Gli insetti nel piatto
Il nostro modo di mangiare è sempre meno sostenibile ed è ora di ragionare su fonti alternative di
proteine: con più zampe di quelle a cui siamo abituati
APPROFONDIMENTO – Entomofagia, dal greco entomos (insetto) e phagein (mangiare), è una
parola che ora risulta lontana dalle abitudini quotidiane di molti di noi. È anche possibile che
qualcuno non l’abbia mai sentita ed è ancora più probabile che, per molti, l’unico punto di incontro
tra il cibo e gli insetti siano i moscerini intorno alla frutta. O una formica che si infila nei panini del
picnic.
Eppure di mangiare gli insetti si parla da un bel po’ e nel 2013 la FAO ha pubblicato un rapporto
piuttosto ampio (Edible insects: Future prospects for food and feed security) esplorando le varie
componenti dell’entomofagia, dalle opportunità dal punto di vista della sostenibilità fino agli
aspetti culturali o religiosi legati a questa dieta. Così lontana da noi ma già parte della quotidianità
in altri luoghi del mondo – Messico, Thailandia, Laos, Malesia, India e Cina sono solo alcuni – cotti o
crudi come fonte diretta di proteine, già ricca di micronutrienti (ferro, zinco, calcio) se consumata
direttamente ma che viene anche usata per elaborare farine. E molto altro. Se da otto chilogrammi
di mangime ne otteniamo uno di carne bovina, i dati FAO stimano che ne bastano due per un
chilogrammo di insetti pronto per il consumo alimentare…
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