Saltando di cibo in cibo / 15.05.2017 di Franco Zambelloni Nell’Italia meridionale risuonava spesso – e immagino che risuoni tuttora – l’espressione di golosità: «Pancia mia, fatti capanna!». Alla vista di cibi appetitosi e abbondanti, il commensale esortava così lo stomaco ad attivarsi e la pancia a farsi capiente quanto più possibile. Ma oggi, con la straripante offerta pubblicitaria di prodotti alimentari e di raffinatezze culinarie, una capanna non può più essere sufficiente: il detto va aggiornato, la pancia deve farsi palazzo, o magari anche grattacielo. E le novità si susseguono. Ultimamente i giornali hanno dato ampio spazio alla notizia che nuove normative elvetiche sulle derrate alimentari consentono, a partire dal 1° maggio, l’importazione, l’allevamento e la vendita a scopi culinari di larve della farina, grilli e locuste. Il ventaglio dell’offerta, dunque, si dilata. Era ora! Infatti occorre ricordare che Dio aveva concesso al popolo d’Israele l’autorizzazione a mangiare cavallette già più di 3000 anni fa: nel libro del Levitico (la cui tradizione risale a circa 1200 anni prima di Cristo), tra le sovrabbondanti prescrizioni alimentari imposte da Jahvè, si legge (11, 20-23): «Sarà per voi in abominio anche ogni insetto alato, che cammina su quattro piedi. Però fra tutti gli insetti alati che camminano su quattro piedi, potrete mangiare quelli che hanno due zampe sopra i piedi, per saltare sulla terra. Perciò potrete mangiare i seguenti: ogni specie di cavalletta, ogni specie di locusta, ogni specie di acrìdi e ogni specie di grillo. Ogni altro insetto alato che ha quattro piedi lo terrete in abominio!». Ora è la FAO – l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – che raccomanda gli insetti come cibo. Leggo infatti in un suo specifico rapporto che l’entomofagia (l’alimentazione a base d’insetti, appunto) offre una serie ben nutrita (non è un gioco di parole) di vantaggi, sia per l’uomo, sia per l’ambiente: dall’elevato valore nutritivo di proteine, al fatto che la carne d’insetto trasmette malattie meno facilmente della carne d’animale; inoltre, l’allevamento d’insetti è ben poco oneroso, visto che possono nutrirsi di rifiuti organici e liquami animali, che vengono poi trasformati in proteine di alta qualità; il consumo d’acqua da parte degli insetti è enormemente inferiore a quello del bestiame e anche la loro produzione di gas serra è probabilmente più bassa. Insomma, ci sono abbastanza aspetti positivi per farsi entomofagi e ridurre o abbandonare il consumo di carne di bestiame. Penso che – una volta superata la diffidenza iniziale e il probabile disgusto – la pubblicità renderà presto appetibili questi piatti innovativi; è nella logica della globalizzazione, del resto, che le preferenze alimentari delle tradizioni locali vengano spazzate via, e che nuovi gusti soppiantino quelli precedenti. Quando la cavalletta, la larva e il verme saranno acclamati come leccornie cesseranno di essere il cibo tradizionale dei Paesi dove si soffre la fame; anzi, il loro prezzo probabilmente salirà con la crescente richiesta di mercato, fino a farne raffinatezze da ristoranti a cinque stelle. E così, forse, per gli animali d’allevamento verranno tempi migliori. In passato, poche voci si sono levate in difesa degli animali e contro le loro sofferenze: Plutarco, filosofo del I secolo d.C., scrisse un trattatello – Del mangiare carne –, riproposto ancora recentemente in traduzione italiana, in cui deplora la pratica di chi «imbandendo mense di corpi morti e corrotti, diede altresí il nome di manicaretti e di delicatezze a quelle membra che poco prima muggivano e gridavano, si muovevano e vivevano». Ma Plutarco, come il vegetariano Pitagora, fu presto dimenticato: la cultura occidentale ha dato ascolto alle parole rivolte da Dio a Noè, dopo la discesa dall’arca con gli animali salvati dal diluvio: «La paura e il terrore di voi sarà presente in tutti gli animali della terra, in tutti gli uccelli del cielo, in tutto quello che si muove sulla terra, e in tutti i pesci del mare. [...] Tutto ciò che si muove e ha vita vi servirà come cibo». In tempi recenti sono sempre più numerose e forti le voci che si levano in difesa degli animali, ed è possibile che ciò sia il segno di un progressivo innalzamento della morale civile. Possibile, ma non scontato: giova ricordare il paradosso di Hitler, che a pochi mesi dall’ascesa al potere fece promulgare una legislazione estremamente garantistica sui diritti degli animali. Subito dopo seguirono le leggi razziali.