Istituto di Istruzione Superiore Einaudi-Grieco Sede di Torre di Lama Servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera Servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale Guida alle erbe spontanee di Torre di Lama Pagina “I Quaderni dell’Alberghiero” Anno scolastico 2013/2014 Numero 1 Prof. Marco Di Giovanni 0 Riconoscere, raccogliere e …gustare “A TE…….. dolce terra dai colori e profumi indimenticabili………. ……..TORRE DI LAMA” “Cibo per la mente è la ricerca, cibo per il cuore sono le sensazioni, cibo per l’anima è la vita tutta; non si divida mai la mente dal cuore se si vorrà saziare l’anima………” Pagina 1 Cleonice Parisi Riflessioni Il lavoro che qui presentiamo è dedicato al luogo che ci ha accolto, diversi anni orsono, con un sorriso. TORRE DI LAMA. A distanza di circa tredici anni, la nostra scuola sarà trasferita a Foggia ed è naturale l’affiorare di ricordi. Molti sono i ragazzi che si sono succeduti, come molti sono i docenti che hanno prestato la loro opera presso questa sede. Tanti sono stati i momenti in cui abbiamo desiderato una ubicazione più idonea, visto il continuo crescere di ragazzi iscritti; tuttavia, avviandoci, ormai, verso la fine della nostra permanenza in questo luogo, siamo assaliti dalla nostalgia. Con grande emozione, il ricordo va ai momenti di allegria vissuti con i ragazzi, durante le varie manifestazioni che hanno sempre lasciato in noi quell’energia utile al superamento delle difficoltà, dovute alla lontananza della scuola dal centro urbano e della fatica profusa. L’edificio scolastico, circondato da alberi e verdi siepi, ha permesso di vivere giornate all’insegna della tranquillità e di ospitare anche personalità illustri. Le nostre lezioni, spesso , sono state allietate dal cinguettio di uccellini o dal gracidare delle cicale. Ci siamo soffermati a osservare i cambiamenti della natura intorno a noi, vivendo l’avvicendarsi delle stagioni, scoprendo i colori e i profumi di fiori e erbe spontanee, facilmente reperibili anche in altri luoghi ma che, per noi, hanno sempre rappresentato una ricchezza, un dono della nostra terra. Il vivere quotidianamente in questo luogo, lontani dalla città, ci ha permesso di instaurare rapporti sereni sia tra gli adulti sia tra i discendi, facilitando così l’interazione. A conferma di quanto detto, ci basta guardare i visi dei nostri allievi, ben lieti di condividere con noi parte della loro vita. Da tutto ciò, l’idea di raccontare e ricordare TORRE DI LAMA, attraverso una raccolta di ricette realizzate con i prodotti che spontaneamente si offrono a noi. Un grazie particolare a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di tale lavoro ….. ma un grazie particolare a questo luogo che ci ha dato tanto ……… Pagina 2 Prof.ssa Maria De Cristofaro Premessa: “Guida alle erbe spontanee di Torre di Lama” non vuole essere un testo di botanica o meglio ancora di Fitoalimurgia, tanto meno un ricettario (per quanto contenga diversi consigli culinari) è semplicemente un esercizio, un’attività proposta ai ragazzi di Torre di Lama, per coinvolgerli in idee, progetti, ricerca, fuori dagli schemi delle classiche lezioni e senza necessariamente arrivare ad una valutazione, un giudizio su quanto realizzato, ma abituarli al semplice piacere del “fare” Un aiuto per il lettore……. Dopo una prima parte introduttiva e la scheda tecnica riassuntiva a cura della Prof.ssa Mancini Maria Pia, docente di Scienza dell’Alimentazione, seguono le schede sulle erbe (curate dall’alunna Maria Renzulli, classe 4ª Agrario con la supervisione del Prof. Mario Pasqua) corredate di foto eseguite “in loco” e dopo la raccolta, per meglio aiutare il lettore ad identificare le stesse. Ad ogni scheda sono abbinate ricette frutto di ricerca su testi e in rete e, in alcuni casi, da proposte elaborate in cucina durante le normali attività di esercitazione settimanale, dai docenti della sede. Pagina 3 Prof. Vito Marco Di Giovanni Per chiarire le idee……….. Pagina 4 “ L'uso delle verdure spontanee quali fonte di sostentamento, soprattutto per le popolazioni rurali è diffuso praticamente in tutte le regioni del nostro Paese. Sull'utilità delle erbe commestibili si hanno ampie tradizioni orali e diverse testimonianze scritte; la prima pubblicazione che affronta l'argomento sotto il profilo scientifico è quella del medico fiorentino Giovanni Targioni-Tozzetti e risale al 1767. L'opera tratta i rimedi mediante i quali le popolazioni, ricorrendo all'uso dei prodotti spontanei della terra e principalmente delle verdure, riuscivano a sfamarsi durante le carestie (era appena passata quella del 1764), le pestilenze, le guerre, le calamità naturali, eventi, questi, che impedivano lo svolgimento delle normali pratiche agricole. L'opera dal titolo De alimenti urgentia e sottotitolo Alimurgia, ossia modo di rendere meno gravi le carestie, proposto per il sollievo dei popoli, introduce la locuzione alimurgia dalla quale deriva il termine fitoalimurgia che, ancora oggi, designa lo studio delle piante a scopo gastronomico e che deriva da tre vocaboli greci, phytón = pianta, alimos = che toglie la fame ed ergon = lavoro, attività. Dopo TARGIONI-TOZZETTI (1767), diversi ricercatori si sono occupati di fitoalimurgia; tralasciando quelli dell'Ottocento, nel nostro secolo e particolarmente in coincidenza con le due guerre mondiali e l'autarchia fascista, segnaliamo MATTIROLO (1918), RICCARDO (1921) e ARIETTI (1941). Inoltre, in relazione alla crisi socioeconomica collegata alla seconda guerra mondiale, il prof. A. Tukakov ha redatto una carta fitoalimurgica dell'Istria e dell'Illiria per aiutare le popolazioni locali a superare, con le piante spontanee, le notevoli difficoltà alimentari dovute principalmente alle ristrettezze economiche (LANZANI ABBÀ, 1960). E' interessante sottolineare che, durante l'ultimo conflitto, le truppe statunitensi sbarcate in Italia disponevano di un manuale di fitoalimurgia, approntato da una commissione di botanici americani, da utilizzare come prontuario di sopravvivenza. Nello stesso periodo di stretta sussistenza, anche le nostre popolazioni locali, a prescindere dall'apporto scientifico di questa disciplina, della quale sconoscevano anche il nome, andavano per le campagne a raccogliere le verdure più impensabili per rifornire la parca mensa. Furono recuperate le più antiche tradizioni fitoalimurgiche locali, ad esempio, l'uso alimentare del Mazzacani (Carlina hispanica Lam.) e della Cicerchia (Lathyrus articulatus L.), e ne furono sperimentate altre, importate dagli sfollati provenienti da altre regioni, come la commestibilità dei Guddizzuni (Arctium lappa L.). L'impiego alimentare delle verdure spontanee è una pratica diffusa in tutta l'Italia (ALIOTTA, 1987), ma la scelta delle piante può variare nei diversi distretti regionali; mentre alcune specie sono ritenute mangerecce su tutto il territorio nazionale, ad esempio il Caccialepre (Reichardia picroides (L.) Roth), altre, invece, vengono raccolte e consumate solo all'interno di delimitate aree geografiche (GULINO, 1984). Nella società attuale, la fitoalimurgia riveste ruoli ben diversi rispetto a quelli del passato: non più necessità alimentare, ma puro interesse per i prodotti naturali. Durante gli ultimi anni, diversi studiosi, quali FRANKE (1985), SOUCI (1986) e FRITZ (1989), hanno evidenziato che le verdure spontanee contengono elevate concentrazioni di sali minerali, proteine, un alto tasso di vitamine A e C e notevoli percentuali di fibre, in quantità maggiori rispetto agli ortaggi coltivati. Per queste proprietà esse risultano utili a integrare e migliorare l'alimentazione, al giorno d'oggi particolarmente ricca di cibi a base di carne e di piatti elaborati che favoriscono l'insorgenza delle cosiddette malattie del benessere (arteriosclerosi, obesità, ecc.). L'introduzione nella dieta di prodotti naturali, quali le verdure, così ricchi di fibre e di principi nutritivi ridurrebbe la richiesta, nelle farmacie e nelle erboristerie, di correttivi alimentari, più o meno artefatti, primi fra tutti i cosiddetti ispessenti (prodotti a base di fibre vegetali come ad esempio la comune crusca). Le conoscenze fitoalimurgiche rendono, inoltre, possibile l'individuazione e la conservazione dell'enorme potenziale genetico (germoplasma) delle specie spontanee. In un'epoca nella quale i processi di selezione artificiale sono orientati verso poche cultivar merceologicamente produttive ed imposte dalla strategia di mercato, la salvaguardia di tale patrimonio assume un ruolo di estrema importanza. A proposito dei rischi della monocoltura, diversi agronomi del nostro Paese, fra cui BIANCO e PIMPINI (1990) e BRANCA (1991), stanno svolgendo accurati studi fitoalimurgici al fine di individuare le verdure spontanee che manifestino potenzialità alimentari, in modo da poter trarre nuove forme orticole e produrre miglioramenti genetici (maggiore rusticità, maggiore resistenza alle malattie) nelle attuali varietà di ortaggi, mediante incroci con le specie spontanee botanicamente affini; risultati soddisfacenti, ad esempio, sono già stati ottenuti nel pomodoro (Lycopersicon esculentum Miller). “ Pagina 5 Tratto da…http://www.dipbot.unict.it/alimurgiche/leverdure.htm LE ERBE SPONTANEE Prof.ssa Maria Pia Mancini “L’ aspetto esteriore di una pianta è solo metà della sua realtà” Pagina Erbe spontanee, rustiche, campestri, selvatiche, aromatiche, nomi con cui si designano le verdure non ricavate da colture razionali ed intensive negli orti, nel terreno dolce, leggero e caldo, con trattamento di fertilizzanti, diserbanti, irroranti, sospetti e nocivi alla salute. In questo lavoro si parlerà di erbe selvatiche, quelle che sono alla portata di tutti, che si trovano nei campi, sul ciglio delle strade di campagna, nei boschi incolti, in molte zone del nostro paese dal clima mite in inverno. Da sempre si ricorre alle erbe selvatiche, non modificate artificialmente con tutte le loro proprietà e virtù native, per variare i menù di verdure, di contorni, per insaporire minestre e pietanze, non solo per il loro intrinseco sapore intenso, ma soprattutto per valori nutritivi e medicamentosi così preziosi in un tempo di inquinamento collettivo e di salute insidiata da tanti ingredienti chimici. Le erbe spontanee rappresentano uno dei più ricchi (ed economici) alimenti a nostra disposizione. Usate da sempre in tutte le cucine del mondo, rischiano di venire dimenticate e quindi non più riconosciute a causa della diffusione dell’ agricoltura intensiva e della grande distribuzione alimentare che privilegia le verdure coltivate e le impone su larga scala. Ma rispetto a queste ultime le erbe spontanee comportano diversi vantaggi: valori nutrizionali elevati; minore contenuto di acqua e quindi maggiore resa quantitativa, risparmio economico, garanzia di naturalità, stagionalità e località, facilità di riproduzione. Molte di esse sono presenti nelle ricette della cultura contadina e, fortunatamente, ancora utilizzate. Le parti di una pianta sono diverse: foglie, fusto, germogli, fiori, radici, tuberi ma di ogni specie si mangiano solo alcune parti. Le piante selvatiche più diffuse ed utilizzate in cucina, la cicoria selvatica e il tarassaco entrambe dal caratteristico sapore amarognolo, l’ortica ricchissima di ferro, la borragine che dal gusto ricorda vagamente il cetriolo, l’asparago selvatico caratteristico per l’ elevato contenuto in acido urico, la bietola selvatica ed altre, sono ricche di inulina, vitamine B, C, K, P, sali minerali, glicosidi amari e amminoacidi liberi, omega-3 e omega-6, sostanze antinfiammatorie, purine e fibre alimentari. Le erbe spontanee, oltre che per le loro caratteristiche nutrizionali, risultano benefiche per l’organismo in quanto prive dei residui chimici derivanti dai concimi, dai fertilizzanti e dagli antiparassitari utilizzati in agricoltura, ma a condizione, ovviamente, che non vengano raccolte lungo le strade di traffico intenso: in tal caso, infatti, potrebbero contenere sostanze altrettanto tossiche. Hanno proprietà digestive, diuretiche, depurative soprattutto per il fegato, i reni e il pancreas, antianemiche, ricostituenti, disintossicanti, cardiotoniche. Vanno consumate preferibilmente fresche e crude oppure lessate, perché delicate e sensibili al calore. Sono selvatiche anche molte erbe aromatiche usate in cucina. 6 (Johann Wolfgang von Goethe) 7 Pagina Quando nei secoli passati, il sale da cucina era una merce preziosa, le erbe aromatiche e le spezie avevano un grande ruolo nel campo gastronomico e non solo. Anche oggi che il sale è a disposizione in grande abbondanza, i sapori dati dalle erbe aromatiche e dalle spezie sono presenti nell’alimentazione quotidiana. Le erbe aromatiche si chiamano così perché emanano aromi gradevoli e sono sostanze formate da olii essenziali che possono svolgere la loro massima azione di stimolazione olfattiva quando sono fresche. Le erbe aromatiche sono indigene dell’ area mediterranea italiana, mentre le spezie in epoca romana arrivavano dall’Africa. Le spezie che per più di un millennio erano state segno distintivo della tavola ricca, amate e desiderate, a poco a poco scomparvero nell’Europa del XVI secolo. Le nuove scoperte geografiche permisero una grande disponibilità di spezie ma la grande pioggia di profumi e di sapori che investì la tavola rinascimentale provocò più tardi una stanchezza verso di loro, cosicché le élites, soprattutto in Francia, abbandonarono le spezie e le sostituirono con l’ erba cipollina, lo scalogno e la maggiorana, cioè erbe povere e contadine. L’uso delle erbe aromatiche ebbe una grande diffusione in Francia e in Italia mentre i paesi dell’Est rimasero maggiormente legati alle spezie. Sta a noi leggere nel piatto tutte le informazioni storiche e di salute in esso contenute. Un’ alimentazione che comprenda l’ uso sistematico delle erbe aromatiche, oltre a migliorare la salute, facilita lo sviluppo della coscienza. Il confine tra le erbe aromatiche ad uso culinario e piante medicinali officinali è labile, poco individuabile, nel senso che comunque tutte le piante aromatiche sono nello stesso tempo considerate medicinali. Le erbe aromatiche sono alimenti accessori che sebbene non forniscano macronutrienti, sono un’importante fonte di sostanze biostimolanti ad azione regolatrice del metabolismo; cioè non presentano i requisiti tipici degli alimenti veri e propri, e quindi non svolgono alcuna funzione nutrizionale; vengono infatti utilizzate soltanto per insaporire i cibi. Più precisamente le erbe aromatiche appartengono al sottogruppo dei “condimenti”: sollecitano gusto e olfatto e spesso stimolano la produzione di succhi gastrici, favorendo in tal modo la digestione. Le erbe aromatiche sono piante erbacee appartenenti per lo più alla famiglia delle Labiate e a quella delle Ombrellifere, di cui vengono utilizzati le sommità fiorite, le foglie e i semi. Il loro aroma è dovuto agli oli essenziali presenti in esse: per questo motivo è preferibile utilizzarle fresche. Le erbe aromatiche hanno da sempre integrato l’ alimentazione delle classi più povere, poi, gradualmente, il loro uso si è allargato; una loro qualità molto apprezzata è che, essendo prodotti naturali, crescono senza le forzature delle coltivazioni intensive. Bisogna aggiungere che varie erbe hanno anche proprietà medicinali, dovute alla presenza di principi attivi e, opportunamente somministrate, possono in alcuni casi sostituire o affiancare le terapie basate sui farmaci di sintesi. E’ comunque opportuno non sottovalutare gli effetti tossici, e la fitoterapia deve basarsi su precise conoscenze botaniche, chimiche e farmacologiche, anche perché non tutte le parti delle piante medicinali contengono in eguale misura le molecole attive. Alcune erbe aromatiche sono diffuse e utilizzate in tutta Italia (prezzemolo, rosmarino e salvia) altre invece sono talmente radicate nella cultura enogastronomica di alcune regioni da diventarne quasi un tratto distintivo (come il basilico in Liguria o il mirto in Sardegna). I principi attivi presenti nelle erbe aromatiche sono i seguenti: Oli essenziali. Evaporano a temperatura ambiente senza lasciare residui. Hanno un aroma e un sapore intenso e vengono rilasciati sfregando parti della pianta. Esplicano molteplici effetti, per esempio possono avere proprietà antiinfiammatorie, diuretiche e stimolare l’ appetito. Vengono utilizzati per inalazioni. Sono presenti soprattutto nelle Lamiacee (timo, salvia, menta, basilico, rosmarino) e nelle Apiacee (aneto, finocchio, prezzemolo, cerfoglio, cumino). Sostanze amare. Stimolano l’appetito, favorendo la produzione di succhi gastrici. Piante ricche di sostanze amare sono l’assenzio, l’angelica, l’arnica, l’achillea, la genziana amara, la salvia e l’artemisia. Mucillagini. A contatto con l’acqua le mucillagini si gonfiano e formano un liquido viscoso. L’infuso caldo risulta un ottimo emolliente per tossi e catarri. Tannini. A contatto con la pelle i tannini si legano alle proteine e formano sostanze impermeabili molto resistenti. Hanno un effetto astringente e vengono impiegati per fare gargarismi. Ricca di tannini è l’achillea. Flavonoidi. Sono composti chimici naturali di colore giallo, diffusi nelle piante superiori e particolarmente conosciuti ed apprezzati per le loro proprietà salutistiche e in particolare per la loro proprietà antiossidante. Migliorano la circolazione sanguigna, riducono il tasso di colesterolo e sono utili per garantire l’ottimale funzionamento del fegato, dei reni e del sistema immunitario. Pagina 8 Alcaloidi. Tra i costituenti delle piante più studiati e utilizzati gli alcaloidi sono senza dubbio le sostanze che inducono maggiori effetti sugli organismi animali. Sono molto tossici (es. la pirrolizidina nella borragine crea problemi al fegato) ed esplicano un’azione specifica su determinati gruppi di cellule. Bietola spontanea Pagina 9 Nome scientifico: Bieta Vulgaris,Famiglia Chenopodiacee Nome popolare: Bieta, La jat(e)” Come si presenta: La bietola è un’erbacea biennale con foglie grandi di colore verde brillante, a forma di cuore, più grandi nelle piante coltivate che in quelle selvatiche. Le foglie basali sono riunite a rosetta, hanno un lembo spatolato o lanceolato liscio, ed il picciolo è chiamato anche costa poiché è carnoso e appiattito; varia dal bianco argento, verde, rosato o rosso, a seconda della varietà. I fiori sono piccoli di colore verde o rossastro, con cinque petali e sono riuniti in delle infiorescenze a spiga. La radice è fittonante, carnosa, lunga fino a 20-30 cm. nella qualità da zucchero. Lo scapo florale, angoloso e ramificato, raccoglie i fiori piccoli, verdastri e sessili. Ciascun fiore ha un singolo ovario uniloculare, con 5 stami e 3 stigmi. La fioritura avviene in primavera-estate mentre i semi vengono raccolti a fine agosto. Il frutto prodotto è un glomerulo legnoso. Curiosità: la bietola selvatica, simile a quella coltivata, in cucina è usata come gli spinaci….. anzi, da qualcuno è preferita perché più dolce. Contiene sali minerali, un discreto contenuto di ferro, vitamina A e C. Pulite i calamari,mondate le bietoline, sbollentate velocemente, passandole poi in acqua e ghiaccio. Pulite i gamberi e con il carapace preparate una bisque con aggiunta di sedano e carota. Mescolate bietole prive di acqua e sminuzzate con l’uovo battuto ,il parmigiano e i gamberi a pezzetti. Con questa farcia riempite le sacche dei calamari .Chiudete l’apertura con uno stuzzicadenti. Versate l’olio in una padella, e sistemateci i calamari; dorateli dolcemente 5 minuti per parte, bagnateli col vino, mettete il coperchio e cuoceteli a fuoco basso per 20-25 minuti, aggiungendo altro vino se necessario, nel frattempo passate i pomodorini al forno . Servite i calamari affettati e sistemati sulla bisque di gamberi e guarnite con i pomodori e qualche foglia di bietolina. Pagina INGREDIENTI PER 4 PERSONE - 4 calamari - 600 g di bietole - 300 g di gamberi - 1 uovo - 2 cucchiai di parmigiano - 4 spicchi di aglio - 1 peperoncino - 10 pomodorini - 1 bicchiere di vino bianco secco - sedano e carota per la bisque di gamberi - olio - sale - pepe 10 Calamaro ripieno di bietolina e gamberi su bisque di gamberi e pomodorini al forno. (I. Bux) 4 fette di fesa di tacchino 2 uova medie intere 150 g. di pangrattato 30 g. di parmigiano succo di limone 600 g.di bietole spontanee 100 g.di pecorino pugliese pomodorini sale e pepe olio evo Pagina INGREDIENTI PER 4 PERSONE In una ciotola sbattere bene le uova con sale e pepe, aggiungere il succo di limone ed immergere le fettine di fesa di tacchino chiudere la ciotola e mettere in frigo per almeno 1 ora. Mondate e lessate le bietole, quindi Versare in un piatto capiente il pangrattato mescolato al parmigiano, sollevare dall’uovo, con una pinza o una forchetta una fetta di carne, passarla nel pangrattato pigiando bene per fare aderire la panatura, poi bagnarla ancora nell’uovo e ripassarla nel pangrattato. Terminata questa fase, posizionare tutte le cotolette nella teglia, passare su ognuna un filo d’olio ed infornare. Quando inizieranno a dorare in superficie, estrarre la teglia e girare tutte le cotolette, fatelo almeno 2 volte questo passaggio dovranno risultare gonfie e dorate. 11 Fesa di Tacchino dorata su bietola spontanea, scaglie di pecorino pugliese e pomodorini al forno (N. Sabatino) Pagina Nome Scientifico: Borago Officinalis ,Famiglia Boraginacee Nomi Popolari: Burràgine, Vurraine, Coraggine,Erba delle Balie,Erba pelosa. Come si presenta: pianta erbacea annuale con portamento eretto, fusto spesso, che arriva sino ad un'altezza di 50-70 cm e cavo nel suo interno, molto ramificato e ricoperto di peli rigidi lunghi da 1 a 3 mm, con radice fittonante. Le foglie sono alterne, ovali, dure, di colore verde scuro, con i margini ondulati, ricoperte da una densa peluria che le conferiscono un aspetto vellutato, quelle basali sono provviste di picciolo, quelle caulinari, sono sessili (prive di picciolo) e inguainanti. I fiori a grappolo sono di un bel colore blu violetto. Curiosità: le foglioline tenere vengono usate crude come insalata, ma è meglio cuocerle per la presenza di peluria, inoltre si possono anche friggere in pastella o usate in farcia per ravioli e tortelloni. La borraggine, da sempre è stata usata come pianta medicinale per le sue proprietà cardiotoniche, purificanti, emollienti e sudorifere. 12 Borragine Marmellata di borraggine e ricotta …un abbinamento insolito (M. Falco) 150 gr di borragine fresca 250 gr di mele sbucciate e private del torsolo 300gr di zucchero 1 bicchiere di acqua Tagliare a fettine le mele e cuocerle in un paiolo con l'acqua. Quando sono ben cotte e quasi sfatte si aggiunge la borragine fresca lavata, asciugata e tagliata sottile. Continuare la cottura per una decina di minuti prima di passare al passatutto o di frullare con la frusta a immersione. Rimettere sul fuoco e quando riprende il bollore aggiungere a pioggia lo zucchero. Rimestare e terminare la cottura fino alla giusta consistenza. Versare immediatamente nei vasetti, chiuderli, avvolgerli in un telo di lana e lasciare che la marmellata raffreddi lentamente. Quando i vasetti sono freddi, Pagina e riporre in dispensa. 13 dopo un paio di giorni, apporre l'etichetta specificando il contenuto Ravioli di borragine: Setacciate la farina sulla spianatoia, fate la fontana e versatevi le uova sbattute, un pizzico di sale e l'olio. Amalgamate gli ingredienti quindi impastate energicamente fino a quando la pasta sarà diventata elastica e liscia. Una volta pronta, raccoglietela a palla, avvolgetela nella pellicola trasparente e lasciatela riposare per circa un'ora. Lavate la borragine e scottatela per un paio di minuti in acqua salata in ebollizione. Scolatela, strizzatela e tritatela con la mezzaluna. In una ciotola raccogliete la ricotta, la borragine, il parmigiano, un uovo intero e un tuorlo, noce moscata, un pizzico di maggiorana, sale e pepe e amalgamate. Dividete la pasta e usando la macchinetta, ricavate delle strisce sottili. Disponete sul lato lungo della striscia dei mucchietti di ripieno delle dimensioni di una ciliegia, ripiegatevi sopra il lembo di pasta libero e premete con le dita intorno al ripieno in modo da far uscire tutta l'aria e sigillare bene. Formate i ravioli ritagliandoli con la rotella dentata e adagiateli su di un canovaccio infarinato. Tuffateli in abbondante acqua salata in ebollizione e cuocete per pochi minuti e conditeli con burro fuso e con il formaggio grattugiato. www.gamberorosso.it Strudel di borragine e salsiccia: Pulire la borragine e lessarla in poca acqua salata, scolare, sminuzzare e saltare in padella con olio , aglio e prezzemolo. Togliere dal fuoco e aggiungere un formaggio tenero tipo fontina e salsiccia sbriciolata. Stendere la pasta sfoglia su un panno cosparso di farina e farcire con il composto di borragine. Arrotolare la pasta in modo da formare uno strudel e passare in teglia unta. Cuocere in forno preriscaldato a 160° per 45’. Servire caldo. L.Rangoni, Ricette facili con le Erbe, De Vecchi ed.2005 Risotto di borragine: Pagina http://blog.giallozafferano.it 14 Lavate molto bene la borragine, e tagliatela grossolanamente. Soffriggete l’aglio con qualche cucchiaio d’olio e un po’ di peperoncino e unite la verdura appena scolata. Salate e fate appassire leggermente. Unite il riso e fate insaporire. Procedete come per un classico risotto aggiungendo il brodo bollente man mano che si asciuga, sempre mescolando. A cottura ultimata potete mantecare con del caciocavallo grattugiato o cubetti dello stesso formaggio. Pagina Nome scientifico: Reichardia picroides Famiglia Compositae Nomi Popolari: Caccialepre, Caccialebbra Come si presenta: Pianta erbacea perenne alta 20 - 40 cm. Ha una radice piuttosto grossa e apparentemente legnosa da cui emerge in primavera un fusto semplice, o spesso biforcato. Le foglie della rosetta basale sono di forma variabile, glabre, glauche, tenere, carnose e di forma intera o lobata, pennata, ovato-lanceolata. Le foglie del caule sono lanceolate oblunghe, sessili, amplessicauli e intere, le superiori ridotte. Alla frattura fuoriesce un lattice bianco appiccicoso. Curiosità: pianta comune in tutta Italia, ha foglie commestibili crude in insalata o cotte; anche la radice è commestibile. 15 Latticina La rosetta va troncata a livello del terreno con un coltello in modo da non ledere la radice. Il taglio provoca la fuoriuscita di una modesta quantità di latice bianco e dolciastro (cosa che le ha procurato anche il nome di “latticino”); questo per contatto annerisce la pelle, ma è innocuo e può essere facilmente rimosso con olio. In cucina si utilizza la rosetta basale quando è giovane e verde, cioè prima che la pianta emetta lo scapo fiorale. Le foglie più tenere, che entrano a far parte del cosiddetto “mischietto caninese”, si possono mangiare per quasi tutto l’arco dell’anno, crude in insalata, meglio se insieme ad altre erbe selvatiche, a comporre la tradizionale misticanza, condite con semplice olio extravergine d’oliva di produzione locale e sale, oppure con una salsa di acciughe come quella che si usa con le puntarelle romanesche. In alcune località queste rosette basali vengono anche incluse nel gruppo di erbe utilizzate per fare le zuppe vegetali caserecce, come l’acquacotta della Tuscia o la zuppa viterbese di “gialloni con le erbarelle”. Una volta sbollentata questa erba può essere ripassata in padella con aglio e pomodoretti. I bocci dei fiori quando sono ancora chiusi in passato venivano anche utilizzati al posto dei capperi. http://tusciaintavola.tusciamedia.com Caccialepri in insalata: Mondate i caccialepri, lavateli accuratamente in più acque, sgocciolateli e spezzetateli, quindi poneteli in una insalatiera. Dissalate 3 acciughe sotto sale per 500 grammi di caccialepre, tritatele grossolanamente e unitele all’insalata. Condite con olio e aceto e fate riposare per almeno 4 ore. Regolate di sale e servite Pagina 16 D.Guaiti, La Grande Cucina Regionale Italiana, Le Marche. Gribaudo 2010 Pagina Nome scientifico: Sonchus asper Famiglia Asteracee Nomi Popolari: Crespino, Cicerbita, Cacign. Come si presenta: Le foglie basali picciolate,riunite dapprima in rosetta, sono molli, opache, di forma molto variabile da lanceolate a roncinate, a triangolari, lamina a contorno ± spatolato grossolanamente lobate o incise, quelle del caule più ridotte, sono sessili, amplessicauli con orecchiette talvolta acute alla sommità e spesso con nervatura rossastra. Curiosità: Secondo la medicina popolare questa pianta può essere usata come impacco contro le ferite e foruncoli epidermici. Le foglie sono commestibili sia crude che cotte in insalate, minestre, frittate e ripieni. 17 Crespino Timballo di crespino e acetosella con salsa di piselli Mondare e lavare l’acetosella e il crespino, sbianchire le erbette in acqua salata acidulata e raffreddarle in acqua e ghiaccio. Scolarle, strizzarle, tritarle e saltarle in padella con olio , scalogno, sale e pepe. Unire la ricotta infornata, albume d’uovo, mollica di pane grattugiata e regolare di gusto. Imburrare gli stampini a forma di goccia e riempirli con il composto, mettere in forno preriscaldato a 160°C e cuocere per circa 10 minuti. Sgranare i piselli e cuocerli in acqua salata, scolarli, passare ¾ al frullatore con olio , acqua di cottura, sale e pepe. Spezzettare i piselli rimasti, tritare l’origano fresco e l’aglio e unire tutto alla crema. Lavare i pomodori, immergerli in acqua bollente salata per dieci secondi e raffreddarli in acqua e ghiaccio. Pelarli, tagliarli a spicchi eliminare i semi e insaporire le falde in padella con olio sale e pepe. Snocciolare le olive nere e tagliarle a striscioline. Versare la crema di piselli a specchio sui piatti, sistemare al centro i timballi, guarnire con falde di pomodoro, olive nere e origano e finire con olio e pepe macinato fresco. Pagina 18 S.Mei, R.Boscolo Né carne nè pesce, Istituto Superiore Arti culinarie, Venezia 1997 Pagina Nome Scientifico: Lactuca scariola Famiglia Asteracee Nomi Popolari: Scarola Come si presenta: Pianta erbacea annua o biennale con fusto verde o violaceo, ha foglie lanceolate dentate color verde scuro. Le sue infiorescenze a pannocchie contengono fiori gialli raccolti in capolini che producono acheni nerastri con una piumetta nerastra. Curiosità: Pianta comune dei campi incolti, dal gusto amarognolo; nel medioevo si estraeva il lattice dalle foglie e utilizzato come anestetico. 19 Lattuga selvatica Finocchio selvatico o Finocchietto Bonifacio Tancredi “avvolto” in un mare di “Ferula comune” Pagina Nome Scientifico: Foeniculum vulgare Famiglia Umbrellifere Nome Popolari: Finocchietto Come si presenta: Pianta erbacea perenne, a volte biennale, rizomatosa, con fusti eretti, ramificati, alti fino a 150 cm. Le foglie sono 3-4 pennatosette, divise in lacinie quasi capillari. I fiori gialli sono riuniti in ampie ombrelle. Il frutto è un achenio molto aromatico. Curiosità: In cucina i frutti (detti semi) raccolti in estate, si abbinano in genere con le carni grasse. I giovani getti e le foglie fresche sono indicate per aromatizzare insalate, piatti di pesce, salse e aceti aromatici. Il finocchietto selvatico (raccolto a fine inverno, utilizzando solo la parte tenera e le foglie filiformi) si usa in Sicilia per la preparazione della pasta con le sarde. Ha proprietà depurative, tonico-aperitive, carminative, antispasmodiche. 20 Finocchietto Pasta con le sarde: Mettete a bollire la pentola in cui cuocerete la pasta con il finocchio selvatico. Lavate e asciugate i filetti di sarda, pelate e tritate l'aglio e mettete in ammollo le uvette. Con gli oli fate tostare i pinoli e rosolare lo spicchio di aglio. Unite le sarde, se volete tenetene da parte 1 a testa da servire fritta in accompagnamento al piatto. Mescolate sino a che le sarde si saranno disfatte completamente e i pinoli tostati; Unite lo zafferano, il colore migliora e anche il profumo.... Aggiungete le uvette strizzate e mescolate ancora. Estraete il finocchio selvatico, salate l'acqua e buttate la pasta. Tagliate a dadini i pomodori e aggiungeteli al sugo di sarde. Infarinate e friggete le sarde di contorno in un padellino piccolo fate rosolare il pane con due cucchiai di olio e un pizzico di sale: serve a far aderire meglio il sugo. Colate la pasta e unitela al sugo, assieme al pane tostato. Sistemate le sarde sopra la pasta, salate e portate in tavola subito. C. Todaro, la Pasta siciliana, Martin e C.1997 Paccheri al ragù di calamari, sarde e finocchietto selvatico: Sedano, carota, scalogno tritato e stufato con olio e acqua e peperoncino fresco. Taglio i calamari a pezzi piccoli e li metto nel trito stufato e faccio andare 2 minuti. Tolgo i calamari e li trito nel mixer 10 secondi. Nel fondo di cottura metto pomodori maturi o passata con concentrato, rimetto nel sugo i calamari tritati e faccio restringere il sugo. Aggiungo il finocchietto a pezzetti e aggiusto di sale e pepe. Prendo delle alici pulite e le taglio a pezzetti. Scolo la pasta quando mancano 3 minuti e la manteco nella padella del sugo, alzo la fiamma e la salto con acqua di cottura. Quando manca 1 minuto metto le alici e finocchietto, capperi e scorza di limone. Spengo la fiamma e salto il tutto con un pezzetto di peperoncino fresco. http://www.petitchef.it Liquore al finocchietto: Pagina http://guidecucina.pianetadonna.it 21 Cominciate la preparazione, lavando accuratamente i fusti e le foglie del vostro mazzetto di finocchietto e distaccatene i semi che andrete poi a macinare. In seguito, mettete i fusti, le foglie e i semi pestati all’interno di un recipiente a chiusura ermetica e aggiungete l’alcool a 95°. Chiudete e lasciate macerare per non meno di 30 giorni, disponendo il recipiente in un luogo fresco e, di tanto in tanto, avendo cura di agitarlo delicatamente per facilitare il rilascio delle essenze. Cavatelli con crema di zucca, scampi e finocchietto selvatico (M. Trigiani) Pagina 22 Filetto di spigola al finocchietto, in crosta di patate e caponata di verdure (M. Trigiani) Pagina Nome scientifico: Sinapis campestris Famiglia Crucifere Nomi popolari: ‘marascjulë’, rapa selvatica Come si presenta: Erba con fusto eretto, ramificato con foglie basali disposte a rosetta, spicciolate e dentate. I fiori bianchi sono raccolti in grappoli di colore bianco; hanno quattro petali. Curiosità: Appartenente alla stessa famiglia della senape, il marasciuolo viene molto usato nella cucina pugliese per via del sapore amarognolo molto simile a quello delle cime di rapa; tuttavia di queste si raccolgono solo le foglie più tenere e sempre prima della fioritura. 23 Marasciuolo I marasciuoli non sono altro che la pianta della senape selvatica, dal sapore molto simile alle cime di rapa, per questo motivo molto apprezzate in Puglia. Pesto di Marasciuoli Pagina 24 Ingredienti : 500 g di senape selvatica già pulita, Olio extra vergine di oliva q.b. uno spicchio d’aglio, un peperoncino. Preparazione :lessa la verdura in acqua bollente per circa otto minuti, minuto più, minuto meno. Una volta lessata, immergi la verdura in acqua fredda, questo passaggio servirà a mantenere integro il colore verde brillante delle foglie. Una volta raffreddata ponila in un contenitore, aggiungendovi un pizzico di sale, pochissimo aglio, e del peperoncino. Versa a questo punto dell’acqua, possibilmente di fonte, ne basterà un buon bicchiere, e con un frullatore ad immersione lavora sino ad ottenere una giusta consistenza. Usa questa salsa per condire la pasta. Una volta condita aggiungi pure un filo d’olio extravergine. Come avete notato, in questa preparazione, non vi è il passaggio dell’aglio imbiondito nell’olio caldo. Servirà ad ottenere un piatto ancora più leggero e gradevole adatto a chi ama una dieta leggera ed equilibrata. Pagina Nome scientifico: Brassica rapa sylvestris Famiglia: Brassicace Nomi popolari: Cime ‘’d mammarell’’, strascinata, broccoletti, ‘’friariell’’ Come si presenta: È una pianta erbacea annuale, con apparato radicale abbastanza superficiale, fittonante nella fase giovanile e successivamente fascicolato. Il fusto è molto corto e su di esso è inserita una rosetta di foglie picciolate, in cui le foglie basali sono lunghe anche oltre 50 cm e larghe 20 cm, quelle più in alto sono man mano più piccole, il fiore è tipico delle Brassicacee è costituito da quattro petali gialli, nelle cime di rapa si consumano le infiorescenze ancora chiuse. Curiosità: Nonostante sia un ortaggio tipicamente italiano,la cima di rapa è consumata in tutto il mondo, perfino in Cina. Inoltre è un ortaggio con note proprietà antiossidanti e con un alto tasso di sali minerali. 25 Cime di Rapa Ravioli di cefalo e bieta selvatica su passatina di cannocchie con polpette di rapa selvatica (M. Trigiani) Pagina 26 Tagliolini neri con seppia e rapa selvatica (M. Trigiani) Pagina 27 Tortiglioni al pesto di cime di rapa (I. Bux) Pagina Nome scientifico: Eruca sativa .Famiglia Crucifere Nomi popolari: Ruchetta selvatica, Rucl Come si presenta: Le foglie di questa erba sono disposte alternativamente lungo lo stelo e hanno forma oblunga di lancia; le superiori sono più strette delle inferiori. Esse hanno un odore caratteristico e un sapore decisamente acidulo che, più lieve a primavera, si intensifica poi con l'avanzare delle stagioni. Le foglie dell'acetosa contengono vitamine, in particolare vitamina C, e sali minerali. Le foglie della rucola, lanceolate per forma, hanno colore verde pallido e si dipartono da fusti glabri e molto ramificati; quelle poste alla base del cespo sono profondamente incise. Curiosità: Pianta spontanea che si trova in abbondanza nei campi incolti e sui cigli delle strade, ottima per l’alimentazione umana in caso di convalescenza o debolezza psicofisica, le sue foglie sono molto apprezzate per il sapore piccante (più accennato nella varietà selvatica) infatti sono spesso servite in insalata o per aromatizzare sughi, carni e frittate. 28 Rucola Crema di zucca con bruschetta al pomodoro e rucola: Sciogliere il lievito di birra nel latte tiepido. Mettere in una bacinella capace la farina, avendo cura di tenerne un poco da parte, aggiungete il lievito di birra, l’olio il latte e il sale. Lavorare il tutto in modo da ottenere un impasto omogeneo e molto morbido. Aggiungere il pomodoro secco, il rosmarino tritato e lo scalogno maturato. Far lievitare la pasta, ben coperta, in luogo tiepido. Dopo un’ora a pasta lievitare confezionare i pani, lasciarli lievitare ancora e quindi cuocerli in forno a 220°. Lavare la zucca , tagliarla a spicchi, eliminare i semi, scavare la polpa e confezionare delle barchette che serviranno da contenitore alla crema. Tagliare a cubetti la polpa, stufarla in casseruola con olio, sedano cipolla e alloro e aggiungere brodo e cuocere per 15 minuti. Unire la panna, cuocere per altri 10 minuti e regolare di sapore. Togliere la zuppa dal fuoco, eliminare l’alloro e passare al frullatore. Tagliare a fette il pane al pomodoro e tostarlo, lavare la rucola e tagliarla a julienne, condirla con olio, aceto rosso sale e pepe e posizionarla sopra i crostini. Appassire le barchette di zucca in forno a 160° per 10 minuti. Tagliare il pecorino a lamelle sottili e tostarlo in padella. Versare la crema nelle barchette, posizionare al centro la bruschetta e guarnire con il pecorino e fiori di zafferano. S.Mei, R.Boscolo Né carne nè pesce, Istituto Superiore Arti culinarie, Venezia 1997 Salsa alla rucola e curry Si tratta di una salsa ideale per condire riso lessato o pasta, adatta per coloro che amano i sapori esotici. Per due persone stufate tre carote con olio, acqua e due cucchiaini di curry. Quando si saranno ammorbidite, passatele nel mixer insieme ad una manciata di foglie di rucola ed aggiungendo olio d'oliva a filo, fino ad ottenere una salsa cremosa. http://www.greenme.it/mangiare/ Insalata di ceci e rucola Mescolate 250 grammi di ceci lessati con 100 grammi di foglie di rucola, una manciata di olive verdi e due cucchiai di semi di sesamo. Condite con olio d'oliva e con un cucchiaino di aceto di mele. A piacere potrete aggiungere anche del prezzemolo tritato, fresco o secco. Pagina 29 http://www.greenme.it/mangiare/ Risotto allo champagne e rucola Mondate la rucola, lavatela, asciugatela, tenete da parte qualche foglia intera, spezzettate le altre e raccoglietele in un mortaio; unite l'aglio, un pizzico di sale, qualche bacca di pepe rosa e pestate, unendo a filo l'olio, fino a ottenere una crema. In mancanza del mortaio potete usare il mixer. Sbucciate gli scalogni e tagliateli a fettine sottili; fateli appassire in una casseruola con meta del burro, unite il riso e tostatelo per un minuto circa, mescolando, finche sarà diventato traslucido. Bagnate il riso con lo champagne (o lo spumante) e lasciatelo evaporare; continuate a cuocere aggiungendo, a poco a poco, il brodo caldo. Prima di togliere dal fuoco, unite il pesto di rucola e mescolate. Incorporate al risotto, a fine cottura, il burro rimasto a fiocchetti e il grana; mescolate delicatamente e regolate di sale. Servitelo guarnito con le foglioline di rucola intere e alcune bacche di pepe rosa pestate. http://ricette.donnamoderna.com Rucola, fave, pecorino e carciofi marinati Pulire i carciofi eliminando il gambo, la parte alta delle foglie e quelle più esterne e scure fino ad arrivare al cuore e tagliateli a lamelle sottili. Lasciateli a marinare con olio succo di limone, sale e pepe. Lavare la rucola in acqua fredda, asciugatela bene e delicatamente in modo da non rovinarne le foglie. Sbollentate per 2 minuti le fave in acqua salata e raffreddatele subito in acqua fredda, scolatele e sgusciatele dalla pellicina esterna e amara. Tagliate il pecorino a listarelle e dadini. Componete l’insalata ponendo sopra un letto di rucola i cuori delle fave i carciofi e il pecorino. Spolverate con pepe e servite. Pagina 30 La Grande cucina Italiana, Verdure e insalate Food Editore 2008 Spuma di salmone con zucchine su pesto di rucola (N. Vescera) Pagina 31 Tagliolini agli scampi, rucola e pomodorini (N. Vescera) Pagina Nome scientifico: Papaver Rhoeas Famiglia Papaveracee Nomi popolari: Papavero, Papagno, paparina, Scatellon Come si presenta: Le foglie disposte a rosetta sono di forma ovale, lunghe e portate da lunghi piccioli profondamente lobate e dentate. I fiori sono grandi, solitari, portati da lunghi peduncoli e si formano o all'apice del fusto o all'ascella delle foglie. Sono formati da due sepali che cadono quando si aprono i 4 petali di colore rosso sangue che alla base di solito hanno una macchia nera. Curiosità:Pianta molto comune spesso confusa col “papavero da oppio” con cui condivide l’effetto sedativo ma in maniera molto più leggera. In cucina si consumano le foglie bollite e a volte saltate in padella 32 Rosolaccio Le piante giovani e tenere, dal sapore gradevole e dolciastro, vanno raccolte all’inizio della primavera, quando si trovano allo stadio di rosetta basale, per essere consumate anche crude nella famosa “misticanza laziale”, però in questo stadio non sono tanto facili da riconoscere. Se raccolte più tardivamente vanno cotte in miscuglio con altre erbe per preparare torte salate oppure cucinate come gli spinaci, per cui vengono utilizzate ripassate in padella con aglio, olio e peperoncino, per farne gradevoli frittate o una buona minestra di erbe varie, ma anche per aggiungerle nel risotto e nei ripieni dei ravioli. Tra questi ricordiamo i cascioni romagnoli. In Garfagnana il rosolaccio si usa per la preparazione della minestrella, mentre in Liguria lo troviamo nel gattafin e nel preboggion, in Friuli infine nel pistic. L’olio di semi di papavero, piuttosto difficile da reperire in commercio, viene anch’esso usato a scopo alimentare. http://tusciaintavola.tusciamedia.com/ Minestra di papavero con lenticchie Mettere a bagno le lenticchie per alcune ore in abbondante acqua tiepida. Portate a ebollizione il brodo vegetale. Sbucciate e tagliate sottilmente le cipolle e le rosette di papavero e fatele soffriggere in una padella con una noce di burro. Bagnate con il brodo caldo, aggiungete le lenticchie e lasciate cuocere per un’ora circa, fino a quando le lenticchie saranno tenere. A fine cottura, aggiungete il sale, unite 3 cucchiai di panna e un pizzico di pepe. L. Rangoni, Ricette facili con le erbe De Vecchi Editore Milano 2005 Risotto con Papavero e pinoli Lavate e tritate le rosette di papavero; mettetele in una pentola capiente con poca acqua salata e lessatele per 10 minuti. Aggiungete il riso e cuocete aggiungendo acqua o brodo per altri 10 minuti. Unite 20 gr. di pinoli tritati finemente e portate a cottura il riso. Una volta pronto, condite con altri 20 gr. di pinoli, olio e formaggio grattugiato. Mescolate e servite Pagina 33 L. Rangoni, Ricette facili con le erbe De Vecchi Editore Milano 2005 Pagina Nome scientifico: Urtica Dioica Famiglia Urticacee Nomi popolari: Garganella Come si presenta: Le foglie sono grandi ovate e opposte (lamina lunga 1-2 volte il picciolo), lanceolate, seghettate e acuminate. Foglie e fusti sono ricoperti da tricomi (peli) contenenti una sostanza urticante. Il pelo è costituito da un'unica cellula allungata con pareti calcificate, mentre la punta è silicizzata e si riforma facilmente. Curiosità: Pianta con innumerevoli proprietà: ricca di vitamina C e Sali minerali, antireumatica, cicatrizzante,ottima per uso esterno per la cura dei capelli. In ambito agricolo il macerato di ortica può essere utilizzato come antiparassitario. In cucina viene utilizzata (previa bollitura per rimuovere i noti peli urticanti) per minestre, risotti e ripieni. 34 Ortica Polpettine di ortica, pane raffermo e pecorino(N. Sabatino) Pagina 35 Frittatine di ortica in veste “Finger Food”(N. Sabatino) Frittata di Ortica: Ingredienti: ortiche, uova, grana, olio, pepe e sale. Lavare le foglie di ortica,asciugarle e tritarle. Unire al trito il grana sale e pepe. Cuocere il composto in padella anti aderente e servire caldo. Polpette di Ortica: Ingredienti: ortica lessata, uova,pecorino,mollica di pane raffermo, olio, sale e pepe. In una ciotola mescolare tutti gli ingredienti, con le mani bagnate in acqua tiepida formare delle polpettine di grandezza a piacere. Friggere in abbondante olio. Torta salata di ortiche e prosciutto Sbollentate le punte di ortica in acqua salata per 10 minuti. Foderate il fondo di una tortiera con pasta brisée e mettete in forno preriscaldato a 150° per 20 minuti. Insaporite la ricotta con sale e pepe e incorporatevi l’ortica lessata. Quando il fondo di pasta brisée sarà cotto, stendetevi uno strato di ricotta e il prosciutto cotto tagliato a fette sottili. Ricoprite con la besciamella e abbondante formaggio grana grattugiato fate gratinare il tutto in forno per ½ ora a 150° e servite molto caldo. Pagina 36 L. Rangoni, Ricette facili con le erbe De Vecchi Editore Milano 2005 Cardo Mariano o Cardone Pagina 37 Nome Scientifico: Sylobium marianum Famiglia Asteracee Nomi popolari: Cardone, Cardo della Madonna, Cardo Latteo Come si presenta: L'intera pianta è glabra e spinosa. Lo scapo è robusto, striato e ramificato, con rami eretti. Le foglie sono pennatifide, con margine ondulato e sinuato-lobato, lobi triangolari terminanti con robuste spine. La lamina è verde glauchescente, glabra, fittamente macchiata di bianco. Le foglie basali sono picciolate e possono raggiungere i 40 cm di lunghezza, quelle dello scapo sono sessili e amplessicauli, più piccole e meno divise, espanse alla base in due orecchiette. I fiori sono ermafroditi, con corolla tubulosa di colore rosso-purpureo. Sono riuniti in grandi capolini terminali di forma globosa, rivestiti da robuste brattee. Queste hanno una base slargata che si prolunga in un lembo patente, rigido, stretto e acuminato, provvisto di una serie di spine sui margini e terminante con una robusta spina apicale. Le brattee tendono a curvarsi verso il basso durante la fruttificazione. La fioritura ha luogo in piena primavera, da aprile a maggio del secondo anno. Curiosità: Ha foglie verde intenso con striature biancastre a bordo spinoso; i fiori spinosi compaiono in estate. Alcune parti di queste piante, se raccolte quando sono ancora giovani, vengono utilizzate per l'alimentazione umana (ricordano il sapore del carciofo). Tipica del beneventano è una minestra chiamata cardone. Cardi al gratin con pancetta biscottata (I. Bux) Minestra di cardi Dalla cucina marchigiana ci arriva questa gustosa minestra di cardi “in compagnia”, dove la compagnia sono delle polpettine di carne e dei fegatini di pollo. Il risultato è una minestra molto saporita e ricca, quasi un piatto unico, utilizzando una delle verdure tipiche dell’inverno. Per un buon risultato usate dei cardi molto teneri e bianchi, e che abbiano preso del gelo. http://www.buttalapasta.it/ Pagina Il cardone beneventano è il primo piatto tradizionale del pranzo natalizio della città campana. Questa ricetta è una zuppa che riprende l’idea del consommé e la elabora aggiungendo cardi uova sbattute, pollo lesso sfilettato, polpette di carne macinata e pinoli. E’ una ricetta di origine contadina e preparata solo in questa città e in qualche paese nel vicino Molise. La preparazione è un poco lunga (i cardi si preparano il giorno precedente per eliminarne il sapore amaro) ed è per questo che si cucina una volta l’anno. 38 Cardone beneventano Pagina Nome scientifico: Cichorium Intybus Famiglia: Asteracee Nome popolare: spuraina, circerbita, cicoria comune Come si presenta: ha una radice grossa a fittone, i gambi ruvidi, le foglie lunghe e frastagliate e durante la fioritura, butta dei fiorellini di azzurro intenso. Curiosità: Pelose, di colore verde scuro spesso sono soffuse di rosso le foglie sono utilizzate in cucina per preparare insalate sia crude che cotte, saporite, ma decisamente amare. In passato, soprattutto nel periodo bellico, le radici tostate venivano usate come succedaneo del caffè. 39 Cicoria Selvatica Cannelloni di Crepes con Cicorie di campo gratinate e verdure stufate: Per le crespelle: versare la farina in una scodella e formare una fontana. Mettervi al centro il latte, sale, noce moscata e mescolare bene. Incorporare il burro, unire le erbette tritate e confezionare le crespelle in padella antiaderente di circa 15cm. Per il ripieno: sbianchire le cicorie di campo in acqua bollente salata, scolarle, strizzarle e insaporirle in padella con olio , scalogno sale pepe e noce moscata. Tritarle a coltello, amalgamarle con la ricotta infornata passata al setaccio e il pecorino grattugiato e regolare di gusto. Per i cannelloni: farcire le crespelle con il ripieno, arrotolarle, tagliarle a losanghe e cospargerle con pecorino grattugiato e burro fuso. Lavare e mondare le carote le zucchine, i porri e le rape bianche, tagliare tutte le verdure a tagliatella, sbianchirle per circa un minuto in acqua bollente salata e insaporirle in padella con oli extra vergine agliato. Unire i filetti di pomodoro, il basilico tagliato a listarelle e regolare di gusto con sale e pepe. Sistemare i cannelloni nei tegamini ovali sopra un letto di verdure a tagliatella e gratinare al forno. Pagina 40 S.Mei R.Boscolo, Né carne né pesce, Istituto Superiore Arti Culinarie- Venezia 1997 Pagina Nome Scientifico: Taraxacum officinale Famiglia : Asteracee. Nome Popolare: Verdura Grassa,dente di leone, soffione, piscialetto Come si presenta: È una pianta erbacea e perenne, di altezza compresa tra 3 e 9 cm. Presenta una grossa radice a fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta basale di foglie munite di gambi corti e sotterranei. Le foglie sono semplici, oblunghe, lanceolate e lobate, con margine dentato (da qui il nome di dente di leone) e prive di stipole. Il fusto, che si evolve in seguito dalle foglie, è uno scapo cavo, glabro e lattiginoso, portante all'apice un'infiorescenza giallo-dorata, detta capolino. La fioritura avviene in primavera ma si può prolungare fino all'autunno. Curiosità: Il tarassaco è usato per preparare un'apprezzata insalata primaverile depurativa, sia da solo che con altre verdure. In Piemonte, dove viene chiamato "girasole", è tradizione consumarlo con uova sode durante le scampagnate di Pasquetta. Anche i petali dei fiori possono contribuire a dare sapore e colore a insalate miste. I boccioli sono apprezzabili se preparati sott'olio. I fiori si possono preparare in pastella e quindi friggere. Le tenere 41 Tarassaco rosette basali si possono consumare con soddisfazione sia lessate e quindi condite con olio extravergine di oliva, sia saltate in padella con aglio (o ancor meglio con aglio orsino). In molte regioni medioeuropee veniva preparata la marmellata di fiori di tarassaco. Con le radici tostate di tarassaco si può preparare il caffè di tarassaco, un surrogato del caffè che ne mantiene in certa misura il gusto e le proprietà digestive, in modo simile al caffè d'orzo e al caffè di cicoria. In orticoltura si coltivano diverse varietà mutate, da consumare come insalata e verdura. Molte e ben note fin dall’antichità sono le proprietà medicinali del tarassaco (il suo nome deriva dal greco “rimedio,” “guarigione”): come la maggior parte delle composite, ha proprietà digestive, antinfiammatorie e depurative, soprattutto del fegato, ed è tradizionalmente utilizzato come diuretico (in Francia e in alcune regioni italiane è non a caso noto come “piscialetto”). Le foglie sono ricche di vitamine A, gruppo B, C e D, nonché di sali minerali come ferro, potassio e zinco; erano un tradizionale rimedio per lo scorbuto e altre carenze alimentari. Ma è soprattutto la radice a essere usata per scopi depurativi; è anche in grado di abbassare il tasso glicemico nel sangue. Sebbene manchino studi medici approfonditi, non vi sono controindicazioni (se non la specifica allergia alle Asteraceae / Compositae) per l’utilizzo di decotti e infusi tradizionali di tarassaco come coadiuvante nella digestione e nei piccoli disturbi del fegato e dei reni. Il suo consumo alimentare è indicato per tutti, anche per i bambini; tuttavia è consigliabile assumere sotto controllo medico i suoi decotti o infusi in presenza di calcoli renali o epatici (perché potrebbe smuoverli) o di terapie per il diabete (poiché potrebbe abbassare troppo la glicemia). Il suo lattice bianco è un rimedio tradizionale per eczemi e verruche. Ravioli di tarassaco all’aceto Cospargete di sale i boccioli e lasciateli appassire per 2 ore. Bollite l’aceto e il vino con gli spicchi di aglio e le foglie di alloro. Aggiungete i boccioli e fateli bollire per un minuto. Scolateli e asciugateli su un panno. Metteteli in un barattolo e copriteli con olio extravergine. Attendete un mese prima di consumarli. L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005 Spaghetti al tarassaco Pagina L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005 42 Cuocete gli spaghetti in acqua bollente salata; nel frattempo mettete in una zuppiera i pomodorini tagliati in 4 spicchi, il succo di limone, il formaggio grana, sale, pepe e olio. Quando la pasta sarà cotta, scolatela e versatela nella zuppiera; mescolatela bene per farla insaporire, quindi aggiungete le foglioline di tarassaco lavate e tagliate a pezzetti piccoli o a striscioline sottili. Condite con un altro po’ di olio e servite. Aglio Ursino Pagina 43 Nome scientifico: Allium ursinum, Famiglia delle Liliaceaem. Nome Popolare. Aglio selvatico, aglietto, erba del bracciante, aglio orsino Come di presenta: pianta erbacea, alta circa 20-30 cm. Ha foglie lunghe, ellittiche, sostenute da piccioli dritti, lanceolate e di un bel verde brillante che odorano intensamente. I fiori possono giungere fino ai 30 centimetri, sono bianchi stellati, raccolti in ombrelle. Il bulbo è allungato e biancastro. Curiosità: Medici ed esperti di alimentazione ne riconoscono la capacitá di abbassare il tasso del colesterolo, di purificare il sangue, di agire da antibiotico ed anti micotico disintossicando l´organismo da parassiti (funghi e batteri nocivi) ma anche dai metalli pesanti. Oltre a ció contiene vitamine e minerali in quantitá. L'aglio ursino è stato usato in passato come apotropaico: secondo credenze popolari aveva il potere di scacciare spiriti maligni e streghe. Trenette all’aglio orsino Ingredienti: Trenette, aglio orsino un mazzetto, gamberi, olio, burro una noce, limone una spruzzata, sale, pepe. Preparazione: cuocere la pasta, contemporaneamente fare rosolare dei gamberi sgusciati in un po’ di olio e una noce di burro. Aggiungere poi un mazzetto di foglie di aglio orsino, tagliate grossolanamente, e farle appassire. Infine aggiungere una bella spruzzata di succo di limone, un po’ di buccia grattugiata di limone e condire con sale e pepe q.b. Scolare la pasta e condirla in padella. www.fotofornelli.com Ravioli di aglio orsino Ingredienti: 180 g di ricotta, 50 g di mascarpone o crème fraîche, 50 g di parmigiano grattugiato, ca 40 g d’aglio orsino, sale, pepe, 2 rotoli di pasta già spianata 125 g l’uno, poca farina, 2 cucchiai d’olio di semi di girasole, 1 cucchiaio di burro. Per il ripieno, mescolate la ricotta, il mascarpone e il parmigiano. Mettete da parte alcune foglie d’aglio orsino per guarnire. Tritate finemente il resto e incorporatelo alla crema di ricotta. Condite con sale e pepe. Srotolate un rotolo di pasta sul piano di lavoro. Aiutandovi con un cucchiaio, distribuite due file di ripieno ad una distanza di ca 7 cm. Spennellate con poca acqua la pasta attorno al ripieno. Srotolate il secondo rotolo, spianatelo su poca farina, allargandolo in modo che risulti leggermente più grande del primo. Appoggiatelo sul primo rotolo. Premete bene attorno al ripieno. Aiutandovi con una rotella per pasta, ritagliate i ravioli e adagiateli su un panno leggermente cosparso di farina. Fate cuocere i ravioli nell’acqua salata, in leggera ebollizione, per 3 minuti. Nel frattempo, riscaldate l’olio e il burro. Estraete i ravioli con una schiumarola, fateli sgocciolare bene e distribuiteli nei piatti caldi. Versate l’olio e il burro. Decorate con foglie d’aglio orsino e, a piacere, terminate con una spolverata di parmigiano. Servite subito. (www.saison.ch) Pagina Raccogliete unicamente le foglie giovani e tenere, mondatele e disponetele su un canovaccio fino a completa asciugatura. Ponete le foglie nel mixer (o meglio ancora tritatele finemente con la mezza luna). Aggiungete olio vergine di oliva e del sale marino bio. Riponete il tutto in vasetti a chiusura ermetica, facendo sempre attenzione che l’olio di oliva ricopra completamente il composto. Potrete gustarlo sia 44 Ricetta per la conservazione dell’aglio orsino utilizzandolo quale condimento di insalate, minestre, riso, pasta, ecc., in questa forma base, oppure aggiungendo un trito di pinoli e/o noci e del parmigiano grattugiato, otterrete una variante molto interessante e un po' più aggressiva del classico pesto alla genovese. (www.pforster.ch) Zuppa di patate e aglio ursino Pulite l’aglio, lavatelo, lessatelo in abbondante acqua salata, scolatelo e tagliatelo grossolanamente. Conservate l’acqua di cottura. Fate appassire l’aglio con del burro in una casseruola per 5 minuti. Pelate le patate, tagliatele a dadini e unitele all’aglio per farle insaporire. Mescolate e continuate a cuocere per altri 10 minuti. Aggiungete il brodo e fate sobbollire per un ora circa, regolando di sale. Tostate le fette di pane e servite con abbondante pecorino, prezzemolo tritato e un goccio di olio. L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005 Pagina 45 Gnocchi di patate su crema di formaggio, aglio orsino e funghi porcini (M. Trigiani) Pagina Nome Scientifico: Malva Silvestris Famiglia Malvacee Nomi Popolari: Riondella, Marva Curiosità: Pitagora sosteneva che la malva dovesse essere mangiata ogni giorno per calmare le passioni e purificare la mente. Nell’antichità veniva usata come panacea di tutti i mali, soprattutto per le vie respiratorie, ma anche come depurativo. Ottima contro la stipsi, la malva può essere utilizzata quasi tutta per cucinare, con le foglie infatti si insaporiscono risotti e minestre e con i fiori si completano gustose insalate primaverili. 46 Malva Le foglie crude molto giovani, quando sono ancora un po’ chiuse, sono ottime nelle insalate, perché con il loro sapore dolce e gentile armonizzano perfettamente con le altre erbe dal sapore forte. Se vengono cotte, insieme ad altre erbe selvatiche possono entrare a far parte di zuppe, di minestre, di risotti, frittate e torte rustiche. Anche i fiori, di un bel colore rosa-violetto, trovano impiego nelle insalate alle quali, oltre al sapore, donano anche un simpatico tono di colore. Un tempo anche le radici, dopo lessate, venivano utilizzate per fare gustose frittelle con la pastella di acqua e farina. http://tusciaintavola.tusciamedia.com/ Minestra di malva Lessate le foglie di malva in poca acqua salata dopo averle ben pulite e lavate, quindi passatele al passaverdura. Tostate in una casseruola a bordi alti la farina con il burro e aggiungete, a poco a poco, della passata di malva e il brodo. Quando il brodo comincia a bollire, aggiungetevi del riso e, qualche minuto prima di spegnere il fuoco, unite un pizzico di maggiorana e un po’ di noce moscate. Regolate di sale e servite. L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005 Focaccia di malva Impastate la farina con olio sale e lievito di birra sciolto in un po’ di acqua tiepida. Lavorate bene l’impasto e mettetelo in una teglia unta di olio. Lavate le foglie di malva, tritatele, mettetele in una scodella e incorporate l’olio, il sale, le uova sbattute, la cipolla finemente tritata e il formaggio. Versate questo composto sull’impasto, pareggiatelo con l’aiuto di una forchetta e cuocete in forno caldo a 180° per 20minuti. A cottura ultimata, aggiungete le olive e servite. Pagina 47 L.Rangoni – ricette facili con le Erbe – De Vecchi Editore Milano 2005 Frittata alla Malva Alcune foglie di Malva (anche aggiunte a foglie di Ortica e di Borragine) appena fatte rinvenire in una pentola senza acqua e poi tagliuzzate, sono la base di una salutare e ottima frittata verde. Per renderla più gustosa si può aggiungere alle uova sbattute un cucchiaino di Cipolla cruda, tritata molto finemente. http://www.fateefate.it/ Frittata di uovo di quaglia alla malva con pecorino e pomodorini: Mondare e lavare la malva, sbianchirla in acqua bollente salata, raffreddarla in acqua e ghiaccio e insaporirla in padella con olio, scalogno sale e pepe. Amalgamare in una bacinella la malva con il mascarpone, erba cipollina affettata finemente e pecorino grattugiato, unire uova e mescolare senza strapazzarle troppo. Lavare i pomodorini, scottarli in padella e tagliarli a metà. Tagliare il pecorino a discetti alti ½ cm e larghi 6 e scottarli in padella antiaderente da ambo le parti. Scaldare sul fuoco un padellino, unire olio e versare il composto di uova e confezionare le frittate. Disporle al centro dei piatti, sovrapporre al centro i pomodorini e i dischi di pecorino e decorare con foglioline di malva. Pagina 48 S.Mei, R.Bodcolo Né carne né Pesce – istituto Superiore Arti Culinarie 1997 Venezia L’insieme o una parte di tutte queste erbe costituisce la cosiddetta “erba mista” o meglio ancora “ 'I fòglije ammìsc'che” , costituente essenziale del “Pancotto” o sarebbe meglio dire “Pancotti” tante sono le possibili varianti, l’unico piatto contadino che non ha una ricetta ufficiale. In effetti, anche senza grandi ricerche bibliografiche, è possibile accorgersi di quante siano le ricette semplicemente domandando in giro “come fai il pancotto?” per catalogare mille ed una variante. La più originale che ho trovato è paradossalmente quella che non vuole verdure ed è di Bonifacio Tancredi (Panecotte asselute). Ancora fanciullo tornando a casa dopo una giornata al seguito del padre nei boschi di San Marco in Lamis, trovava come ricompensa, un lauto pasto a base di Pancotto: Pane raffermo, olio, sale, aglio, foglia di alloro, formaggio grattugiato. Semplice ed essenziale e a sentire Bonifacio, buonissimo. Bonifacio mi ha anche fornito un’altra versione, più attuale, con patate, aglio, prezzemolo, cipolla, peperoncino, qualche pomodoro, rametto di finocchietto, alloro, cicorione, cime di rape, fagiolini e chiaramente pane, olio e formaggio grattugiato. Pancotto con fave, cicorie e finocchietto, Pancotto alla viestana, Pancotto con zucca gialla e fave, Pancotto rucola e patate, Pancotto montanaro, Pancotto con verdure miste, Pancotto fave e patate Pancotto (N. Sabatino) Pagina 49 Trovate le schede dettagliate nel “ Ricettario Antichi Sapori” – R.G. edizioni –Foggia 2002 Miscellanea di erbe spontanee Gnocchi di semolino,polpettine di manzo, cesto di verdure miste con ceci( M. Trigiani) Pagina 50 Fagottino di erbe con uovo (I. Bux) Pagina 51 Seppiolina e verdure miste (M. Trigiani) “Insolito Thè,..... zuppetta di sgombro con erbe spontanee, patate di Zapponeta e pane raffermo di Monte Sant’Angelo profumato all’alloro”. Piatto presentato al III ° Concorso Naz. Enogastronomico Tenuta Cavalier Pepe. Prof. Marco Trigiani, allievo E. Capparelli 5°H. Pagina Procedimento: sfilettare gli sgombri e con le lische preparare un fumetto. Tagliare il filetto a dadini e marinare con olio, limone, ginepro, finocchietto e aglio. Mondare e lessare le verdure, poi sminuzzare e saltare in padella con aglio e olio. Lessare le patate, pulire e tagliare a cubetti i pomodori. Tagliare e tostare il pane raffermo profumato con olio all’alloro. In una tazza da the, porre le verdure , le patate, i pomodori e lo sgombro. Servire il fumetto in una teiera ,versarlo caldo nella tazza aggiungendo il pane raffermo. 52 Ingredienti: sgombro, patate, verdura mista spontanea, pomodori, carote, sedano, cipolla, aglio, pane raffermo, zucchine, olio evo, zeste di limone, semi di finocchietto, ginepro. Cucina etnica ed erbe spontanee, un matrimonio possibile? Cuscus di verdure spontanee, fave fresche e ceci.(M. Falco) Pagina 53 Involtini di Brik (pasta fillo tunisina) ripieni di erbe miste, pecorino e sesamo su salsa di peperone rosso piccante. (M. Falco) Come nelle migliori tradizioni…i ringraziamenti. In primis, quelli doverosi al Dirigente scolastico, Prof. Antonio Leonardo Soldo, che da presidente provinciale di Legambiente non poteva certamente negare la realizzazione della presente opera; poi a Bonifacio Tancredi, personale ATA; a lui è dedicata la copertina. Tra insegnanti, ATA e alunni di Torre di Lama non è certo l’unico, capace di trovare piante spontanee commestibili, ma la velocità con la quale individua e raccoglie le erbe è insuperabile. Ancora un grazie a Raffaele Nardella, assistente tecnico, esperto informatico; non c’é aspetto di natura amministrativa, tecnico, grafica, che non passi dalle sue preziose mani. Un doveroso grazie ai docenti di cucina : Mario Falco, Nicola Sabatino, Marco Trigiani, Natale Vescera e alla mia cara amica Irene Bux. Tra i tanti impegni, hanno trovato il tempo per accontentarmi e realizzare le ricette qui presenti. Grazie al prezioso contributo della Prof.ssa Maria Pia Mancini, docente di Alimentazione; la scheda introduttiva sulle erbe spontanee è frutto di un attenta e puntigliosa ricerca. Un generico ringraziamento a tutti gli alunni che hanno collaborato, quelli delle varie classi impegnate nelle esercitazioni di cucina, a Maria Rosa Renzulli della 4ªAgrario e ancora al piccolo Giovanni Coluccino. Le schede tecniche sulle erbe sono tratte da: A.A.V.V. “Erbe buone per la salute” Giunti editore 2010 A. Formenti “La Medicina dei semplici” edizioni informatore agrario 1992-2013 Pagina 54 Vito Marco Di Giovanni