NUTRIENTI Effetti nutrizionale‐farmacologico‐tossico I nutrienti possono avere proprietà simili ai medicinali e quindi si possono verificare, con effetti anche importanti, interazioni e sovrapposizioni farmaci-nutrienti, farmaci-farmaci e nutrientinutrienti. I singoli componenti degli alimenti possono aumentare, ritardare o diminuire l'assorbimento dei farmaci. ***** I nutrienti possono comportarsi come farmaci e questi possono avere alcune proprietà dei primi. Le interazioni fra sostanze alimentari e farmaci possono essere 1) fisico-chimiche (ad esempio assorbimento, formazione di complessi, precipitazione), 2a) fisiologiche (quali variabili dietetiche che influenzano la disponibilità del farmaco) o 2b) fisiopatologiche (effetti tossici del farmaco che alterano l’assorbimento dei nutrienti). Normalmente le interazioni del primo tipo esitano in un ridotto assorbimento di uno dei due fattori, talvolta di entrambi. E’ il caso della tetraciclina quando assunta entro due ore da un cibo o supplemento contenente calcio. Le interazioni fisiologiche possono muoversi in entrambi i sensi: scarso od aumentato assorbimento dell’uno o dell’altro. Trattasi abitualmente di effetti reversibili e transitori, ma talvolta responsabili di significativi ritardi nella comparsa dell’effetto farmacologico od in una più marcata tossicità, o ancora in un drastico malassorbimento del nutriente con conseguenze anche drammatiche se trattasi di terapia prolungata. Qualche volta un dilazionato assorbimento del farmaco può anche essere auspicabile perché, in linea di massima, l’effetto collaterale si stempera; se invece l’interazione determina un’accelerazione del passaggio la tossicità può manifestarsi acutamente. Nel caso della digossina ad esempio, la presenza di fibra dietetica di tipo emicellulosico rallenta l’assorbimento (probabilmente a causa di un prolungamento nei tempi di svuotamento gastrico). Una situazione analoga abbiamo con la nifedipina, noto bloccante del canale del calcio, quando somministrato con un pasto ( anche modesto) povero in grassi. In questo caso l’effetto è vantaggioso per coloro nei quali questo tipo di farmaci provoca facile arrossamento da vasodilatazione. Al contrario un pasto ricco di lipidi accelererà l’assorbimento di preparazioni contenenti teofillina con un aumento di tossicità, cefalea, tachicardia ed agitazione. E’ d’altronde ben noto il caso di una gravissima ipokaliemia in corso di diarrea da abuso di lassativi. Le interazioni fisiopatologiche comprendono quei casi in cui la tossicità del farmaco si rende responsabile del blocco di alcune vie biosintetiche con conseguente inattivazione o mancato utilizzo di nutrienti da parte dell’organismo. Ne abbiamo esempi con il metotrexato, il trimetrexato e la sulfasalazina a carico dei folati. Volendo fare una sorta di classificazione potremmo dire che le interazioni fisico-chimiche influenzano: assorbimento, solubilizzazione, precipitazione, chelazione, scambi ionici e fotoattivazione. Interferenze di tipo fisiologico alterando invece la funzione gastrointestinale possono provocare iper- o ipofagia ed anche squilibri elettrolitici. Le lesioni fisiopatologiche si caratterizzano per tossicità a diversi livelli d’organo: fegato, rene, sistema nervoso, embriotossicità ed emolisi. Tutto questo implica naturalmente un rischio, più o meno accentuato a seconda del tipo di paziente trattato: cardiopatico, diabetico, ecc. Non va inoltre dimenticato che il malato assume alcuni farmaci per la malattia in sé, ma anche altri per curare le complicanze che dalla stessa derivano; la comorbilità è infatti un’ulteriore variabile di facile squilibrio. Non è rara la comparsa di una severa anemia sideropenica nel diabete senile con neuropatia del colon. In tale paziente un trattamento con farmaci antiinfiammatori non steroidei, ad esempio in corso di osteopatie, facilmente precipiterà un’ulcerazione di detto tratto con sanguinamento e successiva anemia, non di rado aggravata da una concomitante terapia anticoagulante o da un forte consumo di alcool. Abbiamo a disposizione quasi giornalmente esempi di associazioni non corrette, o d’impiego di farmaci il cui effetto potrebbe essere raggiunto con altra terapia, meno penalizzante per una lesione preesistente. Un esempio di quest’ultimo caso è dato dalla scelta di un diuretico tiazidico nella terapia dell’ipertensione. Poiché tali sostanze favoriscono l’iperglicemia si può scompensare un diabete preesistente o precipitare una latenza prediabetica. Accanto ad un aumento del colesterolo serico si nota infatti anche un leggero incremento dei trigliceridi. In questo caso sostituire il farmaco potrebbe essere agevole. Perlustrando invece, anche superficialmente, il settore “errata associazione” il panorama si arricchisce. Quanto spesso somministriamo sali di ferro ignorando che la contemporanea presenza nel lume intestinale di antiacidi, caffeina, cimetidina e tetracicline (tranne la doxiciclina) li fissano diminuendone la biodisponibilità? Sarebbe necessario che l’assunzione fosse separata di almeno due-tre ore. I farmaci che inibiscono la diiidrofolato-reduttasi (metotrexato, trimetoprim) e quelli che riducono l’assorbimento o l’immagazzinamento di acido folico (contraccettivi orali, antiepilettici) possono causarne una carenza con anemia megaloblastica. L’effetto dell’anticoagulante dicumarinico acecumarolo è aumentato dall’alcool, ma solo per intossicazione acuta, poiché nell’abuso cronico si riscontra il contrario. Lo stesso accade con la clorpropamide, il cui effetto stimolante la liberazione di insulina endogena è accentuato nel primo caso e ridotto nel secondo. La consigliata dose giornaliera di calcio (800-1200 mg) può rivelarsi preoccupantemente insufficiente quando non si tenga conto che il suo assorbimento è ridotto dagli alimenti ricchi di ossalato (cacao, spinaci, soia), di fosfati (riso naturale, crusca, farina di grano) e di fitati (pane integrale). Al contrario è aumentato dai citrati, dal lattosio e, notoriamente, dalla vitamina D. Il consumo di acidi grassi a lunga catena facilita, è risaputo, l’assorbimento di vitamine liposolubili, ma può aumentare la perdita di calcio nelle feci. L’attuale e comprensibile tendenza a ridurre l’apporto dietetico di grassi (l’obesità mondiale è in continua ascesa) ha portato alla sintesi di prodotti sostitutivi (esempio olestra) che hanno però ridotto l’assorbimento di vitamine liposolubili e di alcuni farmaci. La fibra può ridurre la biodisponibilità di ferro, zinco, calcio e magnesio, in particolare la fibra insolubile. Peraltro ridurre la fibra ed aumentare l’introito proteico porta a risultati analoghi. E’ noto da tempo che il tipo di dieta influenza la composizione della microflora intestinale (un basso consumo di carne ed un alto consumo di carboidrati complessi aumentano i batteri aerobi riducendo il numero di certi anaerobi) condizionandone l’attività metabolica e facilitando un possibile rebound sull’ospite. Parallelamente a questa tematica se ne pone una successiva, altrettanto interessante ma più subdola e foriera d’inquietanti potenzialità: quando il principio nutritivo si comporta da farmaco, come visto a più riprese per vitamine e simili. Già Miescher nel 1954 mise in evidenza l’effetto inbitorio sulla cheratinizzazione di dosi massicce di vitamina A: da 200.000 a 400.000 UI/die si ebbe in due-tre mesi la regressione del quadro ittiosico; dosaggi simili peraltro si dimostrarono nei bambini causa di anormalità nello sviluppo scheletrico e di emorragie (500.0000 UI/die). Riscontri analoghi sono stati riportati con la vitamina D3 (2500-15000 microgrammi/die): è stato osservato, accanto ad altri segni, la comparsa di ipercalcemia e alterazioni nella funzione renale. Un altro esempio abbiamo con la niacina, il cui effetto vasodilatatorio, ipotrigliceremizzante ed ipocolesterolemizzante LDL ne ha favorito l’utilizzo, ma dosi > 300 mg/die si accompagnano ad arrossamento, secchezza cutanea, nausea, diarrea e, talvolta, alterazioni cutanee di tipo acantosi nigricans. L’elenco potrebbe purtroppo continuare, ma basta senz’altro questa breve elencazione a suggerire quanto complesso e vasto sia l’argomento, del quale abbiamo volutamente non trattato i fattori dietetici che influenzano la biodisponibilità del farmaco (esempio tempo di svuotamento gastrico, ecc). Certamente la trattazione non può considerarsi esaurita e sotto certi aspetti nemmeno esauriente, ma è probabile che ora un contatto diretto o indiretto con l’argomento ci trovi meno approssimativi, che almeno ci stimoli al beneficio del dubbio. ***** 1. Far coincidere la somministrazione di un farmaco con un evento regolare come un pasto può essere una strategia per migliorare la compliance del paziente, specialmente se anziano. 2. Alcuni farmaci provocano reazioni avverse gastrointestinali e la somministrazione con il cibo ne aumenta la tollerabilità. 3. Il cibo può alterare lo svuotamento gastrico. 4. Il tempo di svuotamento gastrico può influenzare l’insorgenza e l’ampiezza dell’effetto farmacologico. 5. Normalmente il cibo altera unicamente la velocità della biodisponibilità orale di un farmaco: - Pasti caldi e solidi o liquidi viscosi rallentano lo svuotamento gastrico. Si allunga, così, il tempo di comparsa del farmaco nella circolazione sistemica e si abbassa il picco ematico. - Liquidi acquosi freddi accelerano lo svuotamento gastrico. 6. Il cibo può anche alterare l’entità della biodisponibilità orale di un farmaco: - Una riduzione, clinicamente importante, nell’assorbimento delle tetracicline, penicillamina e tiroxina deriva dal legame, a livello gastrointestinale, di questi farmaci con il calcio dei latticini o il ferro delle vitamine. - Un aumento nell’assorbimento di alcune preparazioni di metronidazolo o nitrofurantoina può determinarsi per la migliore dissoluzione del farmaco conseguente al ritardato svuotamento gastrico provocato dal cibo. ***** Il pompelmo e il succo di pompelmo inibiscono il CYP3A4 intestinale, con conseguente aumento del livello plasmatici dei farmaci che normalmente subiscono un elevato metabolismo di primo passaggio a livello intestinale ed epatico da parte di questo isoenzima del sistema citocromiale P450. Questi farmaci sono principalmente: calcioantagonisti dididropiridinici come nifedipina, felodipina, nitrendipina, nisoldipina, nimodipina (== ipotensione, cefalea) antistaminici come la terfenadina e l’astemizolo (= torsades de pointes) cisapride (= torsades de pointes) statine come lovastatina, simvastatina, atorvastatina, cerivastatina (= rabdomiolisi) ciclosporina (= danno renale) tacrolimus (= danno renale) benzodiazepine come triazolam e midazolam (= eccessiva sedazione) buspirone (= eccessiva sedazione) carbamazepina (= atassia) Anche l’arancio amaro contiene i principi del pompelmo (l’arancio amaro è utilizzato per le marmellate).