Indice Voci Premessa 1 Cinetica chimica 2 Velocità di reazione 5 Teoria delle collisioni 7 Reazione elementare 8 Molecolarità 9 Equazione cinetica 10 Ordine di reazione 12 Costante di velocità 15 Equazione di Arrhenius 16 Equazione di Eyring 18 Teoria dello stato di transizione 19 Stato di transizione 25 Meccanismo di reazione 26 Energia di attivazione 27 Catalisi 29 Catalisi 29 Catalizzatore 33 Catalisi eterogenea 37 Catalisi per trasferimento di fase 39 Catalisi enzimatica 40 Fotocatalisi 49 Autocatalisi 50 Attività catalitica 51 Sito attivo 52 Supporto catalitico 53 Disattivazione dei catalizzatori 55 Note Fonti e autori delle voci 57 Fonti, licenze e autori delle immagini 58 Licenze della voce Licenza 59 Premessa 1 Premessa Cos'è questo libro Questo è un libro di Wikipedia. È una raccolta di voci tratte dall'edizione italiana dell'enciclopedia online Wikipedia [1]. Le voci di Wikipedia sono scritte collettivamente e i lettori sono anche gli autori. Nessuno è stato pagato per scrivere questo libro. Come usare questo libro Quest'opera può essere liberamente utilizzata, riprodotta, modificata, distribuita per qualsiasi scopo (anche commerciale), a patto di attribuire correttamente la provenienza dei contenuti e citare gli autori, nel rispetto della licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo (CC-BY-SA) 3.0 [2] per quanto riguarda i testi. Le opere derivate devono mantenere la stessa licenza o una compatibile. In fondo al libro sono riportati l'elenco degli autori dei testi e delle immagini. Prima di distribuire il libro, verifica in particolare che le licenze delle immagini siano riportate correttamente.[3] Proprio per la natura del contributo libero e gratuito di tutti gli autori, compresi gli utenti anonimi, Wikipedia non può fornire garanzie sulla validità e l'accuratezza dei contenuti. 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[4] http:/ / it. wikipedia. org/ wiki/ WP:General_disclaimer Cinetica chimica La cinetica chimica è quel ramo della chimica fisica che studia la velocità con cui avviene una reazione chimica e tutti i fattori in grado di influenzarla. Il suo campo di studio si estende anche ai meccanismi implicati nella formazione dei prodotti finali. Generalità In natura esistono reazioni termodinamicamente consentite (e quindi con ΔG<0), ma talmente lente da non avvenire in pratica. Un esempio è la combustione della carta in presenza dell'ossigeno e dell'aria: a temperatura ambiente, la reazione è talmente lenta che occorrono decenni all'ossigeno per "bruciare" uno strato superficiale di carta, rendendola gialla e fragile. La carta è definita per questo un composto metastabile, cioè un composto instabile da un punto di vista termodinamico, ma stabile da un punto di vista cinetico. O ancora, il carbonio, la cui forma stabile è la grafite (presente per esempio nelle mine delle matite) mentre il diamante ne è una forma metastabile. Ma la trasformazione del diamante in grafite è così lenta che praticamente il diamante rimane tale. Le reazioni cineticamente lente possono essere favorite utilizzando opportuni catalizzatori. Effetti dell'aumento della concentrazione nelle reazioni chimiche Cinetica chimica Come avviene una reazione Affinché avvenga una reazione chimica è necessario che i reagenti possiedano un livello minimo di energia definita energia di attivazione. In queste condizioni, i legami originari che caratterizzano le molecole dei reagenti subiscono una scissione con formazione di nuovi legami che danno vita a un composto intermedio e metastabile, caratterizzato da elevata energia potenziale e definito "complesso attivato". Quindi, i nuovi deboli legami chimici appena formatisi subiscono un riarrangiamento definitivo formando i prodotti di reazione finali. Grafici come quello mostrato a lato si riscontrano comunemente in cinetica chimica e Grafico che riporta la variazione dell'energia potenziale in funzione della riportano la variazione dell'energia potenziale in coordinata di reazione. La generica reazione descritta è X→Y (con la relativa funzione del decorso della reazione (la reazione inversa) e viene fatto anche un confronto nel caso in cui sia presente un catalizzatore (linea rossa). La differenza di energia tra prodotti e reagenti cosiddetta coordinata di reazione); sono utili per rappresenta l'entalpia di reazione (ΔH). descrivere qualitativamente il percorso di una reazione. Spesso viene riportato, per ragioni semplificative, solamente un massimo di energia potenziale (energia corrispondente al complesso attivato) ma nella realtà tali massimi sono solitamente più di uno. Un approccio più elaborato si basa sullo studio delle superfici di energia potenziale. Studio cinetico di una reazione Uno studio cinetico della velocità di una reazione può essere effettuato monitorando le concentrazioni delle specie presenti durante lo svolgersi della reazione e cercando una funzione matematica che approssimi al meglio questi valori. Ripetendo le misurazioni a diverse temperature si possono ricavare le condizioni ottimali in cui svolgere una reazione e alcuni parametri quali l'energia di attivazione o la costante di velocità di una reazione. A tale scopo sono di comune utilizzo dispositivi che permettono di realizzare la reazione utilizzando un flusso continuo di reagenti, o alternativamente bloccando a un certo punto tale flusso (stopped flow). Reazioni molto più veloci, dell'ordine dei nanosecondi e dei picosecondi, possono essere studiate utilizzando la fotolisi flash. Quando interessa isolare anche eventuali intermedi, ad esempio per caratterizzarli successivamente, si applica il quenching chimico o per raffreddamento: nel primo caso si arresta la reazione a un dato stadio aggiungendo alla miscela dei reagenti un altro composto, mentre nel secondo si ricorre a un repentino raffreddamento. Lo studio del meccanismo di reazione viene effettuato ipotizzando un percorso di reazione e suffragandolo poi sperimentalmente (ad esempio tramite la spettroscopia) verificando la presenza degli intermedi ipotizzati nel meccanismo o di sottoprodotti derivanti da reazioni collaterali ammesse dal meccanismo ipotizzato. Importante è anche il riscontro pratico della effettiva stereochimica di reazione. 3 Cinetica chimica Fattori influenzanti la velocità di reazione I fattori in grado di influenzare la velocità di reazione possono sommariamente così elencarsi: 1. Natura dei reagenti: siccome in una reazione chimica si rompono dei legami e se ne formano di nuovi, la velocità dipende dalla forza di legame esistente. 2. Superficie di contatto: all' aumentare della superficie di contatto aumenta la velocità di reazione. 3. Concentrazione dei reagenti: la velocità aumenta all' aumentare della concentrazione. L'equazione che mette in relazione velocità di reazione con concentrazione dei reagenti è detta legge cinetica. 4. Temperatura: all' aumentare della temperatura aumenta la velocità di reazione, mediamente di 2 volte ogni 10°C di temperatura. 5. Presenza di catalizzatori: molte reazioni avvengono molto lentamente se non catalizzate da sostanze inorganiche (catalizzatori) o organiche (enzimi). Importanza della cinetica chimica L'importanza della cinetica è notevole, essendo essa alla base di ogni progettazione e ottimizzazione dei processi chimici produttivi, anche per gli aspetti inerenti alla loro sicurezza. In particolare di grande risalto è la messa a punto di specifici catalizzatori che non solo si rivelano utili nell'aumentare la velocità di reazione, ma permettono spesso la sintesi in condizioni operative (pressione, temperatura) meno drastiche con un conseguente notevole risparmio energetico ed economico. Bibliografia • James E. House, Principles of Chemical Kinetics, Second Edition, Academic Press, 2007. ISBN 978-0-12-356787-1. • Luis Arnaut, Sebastiao Jose Formosinho, Hugh Burrows, Chemical Kinetics: From Molecular Structure to Chemical Reactivity, Elsevier Science, 2006. ISBN 0-444-52186-0. Voci correlate • • • • • • • • Velocità di reazione Energia di attivazione Equazione di Arrhenius Meccanismo di reazione Catalisi Postulato di Hammond Termodinamica Cinetica elettrochimica Altri progetti • Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Chemical kinetics 4 Velocità di reazione 5 Velocità di reazione In cinetica chimica, con velocità di reazione si intende il tasso di variazione nel tempo del grado di avanzamento di una reazione chimica, ovvero il tasso di variazione nel tempo delle concentrazioni delle specie chimiche coinvolte nella reazione. Definizione Data una generica reazione chimica: dai suoi coefficienti si deduce che per ogni m molecole di C che si formano scompaiono una molecola di A e n molecole di B. Definita come velocità di reazione v la variazione della concentrazione molare di ognuna di queste sostanze nel tempo, si ha che:[1] in cui ξ viene detto "grado di avanzamento" della reazione. Molto spesso la velocità di reazione risulta essere proporzionale alla concentrazione delle specie chimiche coinvolte, ciascuna elevata ad una potenza (spesso un numero intero positivo, ma può essere anche un numero negativo, nullo o frazionario) nella cosiddetta equazione cinetica; ad esempio:[2] I valori di a, b e k vengono determinati sperimentalmente; conoscerli significa, oltre a prevedere l'andamento della reazione nel tempo, anche avere una buona indicazione sul meccanismo della reazione stessa. La somma di a e b viene detta ordine di reazione. Anche il coefficiente k viene desunto sperimentalmente; viene chiamato costante di velocità[3] ed è legato alla temperatura in modo esponenziale tramite la relazione:[4] nota come equazione di Arrhenius in cui viene detto fattore pre-esponenziale e energia di attivazione. è la costante universale dei gas. Lo studio dell'andamento della costante di velocità in funzione della temperatura permette di calcolare l'energia di attivazione ed avere così ulteriori informazioni sul meccanismo della reazione. L'effetto isotopico cinetico, ampiamente sfruttato nello studio delle reazioni chimiche, consiste nella diminuzione della velocità di reazione a seguito della sostituzione di un dato atomo, che instaura uno specifico legame chimico, con un suo isotopo che si trova a instaurare il medesimo tipo di legame. L'esempio tipico è rappresentato dalla diversa velocità di reazione osservata sostituendo un legame C-H con uno C-D. Velocità di reazione specifica Nel caso in cui si abbia a che fare con una reazione che avvenga per catalisi eterogenea, si fa spesso riferimento alla velocità di reazione specifica vs, che è pari al rapporto della velocità di reazione rispetto alla superficie S del catalizzatore, ovvero: Nel caso della catalisi omogenea l'espressione precedente non è invece applicabile, in quanto non si ha una superficie di separazione fluido-catalizzatore. Velocità di reazione Velocità di reazione in elettrochimica Nei processi elettrochimici (ad esempio nell'elettrolisi e nei fenomeni corrosionistici) le reazioni chimiche avvengono assorbendo o cedendo energia elettrica. La velocità di reazione è quindi in questi casi esprimibile in termini di intensità di corrente (tenendo conto di eventuali dissipazioni dovute a sovratensioni o cadute ohmiche).[5] Infatti in un processo elettrochimico gli elettroni si comportano da specie chimica (in quanto possono fare parte dei prodotti o dei reagenti) e la loro variazione nel tempo è pari sia alla velocità di reazione (essendo la derivata rispetto al tempo della quantità di specie prodotte/reagite) sia all'intensità di corrente (essendo la derivata rispetto al tempo della carica elettrica).[5] Note [1] [2] [3] [4] [5] Silvestroni, op. cit., p. 350 Silvestroni, op. cit., p. 353 Silvestroni, op. cit., p. 352 Silvestroni, op. cit., p. 358 Bianchi, op. cit., p. 18 Bibliografia • Paolo Silvestroni, Fondamenti di chimica, 10a ed., CEA, 1996. ISBN 88-408-0998-8 • Giuseppe Bianchi; Torquato Mussini, Elettrochimica (http://books.google.it/books?id=ICKcAQAACAAJ& source=gbs_navlinks_s), Elsevier, 1976. ISBN 8821405001 Voci correlate • • • • • Cinetica chimica Teoria delle collisioni Equazione cinetica Ordine di reazione Stadio cineticamente determinante Collegamenti esterni • Studio della velocità di reazione (http://www.itchiavari.org/chimica/lab/velreaz.html) 6 Teoria delle collisioni 7 Teoria delle collisioni La teoria delle collisioni o teoria degli urti è una teoria proposta da Max Trautz e William Lewis nel 1916 che spiega quantitativamente come avvengono le reazioni chimiche e perché le velocità di reazione sono diverse da reazione a reazione. La teoria assume che affinché una reazione chimica abbia luogo e i reagenti si trasformino nei prodotti, le molecole (o altre particelle reattive) dei reagenti devono collidere, devono farlo con un appropriato orientamento e devono farlo con una sufficiente energia, detta energia di attivazione. Di tutte le collisioni che avvengono, solo una frazione risulterà quindi essere utile per provocare l'avanzamento della reazione chimica. Costante di velocità La costante di velocità di una reazione bimolecolare tra due gas, secondo il modello previsto dalla teoria delle collisioni è . in cui: • • • • • Z è la frequenza delle collisioni, ovvero il numero di collisioni tra molecole nell'unità di tempo è il fattore sterico Ea è l'energia di attivazione della reazione T è la temperatura R è la costante universale dei gas. La frequenza delle collisioni è a sua volta data da: in cui: • • • • NA è il numero di Avogadro σAB è la sezione d'urto kB è la costante di Boltzmann μAB è la massa ridotta dei reagenti. Bibliografia • P. Atkins, J. De Paula, "Physical Chemistry", Oxford University Press, 2006 (ottava ed.), ISBN 9780198700722 Voci correlate • Molecolarità • Teoria dello stato di transizione Reazione elementare 8 Reazione elementare Con il termine reazione elementare si indica una reazione chimica nella quale una o più specie chimiche reagiscono direttamente per formare i prodotti attraverso un singolo "stadio di reazione" (anche detto "atto reattivo") e attraversando un solo stato di transizione (anche detto "complesso attivato").[1][2] Qualsiasi reazione chimica può essere scomposta in una sequenza di reazioni elementari. Reazione elementare unimolecolare Nel caso di una reazione elementare unimolecolare, una molecola A si dissocia o si isomerizza per formare uno o più prodotti, secondo la reazione: A → prodotti In condizioni di isotermicità, la velocità di reazione è proporzionale alla concentrazione della specie A, ovvero: Reazione elementare bimolecolare Nel caso di una reazione elementare bimolecolare, due atomi, molecole, ioni o radicali A e B reagiscono insieme per formare uno o più prodotti, secondo la reazione: A + B → prodotti In condizioni di isotermicità, la velocità di reazione è proporzionale al prodotto delle concentrazioni delle specie A e B, ovvero: Questo risultato è anche noto come legge di azione di massa. Un esempio di reazione di questo tipo è la reazione di cicloaddizione. Nel caso di reazione bimolecolare, i reagenti si trasformano in prodotti passando attraverso la formazione di un complesso attivato (A·B). Ad esempio, se vengono formate due molecole (C e D) a partire da due molecole reagenti (A e B), la reazione elementare può essere scritta nella forma:[3] A + B → (A·B) → C + D Il complesso attivato ha un'energia maggiore di quella dei reagenti, per cui si ha una "barriera di energia" da oltrepassare perché si possa svolgere la reazione. La differenza di contenuto energetico tra i reagenti e i prodotti è associata alla termodinamica del sistema: in particolare la reazione è endotermica se i prodotti hanno contenuto energetico maggiore rispetto ai reagenti mentre è esotermica se i prodotti hanno contenuto energetico minore rispetto ai reagenti.[4] Reazione elementare Reazione elementare trimolecolare Perché avvenga una reazione elementare trimolecolare è necessario che tre specie chimiche si urtino tutte e tre contemporaneamente, per cui questo tipo di reazione elementare è molto rara. Note [1] [2] [3] [4] IUPAC Gold Book (http:/ / goldbook. iupac. org/ R05178. html) Silvestroni, op. cit., p. 345 Silvestroni, op. cit., p. 346 Silvestroni, op. cit., p. 347 Bibliografia • Paolo Silvestroni, Fondamenti di chimica, 10a ed., CEA, 1996. ISBN 88-408-0998-8 Voci correlate • Molecolarità • Teoria dello stato di transizione Molecolarità Nell'ambito della cinetica chimica, con il termine molecolarità si indica il numero di entità molecolari che collidono durante un singolo atto reattivo (o reazione elementare),[1] o in altre parole il numero di entità di cui è costituito il complesso attivato.[2] A differenza dell'ordine di reazione, il cui valore viene ottenuto per via sperimentale riferendosi alla reazione chimica (costituita da più reazioni elementari), la molecolarità di una reazione viene ricavata per via teorica e viene applicata ad una singola reazione elementare.[3] Nel caso di una reazione elementare, i valori dell'ordine di reazione, della molecolarità e del coefficiente stechiometrico coincidono, sebbene il loro significato sia differente. A seconda della molecolarità della reazione, si possono avere: • reazioni unimolecolari: se una specie chimica si dissocia o isomerizza • reazioni bimolecolari: se la reazione avviene in seguito alla collisione di due specie chimiche • reazioni trimolecolari: se la reazione avviene in seguito alla collisione di tre specie chimiche. Le reazioni trimolecolari sono piuttosto rare.[4] Un importante meccanismo proposto per descrivere le reazioni unimolecolari in fase gassosa, data la loro particolarità, è quello di Lindemann-Hinshelwood. 9 Molecolarità 10 Note [1] International Union of Pure and Applied Chemistry (1996). "molecularity" (http:/ / goldbook. iupac. org/ M03989. html). Compendium of Chemical Terminology Internet edition. [2] Silvestroni, op. cit., p. 348 [3] Silvestroni, op. cit., pp. 348-353 [4] Discussion on the improbability of termolecular reactions (http:/ / www. intute. ac. uk/ sciences/ reference/ plambeck/ chem2/ p02156. htm) Bibliografia • Paolo Silvestroni, Fondamenti di chimica, 10a ed., CEA, 1996. ISBN 8840809988 Voci correlate • Ordine di reazione • Reazione elementare • Teoria delle collisioni Equazione cinetica In chimica, l'equazione cinetica è l'equazione che rappresenta l'andamento della velocità di reazione in funzione delle concentrazioni dei suoi reagenti e dei suoi prodotti. Data una generica reazione diretta: e definita la velocità di reazione in forma differenziale come: in cui ξ viene detto "grado di avanzamento" della reazione, ovvero la variazione della concentrazione di un prodotto nel tempo fratto il suo coefficiente stechiometrico. Questo vale anche per i reagenti ma poiché la loro concentrazione diminuisce nel tempo si mette il segno meno davanti alla derivata. L'equazione cinetica è osservata sperimentalmente ed ha una forma generica Gli esponenti a, b e c non coincidono necessariamente con i coefficienti stechiometrici della reazione e vengono determinati sperimentalmente (ordini parzali di reazione); conoscerli significa, oltre a prevedere l'andamento della reazione nel tempo, anche avere una buona indicazione sul meccanismo della reazione stessa. La somma di a, b e c qualora coincidano con i coefficienti stechiometrici, viene detta ordine globale n di reazione. Va notato che solo raramente n risulta ≥ a 3. Anche il coefficiente k(T) viene misurato sperimentalmente; viene chiamato costante di velocità o velocità specifica di reazione ed è legato alla temperatura in modo esponenziale tramite la relazione: nota come equazione di Arrhenius in cui viene detto fattore pre-esponenziale e la costante universale dei gas. Va osservato che, per una trattazione più rigorosa, energia di attivazione. è energia di attivazione è a sua volta funzione della temperatura T. Una tecnica impiegata per determinare sperimentalmente gli esponenti a, b e c dell'equazione cinetica consiste nel condurre la reazione in esame in presenza di un grande eccesso di tutte le specie coinvolte tranne una; questo fa sì che le concentrazioni delle specie presenti in eccesso non siano alterate in maniera apprezzabile dall'avanzare della reazione e quindi possano essere ragionevolmente considerate costanti. Nell'esempio della reazione generica Equazione cinetica precedente, supponendo di lavorare in presenza di un grande eccesso di B e C si ha a questo punto, sapendo che: confrontando l'andamento della concentrazione osservato sperimentalmente con quello teorico previsto dall'integrazione dell'equazione precedente, si può dedurre il valore dell'esponente a (seguono in tabella le integrazioni relative ad alcuni casi) Operando in maniera analoga per le specie chimiche B e C è possibile stabilire l'ordine di reazione e fare ipotesi sul meccanismo, dato che è molto probabile che l'ordine di reazione sia correlato agli urti tra le molecole che costituiscono il passaggio critico della reazione. Ad esempio, una reazione di terzo ordine la cui velocità abbia un andamento del tipo è probabile che abbia un meccanismo il cui passaggio critico è l'urto di due molecole di A con una molecola di B. Le ipotesi cinetiche sul meccanismo vengono successivamente integrate da altre evidenze sperimentali, tra queste quelle spettroscopiche e stereochimiche. Per ottenere l'equazione cinetica di reazioni complesse, che implicano la presenza di più intermedi, si ricorre sovente all'approssimazione dello stato stazionario, artificio che permette agevolmente di risolvere equazioni differenziali altrimenti più complesse e di minore praticità di utilizzo. 11 Ordine di reazione Ordine di reazione In chimica, l'ordine di reazione relativo ad un reagente è l'esponente al quale è elevata la concentrazione del reagente nell'equazione cinetica.[1] Lo studio della cinetica chimica di una reazione consiste principalmente nella determinazione sperimentale della sua equazione cinetica, una legge che lega la velocità di reazione alla concentrazione molare di uno o più reagenti elevata a un esponente che non coincide necessariamente con il corrispondente coefficiente stechiometrico della reazione globale. Definizione Data una generica reazione (diretta o irreversibile): aA + bB → cC + dD la legge cinetica è del tipo: k è una costante positiva detta costante di velocità della reazione, e rappresenta la velocità iniziale della reazione quando i reagenti hanno concentrazione unitaria; m ed n sono degli esponenti non necessariamente uguali ad a e b. Si definisce ordine globale di reazione la somma di m con n: Si definisce ordine parziale di reazione, riferito ad una singola specie reagente, l'esponente che accompagna la specie presa in esame nella legge cinetica: 12 Ordine di reazione 13 Reazioni dirette di ordine zero Si chiamano reazioni di ordine zero quelle reazioni la cui velocità è indipendente dalla concentrazione dei reagenti. Questo non è un comportamento raro. La legge cinetica è: Reazioni dirette del primo ordine Le reazioni del primo ordine sono quelle reazioni la cui velocità dipende dalla concentrazione di un solo reagente elevato ad un esponente pari ad 1. La velocità istantanea di reazione (positiva) coincide con la velocità istantanea di reazione di A (negativa, poiché il reagente diminuisce). Vale allora che (con ). Quindi: integrando fra e t generico avremo: e risolvendo l'integrale: Grafico caratteristico delle reazioni di primo ordine. Si ottiene diagrammando il logaritmo naturale della concentrazione di A in funzione del tempo. Ordine di reazione 14 Reazioni dirette del secondo ordine Le reazioni del secondo ordine sono quelle reazioni la cui velocità dipende dalla concentrazione di uno o più reagenti in modo tale che la somma degli esponenti è pari a 2. La velocità istantanea di reazione (positiva) coincide con la velocità istantenea di reazione di A (negativa, poiché il reagente diminuisce). Vale allora che v=vA (con vA<0). Quindi: Scambiamo l'ordine dei termini in modo da applicare il metodo di separazione delle variabili: Grafico caratteristico delle reazioni di secondo ordine. Si ottiene diagrammando 1/[A] in funzione del tempo. integrando fra t=0 e t generico avremo: Risolvendo l'integrale otteniamo: Reazioni dirette di ordine N Si chiamano reazioni di ordine N (N non nullo positivo, intero o semi-intero e diverso da 1) quelle reazioni la cui velocità dipende dalla concentrazione di uno o più reagenti in modo tale che la somma degli esponenti è pari a N. La legge cinetica è: La velocità istantanea di reazione (positiva) coincide con la velocità istantanea di reazione di A (negativa, poiché il reagente diminuisce). Vale allora che v=vA (con vA<0). Quindi: riarrangiando: integrando fra t=0 e t generico avremo: Dall'integrazione otteniamo: Ordine di reazione Note [1] IUPAC's Goldbook definition of order of reaction (http:/ / www. iupac. org/ goldbook/ O04322. pdf) Bibliografia • Paolo Silvestroni, Fondamenti di chimica, 10a ed., CEA, 1996, pp. 353-355. ISBN 8840809988 Voci correlate • Molecolarità • Velocità di reazione Costante di velocità La costante di velocità o costante cinetica è un parametro utilizzato per descrivere e quantificare la cinetica di una reazione chimica. La velocità di una reazione chimica misura la quantità di materia che si consuma o produce nel tempo per effetto di una reazione chimica, e può essere espressa sia in unità massiche che in unità molari; dipende in generale dalle concentrazioni (volumiche per reazioni che coinvolgono la totalità di una fase o superficiale per reazioni di superficie) delle sostanze coinvolte nel processo chimico, dalla temperatura e dall'energia di attivazione intrinseca della reazione stessa. La costante cinetica lega la velocità di reazione alle concentrazioni, e a sua volta può essere posta in relazione a temperatura ed energia di attivazione della reazione attraverso l'equazione di Arrhenius. Ogni reazione chimica avviene seguendo un ben preciso meccanismo di reazione: le reazioni la cui velocità dipende solo dalla costante cinetica e dalla concentrazione di un reagente si dicono di primo ordine, quelle la cui velocità dipende dalla costante cinetica e dal quadrato della concentrazione di un reagente, o dal prodotto delle concentrazioni di due reagenti si dicono del secondo ordine e così via, cioè l'ordine di reazione coincide con la somma degli esponenti cui elevare le concentrazioni; nell'ordine "0" per esempio la velocità non dipende dalla concentrazione dei reagenti. In ogni caso tutti i meccanismi si esprimono mediante equazioni che dipendono in vario modo dalle costanti di velocità. Gli ordini di reazioni sono dati trovabili solo in modo sperimentale. Dimensioni della costante di velocità Quando l'espressione cinetica per una reazione chimica omogenea è scritta nella forma:[1] rA = kCAaCBb...CDd in cui l'ordine di reazione è pari a: n = a + b + ... + d le dimensioni della costante cinetica k per una reazione di ordine n sono:[1] (tempo)-1(concentrazione)1-n che per una reazione del primo ordine diviene semplicemente:[1] (tempo)-1 15 Costante di velocità 16 Note [1] Levenspiel, op. cit. Bibliografia • Octave Levenspiel, Ingegneria delle Reazioni Chimiche, 2a ed., CEA, 2004. ISBN 8840808078 Voci correlate • Velocità di reazione Equazione di Arrhenius L'equazione di Arrhenius fu ricavata nel 1889 da Svante Arrhenius[1] e mette in relazione la costante di velocità con la variazione di temperatura. Il chimico ipotizzò che il fattore sterico (p) e il numero di collisioni (Z) fossero quasi insensibili alla temperatura, e pertanto l'espressione della costante di velocità potesse essere riscritta come:[2] dove: • • • • • k è la costante di velocità A è il fattore pre-esponenziale, costante per variazioni di temperatura non troppo elevate[2] Ea è l'energia di attivazione, anch'essa costante per variazioni di temperatura non troppo elevate[2] R è la costante dei gas T è la temperatura espressa in kelvin. L'equazione può essere riscritta in modo tale da eliminare la costante A. Date due differenti temperature, valgono: e quindi per sottrazione della prima dalla seconda: che si può riscrivere come: e , Equazione di Arrhenius Scegliendo la temperatura di riferimento , L'equazione può essere ancora riscritta raccogliendo alcune costanti, ottenendo: essendo In questa maniera, diagrammando ln(k) in funzione di 1/T, si ottiene un grafico lineare.[3] La rappresentazione del ln(k) in funzione di 1/T può risultare utile nel caso in cui si voglia stabilire tra due reazioni competitive (1 e 2) quale di esse è favorita. Tracciando sul diagramma le due rette relative alle due Grafico del ln(k) in funzione di 1/T (in nero sono rappresentati i punti sperimentali, reazioni, nei punti in cui la retta della mentre in rosso è segnata la retta che interpola tali punti) reazione 1 sta sotto la retta 2, la prima reazione è favorita (in quanto l'energia di attivazione corrispondente alla prima reazione sarà minore dell'energia di attivazione associata alla seconda reazione), mentre, nei punti in cui la retta della reazione 1 sta sopra la retta 2, è la seconda reazione ad essere favorita. Se le due rette si intersecano, si avrà quindi un intervallo di temperature in cui è favorita la prima reazione e un intervallo di temperature in cui è favorita la seconda reazione. Se invece le rette non si intersecano, vuol dire che solo una reazione è favorita (quella con energia di attivazione minore, cioè corrispondente alla retta più bassa) per tutto il campo di temperature considerato nel diagramma. Variando la temperatura dell'ambiente di reazione è quindi possibile privilegiare una reazione chimica rispetto alla sua reazione competitiva, aumentandone quindi la selettività. Spesso comunque si preferisce aumentare la selettività aggiungendo un catalizzatore, soprattutto quando la variazione di temperatura necessaria a favorire la reazione è elevata. Note [1] http:/ / 143. 225. 163. 184/ _docenti/ santini-antonello/ doc/ santini-19-energia-di-attivazione. pdf [2] http:/ / www. galenotech. org/ cinetica5. htm [3] http:/ / venus. unive. it/ chem2000/ capitoli/ 20. htm Voci correlate • Energia di attivazione • Temperatura cinetica media (o MKT) • Svante Arrhenius 17 Equazione di Eyring 18 Equazione di Eyring L'equazione di Eyring, nota anche come equazione di Eyring-Polanyi, viene utilizzata in cinetica chimica per descrivere la velocità di reazione in funzione della temperatura. Fu sviluppata quasi simultaneamente nel 1935 da Henry Eyring, Meredith Gwynne Evans e Michael Polanyi. Questa equazione deriva dalla teoria dello stato di transizione e contrariamente alla equazione di Arrhenius, di natura empirica, questo modello è teorico e basato sulla termodinamica statistica. La forma generale dell'equazione di Eyring-Polanyi somiglia alquanto all'equazione di Arrhenius: dove ΔG‡ è l'energia libera di Gibbs di attivazione, kB è la costante di Boltzmann, e h è la costante di Planck. L'equazione può essere riscritta nel seguente modo: . La forma lineare assunta è . dove: • • = costante di velocità = temperatura assoluta • • = entalpia di attivazione = costante universale dei gas • • = costante di Boltzmann = costante di Planck • = entropia di attivazione Una data reazione chimica avviene a temperature differenti ed è possibile determinare la velocità di reazione. Riportando graficamente contro si ottiene una retta con coefficiente angolare , dal quale è possibile ricavare l'entalpia di attivazione, e intercetta che fornisce l'entropia di attivazione. Bibliografia • • • • • Evans M.G. and Polanyi M. (1935) Trans. Faraday Soc. 31, 875. Eyring H. (1935) J. Chem. Phys. 3, 107. Eyring H. and Polanyi M. (1931) Z. Phys. Chem. Abt. B, 12, 279. Laidler K.J. and King M.C. (1983) "The development of Transition-State Theory". J. Phys. Chem. 87, 2657-2664. Polanyi J.C. (1987) "Some concepts in reaction dynamics". Science, 236(4802), 680-690. Teoria dello stato di transizione Teoria dello stato di transizione La teoria dello stato di transizione, o teoria del complesso attivato, è la teoria che tratta le velocità delle reazioni elementari assumendo un particolare tipo di equilibrio (quasi-equilibrio) tra reagenti e complessi attivati.[1] La teoria è utilizzata soprattutto come base qualitativa per comprendere come avvengono le reazioni chimiche. La teoria dello stato di transizione ha avuto meno successo nel suo scopo originale di calcolare le costanti di Diagramma dell'energia libera di Gibbs lungo la coordinata di reazione per la reazione di velocità assoluta di reazione in sostituzione nucleofila bimolecolare (SN2) tra bromoetano e l'anione idrossido. Viene dipendenza dal fatto che il calcolo messa in risalto ΔG‡. delle velocità assolute di reazione richiede una conoscenza molto accurata delle superfici di energia potenziale,[2] ma è adatta per il calcolo della entalpia di attivazione (ΔH‡), dell'entropia di attivazione (ΔS‡), e dell'energia libera di Gibbs di attivazione (ΔG‡) per una particolare reazione la cui costante di velocità sia stata determinata sperimentalmente. Questa teoria fu sviluppata simultaneamente nel 1935 da Henry Eyring, allora alla Università di Princeton, e da Meredith Gwynne Evans e Michael Polanyi dell'Università di Manchester.[3][4] Prima del suo sviluppo, per determinare le energie per la barriera di reazione veniva ampiamente utilizzata la legge di Arrhenius della velocità. L'equazione di Arrhenius deriva dall'osservazione empirica e ignora ogni considerazione meccanicistica, come nel caso se uno o più intermedi di reazione siano implicati o meno nella conversione totale di un reagente in un prodotto.[5] Di conseguenza furono necessari ulteriori sviluppi per comprendere i due parametri associati a questa legge, il fattore pre-esponenziale (A) e l'energia di attivazione (Ea). La teoria dello stato di transizione, che condusse alla equazione di Eyring, affrontò con successo questi due temi; tuttavia, passarono 46 anni tra la pubblicazione della legge di Arrhenius della velocità nel 1889 e l'equazione di Eyring nel 1935. Durante questo periodo di tempo il lavoro di molti scienziati e ricercatori contribuì significativamente allo sviluppo di questa teoria. Teoria I concetti fondamentali su cui si basa la teoria dello stato di transizione sono i seguenti: 1. Le velocità delle reazioni sono studiate studiando i complessi attivati che si collocano al punto di sella di una superficie di energia potenziale. I dettagli di come questi complessi si siano formati non sono importanti. 2. I complessi attivati sono in uno speciale equilibrio (quasi-equilibrio) con le molecole dei reagenti. 3. I complessi attivati possono convertirsi nei prodotti, il che consente alla teoria cinetica di calcolare la velocità di questa trasformazione. 19 Teoria dello stato di transizione 20 Sviluppo Nello sviluppo della teoria dello stato di transizione furono considerati i tre approcci di seguito sintetizzati. Trattazione termodinamica Nel 1884, Jacobus van 't Hoff propose l'equazione di van 't Hoff per descrivere la dipendenza della costante di equilibrio dalla temperatura per una reazione reversibile: dove ΔU è il cambiamento di energia interna, K è la costante di equilibrio della reazione, R è la costante universale dei gas, e T è la temperatura espressa in kelvin. Basandosi su un lavoro sperimentale, nel 1889, Svante Arrhenius propose una espressione simile per la costante di velocità di una reazione: che integrata conduce alla equazione di Arrhenius . "A" venne definito fattore di frequenza (adesso chiamato coefficiente pre-esponenziale), ed "E" rappresenta l'energia di attivazione. Nei primi anni del XX secolo molti accettarono l'equazione di Arrhenius, ma l'interpretazione fisica di "A" ed "E" restò vaga. Ciò condusse molti ricercatori in cinetica chimica a elaborare differenti teorie su come avvengano le reazioni chimiche, nel tentativo di correlare "A" ed "E" alla dinamica molecolare direttamente responsabile delle reazioni chimiche. Nel 1910, Rene Marcelin introdusse il concetto di energia libera di Gibbs di attivazione. La sua equazione può essere scritta come . All'incirca nello stesso periodo in cui Marcelin stava lavorando sulla sua formulazione, i chimici olandesi Philip Abraham Kohnstamm, Frans Eppo Cornelis Scheffer, e Wiebold Frans Brandsma introdussero per la prima volta l'entropia standard di attivazione e l'entalpia standard di attivazione. Essi proposero la seguente equazione per la costante di velocità: . Tuttavia, la natura della costante non era stata ancora chiarita. Trattazione teorico-cinetica Nei primi anni 1900, Max Trautz e William Lewis studiarono la velocità di reazione utilizzando la teoria delle collisioni, basata sulla teoria cinetica dei gas. La teoria delle collisioni tratta le molecole dei reagenti come sfere rigide che collidono l'una con l'altra; questa teoria trascura i cambiamenti di entropia. Lewis applicò la sua trattazione alla seguente reazione e ottenne un buon accordo coi risultati sperimentali: 2 HI → H2 + I2. Tuttavia, quando successivamente la stessa trattazione venne applicata ad altre reazioni, ci furono grandi discrepanze tra i risultati teorici e quelli sperimentali. Trattazione meccanico-statistica La meccanica statistica ebbe un ruolo molto significativo nello sviluppo della teoria dello stato di transizione. Comunque, l'applicazione della meccanica statistica alla teoria dello stato di transizione fu sviluppata molto lentamente tenuto conto del fatto che nella metà degli anni 1800, James Clerk Maxwell, Ludwig Boltzmann, e Leopold Pfaundler pubblicarono diversi scritti in cui discutevano dell'equilibrio e delle velocità di reazione in termini di moti molecolari e di distribuzione statistica delle velocità molecolari. Fu solo nel 1912 che il chimico francese A. Berthoud utilizzò la legge di distribuzione di Maxwell-Boltzmann per ottenere l'espressione per la costante di velocità Teoria dello stato di transizione dove a e b sono costanti correlate ai termini energetici. Due anni dopo, Marcelin diede un contributo essenziale trattando il procedere di una reazione chimica come il moto di un punto nello spazio delle fasi. Egli applicò i procedimenti meccanico-statistici di Gibbs e ottenne una espressione simile a quella che egli stesso ottenne in precedenza da considerazioni termodinamiche. Nel 1915, un altro importante contributo venne dal fisico britannico James Rice. Basandosi sulla sua analisi statistica, concluse che la costante di velocità è proporzionale all'"incremento critico". Le sue idee furono ulteriormente sviluppate da Tolman. Nel 1919, il fisico austriaco Karl Ferdinand Herzfeld applicò la meccanica statistica alla costante di equilibrio, K, e la teoria cinetica alla costante di velocità della reazione inversa, k-1, per la reazione reversibile di una molecola biatomica . Ottenne la seguente equazione per la costante di velocità della reazione diretta dove E è l'energia di dissociazione allo zero assoluto, kB è la costante di Boltzmann, h è la costante di Planck, T la temperatura assoluta, e ν è la frequenza vibrazionale del legame. Questa espressione è molto importante dato che rappresenta la prima volta in cui sia comparso il fattore kBT/h, il quale è un componente critico della teoria dello stato di transizione, in una equazione cinetica. Nel 1920, il chimico americano Richard Chase Tolman sviluppò ulteriormente l'idea di Rice dell'incremento critico. Egli concluse che l'incremento critico (adesso definito energia di attivazione) è eguale all'energia media di tutte le molecole che partecipano alla reazione meno l'energia media di tutte le molecole di reagente. Superfici di energia potenziale Il concetto di superficie di energia potenziale fu molto importante nello sviluppo della teoria dello stato di transizione. Le fondamenta di questo concetto furono poste da Marcelin. Egli teorizzò che l'avanzamento di una reazione chimica potesse essere descritto come un punto in una superficie di energia potenziale con coordinate in momenti atomici e distanze. Nel 1931, Eyring e Polanyi costruirono una superficie di energia potenziale per la reazione H + H2 → H2 + H. Questa superficie è un diagramma tridimensionale basato sui principi della meccanica quantistica così come su dati sperimentali riguardanti le frequenze vibrazionali e le energie di dissociazione. Un anno dopo il lavoro di Eyring e Polanyi, H. Pelzer e Eugene Wigner diedero un importante contributo seguendo il procedere di una reazione su una superficie di energia potenziale. L'importanza di questo contributo consistette nel fatto che fu la prima volta in cui si dibatté sul concetto di punto di sella in una superficie di energia potenziale. Arrivarono alla conclusione che la velocità di una reazione è determinata dal passaggio del sistema attraverso quella sella. 21 Teoria dello stato di transizione 22 Derivazione dell'equazione di Eyring L'unica importante caratteristica introdotta da Eyring, Polanyi ed Evans fu il concetto di quasi-equilibrio tra il complesso attivato e i reagenti. La velocità è quindi direttamente proporzionale alla concentrazione di questi complessi moltiplicata per la frequenza (kBT/h) con la quale essi sono convertiti nei prodotti. Supposizione del quasi-equilibrio[6] Si deve notare che il quasi-equilibrio è differente dal classico equilibrio chimico, ma può essere descritto utilizzando la stessa trattazione termodinamica. Si consideri la reazione A + B ⇄ [AB]‡ → P dove l'equilibrio completo viene raggiunto tra tutte le specie nel sistema inclusi i complessi attivati, [AB]‡. Tramite la meccanica statistica, è possibile calcolare la concentrazione di [AB]‡ in termini di concentrazione di A e di B. La teoria dello stato di transizione assume che anche quando i reagenti e i prodotti non sono in equilibrio tra loro, i complessi attivati sono in quasi-equilibrio con i reagenti. Come mostrato nella figura accanto, a ogni istante di tempo, esisteranno dei complessi attivati, alcuni dei quali erano molecole dei reagenti poco prima, che sono indicate [AB→]‡ (dato che evolvono verso destra). Le restanti di loro erano molecole dei prodotti poco prima, [AB←]‡. Dato che Diagramma dell'energia potenziale il sistema è in completo equilibrio, le concentrazioni di [AB→]‡ e [AB←]‡ sono uguali, pertanto ogni concentrazione equivale alla metà della concentrazione totale dei complessi attivati: e . Se le molecole dei prodotti vengono improvvisamente rimosse dal sistema, il "flusso" di complessi attivati che derivava dai prodotti ([AB←]‡) si fermerà; tuttavia, ci sarà ancora un flusso da sinistra verso destra. Perciò, la supposizione è che la velocità di flusso da sinistra verso destra resti inalterata dopo la rimozione dei prodotti; in altre parole, i flussi nelle due direzioni sono assunti essere indipendenti l'uno dall'altro. Nella teoria dello stato di transizione, è importante comprendere che quando viene detto che i complessi attivati sono in equilibrio con i reagenti, ci si riferisce solamente a quei complessi attivati ([AB→]‡) che erano molecole di reagenti un istante prima. La costante di equilibrio K‡ per il quasi-equilibrio può essere scritta come . Quindi, la concentrazione dello stato di transizione AB‡ è . Perciò l'equazione cinetica per la sintesi dei prodotti è Teoria dello stato di transizione 23 dove la costante di velocità k è data . ‡ k è direttamente proporzionale alla frequenza del modo vibrazionale responsabile della conversione del complesso attivato nel prodotto; la frequenza di questo modo vibrazionale è ν. Ogni vibrazione non necessariamente conduce alla formazione del prodotto, così viene introdotta una costante di proporzionalità κ, definita coefficiente di trasmissione, per tenere conto di questo effetto. In questo modo k‡ può essere riscritta come . Per la costante di equilibrio K‡, la meccanica statistica conduce a una espressione dipendente dalla temperatura che assume la forma dove . Combinando le nuove espressioni per k‡ e K‡, si può scrivere una nuova equazione per la costante di velocità: . Dato che ΔG = ΔH – TΔS, l'espressione della costante di velocità può essere espansa dando l'equazione di Eyring . Le equazioni per la costante di velocità ricavate dalla teoria dello stato di transizione possono essere utilizzate per ricavare ΔG‡, ΔH‡, ΔS‡, e perfino ΔV‡ (il volume di attivazione) utilizzando dati sperimentali della velocità. Limitazioni In generale, la teoria dello stato di transizione ha fornito ai ricercatori i fondamenti concettuali per capire come avvengono le reazioni chimiche. Sebbene la teoria sia ampiamente accettata, ha delle limitazioni. Per esempio, la teoria assume che una volta che la struttura di transizione procede verso il basso lungo la superficie di energia potenziale, essa conduce a un prodotto (o a un insieme di prodotti). Tuttavia, in alcune reazioni, lo stato di transizione può attraversare la superficie di energia potenziale in un modo tale per cui esso conduce a una inaspettata selettività di prodotto, non predetta dalla teoria dello stato di transizione (un esempio di tale reazione è la decomposizione termica dei diazobiciclopentani, esposta da Anslyn e Doughtery). La teoria dello stato di transizione è basata anche sul presupposto che i nuclei atomici si comportino in accordo con la meccanica classica.[7] Si assume che tranne che gli atomi o le molecole non collidano con sufficiente energia per formare la struttura di transizione, la reazione non avvenga. Tuttavia, secondo la meccanica quantistica, per qualsiasi barriera con una finita quantità di energia, esiste una possibilità che le particelle possano oltrepassare tale barriera (effetto tunnel). Riguardo alle reazioni chimiche questo significa che c'è una possibilità che le molecole reagiscano persino se esse non collidono con sufficiente energia per attraversare la barriera energetica.[8] Mentre questo effetto si suppone essere trascurabile per reazioni con grandi energie di attivazione, diviene un fenomeno più importante per reazioni con barriere energetiche relativamente basse, dato che la probabilità dell'effetto tunnel aumenta al decrescere dell'altezza della barriera. La teoria dello stato di transizione fallisce per alcune reazioni a elevata temperatura. La teoria assume che il sistema di reazione passi sopra il punto di sella a più bassa energia sulla superficie di energia potenziale. Si ricordi che il punto più elevato rappresenta lo stato di transizione. Mentre questa descrizione è coerente per reazioni che avvengono a temperature relativamente basse, a temperature elevate le molecole popolano livelli energetici Teoria dello stato di transizione vibrazionali superiori; il loro moto diventa più complesso e le collisioni possono condurre a stati di transizione lontani da quelli previsti tramite l'energia dello stato di transizione. Questa deviazione dalla teoria dello stato di transizione è osservata persino nella reazione di scambio semplice tra idrogeno biatomico e un radicale di idrogeno.[9] Date queste limitazioni, sono state proposte diverse alternative alla teoria dello stato di transizione. Di seguito verrà data una breve descrizione di queste teorie. Teoria dello stato di transizione generalizzata Qualsiasi forma di teoria dello stato di transizione, come quella variazionale microcanonica, variazionale canonica, e quella variazionale canonica migliorata, in cui lo stato di transizione non è necessariamente localizzato sul punto di sella, viene definita "teoria dello stato di transizione generalizzata". Teoria dello stato di transizione variazionale microcanonica È uno sviluppo della teoria dello stato di transizione nella quale la superficie di separazione viene variata in modo che sia minimizzata la velocità calcolata per una energia fissata. Le espressioni della velocità ottenute in una trattazione microcanonica possono essere integrate rispetto all'energia, prendendo in considerazione la distribuzione statistica sugli stati energetici, in modo da dare le velocità canoniche, o termiche. Teoria dello stato di transizione variazionale canonica È uno sviluppo della teoria dello stato di transizione nella quale la superficie di separazione viene variata in modo che sia minimizzata la costante di velocità a una data temperatura. Teoria dello stato di transizione variazionale canonica migliorata È una modificazione della teoria dello stato di transizione variazionale canonica nella quale, per energie inferiori all'energia di soglia, la posizione della superficie di separazione è considerata essere quella dell'energia di soglia microcanonica. Ciò forza i contributi alle costanti di velocità a essere uguali a zero se questi sono inferiori all'energia di soglia. Viene quindi scelta una superficie di separazione di compromesso in modo che si abbia la minimizzazione dei contributi alla costante di velocità da parte dei reagenti che possiedono energie superiori. Note [1] (EN) IUPAC Gold Book (http:/ / goldbook. iupac. org/ T06470. html) [2] Truhlar, D. G.; Garrett, B. C.; Klippenstein, S. J., Current Status of Transition-State Theory. The Journal of physical chemistry 1996, 100, (31), 12771-12800 [3] Laidler, K.; King, C, Development of transition-state theory. The Journal of physical chemistry 1983, 87, (15), 2657 [4] Laidler, K.; King, C, A lifetime of transition-state theory. The chemical intelligencer 1998, 4, (3), 39 [5] Eric V. Anslyn and Dennis A. Dougherty. Transition State Theory and Related Topics. In Modern Physical Organic Chemistry University Science Books: 2006; pp 365-373 [6] Laidler, K. J., Theories of Chemical Reaction Rates (McGraw-Hill Series in Advanced Chemistry). 1969; p 234 pp [7] Eyring, H.; Journal of Chemical Physics, 1935, 3, 107-115 [8] Masel, R. Principles of Adsorption and Reactions on Solid Surfaces; Wiley, New York, 1996 [9] Pineda, J. R.; Schwartz, S. D.; Philosophical Transactions of the Royal Society B 2006, 361, 1433-1438 24 Teoria dello stato di transizione Bibliografia • Laidler, K.; King, C., Development of transition-state theory. The Journal of physical chemistry 1983, 87, (15), 2657 • Laidler, K., A lifetime of transition-state theory. The chemical intelligencer 1998, 4, (3), 39 • Eric V. Anslyn, Dennis A. Doughtery., Transition State Thoery and Related Topics. In Modern Physical Organic Chemistry University Science Books: 2006; pp 365-373 • Schramm, VL., Enzymatic Transition States and Transition State Analog Design. Annual Review of Biochemistry 1998, 67, 693-720 • Schramm, V.L., Enzymatic Transition State Theory and Transition State Analogue Design. Journal of Biological Chemistry 2007, 282, (39), 28297-28300 • Radzicka, A.; Woldenden, R., Transition State and Multisubstrate Analog Inhibitors. Methods in Enzymology 1995, 249, 284-312 • Cleland, W.W., Isotope Effects: Determination of Enzyme Transition State Structure. Methods in Enzymology 1995, 249, 341-373 Collegamenti esterni • (EN) Lezione sulla Teoria dello stato di transizione (http://www.engin.umich.edu/~cre/03chap/html/ transition/) Stato di transizione Si chiama stato di transizione (o complesso attivato) una particolare configurazione lungo la coordinata di reazione, configurazione che corrisponde al punto più alto del grafico dell'energia libera di Gibbs o dell'entalpia[1] in funzione della coordinata di reazione (ad esempio del grado di avanzamento ξ). In altri termini lo stato di transizione corrisponde al momento della reazione in cui i reagenti stanno rompendo i legami per diventare prodotti e, nello stesso tempo, si stanno formando i nuovi legami che permettono la formazione del risultato della reazione. In base alla teoria dello stato di Diagramma dell'entalpia lungo la coordinata di reazione. Il complesso attivato si trova in corrispondenza del picco energetico, ovvero ha un contenuto energetico maggiore rispetto transizione si può definire come tale un ai reagenti e ai prodotti. intervallo δ, piccolo a piacere e tale da includere il massimo della curva dell'energia libera, lungo l'asse ξ. Tutte le configurazioni di atomi che rientrano in questo intervallo vengono quindi dette stato di transizione. Lo stato di transizione è in pratica un intermedio di reazione con una vita molto breve (ovvero poco stabile). 25 Stato di transizione Note [1] O più in generale di qualsiasi grandezza termodinamica che esprima il contenuto energetico del sistema reattivo. Voci correlate • Cinetica chimica • Energia di attivazione Meccanismo di reazione Il meccanismo di reazione consiste nell'insieme di processi elementari che avvengono durante una reazione. Descrivere un meccanismo di reazione significa descrivere in ordine cronologico la rottura e la formazione di legami chimici, con prodotti intermedi a breve vita che reagiranno ulteriormente formando i prodotti finali. Significa anche descrivere come si spostano gli elettroni di valenza di ogni singola molecola e la correlazione degli eventi con le superfici di energia potenziale. Ad esempio, la reazione in fase gassosa 2 NO + O2 → 2 NO2 avviene tramite i seguenti due processi elementari: 1. NO + O2 → NO3 2. NO3 + NO → 2 NO2. In chimica organica i meccanismi di reazione vengono studiati in modo sistematizzato in funzione delle diverse tipologie di reazioni. In biochimica lo studio dei meccanismi di reazione permette di definire condizioni fisiologiche o fisiopatologiche mentre in chimica industriale fornisce importanti indicazioni per condurre reazioni sintetiche in modo molto vantaggioso, in particolare in riferimento alle condizioni operative di concentrazione, pressione, temperatura e alla catalisi. Formulazione Un meccanismo di reazione deve essere dedotto in funzione dei dati cinetici e termochimici della reazione in questione, assistiti da altri esperimenti più o meno complessi (marcatura di molecole con isotopi). In particolare, una variazione della velocità di reazione osservata in seguito a marcatura con specifi isotopi costituisce un fenomeno definito effetto isotopico cinetico, fenomeno sfruttato per determinare lo stadio da cui dipende la velocità di una reazione chimica (lo stadio più lento). La marcatura isotopica permette anche di stabilire il sito di legame implicato in una scissione. Il nuovo sviluppo della femtochimica e l'utilizzo di moderni laser permettono di determinare sperimentalmente il meccanismo di reazione, prima considerato solamente postulabile. Caratteristiche Una reazione è composta da uno o più stadi (una reazione a un singolo stadio prende il nome di reazione concertata) e il meccanismo di reazione deve elencare passo dopo passo tutti i singoli processi che concorrono alla reazione globale, indicando quale è quello cineticamente più lento (detto "stadio cineticamente determinante"). L'eventuale stereospecificità e il mantenimento o cambiamento della configurazione originaria devono anche essere descritti ed evidenziati. La molecolarità indica il numero delle specie chimiche che prendono parte ad un processo elementare; reazioni mono e bimolecolari sono molto comuni, quelle trimolecolari sono rare. Infatti è statisticamente molto meno probabile che un maggior numero di molecole dia origine a un urto efficace simultaneo tale da essere in grado di formare i prodotti finali. 26 Meccanismo di reazione Alcune reazioni organiche con relativo meccanismo • • • • • • • Clorurazione Addizione elettrofila Ozonolisi Reazione via benzino Reazioni di Norrish Condensazione di Claisen Reazione di Friedel-Crafts Bibliografia • Smiljko Ašperger, Chemical Kinetics and Inorganic Reaction Mechanisms, Springer, 2ed., 2003, ISBN 978-0306477478. • Francis A. Carey, Richard J. Sundberg, Advanced Organic Chemistry: Structure and Mechanisms, Springer, 5ed., 2007, ISBN 978-0387683461. Voci correlate • • • • Cinetica chimica Velocità di reazione Meccanismo di Lindemann-Hinshelwood Stadio cineticamente determinante Energia di attivazione L'energia di attivazione in chimica è l'energia necessaria al sistema per iniziare un particolare processo. Spesso viene utilizzata per definire l'energia minima necessaria perché si realizzi una reazione chimica. Perché una reazione avvenga è necessaria la collisione di due o più molecole opportunamente orientate e dotate di un minimo livello di energia (l'energia di attivazione, appunto), tale da permettere la collisione malgrado le forze elettriche repulsive generate dalle loro nubi di elettroni esterne. Questo livello minimo di energia costituisce la barriera di potenziale. Se l'energia disponibile è sufficiente, le forze repulsive vengono vinte e le molecole coinvolte vengono a trovarsi ad una distanza tale da poter riorganizzare i legami tra gli atomi che le compongono e dare vita a nuovi composti (prodotti della reazione). L'equazione di Arrhenius traduce in numeri la relazione tra energia di attivazione e velocità della reazione stessa. Lo studio della velocità di reazione è argomento della cinetica chimica. 27 Energia di attivazione 28 L'energia di attivazione consente alle molecole dei reagenti che collidono di formare il cosiddetto complesso attivato o stato di transizione, la cui esistenza è estremamente breve (tempi dell'ordine di 10-15 s). Una volta formato lo stato di transizione sono possibili due eventi: il riformarsi dei legami originali, si riottengono quindi i reagenti iniziali, oppure la rottura dei legami iniziali e la formazione di nuovi che danno origine ai prodotti della reazione. Entrambi questi eventi risultano possibili in quanto ognuno di questi produce un rilascio di energia (mostrata dall'andamento dell'entalpia durante la reazione in Fig. 1). Esistono anche reazioni multistadio, dove il passaggio da reagenti a prodotti implica la formazione di più stati di transizione, in questo caso l'energia di attivazione richiesta dalla reazione è pari a quella più elevata richiesta dai vari stati di transizione intermedi. Una terza sostanza implicata nella reazione e in grado di abbassare l'energia di attivazione richiesta è detta catalizzatore. A basse temperature poche molecole di un composto avranno energia sufficiente per reagire, tuttavia esiste sempre un certo numero, seppur minimo, di molecole con energia sufficiente per reagire a qualsiasi temperatura, poiché questa è solo una misura media dell'energia del sistema e quindi individualmente le molecole avranno energia inferiore o superiore a tale media. Aumentando la temperatura aumenta di conseguenza la quantità di molecole in grado di reagire e, conseguentemente, aumenta la velocità di reazione. Solitamente l'energia di attivazione è misurata in KJ necessari alla reazione di una mole di reagente. Voci correlate • Coordinata di reazione • Intermedio di reazione • Teoria dello stato di transizione 29 Catalisi Catalisi La catalisi (dal verbo greco καταλύειν,[1] che significa rompere, sciogliere) è un fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione chimica subisce delle variazioni per l'intervento di una sostanza (o una miscela di sostanze), detta catalizzatore, che non viene consumata dal procedere della reazione stessa. Con il termine catalisi si intende anche una branca della chimica, afferente in particolare alla chimica industriale, che studia sintesi, caratterizzazione, design e messa a punto di molecole adatte a coprire il ruolo di catalizzatori per il miglioramento o anche la messa in atto stessa delle più svariate reazioni. Principi generali Andamento dell'energia potenziale per una generica reazione X + Y → Z. In presenza del catalizzatore, il normale cammino di reazione (in nero) viene alterato (in rosso), in modo da avere una energia di attivazione più bassa. Le condizioni cinetiche sono quindi differenti, mentre le condizioni termodinamiche restano invariate. Il principio generale della catalisi consiste nella variazione del meccanismo di reazione, e quindi dei vari "salti" (corrispondenti al valore dell'energia di attivazione) che i reagenti devono compiere per arrivare ai prodotti. L'effetto della catalisi è di natura cinetica, e non termodinamica: l'azione del catalizzatore infatti modifica gli stadi intermedi di una reazione, ma non ne modifica gli stati finali. Questo significa che la catalisi non influisce sulla possibilità o meno che una reazione ha di svolgersi. Nella maggioranza dei casi sfruttati nella pratica, la catalisi conduce a percorsi di reazione caratterizzati da una minore energia di attivazione totale, con un conseguente aumento della velocità di reazione; ci sono anche casi in cui l'intervento di un catalizzatore implica meccanismi che abbassano la velocità: si parla in questo caso di catalisi negativa o inibizione (e il catalizzatore vien più propriamente chiamato inibitore della reazione). In base alla fase in cui si trova il catalizzatore, si hanno due tipi di catalisi: • catalisi omogenea: se il catalizzatore è disciolto nel mezzo di reazione, cioè si trova nella stessa fase (ad esempio liquida) in cui sono presenti i reagenti; • catalisi eterogenea: se il catalizzatore e i reagenti non sono nella stessa fase (ad esempio se il catalizzatore è un solido finemente disperso in un ambiente di reazione fluido). Catalisi 30 Applicazioni Un esempio pratico di catalisi è la marmitta catalitica. Nell'ambito della chimica industriale, il meccanismo della catalisi viene sfruttati in una moltitudine di processi chimici, tra cui la produzione di fibre sintetiche, di medicinali e di additivi alimentari. La catalisi nei sistemi biologici In biochimica, l'azione di catalizzatore viene svolta dagli enzimi, che sono particolari I catalizzatori solidi eterogenei (come quelli presenti nelle marmitte catalitiche) proteine prodotte dal DNA. I reagenti che si sono ancorati ad un supporto, e vengono progettati in modo da presentare una legano all'enzima per reagire prendono il elevata area superficiale. nome di "substrato". Gli enzimi sono altamente selettivi, ovvero grazie ad essi i reagenti seguono una sola reazione chimica tra le tante reazioni chimiche possibili. Rappresentazione dell'azione catalitica di un enzima Cenni storici Il termine catalisi fu introdotto da Berzélius nel 1836 verso l'inizio del XIXmo secolo. Nel 1814 Kirchhoff riporta l'idrolisi dell'amido catalizzata dagli acidi, nel 1817 Humphry Davy scopre che l'introduzione di platino caldo in un miscuglio d'aria e di gas di città conduce a scaldare al calor bianco il metallo. Nel 1824 Henry riporta l'avvelenamento di un catalizzatore: l'etilene inibisce la reazione tra idrogeno e ossigeno su platino. Nota allora un'ossidazione selettiva nella reazione tra l'ossigeno ed un miscuglio gassoso composto da idrogeno, monossido di carbonio e metano. Nel 1845 William Robert Grove dimostra che un filamento di platino è ugualmente un buon catalizzatore per la scomposizione dell'acqua in idrogeno e ossigeno. Nel 1871 Deacon sviluppa il processo di ossidazione dell'acido cloridrico, utilizzando un catalizzatore fatto con un mattone d'argilla impregnato di sale di rame. Poco tempo più tardi, nel 1877, Lemoine dimostra che la scomposizione dell'acido iodico in idrogeno raggiunge lo stesso punto di equilibrio a 350 °C anche se la reazione è condotta senza catalizzatore (platino). Questa proprietà è confermata due anni più tardi da Bertholet con l'esterificazione degli acidi organici e l'idrolisi degli acidi esteri, in cui l'equilibrio della reazione resta identico, che si usi o meno un catalizzatore. Catalisi 31 All'inizio del XX secolo Wilhelm Normann realizza l'idrogenazione dell'acido oleico (acido cis-9-ottadecenoico, C17H33COOH) liquido in acido stearico (acido ottadecanoico, C17H35COOH) solido su nichel finemente suddiviso. Questo processo di idrogenazione è ancora utilizzata in numerosi settori (alimentazione, farmacia, saponifici, profumeria, vernici, ecc.) ed il nichel resta il catalizzatore principale per applicazioni di questo genere. La sintesi dell'ammoniaca (NH3) a partire dall'azoto e dall'idrogeno è stata svolta da Fritz Haber per mezzo di un apparecchio ad alta pressione ed in presenza di Fe3O4 polverizzato. L'ammoniaca può essere ossidata in ossidi di azoto per ossidazione su platino e fungere da materia prima per la produzione di acido nitrico (HNO3). Nel 1923 BASF produce metanolo a partire da monossido di carbonio e idrogeno su un catalizzatore a base di ossido di zinco e ossido di cromo. Nello stesso periodo il metodo Fischer-Tropsch permette di ottenere alcani, alcheni e alcoli a partire da monossido di carbonio e idrogeno, per mezzo di un catalizzatore a base di ferro e di cobalto. L'ossidazione catalitica del diossido di zolfo in triossido di zolfo su ossido di vanadio (V) (V2O5) permette la sintesi su grande scala dell'acido solforico. Alla fine degli anni trenta, compare il cracking catalitico, che offre la possibilità di rompere i legami C-C. Il metodo Houdry utilizza un catalizzatore a base di argilla di tipo montmorillonite trattata con acidi e permette di rompere le grandi molecole del petrolio, tipicamente contenute nel gasolio, nelle più piccole molecole che formano la benzina. Durante lo stesso decennio l'ossidazione selettiva dell'etilene in ossido di etilene su un catalizzatore a base di argento è messa a punto, sviluppata e commercializzata dalla Union Carbide. Tutti questi metodi permettono di avere accesso su scala industriale a prodotti di base della chimica, aprendo così la via allo sviluppo della chimica di base e della chimica fine. I progressi degli anni '30 relativi alla catalisi stimolarono lo sviluppo della sintesi chimica per produzioni sempre più differenziate. La polimerizzazione si sviluppa utilizzando le molecole di base prodotte dai processi visti in precedenza. Negli anni cinquanta vengono sintetizzati il polietilene, il polipropilene, e il polibutadiene grazie ai catalizzatori di Ziegler-Natta, a base di organometallica. Nell'industria petrolifera si afferma l'idrodesolforazione su catalizzatori a base di solfuro di cobalto e di molibdeno. Reazioni coinvolte nel processo di Ziegler-Natta Gli anni sessanta segnano la comparsa delle zeoliti di sintesi attive e selettive per l'isomerizzazione degli alcani. Questi materiali divengono oggetto di studi intensi per le loro proprietà catalitiche ed i ricercatori mettono a punto numerose zeoliti dalle proprietà adeguate alle reazioni da catalizzare, ma anche alla forma delle molecole di substrato, grazie al controllo della dimensione dei siti catalitici. Le reazioni messe in campo conducono a molecole sempre più diverse: • l'ammonossidazione del propilene su catalizzatori a base di ossidi di bismuto e di molibdeno conduce alla produzione dell'acrilonitrile • l'ossiclorurazione dell'etilene su catalizzatori a base di cloruro di rame portano al cloruro di vinile. Il decennio '70 vede nascere la marmitta catalitica a base di platino, rodio e palladio. È in quest'epoca che si sviluppa su scala industriale la catalisi enzimatica, permettendo lo sviluppo delle penicilline semisintetiche e l'isomerizzazione del glucosio in fruttosio. Un metodo di studio della catalisi enzimatica è quello descritto nel modello di Michaelis-Menten. Gli sforzi intrapresi in occasione della scoperta delle zeoliti sintetiche si traducono su scala industriale negli anni ottanta: il metodo methanol to gasoline (o MTG, in italiano: da metanolo a benzina) permette di produrre benzina a Catalisi 32 partire dal metanolo grazie ad una zeolite H-ZSM5. La chimica fine non è esente da questi sviluppi; un esempio è la sintesi della vitamina K4 per mezzo di un catalizzatore a base di platino. Note [1] Parola composta da κατά e λύσις. Traslitterazione: "katalýein" Bibliografia • Gianfranco Fabbri, La trasformazione chimica. Chimica fisica per corsi annuali e semestrali (http://books. google.com/books?id=nhuiiX6VnqcC&hl=it&source=gbs_navlinks_s), Piccin, 1992, pp. 223-234. ISBN 8-829-91015-5 • Sami Matar; Manfred J. Mirbach, Hassan A. Tayim, Catalysis in petrochemical processes (http://books.google. com/books?id=MkD2JnDkZYYC&hl=it&source=gbs_navlinks_s) (in inglese), Springer, 1989. ISBN 902772721X Voci correlate • • • • • Catalizzatore Catalisi enzimatica Fotocatalisi Catalisi eterogenea Disattivazione dei catalizzatori Altri progetti • Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Catalysis Collegamenti esterni • Catalisi e reattori catalitici (http://studenti.dicamp.units.it/Reattori Chimici II/Slides/23_Catalisi.ppt) • Science Aid: Catalysts (http://scienceaid.co.uk/chemistry/inorganic/catalysis.html) Page for high school level science • W.A. Herrmann Technische Universität presentation (http://aci.anorg.chemie.tu-muenchen.de/wah/ vortraege/catalysis.pdf) • Inorganic Chemistry and Catalysis Group, Utrecht University, The Netherlands (http://www. inorganic-chemistry-and-catalysis.eu/) • Centre for Surface Chemistry and Catalysis (http://www.biw.kuleuven.be/ifc/cok/home.htm) • Carbons & Catalysts Group, University of Concepcion, Chile (http://www.udec.cl/~carbocat) Catalizzatore Catalizzatore Un catalizzatore è una sostanza, fonte o dispositivo che interviene in una reazione chimica aumentandone la velocità ma rimanendo inalterato al termine della stessa.[1] L'aumento di velocità viene reso possibile grazie alla diminuzione dell'energia di attivazione (energia potenziale), che deve essere raggiunta per far sì che i reagenti evolvano poi spontaneamente verso il prodotto/i. L'effetto è tale da rendere possibili reazioni che in condizioni normali non procederebbero in maniera apprezzabile: i casi più eclatanti si hanno in biochimica sia in laboratorio che nella ingegneria biochimica, dove gli enzimi aumentano la velocità delle reazioni anche di 1020 volte. Azione Un catalizzatore, in generale, modifica il "meccanismo di reazione" della reazione a cui partecipa tramite un percorso reattivo alternativo al quale compete una minore energia di attivazione. Lo schema più semplice di intervento di un catalizzatore C nella reazione fra due composti A e B è: A + C → AC AC + B → AB + C La reazione netta è sempre A + B → AB , mentre C viene rigenerato alla fine di ogni ciclo e non si consuma. Nel caso in cui un composto presente Diagramma di una reazione catalitica che mostra l'energia richiesta a vari stadi lungo nell'ambiente di reazione (prodotto, l'asse del tempo (coordinate di reazione). I substrati normalmente necessitano di una solvente, ecc.) si leghi al catalizzatore notevole quantità di energia (picco rosso) per giungere allo stato di transizione, onde in modo permanente, si parla di reagire per formare il prodotto. La presenza di un catalizzatore (come un enzima) crea un microambiente nel quale i substrati possono raggiungere lo stato di transizione (picco blu) avvelenamento del catalizzatore (o più facilmente, riducendo così la quantità d'energia richiesta. Essendo più facile arrivare a disattivazione), che perde così la sua uno stato energetico minore la reazione può avere luogo più frequentemente e di efficacia. In alcuni casi si avvelena conseguenza la velocità di reazione sarà maggiore. volontariamente parte del catalizzatore per modularne l'efficacia, consentendo così l'ottenimento di intermedi di reazione altrimenti non sintetizzabili. La frequenza di turnover definisce il rendimento di un catalizzatore ed è data dalla formula dove v è la velocità di reazione e [Q] la concentrazione molare del catalizzatore omogeneo. In caso di catalisi eterogenea, al denominatore compare la massa del catalizzatore o la sua estensione superficiale. Una classe particolare di catalizzatori è rappresentata dai catalizzatori per trasferimento di fase, come ad esempio gli eteri corona,che permettono la reazione fra composti in fasi distinte, che non potrebbero reagire altrimenti. Ci sono sostanze che invece di aumentare la velocità di reazione, la diminuiscono. Questi composti vengono definiti catalizzatori negativi[2] o inibitori.[3] 33 Catalizzatore Catalizzatori omogenei ed eterogenei Catalizzatori omogenei Un catalizzatore è detto omogeneo se si trova nella stessa fase dei reagenti. Il vantaggio dei catalizzatori omogenei sta nel miglior contatto con i reagenti; questo è al tempo stesso uno svantaggio, perché è difficile separare e recuperare il catalizzatore alla fine della reazione. Siccome la molecola che costituisce il catalizzatore omogeneo è completamente esposta ai reagenti, essi presenterebbero (se usati tal quali) un'elevata attività catalitica e una selettività bassa. Per ovviare a questo inconveniente, spesso si uniscono ai Struttura di un tipico catalizzatore omogeneo al rodio impiegato nel processo di catalizzatori dei leganti, che sono idroformilazione. In questo caso il legante è costituito da tre gruppi di trifenilfosfina costituiti da gruppi stericamente solfonata. ingombranti, che diminuiscono il numero di siti attivi ma ne aumentano la selettività. Un esempio di catalizzatore omogeneo è dato dalla molecola cloro-tris(trifenilfosfina)-rodio(I) (avente formula RhCl(PPh3)3), detto anche catalizzatore di Wilkinson e usato per l'idrogenazione in soluzione degli alcheni. Nel caso del catalizzatore di Wilkinson, l'azione di legante è svolto dai gruppi di trifenilfosfina. 34 Catalizzatore 35 Catalizzatori eterogenei Un catalizzatore è detto eterogeneo se non si trova nella stessa fase in cui sono presenti i reagenti. Un catalizzatore eterogeneo è in genere formato da un supporto (inerte o reattivo) su cui sono posizionati il catalizzatore vero e proprio, ed eventualmente composti per prevenire la sinterizzazione, oltre ad eventuali promotori (sostanze che agiscono in modo particolare migliorando o modulando la performance catalitica). Le particelle di catalizzatore eterogeneo presentano una struttura porosa, quindi la catalisi avviene sia sulla superficie esterna del catalizzatore sia sulla superficie interna. Questo fa sì che la superficie disponibile allo scambio di materia sia di diversi ordini di grandezza maggiore di quella che si avrebbe se la struttura del catalizzatore eterogeneo fosse compatta. Siccome la superficie interna di un catalizzatore eterogeneo è molto più estesa della sua superficie esterna, in fase di progettazione bisogna tenere conto del trasporto di materia all'interno dei pori del catalizzatore. I catalizzatori eterogenei sono più vulnerabili all'avvelenamento rispetto alla catalisi omogenea, in quanto è sufficiente che la superficie esterna del catalizzatore sia avvelenata (per esempio a causa di fouling) per rendere inservibile l'intera particella di catalizzatore. Catalizzatori di interesse industriale Dal punto di vista pratico, l'uso principale dei catalizzatori nell'industria chimica consente condizioni di reazione meno drastiche per fare procedere velocemente reazioni di sintesi. Si stima che almeno il 60% di tutte le sostanze commercializzate oggi richiedano l'uso di catalizzatori in qualche stadio della loro sintesi. Idrogenazione dell'etene su un catalizzatore eterogeneo Dal punto di vista chimico, i catalizzatori eterogenei possono essere raggruppati come segue: • • • • metalli: ferro, platino, argento, rutenio, rodio (idrogenazione e deidrogenazione) ossidi isolanti: ossido di alluminio, silice, ossido di magnesio (disidratazione) ossidi semiconduttori: ossido di zinco, ossido di nichel (ossidazione) acidi: ossido di alluminio su silice, zeoliti (polimerizzazione, cracking, alchilazione) Alcuni fra i più importanti catalizzatori eterogenei usati nell'industria chimica sono: • platino con 10% rodio (processo Ostwald, produzione di acido nitrico) • tetracloruro di titanio e un composto organometallico di alluminio (processo Ziegler-Natta, polimerizzazione di vari polimeri) • ossido di cromo (processo Phillips, polimerizzazione del polietilene) • la zeolite ZSM-5 (conversione di idrocarburi,decomposizione NOx) • i silicoalluminofosfati SAPO (conversione di idrocarburi) • pentossido di vanadio (produzione di anidride ftalica) Alcuni esempi di catalizzatori omogenei d'interesse industriale: • nichel(IV) acetilacetonato (sintesi del benzene) • dicarbonildiiodo-iridio(III) (processo Cativa, sintesi dell'acido acetico) • ottacarbonilcobalto(II) (idroformilazione, sintesi di aldeidi) • cloruro di alluminio(III) (reazione di Friedel-Crafts, sintesi dell'etilbenzene) Catalizzatore Biocatalizzatori Come biocatalizzatori si intendono i catalizzatori che agiscono in reazioni biochimiche, di solito proteine (enzimi,[4] a volte abzimi), raramente RNA (ribozimi). Anche nel caso dei biocatalizzatori si può usare un promotore di catalisi che si chiama cofattore di tipo effettore, dei substrati di supporto e si hanno le varie tecniche di immobilizzazione delle cellule o i catalizzatori possono essere avvelenati da un cofattore di tipo inibitore enzimatico. Gli enzimi possono catalizzare molti tipi di reazioni chimiche, e ciascun tipo di enzima è specifico per un tipo di reazione. Le reazioni avvengono con grande velocità proprio grazie alla specificità degli enzimi, alcuni enzimi sono vicini alla perfezione catalitica. La parte della molecola reagente con cui questi catalizzatori enzimatici hanno specificità è chiamata substrato. Si forma quindi un complesso enzima-substrato, la cui formazione è dovuta a interazioni deboli di tipo elettrostatico o legami covalenti. Non tutto l'enzima è interessato alla formazione del complesso enzima-substrato, ma solo una parte detta sito attivo. A seconda delle condizioni di flessibilità tra enzima e substrato si avranno diversi gradi di specificità: assoluta, di gruppo, di legame, stereochimica. Catalisi ambientale I catalizzatori usati nelle marmitte delle automobili sono formati da metalli nobili (generalmente platino e rodio) dispersi su un supporto ceramico, formato da ossido di cerio e ossido di zirconio. Promuovono la contemporanea ossidazione del carburante incombusto e del monossido di carbonio ad anidride carbonica e acqua, e la riduzione degli ossidi di azoto ad azoto e acqua. Data la contemporanea attività su tre reazioni, sono detti catalizzatori a tre vie (TWC). Note [1] D'Ischia, op. cit., p. 375 [2] http:/ / www. google. it/ search?hl=& q=%22catalizzatore+ negativo%22& sourceid=navclient-ff& rlz=1B3MOZA_itIT362IT362& ie=UTF-8 [3] Silvestroni, op. cit., p.364 [4] Silvestroni, op. cit., p. 369 Bibliografia • Paolo Silvestroni, Fondamenti di chimica, 10a ed., CEA, 1996. ISBN 88-408-0998-8 • Marco D'Ischia, La chimica organica in laboratorio (http://books.google.com/books?id=XVPt6yF9yDMC& hl=it&source=gbs_navlinks_s), Piccin, 2002. ISBN 88-299-1621-8 Voci correlate • • • • • • • • Attività catalitica Catalisi Catalisi enzimatica Catalisi eterogenea Disattivazione dei catalizzatori Enzima Fotocatalisi Supporto catalitico 36 Catalizzatore Altri progetti • • Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Catalysts Wikizionario contiene la voce di dizionario: http://it.wiktionary.org/wiki/catalizzatore Catalisi eterogenea In chimica, per catalisi eterogenea si intende una tipologia di catalisi in cui il catalizzatore e il reagente esistono in due fasi differenti. Il processo della catalisi eterogenea avviene quindi in prossimità dell'interfase reagente-catalizzatore, che può essere di vari tipi, ad esempio fluido-solido o liquido-liquido (nel caso di due liquidi immiscibili). I sistemi catalitici eterogenei possono essere costituiti anche da un catalizzatore (propriamente detto) fissato ad un supporto solido. Il supporto ha la funzione di mantenere allo stato solido il catalizzatore che altrimenti si disperderebbe nel fluido; infatti molto spesso i catalizzatori hanno un costo elevato, per cui non sarebbe economicamente conveniente che questi vengano trasportati dalla corrente fluida, nel qual caso si dovrebbe ricorrere a delle sostituzioni più frequenti del catalizzatore. Meccanismo della catalisi eterogenea Perché la reazione abbia luogo, il reagente deve diffondere sulla superficie del catalizzatore e adsorbirsi ad esso. Avvenuta la reazione, il prodotto deve desorbirsi[1] e allontanarsi dalla superficie del catalizzatore. Il meccanismo di catalisi eterogenea (che come abbiamo detto avviene prevalentemente all'interno dei pori del catalizzatore), può essere schematizzato come segue: 1. trasporto di materia (detto "trasporto esterno") dei reagenti dal bulk del fluido (in cui si trova il reagente) fino alla superficie del catalizzatore 2. trasporto di materia (detto "trasporto interno") dei reagenti dall'imbocco del poro del catalizzatore fino al sito attivo 3. adsorbimento dei reagenti sulla superficie del catalizzatore (solido)[2] 4. reazione chimica sulla superficie del catalizzatore 5. desorbimento dei prodotti dalla superficie del catalizzatore; in questa fase il prodotto della reazione viene rilasciato in quanto ha una minore affinità col catalizzatore rispetto ai reagenti 6. trasporto dei prodotti dal sito attivo all'imbocco del poro ("trasporto interno") 7. trasporto dei prodotti dall'imbocco del poro al bulk del fluido ("trasporto esterno"). Inoltre, nel caso di reattori gas-liquido, bisogna aggiungere il trasporto dei reagenti dal gas al liquido. Un esempio di catalizzatore eterogeneo è il ferro, che viene usato nel Processo di idrogenazione catalitica processo Haber per fare reagire azoto e idrogeno e produrre ammoniaca; in dell'etene. questo caso il triplo legame che tiene uniti i due atomi di azoto è indebolito dall'adsorbimento sulla superficie del catalizzatore, rendendo più reattivo il gas e aumentando la velocità della reazione. 37 Catalisi eterogenea In genere il trasporto di materia dei reagenti e dei prodotti da una fase all'altra svolge un ruolo determinate nella cinetica della reazione. Inoltre tanto più è estesa la superficie del catalizzatore (comprensiva della superficie interna dei pori), tanto più elevata sarà la velocità della reazione. Note [1] Il "desorbimento" è il processo inverso all'adsorbimento. [2] Silvestroni, op. cit., p. 366 Bibliografia • Paolo Silvestroni, Fondamenti di chimica, 10a ed., CEA, 1996. ISBN 8840809988 • Howard F. Rase, Handbook of commercial catalysts: heterogeneous catalysts (http://books.google.com/ books?id=s_1SomN_GVQC&hl=it&source=gbs_navlinks_s) (in inglese), CRC Press, 2000. ISBN 0849394171 • John Meurig Thomas; W. J. Thomas, Principles and practice of heterogeneous catalysis (http://books.google. com/books?id=l2XGDU2X_tcC&hl=it&source=gbs_navlinks_s), 3a ed. (in inglese), Wiley-VCH, 1997. ISBN 352729239X Voci correlate • • • • • Catalisi Catalisi omogenea Catalizzatore Disattivazione dei catalizzatori Supporto catalitico Altri progetti • Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/ Category:Heterogeneous Catalysis 38 Catalisi per trasferimento di fase Catalisi per trasferimento di fase Con catalisi per trasferimento di fase o PTC ci si riferisce all'accelerazione della reazione dovuta all'inserimento di catalizzatori per trasferimento di fase. Un catalizzatore per trasferimento di fase (chiamato anch'esso PTC) in chimica è un catalizzatore che semplifica la migrazione di reagenti in un sistema eterogeneo da una fase ad un'altra dove la reazione può avvenire. Reagenti ionici sono spesso solubili in fase acquosa, ma insolubili in fase organica fino a che non si inserisce un catalizzatore per trasferimento di fase. I catalizzatori per trasferimento di fase per reagenti anionici, sono spesso sali d'ammonio quaternari. I corrispondenti catalizzatori per reagenti cationici sono generalmente eteri corona. Un PTC lavora "incapsulando" la specie ionica: si crea un sistema PTC-ione con un centro idrofilo che contiene lo ione e un guscio esterno idrofobo, che resta a contatto con la soluzione acquosa. Dal momento che il sistema si crea, per effetto della natura idrofoba del guscio, tende a lasciare la fase acquosa trasferendosi in quella organica, portando così lo ione a contatto con il reagente organico. Per esempio, la reazione di sostituzione nucleofila alifatica di una soluzione acquosa di cianuro di sodio con l'1-bromoottano generalmente non avviene, poiché l'1-bromottano non si scioglie in soluzioni acquose. Con l'aggiunta di piccole quantità di un sale di fosfonio come il bromuro di esadeciltributilfosfonio, gli ioni cianuro possono essere trasportati dalla fase acquosa a quella organica. Con i catalizzatori per trasferimento di fase l'1-nitrilottano si forma in buona resa in novanta minuti a riflusso. C8H17Br(org) + NaCN(aq) → C8H17CN(org) + NaBr(aq) (catalizzato da un R4P+Cl− PTC) Usando un processo PTC si ottengono i seguenti vantaggi: • • • • • Reazioni più rapide. Rese più alte e conversioni migliori. Scarsa formazione di sottoprodotti indesiderati. Eliminazione del bisogno di solventi costosi o pericolosi che possano sciogliere tutti i prodotti in un'unica fase. Eliminazione del bisogno di materiali grezzi costosi. I catalizzatori per trasferimento di fase sono usati specialmente nella chimica verde: permettendo l'uso dell'acqua si riduce quello di solventi organici inquinanti. Contrariamente a quanto si crede, la PTC non è limitata a sistemi con reagenti solubili in soluzioni acquose o organiche. La PTC è talvolta utilizzata in reazioni liquido/solido e liquido/gas. Come negli esempi precedenti, uno o più reagenti sono trasportati in una seconda fase, che contiene i reagenti restanti. 39 Catalisi enzimatica Catalisi enzimatica La catalisi enzimatica è un tipo di catalisi realizzata da catalizzatori proteici detti enzimi. È la catalisi con la quale avvengono praticamente tutte le reazioni biochimiche. Specificità degli enzimi La maggior parte degli enzimi presenta una notevolissima specificità per la reazione catalizzata e per i substrati coinvolti. Tale specificità è legata a diversi fattori che caratterizzano l'associazione tra il substrato ed il sito attivo, come la complementarietà dal punto di vista strutturale, le cariche elettriche, la natura idrofilica o Schema del modello dell'adattamento indotto idrofobica. Gli enzimi mostrano spesso livelli elevatissimi di stereospecificità, regioselettività e chemoselettività.[1] Alcuni degli enzimi che mostrano la maggiore specificità sono coinvolti nella replicazione e nell'espressione del genoma. Tali enzimi presentano meccanismi di proof-reading (correzione di bozze). Ad esempio enzimi come le DNA polimerasi sono in grado di catalizzare inizialmente la reazione di elongazione del filamento di DNA, quindi di valutare in un secondo momento l'efficienza e la correttezza dell'operazione stessa.[2] Questo processo in due passaggi permette di ridurre enormemente gli errori compiuti (si stima che le DNA polimerasi di mammifero abbiano un tasso di errore di 1 su 100 milioni di reazioni catalizzate.[3]) Simili meccanismi di proof-reading sono presenti anche nelle RNA polimerasi,[4] nelle amminoacil-tRNA sintetasi[5] e nei ribosomi.[6] Esistono in ogni caso anche diversi enzimi caratterizzati da una specificità relativamente più bassa. Diversi enzimi sono infatti in grado di agire su un numero ampio di substrati. Una possibile spiegazione di questa evidenza è legata al fatto che, dal punto di vista evolutivo, essa permetterebbe la costituzione di nuovi pathways metabolici.[7] Modello chiave-serratura Il primo modello ad essere stato messo a punto per spiegare la specificità degli enzimi è quello suggerito da Hermann Emil Fischer nel 1894, secondo il quale l'enzima ed il substrato possiedono una forma esattamente complementare che ne permette un incastro perfetto.[8] Tale modello è spesso definito come chiave-serratura. In ogni caso tale modello esplica bene la specificità degli enzimi, ma è decisamente meno affidabile nello spiegare la stabilizzazione dello stato di transizione che l'enzima raggiunge durante il legame con il substrato. Modello dell'adattamento indotto Nel 1958 Daniel Koshland propose una modifica del modello chiave-serratura: dal momento che gli enzimi sono strutture relativamente flessibili, egli suggerì che il sito attivo potesse continuamente modellarsi in base alla presenza o meno del substrato.[9] Come risultato, il substrato non si lega semplicemente ad un sito attivo rigido, ma genera un rimodellamento del sito stesso, che lo porta ad un legame più stabile in modo da portare correttamente a termine la sua attività catalitica,[10] come succede ad esempio per la esochinasi[11] e per altri enzimi glicolitici. In alcuni casi, come avviene per le glicosidasi, anche il substrato può cambiare leggermente la propria forma all'ingresso nel sito attivo.[12] 40 Catalisi enzimatica Funzionamento Il legame iniziale tra enzima e substrato è necessario anche da un punto di vista energetico. L'energia del legame deriva non solo da eventuali legami covalenti, ma anche da una fitta rete di interazioni deboli, ioniche o elettrostatiche. Solo il corretto substrato è in grado di partecipare a tutte le interazioni previste. Ciò, oltre a spiegare la sorprendente stabilità del legame tra enzima e substrato, permette di comprendere i meccanismi che conferiscono elevata specificità all'enzima stesso. La riduzione dell'energia di attivazione può essere invece spiegata dal fatto che tutte le interazioni tra enzima e substrato sono possibili solo quando il substrato si trova nello stato di transizione. Tale stato è dunque stabilizzato (in un certo senso esso viene forzato) dal legame tra enzima e substrato. Il substrato nello stato di transizione può essere considerato un vero e proprio nuovo substrato di una nuova reazione, avente una energia di attivazione inferiore a quella originale. La riduzione della ΔG‡ può dunque essere intesa come conseguenza della creazione di una sorta di nuova reazione, impossibile senza la presenza dell'enzima corretto. L'affinità dell'enzima per il substrato è quindi la condizione necessaria per il suo funzionamento; ma questo non significa che nel complesso le forze di interazione debbano essere molto elevate: se il complesso enzima-substrato fosse eccessivamente stabile, per esempio, l'enzima non tenderebbe a formare i prodotti. Se l'affinità troppo alta fosse invece tra enzima e stato di transizione (o tra enzima e prodotto) la reazione si bloccherebbe, non permettendo al complesso di dissociarsi e liberare i prodotti. Strategie catalitiche Alcune delle strategie comunemente messe in atto dagli enzimi per catalizzare reazioni sono le seguenti.[13] • Catalisi covalente • Catalisi acido-base • Catalisi mediata da ioni metallici • Catalisi da avvicinamento. In numerose reazioni che coinvolgono più substrati, il fattore limitante è la scarsa possibilità che i substrati si dispongano vicini e nel corretto orientamento. Enzimi come le stesse NMP chinasi sono ad esempio in grado di disporre due nucleotidi vicini tra loro, facilitando il trasferimento di un gruppo fosfato da un nucleotide all'altro. Analisi recenti hanno svelato ulteriori correlazioni tra le dinamiche interne dell'enzima e l'efficienza di catalisi risultante.[14][15][16] Le regioni interne di un enzima (dai singoli amminoacidi fino alle eliche alfa) possono cambiare posizione e conformazione in tempi che vanno dai femtosecondi ai secondi: sono tali spostamenti a cambiare la rete di interazioni possibili con il substrato, con conseguenze importanti a livello di aumento o un calo dell'efficienza catalitica.[17][18][19][20] Questo ha conseguenze fondamentali a livello dello studio della modulazione allosterica, dell'inibizione e dell'attivazione enzimatica. Casi particolari Esistono anche altri tipi di catalisi come la catalisi rotazionale. Modulazione allosterica Alcuni enzimi sono provvisti, oltre che del sito attivo, anche di cosiddetti siti allosterici, che funzionano come degli interruttori, potendo bloccare o attivare l'enzima. Quando una molecola particolare fa infatti da substrato per questi siti, la struttura dell'enzima viene completamente modificata, al punto che esso può non funzionare più. Al contrario, può avvenire che la deformazione metta in funzione l'enzima. Molto spesso la deformazione consiste in un riorientamento dei domini che compongono l'enzima in modo da rendere il sito attivo più accessibile (attivatori) o meno accessibile (inibitori). Queste molecole che regolano l'attività enzimatica sono dette effettori allosterici o modulatori allosterici. 41 Catalisi enzimatica Il sito allosterico può essere anche lo stesso sito attivo dell'enzima: in questo caso, in genere, gli attivatori sono gli stessi reagenti, mentre gli inibitori allosterici saranno i prodotti. Molti effettori hanno effetti simili su più enzimi diversi: in questo modo l'allosteria può essere utilizzata per sincronizzare diverse reazioni che si trovano lungo la stessa via o su vie diverse. Ad esempio l'ATP è un inibitore allosterico di molti enzimi che operano su reazioni di catabolismo (glicolisi, ciclo di Krebs..): così quando la sua concentrazione è alta, ovvero la cellula ha molta energia a disposizione, lo stesso ATP rallenta le vie che portano alla produzione di ulteriori molecole ad alto contenuto energetico. Meccanismi di reazione a due substrati I meccanismi di reazione a due substrati sono: • Bi-Bi ordinato: si legano i substrati S1 e S2 e si staccano i prodotti P1 e P2 in ordine (come in molte ossidoreduttasi NAD+(P) dipendenti). • Bi-Bi Random: si legano i due substrati e si staccano i due prodotti in vari ordini (come in molte chinasi e alcune deidrogenasi). • Ping Pong (o doppio spostamento): si attacca il substrato S1 e si stacca il prodotto P1, poi si attacca S2 e si stacca P2 (come per le amminotrasferasi e serina proteasi). Cofattori Molti enzimi contengono molecole non proteiche che partecipano alla funzione catalitica. Queste molecole, che si legano spesso all'enzima nelle vicinanze del sito attivo, vengono definite cofattori. Combinandosi con la forma non attiva dell'enzima (apoenzima), esse danno origine ad un enzima cataliticamente attivo (oloenzima). Queste molecole spesso vengono divise in due categorie sulla base della natura chimica: i metalli ed i coenzimi (piccole molecole organiche). Sulla base del legame con l'enzima, invece, si distinguono i gruppi prostetici ed i cosubstrati. I gruppi prostetici sono di solito strettamente legati agli enzimi, generalmente in modo permanente. I cosubstrati sono invece legati più debolmente agli enzimi (una singola molecola di cosubstrato a volte può associarsi successivamente con enzimi diversi) e servono come portatori di piccole molecole da un enzima ad un altro. La maggior parte delle vitamine, composti che gli esseri umani e altri animali non sono in grado di sintetizzare autonomamente, sono cofattori (o precursori di cofattori). 42 Catalisi enzimatica 43 Termodinamica Come per tutti i catalizzatori, gli enzimi non modificano l'equilibrio chimico della reazione. Solitamente, in presenza di un enzima, la reazione si svolge nella stessa direzione in cui si svolgerebbe senza. L'unica differenza è la velocità della reazione. Di conseguenza, gli enzimi possono catalizzare in modo equivalente sia la reazione diretta che quella inversa. Ad esempio, l'anidrasi carbonica catalizza la reazione in entrambe le direzioni a seconda della concentrazione dei reagenti. Diagramma di una reazione catalitica che mostra l'energia richiesta a vari stadi lungo l'asse del tempo (coordinate di reazione). I substrati normalmente necessitano di una notevole quantità di energia (picco rosso) per giungere allo stato di transizione, onde reagire per formare il prodotto. L'enzima crea un microambiente nel quale i substrati possono raggiungere lo stato di transizione (picco blu) più facilmente, riducendo così la quantità d'energia richiesta. Essendo più facile arrivare a uno stato energetico minore la reazione può avere luogo più frequentemente e di conseguenza la velocità di reazione sarà maggiore. (nei tessuti, con alta concentrazione di CO2) (nel polmone, con bassa concentrazione di CO2) In ogni caso, se l'equilibrio è decisamente spostato in una direzione (in caso ad esempio di una reazione esoergonica), la reazione diventa irreversibile, e l'enzima si trova de facto a poter catalizzare la reazione solo in quella direzione. Sebbene l'unica differenza tra la presenza e l'assenza di un enzima sia la velocità di reazione, a volte l'assenza dell'enzima può dare il via allo sviluppo di altre reazioni non catalizzate, che conducono alla formazione di diversi substrati. In assenza di catalizzatori, infatti, possono subentrare reazioni differenti, caratterizzate da una minore energia di attivazione. La presenza degli enzimi, inoltre, può permettere l'accoppiamento di due o più reazioni, in modo che una reazione favorita dal punto di vista termodinamico possa essere sfruttata per portarne a termine una sfavorita. Questo è quello che avviene con l'idrolisi dell'ATP, utilizzata comunemente per avviare numerose reazioni biologiche. Catalisi enzimatica 44 Cinetica La cinetica enzimatica si occupa in modo particolare degli aspetti cinetici (cioè legati al fattore tempo) del legame enzima-substrato e della conseguente generazione di un prodotto. I dati di velocità utilizzati nelle analisi cinetiche sono ottenuti da saggi enzimatici. Nel 1913 Leonor Michaelis e Maud Menten proposero una Meccanismo di una reazione a substrato (S) singolo catalizzata da un enzima (E) a teoria quantitativa della cinetica enzimatica, generare un prodotto (P) che è tutt'ora nota come cinetica di Michaelis-Menten.[21] Il loro lavoro è stato ulteriormente ampliato nel 1925 da George Edward Briggs e John Burdon Sanderson Haldane, che hanno messo a punto le equazioni cinetiche utilizzate comunemente ancora oggi.[22] Il maggior contributo di Michaelis e Menten fu quello di suddividere idealmente l'azione degli enzimi in due fasi. Nella prima fase, il substrato si lega reversibilmente all'enzima, formando il complesso enzima-substrato (ES), a volte chiamato complesso di Michaelis-Menten in loro onore. La fase successiva è la vera e propria conversione del substrato a prodotto. Gli enzimi sono in grado di catalizzare alcuni milioni di reazioni al secondo. Per esempio, la reazione catalizzata dalla orotidina-5-fosfato decarbossilasi impiega circa 25 millisecondi per processare la stessa quantità di substrato che, in assenza dell'enzima, verrebbe convertita in 78 milioni di anni.[23] La velocità enzimatica dipende dalle condizioni della soluzione e dalla concentrazione del substrato. Condizioni denaturanti, come le alte temperature, pH lontani dalla neutralità o alte concentrazioni saline riducono l'attività enzimatica. Alte concentrazioni di substrato, invece, tendono ad incrementare l'attività. Curva di saturazione per una reazione enzimatica: evidenziata la relazione tra la concentrazione di substrato (S) e la velocità di reazione (v) La velocità massima di una reazione enzimatica è individuabile incrementando la concentrazione di substrato fino a raggiungere un livello a cui la velocità stessa rimane costante (nella curva di saturazione, è il livello indicato in alto a destra). La saturazione ha luogo perché, all'aumentare della concentrazione di substrato, una quantità sempre maggiore di enzima libero è convertita nella forma ES. Alla velocità massima (definita Vmax) dell'enzima, tutti i siti attivi dell'enzima sono saturi di substrato, e l'ammontare del complesso ES è pari a quello dell'enzima stesso. Catalisi enzimatica 45 Inibizione enzimatica Gli inibitori enzimatici sono sostanze in grado di diminuire o annullare l'azione catalitica di un enzima. Possono agire legandosi al sito attivo competitivamente al substrato (inibizione competitiva) o legandosi ad un sito allosterico. L'inibizione può essere reversibile, rendendo possibile il ripristino della funzione catalitica dell'enzima tramite aumento della concentrazione del substrato rispetto all'inibitore; o irreversibile con l'impossibilità di potere ripristinare l'attività catalitica. Gli induttori, invece, sono sostanze in grado di interagire con i siti enzimatici in modo da aumentare la funzionalità dell'enzima. Gli inibitori competitivi legano l'enzima in modo reversibile, impedendo il legame con il substrato. Il legame con il substrato, viceversa, impedisce il legame dell'inibitore. Inibitori reversibili Sono molecole che si legano non covalentemente all'enzima motivo per cui dopo la loro rimozione l'enzima torna ad essere funzionante. Inibizione competitiva Gli inibitori competitivi occupano il sito di legame del substrato, impedendo al substrato di legarsi correttamente (formazione di un complesso EI al posto di uno ES). Se però si verifica prima il legame enzima-substrato, l'inibitore competitivo perde di efficacia. La consistenza dell'inibizione dipende Gli inibitori non competitivi legano siti alternativi a quello che lega il susbstrato. Il dunque sia dalla concentrazione di legame di tali inibitori, tuttavia, genera cambiamenti conformazionali tali da impedire l'ingresso del substrato o generarne la sua espulsione. inibitore che da quella di substrato. Spesso gli inibitori competitivi mimano in modo notevole la forma dei substrati di cui inibiscono il legame. All'aumentare della concentrazione di inibitore la kmapp aumenta la velocità della reazione. Asintoticamente però la velocità tende ancora a Vmax per cui l'effetto dell'inibitore può essere annullato aumentando la concentrazione di substrato. Ad esempio il metotrexato è un inibitore competitivo della diidrofolato reduttasi, che catalizza la riduzione del diidrofolato a tetraidrofolato. Catalisi enzimatica Inibizione non competitiva Gli inibitori non competitivi sono in grado di legare siti differenti dal sito attivo. Essi sono dunque in grado di legare sia l'enzima libero, sia in configurazione ES. Il loro legame all'enzima genera un cambiamento conformazionale dell'enzima stesso, che può avere come conseguenza l'inibizione del legame tra enzima e substrato. Non essendoci dunque competizione tra inibitore e substrato, l'importanza dell'inibizione dipende esclusivamente dalla concentrazione dell'inibitore stesso. L'inibitore causa una diminuzione della Vmax ma non modifica la km. Inibizione acompetitiva (e incompetitiva) Un inibitore acompetitivo si lega a un sito diverso da quello del substrato, presente solamente nel complesso ES: interagisce solo con ES e non con E. Vmax e km diminuiscono di uno stesso fattore all'aumentare della concentrazione di inibitore: Vmax/km è costante. Inibizione mista In realtà non si verifica un'inibizione puramente non competitiva, ma un'inibizione di tipo misto in cui variano sia Vmax che km in modo diverso. In pratica l'inibizione acompetitiva e l'inibizione mista avvengono solo negli enzimi con due o più substrati. Inibitori irreversibili Alcuni inibitori sono in grado di reagire con l'enzima e formare un legame covalente. L'inattivazione così indotta è irreversibile. Esistono diversi composti di questo tipo: una classe importante è quella dei cosiddetti inibitori suicidi, che contano al loro interno la eflornitina, un farmaco utilizzato per trattare la malattia del sonno.[24] Anche la penicillina ed i suoi derivati agiscono in questo modo. Gli antibiotici di questa classe vengono legati dal sito attivo dell'enzima bersaglio (le transpeptidasi) e vengono convertiti in un intermedio che reagisce in modo irreversibile con alcuni residui presenti nel sito attivo. Utilizzi degli inibitori Gli inibitori sono spesso utilizzati come farmaci, ma possono agire anche come veri e propri veleni. In realtà, la differenza tra farmaco e veleno è esclusivamente una questione di dose del composto: la maggior parte dei farmaci, infatti, se somministrati ad alte dosi può risultare tossica, come già Paracelso evidenziò nel XVI secolo: "In tutte le cose c'è un veleno, e senza un veleno non c'è nulla.[25] Il principio della dose è lo stesso per cui gli antibiotici e gli altri agenti anti-infezione sono veleni per il patogeno e non per l'organismo umano. • Un esempio di inibitore utilizzato come farmaco è l'aspirina, che inibisce l'attività delle ciclossigenasi COX-1 e COX-2, che producono le prostaglandine, mediatori dell'infiammazione, riducendo dunque la sensazione di dolore. • Il cianuro è invece un inibitore irreversibile che si combina con il rame ed il ferro presenti nel sito attivo dell'enzima citocromo c ossidasi, bloccando la catena di trasporto degli elettroni e, di conseguenza, la respirazione cellulare.[26] In molti organismi anche i prodotti degli enzimi possono agire come una sorta di inibitori, attraverso un meccanismo di feedback negativo. Se un enzima produce troppo prodotto, esso può infatti agire come inibitore dell'enzima stesso, riducendo o bloccando la produzione di ulteriore prodotto. Tale meccanismo è molto frequente negli enzimi coinvolti in pathway metabolici: la esochinasi, ad esempio, è inibita da alte quantità di glucosio-6-fosfato. 46 Catalisi enzimatica Regolazione dell'attività enzimatica La cellula è in grado di controllare l'attività degli enzimi in almeno cinque modalità principali. 1. 2. 3. 4. 5. Produzione degli enzimi Compartimentalizzazione degli enzimi Feedback negativo Modificazioni post traduzionali Attivazione in ambienti differenti da quelli di produzione Cascate enzimatiche Le cascate enzimatiche sono sistemi costituiti da più enzimi i quali agiscono tra loro causando delle modificazioni covalenti. Le cascate possono essere monocicliche, bicicliche o multicicliche. Note [1] (EN) Jaeger KE, Eggert T. (2004). Enantioselective biocatalysis optimized by directed evolution.. Curr Opin Biotechnol. 15(4): 305-313. PMID 15358000. [2] (EN) Shevelev IV, Hubscher U. (2002). The 3' 5' exonucleases.. Nat Rev Mol Cell Biol. 3 (5): 364-376. PMID 11988770. [3] (EN) Berg J., Tymoczko J. and Stryer L. (2002) Biochemistry. W. H. Freeman and Company ISBN 0-7167-4955-6 [4] (EN) Zenkin N, Yuzenkova Y, Severinov K. (2006). Transcript-assisted transcriptional proofreading.. Science. 313: 518-520. PMID 16873663. [5] (EN) Ibba M, Soll D. (2000). Aminoacyl-tRNA synthesis.. Annu Rev Biochem. 69: 617-650. PMID 10966471. [6] (EN) Rodnina MV, Wintermeyer W. (2001). Fidelity of aminoacyl-tRNA selection on the ribosome: kinetic and structural mechanisms.. Annu Rev Biochem. 70: 415-435. PMID 11395413. [7] (EN) Richard Firn. The Screening Hypothesis - a new explanation of secondary product diversity and function (http:/ / www-users. york. ac. uk/ ~drf1/ rdf_sp1. htm). URL consultato il 11 ottobre 2006. [8] (EN) Fischer E. (1894). 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Freeman and Company (http:/ / www. ncbi. nlm. nih. gov/ books/ bv. fcgi?rid=stryer. chapter. 1163) [14] (EN) Eisenmesser EZ, Bosco DA, Akke M, Kern D. Enzyme dynamics during catalysis. Science. 2002 February 22;295(5559):1520-3. PMID: 11859194 [15] (EN) Agarwal PK. Role of protein dynamics in reaction rate enhancement by enzymes. J Am Chem Soc. 2005 November 2;127(43):15248-56. PMID: 16248667 [16] (EN) Eisenmesser EZ, Millet O, Labeikovsky W, Korzhnev DM, Wolf-Watz M, Bosco DA, Skalicky JJ, Kay LE, Kern D. Intrinsic dynamics of an enzyme underlies catalysis. Nature. 2005 November 3;438(7064):117-21. PMID: 16267559 [17] (EN) Yang LW, Bahar I. (giugno 2005). Coupling between catalytic site and collective dynamics: A requirement for mechanochemical activity of enzymes. (http:/ / www. structure. org/ content/ article/ abstract?uid=PIIS096921260500167X). Structure. 13: 893-904. PMID 15939021. [18] (EN) Agarwal PK, Billeter SR, Rajagopalan PT, Benkovic SJ, Hammes-Schiffer S. (marzo 2002). 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English translation (http:/ / web. lemoyne. edu/ ~giunta/ menten. html) Accessed 6 April 2007 47 Catalisi enzimatica [22] (EN) Briggs G. E., Haldane J. B. S. (1925). A note on the kinetics of enzyme action (http:/ / www. biochemj. org/ bj/ 019/ 0338/ bj0190338_browse. htm). Biochem. J. 19: 339-339. PMID 16743508. [23] (EN) Radzicka A, Wolfenden R. (1995). A proficient enzyme.. Science 6 (267): 90-931. PMID 7809611. [24] Poulin R, Lu L, Ackermann B, Bey P, Pegg AE. Mechanism of the irreversible inactivation of mouse ornithine decarboxylase by alpha-difluoromethylornithine. Characterization of sequences at the inhibitor and coenzyme binding sites. (http:/ / www. jbc. org/ cgi/ reprint/ 267/ 1/ 150) J Biol Chem. 1992 Jan 5;267(1):150-8. PMID 1730582 [25] (EN) Ball, Philip (2006) The Devil's Doctor: Paracelsus and the World of Renaissance Magic and Science. Farrar, Straus and Giroux ISBN 0-374-22979-1 [26] (EN) Yoshikawa S and Caughey WS. (maggio 1990). Infrared evidence of cyanide binding to iron and copper sites in bovine heart cytochrome c oxidase. Implications regarding oxygen reduction. (http:/ / www. jbc. org/ cgi/ reprint/ 265/ 14/ 7945). J Biol Chem. 265 (14): 7945-7958. PMID 2159465. Bibliografia • • • • • • Halvor Christensen, Cinetica enzimatica, Franco Angeli, 1971. Hans Bergmeyer, Principi di analisi enzimatica, Piccin-Nuova Libraria, 1982. Alan Fersht, Struttura e meccanismi d'azione degli enzimi, Bologna, Zanichelli, 1989. Nicholas Price, Principi di enzimologia, Delfino Antonio Editore, 1996. Lauro Galzigna, Elementi di enzimologia, Piccin-Nuova Libraria, 1996. Riccardo Muzzarelli, Enzimologia, Università di Ancona, 1998. • David L. Nelson; Michael M. Cox, I Principi di Biochimica di Lehninger, 3a ed., Bologna, Zanichelli, febbraio 2002.ISBN 8808090353 • Umberto Mura; Antonella Del Corso; Marcella Camici, L. Bolognani (a cura di), Sistemi enzimatici a cascata, collana: Quaderni di Biochimica (n°44), Piccin-Nuova Libraria, 1990.ISBN 8829908711 Voci correlate • • • • • • • • • Enzima Catalisi enzimatica covalente Catalisi enzimatica acido-base Catalisi enzimatica da ioni metallici Cascata enzimatica Inibitore enzimatico Cinetica di Michaelis-Menten Costante di Michaelis-Menten Perfezione catalitica Altri progetti • Wikimedia Commons contiene file multimediali: http://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Enzymes Collegamenti esterni • (EN) Enzyme spotlight (http://www.ebi.ac.uk/intenz/spotlight.jsp): approfondimento mensile di un enzima a cura dell'Istituto europeo di bioinformatica. • (EN) BRENDA (http://www.brenda-enzymes.org): banca dati contenente informazioni e dati di letteratura relativi a tutti gli enzimi conosciuti. • (EN) KEGG (http://www.genome.jp/kegg/): banca dati contenente informazioni complete sugli enzimi ed i relativi pathway. • (EN) MACiE (http://www-mitchell.ch.cam.ac.uk/macie): banca dati contenente informazioni sui meccanismi di reazione. 48 Catalisi enzimatica • (EN) Enzyme Structures Database (http://www.ebi.ac.uk/thornton-srv/databases/enzymes/): fornisce il collegamento da un determinato enzima alla sua struttura tridimensionale nella Protein Data Bank. • (EN) ExPASy enzyme (http://us.expasy.org/enzyme/): fornisce il collegamento da un determinato enzima alle informazioni ad esso correlate nel database Swiss-Prot. Fotocatalisi La fotocatalisi è un metodo catalitico applicato a reazioni fotochimiche, condotto mediante l'ausilio di un catalizzatore che esplica la sua azione quando irradiato con luce di opportuna lunghezza d'onda. I fotocatalizzatori classici sono rappresentati da composti metallici quali TiO2,[1] il più attivo e più utilizzato, ZnO, CeO2, ZrO2, SnO2, CdS, ZnS ecc. Principio Un fotocatalizzatore tipico è un semiconduttore che, assorbendo un fotone di energia superiore al gap tra banda di valenza e banda di conduzione, modifica la struttura dei suoi orbitali molecolari con elettroni, definiti fotoelettroni, della banda di valenza che passano alla banda di conduzione con formazione di fotolacune positive nella stessa banda di valenza. Questi trasportatori di carica hanno vita breve: possono, tramite diversi meccanismi, ricombinarsi e tornare alla configurazione originaria del semiconduttore ovvero generare un flusso di corrente superficiale, a causa del gradiente di potenziale creatosi a livello delle bande. Il più basso livello di energia della banda di conduzione definisce il potenziale di riduzione dei fotoelettroni mentre, rispettivamente, il più alto livello energetico della banda di valenza determina il potere ossidante delle fotolacune. Quando i reagenti diffondono sulla superficie del fotocatalizzatore vengono chemisorbiti su un sito attivo e possono partecipare a reazioni redox. La specie absorbita può essere fotoridotta se il suo potenziale standard di riduzione è maggiore rispetto a quello dei fotoelettroni. In caso contrario le fotolacune possono provocare l'ossidazione, se il loro potenziale è maggiore rispetto a quello delle molecole in oggetto. I meccanismi di reazione non sono ancora esattamente noti: si pensa che le molecole siano direttamente ossidate o ridotte oppure reagiscano, in fase absorbita o in soluzione, tramite intermedi radicalici molto reattivi. Questi radicali sono il risultato dell'effetto dell'interazione dei foto-trasportatori di carica con, per esempio, ossigeno e acqua contenuti in una soluzione. L'efficienza fotocatalica dipende da diversi parametri: dal numero e stabilità temporale dei portatori di carica fotogenerati, dall'equilibrio di absorbimento/deabsorbimento e dal tipo di reazione considerata. Applicazioni La fotocatalisi viene sfruttata nei trattamenti di depurazione dell'aria e delle acque. Viene utilizzata anche nella disinfezione e in medicina per combattere alcuni tipi di cellule tumorali. In campo industriale trova impiego nella produzione di vetri autopulenti, sfruttando la superidrofilia dei semiconduttori irradiati. Rivestimenti di TiO2 permettono, per azione della luce, la distruzione dello sporco per ossidazione del materiale organico tramite i radicali dell'ossigeno prodotti. Una interessante applicazione riguarda la produzione di idrogeno per scissione fotocatalitica dell'acqua, utilizzando NaTaO3 e ossido di nichel quali catalizzatori e irradiando con luce UV. Il gas così prodotto può essere utilizzato come vettore energetico o fonte di energia. 49 Fotocatalisi 50 Note [1] Akira Fujishima; Kazuhito Hashimoto; Toshiya Watanabe, TiO2 photocatalysis: fundamentals and applications, BKC, 1999. ISBN 493905103X Bibliografia • Masao Kaneko; Ichiro Okura, Photocatalysis: science and technology, Springer, 2002. ISBN 3540434739 • Kimura et all., Photocatalytic degradation of nonionic surfactants with immobilized TiO2 in an airlift reactor. 2004 Dep. Appl. Chemistry, Toyo University Kawagoe Japan Voci correlate • Fotoelettricità • Legame metallico Autocatalisi L'autocatalisi è un processo catalitico in cui il catalizzatore è rappresentato da uno degli stessi prodotti o intermedi di reazione in grado di agire sullo stadio lento della reazione chimica. Un tal genere di reazione viene detta autocatalitica. Comuni esempi di autocatalisi sono rappresentati dalla peste dello stagno (una modificazione allotropica), la deplezione dello strato di ozono, il legame con l'ossigeno da parte dell'emoglobina e la reazione tra permanganato e acido ossalico (Mn2+ è l'autocatalizzatore). Velocità di reazione L'equazione cinetica per una generica reazione autocatalitica del secondo ordine è . La concentrazione dei reagenti A e B (B è anche il prodotto finale) varia in funzione del tempo rispettivamente secondo le relazioni Curva sigmoide che mostra la variazione della concentrazione del prodotto in una reazione autocatalitica. e ricordando che e sono la concentrazioni iniziali di A e B. Il grafico di queste equazioni corrisponde a una curva sigmoide, tipica delle reazioni autocatalitiche: all'inizio queste reazioni procedono lentamente a causa della scarsa presenza di catalizzatore (ancora poco B si è formato), la velocità di reazione aumenta progressivamente lungo il procedere della reazione in quanto aumenta la concentrazione di catalizzatore e infine rallenta nuovamente a causa della diminuzione di reagente (A è stato considerevolmente consumato). Quindi, se sperimentalmente si osserva che la concentrazione di un reagente o prodotto ha l'andamento di una curva sigmoide, è lecito supporre che la reazione sia autocatalitica. Autocatalisi Ipotesi abiogenetiche L'etologo britannico Richard Dawkins ipotizzò un ruolo fondamentale dell'autocatalisi nella spiegazione dell'abiogenesi.[1] Lo scienziato cita esperimenti realizzati da Julius Rebek e colleghi presso The Scripps Research Institute della California nei quali combinarono ammino adenosina e un'estere pentafluorofenilico con l'autocatalizzatore estere triacido ammino adenosina (AATE). Varianti di AATE hanno mostrato azione autocatalitica nei confronti della loro stessa sintesi. Questo esperimento dimostrò la possibilità che gli autocatalizzatori potessero mostrare competizione all'interno di una popolazione con caratteri di ereditarietà, il che può essere interpretato come forma rudimentale di selezione naturale. Note [1] Richard Dawkins, The Ancestor's Tale: A Pilgrimage to the Dawn of Evolution, Houghton Mifflin, 2004. ISBN 978-0-618-00583-3. Attività catalitica Nell'ambito della catalisi, l''attività di un catalizzatore (o attività catalitica) corrisponde alla velocità con cui una reazione chimica procede verso l'equilibrio in presenza del catalizzatore in questione. Nel caso in cui il catalizzatore sia un enzima si parla in particolare di attività enzimatica. Viene espressa nel Sistema Internazionale in katal. Se una certa quantità di un determinato catalizzatore ha attività catalitica di 1 katal vuol dire che consuma 1 mole di reagenti in 1 secondo.[1] L'attività catalitica può anche essere espressa in "unità" (in inglese "units", simbolo U), in micromoli al minuto.[2] Attività dei catalizzatori utilizzati dai processi chimici L'attività del catalizzatore, oltre a dipendere dalla natura del catalizzatore stesso, dipende anche dalla natura del supporto del catalizzatore. In particolare i supporti di materiale metallico sono da preferire ai supporti di materiale ceramico nel caso in cui lo scambio termico sia fondamentale, in quanto i metalli presentano una maggiore conducibilità termica.[3] L'attività di un catalizzatore non è costante nel tempo, ma diminuisce a causa di fenomeni di disattivazione.[4] In genere, all'aumentare dell'attività di un catalizzatore diminuisce la sua selettività, viceversa al diminuire dell'attività di un catalizzatore aumenta la sua selettività. Per questo motivo, talvolta i catalizzatori vengono avvelenati di proposito con particolari composti chimici, in modo da aumentarne la selettività a discapito dell'attività.[5] Attività enzimatica Gli enzimi sono dei catalizzatori sfruttati dalle reazioni di natura biochimica. L'attività enzimatica può essere regolata tramite inibizione del prodotto (ovvero aumentando la concentrazione del prodotto) oppure utilizzando delle particolari sostanza chimiche, chiamate attivatori (se aumentano l'attività enzimatica) o inibitori (se diminuiscono l'attività enzimatica).[6] Note [1] http:/ / www. sizes. com/ units/ katal. htm [2] http:/ / www. statemaster. com/ encyclopedia/ Katal [3] http:/ / www. fisrproject. com/ pdf/ cATALIZZATORE. pdf?PHPSESSID=f2dbef97f37bca69327454aa456b8822 [4] Invecchiamento e avvelenamento dei catalizzatori (http:/ / www. chimicando. it/ contributi/ Invechiamento_avvelenamento_catalizzatori. pdf) 51 Attività catalitica [5] Wen-Teng Chang, "Selective growth of carbon nanotubes using catalyst poisoning and geometric trench" (http:/ / www. springerlink. com/ content/ a681g17315546182/ ) [6] http:/ / www. federica. unina. it/ medicina-e-chirurgia/ biochimica/ regolazione-dell-attivita-enzimatica/ Voci correlate • • • • • • • • Catalisi Catalizzatore Catalisi enzimatica Enzima Disattivazione dei catalizzatori Inibitore enzimatico Katal Cinetica di Michaelis-Menten Collegamenti esterni • Dosaggio enzimatico (http://www.biotecnologie.unile.it/docs/docenti/giudetti/enzimologia_0607/lezione8. pdf) Sito attivo Il sito attivo di un catalizzatore o di un enzima è la porzione di molecola direttamente implicata nel processo di catalisi e nella formazione dei legami con i reagenti. Siti attivi di un catalizzatore Col termine "siti attivi" si indicano in generale delle particolari zone della struttura di un catalizzatore che sono attivamente implicate nel processo di catalisi in fase solida. All'aumentare del numero di siti attivi (ovvero della superficie esposta ai reagenti) di un catalizzatore aumenta l'attività catalitica del catalizzatore stesso. Esempi di siti attivi sono i gruppi -OH presenti nella silice e le vacanze all'interno dei cristalli. Siti attivi di un enzima La struttura e le proprietà chimiche del sito attivo di un enzima permettono il riconoscimento e il legame col substrato specifico. Normalmente il sito attivo rappresenta una piccola "tasca" posta sulla superficie dell'enzima che contiene i residui (caratterizzati da una certa carica, idrofobicità e impedimento sterico) responsabili della specificità e i residui catalitici, i quali spesso agiscono da accettori o donatori di protoni o sono implicati nel legame con un cofattore quale il piridossale, la tiamina o il NAD. Il sito attivo è anche il punto su cui agiscono gli inibitori enzimatici. Azione I substrati si legano al sito attivo dell'enzima tramite legami idrogeno, interazioni idrofobiche, legami covalenti temporanei o una combinazione di questi legami. I residui del sito attivo agiscono da donatori o accettori di protoni o altri gruppi presenti sul substrato favorendo la reazione. In questo modo il sito attivo modifica il meccanismo di reazione conducendo a un percorso al quale è associato minore energia di attivazione. Il prodotto legato al sito attivo è solitamente instabile a causa del'impedimento sterico e quindi tende a essere liberato ricostituendo in tal modo 52 Sito attivo 53 l'enzima originario. Ipotesi Studi recenti hanno notato che il sito attivo è modellabile, cioè ha la capacità di adattarsi al substrato, modificando la conformazione dell'enzima. Si è ipotizzato, inoltre, che questa capacità di adattarsi faciliti le reazioni, modificando le molecole reagenti. Schema dell'ipotesi dell'adattamento indotto tra substrato ed enzima Supporto catalitico Nell'ambito della catalisi eterogenea, per supporto catalitico si intende un materiale che offre stabilità meccanica al catalizzatore. In genere i supporti catalitici devono presentare una certa refrattarietà (cioè devono rimanere inalterati dal punto di vista chimico-fisico se sottoposti a temperature elevate), onde evitare fenomeni di disattivazione del catalizzatore. Altro requisito essenziale perché un materiale possa essere impiegato come supporto catalitico è che esso abbia un'elevata area superficiale. Le dimensioni delle particelle che costituiscono il supporto catalitico variano da 10 micron (per i reattori slurry) a 1 metro (per i sistemi catalitici "monolitici").[1] Esempi di supporti catalitici Di seguito sono presentati alcuni esempi di supporti catalitici che sono stati (e/o che sono) impiegati nel campo dell'industria chimica: • • • • Carbonio attivo: nei processi di idrogenazione che impiegano catalizzatori a base di metalli nobili.[2] γ-allumina: nel processo di copolimerizzazione dell'etilene con 1-olefine.[3] Silice: come supporto per catalizzatori al platino.[4] Nafion: in applicazioni riguardanti i biosensori.[5] Supporto catalitico Note [1] [2] [3] [4] [5] Regalbuto, op. cit., p. 394 Bridgwater, op. cit., p. 590 Keii, op. cit., p. 422 López, op. cit., p. 204 Kress-Rogers, op. cit., p. 118 Bibliografia • Tominaga Keii, Catalytic polymerization of olefins: proceedings of the International Symposium on Future Aspects of Olefin Polymerization (http://books.google.com/books?id=YHoM0VdiipcC&hl=it& source=gbs_navlinks_s), Elsevier, 1986. ISBN 0444995188 • A. V. Bridgwater; D. G. B. Boocock, Developments in thermochemical biomass conversion, Volume 1 (http:// books.google.com/books?id=R2LL10TV2ZIC&hl=it&source=gbs_navlinks_s), Springer, 1997. ISBN 0751403504 • Tessy Maria López; David Avnir, M. A. Aegerter, Emerging fields in sol-gel science and technology (http:// books.google.com/books?id=3uO8Cfc2gdkC&hl=it&source=gbs_navlinks_s), Springer, 2003. ISBN 1402074581 • Erika Kress-Rogers, Handbook of biosensors and electronic noses: medicine, food, and the environment (http:// books.google.com/books?id=A-qQ-NZAeaYC&hl=it&source=gbs_navlinks_s), CRC Press, 1997. ISBN 0849389054 • John Robert Regalbuto, Catalyst preparation: science and engineering (http://books.google.com/ books?id=j8ZQ5uAJyrcC&hl=it&source=gbs_navlinks_s), CRC Press, 2006. ISBN 0849370884 Voci correlate • Catalisi eterogenea 54 Disattivazione dei catalizzatori Disattivazione dei catalizzatori La disattivazione (o deattivazione o decadimento) di un catalizzatore è un processo di degradazione nel tempo di un catalizzatore, a cui è associata una perdita di attività o selettività del catalizzatore stesso. Cause e conseguenze La disattivazione di un catalizzatore può avvenire per:[1][2] • degradazione termica • sinterizzazione (sintering): agglomerazione di più particelle di catalizzatore, che comporta una diminuzione irreversibile della superficie disponibile allo scambio di materia. Questo fenomeno viene accentuato all'aumentare della temperatura;[3] • invecchiamento (aging) • avvelenamento (poisoning): consiste nell'adsorbimento chimico o fisico indesiderato di un composto chimico (detto "veleno"), che in questa maniera diminuisce irreversibilmente (nel caso dell'avvelenamento chimico) o reversibilmente (nel caso dell'avvelenamento fisico) il numero di siti disponibili. L'entità di questo fenomeno dipende dalla quantità e dalla natura delle impurezze presenti nella corrente alimentata al reattore chimico (detta anche "carica"). Sebbene in genere è indesiderato, talvolta l'avvelenamento viene effettuato di proposito al fine di aumentare la selettività del catalizzatore (a discapito della sua attività).[4] • sporcamento (fouling): ricoprimento della superficie del catalizzatore da polveri, che diminuiscono l'attività del catalizzatore. • coking: è un caso particolare di sporcamento, in cui la superficie subisce un ricoprimento di particelle carboniose (coke); nel caso del coking, le particelle carboniose possono essere rimosse per ossidazione. • volatilizzazione dei componenti attivi. Oltre alla perdita dell'efficienza, un altro svantaggio del fenomeno della disattivazione è associato alla complicazione delle equazioni cinetiche, per cui la modellazione risulta più difficoltosa a causa di questo fenomeno. Rimedi I fenomeni di disattivazione del catalizzatore possono essere smorzati utilizzando le seguenti tipologie di reattore:[1] • reattori a letto mobile (moving-bed reactor) • reattori a trasporto (straight-through transport reactor o STTR). Una volta che il catalizzatore è stato disattivato, si può ricorrere alla sua rigenerazione o alla sua sostituzione.[5] Esempi di veleni per catalizzatori Viene presentata di seguito una tabella non esaustiva di alcuni catalizzatori, i relativi veleni e i processi industriali in cui è possibile che avvenga l'avvelenamento in questione.[6][2] 55 Disattivazione dei catalizzatori 56 Catalizzatore Nichel Raney Veleno Processo industriale acciaio dolce Alluminosilicati (catalizzatori a base di carbonio silice-allumina) cracking del petrolio Catalizzatori metallici dei gruppi 10-11 Elementi dei gruppi 15 e 16 (S, Se, Te, P, As), alogeni, composti del piombo, [7] composti del mercurio, ossigeno, piridina, chinolina (Ni, Pd, Pt, Cu) idrogenazione o deidrogenazione Catalizzatori a base di Fe Elementi dei gruppi 15 e 16 (S, Se, Te, P, As), alogeni, acqua, ossigeno, NO, CO sintesi dell'ammoniaca Catalizzatori a base di Co Elementi dei gruppi 15 e 16 (S, Se, Te, P, As), CO Catalizzatori a base di Pt-Rh P, As, composti dell'antimonio, Pb, Zn, Cd, Bi, ossidi alcalini Zeoliti acide ammoniaca, ammine, alcoli, acqua idrogenazione Note [1] http:/ / studenti. dicamp. units. it/ Reattori%20Chimici%20II/ Slides/ 23_Catalisi. ppt [2] Ullmann's, op. cit., cap. 9.1 [3] Il meccanismo di sinterizzazione, che non è voluto nel caso della catalisi, trova invece utilizzo in altri settori che riguardano la scienza dei materiali. [4] Wen-Teng Chang, "Selective growth of carbon nanotubes using catalyst poisoning and geometric trench" (http:/ / www. springerlink. com/ content/ a681g17315546182/ ) [5] http:/ / www. arpa. fvg. it/ fileadmin/ Temi/ Industria/ LG_impianti_oltre_50MW_parte_II. pdf p.158 [6] http:/ / www. britannica. com/ EBchecked/ topic/ 99157/ catalyst-poison [7] Ad esempio catalizzatore di Adam (PtO2) Bibliografia • Calvin H. Bartholomew, Gustavo A. Fuentes "Catalyst Deactivation 1997" (http://books.google.com/ books?id=QvQflUBqbKMC&dq=Catalyst+poison&hl=it&source=gbs_navlinks_s), Elsevier. • Knözinger, Helmut, Karl Kochloefl (2002). Heterogeneous catalysis and solid catalysts (http://127.0.0. 1:49152/Wiley/Ipext.dll?f=templates&fn=main-hitlist.htm&2.0). Ullmann's Encyclopedia of Industrial Chemistry 9 (in inglese). DOI: 10.1002/14356007.a05_313 (http://dx.doi.org/10.1002/14356007.a05_313). Voci correlate • • • • Catalisi Catalizzatore Attività catalitica Stabilità (chimica) Collegamenti esterni • (EN) Meccanismi di disattivazione dei catalizzatori (http://herkules.oulu.fi/isbn9514269543/html/x546.html) • (EN) Avvelenamento del catalizzatore da zolfo (http://www.platinummetalsreview.com/pdf/110-pmr-apr06. pdf) • Invecchiamento e avvelenamento dei catalizzatori (http://www.chimicando.it/contributi/ Invechiamento_avvelenamento_catalizzatori.pdf) Fonti e autori delle voci Fonti e autori delle voci Premessa Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=41050131 Autori:: M7, Marcok, Oile11, 1 Modifiche anonime Cinetica chimica Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=42752197 Autori:: Alchimico, Alfio, Ancem, Andr3a95, Aushulz, Capitan Marvel, ChemicalBit, Cisco79, Felyx, LapoLuchini, Leitfaden, Paginazero, Snowdog, 12 Modifiche anonime Velocità di reazione Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45413823 Autori:: Aushulz, Avemundi, Avesan, Cisco79, Felyx, Frieda, Ggonnell, Habemusluigi, Luigi oliv, Paginazero, Rojelio, TierrayLibertad, Welbis, ^musaz, 9 Modifiche anonime Teoria delle collisioni Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45832227 Autori:: Aushulz, Buggia, Cisco79, Paginazero, PersOnLine, RodEz, 1 Modifiche anonime Reazione elementare Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45278274 Autori:: Aushulz, Eumolpo, 2 Modifiche anonime Molecolarità Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45279347 Autori:: Aushulz, Cisco79, 3 Modifiche anonime Equazione cinetica Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=43495679 Autori:: Aushulz, Cisco79, MarcoGiampaolo, Mirko Congiu, Paginazero, Piddu, Pracchia-78, Sailko, 22 Modifiche anonime Ordine di reazione Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45258260 Autori:: Aushulz, Davids music, Felyx, Fore the best, Gabriele Nunzio Tornetta, Goemon, Habemusluigi, Hellis, Paginazero, Pil56, Retaggio, ^musaz, 12 Modifiche anonime Costante di velocità Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=40504152 Autori:: Aushulz, ChemicalBit, Cisco79, Felyx, Massimiliano Lincetto, Retaggio, Rojelio, 15 Modifiche anonime Equazione di Arrhenius Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=43371820 Autori:: Aushulz, Bohemien, Boliboop, Cisco79, DanGarb, Felyx, Gabriele Nunzio Tornetta, Ippazio, Marcel Bergeret, Numbo3, Orzetto, Paginazero, Retaggio, 3 Modifiche anonime Equazione di Eyring Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=42153678 Autori:: Aushulz, Cisco79, 1 Modifiche anonime Teoria dello stato di transizione Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45293585 Autori:: Aushulz, Cisco79, Eumolpo, Grimlock, 1 Modifiche anonime Stato di transizione Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=39541086 Autori:: Aushulz, ChemicalBit, Dr Zimbu, 2 Modifiche anonime Meccanismo di reazione Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=41055310 Autori:: Aushulz, Cisco79, Dylan--86, Finalmanga, Giac83, Mafejthoth, Peppe81, 1 Modifiche anonime Energia di attivazione Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45641766 Autori:: Alchimico, Buggia, Cisco79, DanGarb, Felyx, Finalmanga, Floranda, Frieda, Hashar, Lornova, Mion, Paginazero, 8 Modifiche anonime Catalisi Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=42964398 Autori:: Actarux, Alchemist, Ary29, Aushulz, Biotec, Buggia, Cisco79, Ciska, Gabriele85, Mion, Mtt, No2, Paginazero, Pinkflag, Retaggio, Sunrise, 13 Modifiche anonime Catalizzatore Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=40719936 Autori:: A7N8X, Alchimico, Arnade, Aushulz, Catecolamine, Cisco79, Conte sty, D r k, DaveBlack, Dello, Felyx, Gabriele85, Giac83, Gliu, Incola, Luc106, Luciano G. Calì, Marcel Bergeret, Marsigliesenormanno, Mion, N314, No2, Paginazero, Pil56, Pinkflag, SamZane, Scexpir, Spidernik84, Suisui, Superchilum, Tommaso Ferrara, Whiles, 33 Modifiche anonime Catalisi eterogenea Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=42036432 Autori:: Aushulz, Cisco79, 1 Modifiche anonime Catalisi per trasferimento di fase Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=30900562 Autori:: Aushulz, Cisco79, Mion, Scexpir Catalisi enzimatica Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=43138816 Autori:: Aushulz, Eumolpo, Gabriele85, No2, Numerettiano, Powercioccio, 2 Modifiche anonime Fotocatalisi Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=46676479 Autori:: ARTE, Aushulz, Cisco79, Ebreoerrante, Entebacino, Fire90, Ignlig, Kibira, Marcuscalabresus, Mion, Redoxreaction, Restu20, 34 Modifiche anonime Autocatalisi Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=42237885 Autori:: Aushulz, Cisco79, Mion Attività catalitica Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=32106270 Autori:: Aushulz, Gabriele85, 2 Modifiche anonime Sito attivo Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45834939 Autori:: Aushulz, Buggia, Cisco79, Fire90, Giac83, Mion, Nase, Rook, Senpai, Testadilegno, Ticket 2010081310004741, 3 Modifiche anonime Supporto catalitico Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=45179783 Autori:: Aushulz, 1 Modifiche anonime Disattivazione dei catalizzatori Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=43814507 Autori:: Aushulz, Buggia, DoppioM, Phantomas 57 Fonti, licenze e autori delle immagini Fonti, licenze e autori delle immagini Immagine:Collisioni particellari.jpg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Collisioni_particellari.jpg Licenza: Copyrighted Free Use Autori:: Felyx Immagine:Activation energy.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Activation_energy.svg Licenza: Copyrighted free use Autori:: User:Bkell Immagine:Commons-logo.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Commons-logo.svg Licenza: logo Autori:: SVG version was created by User:Grunt and cleaned up by 3247, based on the earlier PNG version, created by Reidab. 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(SVG version) Immagine:Rxn coordinate diagram 5.PNG Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Rxn_coordinate_diagram_5.PNG Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 3.0 Autori:: Chem540grp1f08 immagine:quasi-equilibrium1.jpg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Quasi-equilibrium1.jpg Licenza: Public Domain Autori:: Chem540grp1f08 File:Energia attivazione.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Energia_attivazione.png Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 3.0,2.5,2.0,1.0 Autori:: Fralama File:Activation energy.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Activation_energy.svg Licenza: Copyrighted free use Autori:: User:Bkell Immagine:CatalysisScheme.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:CatalysisScheme.png Licenza: Public Domain Autori:: Smokefoot, Yikrazuul, 1 Modifiche anonime Immagine:Heterogeneous cat.JPG Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Heterogeneous_cat.JPG Licenza: GNU Free Documentation License Autori:: Thomas Ihle Immagine:Diagramma adattamento indotto.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Diagramma_adattamento_indotto.svg Licenza: Public Domain Autori:: Created by TimVickers, vectorized by Fvasconcellos File:Ziegler Natta catal mech.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Ziegler_Natta_catal_mech.png Licenza: GNU Free Documentation License Autori:: User:Polimerek File:Diagramma attivazione.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Diagramma_attivazione.svg Licenza: GNU Free Documentation License Autori:: Originally uploaded by Jerry Crimson Mann, vectorized by Tutmosis, corrected by Fvasconcellos, translated by Gia.cossa File:Catalizzatore al Rodio.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Catalizzatore_al_Rodio.png Licenza: Creative Commons Attribution-Sharealike 3.0,2.5,2.0,1.0 Autori:: Aushulz File:Hydrogenation on catalyst.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Hydrogenation_on_catalyst.png Licenza: Creative Commons Attribution 1.0 Generic Autori:: Michael Schmid Immagine:Wiktionary-ico-de.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Wiktionary-ico-de.png Licenza: logo Autori:: Bobit, F l a n k e r, Melancholie, Mxn, Nodulation, Rocket000, Saibo Immagine:Hydrogenation on catalyst.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Hydrogenation_on_catalyst.png Licenza: Creative Commons Attribution 1.0 Generic Autori:: Michael Schmid Immagine:Diagramma attivazione.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Diagramma_attivazione.svg Licenza: GNU Free Documentation License Autori:: Originally uploaded by Jerry Crimson Mann, vectorized by Tutmosis, corrected by Fvasconcellos, translated by Gia.cossa Immagine:Catalisi enzimatica.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Catalisi_enzimatica.svg Licenza: Public Domain Autori:: Original uploader was TimVickers at en.wikipedia Immagine:MM curve.png Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:MM_curve.png Licenza: Public domain Autori:: TimVickers Immagine:Inibizione competitiva.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Inibizione_competitiva.svg Licenza: Public Domain Autori:: Authored by Jerry Crimson Mann, modified by TimVickers, vectorized by Fvasconcellos Immagine:Inibizione non competitiva.svg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Inibizione_non_competitiva.svg Licenza: Public Domain Autori:: Authored by Jerry Crimson Mann, modified by TimVickers, vectorized by Fvasconcellos, re-modified by Gia.cossa File:Sigmoid curve for an autocatalytical reaction.jpg Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Sigmoid_curve_for_an_autocatalytical_reaction.jpg Licenza: GNU Free Documentation License Autori:: Knights who say ni Immagine:Ipotesi Adattamento Substrato.JPG Fonte:: http://it.wikipedia.org/w/index.php?title=File:Ipotesi_Adattamento_Substrato.JPG Licenza: Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported Autori:: Giacomo Scarpa 58 Licenza Licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 3.0 Unported //creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/ 59