui le sue r componenti si trasformano sotto rotazione e' la stessa: v' i =R ij ( )v j . Siano ora |L,M> stati (a 1 o a piu' elettroni) con valori definiti di L2 e Lz ; anche loro hanno una legge di trasformazione lineare | L, M >→ ∑ D(L ) (M, M')| L, M'>, r Rr : M' dove r −i r r L. h DL( ) (M, M') = LM' e LM sono le matrici di Wigner. Supponiamo ora di conoscere un particolare elemento di matrice non nullo < LM|v 1 |LM'>= q, dove q e' un certo valore numerico, e di voler trovare tutti gli elementi di matrice al variare r di M,M' e della componente di v = (v1 ,v 2 ,v 3 ) . Ci puo' essere un buon numero di elementi da determinare, e puo' essere molto oneroso fare tanti calcoli indipendenti, ma c'e' una alternativa: sfruttare la simmetria. Ruotiamo il sistema di riferimento, il che equivale a ruotare sia gli stati che il vettore. Ora, q e' un numero, e rimane lo stesso nel sistema ruotato; pero' se lo esprimiamo in termini delle componenti ruotate del vettore e degli stati otteniamo una relazione lineare fra tutti gli elementi di matrice: r r r * q = ∑ R1 j ( )DL( ) ( M', M1 ) D(L ) ( M, M2 ) < LM1 |v j |LM 2 >; j,M 1 ,M 2 gli elementi di matrice incogniti figurano a secondo membro ed i coefficienti possiamo ritenerli tutti noti dalla geometria. Scegliendo abbastanza rotazioni diverse, possiamo formare un sistema di equazioni e determinare tutte le incognite in termini dell'elemento noto < LM|v 1 |LM'>= q; per linearita', tutti gli altri elementi risulteranno proporzionali ad esso (raddoppiando q, raddoppiano tutti). Se facciamo la stessa cosa per un altro vettore r w con < LM|w 1 |LM' >= Q , ritroviamo per i suoi elementi di matrice lo stesso sistema con Q in luogo di q e < LM|w j |LM' > al posto di Q < LM|v j |LM' > . Quindi, < LM|w i |LM'>= < LM|v i |LM' > . q r r E' una buona idea prendere v = L , per il quale il calcolo e' presto r fatto, per esprimere gli elementi di qualsiasi w . Cosi', tutti i vettori hanno gli stessi elementi di matrice a meno di una costante di proporzionalita' finche' lavoriamo nel sottospazio (etichettato da = 54 = Atomi con piu’ di un elettrone a.a. 2002-03 L) di funzioni che vengono tutte rotazioni 32. Possiamo scrivere mischiate Prof. Michele Cini fra loro dalle r r w = K L v; KL non puo' dipendere da M,M' (cioe', la costante e' la stessa per tutti gli elementi di matrice determinati dal sistema). Invece, KL dipende da L, perche' con L diverso siamo in un altro sottospazio, scriviamo un altro sistema e tutto cambia. Come e' intuitivo, l'argomento si estende a operatori tensoriali e a Gruppi diversi da quello delle rotazioni. Consideriamo ora la scissione ∆E j =< LSJM J |H' SO |LSJM J > dei termini L-S, dovuta all'interazione spin-orbita r r r H' SO = ∑ (ri )L i ⋅ S i . Mediando sulle funzioni radiali identiche i r r Z degli elettroni equivalenti, H' SO = ∑ L i ⋅ Si . Conviene Z i usare dapprima la base |LSM L MS > . Le rotazioni delle coordinate mescolano stati |LSM L MS > di ML diverso, lasciando inalterati L,S,MS. Le rotazioni nello spazio dello spin mescolano stati |LSM L MS > di M S diverso, lasciando inalterati L,S,ML . Per rotazioni arbitrarie e indipendenti di coordinate e spin, vengono combinate tutte le funzioni di M L e M S diverso, con gli stessi L,S. Una tale rotazione arbitraria induce una relazione lineare fra gli elementi di r r matrice di Li .Si per l'elettrone i-esimo. Sia noto un elemento r r < LSML MS | Li .Si |LSM L MS > . Possiamo come prima generare un sistema di equazioni per determinare, r r in termini di esso, tutti gli elementi di matrice < LSM' L M' S | Li .Si |LSM'' L M'' S > . Tuttavia, se r r ripetiamo il procedimento con l'operatore L.S , ritroviamo le stesse relazioni fra i suoi elementi di matrice r r r < LSM' L M' S | L.S |LSM'' L M'' S > , dal momento che L si trasforma come r r r Li ed S come Si (in ambedue i casi, come vettori). Poiche' i sistemi vengono identici (a meno del termine noto) le soluzioni sono proporzionali. Cosi' r r < LSML MS |H' SO |LSM L MS > = KLS < LSML MS | L ⋅ S |LSM L MS > , dove KLS e' una costante che non dipende da ML ne' da M S, dovendo essere la stessa per tutte le incognite. Cambiando base con i coefficienti di Clebsh-Gordan, si trova r r infine < LSJM J |H' SO |LSJM J >= K LS < LSJM J | L ⋅ S |LSJM J > . 32in termini matematici, si tratta della base di una rappresentazione irriducibile del Gruppo di simmetria. = 55 =