Modificazione degli aspetti neuroendocrini nelle malattie

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Rassegna
Modificazione degli aspetti neuroendocrini nelle malattie
psichiatriche dopo somministrazione di benzodiazepine:
revisione critica della letteratura
Modifications of neuroendocrinological parameters in psychiatric illness
after benzodiazepines administration: a review
GIUSEPPE ANGELINI, ANNA BRIGNOLO, SANDRA GENTILE, SILVANA LERDA, SANDRA ANSALDI
Dipartimento di Neuroscienze, Sezione di Psichiatria, Università di Torino
RIASSUNTO. Introduzione. È noto che alcuni disturbi psichiatrici si accompagnano ad alterazioni dell’asse ipotalamo-ipofisario e che malattie endocrine sono spesso caratterizzate da sintomi depressivi e ansiosi. Poiché i pazienti affetti da endocrinopatie potrebbero essere sottoposti in futuro a terapia benzodiazepinica, o già lo sono al momento del riscontro della patologia, alcuni studi hanno valutato gli effetti di tali farmaci sulla risposta ipofisi-surrenale. Inoltre, è stato recentemente scoperto che il CRH (Corticotropin Releasing Hormone) agisce anche come neurotrasmettitore ed è coinvolto nella fisiopatologia dello stress e dei disturbi d’ ansia. È pertanto ragionevole credere che le proprietà ansiolitiche delle benzodiazepine siano mediate almeno in parte da sistemi neuronali CRH-dipendenti. Lo scopo di questo lavoro è stato pertanto quello di presentare e discutere i risultati degli studi più significativi inerenti l’argomento, pubblicati nella letteratura internazionale e individuati tramite un’accurata ricerca bibliografica. Metodo. Gli studi esaminati sono stati individuati tramite la consultazione di Medline e la maggior parte di essi risale agli ultimi cinque-sei anni, essendo l’argomento ancora in fase di piena ricerca.
Risultati e conclusioni. Il dosaggio del cortisolo e dell’ ACTH in soggetti sani e affetti da morbo di Cushing ha dimostrato
che l’assunzione di temazepam, una benzodiazepina a breve emivita, inibisce nelle persone prive di patologia il picco sierico
di tali ormoni dopo stimolazione con CRH, mentre non sussistono differenze plasmatiche significative nel secondo gruppo.
È stato altresì considerato uno studio che valutasse gli effetti della somministrazione acuta e cronica di benzodiazepine sulla
secrezione di CRH e sulla densità dei recettori leganti il CRH sul Sistema Nervoso Centrale. In entrambe i casi si è osservato un decremento della concentrazione di CRH a livello del locus coeruleus.
PAROLE CHIAVE: ansia, benzodiazepine, ormone rilasciante le corticotropine, locus coeruleus.
SUMMARY. Introduction. Many patients with psychiatric illness may have disturbances of function of the pituitary-adrenal
axis and a lot of endocrinological deseases can show psychiatric symptoms. These pazients may be receiving benzodiazapines
drug when presenting for evaluation of their possible endocrinological alterations. For this reason some studies evaluated the
effects of benzodiazepine drug on the pituitary-adrenal response. Recently it was discovered that CRH is also a neurotransmitter, involved in physiopathology of stress and anxiety. In the view of this preclinical evidence it is reasonable to suggest that
anxiolytic effects of benzodiazepines are mediated,at least in part,by CRH-ergic neuronal systems. The aim of this study is to
discuss the results of the most important studies on the argument, published in international literature and found through a
careful bibliographic research. Method. The studies here examined have been found through the consultation of Medline and
most of them were published in the last 5-6 years, being this argument still under scruting. Results and conclusions.
Temazepam significantly inhibited the peak serum levels of cortisol and ACTH in normal subjects after CRH, but no differences were found in a group of pazients with Cushing’s syndrome.
Another study examined the effects of acute and chronic administration of benzodiazepines on CRH concentration,receptorbinding density. Both acute and chronic alprazolam administration decreased CRH concentration within locus coeruleus.
KEY WORDS: anxiety, benzodiazepines, corticotropin-releasing-hormon (CRH), locus coeruleus.
E-mail: [email protected]
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INTRODUZIONE
Gli ultimi cinquant’anni sono stati decisivi nel delineare una correlazione tra malattie psichiatriche e modificazioni neuroendocrine. Selye, intorno agli anni
quaranta, studiò la relazione tra stress e attivazione
dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene), già peraltro
dimostrata da Cushing, che per primo descrisse sintomi depressivi in pazienti con eccessiva secrezione di
cortisolo.
In quest’ottica le alterazioni endocrine possono essere viste sia come markers di riferimento per specifiche malattie psichiatriche, sia come condizioni favorenti, implicate nella loro eziopatogenesi.
L’asse HPA è il più indagato nello studio dello stress
e le conoscenze raggiunte sono indubbiamente maggiori di quelle concernenti altri ormoni. La scoperta
del CRH (Corticotropin Releasing Factor) e la successiva caratterizzazione hanno permesso di comprendere più a fondo il ruolo di tale peptide nell’indurre, a livello ipofisario, la secrezione di ACTH (Adreno-Corticotropin Hormon). Quest’ultimo esplica la sua azione sulla corteccia surrenalica: stimola la secrezione di
glucocorticoidi, il principale dei quali è rappresentato
dal cortisolo, che esplica un’azione catabolica su glicidi, protidi, lipidi e possiede rilevanti funzioni immunosoppressorie.
La secrezione dei fattori di rilascio ipotalamo-ipofisari e dei rispettivi ormoni da parte di organi periferici è controllata da circuiti a feed-back inibitori, che
coinvolgono specifici recettori sensibili ai livelli di ormoni circolanti.
Alterazioni ormonali sono state riscontrate in numerose patologie, prime tra tutte la depressione. Studi su
pazienti depressi hanno riscontrato varie modificazioni, associate ad alterati livelli di cortisolo (1):
a) ipercortisolemia dovuta ad un cattivo funzionamento del sistema di feed-back negativo, presente
soprattutto in depressioni gravi e in pazienti anziani rispetto a quelli più giovani e con sintomi di più
lieve entità;
b) mancata soppressione al test al desametasone: la
somministrazione di questo potente glucocorticoide di sintesi non inibisce la produzione endogena di
cortisolo;
c) ingrossamento del surrene;
d) aumentata risposta dei glucocorticoidi all’ACTH;
e) incrementati livelli di CRH nel liquor cerebrospinale;
f) diminuita risposta di ACTH dopo stimolazione con
CRH, verosimilmente attribuibili agli elevati livelli
di cortisolo, responsabili di un diminuito rilascio di
ACTH indotto da CRH.
In patologie quali anoressia nervosa (2), disturbi
d’ansia (3) e malattia di Alzheimer (4) si è riscontrata
un’iperattività dell’asse HPA, ma è possibile che le alterazioni ormonali siano dovute alla presenza di depressione in comorbidità o attribuibili allo stato di
malnutrizione che frequentemente accompagna tali
patologie.
I pazienti con diagnosi conclamata di disturbo posttraumatico da stress mostrano, invece, modificazioni
dell’asse opposte a quelle dei depressi. Presentano
dunque bassi livelli di cortisolo, iper-soppressione al
test con il desametasone (5) e ridotta risposta dell’ACTH post somministrazione di CRH (6).
Anche l’asse ipotalamo-ipofisi-tiroide (HPT) presenta spesso modificazioni nel corso di patologie psichiatriche. Nei pazienti depressi la secrezione giornaliera di ormone tiroideo può essere ridotta (7) e le
concentrazioni sieriche notturne di TSH sono risultate diminuite (8), sebbene questa osservazione possa
essere altresì spiegata dalla riduzione del sonno, circostanza assai comune nel depresso. Tale decremento
parrebbe essere secondario all’ipersecrezione cronica
del TRH ipotalamico, responsabile di una down-regulation dei recettori del TRH (9). La conferma di tale
ipotesi è data dal fatto che questi pazienti presentano
alti livelli di TRH nel liquor (10); è verosimile che
questo sia un meccanismo compensatorio allo stato
depressivo, come conferma la somministrazione di
TRH direttamente a livello liquorale che esplica un’azione antidepressiva rapida. Gli studi condotti su pazienti anoressiche hanno dimostrato risultati scarsamente significativi. Tuttavia è possibile che la persistenza di bassi livelli di TRH nel liquor, come si osserva spesso sia nella condizione sottopeso sia dopo aver
raggiunto il peso normale, possa rappresentare un
marcatore della malattia.
INTERAZIONI TRA BENZODIAZEPINE ED HPA
Numerosi studi sono stati condotti per valutare le
modificazioni indotte sull’asse HPA dall’uso di benzodiazepine. Tali recenti ricerche sono state avviate dall’osservazione che:
pazienti con disturbi endocrinologici accusano frequentemente sintomi psichiatrici;
soggetti in terapia benzodizepinica giungono sovente alla prima osservazione inviati dall’endocrinologo.
Un’interessante ricerca (11) ha studiato la risposta
dell’ipofisi e del surrene dopo stimolazione con CRH
in un gruppo di soggetti, cui erano stati somministrati
delle benzodiazepine. La dose, somministrata per os a
12 controlli sani e a 9 pazienti affetti da morbo di
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Cushing, è stata di 20 mg di temazepam. I risultati, ottenuti dopo stimolazione con CRH, (100 microgr i.v.),
hanno messo in luce che il temazepam inibiva in maniera significativa i livelli di cortisolo e di ACTH post
somministrazione di CRH, ma soltanto nei soggetti
normali e non in quelli affetti dalla patologia endocrina. I valori di cortisolemia sono stati di: 501nmol/l nei
soggetti che avevano ricevuto la benzodiazepina contro 611nmol/l nei riceventi placebo. Il picco di ACTH
nei primi ha assunto valore medio di 37ng/l, mentre
nei secondi di 54ng/l. Nei pazienti affetti da Cushing
non si sono evidenziate differenze significative tra i
due gruppi (cortisolo: placebo 947nmol/l contro temazepam 937nm/l; ACTH: placebo 126ng/l contro temazepam 117ng/l). La spiegazione più probabile a tale risposta è che l’ipercortisolemia, presente nei pazienti
con morbo di Cushing, sopprima il rilascio endogeno
di CRH, con conseguente abolizione della riduzione
della risposta ipofisaria-surrenale, normalmente indotta dal temazepam. Questi effetti delle benzodiazepine devono pertanto essere presi attentamente in
considerazione qualora si intraprenda una terapia ansiolitica in pazienti con patologie endocrine.
Analoghi studi (12) hanno dosato il livello di cortisolo basale in un campione di sesso maschile affetto
da disturbo da attacchi di panico in trattamento farmacologico. Alcuni di essi effettuavano un trattamento con basse dosi di alprazolam (media 0,62+/0,15mg/die), mentre altri con alte (media 1,08+/0,28mg/die). Si è riscontrato che il livello di cortisolo
plasmatico era significativamente più alto nei primi
rispetto ai secondi (media 13,90 microgr/ml vs.
9,06microgr/ml). Pertanto, la bassa concentrazione di
tale ormone è verosimilmente connessa all’azione
della benzodiazepina stessa a livello dell’asse ipotalamo ipofisario.
IL RUOLO DEL CORTICOTROPIN-RELEASINGHORMON COME NEUROTRASMETTITORE
NELLA PSICOPATOLOGIA
Il neuropeptide ipotalamico CRH (Corticotropin
Releasing Hormon) non è soltanto il principale regolatore dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Neuroni secernenti CRH, infatti, non sono localizzati esclusivamente nel nucleo paraventricolare (PV) ipotalamico.
Swanson et al (13) hanno dimostrato il ruolo del CRH
come neurotrasmettitore a livello di strutture extraipotalamiche:
nucleo della stria terminale (BNST);
nucleo centrale dell’amigdala (ceA);
locus coeruleus (LC).
È, pertanto ipotizzato che il CRH sia coinvolto, non
solo in funzioni endocrine, ma anche immunitarie,
comportamentali e autonomiche e che sia implicato
nella fisiopatologia dei disturbi d’ansia e depressivi.
Studi condotti post-mortem in encefali di vittime suicide per depressione hanno dimostrato un incremento
delle cellule secernenti CRH nel nucleo paraventricolare ipotalamico. È stato, inoltre, osservato un aumento della concentrazione di CRH nel liquor di pazienti
depressi, accompagnato da una diminuzione dei relativi recettori nella corteccia frontale. Nell’insieme queste due considerazioni indicano che, al di fuori dell’ipotalamo, la depressione è caratterizzata da un incremento del rilascio pre-sinaptico di CRH, seguito da
una down-regulation dei recettori. Numerosi altri studi
hanno evidenziato che la somministrazione intraventricolare di CRH in animali da esperimento induce risposte comportamentali di tipo ansioso e depressivo
(14). A conferma di ciò, l’utilizzo di antagonisti del
CRH ha dimostrato bloccare reazioni di paura e panico. Infine, un lavoro condotto su animali ha dimostrato come esperienze precoci nel corso dello sviluppo
abbiano un ruolo chiave nel determinare la responsività del CRH nell’adulto, provocando una potenziale
sensibilizzazione degli animali nei confronti di disturbi
stress correlati in fasi successive della vita (15). Nell’
insieme questi risultati costituiscono i fondamenti per
l’ipotesi che l’aumento di CRH cerebrale accompagnerebbe disturbi ansiosi e depressivi.
Qualche anno fa (16) è stata dimostrata l’esistenza di
due sottotipi di recettori del CRH:
CRH1: predominanti in cervelletto, ipofisi e neocortex;
CRH2: caratteristici dell’ipofisi anteriore e della neocortex; esistenti in due varianti CRH2A e CRH2B.
I primi prevalgono nelle regioni sub-corticali setto
laterali dell’ipotalamo ventro-mediale e rafe dorsale,
i secondi sono periferici.
Un ulteriore ligando endogeno, per il recettore del
CRH, chiamato urocortina lega con uguale affinità i
sottotipi di recettori del CRH, ma con un’affinità all’incirca dieci volte maggiore rispetto al CRH stesso.
Nel ratto l’espressione genica dell’urocortina è prevalente nel nucleo di Edinger-Westphal e dell’oliva superiore (regioni in cui non si produce CRH-mRNA),
del locus coeruleus e del rafe dorsale. È interessante
notare che in queste ultime due regioni si esprime solo mRNA relativo al CRH2A. Questo dato, tenuto anche conto dell’alta affinità dell’ urocortina per i recettori CRH2,suggerisce che essa potrebbe essere il ligando endogeno dei recettori CRH2.
Poco è tuttavia conosciuto riguardo al ruolo dell’
urocortina e dei relativi sistemi recettoriali nello stress
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e nella fisiopatologia dei disturbi psichiatrici. È, invece,
certo il coinvolgimento del CRH nella patogenesi dei
disturbi ansiosi, evidenziato in animali di laboratorio e
topi transgenici (17) che iper-esprimevano il gene codificante il CRH e dimostravano livelli elevati di ansia.
Negli uomini alte concentrazioni di CRH sono state
trovate nel disturbo post-traumatico da stress, caratterizzato da sintomi d’ansia severi (18).
Al contrario, antagonisti del CRH si sono rivelati ansiolitici in studi condotti su animali di laboratorio. Inoltre, la dimostrazione che topi knock-out per il gene del
recettore di CRH1 , ovvero topi mancanti del gene suddetto, mostravano una riduzione dell’ansia basale e indotta da stress, ha riproposto, in maniera più incisiva, il
ruolo del CRH nella genesi dei comportamenti ansiosi (19).
POSSIBILE RUOLO DELLE BENZODIAZEPINE
NEI CIRCUITI NEURONALI CRH-DIPENDENTI
Data l’importanza del CRH nello scatenamento dell’ansia, appare plausibile che l’azione ansiolitica delle
benzodiazepine sia, almeno in parte, riconducibile alla
loro dimostrata capacità di antagonizzare il rilascio di
CRH.
È stato evidenziato che le benzodiazepine hanno un
ruolo:
1) nel sopprimere l’attivazione dell’asse ipotalamoipofisi-surrene, come già precedentemente esposto;
2) nell’attenuare la secrezione di CRH stress-indotta
(20);
3) nel bloccare o diminuire gli effetti ansiogeni del
CRH (21).
Un altro studio (22), tuttavia, condotto su ratti e non
su umani, ha convalidato queste stesse ipotesi; sono
stati studiati infatti gli effetti della somministrazione
acuta e cronica di: alprazolam (agonista pieno),
FG7142 (agonista parziale inverso) e flumazenil (antagonista), valutando:
la secrezione di CRH e urocortina;
la densità dei relativi recettori espressi nel sistema
nervoso centrale;
l’espressione genica (mRNA) dei suddetti peptidi e
recettori.
I risultati ottenuti sono stati i seguenti:
a. Concentrazione di CRF dopo somministrazione
acuta di benzodiazepine
Sono state messe a confronto le curve dose-risposta
generate da tre farmaci diversi:
1. alprazolam (agonista pieno);
2. FG7142 (agonista parziale inverso);
3. flumazenil (antagonista).
I risultati osservati sono stati i seguenti:
la somministrazione acuta dell’agonista pieno ha
provocato una diminuzione della concentrazione a
livello del LC (32% rispetto ai controlli);
l’agonista parziale inverso ha invece prodotto un aumento del CRH (37% rispetto ai controlli);
l’antagonista flumazenil non ha determinato variazioni significative della concentrazione di CRH.
b. Concentrazione di CRH e attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene dopo somministrazione cronica
di benzodiazepine
In questo caso, la valutazione dell’attività dell’asse
ipotalamo-ipofisi-surrene è stata effettuata a distanza
di due settimane dall’inizio della somministrazione di
alprazolam.
I risultati ottenuti sono stati i seguenti:
1) la concentrazione plasmatica di ACTH (ormone
adreno-corticotropo) è diminuita del 5% rispetto ai
controlli;
2) la concentrazione di corticosterone ha subito un
decremento del 77%;
3) la concentrazione di CRH a livello del LC è diminuita del 25%, mentre nessuna alterazione del
CRH è stata evidenziata nell’amigdala.
c. Valutazione dell’espressione dell’mRNA dei geni
codificanti CRH, urocortina, recettori del CRH
È stata esaminata l’espressione del gene codificante
CRH a livello del BNST, ceA e nucleo di Barrington.
Queste regioni sono implicate nella genesi dei comportamenti ansiosi CRH-indotti.
Un decremento dell’espressione del CRH mRNA
(30% rispetto al controllo) è stata dimostrata nel ceA,
mentre non sono state rilevate alterazioni nelle altre
regioni prese in considerazione.
È stata anche valutata l’espressione del gene codificante urocortina nel nucleo di Edinger-Westphal, la regione del Sistema Nervoso Centrale con maggiore produzione del suddetto peptide. L’aumento dell’espressione genica è stato del 107%rispetto ai controlli.
La diminuzione più significativa di mRNA recettoriale è stata osservata nell’amigdala (32% rispetto ai
controlli). Modesti, ma significativi decrementi, si sono
verificati anche nella corteccia cerebrale frontale e
parietale.
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In contrasto con la diminuzione dell’espressione dei
recettori di CRH1 il trattamento cronico con alprazolam ha evidenziato un aumento significativo (42%rispetto ai controlli) dell’espressione dell’mRNA diCRH2A nel LC.
Variazioni della densità recettoriale sono state dimostrate parallelamente con metodi radio-immunologici.
DISCUSSIONE
Dalla letteratura considerata emerge l’esistenza di
una correlazione tra l’asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene e le benzodiazepine. La ricerca nasce dall’osservazione che pazienti con disturbi endocrinologici
manifestano frequentemente sintomi psichiatrici e che
spesso giungono ad una prima osservazione dall’endocrinologo. Essendo, quindi, le benzodiazepine farmaci
che possono essere usati per il controllo dei sintomi
psichiatrici nei pazienti con patologie del sistema endocrino, è ragionevole chiedersi quali possano essere i
loro effetti sulla mediazione ipofisaria.
Dai primi studi da noi considerati emerge che le benzodiazepine esplicano un effetto inibitore sulla secrezione di cortisolo e ACTH, a seguito di stimolazione
con CRH. È stato ipotizzato che le benzodiazepine inibiscano i livelli circolanti di ACTH e cortisolo, come
conseguenza dell’alterata secrezione di CRH, indotta
dagli stessi farmaci. Nel cervello, così come in altri tessuti, sono stati trovati specifici siti di legame per le
benzodiazepine.
Sono stati caratterizzati due tipi di recettori per le
benzodiazepine:
centrali;
periferici.
I primi sono associati al canale del cloro (23), mentre
i secondi, detti anche mitocondriali, si trovano ad alte
concentrazioni nella corteccia surrenale, nei testicoli,
nell’ipofisi (24) e nelle cellule gliali. Sebbene l’esatta
funzione di questi ultimi non sia stata ancora stabilita
con certezza, è probabile che essi abbiano un ruolo
nella steroidogenesi periferica e centrale. Poche sono
le informazioni, sinora raccolte, circa gli effetti diretti
delle benzodiazepine sul rilascio di ACTH e di altri ormoni ipofisari. Nel ratto è noto che agenti GABA ergici inibiscano la secrezione di POMC (proopiomelanocortina) da parte del lobo intermedio ipofisario
(25).
In uno studio, condotto su uomini, l’alprazolam ha
provocato un decremento del rilascio di ACTH, sopprimendo probabilmente la secrezione di CRH endogeno, ipotalamico. L’ipercortisolemia dei pazienti affetti da Cushing, rappresentante un “freno inibitorio”
a livello sull’ipofisi, maschera pertanto l’effetto di spegnimento esercitato dal farmaco sull’asse HPA.
Analoghe ricerche hanno ulteriormente confermato
l’ipotesi del ruolo inibitore delle benzodiazepine sull’asse HPA. Non soltanto, i risultati ottenuti sembrano
suggerire un effetto dose dipendente. Un gruppo di pazienti affetti da disturbo da attacchi di panico e trattato
con dosi maggiori di alprazolam rispetto ad un altro
gruppo in terapia ma con dosi minori ha mostrato livelli di cortisolemia significativamente più bassi.
Ulteriori affascinanti ricerche si sono occupate di
valutare le variazioni plasmatiche di altri ormoni,
quali ad esempio la prolattina e l’ormone della crescita, a seguito di somministrazione di alprazolam.
Entrambe hanno mostrato un incremento plasmatico
dopo assunzione di alprazolam. Questa osservazione
denota che l’effetto delle benzodiazepine si ripercuote non soltanto sull’asse HPA, ma anche su altri sistemi ormonali, e ciò verosimilmente a causa della molteplicità di recettori benzodiazepinici periferici. Riguardo quest’ultima ipotesi pochi sono attualmente
gli studi disponibili, per cui necessitano di ulteriori
conferme.
Farmaci con una diversa affinità per i recettori delle
benzodiazepine possono provocare una gamma di
azioni differenti, che vanno dalla profonda sedazione,
fino alla genesi di ansia.
Questa ipotesi è stata confermata dalla dimostrazione che agonisti pieni, somministrati acutamente diminuiscono la concentrazione di CRH nel LC, mentre
agonisti parziali inversi possono provocare aumenti
del suddetto neuropeptide.
La somministrazione cronica di alprazolam induce
quindi, un decremento del rilascio di CRH ma, contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, si assiste ad un
aumento di urocortina nel nucleo di Edinger-Westphal
e dei recettori leganti CRH2A nel setto laterale e ipotalamo ventro-mediale.
Tale relazione recettoriale inversa suggerisce le seguenti possibilità:
i sistemi neuronali diversi (CRH e CRH
dipen1
2A
denti) possono essere inversamente regolati da ansia
e stress;
i recettori di tipo CRH
rappresentano un sistema
2A
antiparallelo al sistema dello stress.
Quindi mentre il sistema recettoriale CRH1 sembra
essere coinvolto nella genesi dell’ansia, il sistema
CRH2A esercita un ruolo “tamponante” per lo stress.
L’uso delle benzodiazepine, comportando un aumento dell’espressione dei recettori CRH2A e del relativo ligando urocortina, potrebbe pertanto rafforzare
l’attività dei sistemi neuro-biologici coinvolti nei meccanismi di coping allo stress.
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