Cinetica Enzimatica Applicata Molte reazioni (organiche ed

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Cinetica Enzimatica Applicata
Molte reazioni (organiche ed inorganiche) di comune interesse industriale vengono
realizzate con la tecnologia degli enzimi che, quali catalizzatori alternativi a quelli di
sintesi, presentano alcuni evidenti vantaggi:
attività catalitica elevata;
specificità di azione;
condizioni di reazione blande (pressione e temperatura ambiente, solventi
acquosi).
• origine extra-cellulare : secreti dalle cellule e disponibili all’esterno di esse
• origine intra-cellulare: in questo caso, la disponibilità degli enzimi è legata alla
possibilità di rompere (attraverso lisi enzimatica o con metodi chimico-fisici) la
membrana cellulare; raramente è possibile isolare gli enzimi liberi senza
compromettere la struttura della cellula a cui appartengono, attraverso shock
osmotici o con tensioattivi
Mentre alcuni enzimi possono essere utilizzati allo stato grezzo, altri necessitano di
operazioni di purificazione.
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1
Gli enzimi idrolitici sono applicati nella degradazione degli alimenti, nel
trattamento delle acque di scarico, nella produzione di detersivi, nella lavorazione
dell’amido, nella maturazione della frutta, della carne e dei formaggi, nel
trattamento di ferite.
Gli enzimi proteolitici sono impiegati nella rottura del legame peptidico e si
distinguono in esopeptidasi , quando la rottura comincia dal legame terminale, e
in endopeptidasi quando la scissione è prodotta su legami interni alla catena
amminoacidica. Anche per questi enzimi gli impieghi possibili sono i più vari: dal
trattamento delle carni da macello alla concia delle pelli, come coadiuvanti nella
digestione e come agenti terapeutici nel trattamento di ferite ed infezioni. Il
settore in cui sono principalmente impiegati è quello della produzione di detersivi
dal momento che alcune proteasi alcaline facilitano la rimozione di macchie di
natura proteica.
Una terza classe di enzimi particolarmente importanti sono le esterasi, utilizzate
ad esempio per ridurre il contenuto di grassi nelle carni e nel trattamento delle
acque reflue allo scopo di eliminare le sostanze oleose e migliorare lo scambio
termico.
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Tecnologia degli enzimi immobilizzati
In realtà, nonostante i vantaggi che l’utilizzo degli enzimi su scala industriale
presenta, bisogna tenere in debita considerazione due inconvenienti fondamentali
ovvero:
la ridotta stabilità nell’ambiente di reazione
il costo delle operazioni di separazione e recupero
immobilizzazione, consente di confinare gli enzimi sulla superficie o all’interno
di supporti inerti. In questo modo, è possibile rendere assai più agevole la
separazione degli enzimi dal mezzo di reazione e il loro recupero; inoltre, fissando
gli enzimi in una opportuna disposizione a cascata, si possono comodamente
realizzare sequenze catalitiche che migliorano l’efficienza del processo.
L’immobilizzazione consente dunque di facilitare l’impiego degli enzimi all’interno
di processi su scala industriale, riducendo o eliminando del tutto le operazioni
down-stream di recupero; in realtà, il fatto di costringere gli enzimi in una ben
precisa posizione all’interno dell’ambiente di reazione, consente di prolungare nel
tempo la loro attività, limitando gli effetti deleteri del mezzo di reazione.
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3
Su
bst
rat
o
Metodi Fisici
E
E
E
E
E
E
E
E
o
ott
od
Pr
E
E
Intrappolamento in
fibre cave e porose
Intrappolamento in
matrice gel insolubile
Microincapsulamento
Metodi Chimici
E
E
E
E
E
E
MATRICE
E
E
E
MATRICE
E
E
E
E
E
E
E
Legame covalente
su matrice
Legame covalente tra
enzimi e con matrice
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Legame covalente tra
enzimi (cross-linking)
4
Intrappolamento
Le tecniche di immobilizzazione per intrappolamento consistono nel bloccare
fisicamente l’enzima in uno spazio contenuto, per esempio all’interno di fibre porose e
cave (lineari o arrotolate) o in matrici gel insolubili o, infine, all’interno di
microcapsule (di diametro <300 µm) la cui membrana sia permeabile al substrato e al
prodotto ma non agli enzimi.
In tutti questi casi l’enzima permane in soluzione, pur risultando confinato in una
zona dalla quale non può uscire; in tal modo, si riducono al minimo le possibili
alterazioni della conformazione nativa e quindi della funzionalità dell’enzima.
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Ancoraggio con legame chimico
L’ancoraggio di un enzima ad un supporto inerte può avvenire per adsorbimento e/o
per vera e propria formazione di un legame covalente; in entrambi i casi, bisogna
assicurarsi assolutamente che nell’interazione con il supporto, l’enzima non coinvolga
il sito attivo, pena la perdita, parziale o totale, di attività.
In alternativa, si può realizzare una rete di enzimi, legando un enzima all’altro (crosslinking ) oppure legando gli enzimi tra loro e ad una matrice.
Il tipo di supporto e le caratteristiche dell’immobilizzazione variano a seconda
dell’utilizzo a cui gli enzimi sono destinati; i criteri principali da seguire nella scelta del
supporto sono legati:
• alla capacità di generare legami chimici, che dipende dalla densità di carica, dalla
presenza di gruppi funzionali, dalla porosità, dalle caratteristiche
idrofobiche /idrofiliche ;
• alla capacità di garantire la stabilità e l’attività dell’enzima, che dipende
principalmente dalle condizioni microambientali che si stabiliscono in prossimità
dell’enzima stesso.
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Effetti dell’immobilizzazione
Le tecniche di immobilizzazione provocano, in genere, alterazioni alla conformazione
nativa dell’enzima e, conseguentemente, causano una riduzione della attività
enzimatica (l’attività residua può variare dal 50% a valori prossimi allo zero); d’altro
canto, l’effetto più vantaggioso legato all’immobilizzazione è quello di preservare la
stabilità dell’enzima, soprattutto rispetto al riscaldamento, alle variazioni di pH,
all’aggiunta di solventi organici e di agenti denaturanti.
Limitazioni diffusionali legate all’immobilizzazione
Un indice atto ad esprimere l’entità dell’influenza delle limitazioni diffusionali sulla
cinetica globale è rappresentato dal numero di Damköhler (Da), definito come:
Da =
massima velocità di reazione
Vm
=
massima velocità di diffusione k D ⋅ [S ]
dove [S] rappresenta la massima concentrazione di substrato disponibile
(generalmente intesa come concentrazione nella massa del liquido) e kD è il
coefficiente di scambio di materia.
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7
Da =
massima velocità di reazione
Vm
=
massima velocità di diffusione k D ⋅ [S ]
Si possono porre tre casi:
Da >>1: la velocità di diffusione è il fattore limitante
Da <<1: la cinetica chimica è il fattore limitante
Da ≈ 1: le resistenze dovute alla cinetica chimica e quelle legate alla
diffusione sono comparabili
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Fenomeni coinvolti nel processo di catalisi enzimatica per enzimi
immobilizzati su lastra piana
diffusione del substrato attraverso il film verso la superficie della lastra;
diffusione del substrato attraverso la lastra porosa;
reazione enzimatica con conversione del substrato in prodotto;
diffusione del prodotto attraverso la lastra porosa;
diffusione del prodotto dalla superficie della lastra attraverso il film.
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Massa del liquido
Film
Film
Massa del liquido
Reazione enzimatica (Km , Vm )
Diffusione del substrato
attraverso il film stagnate kS
Supporto con enzima immobilizzato
E
Diffusione del substrato
attraverso il supporto De,S
Diffusione del prodotto
attraverso il supporto
e il film De,P , kP
profili di concentrazione
S0, substrato
P0, prodotto
Spessore della lastra 2L
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Un primo approccio al problema può essere compiuto pensando che gli enzimi siano
immobilizzati non all’interno ma sulla superficie esterna della lastra piana, in
corrispondenza della quale avviene la reazione enzimatica: in questo caso si devono
considerare il solo fenomeno di trasporto dalla soluzione alla superficie del supporto e
la reazione chimica. In queste condizioni si può applicare il modello di Nerst (film)
che permette di valutare l’entità del flusso di substrato NS (mole per unità di tempo e
di superficie) verso la superficie:
N S = kS ⋅ ([S 0 ] − [S ])
dove [S0] e [S] rappresentano rispettivamente la concentrazione di substrato nella
massa del liquido e sulla superficie della lastra, mentre kS è il coefficiente di scambio di
materia relativo al substrato.
In condizioni di stato stazionario, ammettendo che la reazione enzimatica segua
l’equazione cinetica di Michaelis -Menten, si giunge al seguente bilancio:
NS = v
kS ⋅ ([S0 ] − [S ]) =
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Vm ⋅ [S ]
K m + [S ]
11
k S ⋅ ([S 0 ] − [S ]) =
Vm ⋅ [S ]
K m + [S ]
L’equazione di bilancio nel caso di stato stazionario può essere risolta per via grafica:
la curva A rappresenta il termine legato alla cinetica enzimatica mentre le rette B e B’
rappresentano il termine di trasporto di massa in due diverse condizioni di
mescolamento della massa fluida.
6
-
NS o v [mol/s cm2]
A
5
-
4
-
3
-
2
-
1
-
soluzione per
S0= 0.010
soluzione per
S0= 0.007
B’
B
0.00
0.005
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SS (mol/L)
0.01
12
Quando il sistema è fortemente condizionato dallo scambio di materia, si può
considerare praticamente nulla la concentrazione di substrato sulla superficie della
lastra ([S] ≅0) nel senso che la reazione chimica risulta estremamente più veloce del
flusso NS e quindi, nelle condizioni in cui Da>>1:
v ≈ kS ⋅ [S ]
il sistema si comporta secondo una cinetica globale dello pseudo-primo ordine.
Cinetica enzimatica - 3
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Quando, al contrario, il sistema è fortemente condizionato dalla cinetica chimica
(Da<<1), lo scambio di materia è ininfluente ai fini della velocità globale del
processo e quindi:
v≈
Vm ⋅ [S ]
K m.apparente + [S ]
dove la costante di Michaelis apparente è principalmente funzione della velocità di
agitazione della massa liquida e può essere espressa nel modo seguente:


Vm
K m, apparente = K m ⋅ 1 +

k
⋅
(
[
S
]
+
K
)
S
m 

Solitamente alla costante Km.
m.app
app viene assegnato il valore di [S] che corrisponde alla
metà della massima velocità di reazione.
Cinetica enzimatica - 3
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In alternativa l’equazione di bilancio caratteristica dello stato stazionario,
k S ⋅ ([S 0 ] − [S ]) =
Vm ⋅ [S ]
K m + [S ]
può essere riarrangiata introducendo le seguenti variabili adimensionali:
x=
[S ]
[S0 ]
Da =
ed ottenendo dunque:
Vm
K S ⋅ [S 0 ]
κ=
Km
[S 0 ]
1− x
x
=
Da κ + x
Manipolando opportunamente la precedente equazione, si giunge ad una equazione
quadratica per x risolvibile analiticamente:
x=
con:

β 
4κ
⋅  ± 1 + 2 − 1
β
2 

β = Da + κ − 1
Il segno + o - va preso rispettivamente quando β>0 o β<0; se invece β =0, allora
Cinetica
-3
κ
x =enzimatica
15
E’ consuetudine esprimere l’influenza della resistenza dovuta al trasporto di massa
sulla cinetica globale di un processo chimico, introducendo il fattore di efficienza η,
definito come:
η=
velocità di reazione osservata
velocità che si osserverebbe
in assenza di resistenza al trasporto di massa
Nel caso in questione risulta:
x
η=κ +x
1
κ +x
in modo che 1≥η; in generale, l’effetto dell’aumento della resistenza al trasporto di
massa si osserva come una diminuzione dell’attività catalitica.
η =1
v=
Vm ⋅ [S 0 ]
K m + [S 0 ]
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Quando si opera in regime a controllo cinetico (Da→0), la variabile x diventa
prossima all’unità; in questo modo risulta che:
η =1
v=
Vm ⋅ [S 0 ]
K m + [S 0 ]
In queste condizioni la cinetica osservata è, di fatto, quella intrinseca del processo
enzimatico all’interfaccia tra la fase liquida ed il supporto solido.
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Quando un nuovo enzima viene ancorato ad una superficie, è fondamentale
determinare quanto l’immobilizzazione abbia alterato il comportamento catalitico;
occorre dunque poter valutare i valori di Vm e di Km operando in condizioni tali per cui
la resistenza allo scambio di materia sia da considerare trascurabile.
Quando si voglia operare in condizioni di regime controllato cineticamente, bisogna
fare in modo che gli effetti del trasporto di massa siano quanto più possibile prossimi a
zero: ciò si ottiene con una elevata velocità di flusso della fase liquida (contenente il
substrato) in prossimità del biocatalizzatore, entro il limite fondamentale posto dal
fatto che una eccessiva agitazione del fluido può provocare la denaturazione (parziale
o totale) dell’enzima o causare addirittura fenomeni di abrasione superficiale.
Cinetica enzimatica - 3
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Al contrario, quando si opera in condizioni di regime controllato dai fenomeni di
trasporto, risulta:
η=
1 +κ
Da
v = k s ⋅ [S 0 ]
In questo caso, fintanto che il valore del numero di Damköhler si mantiene elevato, la
velocità del processo osservata risulta del primo ordine nella concentrazione di
substrato ed indipendente dai parametri caratteristici della catalisi enzimatica (Vm, Km).
Nelle condizioni di controllo diffusionale, la resistenza al trasporto di materia di fatto
impedisce non solo di determinare i parametri cinetici effettivi ma di cogliere le
eventuali alterazioni sugli enzimi .
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Approccio alla diffusione intraparticellare
Gli enzimi possono essere immobilizzati all’interno di matrici porose attraverso le quali
il substrato ed i prodotti possono diffondere e controdiffondere ; un primo approccio al
problema può essere impostato scrivendo il bilancio di materia su di una sezione del
supporto catalitico, assunto in questo esempio di forma sferica.
r
r + dr
R
Assumendo che l’enzima sia uniformemente immobilizzato all’interno della matrice, si
consideri il guscio sferico racchiuso tra i raggi r e r+dr; si indichino con i simboli De,S e
v rispettivamente il coefficiente di diffusione effettivo e la velocità di consumo del
substrato, che possono differire anche in modo significativo dai valori assunti in
soluzione.
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Per quanto concerne i fenomeni diffusionali si deve considerare che:
• parte della sezione della particella solida non è disponibile al trasporto di massa e
va dunque valutato il parametro porosità (εp);
• la distribuzione dei pori è complessa e la diffusione avviene secondo percorsi
preferenziali variabili nel tempo, secondo il parametro tortuosità (t);
• i pori del supporto possono avere dimensioni confrontabili con quelle delle
molecole di substrato ed il parametro Kp/Kr tiene conto di ciò.
Pertanto, a fronte delle precedenti considerazioni, si può esprimere il coefficiente di
diffusione effettivo nel seguente modo:
εP Kp
DeS = DS 0 ⋅ ⋅
τ Kr
dove DSO è la diffusività del substrato in soluzione, mentre il parametro ep deve essere
determinato di volta in volta al variare del tipo di supporto.
La tortuosità assume in generale valori compresi tra 1.4 e 7, mentre le restrizioni
diffusive possono essere calcolate come di seguito:
 rsubstrato 

≅ 1 −

Kr 
rporo 
Kp
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21
r
r + dr
R
Il bilancio di massa in condizioni di regime stazionario
condotto sul guscio sferico di spessore infinitesimo risulta:
d [S ]
d [S ]


2
2
−
D
⋅
⋅
4
π
r
−
−
D
⋅
⋅
4
π
r
= v ⋅ 4πr 2 dr

 

eS
eS
dr
dr

r 
 r + dr
Assumendo DeS costante, dividendo per 4π e riarrangiando si ottiene:

d [S ]
d [S ] 

DeS ⋅  r 2 ⋅
−r2 ⋅
dr r +dr
dr r 

= r 2v
dr
Il limite della precedente equazione per dr→0 risulta:
d  d [S ] 
2
DeS ⋅  r 2
=r v
dr 
dr 
oppure
 d [S ]2 2 d [S ] 
=v
DeS ⋅ 
+
2

dr
r
dr


Le condizioni al contorno secondo le quali procedere alla soluzione dell’equazione di
bilancio risultano essere:
d [S ]
= 0 e [S ]r = R = [S 0 ]
dr
r =0
dal momento che si assume che il profilo della concentrazione del substrato all’interno
del supporto catalitico sia simmetrico rispetto al centro della sfera e che la
Cinetica enzimatica - 3
concentrazione sulla superficie esterna
sia uguale a quella nella massa del liquido. 22
Anche in questo caso può essere definito il fattore di efficienza come:
η=
velocità di reazione osservata
v0
=
velocità che si osserverebbe
v ⋅ S0
in assenza di gradienti di concentrazione nel supporto
[ ]
dove la velocità di effettivo consumo di substrato può essere espressa in moli per
volume di supporto e per unità di tempo:
Ap 
d [S ] 


v0 =
⋅  DeS ⋅
Vp 
dr r = R 
con Vp e Ap che indicano rispettivamente il volume e la superficie esterna della
particella sferica.
Cinetica enzimatica - 3
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In realtà, il fattore di efficienza non può essere facilmente calcolato, dal momento che
l’espressione della velocità di reazione secondo Michaelis-Menten non è lineare;
occorre dunque risolvere numericamente l’equazione di bilancio, con le condizioni al
contorno imposte, e quindi valutare v0. Questo procedimento è comunque assai
complesso e si preferisce ricorrere ad una formulazione dell’equazione di bilancio che
faccia uso delle seguenti variabili adimensionali:
S* =
[S ]
[S 0 ]
r* =
e
r
R
Si ottiene dunque la nuova equazione:
d 2 S * 2 dS *
vR 2
S*
2
+
=
= 9 ⋅φ ⋅
dr *2 r * dr * DeS ⋅ [S 0 ]
1+ β ⋅ S*
dove vanno definiti i parametri adimensionali:
e
modulo di Thiele
φ=
R Vm K m
3
DeS
parametro di saturazione
[
S0 ]
β=
e le corrispondenti condizioni al contorno:
Km
S
*
r *=1
Cinetica enzimatica - 3
=1
e
dS *
dr *
=0
r *= 0
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Il quadrato di φ ha il significato fisico di una velocità di reazione del primo ordine divisa
per una velocità di diffusione; il parametro β fornisce una misura di quanto la cinetica
effettiva si scosta da una cinetica del primo ordine (p. es., elevati valori di β indicano
una cinetica prossima all’ordine zero).
In presenza di limitazioni legate alla diffusione, la velocità di consumo di substrato può
essere espressa in termini di fattore di efficienza:
Vm ⋅ [S ]
v =η⋅
K m + [S ]
Per una reazione di ordine zero ( β→∞ ), η≈ 1 in un ampio intervallo di valori del
modulo di Thiele (1<φ<100); per reazioni del primo ordine (β→0), il valore del fattore
di efficienza risulta approssimato dalla seguente espressione per elevati valori di φ:
η=
3  1
1
⋅
− 
φ  tanh φ φ 
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Evidentemente, in presenza di limitazioni legate alla diffusione, i parametri cinetici
sono valutabili come parametri apparenti; per ottenere i corrispondenti valori intrinseci
effettivi, bisogna limitare gli effetti della diffusione con alcuni accorgimenti, ad
esempio riducendo le dimensioni delle particelle di supporto, elevando il grado di
agitazione della massa fluida e la concentrazione di substrato.
In generale, le particelle di supporto catalitico devono essere quanto più piccole
possibile, compatibilmente con le esigenze di resistenza meccanica e le necessità di
recupero.
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Per quanto concerne il contenuto di enzima, una elevata concentrazione all’interno del
supporto comporta alti valori di attività per unità di volume ma riduce l’efficienza η.
Al fine di massimizzare le velocità di conversione, le dimensioni delle particelle
catalitiche dovrebbero essere piccole (dp ≤ 10 µm) e il carico di enzima andrebbe
adeguatamente ottimizzato.
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