Sociologia dell`educazione - Indirizzo extra-scolastico

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Sociologia dell'educazione - Indirizzo extra-scolastico - Prof. Alfredo Camerini
La sociologia dell'educazione come scienza delle istituzioni e dei processi formativi
La sociologia è lo studio delle relazioni tra gli individui all'interno e tra i gruppi in cui essi
conducono la loro vita.
Questa definizione, appare intuitivamente accettabile in quanto corrisponde alla nostra
esperienza quotidiana.
Tuttavia l'esperienza è utile, ma non è il solo modo di conoscere le cose. Ciascuno di noi
ha un'esperienza molto limitata della vita associata. La sociologia è una scienza, e come
tutte le scienze è composta di un certo numero di proposizioni generali collegate tra loro
per mezzo di schemi esplicativi e teorie.
Questa è una definizione più esauriente:
La sociologia è la scienza che studia, con propri metodi di indagine e tecniche di ricerca
empiriche (volte cioè a produrre direttamente i propri dati) e non empiriche, i fondamenti, i
fenomeni essenziali, i processi ricorrenti di strutturazione e destrutturazione, le
manifestazioni tipiche della vita associata e le loro trasformazioni, i condizionamenti che i
rapporti e le relazioni sociali esercitano sulla formazione e sull'azione degli individui e che
gli individui esercitano su di loro, quali si ritrovano globalmente nella società e in ogni tipo
di collettività, seppure in minor scala [GALLINO, 1993].
Diversamente da un tempo, i modelli di socializzazione avvengono e si sviluppano in
misura crescente attraverso una pluralità di tempi di formazione, di tipologie di utenza, di
soggetti gestori, di agenzie, di modi e mezzi della comunicazione educativa.
La Sociologia dell'educazione non si sofferma esclusivamente a considerare i fenomeni
relativi al sistema scolastico, di cui peraltro si è tradizionalmente occupata, ma estende il
suo ambito di osservazione anche ad altri fenomeni per accentuare il proprio carattere di
conoscenza sociologica applicata alla pluralità delle istituzioni e dei processi educativi.
L’educazione è oggetto di studio di differenti discipline , ciascuna delle quali é
caratterizzata da specifici paradigmi e specifiche metodologie di analisi.
La sociologia dell’educazione nasce e si afferma come scienza specialistica
analitico/empirica avente come oggetto di studio i processi e le istituzioni educative.
Diversamente dalla pedagogia, che tende ad assumere un orientamento normativo, la
sociologia dell'educazione mira alla comprensione /interpretazione dei processi e delle
istituzioni educative.
Lo sviluppo della Sociologia dell'educazione in Italia a partire dagli anni sessanta, con lo
studio dei condizionamenti sociali alla riuscita scolastica.
La trasformazione da analisi sociologica dell'istituzione scolastica a scienza sociologica di
tutti i processi e le istituzioni formative, con attenzione anche alla socializzazione informale
e diffusa. (cfr. introduzione di V. Cesareo al testo di E. Besozzi, Elementi di Sociologia
dell'educazione)
Tutta la sociologia dell'educazione sia nella sua fase fondativa che nella fase di più piena
affermazione fino agli anni settanta ha posto molta attenzione alla scuola e ai rapporti tra
scuola e stratificazione sociale, analizzando in particolare i condizionamenti sociali, i
processi selettivi all'interno della scuola, le relazioni tra esiti scolastici e mobilità sociale.
Quindi:
attenzione centrale alla scuola
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riduzione della diversità a disuguaglianza con risposte differenti nei diversi approcci (
attenzione alle definizioni di uguaglianza e alle possibilità di mobilità)
Socializzazione ed educazione
In sociologia la socializzazione.e' il processo attraverso il quale gli individui entrano in
rapporto con la società di riferimento e ne diventano membri effettivi, acquisendo i sistemi
di significato e i modelli di comportamento in essa consolidati e le abilità e le competenze
necessarie a svolgere molteplici ruoli sociali. Si tratta quindi di un processo che riveste
un’importanza fondamentale sia per gli individui (per la loro formazione e immissione nei
normali rapporti sociali) sia per le sorti della società, per la capacità del sistema sociale di
riprodurre le sue condizioni di esistenza, garantendosi la sopravvivenza da una
generazione all’altra.
Con la socializzazione i modelli culturali vengono trasmessi tramite apprendimento e
interiorizzazione.
La socializzazione viene distinta convenzionalmente in socializzazione primaria e
secondaria, ma ha luogo per tutto l'arco dell'esistenza dell'individuo. Si sviluppa mediante i
meccanismi psicologici dell'imitazione, dell'identificazione e del premio/punizione
La socializzazione primaria copre i primi anni di vita del bambino, in genere fino al
raggiungimento dell’età scolare e costituisce la base di ogni futura forma di
socializzazione.
Si può definire la socializzazione primaria l’insieme di quei processi che sono volti ad
assicurare la formazione delle competenze sociali di base. Durante questa fase il
bambino apprende e fa propri i modelli sociali e culturali attraverso cui percepire il mondo
e organizzare i propri bisogni, apprendendo al contempo le forme di comunicazione
(linguaggio), gli orientamenti di valore e i modelli normativi.
La socializzazione secondaria si colloca nella fase temporale successiva a quella
primaria, e prosegue per tutto l’arco del ciclo di vita.
Si può definire come l’insieme di quei processi volti alla formazione delle competenze
specifiche richieste dall’esercizio dei vari ruoli sociali, così contribuendo alla formazione
complessiva della personalità sociale. Si parla di socializzazione secondaria anche nel
caso in cui si assimilano il linguaggio, i valori, le norme e le regole di un nuovo contesto
socioculturale in età adulta.
Questa distinzione appare netta soltanto a livello concettuale, tra le due fasi in realtà non
vi è una drastica soluzione di continuità e il passaggio dall’una all’altra avviene di fatto in
modo graduale.
Le pratiche di socializzazione sono estremamente variabili non solo nel tempo (nella
società vista in epoche diverse) e nello spazio (in società diverse), ma anche
all’interno della stessa società in ogni dato momento storico. Varie ricerche hanno
dimostrato che la collocazione di classe, la condizione professionale e la natura
specifica del lavoro svolto influenzano i valori, gli atteggiamenti e le pratiche
educative dei genitori.
Le principali agenzie di socializzazione secondaria sono:
la scuola
L’ingresso nella scuola segna convenzionalmente l’inizio della socializzazione secondaria.
La figura dell’insegnante è quella del portatore di un ruolo sociale specifico;
nell’interazione con l’insegnante il bambino impara prima di tutto modelli di comportamento
adeguati ad una situazione definita in termini di autorità assai più impersonali di quelli
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esperiti nella situazione familiare. Inoltre, in questa sede, il bambino imparerà a strutturare
la propria azione in termini di rapporto mezzi/fini. Le sue prestazioni infatti saranno
valutate e sanzionate negativamente o positivamente mediante un sistema di disincentivi e
incentivi. Lo scolaro viene quindi indotto al confronto, alla competizione, oppure viene
stimolato a cooperare con i suoi compagni per il raggiungimento di un obiettivo comune.
Il gruppo dei pari
Nel gruppo dei pari si instaurano relazione simmetriche tra gli individui, poiché non
esistono rapporti sanzionati da autorità o di subordinazione. I rapporti all’interno di un
gruppo di pari si collocano tra le due polarità della solidarietà e della competizione. L’agire
solidaristico si fonda sul sentimento di appartenenza in virtù del quale i membri di un
gruppo sottolineano ciò che li accomuna e quindi li rende uguali; l’agire competitivo si
fonda, invece, sul sentimento di individualità e tende a differenziare tra loro i membri del
gruppo.
Il momento nel quale un individuo entra a far parte di un gruppo è ritualisticamente
segnato dal superamento di una prova (ad esempio i riti di passaggio tra un gruppo di età
e quello successivo in molte società premoderne), oppure da cerimonie solenni che
segnano la transizione e l'ingresso in una nuova condizione come, ad esempio, i riti di
iniziazione.
I media:
La loro influenza interferisce e si sovrappone a quella degli altri agenti di socializzazione.
Essi influiscono in misura assai cospicua non solo nella trasmissione di informazioni e
conoscenze, ma nella formazione di atteggiamenti, opinioni e comportamenti relativi alle
più diverse sfere di attività. L’esposizione ai loro messaggi può infatti indebolire o
rafforzare l'efficacia dell'azione degli altri mezzi di comunicazione.
Altre agenzie di socializzazione secondaria sono: l'organizzazione lavorativa,
l'organizzazione religiosa, l'organizzazione politica ed altre organizzazione delle quali gli
individui possono entrare a far parte.
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Il significato di extra-scuola: l'educazione nel sociale e nel territorio
Un’impostazione restrittiva del concetto di educazione porta a ritenere il modello scolastico
prevalente su quello «extrascolastico». Ne consegue che l'attività non svolta nell’ambito
scolastico (nella prospettiva dell'educazione permanente, dell'educazione continua e
dell'educazione ricorrente) è in posizione di subalternità e viene considerata, in un certo
senso, un semplice accessorio.
Di fronte alla precisa identità della scuola, l’extra scuola appare un non-luogo; invece, in
un’ottica globale ed integrata è un’area di confine in cui sono chiamati ad agire gli
educatori.
Cenni storici Le radici storiche di un’apertura della scuola all’esterno possono essere
individuate nell’Attivismo o Movimento delle Scuole Nuove e nelle pedagogie critiche o
non direttive. Invece, sotto il profilo dell’extrascolastico, le tradizioni fondanti sono assai
più varie, intrecciate ed in qualche modo originali: influssi della pedagogia del Dewey,
l’esperienza di don Milani che critica la scuola come luogo di perpetuazione di
disuguaglianza, la contestazione dell’azione svolta dalla scuola da parte di Illich (che
sostiene l’ipotesi della descolarizzazione evidenziando il ruolo educativo che anche il
cosiddetto «territorio» può svolgere), l’opera di educazione preventiva svolta da don
Bosco, la pedagogia dell’oratorio o il metodo educativo scout.
Il termine “educazione extra scolastica” richiama: attività organizzate, tempo libero,
educazione degli adulti… E soprattutto nel passato venivano impropriamente definiti come
extrascolastici anche:
- il campo dell’educazione degli adulti;
- la pedagogia della famiglia;
- il campo delle attività non cognitive.
Oggi In un approccio sistemico , ogni agenzia educativa, in particolare la scuola, ha
bisogno di una collaborazione con famiglia, istituzioni, ambiente sociale. Con l’espressione
extra scuola si intende l’educazione intenzionale gestita da associazioni sportive o
culturali, gruppi di volontariato, parrocchie, comunità di ambito ecclesiale, cooperative,
che, appunto, svolgono una serie di compiti educativi, di animazione, recupero scolastico,
prevenzione ed altro.
Pertanto, alla formazione generale dell’individuo concorrono oltre alla scuola, altri ambiti
che offrono opportunità, appunto, nell’ottica della formazione permanente, vale a dire
esperienze di crescita in relazione a molteplici dimensioni dell’esistenza umana, percorsi
nei quali soggetti adulti e anziani possono continuare ad apprendere ed arricchirsi in
termini di umanità.
La coscienza dell’importanza dell’educazione extrascolastica è cresciuta negli ultimi anni,
di pari passo con la scoperta che la maggior parte degli apprendimenti avviene fuori della
scuola. Chi opera con bambini e ragazzi conosce bene quale sia l’influsso esercitato dalla
televisione, la gran (cattiva) maestra che occupa la maggior parte del tempo non
programmato
Oggi si assiste al continuo proliferare di iniziative extrascolastiche di vario tipo: recupero,
animazione e socializzazione di bambini e adolescenti (doposcuola, centri di animazione
ed altre realtà con denominazioni diverse). Risulta che quasi la metà dei bambini italiani
dai 6 ai 13 anni svolge un’attività extrascolastica nelle ore pomeridiane (sport, musica,
lingue, associazionismo). La loro giornata si presenta sempre più pianificata, a
somiglianza di quella degli adulti, così che hanno sempre meno un "tempo libero" da
dedicare al gioco, alla lettura, alle amicizie.
Interrogativo: La diffusione di una nuova rete di offerte culturali conduce ad un sistema
formativo ramificato ed allargato che costituisce indubbiamente un arricchimento delle
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proposte per bambini, ragazzi e giovani, che così possono avvalersi di più «luoghi di
cultura». Ma porta anche ad un'estrema polverizzazione delle offerte, talvolta attente solo
ad una logica di mercato e, perciò, non in grado di soddisfare le reali esigenze infantili.
In Italia, l’extrascolastico è stato oggetto di attenzione in due diverse fasi.
1. A partire dalla metà degli anni Sessanta, si sono sviluppate istanze critiche verso la
scuola (l’istituzione risultava come parte del sistema di emarginazione che crea lo
svantaggio) e sono nate numerose esperienze parallele (doposcuola) o concepite come
alternative (controscuola). L’extrascolastico è cresciuto come un altro modo di fare scuola.
(Cfr. l’influsso del dibattito sulla descolarizzazione che suggeriva di promuovere
l’istruzione dal basso; lo sviluppo di metodologie attivistiche; il contributo di don Milani, con
l’esperienza della scuola di Barbiana; il Rapporto Faure nel 1972).
2. Negli anni Settanta-Ottanta si è sottolineato soprattutto il rapporto tra educazione e
territorio.
Proprio negli anni Ottanta è prevalsa “l’interpretazione del rapporto tra scuola ed
extrascuola all’interno del cosiddetto sistema formativo integrato, che sul piano
istituzionale, prima ancora che pedagogico, propone un nuovo tipo di rapporto tra la
scuola e le risorse formative esterne. Si tratta di un’ipotesi di sistema policentrico […]. Il
ruolo di coordinamento degli interventi viene attribuito all’Ente locale, a cui è affidato allo
stesso tempo un compito di tipo propulsivo; vengono enfatizzate le risorse del territorio e
le possibilità di usufruire di servizi sociali e culturali in senso formativo. Il punto debole,
tuttavia, è costituito dal problema del centro del coordinamento, individuato nell’Ente
locale, con il limite di subordinare scuola ed extrascuola ad una gestione di tipo esterno”
Occorre fare in maniera che gli Enti locali recuperino una propria centralità e che possano
gestire direttamente i nuovi servizi per i bambini e gli adolescenti. È evidente che sarebbe
limitativo se si volesse pensare gli Enti locali solo come enti erogatori di finanziamenti a
favore dell'arcipelago privato delle diverse offerte formative. Appare ormai indifferibile una
politica di coordinamento da parte degli Enti locali, che garantisca l'attivazione di un reale
sistema formativo integrato, al cui interno tutte le agenzie possano portare un contributo
alla formazione degli individui.
In questa prospettiva di integrazione, la scuola è sollecitata a stabilire rapporti per
elaborare progetti comuni, in un’ottica di partecipazione attiva ad un lavoro di rete. Per
realizzare ciò, è necessario che esplori la complementarità dei ruoli, ma soprattutto
definisca i contenuti di tale collaborazione. “Emerge come necessario un approfondimento
di ipotesi di continuità o di integrazione tra i diversi ambienti di vita che abbia al centro la
globalità della persona” .
Di fronte, quindi, al «policentrismo» del sistema formativo ed ai profondi mutamenti
culturali che possono portare anche all'attivazione di un sistema culturale a «domanda
individuale», occorre impegnarsi per realizzare un effettivo sistema formativo integrato,
cioè un progetto istituzionale e culturale che miri a coordinare ed integrare le agenzie
storiche «istituzionalmente» formative: famiglia, scuola, enti locali, associazionismo. Anzi,
il quadrilatero delle agenzie sono invitate a stipulare tra loro un patto di ferro, una grande
alleanza pedagogica per condurre in porto l'esigenza indifferibile dell'integrazione
(raccordo, reciprocità e interdipendenza formativa).
Sul piano culturale sono chiamate a ridisegnare il proprio modello pedagogico (educativo e
culturale) per far sì che l'integrazione si affermi come un'interconnessione che metta a
frutto gli specifici educativi propri di ciascuna delle quattro agenzie, in modo che la
specificità formativa elevi la qualità dei singoli processi formativi. “Così la scuola è
chiamata soprattutto a connotare le proprie finalità cognitive (e anche di
«socializzazione»); la famiglia a esplicitare, con maggiore aderenza storica e rigore
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scientifico, le proprie finalità etiche e affettive; gli enti locali a dare centralità ad esperienze
espressivo/creative e a vissuti carichi di occasioni «relazionali» e «interattive»;
l'associazionismo giovanile a precisare i contenuti e i modi di esperienze aggregative
cosparse di elevati coefficienti di immaginazione-fantasia-azzardo-avventura”.
Bibliografia
Come primi esempi di una riflessione pedagogica sull’educazione extra scolastica,
segnalo in particolare i contributi di R.Massa, L’educazione extrascolastica, La Nuova
Italia, Firenze, 1977; C.Scurati (a cura di), L’educazione extrascolastica. Problemi e
prospettive, La Scuola, Brescia, 1986.
Numerosi sono i dati riferiti al tempo trascorso davanti alla televisione. È impossibile
documentarli, perché periodicamente vengono aggiornate le indagini. Certo è che ormai
bambini e ragazzi guardano la tv per un tempo superiore a quello trascorso scuola.
L’espressione “cattiva maestra” attribuita alla tv in un interessante saggio da K.R.Popper,
J.Condry, Cattiva maestra televisione, in “Reset”, 1994, allegato al n.9.
La definizione di sistema formativo integrato come articolazione di scuola ed extrascuola si
deve soprattutto a F.Frabboni. Di questo autore si veda, ad esempio: Scuola unitaria di
base e sistema formativo integrato: problemi, prospettive, progetto, in E.Morgagni (a cura.
di), Scuolapiù. Scuola, Enti locali, società, verso un sistema formativo integrato, La Nuova
Italia, Firenze, 1986, pp.22-30; Verso un sistema formativo integrato, Eit, Teramo, 1989;
Imparare la città. L’extrascuola nel sistema formativo, La Nuova Italia, Firenze 1990; La
città educativa. Verso un sistema formativo integrato, Cappelli, Bologna, 1991.
M.Santerini, L’educatore tra professionalità pedagogica e responsabilità sociale, La
Scuola, Brescia, 1998, pp.102-103.
F.Frabboni, Un’aula grande come la mia città, in F.Frabboni, L.Guerra (a cura di), La città
educativa. Verso un sistema formativo integrato, op. cit., p.5 e 41.
Petter, F.Tessari (a cura di), I valori ed i linguaggi, Firenze, La Nuova Italia, 1990.
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