CORSO Di LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA – A.A. 2009\2010 Morte cellulare accidentale e programmata REALIZZATO DA: Francesca Migliore Giuseppe Mobilia Giacomo Portaro Per necrosi si intende la morte cellulare accidentale, che coinvolge contemporaneamente gruppi più o meno estesi di cellule, facenti parte di un tessuto o di un organo. Le cause sono di vario tipo: • Traumi • Anossia • Ischemia • Ipertermia • Esposizione al calore • Azione di veleni o tossine A seconda della natura dell’agente lesivo, la necrosi interviene: • per massicce variazioni osmotiche, • per arresto dell’apporto di ossigeno o di sostanze nutritive, • per denaturazione di proteine (strutturali ed enzimatiche) Tuttavia la necrosi può essere preceduta da un danno subletale quando l’intensità degli stimoli è al di sotto di una certa soglia, che varia da tessuto a tessuto e che a sua volta può evolvere in tre direzioni: Reazione reversibile: ADATTAMENTO Danno cellulare: NECROSI Morte cellulare programmata: APOPTOSI ADATTAMENTO Entro certi limiti, eccessive stimolazioni fisiologiche o alcuni stimoli patologici possono innescare varie forme di adattamento cellulare, morfologico o fisiologico/funzionale, grazie alle quali le cellule acquisiscono nuove caratteristiche che, seppure anomale, ne preservano la vitalità e ne modulano la funzione ad un dato stimolo. SE i limiti di una risposta adattativa vengono superati oppure se in qualche modo l’adattamento non è possibile si verificano una serie di eventi genericamente chiamati DANNO CELLULARE. Il danno cellulare è reversibile fino ad un certo punto, ma se lo stimolo persiste oppure è grave fin dall’inizio la cellula raggiunge un punto di non ritorno e va incontro al danno cellulare irreversibile e alla morte cellulare. RISPOSTE CELLULARI AL DANNO A. Danno subletale adattamento cellulare di tipo vario morfologico e fisiologico: • adattamenti metabolici • adattamenti strutturali riguardano modificazioni della crescita, delle dimensioni e del differenziamento cellulare; • iperplasia: aumento del numero delle cellule in un dato tessuto o in un organo • ipertrofia: aumento delle dimensioni delle cellule (ipoplasia) • atrofia (ipotrofia): diminuzione delle dimensioni e della funzione cellulare • metaplasia: alterazione del differenziamento cellulare; Risposte adattative reversibili: cessano dopo la rimozione dello stimolo. B. Danno letale NECROSI O APOPTOSI Le cellule necrotiche esplodono, riversando il loro contenuto sulle cellule adiacenti e scatenando una risposta flogistica a carico dell’area occupata dai detriti delle cellule morte. In seguito subentra il richiamo chemiotattico dei leucociti che ha come scopo un duplice effetto: da un lato la fagocitosi dei detriti, dall’altro il rilascio da parte di esse di enzimi lisosomiali che agiscono sulle cellule morte, facilitandone la dissoluzione. Perdita della capacità omeostatica: assorbimento di acqua e ioni, aumento delle dimensioni cellulari e mitocondriali, dissoluzione nucleare Rottura della membrana plasmatica, rilascio di enzimi proteolitici che provocano Infiammazione Meccanismo di azione del danno Sono stati individuati 4 sistemi intracellulari particolarmente vulnerabili: integrità delle membrane cellulari; respirazione aerobia; sintesi proteica; integrità dell’apparato genetico; le componenti biochimiche e strutturali della cellula sono così strettamente correlate che, indipendentemente dal preciso punto di attacco, il danno in una sede porta ad un ampio spettro di effetti secondari (blocco respirazione>ATP>ingresso acqua etc); Meccanismo di azione del danno Per alcuni agenti dannosi i siti biochimici di attacco sono ben definiti (tossine batteriche, cianuro inibisce la citocromo ossidasi) ma in genera le le cause precise che portano a morte cellulare non sono conosciute. In generale si può dire che la glicolisi, il ciclo dell’acido citrico e la fosforilazione ossidativa sono particolarmente vulnerabili. Indipendentemente dall’agente scatenante le maggiori cause di morte sono: A. deplezione di ATP (prodotto dalla fosforilazione ossidativa e dalla glicolisi) e la diminuita sintesi di ATP sono conseguenze comuni del danno ischemico e tossico; B. ossigeno e radicali liberi derivati dall’ossigeno; questi si formano durante la riduzione dell’ossigeno molecolare ad acqua; C. calcio intracellulare e perdita dell’omeostasi del calcio (intra < 0,1 M; extra 1,3 mM). Mantenuto soprattu tto all’interno dei mitocondri e reticolo endoplasmatico da ATPasi associate alla membrana. Interruzione di ATP o aumento non specifico della permiabiltà di membrana fanno aumentare Ca intracellulare. Qs attiva numerosi enzimi (fosfolipasi; proteasi, ATPasi, endonucleasi ) D. Difetti della permeabilità di membrana E. Danno mitocondriale Meccanismo di azione del danno ischemico ed ipossico L’interruzione di ossigeno nella cellula in seguito ad esempio ad ischemia causa un cattivo trasporto di ossigeno nell’apparato circolatorio. In seguito ad ischemia viene ridotto l’apporto di ossigeno alla cellula mentre altri agenti come le radiazioni provocano l’insorgenza del danno mediante l’azione di composti dell’ossigeno ed aventi carattere tossico come ad esempio la formazione di specie chimiche instabili altamente reattive con un singolo elettrone spaiato nell’orbitale esterno. I meccanismi d'azione con cui le varie cause di necrosi cellulare agiscono sulla cellula possono essere diversi, ma sono sostanzialmente riconducibili a danni diretti sulle strutture di membrana o alterazioni degli enzimi coinvolti nel metabolismo energetico, che si riflettono sulla permeabilità selettiva della membrana cellulare. • Si verifica entrata di Na+ e fuoriuscita di K +. La ridistribuzione cationica è accompagnata da spostamento di liquidi e rigonfiamento cellulare • Il mancato funzionamento delle pompe cationiche o i danni diretti sulla membrana provocano un aumento soprattutto di Ca + + intracellulare che entra nella cellula mosso da un alto gradiente di concentrazione. • L'aumento del Ca + + citosolico attiva le fosfolipasi di membrana che degradano i fosfolipidi della membrana aumentando il danno cellulare. • Le idrolasi rilasciate dai lisosomi (autolisi) producono una rapida accelerazione della distruzione cellulare • Il DNA viene esposto all'azione delle desossiribonucleasi lisosomiali dalla digestione proteolitica degli istoni ASPETTO MORFOLOGICO Le cellule necrotiche si presentano in un primo momento rigonfie e successivamente lisate. Sono note diverse alterazioni cellulari post mortem di tipo litico, tra le quali quelle che interessano il nucleo sono: PICNOSI riduzione del volume nucleare CARIORESSI frammentazione del nucleo CARIOLISI dissoluzione del nucleo ASPETTI ISTOLOGICI DEL FENOMENO NECROTICO A livello istologico gli aspetti morfologici si modificano in funzione del tessuto colpito, della causa di morte, della velocità di instaurazione del fenomeno e di altri fattori come la possibilità di sovrainfezione batterica dell'area necrotica. Si distinguono 4 principali tipi di necrosi: • NECROSI COAGULATIVA: è il tipo di morte più frequentante prodotta da disturbi ischemici. Il tessuto morto diventa duro e biancastro. • NECROSI COLLIQUATIVA: in questo caso prevalgono i fenomeni litici che portano a dissoluzione l'area colpita, il tessuto morto si disintegra e si liquefa; il fenomeno si verifica ad es. tipicamente nel cervello. Un'area di necrosi colliquativa in un punto circoscritto e delimitato da una capsula viene definito ascesso • NECROSI CASEOSA: così chiamata per l'aspetto del tessuto coinvolto, è caratteristica della lesione tubercolare • NECROSI ADIPOSA: Coinvolge il tessuto adiposo (è causata soprattutto da pancreatite). E' caratterizzata dalla digestione dei grassi ad opera delle lipasi che successivamente riprecipitano sotto forma di saponi di calcio, dando all'area colpita un aspetto amorfo GANGRENA • La parola gangrena deriva dal latino gangraena, che a sua volta deriva dal greco gangraina (γάγγραινα), che significa "putrefazione dei tessuti". •E' un termine usato in clinica per definire la necrosi massiva di vaste aree tissutali morte per disturbi ischemici La gangrena può essere generalmente di tre tipi: 1) SECCA: PROCESSO LITICO LOCALIZZAZIONE: parti periferiche degli arti a causa di ischemia o arteriosclerosi ASPETTO: secco, raggrinzito e di colore nero, come se fosse mummificata. Il colore scuro liberazione di emoglobina emolisi globuli rossi CONSEGUENZE: distacco totale del tessuto gangrenoso o rimozione chirurgica. CATEGORIE A RISCHIO: Pazienti con problemi alla circolazione sanguigna periferica, come per esempio chi soffre di diabete SINTOMI: dolore sordo, sensazione di freddo e pallore nelle zone interessate. 2) UMIDA (la più comune): PROCESSO LITICO: processi colliquativi, ossia le cellule morte vengono digerite da parte degli enzimi, con perdita dell’architettura cellulare e trasformazione del tessuto in una massa liquida e viscosa. LOCALIZZAZIONE: zone umide del corpo, come la bocca, l'intestino, i polmoni, la cervice uterina e la vulva o piaghe da decubito nella zona sacrale, sulle natiche e sui talloni. MECCANISMO D’AZIONE: Il tessuto infettato ad opera di microrganismi saprogenici comincia a gonfiarsi ed emettere un odore sgradevole. Le sostanze tossiche prodotte dai batteri vengono assorbite dai tessuti; questo porta ad una setticemia generale, ed infine alla morte. ASPETTO: zone colpite appaiono edematose, molli, marce e putrescenti. Il loro colore è scuro, per gli stessi meccanismi di emolisi che avvengono nella gangrena secca. 3) GASSOSA: PROCESSO LITICO: a causa di un'infezione batterica i muscoli e tessuti si riempiono di gas ed essudato. MECCANISMO D’AZIONE: infezione di batteri anaerobi si estende molto rapidamente perché il gas prodotto dai batteri si espande e si infiltra nei tessuti sani; per questo motivo, la gangrena gassosa dev'essere trattata come un'emergenza medica. I batteri responsabili della gangrena gassosa possono penetrare nei muscoli attraverso una ferita aperta non curata e in seguito proliferare nel tessuto necrotico. Producono un'esotossina molto aggressiva che dissocia e distrugge il tessuto circostante, liberando contemporaneamente del gas arricchito in anidride carbonica, il quale si espande diffondendo il processo. CONSEGUENZE: Se non trattata tempestivamente, la gangrena gassosa causa necrosi e sepsi, che progrediscono rapidamente in tossiemia e shock settico. “There cannot be the least doubt that the higher organisms, as they are now constructed, contain within themselves the germs of death…. The question arises as to how this has come to pass.” (August Weismann, Essays Upon Heredity and Kindred Biological Problems, Oxford University Press, 1842). Il concetto che le cellule morissero durante il loro sviluppo naturale era già stato ipotizzato più di 200 anni fa. Già nel XVII secolo Harvey aveva osservato il rimodellamento del cuore di un embrione mentre nel XVIII secolo R.Hook aveva constatato che alcune cellule del tronco della quercia erano sottoposte a quello che lui interpretò essere una sorta di morte fisiologica. Il primo scienziato ad osservare e descrivere la morte cellulare nel sistema nervoso di embrioni di rospo fu Carl Vogt nel XIX secolo (1842). Ancora nello stesso secolo (anno 1889) va collocata una pietra miliare delle scoperte che hanno indirizzato verso il concetto di morte programmata. In quell’anno August Weismann pubblicò infatti un trattato sull’eredità si cominciava a prendere atto che l’organismo contenesse un’ informazione che ne programmava il tempo di vita più lungo rispetto ad altre. Il concetto di morte cellulare naturale fu riscoperto intorno agli anni ’50 con le scoperte di Saunders (1948) che mostrò che esisteva un tipo di morte naturale scandito da stimoli intrinseci e precisi tempo-dipendenti o di Rita Levi Montalcini e Hamburger nel 1949 che avrebbero portato alla consapevolezza che molti neuroni vengono persi nel corso della normale neurogenesi, o ancora si ricordi l’importantissima pubblicazione di Glucksmann nel 1951 che sottolineava l’esistenza di un processo di eliminazione naturale di strutture non più utili da parte degli organismi. Nel 1965 Lockshin e Williams, lavorando sulla metamorfosi degli insetti, estesero il concetto e introdussero il termine “morte programmata”. Intorno al 1977 J. Sulston e H.R.Horvitz fornirono una prima comprensione del fenomeno dal punto di vista genetico dallo studio del nematode C.Elegans che inizialmente genera 1090 cellule somatiche per poi perderne 131 durante lo sviluppo. Nel 1988 David Voux e colleghi identificarono un componente fondamentale del sistema (Bcl-2) negli invertebrati. La biologia di questo gene venne studiata a fondo da Stanley Korsmeyer e colleghi. Il primo elemento di riconoscimento del fenomeno apoptotico che non avesse a che fare con la morfologia si presentò di pari passo con l’osservazione che la morte cellulare fosse accompagnata solitamente dalla rapida attivazione di endonucleasi (H.Wyllie, 1980). Confronti tra aspetti morfologici e anatomici di vertebrati e invertebrati erano stati fatti fin dal 1969, ma solo nel 1992 venne reso noto che il gene Bcl-2 umano poteva inibire la morte cellulare nel nematode. Si ricordano inoltre le scoperte di Yuan del 1993 e di Newmeyer e Reed del 1994 i quali scoprirono che l’esecuzione dell’apoptosi è mediata dai mitocondri. Nel 1999 Lodish, Desagher e Martinou parlarono di come l’apoptosi poteva essere innescata dall’estrusione del citocromo c nel citoplasma. Recentemente le conoscenze riguardo alla morte cellulare si sono moltiplicate e più il campo di ricerca si estende, prima verranno proposti nuovi agenti terapeutici capaci di trattare quelle malattie legate ad un inappropriato controllo del complesso fenomeno della morte cellulare programmata. La parola deriva dal greco apo- da, ptosis- cadere giù ed è risaputo che fu utilizzato per la prima volta dal Prof. James Cormack (Dipartimento di Greco, Università di Aberdeen). A differenza della necrosi l’apoptosi è un processo attivo, durante il quale la cellula stessa accende uno specifico programma che ne determina la morte, una sorta di suicidio. Il processo apoptotico, sebbene abbia nei vari modelli caratteristiche comuni, sicuramente non é un fenomeno univoco, può essere spontaneo o indotto da agenti di diverso genere. Nel corso dell’apoptosi: il DNA si frammenta il citoscheletro collassa la cromatina si condensa la cellula si contrae formando una serie di bolle (BLEBS) che, separandosi dalla cellula, formano i corpi apoptoci, i quali vengono fagocitati da circolanti professionali o da cellule epiteliali contigue (fagociti occasionali) Importante normalmente in processi fisiologici e di sviluppo perché elimina cellule non funzionali o strutturalmente inutili interviene: • NELLO SVILUPPO: maturazione sistema immune, morfogenesi, embriogenesi • NELL’ADULTO: DNA danneggiato e riparazione delle ferite Modificazione delle dimensioni cellulari: la condensazione citoplasmatica provoca una contrazione cellulare. Modificazioni della membrana plasmatica: cambia la distribuzione dei fosfolipidi di membrana. Durante lo stimolo apoptotico la fosfatidilserina(PS) trasloca dalla parte citoplasmatica alla parte extracellulare della membrana plasmatica. Distruzione della fisiologia mitocondriale: depolarizzazione del potenziale di membrana mitocondriale e alterazione della permeabilità della membrana mitocondriale esterna con conseguente rilascio di citocromo-c nel citosol. Modificazioni citoplasmatiche: il rilascio di citocromo-c dai mitocondri provoca l’attivazione delle caspasi in grado di tagliare diversi substrati citoplasmatici e nucleari. Modificazioni nucleari: la firma biochimica dell’apoptosi è la regolare frammentazione del DNA dovuta al taglio fra le unità nucleosomali. Famiglia di proteasi che hanno una cisteina (c-) nel sito attivo e tagliano proteine bersaglio a livello di residui di acido aspartico (-asp-). Sono formate da due subunità che formano un eterodimero e due di questi dimeri si uniscono per formare il tetramero attivo. Le caspasi attive generano reazione a catena: CASCATA DELLE CASPASI CASPASI INIZIATRICI: pro-caspasi che operano all’inizio, sono attivate da: - stimoli extracellulari (capsasi-8 e caspasi-10) - rilascio citocromo c nel citosol (caspasi-9) CASPASI EFFETTRICI: Caspasi-3,-6,-7: sono responsabili della rottura proteolitica di importanti substrati citoplasmatici e nucleari Si può dire che l’apoptosi abbia inizio all’attivazione delle caspasi in conseguenza a segnali di diverso tipo che indicano tutti la necessità che una determinata cellula venga eliminata per apoptosi. L’attivazione delle caspasi è resa possibile dall’innesco di una cascata di eventi molecolari che possono essere indotti in modi differenti. Le fasi in cui può essere suddivisa l’apoptosi sono quindi due: la fase di inizio,di attivazione delle caspasi; la fase effettrice, dove le caspasi agiscono per causare la vera e propria morte cellulare. L’attivazione delle caspasi è dovuta a due meccanismi che di per sé sono separati, ma che convergono entrambi al medesimo scopo. La due vie possibili sono dette: VIA ESTRINSECA VIA INTRINSECA Alla base di esse vi sono fenomeni molecolari profondamente diversi, ma non si deve dimenticare che le due vie possono interconnettersi a più livelli. La via estrinseca si basa su un sistema classico di interazione recettore-ligando che, una volta attivato, determina l’interazione di più pro-caspasi con alcune proteine attivatrici. Questi recettori di morte appartengono ad una famiglia genica che comprende recettori simili al TNF-R (Recettore per il Tumor Necrosis Factor) tra i quali il più studiato in termini di segnalazione apoptotica è il Fas. Il Fas è costituito da: • un dominio extracellulare interazione con ligando specifico • un dominio trans-membrana • dominio di morte (DD) regione citoplasmatica organizzata in a-eliche Il Fas è presente sulla membrana plasmatica di tutte le cellule, mentre il suo ligando, FasL, è espresso solo da tipi cellulari specifici. FasL induce l’aggregazione del recettore, successivamente la proteina FADD si lega al dominio di morte del recettore mediando il reclutamento del proenzima Caspasi-8 presso il recettore. FasL induce l’aggregazione del recettore, successivamente la proteina FADD si lega al dominio di morte del recettore mediando il reclutamento del proenzima Caspasi-8 presso il recettore. L’avvicinamento di più ProCaspasi-8 stimola la dimerizzazione di due pro-enzimi con il conseguente cambio conformazionale richiesto per l’innesco dell’attività proteolitica. La via intrinseca è sotto il diretto controllo del mitocondrio e viene innescata in seguito al rilascio di specifici componenti mitocondriali. La caspasi regolativa è la Caspasi-9, che contiene un pro-dominio regolativo contraddistinto da una serie di a-eliche denominato CARD (Caspase Activation and Recruitment Domine), il quale media le interazioni proteina-proteina riconoscendo un altro dominio CARD presente su altre proteine. Nell’uomo, il gene che rappresenta il punto cruciale della cascata che attiva le caspasi è Apaf-1 (Apoptotic Protease Activating Factor-1), che contiene un dominio CARD, che può interagire con il CARD della caspasi-9. L’evento che promuove il legame tra Apaf-1 e caspasi-9 consiste nell’arrivo nel citoplasma di un terzo componente, il citocromo c normalmente presente nel mitocondrio, che determina un cambiamento conformazionale in Apaf-1 consentendo il riconoscimento e l’interazione del suo dominio CARD con quello della caspasi-9; si forma così una ruota proteolitica detta apoptosoma, formata da sette dimeri di caspasi-9 che interagiscono con sette monomeri di Apaf-1. Il meccanismo di funzionamento di questa via si basa sull’equilibrio che si viene a stabilire tra la presenza di molecole pro- e antiapoptotiche che regolano la permeabilità mitocondriale e il rilascio di induttori di morte sequestrati all’interno dei mitocondri REGOLAZIONE DELLA VIA INTRINSECA Le proteine Bcl2 dei mammiferi regolano la via intrinseca dell’apoptosi controllando il rilascio del citocromo c e di altre proteine mitocondriali. Le Bcl2 si dividono in: REGOLAZIONE DELLA VIA INTRINSECA Le proteine Bcl2 dei mammiferi regolano la via intrinseca dell’apoptosi controllando il rilascio del citocromo c e di altre proteine mitocondriali. Le Bcl2 si dividono in: PROAPOPTOTICHE: promuovono l’apoptosi aumentando il rilascio del citocromo c; esse sono BH123 (Bax e Bak) e le BH3; REGOLAZIONE DELLA VIA INTRINSECA Le proteine Bcl2 dei mammiferi regolano la via intrinseca dell’apoptosi controllando il rilascio del citocromo c e di altre proteine mitocondriali. Le Bcl2 si dividono in: PROAPOPTOTICHE: promuovono l’apoptosi aumentando il rilascio del citocromo c; esse sono BH123 (Bax e Bak) e le BH3; ANTIAPOPTOTICHE: inibiscono l’apoptosi bloccando il rilascio del citocromo c; a questo gruppo appartiene Blc2 stessa e Bcl XL (prodotto dello splicing alternativo di Bcl X); La fase terminale dell’apoptosi è mediata da una cascata proteolitica verso cui convergono i vari meccanismi di innesco. Le caspasi di inizio infatti mediano l’attivazione delle caspasi effettrici, che una volta attivate clivano le proteine citoscheletriche e quelle della matrice nucleare, distruggendo quindi il citoscheletro e portando alla frammentazione del nucleo. Nel nucleo i bersagli dell’attivazione delle caspasi comprendono proteine coinvolte nella trascrizione, nella replicazione e nella riparazione del DNA. In particolare, l’attivazione della caspasi 3 attiva una DNasi citoplasmatica (CAD), clivando un inibitore dell’enzima (ICAD). Nel caso dell’apoptosi mediata dai linfociti T citotossici (CTL), è possibile saltare le fasi di inizio e passare subito alla fase effettrice. Questi infatti, una volta riconosciuta la cellula bersaglio, attraverso specifici segnali da questa appositamente esposti sulla membrana, secernono perforina. Questi contengono una serina proteasi chiamata granzima B che fa le veci di una caspasi effettrice e taglia le proteine a livello dei residui di acido aspartico attivando così una grande quantità di caspasi. In definitiva i CTL uccidono la cellula bersaglio passando direttamente alla fase effettrice dell’apoptosi. Non appena la cellula intraprende la via dell’apoptosi, essa secerne anche dei fattori solubili in grado di reclutare i fagociti. Il reclutamento dei fagociti consente una rapida eliminazione delle cellule apoptotiche, prima che esse vadano incontro al rilascio del loro contenuto cellulare in modo da evitare una conseguente risposta infiammatoria. E’ importante comunque ricordare che i fagociti si comportano differentemente nei confronti delle cellule apoptotiche di quanto non facciano rispetto ai batteri per esempio, cercando di minimizzare la produzione di citochine pro-infiammatorie. Il riconoscimento della cellula apoptotica da parte del fagocita è facilitata da molecole marcatrici che le cellule stesse espongono sulla loro membrana permettendo il riconoscimento. Le cellule apoptotiche possono inoltre essere opsonizzate per la fagocitosi attraverso il legame di sostanze secrete appositamente dai fagociti stessi. Il processo fagocitario è così efficiente che le cellule morte scompaiono senza lasciare la minima traccia e l’infiammazione è praticamente assente. Gli inibitori dell’apoptosi (IAP) sono stati identificati per la prima volta in certi virus di insetto, codificano proteine che impediscono alle cellule del virus di suicidarsi per apoptosi. Tutti gli IAP hanno uno o più domini BIP (baculovirus IAP repeat) che permettono loro di legarsi alle caspasi attivate e di inibirle, stabiliscono infatti una soglia inibitrice che le caspasi attivate devono superare per scatenare l’apoptosi. In Drosophila questa barriera inibitrice può essere neutralizzata da proteine anti-IAP, che sono prodotte in risposta a vari stimoli apoptotici. L’APOPTOSI INTERVIENE: a) nei cicli fisiologici • NELL’OMEOSTASI NUMERICA: L’apoptosi ha un ruolo complementare, ma opposto a quello della mitosi e della proliferazione cellulare nella regolazione delle popolazioni cellulari. Si stima che per mantenere l’omeostasi in un corpo umano adulto sia necessaria la sintesi di circa 10 miliardi di nuove cellule ogni giorno per bilanciare la perdita di quelle che muoiono per apoptosi. Questo numero può inoltre crescere significativamente quando si ha un aumento di apoptosi durante il normale sviluppo e invecchiamento o in caso di malattia. Da ricordare che un ruolo molto importante nel mantenimento dell’omeostasi numerica è svolto dai fattori di crescita, che hanno sia la funzione di indurre le cellule bersaglio alla proliferazione, sia quella di svolgere il ruolo di “fattori di sopravvivenza”. • NEI PROCESSI DI SVILUPPO E NELL’ EMBRIOGENESI : Tra cui l’impianto dell’ovocita, l’organogenesi, l’involuzione di strutture durante lo sviluppo e la metamorfosi. Ne è un esempio la perdita delle membrane interdigitali e l’apertura della rima palpebrale durante lo sviluppo del sistema nervoso e immunitario. • NELL’INVOLUZIONE ORMONODIPENDENTE NELL’ADULTO : Distruzione delle cellule endometriali durante il ciclo mestruale, l’atresia dei follicoli ovarici nella menopausa, la regressione della mammella dopo lo svezzamento. • NEL DANNO CELLULARE O NELL’INFEZIONE: Molte sostanze tossiche, farmaci, radicali liberi dell’ossigeno e radiazioni ionizzanti causano danni al DNA o gravi stress al reticolo endoplasmatico o ai mitocondri: tutte queste condizioni, qualora superino una certa soglia, possono indurre la morte per apoptosi. L’apoptosi può essere determinata anche dall’accumulo di proteine non correttamente folded, nel qual caso si ha stress del reticolo endoplasmatico, evento scatenante la morte cellulare. Le infezioni virali fanno anch’esse scattare nella cellula un meccanismo a livello del sistema immunitario che tende a indurre apoptosi, anche in questo caso per difendere l’organismo intero dalla propagazione virale. A livello del sistema immunitario l’apoptosi è in particolare indotta dai linfociti citotossici, proprio come difesa contro virus e tumori per eliminare le cellule infettate e quelle neoplastiche (lo stesso meccanismo è responsabile del rigetto cellulare nei trapianti). • MORTE DELLE CELLULE DELL’OSPITE CHE HANNO ESAURITO LA LORO UTILITA’: E’ questo il caso dei neutrofili durante la risposta infiammatoria acuta e i linfociti al temine di una risposta immunitaria. In queste situazioni le cellule vanno incontro ad apoptosi in quanto private dei necessari segnali di sopravvivenza. • NELL’ELIMINAZIONE DELLE CELLULE CHE PERDONO ACCIDENTALMENTE CONTATTO CON IL TESSUTO D’ORIGINE (ANOIKIS): Si tratta del programma apoptotico che viene attuato quando la cellula perde contatto con le cellule circostanti. E’ una prima forma di protezione degli organismi multicellulari nei confronti della possibilità che delle cellule vadano in sedi improprie. DIFETTO APOPTOSI AUMENTO APOPTOSI Non consente un turn-over sufficientemente veloce delle cellule anormali, che non possono perciò venire adeguatamente sostituite in quanto la loro sopravvivenza è prolungata. In queste malattie si ha una perdita notevole di cellule normali o di cellule con funzione difensiva. CANCRO tumori con mutazioni di p53 o neoplasie ormonodipendenti (es. carcinomi di mammella, prostata e ovaia) MALATTIE NEURODEGENERATIVE MALATTIE AUTOIMMUNI • Atrofia Muscolo Spinale (SMA) • Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) • Malattia di Alzheimer • Malattia di Parkinson che insorgono in seguito alla mancata eliminazione dei linfociti autoreattivi dopo l’incontro con gli antigeni self. DANNO ISCHEMICO DIABETE DI TIPO I MORTE DELLE CELLULE INFETTATE DA VIRUS DIFETTO APOPTOSI CANCRO CELLULE CANCRO INTERFERONI –a e –b DISATTIVAZIONE PUNTI CONTROLLO CICLO CELLULARE INDUCONO CELLULE DANNEGGIATE EVITANO APOPTOSI TRASCRIZIONE GENE p53 AUMENTO PROTEINE p53 ONCO-SOPPRESSORI • L. Yang ha riportato in un articolo del 2003, il risultato del lavoro svolto riguardo il segnale di morte difettoso in un tipo di cancro delle cellule polmonari (NCI-H460): La proteina XIAP (inibitrice dell'apoptosi X-linked) è sovra-espressa nelle cellule H460. Le XIAP legano la forma attivata della caspasi-9, e sopprimono l'attività dell'attivatore apoptotico citocromo c. La via apoptotica è stata trovata altamente ripristinata nelle cellule H460 che presentavano un peptide Smac che lega le IAP (proteine inibitrici l'apoptosi). • La sovraespressione dell'inibitore di apoptosi Bcl-2 è frequente nel linfoma follicolare. • Un interessante caso di riutilizzo dei prodotti dell'apoptosi è stato presentato da M. L. Albert in un articolo: egli descrive come le cellule dendritiche fagocitino le cellule tumorali apoptotiche; dopo la maturazione, queste cellule dendritiche presentano l'antigene ai linfociti T killer, che poi diventano specifici per distruggere le cellule che stanno subendo una trasformazione maligna. Questa via apoptosi-dipendente per l'attivazione dei linfociti T non è presente durante la necrosi ed ha aperto interessanti possibilità nella ricerca sull'immunità tumorale. DIFETTO APOPTOSI MALATTIE AUTOIMMUNI L'apoptosi può giocare un ruolo importante nelle malattie autoimmuni sotto due diversi aspetti: • DIFETTI REALIZZAZIONE APOPTOSI: persistenza e proliferazione di linfociti autoreattivi che possono scatenare una risposta di natura autoimmune e contemporaneamente dar vita a linfoproliferazione non maligna. • ECCESSIVA MORTALITA’ DI UN TESSUTO: manifestazioni di ipersensibilità secondarie e determinate da uno stato di infiammazione cronica. Diabete di tipo I: difetti nel funzionamento di Fas a carico delle isole pancreatiche. Mutazioni genetiche come causa di difetti apoptotici nel sistema immunitario ha finora ottenuto risultati positivi solo per quanto riguarda il sistema Fas/Fas-L. Sia nei modelli murini che nell'uomo tali mutazioni sembrano essere associate prevalentemente a sindromi linfoproliferative di tipo autoimmune. Sebbene ciò indichi una stretta correlazione tra Fas e autoimmunità la ricerca di mutazioni nei pazienti non ha finora fornito i risultati attesi. La stessa linfoproliferazione non è necessariamente legata all'insorgenza delle malattie autoimmuni. Sebbene la perdita della tolleranza sia considerata la principale causa di tali patologie i dati in nostro possesso ci permettono di formulare ipotesi solo sulla base di fattori di rischio potenziali. ECCESSO DI APOPTOSI MALATTIE NEURODEGENERATIVE La graduale perdita di neuroni in diverse parti del cervello caratterizza gran parte delle patologie neurodegenerative. Dato che il sistema nervoso centrale (SNC) durante lo sviluppo è sede di un’intensa attività apoptotica e che nel periodo adulto la sopravvivenza cellulare dipende dall’espressione di geni antiapoptotici quali Bcl-xL si è ipotizzato che esso sia un tessuto particolarmente suscettibile ai difetti dei pathway apoptotici. Tale ipotesi è avvalorata da numerose evidenze sperimentali che mostrano un coinvolgimento dell’apoptosi nello sviluppo di diverse malattie dell’SNC. • ATROFIA MUSCOLO SPINALE (SMA) : degenerazione dei motoneuroni spinali causata da delezione del gene SMA che normalmente promuove l’attività della proteina antiapoptotica Bcl-2; • MALATTIA DI ALZHEIMER è associata a diverse mutazioni in geni che codificano per proteine coinvolte più o meno direttamente nel processo apoptotico. Come la presenilina 2, che sembra agire a valle di Fas. Se la presenilina 2 è mutata questa inibizione non avviene e FasL viene iperespresso inducendo l’apoptosi nei neuroni dopaminergici. Il coinvolgimento del processo apoptotico nella malattia di Alzheimer è stata osservata anche a livello delle placche beta amiloidi, aggregati proteici insolubili caratteristici della patologia che, accumulandosi nel tessuto cerebrale, causano la necrosi di intere aree del cervello. In linee cellulari neuronali si è infatti osservato che i peptidi delle placche beta amiloidi sono in grado di inibire la trascrizione dei geni antiapoptotici (Bcl-2) e di stimolare invece quella di geni proapoptotici (Bax), rendendo i neuroni più suscettibili alla morte, soprattutto in risposta allo stress ossidativo. • SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA (SLA): progressiva perdita di motoneuroni spinali. Il fatto che proteine antiapoptotiche possano rallentare la malattia in modelli animali suggerisce un importante ruolo dell’apoptosi; •MALATTIA DI PARKINSON: ruolo dell’apoptosi nel determinare la progressiva perdita dei neuroni dopaminergici nigrostriatali. In particolare si è scoperto che la selegilina, farmaco storico utilizzato nel trattamento della malattia esercita il suo effetto neuroprotettivo alterando l’espressione, tra gli altri, dei geni antiapoptotici Bcl-2 e Bcl-xL. • ISCHEMIA CEREBRALE: Sebbene nell’ischemia grave il cuore della lesione sia prevalentemente formato da tessuto necrotico, nelle zone circostanti prevale il processo apoptotico, accompagnata da iperespressione delle caspasi, soprattutto della caspasi 3. Facendo iperesprimere agli animali proteine antiapoptotiche o inibitori specifici di caspasi si è osservato un danno cerebrale più ridotto dopo induzione di ischemia. Epicuro, “La morte non è nulla per noi… o forse è tutto? Visto che senza di essa probabilmente la vita sarebbe impossibile…” (Epistola a Meneceo)