Fasciopatia plantare: fattori di rischio, sintomi e test clinici

Estratto da Il Fisioterapista 1-2017
CLINICAL TEST & RESEARCH
Fasciopatia plantare:
fattori di rischio, sintomi e test clinici
Plantar fasciopathy:
risk factors, symptoms, and clinical tests
Alessandro Ruggeri
Fisioterapista, Orthopaedic Manipulative Therapist, Ancona
S
Il Fisioterapista
1 – Gennaio/Febbraio 2017
e da un lato esistono molte revisioni sistematiche che permettono di selezionare in maniera
appropriata le strategie terapeutiche più adeguate per i soggetti affetti da fasciopatia plantare,
dall’altro non si trovano studi secondari inerenti all’accuratezza
diagnostica dei test speciali dedicati o della valutazione clinica
in toto.
Nel 2014 l’American Physical
Therapy Association (APTA) ha
prodotto l’aggiornamento delle
linee guida 2008, con raccomandazioni sia per l’esame clinico sia
per le opzioni conservative.
Da quanto emerge, nella raccolta anamnestica vanno ricercati
Questa rubrica è dedicata
alla descrizione di alcuni
test clinici, studiati singolarmente, da considerare come parte integrante
della valutazione oggettiva che il fisioterapista,
interessato ai disturbi
neuro-muscolo-scheletrici, deve condurre prima
di poter formulare una
diagnosi funzionale, che
– assieme alla diagnosi
medica – serve per poter
strutturare un percorso
riabilitativo ragionato.
i fattori di rischio, come il sovrappeso, l’utilizzo prolungato di calzature antinfortunistiche in ortostasi e l’attività sportiva podistica.
Inoltre occorre escludere la presenza di altre condizioni, come
per esempio le patologie reumatiche, che andrebbero sospettate
negli scenari atipici e in presenza
di artralgie concomitanti1-2.
Per quanto riguarda la diagnosi
differenziale con l’atrofia del pannicolo adiposo calcaneale, da
uno studio comparativo su 250
soggetti risulta che le caratteristiche di più frequente riscontro
nei casi di fasciopatia sono rappresentate da dolore ai primi
passi al mattino e da dolorabilità al tubercolo mediale della
tuberosità calcaneale plantare,
mentre i reperti più tipici negli
individui con atrofia del pannicolo adiposo consistono nel dolo-
re bilaterale e notturno, quindi
anche in scarico. Inoltre è bene
ricordare che nel 10% circa dei
casi si assiste alla compresenza
di entrambi i disturbi3 (tabella 1).
Durante lo svolgimento dell’esame clinico le linee guida suggeriscono di valutare la mobilità
della caviglia in dorsiflessione,
il cui deficit rappresenta un altro
fattore di rischio per lo sviluppo
di fasciopatia plantare, di effettuare i test di palpazione dell’origine calcaneale della fascia, il
windlass test per una conferma
diagnostica clinica e il dorsiflexion eversion test per escludere
la presenza di sindrome del tunnel tarsale.
Per quanto riguarda la quantificazione della dorsiflessione dell’articolazione tibiotarsica, l’APTA
descrive la procedura con paziente prono a ginocchio esteso e
Tabella 1 Odds ratio (95% intervallo di confidenza)
per fasciopatia plantare e atrofia
del pannicolo adiposo3
Dolore
Ai primi passi al mattino dopo il risveglio
FPA vs PF
0,07
Maggiore in ortostasi
20,91
Notturno
20,94
Al calcagno mediale
Bilaterale
0,04
24,95
PF, plantar fasciopathy; FPA, fat pad atrophy
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DOLORABILITÀ A LIVELLO
DELL’INSERZIONE
PROSSIMALE
DELLA FASCIA PLANTARE
L’operatore effettua una pressione con il pollice sul tubercolo
mediale della tuberosità calcaneale plantare, in senso distoprossimale. Per la ricerca dell’inserzione prossimale della fascia
risulta propedeutico effettuare
un movimento di dorsiflessione di alluce, grazie al quale si
ottiene l’esposizione della banda principale, che si può seguire con l’altra mano in direzione
prossimale (figura 1). Per evitare
di ottenere risultati falsi negativi occorre impiegare una certa
quantità di forza, tenendo presente che le strutture da provocare solitamente hanno un’alta
soglia di tolleranza meccanica.
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l’impiego del goniometro: questa
modalità può essere criticabile,
considerato che non è possibile
raggiungere il fine corsa in dorsiflessione di caviglia in scarico,
soprattutto a ginocchio esteso,
con l’utilizzo delle mani dell’esaminatore, che i reperi per la goniometria non sono precisi e che
servirebbe un altro operatore per
portare a termine la misurazione.
Per rendere il rilevamento più
riproducibile, valido e affidabile
è consigliabile l’ankle lunge test
per valutare il range of motion
di caviglia a ginocchio flesso ed
eventualmente un inclinometro
da posizionare sulla cresta tibiale per quantificare la dorsiflessione in carico a ginocchio
esteso.
Figura 1 Il soggetto è in posizione supina; l’operatore, dopo aver trovato
l’origine della fascia plantare, esercita una vigorosa pressione con il pollice.
zionale consegue dal fatto che
il movimento che aumenta maggiormente la tensione a livello
della fascia plantare è la dorsiflessione di alluce, che andrebbe
effettuata sia in scarico sia in carico (figura 2)2.
Purtroppo in entrambi i casi
si ottiene un’altissima specificità, ma una sensibilità decisamente scarsa, per cui molti dei
soggetti affetti da fasciopatia
plantare risulteranno erroneamente negativi; d’altro canto,
di fronte alla positività alla manovra la confidenza diagnostica
aumenta in modo pressoché
definitivo.
Criticità
I valori di accuratezza sono estrapolati da un singolo studio, selezionato con criteri arbitrari
(tabella 2). Probabilmente il test
potrebbe essere sostituito dalla
semplice deambulazione sulle
punte, che riproduce il meccanismo del windlass in un ampio arco
di movimento di caviglia e alluce;
inoltre il passaggio in stazione
monopodalica, quindi a maggior
Criticità
Nel windlass test (weight bearing/non weight bearing), il ra-
Figura 2 Windlass test in carico: il soggetto è posizionato in ortostatismo,
meglio se su uno step con le dita oltre il bordo per facilitare la presa dell’alluce. L’operatore con una mano stabilizza l’arco longitudinale e con l’altra
afferra il primo dito ed esegue una dorsiflessione fermandosi a fine corsa o
alla comparsa dei sintomi al calcagno.
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WINDLASS TEST
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Purtroppo la procedura non è
standardizzata e non si conoscono i parametri di accuratezza diagnostica.
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Tabella 2
patia plantare dovrebbe essere
negativo.
Windlass test:
accuratezza diagnostica in carico e in scarico
Sensibilità
Specificità
LR+
LR−
Criticità
In carico
0,33
0,99
28,70
0,68
In scarico
0,18
0,99
16,21
0,83
I valori di accuratezza sono estrapolati da un singolo studio, selezionato con criteri arbitrari (tabella 3).
Test
LR±, rapporto di verosimiglianza positivo/negativo.
CONSIDERAZIONI
Tabella 3 Dorsiflexion eversion test: accuratezza
diagnostica per sindrome del tunnel tarsale
Criterio di positività
Sensibilità
Specificità
LR+
LR−
Aumento
dell’intorpidimento
0,81
0,99
82,73
0,19
Presenza
del fenomeno di Tinel
0,92
0,99
84,07
0,08
carico, dovrebbe essere in grado
di migliorarne la sensibilità.
DORSIFLEXION
EVERSION TEST
Il dorsiflexion eversion test ha
come scopo la ricerca dell’eventuale presenza di sindrome del
tunnel tarsale: può essere una
manovra puramente neurotensiva o, se si abbina il Tinel test,
anche compressiva (figura 3)2.
Nel soggetto affetto da fascio-
Attualmente non si conosce
bene quale sia il contributo di
un eventuale deficit del controllo
motorio o dell’affaticabilità della
muscolatura intrinseca del piede, che potrebbe essere importante per la regolazione dell’arco
plantare mediale; di conseguenza non esistono forti raccomandazioni riguardanti l’esame dei
muscoli cavizzanti.
Un altro fattore che si tende a
non considerare soprattutto negli studi osservazionali è la possibile associazione di fasciopatia
plantare e alluce rigido o limitus:
se si pensa che la banda principale della fascia si inserisce alla
base della prima falange dell’alluce, al plantar plate e all’apparato sesamoideo, un eventuale
deficit di dorsiflessione dell’alluce potrebbe compromettere l’elasticità della fascia stessa.
BIBLIOGRAFIA
MARTIN RL, DAVENPORT TE, REISCHL SF,
Heel pain-plantar fasciitis: revision 2014. J Orthop Sports Phys
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characteristics of the causes of
plantar heel pain. Ann Rehabil Med
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„
1.
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ET AL.
Figura 3 Dorsiflexion eversion test. L’esaminato si trova in posizione supina; l’operatore con una mano stabilizza la caviglia e con l’altra effettua un
movimento combinato di dorsiflessione/eversione di caviglia e di dorsiflessione delle dita, che mantiene per 5-10 secondi. Eventualmente si possono
aggiungere alcune percussioni (Tinel test) in sede retromalleolare mediale.
E.E
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