Investire nella crescita: l’innovazione finanziaria a sostegno dello sviluppo 13° FORO DI DIALOGO ITALIA – SPAGNA Contributo degli intermediari finanziari italiani, coordinato dal Prof. Rainer Masera, al dibattito del primo gruppo di lavoro “Investire nella crescita: investimenti privati, finanza e credito a supporto dello sviluppo” Federazione delle Banche, delle Assicurazioni e della Finanza (FeBAF) Roma, 9-10 dicembre 2013 I temi oggetto di riflessione di questo gruppo di lavoro sono di importanza fondamentale per i nostri paesi e per l’Europa. Sviluppo, crescita, investimenti, credito sono le parole chiave per costruire insieme una diversa exit strategy da quella che si configura come la peggiore crisi economica e finanziaria del dopoguerra. In più occasioni, l’Europa ha riconosciuto il ruolo essenziale degli investimenti per il rilancio della crescita, investimenti che sono alla base di un modello di sviluppo sostenibile. Far ripartire gli investimenti significa non giocare in difesa: essi implicano una presa di rischio, ma in loro assenza non ci sono prospettive credibili di rilancio dell’economia. Soprattutto, sono necessari gli investimenti che concorrono ad aumentare la produttività totale dei fattori. Il recupero di produttività è particolarmente importante in paesi come l’Italia e la Spagna. Vi è ampio consenso sull’esigenza di assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche e di far scendere il rapporto debito pubblico/PIL; per garantire questi traguardi occorre, peraltro, implementare un mix di politiche, comprese quelle strutturali, che consentano il riavvio e il consolidamento della crescita in tutti i Paesi, anche nei Paesi “periferici”. Questa esigenza, collegata alla necessità di evitare ulteriori aumenti nel tasso di disoccupazione, in particolare fra i giovani, trascende la stessa economia e investe problematiche di ordine politico e sociale. Sta prevalentemente alle imprese e ai mercati assicurare questa convergenza nella crescita, ma occorrono idonee politiche di sostegno. La politica economica fondata sull’esclusiva enfasi su austerità fiscale e pareggio di bilancio, soprattutto se accoppiata con vincoli crescenti sul capitale delle banche e delle compagnie di assicurazione e su un quadro contabile altamente prociclico, non riesce a raggiungere gli obiettivi che si propone. L’urgenza di intraprendere un sentiero di crescita intelligente, sostenibile e inclusiva è stata ribadita nel Libro Verde della Commissione Europea sul finanziamento di lungo periodo per l’economia europea del giugno scorso. Il position paper di risposta dell’industria finanziaria italiana a tale consultazione - elaborato da un gruppo di lavoro coordinato dal Prof. Rainer Masera - dimostra chiaramente che banche, imprese di assicurazioni, fondi pensione, fondi di private equity e società di gestione del risparmio sono pronte a contribuire all’offerta di capitale a lungo termine per la realizzazione di infrastrutture, opere di pubblica utilità ed energia, o alla capitalizzazione delle micro, piccole e medie imprese, al fine di innescare un circolo virtuoso di ricadute positive anche sull’occupazione e sulla crescita economica. In particolare, la Federazione delle Banche, delle Assicurazioni e della Finanza – FeBAF1, insieme alle principali associazioni finanziarie italiane (Associazione Bancaria Italiana - ABI, Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici - ANIA, Associazione Italiana del Private Equity e Venture Capital - AIFI, Associazione del Risparmio Gestito - ASSOGESTIONI, Associazione Italiana per la Previdenza Complementare - ASSOPREVIDENZA, Società per lo Sviluppo Mercato dei Fondi 1 La FeBAF è un unico rassemblement che rappresenta in una sola Federazione tutte le componenti tipiche dell’industria finanziaria nazionale (banche, assicurazioni, fondi); FeBAF non si sostituisce, ma integra le singole associazioni di categoria. Pensione - MEFOP), hanno manifestato un approccio trasversale e di sistema al tema degli investimenti di lungo periodo ed elaborato proposte per il sostegno all’economia reale. Se si parla di investimenti a lungo termine si deve parlare necessariamente di finanziamento a lungo termine. Gli investimenti a lungo termine, dovrebbero auspicabilmente essere sostenuti principalmente da forme di finanziamento a lungo termine per due fondamentali ragioni: per loro natura, i finanziamenti a lungo termine presentano una minore tendenza alla prociclicità rispetto a quelli a breve termine, pertanto meglio si adattano a supportare le politiche espansive nei momenti di crisi; inoltre, essi contribuiscono significativamente a stabilizzare il sistema finanziario, evitando l’eccessiva trasformazione di scadenze. Infrastrutture tradizionali, innovazione e conoscenza, ricerca e sviluppo, energia, ambiente, acqua, protezione del territorio, educazione costituiscono un volano fondamentale per la crescita. Il contributo dell’investimento (pubblico e privato) in capitale fisico, umano e intangibile non è solo quello di sostenere la domanda, ma soprattutto di aumentare la produttività e, quindi, l’offerta del sistema economico e la sua competitività. Sia per favorire la concorrenzialità del sistema manifatturiero avanzato, sia per accompagnare il necessario passaggio all’economia dei servizi innovativi (che comprendono anche sanità, istruzione, burocrazia efficiente, giustizia, trasporti) occorrono rilevanti flussi di investimenti in infrastrutture, con cofinanziamento pubblicoprivato. L’ampiezza stessa del concetto di infrastrutture impone, quindi, l’adozione di un approccio sistemico e sinergico tra istituzioni pubbliche e operatori privati. Occorre, dunque, ripensare la politica infrastrutturale in Europa, intervenendo sulle tecniche di programmazione, finanziamento e gestione degli appalti per infrastrutture, e sulla regolazione dei servizi tramite le stesse erogati, affidando il monitoraggio ad autorità indipendenti, con elevate competenze tecniche, sottratte all’influenza politica, che garantiscano un controllo di qualità sui progetti. Per rilanciare gli investimenti nelle infrastrutture occorrerebbe: i) favorire una più ampia diffusione e adozione – anche attraverso adeguati incentivi fiscali – di project e corporate bond, considerate di grande rilievo ai fini degli investimenti in capitale produttivo; ii) rafforzare e consolidare, a livello nazionale, le competenze tecniche in materie di project financing, per un fattivo supporto agli enti locali, che si trovano spesso impreparati nel lancio di iniziative di project financing; iii) implementare meccanismi di garanzia pubblica o sviluppare e promuovere tra gli operatori economici quelli già esistenti. Per quanto riguarda la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, il settore bancario italiano sta già operando in un contesto di vincoli crescenti al finanziamento a lungo termine imposti dalle riforme prudenziali e continuerà a svolgere un ruolo chiave per il sostegno all’economia reale, non soltanto tramite l’attività tradizionale di raccolta del risparmio e di erogazione del credito, ma anche attraverso l’impegno a favorire l’accesso diretto delle imprese al mercato azionario e obbligazionario, nonché l’investimento nel capitale di rischio di imprese non quotate. Si osservi che, il rafforzamento dei requisiti patrimoniali e il de-leveraging delle banche hanno implicazioni molto più rilevanti per l’economia europea rispetto a quella americana. Su questo punto Italia e Spagna hanno interessi convergenti. Occorre ripensare l’implementazione di requisiti patrimoniali restrittivi che può avere impatti a breve termine sull’economia reale europea ed evitare, quindi, asimmetrie regolamentari evidenti con gli Stati Uniti. Inoltre, esiste l’interesse per un ruolo più attivo dell’industria assicurativa italiana su questo fronte, che guarda con favore alla possibilità di acquisire titoli generati da operazioni di cartolarizzazione adeguatamente strutturate e covered bonds. La recente crisi finanziaria ha evidenziato però l’esigenza per le PMI di diversificare le fonti di finanziamento raccogliendo le risorse finanziarie necessarie a titolo di debito direttamente sul mercato. Nel breve termine, il combinato disposto di politiche fiscali fortemente recessive e rigide regole sul capitale determina un paradosso: gli USA hanno un rapporto fra PMI e grandi imprese fortemente sbilanciato a favore di quest’ultime, che possono accedere molto più facilmente al mercato dei capitali; in Europa, le PMI hanno un peso più rilevante, e tanto più rilevante in relazione al predominante ruolo del sistema bancario nel loro finanziamento. Occorre, quindi, rivedere le stringenti regole introdotte in Europa, bilanciando gli obiettivi della stabilità finanziaria con quelli della ripresa sostenibile. L’industria del risparmio gestito può ricoprire un ruolo importante mettendo in contatto imprese e investitori, tramite lo sviluppo di fondi di investimento che consentano l’accesso al mercato obbligazionario di PMI, un asset class in cui difficilmente gli investitori individuali possono investire direttamente, con adeguata diversificazione. Sarebbe inoltre opportuno favorire lo sviluppo degli investimenti nel capitale di rischio in imprese non quotate da parte di gestori di fondi di private equity. In questa prospettiva, nell’esperienza italiana un importante contributo è pervenuto dal Fondo Italiano d’Investimento, il cui capitale è stato sottoscritto da importanti banche italiane e da altre istituzioni finanziarie, anche pubbliche. Nel panorama delle neo imprese, l’Italia si sta dotando, all’avanguardia sullo scenario internazionale, di una disciplina per la raccolta di capitali di rischio (c.d. equity crowdfunding) tramite portali on-line. Più in generale, dovrebbe essere sviluppato in Europa un sistema di co-garanzie a favore del credito concesso per le infrastrutture e per le PMI in un quadro coerente, che includa la Commissione europea, la Banca Europea per gli Investimenti, il Fondo Europeo per gli Investimenti, il Sistema di Garanzia Nazionale e le co-garanzie offerte da operatori pubblici e privati. Al riguardo, l’Italia vanta una positiva esperienza attraverso il Fondo di garanzia per le PMI. Il modello, concepito per il finanziamento del debito, è stato aperto anche al capitale di rischio. Andrebbero, infine, promosse specifiche iniziative, coordinate con le Autorità nazionali e locali, per la valorizzare e sfruttare appieno le possibilità di finanziamento offerte dai Fondi strutturali della UE, per il miglioramento dell’accesso al finanziamento delle PMI, il supporto agli investimenti pubblici e privati in infrastrutture, il sostegno delle politiche a favore dell’occupazione giovanile. Infine, in un gioco reciproco di cause ed effetti, per la ripresa degli investimenti occorre valorizzare e offrire giusti rendimenti al risparmio, sia quello interno, sia quello internazionale. In questa prospettiva, il risparmio è fondamentale: senza il suo contributo non ci possono essere investimenti e sviluppo sostenibile, né l’Europa né gli Stati membri sarebbero in grado di realizzare i propri obiettivi. La capacità di risparmio si è rivelata essere il cuore del successo del “made in Italy” e del modello di sviluppo dell’economia italiana, proteggendola dalle disastrose conseguenze della crisi del 2007-2009. La crisi, tuttavia, ha inciso sulla capacità e sulla propensione al risparmio delle famiglie e delle imprese. Per favorire l’investimento a lungo termine è necessario, dunque, promuovere anche il risparmio, come peraltro sta avvenendo anche negli Stati Uniti e in Canada. Recentemente (il 25 novembre 2013) è stato presentato ufficialmente in Parlamento europeo il rapporto di iniziativa parlamentare su Long-term financing of the European economy. In questo report si evince che il Parlamento accoglie con favore la proposta della Commissione Europea del giugno 2013, sul Long-Term Investment Funds (ELTIFs) a sostegno degli investitori istituzionali e la considera un primo step verso la creazione di un quadro regolamentare europeo definito, che ponga maggiore attenzione sulle piccole e medie imprese. A questo punto si auspica che il tema degli investimenti di lungo periodo per il sostegno dell’economia reale sia preso in considerazione nell’agenda programmatica della Presidenza italiana dell’UE. Per il nostro paese il Semestre di Presidenza dovrà costituire l’occasione per una riflessione più approfondita del sistema-Italia al fine di individuare forme di collaborazione nel mondo dell’associazionismo e dell’imprenditoria che operano a diverso titolo su scala nazionale, europea ed internazionale.