Tursiope Specie: Tursiops truncatus – Nome comune: TURSIOPE E’ il delfinide più frequentemente avvistato sotto costa. E’ specie adattabile ad habitat differenti e può vivere in acque costiere, a volte negli estuari, ma frequenta anche le acque pelagiche. E’ specie prevalentemente ittiofaga, ma può nutrirsi anche di cefalopodi, crostacei e altri invertebrati. I grandi squali sono i predatori di questa specie. E’ specie diffusa in tutti i mari e gli oceani temperati e tropicali del mondo. E’ molto comune ed ampiamente distribuita anche nelle acque italiane. La sua presenza è continua dal Mar Ligure, al Tirreno, al Canale di Sicilia e diventa specie preponderante nell’Adriatico, dove, in particolare nella parte settentrionale, è l’unico cetaceo abitualmente presente. Non esistono dati riguardanti un eventuale declino della specie. Nel Mediterraneo la specie può essere vittima di catture accidentali nelle reti da pesca ed è stata colpita da moria causata da infezioni virali. Averla Piccola Nome comune: AVERLA PICCOLA Specie: Lanius collurio La popolazione nidificante in Italia dovrebbe essere compresa 50.000 – 120.000, coppie, sebbene per il nostro paese si tratti solo di una stima approssimativa. In inverno migra nei quartieri di svernamento situati nella parte orientale dell’Africa dalla fascia tropicale al Sud‐Africa. Nel SIC è migratrice e forse nidificante. La specie è in forte calo in tutto il paese, e negli ultimi anni tale calo, almeno in Campania, si è fatto ancora più evidente. Si rende pertanto necessario monitorare con attenzione le popolazioni residue della nostra regione, verificando anche la permanenza delle condizioni ambientali idonee alle attività trofiche ed alla nidificazione: spazi prativi con presenza di arbusti, preferibilmente biancospini, da cui osservare il territorio di caccia e vegetazione bassa dove collocare i nidi. Una corretta gestione del SIC deve quindi prevedere il monitoraggio di tali ambienti, intervenendo eventualmente per evitare che vengano a saturarsi di vegetazione arborea, perdendo gli spazi aperti necessari alla specie per l’attività di caccia. Nella ZPS è migratrice regolare e nidificante. La specie, è in forte calo soprattutto in Campania. Fondamentale per la sua conservazione è la permanenza delle condizioni ambientali idonee: spazi prativi con presenza di arbusti, da cui osservare il territorio di caccia. Il Biacco Il biacco (Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)), precedentemente classificato come Coluber viridiflavus è un serpente frequente nelle campagne e nei giardini, sia in terreni rocciosi, secchi e soleggiati, sia in luoghi più umidi come le praterie e le rive dei fiumi. È detto anche milordo o colubro verde e giallo. La sua colorazione è dominata nelle parti superiori dal nero, il ventre è di colore chiaro. Il capo e il dorso hanno screziature di color giallo formanti un reticolo irregolare che, a partire dal basso ventre e fino all’estremità caudale assume l’aspetto di un fascio di linee longitudinali gialloverdastre (circa venti), ma nel Meridione e nelle isole le popolazioni sono prevalentemente melaniche. In media gli adulti raggiungono i 120–130 cm; eccezionalmente può arrivare a 2 m. Occhio in contatto con almeno 2 sopralabiali; 187-212 vertebre nei maschi e 197-217 nelle femmine. 97-124 paia di sottocaudali nel maschio e 91-119 paia nella femmina. 19 squame dorsali. Negli adulti la colorazione di fondo delle parti superiori è verde-giallastra. I piccoli invece presentano, fino all’età di un anno, una colorazione caratteristica: la testa presenta già il reticolo giallo e nero mentre il resto del corpo ha una tonalità grigio-celeste uniforme. Diversamente dalla biscia d’acqua, le squame del dorso sono completamente lisce. È un serpente molto agile e veloce (fino a 11 km all’ora), ottimo arrampicatore e buon nuotatore. È una specie diurna. Si difende in modo primario con una velocissima fuga, spesso verso un rifugio sicuro; quando viene bloccato dispensa rapidi morsi non particolarmente potenti. Si nutre di altri rettili (in particolare piccoli sauri ed altri serpenti, dalle bisce d’acqua alle vipere), di uova di uccelli e nidiacei (o anche adulti di specie piccole), di piccoli mammiferi (in particolare topi e ratti) e anfibi anuri, urodeli e apodi; occasionalmente nuota agilmente in immersione, alla ricerca di piccoli pesci. Spesso lotta con alcuni animali, come ramarri, lucertole ocellate e rospi di grandi dimensioni; tuttavia gli esiti risultano altalenanti, così che la preda diventa predatore e viceversa. Se disturbato dall’uomo, preferisce la fuga. Se afferrato, non esita ad affrontare l’aggressore e a difendersi vigorosamente con ripetuti morsi, tuttavia poco pericolosi, in quanto è completamente sprovvisto di veleno e di denti atti ad iniettarlo. La lampreda Petromyzon marinus – La lampreda di mare è una specie appartenente alla classe degli Agnati, predatore parassita di altri pesci. Questa specie dimora presso i litorali marini e risale lungo i fiumi nel periodo della riproduzione (tipico esempio di migrazione anadroma), che avviene in zone con correnti rapide e fondali ghiaiosi. È una specie diffusa lungo tutte le coste europee, sia del Mediterraneo che dell’Atlantico; la si trova anche in America settentrionale, da Terranova alla Florida. In Italia è presente lungo tutte le coste marine, lungo il corso medio e inferiore del Po, e nei fiumi Ticino, Lambro, Scrivia, Adige, Arno, Tevere e Magra. Corpo lungo fino a 1,2 metri con un peso che arriva fino a 2,5 kg, cilindrico affusolato, compresso posteriormente, con una doppia pinna dorsale; bocca ovale con piastra sopraorale munita di due denti vicini tra loro, piastra suborale con 7-9 denti e 4 piastre labiali con due denti ciascuna. Gli esemplari adulti hanno una livrea bruno-nerastra sul dorso, con macchie scure su fondo giallo verdastro sui fianchi e il ventre biancastro, mentre gli esemplari giovani presentano una colorazione uniforme bruno-chiara. La lampreda di mare adulta è un parassita che attacca molti pesci marini e d’acqua dolce, compresi salmoni, trote, aringhe, sgombri e alcuni squali. Si attacca alla preda con i denti e ne succhia il sangue utilizzando la ruvida lingua. Per la riproduzione, migra dal mare all’acqua dolce. L’apertura del canale di Welland nel 1929 permise alle lamprede di mare di arrivare ai Grandi Laghi del Nord America, costringendole però a restarvi, senza più sbocco al mare, e provocandone un’enorme diffusione a spese delle specie locali. Gli accoppiamenti avvengono tra la primavera e l’inizio dell’estate, dopo che la coppia risale i corsi dei fiumi e scava tra la ghiaia una buca in cui vengono deposte le uova di circa 1 mm di diametro. Durante il loro viaggio nuziale, le lamprede non si nutrono e, dopo la deposizione, muoiono. Dopo la schiusa le larve, che hanno colore uniforme e un’unica pinna dorsale, si spostano in tratti di fiume a corrente tranquilla e trascorrono nel fango da 2 a 5 anni prima di compiere la metamorfosi, dopo la quale, raggiunta una lunghezza di 10-20 cm, migrano verso il mare. Il Mignattino Chlidonias niger – Il Mignattino – Il mignattino (Chlidonias niger, Linnaeus 1758), è un uccello della sottofamiglia Sterninae nella famiglia Laridae. Il mignattino è visibile in tutti i continenti, in Italia esistono rare nidificazioni all’interno della Pianura padana, in ambienti con presenza di acqua. Nidifica in primavera inoltrata.