Va detto che il fraintendimento era iniziato già nel periodo imperiale, quando, essendosi perduta l'idea di teoria scientifica, e di "modello", i raggi visuali furono interpretati come oggetti fisici emessi dagli occhi. Gli scritti di età imperiale sono stati spesso considerati equivalenti ai trattati scientifici del III secolo a.C. e questa confusione tra civiltà diverse ha reso inevitabile l'equivoco. Vedremo come gli scienziati ellenistici, oltre a fornirci l'ottica geometrica, ci hanno dato, tra l'altro, la tecnologia dei riflettori e la prima descrizione della retina e dei nervi ottico e oculomotore. È improbabile che fossero convinti che la luce del giorno dipenda dal gran numero di palpebre aperte. 3. 1. L'ottica Una delle prime applicazioni della matematica ellenistica fu la creazione della teoria oggi detta ottica geometrica. Il primo trattato noto sull'argomento è l'Ottica (Ta` Optika`) di Euclide. I raggi visuali (opseis) usati nella teoria possono essere considerati proprio come i segmenti degli Elementi, ma a essi non si fanno corrispondere più linee tracciate con la riga, bensì percorsi possibili della luce. La trattazione di Euclide fornisce una teoria quantitativa, che permette, tra l'altro, di studiare le ombre o di calcolare le grandezze apparenti degli oggetti, introducendo il concetto di grandezza angolare. Quanto agli arabi, l'esistenza dei raggi visivi fu negata da Alhazen, per le stesse ragioni, e lasciata cadere in seguito. Catottrica Prospettiva La catottrica studia le leggi della riflessione e i vari tipi di specchi. Nella "catottrica" di Erone si afferma che un raggio visuale segue il percorso più breve per andare da un punto A a un punto B. Anche Archimede aveva formulato il principio della reversibilità del cammino ottico. Leonardo da Vinci, invece, fu incapace, dopo molti tentativi, di determinare il punto di riflessione su una superficie speculare in una condizione abbastanza semplice (v. schizzo). La teoria scientifica dell'ottica portò anche all'elaborazione delle leggi della prospettiva (allora detta 'scenografia'). Anche se non ci sono rimasti manuali sull'argomento a uso dei pittori, questa applicazione è già chiara nell'Ottica di Euclide (che in larga misura è finalizzata a questo scopo) ed è documentata in Lucrezio, Erone e Vitruvio. In passato si tendeva o a negare l'uso della prospettiva nell'Antichità o ad attribuirne l'introduzione ai Romani, poiché la si è trovata usata negli affreschi di Pompei. Tra i tipi di specchi studiati, vi sono i famosi "specchi ustori", cioè specchi parabolici che potevano concentrare i raggi paralleli del sole in un solo punto (detto perciò "fuoco" della parabola). L'uso bellico di tali specchi è poco probabile; è stato menzionato da Galeno (II sec.) ma non ve n'è menzione nelle descrizioni storiche dell'assedio di Siracusa di Polibio, Livio, e Plutarco. La tradizionale associazione degli specchi ustori ad Archimede potrebbe avere un fondamento nelle sue opere. Sappiamo che il principale corrispondente alessandrino di Archimede, Dositeo, si era occupato di specchi parabolici (Archimede indirizzò a Dositeo le sue opere Sulla sfera e sul cilindro, Sui conoidi e gli sferoidi e Sulle spirali). Dell'argomento si occuparono anche Apollonio di Perga e Diocle (II sec. a.C.). La prospettiva venne dimenticata nel Medio Evo e non fu scoperta indipendentemente in nessuna altra civiltà; essa fu recuperata nell'ambito dell'interesse rinascimentale per la cultura ellenistica. L'uso della prospettiva da parte dei pittori ellenistici era ovviamente ben noto ai pittori rinascimentali che la reintrodussero nella pittura. Piero della Francesca all'inizio del De prospectiva pingendi, sottolinea l'esigenza di recuperare questa antica tecnica ed elenca gli antichi pittori che l'avevano usata. Propagazione rettilinea (già in Platone) L'ottica (della propagazione rettilinea), anche se è un'applicazione molto semplice della geometria, almeno tale adesso ci appare, ebbe un ruolo importante come ponte tra la geometria e tutte le scienze collegate alla visione. Si trattava anzitutto di un importante strumento preliminare dell'astronomia. Nell'Arenario di Archimede, per esempio, vi è la descrizione di una misura della grandezza apparente del Sole (che è di 5'?), misura per nulla banale se si vuole una ragionevole precisione. L'ottica era poi un ingrediente necessario per la progettazione di tutti gli strumenti visivi, come gli strumenti per il rilevamento topografico o l'astrolabio. Rifrazione La più antica trattazione è di Tolomeo (però in una cattiva traduzione latina di una versione araba del XI sec.). Già Cleomede (metà I sec. a.C.) osserva che la posizione dei corpi celesti differisce da quella osservata a causa della rifrazione della luce all'ingresso nell'atmosfera. L'Ottica di Euclide è stata criticata dal IV sec. d.C. in poi, perché sembra che i raggi visuali partano dall'occhio e non dall'oggetto osservato, e questa affermazione è sembrata una grave ingenuità. Per fornire un modello matematico della visione, cioè per sviluppare l' "ottica" nel significato originario del termine, occorre evidentemente studiare il cono dei "raggi visuali" con il vertice nell'occhio; la reale origine della luce non è invece presa in considerazione, non essendo "modellata" nella teoria. 582839719 Tolomeo nell'Ottica fornisce tabelle degli angoli di rifrazione per vari angoli di incidenza e per I mezzi aria-acqua, aria-vetro e acqua-vetro. I parametri appaiono misurati e poi interpolati (male) con un polinomio di secondo grado. Nel V libro Tolomeo esamina la rifrazione tra due mezzi separati da una superficie piana o cilindrica. A questo punto il testo si interrompe. E ci manca il I libro, col piano dell'opera (manca anche a AlHaytham, ma ne disponeva Ruggero Bacone!). 1 1-Jun-17 L'Ottica di Tolomeo è l'unica opera rimastaci in cui è esposta sia una teoria della visione binoculare sia uno studio sperimentale della visione dei colori - compreso l'uso di dischi rotanti con settori di vari colori, noti come "dischi di Newton".. Dispersione Non restano opere su questo argomento; ne parlano però autori tardi (Diogene Laerzio, Plutarco, Lucrezio e Seneca), secondo i quali il fenomeno della dispersione della luce era stato studiato da Archimede, Apollonio e Ipparco (la terna d'oro...), mediante oggetti di vetro a spigolo. Archimede si era occupato anche dell'arcobaleno (Apuleio).. Secondo Apuleio, del fenomeno dell'arcobaleno si era occupato anche Archimede. 582839719 2 1-Jun-17