Guida alle erbe spontanee di Torre di Lama Riconoscere

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Istituto di Istruzione Superiore Einaudi-Grieco
Sede di Torre di Lama
Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera
Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale
Guida alle erbe spontanee
di Torre di Lama
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“I Quaderni dell’Alberghiero”
Anno scolastico 2013/2014
Numero 1
Prof. Marco Di Giovanni
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Riconoscere, raccogliere e …gustare
“A TE……..
dolce terra dai
colori e profumi
indimenticabili……….
……..TORRE DI LAMA”
“Cibo per la mente è la ricerca,
cibo per il cuore sono le sensazioni,
cibo per l’anima è la vita tutta;
non si divida mai la mente dal cuore
se si vorrà saziare l’anima………”
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Cleonice Parisi
Riflessioni
Il lavoro che qui presentiamo è dedicato al luogo che ci ha accolto, diversi anni
orsono, con un sorriso. TORRE DI LAMA.
A distanza di circa tredici anni, la nostra scuola sarà trasferita a Foggia ed è naturale
l’affiorare di ricordi. Molti sono i ragazzi che si sono succeduti, come molti sono i
docenti che hanno prestato la loro opera presso questa sede. Tanti sono stati i
momenti in cui abbiamo desiderato una ubicazione più idonea, visto il continuo
crescere di ragazzi iscritti; tuttavia, avviandoci, ormai, verso la fine della nostra
permanenza in questo luogo, siamo assaliti dalla nostalgia.
Con grande emozione, il ricordo va ai momenti di allegria vissuti con i ragazzi,
durante le varie manifestazioni che hanno sempre lasciato in noi quell’energia utile al
superamento delle difficoltà, dovute alla lontananza della scuola dal centro urbano e
della fatica profusa.
L’edificio scolastico, circondato da alberi e verdi siepi, ha permesso di vivere
giornate all’insegna della tranquillità e di ospitare anche personalità illustri. Le nostre
lezioni, spesso , sono state allietate dal cinguettio di uccellini o dal gracidare delle
cicale. Ci siamo soffermati a osservare i cambiamenti della natura intorno a noi,
vivendo l’avvicendarsi delle stagioni, scoprendo i colori e i profumi di fiori e erbe
spontanee, facilmente reperibili anche in altri luoghi ma che, per noi, hanno sempre
rappresentato una ricchezza, un dono della nostra terra. Il vivere quotidianamente in
questo luogo, lontani dalla città, ci ha permesso di instaurare rapporti sereni sia tra gli
adulti sia tra i discendi, facilitando così l’interazione.
A conferma di quanto detto, ci basta guardare i visi dei nostri allievi, ben lieti di
condividere con noi parte della loro vita.
Da tutto ciò, l’idea di raccontare e ricordare TORRE DI LAMA, attraverso una
raccolta di ricette realizzate con i prodotti che spontaneamente si offrono a noi.
Un grazie particolare a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di tale
lavoro …..
ma un grazie particolare a questo luogo che ci ha dato tanto ………
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Prof.ssa Maria De Cristofaro
Premessa:
“Guida alle erbe spontanee di Torre di Lama” non vuole essere un testo di
botanica o meglio ancora di Fitoalimurgia, tanto meno un ricettario (per quanto
contenga diversi consigli culinari) è semplicemente un esercizio, un’attività proposta
ai ragazzi di Torre di Lama, per coinvolgerli in idee, progetti, ricerca, fuori dagli
schemi delle classiche lezioni e senza necessariamente arrivare ad una valutazione,
un giudizio su quanto realizzato, ma abituarli al semplice piacere del “fare”
Un aiuto per il lettore…….
Dopo una prima parte introduttiva e la scheda tecnica riassuntiva a cura della
Prof.ssa Mancini Maria Pia, docente di Scienza dell’Alimentazione, seguono le
schede sulle erbe (curate dall’alunna Maria Renzulli, classe 4ª Agrario con la
supervisione del Prof. Mario Pasqua) corredate di foto eseguite “in loco” e dopo la
raccolta, per meglio aiutare il lettore ad identificare le stesse. Ad ogni scheda sono
abbinate ricette frutto di ricerca su testi e in rete e, in alcuni casi, da proposte
elaborate in cucina durante le normali attività di esercitazione settimanale, dai docenti
della sede.
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Prof. Vito Marco Di Giovanni
Per chiarire le idee………..
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“ L'uso delle verdure spontanee quali fonte di sostentamento, soprattutto per le
popolazioni rurali è diffuso praticamente in tutte le regioni del nostro Paese.
Sull'utilità delle erbe commestibili si hanno ampie tradizioni orali e diverse
testimonianze scritte; la prima pubblicazione che affronta l'argomento sotto il profilo
scientifico è quella del medico fiorentino Giovanni Targioni-Tozzetti e risale al 1767.
L'opera tratta i rimedi mediante i quali le popolazioni, ricorrendo all'uso dei prodotti
spontanei della terra e principalmente delle verdure, riuscivano a sfamarsi durante
le carestie (era appena passata quella del 1764), le pestilenze, le guerre, le calamità
naturali, eventi, questi, che impedivano lo svolgimento delle normali pratiche
agricole. L'opera dal titolo De alimenti urgentia e sottotitolo Alimurgia, ossia modo
di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dei popoli, introduce la
locuzione alimurgia dalla quale deriva il termine fitoalimurgia che, ancora oggi,
designa lo studio delle piante a scopo gastronomico e che deriva da tre vocaboli
greci, phytón = pianta, alimos = che toglie la fame ed ergon = lavoro, attività.
Dopo TARGIONI-TOZZETTI (1767), diversi ricercatori si sono occupati di
fitoalimurgia; tralasciando quelli dell'Ottocento, nel nostro secolo e particolarmente
in coincidenza con le due guerre mondiali e l'autarchia fascista, segnaliamo
MATTIROLO (1918), RICCARDO (1921) e ARIETTI (1941). Inoltre, in relazione
alla crisi socioeconomica collegata alla seconda guerra mondiale, il prof. A.
Tukakov ha redatto una carta fitoalimurgica dell'Istria e dell'Illiria per aiutare le
popolazioni locali a superare, con le piante spontanee, le notevoli difficoltà
alimentari dovute principalmente alle ristrettezze economiche (LANZANI ABBÀ,
1960). E' interessante sottolineare che, durante l'ultimo conflitto, le truppe
statunitensi sbarcate in Italia disponevano di un manuale di fitoalimurgia,
approntato da una commissione di botanici americani, da utilizzare come prontuario
di sopravvivenza. Nello stesso periodo di stretta sussistenza, anche le nostre
popolazioni locali, a prescindere dall'apporto scientifico di questa disciplina, della
quale sconoscevano anche il nome, andavano per le campagne a raccogliere le
verdure più impensabili per rifornire la parca mensa. Furono recuperate le più
antiche tradizioni fitoalimurgiche locali, ad esempio, l'uso alimentare del Mazzacani
(Carlina hispanica Lam.) e della Cicerchia (Lathyrus articulatus L.), e ne furono
sperimentate altre, importate dagli sfollati provenienti da altre regioni, come la
commestibilità dei Guddizzuni (Arctium lappa L.).
L'impiego alimentare delle verdure spontanee è una pratica diffusa in tutta l'Italia
(ALIOTTA, 1987), ma la scelta delle piante può variare nei diversi distretti regionali;
mentre alcune specie sono ritenute mangerecce su tutto il territorio nazionale, ad
esempio il Caccialepre (Reichardia picroides (L.) Roth), altre, invece, vengono
raccolte e consumate solo all'interno di delimitate aree geografiche (GULINO,
1984).
Nella società attuale, la fitoalimurgia riveste ruoli ben diversi rispetto a quelli del
passato: non più necessità alimentare, ma puro interesse per i prodotti naturali.
Durante gli ultimi anni, diversi studiosi, quali FRANKE (1985), SOUCI (1986) e
FRITZ (1989), hanno evidenziato che le verdure spontanee contengono elevate
concentrazioni di sali minerali, proteine, un alto tasso di vitamine A e C e notevoli
percentuali di fibre, in quantità maggiori rispetto agli ortaggi coltivati. Per queste
proprietà esse risultano utili a integrare e migliorare l'alimentazione, al giorno
d'oggi particolarmente ricca di cibi a base di carne e di piatti elaborati che
favoriscono l'insorgenza delle cosiddette malattie del benessere (arteriosclerosi,
obesità, ecc.). L'introduzione nella dieta di prodotti naturali, quali le verdure, così
ricchi di fibre e di principi nutritivi ridurrebbe la richiesta, nelle farmacie e nelle
erboristerie, di correttivi alimentari, più o meno artefatti, primi fra tutti i cosiddetti
ispessenti (prodotti a base di fibre vegetali come ad esempio la comune crusca).
Le conoscenze fitoalimurgiche rendono, inoltre, possibile l'individuazione e la
conservazione dell'enorme potenziale genetico (germoplasma) delle specie
spontanee. In un'epoca nella quale i processi di selezione artificiale sono orientati
verso poche cultivar merceologicamente produttive ed imposte dalla strategia di
mercato, la salvaguardia di tale patrimonio assume un ruolo di estrema importanza.
A proposito dei rischi della monocoltura, diversi agronomi del nostro Paese, fra cui
BIANCO e PIMPINI (1990) e BRANCA (1991), stanno svolgendo accurati studi
fitoalimurgici al fine di individuare le verdure spontanee che manifestino potenzialità
alimentari, in modo da poter trarre nuove forme orticole e produrre miglioramenti
genetici (maggiore rusticità, maggiore resistenza alle malattie) nelle attuali varietà
di ortaggi, mediante incroci con le specie spontanee botanicamente affini; risultati
soddisfacenti, ad esempio, sono già stati ottenuti nel pomodoro (Lycopersicon
esculentum Miller). “
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Tratto da…http://www.dipbot.unict.it/alimurgiche/leverdure.htm
LE ERBE SPONTANEE
Prof.ssa Maria Pia Mancini
“L’ aspetto esteriore di una pianta
è solo metà della sua realtà”
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Erbe spontanee, rustiche, campestri, selvatiche, aromatiche, nomi con cui si
designano le verdure non ricavate da colture razionali ed intensive negli orti, nel
terreno dolce, leggero e caldo, con trattamento di fertilizzanti, diserbanti, irroranti,
sospetti e nocivi alla salute. In questo lavoro si parlerà di erbe selvatiche, quelle che
sono alla portata di tutti, che si trovano nei campi, sul ciglio delle strade di campagna,
nei boschi incolti, in molte zone del nostro paese dal clima mite in inverno. Da
sempre si ricorre alle erbe selvatiche, non modificate artificialmente con tutte le loro
proprietà e virtù native, per variare i menù di verdure, di contorni, per insaporire
minestre e pietanze, non solo per il loro intrinseco sapore intenso, ma soprattutto per
valori nutritivi e medicamentosi così preziosi in un tempo di inquinamento collettivo
e di salute insidiata da tanti ingredienti chimici. Le erbe spontanee rappresentano uno
dei più ricchi (ed economici) alimenti a nostra disposizione. Usate da sempre in tutte
le cucine del mondo, rischiano di venire dimenticate e quindi non più riconosciute a
causa della diffusione dell’ agricoltura intensiva e della grande distribuzione
alimentare che privilegia le verdure coltivate e le impone su larga scala. Ma rispetto a
queste ultime le erbe spontanee comportano diversi vantaggi: valori nutrizionali
elevati; minore contenuto di acqua e quindi maggiore resa quantitativa, risparmio
economico, garanzia di naturalità, stagionalità e località, facilità di riproduzione.
Molte di esse sono presenti nelle ricette della cultura contadina e, fortunatamente,
ancora utilizzate. Le parti di una pianta sono diverse: foglie, fusto, germogli, fiori,
radici, tuberi ma di ogni specie si mangiano solo alcune parti. Le piante selvatiche più
diffuse ed utilizzate in cucina, la cicoria selvatica e il tarassaco entrambe dal
caratteristico sapore amarognolo, l’ortica ricchissima di ferro, la borragine che dal
gusto ricorda vagamente il cetriolo, l’asparago selvatico caratteristico per l’ elevato
contenuto in acido urico, la bietola selvatica ed altre, sono ricche di inulina, vitamine
B, C, K, P, sali minerali, glicosidi amari e amminoacidi liberi, omega-3 e omega-6,
sostanze antinfiammatorie, purine e fibre alimentari. Le erbe spontanee, oltre che per
le loro caratteristiche nutrizionali, risultano benefiche per l’organismo in quanto prive
dei residui chimici derivanti dai concimi, dai fertilizzanti e dagli antiparassitari
utilizzati in agricoltura, ma a condizione, ovviamente, che non vengano raccolte
lungo le strade di traffico intenso: in tal caso, infatti, potrebbero contenere sostanze
altrettanto tossiche. Hanno proprietà digestive, diuretiche, depurative soprattutto per
il fegato, i reni e il pancreas, antianemiche, ricostituenti, disintossicanti,
cardiotoniche. Vanno consumate preferibilmente fresche e crude oppure lessate,
perché delicate e sensibili al calore. Sono selvatiche anche molte erbe aromatiche
usate in cucina.
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(Johann Wolfgang von Goethe)
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Quando nei secoli passati, il sale da cucina era una merce preziosa, le erbe
aromatiche e le spezie avevano un grande ruolo nel campo gastronomico e non solo.
Anche oggi che il sale è a disposizione in grande abbondanza, i sapori dati dalle erbe
aromatiche e dalle spezie sono presenti nell’alimentazione quotidiana. Le erbe
aromatiche si chiamano così perché emanano aromi gradevoli e sono sostanze
formate da olii essenziali che possono svolgere la loro massima azione di
stimolazione olfattiva quando sono fresche. Le erbe aromatiche sono indigene dell’
area mediterranea italiana, mentre le spezie in epoca romana arrivavano dall’Africa.
Le spezie che per più di un millennio erano state segno distintivo della tavola ricca,
amate e desiderate, a poco a poco scomparvero nell’Europa del XVI secolo. Le nuove
scoperte geografiche permisero una grande disponibilità di spezie ma la grande
pioggia di profumi e di sapori che investì la tavola rinascimentale provocò più tardi
una stanchezza verso di loro, cosicché le élites, soprattutto in Francia, abbandonarono
le spezie e le sostituirono con l’ erba cipollina, lo scalogno e la maggiorana, cioè erbe
povere e contadine. L’uso delle erbe aromatiche ebbe una grande diffusione in
Francia e in Italia mentre i paesi dell’Est rimasero maggiormente legati alle spezie.
Sta a noi leggere nel piatto tutte le informazioni storiche e di salute in esso contenute.
Un’ alimentazione che comprenda l’ uso sistematico delle erbe aromatiche, oltre a
migliorare la salute, facilita lo sviluppo della coscienza.
Il confine tra le erbe aromatiche ad uso culinario e piante medicinali officinali è
labile, poco individuabile, nel senso che comunque tutte le piante aromatiche sono
nello stesso tempo considerate medicinali.
Le erbe aromatiche sono alimenti accessori che sebbene non forniscano
macronutrienti, sono un’importante fonte di sostanze biostimolanti ad azione
regolatrice del metabolismo; cioè non presentano i requisiti tipici degli alimenti veri e
propri, e quindi non svolgono alcuna funzione nutrizionale; vengono infatti utilizzate
soltanto per insaporire i cibi.
Più precisamente le erbe aromatiche appartengono al sottogruppo dei “condimenti”:
sollecitano gusto e olfatto e spesso stimolano la produzione di succhi gastrici,
favorendo in tal modo la digestione. Le erbe aromatiche sono piante erbacee
appartenenti per lo più alla famiglia delle Labiate e a quella delle Ombrellifere, di cui
vengono utilizzati le sommità fiorite, le foglie e i semi. Il loro aroma è dovuto agli oli
essenziali presenti in esse: per questo motivo è preferibile utilizzarle fresche. Le erbe
aromatiche hanno da sempre integrato l’ alimentazione delle classi più povere, poi,
gradualmente, il loro uso si è allargato; una loro qualità molto apprezzata è che,
essendo prodotti naturali, crescono senza le forzature delle coltivazioni intensive.
Bisogna aggiungere che varie erbe hanno anche proprietà medicinali, dovute alla
presenza di principi attivi e, opportunamente somministrate, possono in alcuni casi
sostituire o affiancare le terapie basate sui farmaci di sintesi. E’ comunque opportuno
non sottovalutare gli effetti tossici, e la fitoterapia deve basarsi su precise conoscenze
botaniche, chimiche e farmacologiche, anche perché non tutte le parti delle piante
medicinali contengono in eguale misura le molecole attive.
Alcune erbe aromatiche sono diffuse e utilizzate in tutta Italia (prezzemolo,
rosmarino e salvia) altre invece sono talmente radicate nella cultura enogastronomica
di alcune regioni da diventarne quasi un tratto distintivo (come il basilico in Liguria o
il mirto in Sardegna).
I principi attivi presenti nelle erbe aromatiche sono i seguenti:
Oli essenziali. Evaporano a temperatura ambiente senza lasciare residui. Hanno un
aroma e un sapore intenso e vengono rilasciati sfregando parti della pianta. Esplicano
molteplici effetti, per esempio possono avere proprietà antiinfiammatorie, diuretiche
e stimolare l’ appetito. Vengono utilizzati per inalazioni. Sono presenti soprattutto
nelle Lamiacee (timo, salvia, menta, basilico, rosmarino) e nelle Apiacee (aneto,
finocchio, prezzemolo, cerfoglio, cumino).
Sostanze amare. Stimolano l’appetito, favorendo la produzione di succhi gastrici.
Piante ricche di sostanze amare sono l’assenzio, l’angelica, l’arnica, l’achillea, la
genziana amara, la salvia e l’artemisia.
Mucillagini. A contatto con l’acqua le mucillagini si gonfiano e formano un liquido
viscoso. L’infuso caldo risulta un ottimo emolliente per tossi e catarri.
Tannini. A contatto con la pelle i tannini si legano alle proteine e formano sostanze
impermeabili molto resistenti. Hanno un effetto astringente e vengono impiegati per
fare gargarismi. Ricca di tannini è l’achillea.
Flavonoidi. Sono composti chimici naturali di colore giallo, diffusi nelle piante
superiori e particolarmente conosciuti ed apprezzati per le loro proprietà salutistiche e
in particolare per la loro proprietà antiossidante. Migliorano la circolazione
sanguigna, riducono il tasso di colesterolo e sono utili per garantire l’ottimale
funzionamento del fegato, dei reni e del sistema immunitario.
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Alcaloidi. Tra i costituenti delle piante più studiati e utilizzati gli alcaloidi sono senza
dubbio le sostanze che inducono maggiori effetti sugli organismi animali. Sono molto
tossici (es. la pirrolizidina nella borragine crea problemi al fegato) ed esplicano
un’azione specifica su determinati gruppi di cellule.
Bietola spontanea
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Nome scientifico: Bieta Vulgaris,Famiglia Chenopodiacee
Nome popolare: Bieta, La jat(e)”
Come si presenta: La bietola è un’erbacea biennale con foglie grandi di colore verde brillante, a
forma di cuore, più grandi nelle piante coltivate che in quelle selvatiche. Le foglie basali sono
riunite a rosetta, hanno un lembo spatolato o lanceolato liscio, ed il picciolo è chiamato anche costa
poiché è carnoso e appiattito; varia dal bianco argento, verde, rosato o rosso, a seconda della
varietà. I fiori sono piccoli di colore verde o rossastro, con cinque petali e sono riuniti in delle
infiorescenze a spiga. La radice è fittonante, carnosa, lunga fino a 20-30 cm. nella qualità da
zucchero. Lo scapo florale, angoloso e ramificato, raccoglie i fiori piccoli, verdastri e sessili.
Ciascun fiore ha un singolo ovario uniloculare, con 5 stami e 3 stigmi. La fioritura avviene in
primavera-estate mentre i semi vengono raccolti a fine agosto. Il frutto prodotto è un glomerulo
legnoso.
Curiosità: la bietola selvatica, simile a quella coltivata, in cucina è usata come gli spinaci….. anzi,
da qualcuno è preferita perché più dolce. Contiene sali minerali, un discreto contenuto di ferro,
vitamina A e C.
Pulite i calamari,mondate le bietoline,
sbollentate velocemente, passandole poi in
acqua e ghiaccio.
Pulite i gamberi e con il carapace preparate una
bisque con aggiunta di sedano e carota.
Mescolate bietole prive di acqua e sminuzzate
con l’uovo battuto ,il parmigiano e i gamberi a
pezzetti. Con questa farcia riempite le sacche
dei calamari .Chiudete l’apertura con uno
stuzzicadenti.
Versate l’olio in una padella, e sistemateci i
calamari; dorateli dolcemente 5 minuti per
parte, bagnateli col vino, mettete il coperchio e
cuoceteli a fuoco basso per 20-25 minuti,
aggiungendo altro vino se necessario, nel
frattempo passate i pomodorini al forno .
Servite i calamari affettati e sistemati sulla
bisque di gamberi e guarnite con i pomodori e
qualche foglia di bietolina.
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INGREDIENTI PER 4 PERSONE
- 4 calamari
- 600 g di bietole
- 300 g di gamberi
- 1 uovo
- 2 cucchiai di parmigiano
- 4 spicchi di aglio
- 1 peperoncino
- 10 pomodorini
- 1 bicchiere di vino bianco secco
- sedano e carota per la bisque di gamberi
- olio
- sale
- pepe
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Calamaro ripieno di bietolina e gamberi su bisque di gamberi e pomodorini al forno. (I. Bux)
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4 fette di fesa di tacchino
2 uova medie intere
150 g. di pangrattato
30 g. di parmigiano
succo di limone
600 g.di bietole spontanee
100 g.di pecorino pugliese
pomodorini
sale e pepe
olio evo
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INGREDIENTI PER 4 PERSONE
In una ciotola sbattere bene le uova con sale e
pepe, aggiungere il succo di limone ed
immergere le fettine di fesa di tacchino chiudere
la ciotola e mettere in frigo per almeno 1 ora.
Mondate e lessate le bietole, quindi
Versare in un piatto capiente il pangrattato
mescolato al parmigiano, sollevare dall’uovo,
con una pinza o una forchetta una fetta di carne,
passarla nel pangrattato pigiando bene per fare
aderire la panatura, poi bagnarla ancora
nell’uovo e ripassarla nel pangrattato.
Terminata questa fase, posizionare tutte le
cotolette nella teglia, passare su ognuna un filo
d’olio ed infornare.
Quando inizieranno a dorare in superficie,
estrarre la teglia e girare tutte le cotolette, fatelo
almeno 2 volte questo passaggio dovranno
risultare gonfie e dorate.
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Fesa di Tacchino dorata su bietola spontanea, scaglie di pecorino pugliese e pomodorini al
forno (N. Sabatino)
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Nome Scientifico: Borago Officinalis ,Famiglia Boraginacee
Nomi Popolari: Burràgine, Vurraine, Coraggine,Erba delle Balie,Erba pelosa.
Come si presenta: pianta erbacea annuale con portamento eretto, fusto spesso, che arriva sino ad
un'altezza di 50-70 cm e cavo nel suo interno, molto ramificato e ricoperto di peli rigidi lunghi da 1
a 3 mm, con radice fittonante. Le foglie sono alterne, ovali, dure, di colore verde scuro, con i
margini ondulati, ricoperte da una densa peluria che le conferiscono un aspetto vellutato, quelle
basali sono provviste di picciolo, quelle caulinari, sono sessili (prive di picciolo) e inguainanti. I
fiori a grappolo sono di un bel colore blu violetto.
Curiosità: le foglioline tenere vengono usate crude come insalata, ma è meglio cuocerle per la
presenza di peluria, inoltre si possono anche friggere in pastella o usate in farcia per ravioli e
tortelloni. La borraggine, da sempre è stata usata come pianta medicinale per le sue proprietà
cardiotoniche, purificanti, emollienti e sudorifere.
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Borragine
Marmellata di borraggine e ricotta …un abbinamento insolito (M. Falco)
150 gr di borragine fresca
250 gr di mele sbucciate e private del torsolo
300gr di zucchero
1 bicchiere di acqua
Tagliare a fettine le mele e cuocerle in un paiolo con l'acqua.
Quando sono ben cotte e quasi sfatte si aggiunge la borragine
fresca lavata, asciugata e tagliata sottile. Continuare la cottura per
una decina di minuti prima di passare al passatutto o di frullare con
la frusta a immersione. Rimettere sul fuoco e quando riprende il
bollore aggiungere a pioggia lo zucchero. Rimestare e terminare la
cottura fino alla giusta consistenza. Versare immediatamente nei
vasetti, chiuderli, avvolgerli in un telo di lana e lasciare che la
marmellata raffreddi lentamente. Quando i vasetti sono freddi,
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e riporre in dispensa.
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dopo un paio di giorni, apporre l'etichetta specificando il contenuto
Ravioli di borragine:
Setacciate la farina sulla spianatoia, fate la fontana e versatevi le uova sbattute, un
pizzico di sale e l'olio. Amalgamate gli ingredienti quindi impastate energicamente
fino a quando la pasta sarà diventata elastica e liscia.
Una volta pronta, raccoglietela a palla, avvolgetela nella pellicola trasparente e
lasciatela riposare per circa un'ora.
Lavate la borragine e scottatela per un paio di minuti in acqua salata in ebollizione.
Scolatela, strizzatela e tritatela con la mezzaluna. In una ciotola raccogliete la ricotta,
la borragine, il parmigiano, un uovo intero e un tuorlo, noce moscata, un pizzico di
maggiorana, sale e pepe e amalgamate.
Dividete la pasta e usando la macchinetta, ricavate delle strisce sottili. Disponete sul
lato lungo della striscia dei mucchietti di ripieno delle dimensioni di una ciliegia,
ripiegatevi sopra il lembo di pasta libero e premete con le dita intorno al ripieno in
modo da far uscire tutta l'aria e sigillare bene. Formate i ravioli ritagliandoli con la
rotella dentata e adagiateli su di un canovaccio infarinato.
Tuffateli in abbondante acqua salata in ebollizione e cuocete per pochi minuti e
conditeli con burro fuso e con il formaggio grattugiato.
www.gamberorosso.it
Strudel di borragine e salsiccia:
Pulire la borragine e lessarla in poca acqua salata, scolare, sminuzzare e saltare in
padella con olio , aglio e prezzemolo. Togliere dal fuoco e aggiungere un formaggio
tenero tipo fontina e salsiccia sbriciolata. Stendere la pasta sfoglia su un panno
cosparso di farina e farcire con il composto di borragine. Arrotolare la pasta in modo
da formare uno strudel e passare in teglia unta. Cuocere in forno preriscaldato a 160°
per 45’. Servire caldo.
L.Rangoni, Ricette facili con le Erbe, De Vecchi ed.2005
Risotto di borragine:
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http://blog.giallozafferano.it
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Lavate molto bene la borragine, e tagliatela grossolanamente.
Soffriggete l’aglio con qualche cucchiaio d’olio e un po’ di peperoncino e unite la
verdura appena scolata. Salate e fate appassire leggermente.
Unite il riso e fate insaporire. Procedete come per un classico risotto aggiungendo il
brodo bollente man mano che si asciuga, sempre mescolando.
A cottura ultimata potete mantecare con del caciocavallo grattugiato o cubetti dello
stesso formaggio.
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Nome scientifico: Reichardia picroides Famiglia Compositae
Nomi Popolari: Caccialepre, Caccialebbra
Come si presenta: Pianta erbacea perenne alta 20 - 40 cm. Ha una radice piuttosto grossa e
apparentemente legnosa da cui emerge in primavera un fusto semplice, o spesso biforcato. Le foglie
della rosetta basale sono di forma variabile, glabre, glauche, tenere, carnose e di forma intera o
lobata, pennata, ovato-lanceolata. Le foglie del caule sono lanceolate oblunghe, sessili,
amplessicauli e intere, le superiori ridotte. Alla frattura fuoriesce un lattice bianco appiccicoso.
Curiosità: pianta comune in tutta Italia, ha foglie commestibili crude in insalata o cotte; anche la
radice è commestibile.
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Latticina
La rosetta va troncata a livello del terreno con un coltello in modo da non
ledere la radice. Il taglio provoca la fuoriuscita di una modesta quantità di latice
bianco e dolciastro (cosa che le ha procurato anche il nome di “latticino”); questo per
contatto annerisce la pelle, ma è innocuo e può essere facilmente rimosso con olio. In
cucina si utilizza la rosetta basale quando è giovane e verde, cioè prima che la pianta
emetta lo scapo fiorale. Le foglie più tenere, che entrano a far parte del cosiddetto
“mischietto caninese”, si possono mangiare per quasi tutto l’arco dell’anno, crude in
insalata, meglio se insieme ad altre erbe selvatiche, a comporre la tradizionale
misticanza, condite con semplice olio extravergine d’oliva di produzione locale e
sale, oppure con una salsa di acciughe come quella che si usa con le puntarelle
romanesche. In alcune località queste rosette basali vengono anche incluse nel
gruppo di erbe utilizzate per fare le zuppe vegetali caserecce, come l’acquacotta della
Tuscia o la zuppa viterbese di “gialloni con le erbarelle”. Una volta sbollentata questa
erba può essere ripassata in padella con aglio e pomodoretti. I bocci dei fiori quando
sono ancora chiusi in passato venivano anche utilizzati al posto dei capperi.
http://tusciaintavola.tusciamedia.com
Caccialepri in insalata:
Mondate i caccialepri, lavateli accuratamente in più acque, sgocciolateli e
spezzetateli, quindi poneteli in una insalatiera. Dissalate 3 acciughe sotto sale per 500
grammi di caccialepre, tritatele grossolanamente e unitele all’insalata. Condite con
olio e aceto e fate riposare per almeno 4 ore. Regolate di sale e servite
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D.Guaiti, La Grande Cucina Regionale Italiana, Le Marche. Gribaudo 2010
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Nome scientifico: Sonchus asper Famiglia Asteracee
Nomi Popolari: Crespino, Cicerbita, Cacign.
Come si presenta: Le foglie basali picciolate,riunite dapprima in rosetta, sono molli, opache, di
forma molto variabile da lanceolate a roncinate, a triangolari, lamina a contorno ± spatolato
grossolanamente lobate o incise, quelle del caule più ridotte, sono sessili, amplessicauli con
orecchiette talvolta acute alla sommità e spesso con nervatura rossastra.
Curiosità: Secondo la medicina popolare questa pianta può essere usata come impacco contro le
ferite e foruncoli epidermici. Le foglie sono commestibili sia crude che cotte in insalate, minestre,
frittate e ripieni.
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Crespino
Timballo di crespino e acetosella con salsa di piselli
Mondare e lavare l’acetosella e il crespino, sbianchire le erbette in acqua salata
acidulata e raffreddarle in acqua e ghiaccio. Scolarle, strizzarle, tritarle e saltarle in
padella con olio , scalogno, sale e pepe. Unire la ricotta infornata, albume d’uovo,
mollica di pane grattugiata e regolare di gusto. Imburrare gli stampini a forma di
goccia e riempirli con il composto, mettere in forno preriscaldato a 160°C e cuocere
per circa 10 minuti. Sgranare i piselli e cuocerli in acqua salata, scolarli, passare ¾ al
frullatore con olio , acqua di cottura, sale e pepe. Spezzettare i piselli rimasti, tritare
l’origano fresco e l’aglio e unire tutto alla crema. Lavare i pomodori, immergerli in
acqua bollente salata per dieci secondi e raffreddarli in acqua e ghiaccio. Pelarli,
tagliarli a spicchi eliminare i semi e insaporire le falde in padella con olio sale e pepe.
Snocciolare le olive nere e tagliarle a striscioline. Versare la crema di piselli a
specchio sui piatti, sistemare al centro i timballi, guarnire con falde di pomodoro,
olive nere e origano e finire con olio e pepe macinato fresco.
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S.Mei, R.Boscolo Né carne nè pesce, Istituto Superiore Arti culinarie, Venezia 1997
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Nome Scientifico: Lactuca scariola Famiglia Asteracee
Nomi Popolari: Scarola
Come si presenta: Pianta erbacea annua o biennale con fusto verde o violaceo, ha foglie lanceolate
dentate color verde scuro. Le sue infiorescenze a pannocchie contengono fiori gialli raccolti in
capolini che producono acheni nerastri con una piumetta nerastra.
Curiosità: Pianta comune dei campi incolti, dal gusto amarognolo; nel medioevo si estraeva il
lattice dalle foglie e utilizzato come anestetico.
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Lattuga selvatica
Finocchio selvatico o Finocchietto
Bonifacio Tancredi “avvolto” in un mare di “Ferula comune”
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Nome Scientifico: Foeniculum vulgare Famiglia Umbrellifere
Nome Popolari: Finocchietto
Come si presenta: Pianta erbacea perenne, a volte biennale, rizomatosa, con fusti eretti, ramificati,
alti fino a 150 cm. Le foglie sono 3-4 pennatosette, divise in lacinie quasi capillari. I fiori gialli sono
riuniti in ampie ombrelle. Il frutto è un achenio molto aromatico.
Curiosità: In cucina i frutti (detti semi) raccolti in estate, si abbinano in genere con le carni grasse.
I giovani getti e le foglie fresche sono indicate per aromatizzare insalate, piatti di pesce, salse e aceti
aromatici. Il finocchietto selvatico (raccolto a fine inverno, utilizzando solo la parte tenera e le
foglie filiformi) si usa in Sicilia per la preparazione della pasta con le sarde. Ha proprietà
depurative, tonico-aperitive, carminative, antispasmodiche.
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Finocchietto
Pasta con le sarde:
Mettete a bollire la pentola in cui cuocerete la pasta con il finocchio selvatico.
Lavate e asciugate i filetti di sarda, pelate e tritate l'aglio e mettete in ammollo le
uvette. Con gli oli fate tostare i pinoli e rosolare lo spicchio di aglio. Unite le sarde,
se volete tenetene da parte 1 a testa da servire fritta in accompagnamento al piatto.
Mescolate sino a che le sarde si saranno disfatte completamente e i pinoli tostati;
Unite lo zafferano, il colore migliora e anche il profumo.... Aggiungete le uvette
strizzate e mescolate ancora. Estraete il finocchio selvatico, salate l'acqua e buttate la
pasta. Tagliate a dadini i pomodori e aggiungeteli al sugo di sarde. Infarinate e
friggete le sarde di contorno in un padellino piccolo fate rosolare il pane con due
cucchiai di olio e un pizzico di sale: serve a far aderire meglio il sugo. Colate la pasta
e unitela al sugo, assieme al pane tostato. Sistemate le sarde sopra la pasta, salate e
portate in tavola subito.
C. Todaro, la Pasta siciliana, Martin e C.1997
Paccheri al ragù di calamari, sarde e finocchietto selvatico:
Sedano, carota, scalogno tritato e stufato con olio e acqua e peperoncino fresco.
Taglio i calamari a pezzi piccoli e li metto nel trito stufato e faccio andare 2 minuti.
Tolgo i calamari e li trito nel mixer 10 secondi. Nel fondo di cottura metto pomodori
maturi o passata con concentrato, rimetto nel sugo i calamari tritati e faccio
restringere il sugo. Aggiungo il finocchietto a pezzetti e aggiusto di sale e pepe.
Prendo delle alici pulite e le taglio a pezzetti. Scolo la pasta quando mancano 3
minuti e la manteco nella padella del sugo, alzo la fiamma e la salto con acqua di
cottura. Quando manca 1 minuto metto le alici e finocchietto, capperi e scorza di
limone. Spengo la fiamma e salto il tutto con un pezzetto di peperoncino fresco.
http://www.petitchef.it
Liquore al finocchietto:
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http://guidecucina.pianetadonna.it
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Cominciate la preparazione, lavando accuratamente i fusti e le foglie del vostro
mazzetto di finocchietto e distaccatene i semi che andrete poi a macinare. In seguito,
mettete i fusti, le foglie e i semi pestati all’interno di un recipiente a chiusura
ermetica e aggiungete l’alcool a 95°. Chiudete e lasciate macerare per non meno di 30
giorni, disponendo il recipiente in un luogo fresco e, di tanto in tanto, avendo cura di
agitarlo delicatamente per facilitare il rilascio delle essenze.
Cavatelli con crema di zucca, scampi e finocchietto selvatico (M. Trigiani)
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Filetto di spigola al finocchietto, in crosta di patate e caponata di verdure (M. Trigiani)
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Nome scientifico: Sinapis campestris Famiglia Crucifere
Nomi popolari: ‘marascjulë’, rapa selvatica
Come si presenta: Erba con fusto eretto, ramificato con foglie basali disposte a rosetta, spicciolate e
dentate. I fiori bianchi sono raccolti in grappoli di colore bianco; hanno quattro petali.
Curiosità: Appartenente alla stessa famiglia della senape, il marasciuolo viene molto usato nella
cucina pugliese per via del sapore amarognolo molto simile a quello delle cime di rapa; tuttavia di
queste si raccolgono solo le foglie più tenere e sempre prima della fioritura.
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Marasciuolo
I marasciuoli non sono altro che la pianta della senape selvatica, dal sapore molto
simile alle cime di rapa, per questo motivo molto apprezzate in Puglia.
Pesto di Marasciuoli
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Ingredienti : 500 g di senape selvatica già pulita, Olio extra vergine di oliva q.b.
uno spicchio d’aglio, un peperoncino.
Preparazione :lessa la verdura in acqua bollente per circa otto minuti, minuto più,
minuto meno. Una volta lessata, immergi la verdura in acqua fredda, questo
passaggio servirà a mantenere integro il colore verde brillante delle foglie. Una volta
raffreddata ponila in un contenitore, aggiungendovi un pizzico di sale, pochissimo
aglio, e del peperoncino. Versa a questo punto dell’acqua, possibilmente di fonte, ne
basterà un buon bicchiere, e con un frullatore ad immersione lavora sino ad ottenere
una giusta consistenza. Usa questa salsa per condire la pasta. Una volta condita
aggiungi pure un filo d’olio extravergine. Come avete notato, in questa preparazione,
non vi è il passaggio dell’aglio imbiondito nell’olio caldo. Servirà ad ottenere un
piatto ancora più leggero e gradevole adatto a chi ama una dieta leggera ed
equilibrata.
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Nome scientifico: Brassica rapa sylvestris Famiglia: Brassicace
Nomi popolari: Cime ‘’d mammarell’’, strascinata, broccoletti, ‘’friariell’’
Come si presenta: È una pianta erbacea annuale, con apparato radicale abbastanza superficiale,
fittonante nella fase giovanile e successivamente fascicolato. Il fusto è molto corto e su di esso è
inserita una rosetta di foglie picciolate, in cui le foglie basali sono lunghe anche oltre 50 cm e larghe
20 cm, quelle più in alto sono man mano più piccole, il fiore è tipico delle Brassicacee è costituito
da quattro petali gialli, nelle cime di rapa si consumano le infiorescenze ancora chiuse.
Curiosità: Nonostante sia un ortaggio tipicamente italiano,la cima di rapa è consumata in tutto il
mondo, perfino in Cina. Inoltre è un ortaggio con note proprietà antiossidanti e con un alto tasso di
sali minerali.
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Cime di Rapa
Ravioli di cefalo e bieta selvatica su passatina di cannocchie con polpette di rapa
selvatica (M. Trigiani)
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Tagliolini neri con seppia e rapa selvatica (M. Trigiani)
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Tortiglioni al pesto di cime di rapa (I. Bux)
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Nome scientifico: Eruca sativa .Famiglia Crucifere
Nomi popolari: Ruchetta selvatica, Rucl
Come si presenta: Le foglie di questa erba sono disposte alternativamente lungo lo stelo e hanno
forma oblunga di lancia; le superiori sono più strette delle inferiori. Esse hanno un odore
caratteristico e un sapore decisamente acidulo che, più lieve a primavera, si intensifica poi con
l'avanzare delle stagioni. Le foglie dell'acetosa contengono vitamine, in particolare vitamina C, e
sali minerali. Le foglie della rucola, lanceolate per forma, hanno colore verde pallido e si dipartono
da fusti glabri e molto ramificati; quelle poste alla base del cespo sono profondamente incise.
Curiosità: Pianta spontanea che si trova in abbondanza nei campi incolti e sui cigli delle strade,
ottima per l’alimentazione umana in caso di convalescenza o debolezza psicofisica, le sue foglie
sono molto apprezzate per il sapore piccante (più accennato nella varietà selvatica) infatti sono
spesso servite in insalata o per aromatizzare sughi, carni e frittate.
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Rucola
Crema di zucca con bruschetta al pomodoro e rucola:
Sciogliere il lievito di birra nel latte tiepido. Mettere in una bacinella capace la
farina, avendo cura di tenerne un poco da parte, aggiungete il lievito di birra, l’olio il
latte e il sale. Lavorare il tutto in modo da ottenere un impasto omogeneo e molto
morbido. Aggiungere il pomodoro secco, il rosmarino tritato e lo scalogno maturato.
Far lievitare la pasta, ben coperta, in luogo tiepido. Dopo un’ora a pasta lievitare
confezionare i pani, lasciarli lievitare ancora e quindi cuocerli in forno a 220°. Lavare
la zucca , tagliarla a spicchi, eliminare i semi, scavare la polpa e confezionare delle
barchette che serviranno da contenitore alla crema. Tagliare a cubetti la polpa,
stufarla in casseruola con olio, sedano cipolla e alloro e aggiungere brodo e cuocere
per 15 minuti. Unire la panna, cuocere per altri 10 minuti e regolare di sapore.
Togliere la zuppa dal fuoco, eliminare l’alloro e passare al frullatore. Tagliare a fette
il pane al pomodoro e tostarlo, lavare la rucola e tagliarla a julienne, condirla con
olio, aceto rosso sale e pepe e posizionarla sopra i crostini. Appassire le barchette di
zucca in forno a 160° per 10 minuti. Tagliare il pecorino a lamelle sottili e tostarlo in
padella. Versare la crema nelle barchette, posizionare al centro la bruschetta e
guarnire con il pecorino e fiori di zafferano.
S.Mei, R.Boscolo Né carne nè pesce, Istituto Superiore Arti culinarie, Venezia 1997
Salsa alla rucola e curry
Si tratta di una salsa ideale per condire riso lessato o pasta, adatta per coloro che
amano i sapori esotici. Per due persone stufate tre carote con olio, acqua e due
cucchiaini di curry. Quando si saranno ammorbidite, passatele nel mixer insieme ad
una manciata di foglie di rucola ed aggiungendo olio d'oliva a filo, fino ad ottenere
una salsa cremosa.
http://www.greenme.it/mangiare/
Insalata di ceci e rucola
Mescolate 250 grammi di ceci lessati con 100 grammi di foglie di rucola, una
manciata di olive verdi e due cucchiai di semi di sesamo. Condite con olio d'oliva e
con un cucchiaino di aceto di mele. A piacere potrete aggiungere anche del
prezzemolo tritato, fresco o secco.
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http://www.greenme.it/mangiare/
Risotto allo champagne e rucola
Mondate la rucola, lavatela, asciugatela, tenete da parte qualche foglia intera,
spezzettate le altre e raccoglietele in un mortaio; unite l'aglio, un pizzico di sale,
qualche bacca di pepe rosa e pestate, unendo a filo l'olio, fino a ottenere una crema.
In mancanza del mortaio potete usare il mixer. Sbucciate gli scalogni e tagliateli a
fettine sottili; fateli appassire in una casseruola con meta del burro, unite il riso e
tostatelo per un minuto circa, mescolando, finche sarà diventato traslucido. Bagnate
il riso con lo champagne (o lo spumante) e lasciatelo evaporare; continuate a cuocere
aggiungendo, a poco a poco, il brodo caldo. Prima di togliere dal fuoco, unite il pesto
di rucola e mescolate. Incorporate al risotto, a fine cottura, il burro rimasto a
fiocchetti e il grana; mescolate delicatamente e regolate di sale. Servitelo guarnito
con le foglioline di rucola intere e alcune bacche di pepe rosa pestate.
http://ricette.donnamoderna.com
Rucola, fave, pecorino e carciofi marinati
Pulire i carciofi eliminando il gambo, la parte alta delle foglie e quelle più esterne e
scure fino ad arrivare al cuore e tagliateli a lamelle sottili. Lasciateli a marinare con
olio succo di limone, sale e pepe. Lavare la rucola in acqua fredda, asciugatela bene e
delicatamente in modo da non rovinarne le foglie. Sbollentate per 2 minuti le fave in
acqua salata e raffreddatele subito in acqua fredda, scolatele e sgusciatele dalla
pellicina esterna e amara. Tagliate il pecorino a listarelle e dadini. Componete
l’insalata ponendo sopra un letto di rucola i cuori delle fave i carciofi e il pecorino.
Spolverate con pepe e servite.
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La Grande cucina Italiana, Verdure e insalate Food Editore 2008
Spuma di salmone con zucchine su pesto di rucola (N. Vescera)
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Tagliolini agli scampi, rucola e pomodorini (N. Vescera)
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Nome scientifico: Papaver Rhoeas Famiglia Papaveracee
Nomi popolari: Papavero, Papagno, paparina, Scatellon
Come si presenta: Le foglie disposte a rosetta sono di forma ovale, lunghe e portate da lunghi
piccioli profondamente lobate e dentate. I fiori sono grandi, solitari, portati da lunghi peduncoli e si
formano o all'apice del fusto o all'ascella delle foglie. Sono formati da due sepali che cadono
quando si aprono i 4 petali di colore rosso sangue che alla base di solito hanno una macchia nera.
Curiosità:Pianta molto comune spesso confusa col “papavero da oppio” con cui condivide l’effetto
sedativo ma in maniera molto più leggera. In cucina si consumano le foglie bollite e a volte saltate
in padella
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Rosolaccio
Le piante giovani e tenere, dal sapore gradevole e dolciastro, vanno raccolte all’inizio
della primavera, quando si trovano allo stadio di rosetta basale, per essere consumate
anche crude nella famosa “misticanza laziale”, però in questo stadio non sono tanto
facili da riconoscere. Se raccolte più tardivamente vanno cotte in miscuglio con altre
erbe per preparare torte salate oppure cucinate come gli spinaci, per cui vengono
utilizzate ripassate in padella con aglio, olio e peperoncino, per farne gradevoli
frittate o una buona minestra di erbe varie, ma anche per aggiungerle nel risotto e nei
ripieni dei ravioli. Tra questi ricordiamo i cascioni romagnoli. In Garfagnana il
rosolaccio si usa per la preparazione della minestrella, mentre in Liguria lo troviamo
nel gattafin e nel preboggion, in Friuli infine nel pistic. L’olio di semi di papavero,
piuttosto difficile da reperire in commercio, viene anch’esso usato a scopo
alimentare.
http://tusciaintavola.tusciamedia.com/
Minestra di papavero con lenticchie
Mettere a bagno le lenticchie per alcune ore in abbondante acqua tiepida. Portate a
ebollizione il brodo vegetale. Sbucciate e tagliate sottilmente le cipolle e le rosette di
papavero e fatele soffriggere in una padella con una noce di burro. Bagnate con il
brodo caldo, aggiungete le lenticchie e lasciate cuocere per un’ora circa, fino a
quando le lenticchie saranno tenere. A fine cottura, aggiungete il sale, unite 3
cucchiai di panna e un pizzico di pepe.
L. Rangoni, Ricette facili con le erbe De Vecchi Editore Milano 2005
Risotto con Papavero e pinoli
Lavate e tritate le rosette di papavero; mettetele in una pentola capiente con poca
acqua salata e lessatele per 10 minuti. Aggiungete il riso e cuocete aggiungendo
acqua o brodo per altri 10 minuti. Unite 20 gr. di pinoli tritati finemente e portate a
cottura il riso. Una volta pronto, condite con altri 20 gr. di pinoli, olio e formaggio
grattugiato. Mescolate e servite
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L. Rangoni, Ricette facili con le erbe De Vecchi Editore Milano 2005
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Nome scientifico: Urtica Dioica Famiglia Urticacee
Nomi popolari: Garganella
Come si presenta: Le foglie sono grandi ovate e opposte (lamina lunga 1-2 volte il picciolo),
lanceolate, seghettate e acuminate. Foglie e fusti sono ricoperti da tricomi (peli) contenenti una
sostanza urticante. Il pelo è costituito da un'unica cellula allungata con pareti calcificate, mentre la
punta è silicizzata e si riforma facilmente.
Curiosità: Pianta con innumerevoli proprietà: ricca di vitamina C e Sali minerali, antireumatica,
cicatrizzante,ottima per uso esterno per la cura dei capelli. In ambito agricolo il macerato di ortica
può essere utilizzato come antiparassitario. In cucina viene utilizzata (previa bollitura per rimuovere
i noti peli urticanti) per minestre, risotti e ripieni.
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Ortica
Polpettine di ortica, pane raffermo e pecorino(N. Sabatino)
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Frittatine di ortica in veste “Finger Food”(N. Sabatino)
Frittata di Ortica:
Ingredienti: ortiche, uova, grana, olio, pepe e sale.
Lavare le foglie di ortica,asciugarle e tritarle. Unire al trito il grana sale e pepe.
Cuocere il composto in padella anti aderente e servire caldo.
Polpette di Ortica:
Ingredienti: ortica lessata, uova,pecorino,mollica di pane raffermo, olio, sale e pepe.
In una ciotola mescolare tutti gli ingredienti, con le mani bagnate in acqua tiepida
formare delle polpettine di grandezza a piacere. Friggere in abbondante olio.
Torta salata di ortiche e prosciutto
Sbollentate le punte di ortica in acqua salata per 10 minuti. Foderate il fondo di una
tortiera con pasta brisée e mettete in forno preriscaldato a 150° per 20 minuti.
Insaporite la ricotta con sale e pepe e incorporatevi l’ortica lessata. Quando il fondo
di pasta brisée sarà cotto, stendetevi uno strato di ricotta e il prosciutto cotto tagliato a
fette sottili. Ricoprite con la besciamella e abbondante formaggio grana grattugiato
fate gratinare il tutto in forno per ½ ora a 150° e servite molto caldo.
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L. Rangoni, Ricette facili con le erbe De Vecchi Editore Milano 2005
Cardo Mariano o Cardone
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Nome Scientifico: Sylobium marianum Famiglia Asteracee
Nomi popolari: Cardone, Cardo della Madonna, Cardo Latteo
Come si presenta: L'intera pianta è glabra e spinosa. Lo scapo è robusto, striato e ramificato, con
rami eretti. Le foglie sono pennatifide, con margine ondulato e sinuato-lobato, lobi triangolari
terminanti con robuste spine. La lamina è verde glauchescente, glabra, fittamente macchiata di
bianco. Le foglie basali sono picciolate e possono raggiungere i 40 cm di lunghezza, quelle dello
scapo sono sessili e amplessicauli, più piccole e meno divise, espanse alla base in due orecchiette.
I fiori sono ermafroditi, con corolla tubulosa di colore rosso-purpureo. Sono riuniti in grandi
capolini terminali di forma globosa, rivestiti da robuste brattee. Queste hanno una base slargata che
si prolunga in un lembo patente, rigido, stretto e acuminato, provvisto di una serie di spine sui
margini e terminante con una robusta spina apicale. Le brattee tendono a curvarsi verso il basso
durante la fruttificazione. La fioritura ha luogo in piena primavera, da aprile a maggio del secondo
anno.
Curiosità: Ha foglie verde intenso con striature biancastre a bordo spinoso; i fiori spinosi
compaiono in estate. Alcune parti di queste piante, se raccolte quando sono ancora giovani,
vengono utilizzate per l'alimentazione umana (ricordano il sapore del carciofo). Tipica del
beneventano è una minestra chiamata cardone.
Cardi al gratin con pancetta biscottata (I. Bux)
Minestra di cardi
Dalla cucina marchigiana ci arriva questa gustosa minestra di cardi “in compagnia”,
dove la compagnia sono delle polpettine di carne e dei fegatini di pollo. Il risultato è
una minestra molto saporita e ricca, quasi un piatto unico, utilizzando una delle
verdure tipiche dell’inverno. Per un buon risultato usate dei cardi molto teneri e
bianchi, e che abbiano preso del gelo.
http://www.buttalapasta.it/
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Il cardone beneventano è il primo piatto tradizionale del pranzo natalizio della città
campana. Questa ricetta è una zuppa che riprende l’idea del consommé e la elabora
aggiungendo cardi uova sbattute, pollo lesso sfilettato, polpette di carne macinata e
pinoli. E’ una ricetta di origine contadina e preparata solo in questa città e in qualche
paese nel vicino Molise. La preparazione è un poco lunga (i cardi si preparano il
giorno precedente per eliminarne il sapore amaro) ed è per questo che si cucina una
volta l’anno.
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Cardone beneventano
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Nome scientifico: Cichorium Intybus Famiglia: Asteracee
Nome popolare: spuraina, circerbita, cicoria comune
Come si presenta: ha una radice grossa a fittone, i gambi ruvidi, le foglie lunghe e frastagliate e
durante la fioritura, butta dei fiorellini di azzurro intenso.
Curiosità: Pelose, di colore verde scuro spesso sono soffuse di rosso le foglie sono utilizzate in
cucina per preparare insalate sia crude che cotte, saporite, ma decisamente amare.
In passato, soprattutto nel periodo bellico, le radici tostate venivano usate come succedaneo del
caffè.
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Cicoria Selvatica
Cannelloni di Crepes con Cicorie di campo gratinate e verdure stufate:
Per le crespelle: versare la farina in una scodella e formare una fontana.
Mettervi al centro il latte, sale, noce moscata e mescolare bene. Incorporare il burro,
unire le erbette tritate e confezionare le crespelle in padella antiaderente di circa
15cm.
Per il ripieno: sbianchire le cicorie di campo in acqua bollente salata, scolarle,
strizzarle e insaporirle in padella con olio , scalogno sale pepe e noce moscata.
Tritarle a coltello, amalgamarle con la ricotta infornata passata al setaccio e il
pecorino grattugiato e regolare di gusto.
Per i cannelloni: farcire le crespelle con il ripieno, arrotolarle, tagliarle a
losanghe e cospargerle con pecorino grattugiato e burro fuso.
Lavare e mondare le carote le zucchine, i porri e le rape bianche, tagliare tutte le
verdure a tagliatella, sbianchirle per circa un minuto in acqua bollente salata e
insaporirle in padella con oli extra vergine agliato. Unire i filetti di pomodoro, il
basilico tagliato a listarelle e regolare di gusto con sale e pepe.
Sistemare i cannelloni nei tegamini ovali sopra un letto di verdure a tagliatella e
gratinare al forno.
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S.Mei R.Boscolo, Né carne né pesce, Istituto Superiore Arti Culinarie- Venezia 1997
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Nome Scientifico: Taraxacum officinale Famiglia : Asteracee.
Nome Popolare: Verdura Grassa,dente di leone, soffione, piscialetto
Come si presenta: È una pianta erbacea e perenne, di altezza compresa tra 3 e 9 cm. Presenta una
grossa radice a fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta basale di foglie munite
di gambi corti e sotterranei. Le foglie sono semplici, oblunghe, lanceolate e lobate, con margine
dentato (da qui il nome di dente di leone) e prive di stipole. Il fusto, che si evolve in seguito dalle
foglie, è uno scapo cavo, glabro e lattiginoso, portante all'apice un'infiorescenza giallo-dorata, detta
capolino. La fioritura avviene in primavera ma si può prolungare fino all'autunno.
Curiosità: Il tarassaco è usato per preparare un'apprezzata insalata primaverile depurativa, sia da
solo che con altre verdure. In Piemonte, dove viene chiamato "girasole", è tradizione consumarlo
con uova sode durante le scampagnate di Pasquetta.
Anche i petali dei fiori possono contribuire a dare sapore e colore a insalate miste. I boccioli sono
apprezzabili se preparati sott'olio. I fiori si possono preparare in pastella e quindi friggere. Le tenere
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Tarassaco
rosette basali si possono consumare con soddisfazione sia lessate e quindi condite con olio
extravergine di oliva, sia saltate in padella con aglio (o ancor meglio con aglio orsino).
In molte regioni medioeuropee veniva preparata la marmellata di fiori di tarassaco.
Con le radici tostate di tarassaco si può preparare il caffè di tarassaco, un surrogato del caffè che ne
mantiene in certa misura il gusto e le proprietà digestive, in modo simile al caffè d'orzo e al caffè di
cicoria.
In orticoltura si coltivano diverse varietà mutate, da consumare come insalata e verdura.
Molte e ben note fin dall’antichità sono le proprietà medicinali del tarassaco (il suo nome deriva dal
greco “rimedio,” “guarigione”): come la maggior parte delle composite, ha proprietà digestive,
antinfiammatorie e depurative, soprattutto del fegato, ed è tradizionalmente utilizzato come
diuretico (in Francia e in alcune regioni italiane è non a caso noto come “piscialetto”). Le foglie
sono ricche di vitamine A, gruppo B, C e D, nonché di sali minerali come ferro, potassio e zinco;
erano un tradizionale rimedio per lo scorbuto e altre carenze alimentari. Ma è soprattutto la radice a
essere usata per scopi depurativi; è anche in grado di abbassare il tasso glicemico nel sangue.
Sebbene manchino studi medici approfonditi, non vi sono controindicazioni (se non la specifica
allergia alle Asteraceae / Compositae) per l’utilizzo di decotti e infusi tradizionali di tarassaco come
coadiuvante nella digestione e nei piccoli disturbi del fegato e dei reni. Il suo consumo alimentare è
indicato per tutti, anche per i bambini; tuttavia è consigliabile assumere sotto controllo medico i
suoi decotti o infusi in presenza di calcoli renali o epatici (perché potrebbe smuoverli) o di terapie
per il diabete (poiché potrebbe abbassare troppo la glicemia). Il suo lattice bianco è un rimedio
tradizionale per eczemi e verruche.
Ravioli di tarassaco all’aceto
Cospargete di sale i boccioli e lasciateli appassire per 2 ore. Bollite l’aceto e il
vino con gli spicchi di aglio e le foglie di alloro. Aggiungete i boccioli e fateli bollire
per un minuto. Scolateli e asciugateli su un panno. Metteteli in un barattolo e copriteli
con olio extravergine. Attendete un mese prima di consumarli.
L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005
Spaghetti al tarassaco
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L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005
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Cuocete gli spaghetti in acqua bollente salata; nel frattempo mettete in una
zuppiera i pomodorini tagliati in 4 spicchi, il succo di limone, il formaggio grana,
sale, pepe e olio. Quando la pasta sarà cotta, scolatela e versatela nella zuppiera;
mescolatela bene per farla insaporire, quindi aggiungete le foglioline di tarassaco
lavate e tagliate a pezzetti piccoli o a striscioline sottili. Condite con un altro po’ di
olio e servite.
Aglio Ursino
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Nome scientifico: Allium ursinum, Famiglia delle Liliaceaem.
Nome Popolare. Aglio selvatico, aglietto, erba del bracciante, aglio orsino
Come di presenta: pianta erbacea, alta circa 20-30 cm. Ha foglie lunghe, ellittiche, sostenute da
piccioli dritti, lanceolate e di un bel verde brillante che odorano intensamente. I fiori possono
giungere fino ai 30 centimetri, sono bianchi stellati, raccolti in ombrelle. Il bulbo è allungato e
biancastro.
Curiosità: Medici ed esperti di alimentazione ne riconoscono la capacitá di abbassare il tasso del
colesterolo, di purificare il sangue, di agire da antibiotico ed anti micotico disintossicando
l´organismo da parassiti (funghi e batteri nocivi) ma anche dai metalli pesanti. Oltre a ció contiene
vitamine e minerali in quantitá. L'aglio ursino è stato usato in passato come apotropaico: secondo
credenze popolari aveva il potere di scacciare spiriti maligni e streghe.
Trenette all’aglio orsino
Ingredienti: Trenette, aglio orsino un mazzetto, gamberi, olio, burro una noce, limone
una spruzzata, sale, pepe.
Preparazione: cuocere la pasta, contemporaneamente fare rosolare dei gamberi
sgusciati in un po’ di olio e una noce di burro. Aggiungere poi un mazzetto di foglie
di aglio orsino, tagliate grossolanamente, e farle appassire. Infine aggiungere una
bella spruzzata di succo di limone, un po’ di buccia grattugiata di limone e condire
con sale e pepe q.b. Scolare la pasta e condirla in padella.
www.fotofornelli.com
Ravioli di aglio orsino
Ingredienti: 180 g di ricotta, 50 g di mascarpone o crème fraîche, 50 g di parmigiano
grattugiato, ca 40 g d’aglio orsino, sale, pepe, 2 rotoli di pasta già spianata 125 g
l’uno, poca farina, 2 cucchiai d’olio di semi di girasole, 1 cucchiaio di burro.
Per il ripieno, mescolate la ricotta, il mascarpone e il parmigiano. Mettete da parte
alcune foglie d’aglio orsino per guarnire. Tritate finemente il resto e incorporatelo
alla crema di ricotta. Condite con sale e pepe. Srotolate un rotolo di pasta sul piano di
lavoro. Aiutandovi con un cucchiaio, distribuite due file di ripieno ad una distanza di
ca 7 cm. Spennellate con poca acqua la pasta attorno al ripieno. Srotolate il secondo
rotolo, spianatelo su poca farina, allargandolo in modo che risulti leggermente più
grande del primo. Appoggiatelo sul primo rotolo. Premete bene attorno al ripieno.
Aiutandovi con una rotella per pasta, ritagliate i ravioli e adagiateli su un panno
leggermente cosparso di farina. Fate cuocere i ravioli nell’acqua salata, in leggera
ebollizione, per 3 minuti. Nel frattempo, riscaldate l’olio e il burro. Estraete i ravioli
con una schiumarola, fateli sgocciolare bene e distribuiteli nei piatti caldi. Versate
l’olio e il burro. Decorate con foglie d’aglio orsino e, a piacere, terminate con una
spolverata di parmigiano. Servite subito.
(www.saison.ch)
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Raccogliete unicamente le foglie giovani e tenere, mondatele e disponetele su un
canovaccio fino a completa asciugatura. Ponete le foglie nel mixer (o meglio ancora
tritatele finemente con la mezza luna). Aggiungete olio vergine di oliva e del sale
marino bio. Riponete il tutto in vasetti a chiusura ermetica, facendo sempre
attenzione che l’olio di oliva ricopra completamente il composto. Potrete gustarlo sia
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Ricetta per la conservazione dell’aglio orsino
utilizzandolo quale condimento di insalate, minestre, riso, pasta, ecc., in questa forma
base, oppure aggiungendo un trito di pinoli e/o noci e del parmigiano grattugiato,
otterrete una variante molto interessante e un po' più aggressiva del classico pesto alla
genovese. (www.pforster.ch)
Zuppa di patate e aglio ursino
Pulite l’aglio, lavatelo, lessatelo in abbondante acqua salata, scolatelo e tagliatelo
grossolanamente. Conservate l’acqua di cottura. Fate appassire l’aglio con del burro
in una casseruola per 5 minuti. Pelate le patate, tagliatele a dadini e unitele all’aglio
per farle insaporire. Mescolate e continuate a cuocere per altri 10 minuti. Aggiungete
il brodo e fate sobbollire per un ora circa, regolando di sale. Tostate le fette di pane e
servite con abbondante pecorino, prezzemolo tritato e un goccio di olio.
L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005
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Gnocchi di patate su crema di formaggio, aglio orsino e funghi porcini (M. Trigiani)
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Nome Scientifico: Malva Silvestris Famiglia Malvacee
Nomi Popolari: Riondella, Marva
Curiosità: Pitagora sosteneva che la malva dovesse essere mangiata ogni giorno per calmare le
passioni e purificare la mente. Nell’antichità veniva usata come panacea di tutti i mali, soprattutto
per le vie respiratorie, ma anche come depurativo. Ottima contro la stipsi, la malva può essere
utilizzata quasi tutta per cucinare, con le foglie infatti si insaporiscono risotti e minestre e con i fiori
si completano gustose insalate primaverili.
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Malva
Le foglie crude molto giovani, quando sono ancora un po’ chiuse, sono ottime nelle
insalate, perché con il loro sapore dolce e gentile armonizzano perfettamente con le
altre erbe dal sapore forte. Se vengono cotte, insieme ad altre erbe selvatiche possono
entrare a far parte di zuppe, di minestre, di risotti, frittate e torte rustiche. Anche i
fiori, di un bel colore rosa-violetto, trovano impiego nelle insalate alle quali, oltre al
sapore, donano anche un simpatico tono di colore. Un tempo anche le radici, dopo
lessate, venivano utilizzate per fare gustose frittelle con la pastella di acqua e farina.
http://tusciaintavola.tusciamedia.com/
Minestra di malva
Lessate le foglie di malva in poca acqua salata dopo averle ben pulite e lavate, quindi
passatele al passaverdura. Tostate in una casseruola a bordi alti la farina con il burro e
aggiungete, a poco a poco, della passata di malva e il brodo. Quando il brodo
comincia a bollire, aggiungetevi del riso e, qualche minuto prima di spegnere il
fuoco, unite un pizzico di maggiorana e un po’ di noce moscate. Regolate di sale e
servite.
L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005
Focaccia di malva
Impastate la farina con olio sale e lievito di birra sciolto in un po’ di acqua tiepida.
Lavorate bene l’impasto e mettetelo in una teglia unta di olio. Lavate le foglie di
malva, tritatele, mettetele in una scodella e incorporate l’olio, il sale, le uova sbattute,
la cipolla finemente tritata e il formaggio. Versate questo composto sull’impasto,
pareggiatelo con l’aiuto di una forchetta e cuocete in forno caldo a 180° per 20minuti.
A cottura ultimata, aggiungete le olive e servite.
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L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005
Frittata alla Malva
Alcune foglie di Malva (anche aggiunte a foglie di Ortica e di Borragine) appena fatte
rinvenire in una pentola senza acqua e poi tagliuzzate, sono la base di una salutare e
ottima frittata verde. Per renderla più gustosa si può aggiungere alle uova sbattute un
cucchiaino di Cipolla cruda, tritata molto finemente.
http://www.fateefate.it/
Frittata di uovo di quaglia alla malva con pecorino e pomodorini:
Mondare e lavare la malva, sbianchirla in acqua bollente salata, raffreddarla in
acqua e ghiaccio e insaporirla in padella con olio, scalogno sale e pepe. Amalgamare
in una bacinella la malva con il mascarpone, erba cipollina affettata finemente e
pecorino grattugiato, unire uova e mescolare senza strapazzarle troppo. Lavare i
pomodorini, scottarli in padella e tagliarli a metà. Tagliare il pecorino a discetti alti ½
cm e larghi 6 e scottarli in padella antiaderente da ambo le parti. Scaldare sul fuoco
un padellino, unire olio e versare il composto di uova e confezionare le frittate.
Disporle al centro dei piatti, sovrapporre al centro i pomodorini e i dischi di pecorino
e decorare con foglioline di malva.
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S.Mei, R.Bodcolo Né carne né Pesce – istituto Superiore Arti Culinarie 1997 Venezia
L’insieme o una parte di tutte queste erbe
costituisce la cosiddetta “erba mista” o meglio ancora
“ 'I fòglije ammìsc'che” , costituente essenziale del
“Pancotto” o sarebbe meglio dire “Pancotti” tante sono
le possibili varianti, l’unico piatto contadino che non ha
una ricetta ufficiale. In effetti, anche senza grandi
ricerche bibliografiche, è possibile accorgersi di
quante siano le ricette semplicemente domandando in
giro “come fai il pancotto?” per catalogare mille ed una
variante. La più originale che ho trovato è
paradossalmente quella che non vuole verdure ed è di
Bonifacio Tancredi (Panecotte asselute). Ancora fanciullo tornando a casa dopo una
giornata al seguito del padre nei boschi di San Marco in Lamis, trovava come
ricompensa, un lauto pasto a base di Pancotto: Pane raffermo, olio, sale, aglio, foglia
di alloro, formaggio grattugiato. Semplice ed essenziale e a sentire Bonifacio,
buonissimo. Bonifacio mi ha anche fornito un’altra versione, più attuale, con patate,
aglio, prezzemolo, cipolla, peperoncino, qualche pomodoro, rametto di finocchietto,
alloro, cicorione, cime di rape, fagiolini e chiaramente pane, olio e formaggio
grattugiato.
Pancotto con fave, cicorie e finocchietto, Pancotto alla viestana, Pancotto con zucca
gialla e fave, Pancotto rucola e patate, Pancotto montanaro, Pancotto con verdure
miste, Pancotto fave e patate
Pancotto (N. Sabatino)
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Trovate le schede dettagliate nel “ Ricettario Antichi Sapori” – R.G. edizioni –Foggia 2002
Miscellanea di erbe spontanee
Gnocchi di semolino,polpettine di manzo, cesto di verdure miste con ceci( M. Trigiani)
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Fagottino di erbe con uovo (I. Bux)
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Seppiolina e verdure miste (M. Trigiani)
“Insolito Thè,..... zuppetta di sgombro con erbe spontanee, patate di Zapponeta e pane
raffermo di Monte Sant’Angelo profumato all’alloro”. Piatto presentato al III ° Concorso Naz.
Enogastronomico Tenuta Cavalier Pepe. Prof. Marco Trigiani, allievo E. Capparelli 5°H.
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Procedimento: sfilettare gli sgombri e con le lische preparare un fumetto. Tagliare il filetto
a dadini e marinare con olio, limone, ginepro, finocchietto e aglio. Mondare e lessare le verdure,
poi sminuzzare e saltare in padella con aglio e olio. Lessare le patate, pulire e tagliare a cubetti i
pomodori. Tagliare e tostare il pane raffermo profumato con olio all’alloro. In una tazza da the,
porre le verdure , le patate, i pomodori e lo sgombro. Servire il fumetto in una teiera ,versarlo
caldo nella tazza aggiungendo il pane raffermo.
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Ingredienti: sgombro, patate, verdura mista spontanea, pomodori, carote, sedano, cipolla,
aglio, pane raffermo, zucchine, olio evo, zeste di limone, semi di finocchietto, ginepro.
Cucina etnica ed erbe spontanee, un matrimonio possibile?
Cuscus di verdure spontanee, fave fresche e ceci.(M. Falco)
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Involtini di Brik (pasta fillo tunisina) ripieni di erbe miste, pecorino e sesamo su
salsa di peperone rosso piccante. (M. Falco)
Come nelle migliori tradizioni…i ringraziamenti. In primis, quelli doverosi al
Dirigente scolastico, Prof. Antonio Leonardo Soldo, che da presidente provinciale di
Legambiente non poteva certamente negare la realizzazione della presente opera; poi
a Bonifacio Tancredi, personale ATA; a lui è dedicata la copertina. Tra insegnanti,
ATA e alunni di Torre di Lama non è certo l’unico, capace di trovare piante
spontanee commestibili, ma la velocità con la quale individua e raccoglie le erbe è
insuperabile.
Ancora un grazie a Raffaele Nardella, assistente tecnico, esperto informatico;
non c’é aspetto di natura amministrativa, tecnico, grafica, che non passi dalle sue
preziose mani.
Un doveroso grazie ai docenti di cucina : Mario Falco, Nicola Sabatino, Marco
Trigiani, Natale Vescera e alla mia cara amica Irene Bux. Tra i tanti impegni, hanno
trovato il tempo per accontentarmi e realizzare le ricette qui presenti.
Grazie al prezioso contributo della Prof.ssa Maria Pia Mancini, docente di
Alimentazione; la scheda introduttiva sulle erbe spontanee è frutto di un attenta e
puntigliosa ricerca.
Un generico ringraziamento a tutti gli alunni che hanno collaborato, quelli delle
varie classi impegnate nelle esercitazioni di cucina, a Maria Rosa Renzulli della
4ªAgrario e ancora al piccolo Giovanni Coluccino.
Le schede tecniche sulle erbe sono tratte da:
A.A.V.V. “Erbe buone per la salute” Giunti editore 2010
A. Formenti “La Medicina dei semplici” edizioni informatore agrario 1992-2013
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Vito Marco Di Giovanni
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