SIEDP JOURNAL CLUB
IPOFISI
Maggio 2012
SIEDP Journal Club Ipofisi
Late-Onset Familial Neurohypophyseal Diabetes Insipidus Due To A Novel
Mutation In The Avp Gene.
Jendle J, Christensen JH, Kvistgaard H, Gregersen N, Rittig S.
Clin Endocrinol (Oxf). 2012 Apr 23.
A cura di Anna Grandone, Dipartimento di Pediatria, Azienda Universitaria
Ospedaliera della Seconda Università degli Studi di Napoli, Napoli
Il diabete insipido centrale familiare è una patologia prevalentemente a trasmissione
autosomico dominante che si presenta con poliuria e polidipsia nella prima infanzia.
Tale condizione è dovuta ad una progressiva diminuzione della capacità di
neurosecrezione dell’ormone antidiuretico (AVP). Nella maggior parte dei casi è
presente una mutazione di un allele del gene codificante l’AVP. Sono state descritte
ad oggi circa 68 mutazioni diverse in 100 famiglie, ma a dispetto dell’eterogeneità
genetica, il fenotipo è piuttosto costante.
Una delle spiegazioni patogenetiche più condivise è che la progressiva perdita della
capacità di secernere AVP sia dovuta all’accumulo nel reticolo endoplasmatico delle
cellule di proteine precursori dell’ AVP non correttamente ripiegate che conducono
alla degenerazione neuronale.
Nello studio che riporteremo viene descritta una grande famiglia di origine SvedeseNorvegese con diabete insipido centrale familiare ad esordio sorprendentemente
tardivo.
I pazienti: Sono stati studiati 6 pazienti con storia di poliuria e polidipsia ad esordio
nell’adolescenza di una famiglia comprendente 22 persone di 6 generazioni. I
pazienti sono stati sottoposti a test di deprivazione idrica, infusione di soluzione
ipertonica se necessario e RMN della regione ipotalamo-ipofisaria.
E’stato sequenziato il gene dell’AVP in tutti i pazienti.
Risultati: la diagnosi di diabete insipido centrale è stata posta nei 6 probandi, e il
fenotipo è risultato segregare nella famiglia con modalità autosomico dominante.
Nei 6 pazienti è stata documentata l’assenza alla RMN dello spot iperintenso
ascrivibile alla neuroipofisi; uno dei pazienti studiati presentava un deficit parziale di
AVP. L’ età media di esordio della sintomatologia nei 6 probandi, e negli altri membri
della famiglia ricostruita attraverso intervista personale, è risultata
sorprendentemente tardiva, pari a 14,8 anni. Nei pazienti affetti è stata riscontrata
una nuova mutazione nel gene dell’AVP (g.1848C>T) risultante in una sostituzione
p.Pro84Leu nella proteina precursore dell’AVP.
Discussione: lo studio descrive una nuova mutazione del gene dell’AVP che causa
una forma di diabete insipido centrale familiare ad esordio tardivo. Varie ipotesi per
spiegare tale fenotipo sono possibili.
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La mutazione descritta, come altre che interessano la regione precursore della
proteina, probabilmente causa un’alterazione nella dimerizzazione della proteina
stessa. Un’ipotesi che potrebbe spiegare l’esordio tardivo del fenotipo è che la
mutazione descritta causi un difetto più lieve della dimerizzazione che
permetterebbe un certo grado di processamento della proteina precursore.
Un'altra mutazione causante un difetto della dimerizzazione è stata descritta
(pVal67Ala), ed è l’unica ad essere stata associata ad un’incompleta penetranza del
fenotipo, anche se purtroppo non sono noti dati riguardo l’età di insorgenza della
patologia in tale famiglia.
Altre due mutazioni sono state descritte in famiglie con età di esordio dei sintomi
variabile, nella regione terminale del peptide (p.Ala19Thr e pAla19Val), ma le stesse
sono state riscontrate in famiglie con esordio precoce della sintomatologia.
Quindi un’ipotesi suggestiva è che altre varianti genetiche possano influire
sull’effetto della mutazione nelle singole famiglie. Tali varianti potrebbero
influenzare ad esempio il sistema di regolazione del reticolo endoplasmatico, il
numero di neuroni magnocellulari durante lo sviluppo del sistema nervoso o la
sensibilità renale all’AVP.
Il presente studio aggiunge un tassello alla conoscenza della patofisiologia del
diabete insipido centrale familiare suggerendo che una complessa interazione tra
vari meccanismi di regolazione potrebbe giocare un ruolo nel manifestarsi
dell’effetto fenotipico di differenti mutazioni del gene dell’AVP.
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Three-Year Efficacy and Safety of LB03002, a Once-Weekly Sustained-Release
Growth Hormone (GH) Preparation, in Prepubertal Children with GH Deficiency
(GHD)
Ferenc Pe´ ter, Martin Bidlingmaier, Conrad Savoy, Hyi-Jeong Ji, and Paul H. Saenger
J Clin Endocrinol Metab, February 2012, 97(2):400-407
A cura di Giulio Maltoni, U.O. Pediatria Specialistica, Dipartimento della salute della
Donna del Bambino e dell’Adolescente, Azienda Ospedaliero-Universitaria S.OrsolaMalpighi, Bologna
Background: Le formulazioni di ormone della crescita attualmente disponibili per il
trattamento dei soggetti con deficit di GH prevedono l’impiego di somministrazioni
sottocutanee giornaliere. Questa modalità comporta notevoli problemi di aderenza
alla terapia da parte di bambini e adulti che necessitano di tale trattamento. Studi
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basati sull’utilizzo di formulazioni bi/quadrisettimanali hanno mostrato un tasso di
crescita ridotto paragonato ai regimi terapeutici giornalieri. LB03002 è una nuova
formulazione di GH da somministrare una volta alla settimana. Buoni risultati
sembrano essere stati ottenuti in studi condotti su adulti e su popolazioni
pediatriche. Il presente studio valuta l’efficacia del trattamento settimanale in
soggetto prepuberi con deficit di GH a 3 anni dall’inizio del trattamento.
Lo studio: è uno studio randomizzato, controllato, in fase II/IIIa che ha coinvolto 11
centri europei per un totale di 51 soggetti arruolati. I pazienti erano prepuberi, con
altezza alla diagnosi  –2 SDS, velocità di crescita  –1 SDS, picco di GH 7 mg/L in 2
differenti test di stimolo.
I pazienti sono stati randomizzati in quattro gruppi per:
1. GH giornaliero al dosaggio di 0.03 mg/kg/die per i primi 2 anni e poi LB03002
al dosaggio di 0.5 mg/kg
2. LB03002 al dosaggio di 0.2 mg/kg per il primo anno e poi LB03002 al dosaggio
di 0.5 mg/kg
3. LB03002 al dosaggio di 0.5 mg/kg per tutto lo studio
4. LB03002 al dosaggio di 0.7 mg/kg per il primo anno e poi LB03002 al dosaggio
di 0.5 mg/kg
Risultati:
- Velocità di crescita e guadagno staturale: aumentati in tutti i gruppi, però
significativamente più bassi nel gruppo a dosaggio 0.2mg/kg/w. Dopo il
passaggio al dosaggio di 0.5mg/kg/w nessuna più differenza è stata segnalata
- Età ossea: nessuna differenza statistica nell’avanzamento dell’età ossea nei 4
gruppi
- IGF1 SDS: incremento in tutti i gruppi, meno in quello a dosaggio 0.2mg/kg/w.
- Nessuna significativa differenza nell’omeostasi glucidica
Commento: Lo studio è il primo che documenti l’efficacia e la sicurezza di un
trattamento con formulazione di GH a somministrazione settimanale a 3 anni di
follow up.
I punti di forza sono rappresentati dal confronto con terapia tradizionale giornaliera
e tra i vari sottogruppi con diverso dosaggio del farmaco LB03002.
Rimane auspicabile la possibilità di avere follow up più lunghi per poter meglio
comprendere le conseguenze che questo regime terapeutico meno ”fisiologico” (alte
dosi una volta alla settimana vs più basse ma quotidiane) possa comportare
sull’organismo.
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Screening of LHX2 in patients presenting growth retardation with posterior
pituitary and ocular abnormalities.
Quentien MH, Delemer B, Papadimitriou DT, Souchon PF, Jaussaud R, Pagnier A,
Munzer M, Jullien N, Reynaud R, Galon-Faure N, Enjalbert A, Barlier A, Brue T.
Eur J Endocrinol. 2012 Apr 24. [Epub ahead of print]
A cura di Andrea Secco, SC Pediatria, Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio e C.
Arrigo, Alessandria
La ricerca nell’uomo di mutazioni geniche responsabili di un fenotipo simile
nell’animale da esperimento ha avuto un ruolo significativo nell’identificazione di
geni responsabili di displasia setto-ottica o altre forme di difetti ipofisari combinati
(CPHD) di natura sindromica (HESX-1, SOX2, SOX3, OTX2, GLI2).
Le alterazioni di Lhx2, un membro della famiglia LIM di geni homeobox, nel modello
murino possono essere alla base di un fenotipo severo caratterizzato da anoftalmia,
atrofia cerebrale, assenza dei lobi ipofisari posteriore ed intermedio, CPHD, fibrosi
epatica e morte intrauterina per anemia grave da difetto dell’eritropoiesi. Scopo di
questo studio è la ricerca di mutazioni dell’omologo umano LHX2 in soggetti affetti
da displasia setto ottica, quadro che riflette parzialmente il fenotipo del topo Lhx2 -/. L’analisi di LHX2 ha tuttavia evidenziato nei 59 soggetti in studio (di cui due casi
familiari) soltanto alcuni polimorfismi, per cui gli studi funzionali hanno escluso
un’azione patogenetica.
Questi risultati in prima analisi confermano che è attualmente possibile identificare
una causa genetica in una percentuale molto ridotta di soggetti con displasia setto
ottica; peraltro, questa percentuale verrebbe quasi sicuramente influenzata in
minima parte dalla eventuale scoperta di un ruolo eziologico di LHX2. D’altro canto
questi dati sollevano anche la questione riguardante la selezione dei criteri clinici
per avviare gli studi genetici in soggetti affetti da displasia setto ottica (o per la
patologia ipofisaria congenita in generale), specie al di fuori dei protocolli
sperimentali. Al momento attuale, infatti, sembrerebbe ragionevole effettuare le
analisi genetiche nei casi familiari ed in quei casi in cui ad esempio la severità del
quadro clinico (es. CPHD sindromico) imponga una consulenza genetica accurata
nell’ambito delle famiglie di soggetti affetti prima di intraprendere una gravidanza.
Qualora poi vi sia l’indicazione ad avviare l’analisi genetica, la selezione dei geni da
studiare rappresenta un ulteriore challenge, che deve tenere conto della
combinazione degli elementi fenotipici alla base del quadro clinico confrontandoli
con i casi descritti in letteratura. In particolare, per quanto riguarda LHX2, gli Autori
suggeriscono la possibile utilità di rivalutare questo gene in soggetti che alla
patologia ipofisaria, oculare e/o del sistema nervoso centrale, associno anche un
quadro di anemia per cui non siano rilevabili altre cause note.
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