Maree - Università del Salento

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Dispensa n. 3 del corso di
PLANETOLOGIA
(Prof. V. Orofino)
LE MAREE NEL SISTEMA SOLARE
Università del Salento
Corso di Laurea Magistrale in Fisica
A.A. 2012-2013
Ultimo aggiornamento: Novembre 2012
1. Introduzione
Le “maree”, cioè la variazione periodica del livello delle acque del mare (v.
fig. 1), sono un fenomeno noto all’uomo fin dall’antichità.
Fig. 1 - Alta e bassa marea nella baia di Fundy in Canada.
Chiunque abbia abbastanza pazienza da osservare per molto tempo il mare
lungo lo stesso tratto di costa non può fare a meno di notare l’estrema regolarità della
marea: il livello del mare sale e scende due volte al giorno; tra un’alta marea e la
successiva passano circa 12 ore e mezza, ed è facile notare che questo periodo è la
2
metà del “giorno lunare” (inteso come l’intervallo tra due successive levate della
Luna) dato che il nostro satellite naturale, a causa del suo moto di rivoluzione attorno
alla Terra, sorge ogni giorno con circa 50 minuti di ritardo rispetto al precedente.
Inoltre l’ampiezza della marea:
A = hmax - hmin ,
data dalla differenza tra il massimo (hmax) e il minimo (hmin) livello delle acque, non
solo varia da luogo a luogo (a seconda delle caratteristiche della costa), ma varia nel
corso di un mese: quando la Luna è nuova o piena (cioè quando si trova in
congiunzione o in opposizione con il Sole) l’ampiezza della marea è massima, mentre
al primo e all’ultimo quarto è minima.
E’ quindi evidente l’esistenza di una connessione tra le maree e la posizione
della Luna e del Sole. Tuttavia le prime spiegazioni del fenomeno mareale, aventi
almeno la pretesa di essere scientifiche, non sempre riconoscevano tale connessione;
più spesso esse si basavano su idee vaghe e largamente diffuse a quei tempi, come
quella del respiro della Terra (vista come un gigantesco essere vivente) che si riteneva
si manifestasse attraverso il continuo fluire e rifluire delle acque. D’altronde anche
molti secoli più tardi Leonardo da Vinci, che pure si procurò informazioni precise e
dettagliate sulle maree in diversi luoghi europei, respinse l’idea di un’azione della
Luna quale causa del fenomeno. Solo dopo che Newton ebbe enunciato la legge della
gravitazione universale fu possibile dare un’interpretazione soddisfacente di questo
fenomeno.
In tab. 1 sono riportati alcuni valori di A, relativi ad alcuni siti sparsi nel
mondo, in cui l’ampiezza di marea è molto grande. L’esempio del fenomeno forse più
noto è quello della località francese di Mont Saint Michel (al confine tra Bretagna e
Normandia), che, a seconda delle maree, da isola si trasforma in promontorio.
Tab. 1  Valori dell’ampiezza di marea A in varie località
3
2. Maree terrestri: principi di base
Per semplificare la trattazione trascuriamo almeno per il momento sia l’azione
del Sole che gli effetti della rotazione terrestre intorno al proprio asse e supponiamo
che tutta la superficie solida della Terra, considerata come un corpo perfettamente
rigido, sia uniformemente ricoperta da uno strato d’acqua e che quest’ultima abbia
inoltre la caratteristica di obbedire istantaneamente alla forza gravitazionale della
Luna.
Come si vede in fig. 2, la Luna attira verso di sé ciascuna particella della Terra
solida e ciascuna particella d’acqua comunicando loro accelerazioni inversamente
proporzionali al quadrato della distanza tra la particella in questione ed il centro O’
della Luna.
Fig. 2 – Geometria del processo di formazione delle maree
In A l’accelerazione relativa (rispetto al centro della Terra) dovuta alla Luna è
evidentemente la differenza tra i vettori a L (A) e a 0 . Poiché queste accelerazioni sono
parallele risulta che:



a L ( A)  a L ( A)  a 0   G
mL
r  R 
2
rˆ  G
mL
rˆ
r2
 1
1 
2r R  R2
 2   G mL
a L ( A)  G mL 
2
r 
r  R 2 r 2
 r  R 
Ora, poiché il raggio R della Terra è piccolo rispetto alla distanza r tra la Terra
e la Luna, si può trascurare a numeratore il termine R2, mentre a denominatore al
posto della differenza (r – R)2 si può lasciare soltanto r2. In definitiva si ha:
4
a L ( A)  2
GR m L
r3
(1)
Tale accelerazione punta in verso opposto al centro della Terra in quanto,
come abbiamo visto, aL(A) > ao.
Con procedimento analogo si può provare che in B l’accelerazione relativa
dovuta alla Luna vale:



a L ( B )  a L ( B )  a 0   G
mL
r  R 
2
r̂  G
mL
r̂
r2

2 R mL
2r R  R2
1
1 
a L ( B )  G m L 
G
m

 G

L
2
2 
2 2
r 
r3
r  R  r
 r  R 
ed in modulo:
a L ( A)  2
GR m L
r3
(2)
e che anch’essa, poiché aL(B) < ao, punta in verso opposto al centro della Terra. Si può
quindi concludere che nei punti A e B l’azione della Luna indebolisce la forza di
gravità.
Nei punti C e D invece le accelerazioni relative (sempre rispetto al centro della
Terra) dovute alla Luna e cioè a ' L (C )  a L (C )  a 0 e a' L ( D)  a L ( D)  a 0 , come si
vede dalla fig. 2, sono dirette verso il centro della Terra. Di conseguenza in C e D
l’azione della Luna rafforza la gravità.
Nei punti intermedi, tra A e C e tra A e D, le accelerazioni relative sono dirette
verso il punto A dove la Luna è allo zenith, mentre tra B e C e tra B e D sono dirette
verso il punto B dove l’astro è al nadir. Le forze corrispondenti a queste accelerazioni
nei diversi punti della Terra sono mostrate nella fig. 3.
Come si intuisce dalla fig. 3, l’attrazione lunare fa dunque in modo che lo
strato d’acqua terrestre assuma la forma d’equilibrio di un ellissoide allungato nella
direzione della Luna, producendo così in vicinanza dei punti A e B un flusso di marea,
cioè il massimo innalzamento delle acque e, in vicinanza di C e D, un riflusso.
La rotazione della Terra ha poi per effetto di spostare ad ogni istante il
rigonfiamento di marea. Supponiamo per esempio che, all’istante in cui si verifica la
situazione illustrata nella fig. 4, un osservatore O si trova dove la Luna è allo zenith,
ossia in A; dopo 12 ore e 25 minuti, O avrà la Luna al nadir (l’osservatore sarà cioè in
B) e perciò in tale intervallo di tempo egli avrà visto l’acqua scendere dal livello
massimo al livello medio, poi al minimo (quando O era in C) e quindi di nuovo
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risalire al medio ed al massimo, assistendo cioè ad un ciclo mareale completo. Per
questo motivo in un giorno lunare, cioè in un intervallo di 24 ore e 50 minuti, un
osservatore rileverà due alte maree e due basse maree.
Fig. 3 – Deformazione dello strato d’acqua per effetto mareale. In ogni punto è mostrata la locale forza
generatrice della marea.
Fig. 4 – Deformazione dello strato d’acqua per effetto mareale. Il piano del foglio rappresenta il piano
equatoriale della Terra nel quale si assume, in prima approssimazione, che orbiti la Luna. La linea
tratteggiata indica l’equatore terrestre in assenza delle forze mareali, mentre la linea continua mostra la
forma che assume quando si tiene conto della loro presenza.
Anche il Sole produce maree sulla Terra in modo del tutto analogo alla Luna
(con periodo di 12 ore, si veda fig. 5) ma l’intensità delle forze generatrici è 2.2 volte
più debole, in quanto:
FM , L
FM , S
mL
r3

 2.2
mS
d3
6
In effetti, con procedimento identico a quello che ci ha permesso di giungere
alla (1) ed alla (2), si può provare che l’accelerazione relativa (rispetto al centro della
Terra) dovuta all’attrazione solare vale 2G mS R / a3, dove mS è la massa del Sole ed a
la distanza Terra-Sole.
Fig. 5 – Effetti mareali del Sole sulla Terra.
3. Effetto dell’attrito di marea sul sistema Terra-Luna
Come abbiamo già visto, il gradiente gravitazionale soprattutto lunare provoca
sul nostro pianeta un rigonfiamento sia delle masse d’acqua che della Terra solida e
molto probabilmente anche dell’atmosfera e del nucleo. Tuttavia la viscosità degli
oceani, dell’atmosfera e del nucleo e la non perfetta elasticità della litosfera
comportano dei processi dissipativi che generano un ritardo nella risposta di marea
per cui i rigonfiamenti mareali non risultano perfettamente allineati con la
congiungete i centri della Terra e della Luna.
Soffermiamo la nostra attenzione soprattutto sugli effetti della viscosità degli
oceani che gioca nel processo di dissipazione un ruolo più importante di quello svolto
sia dalla non elasticità della litosfera che dalla viscosità dell’atmosfera e del nucleo.
A tal proposito si può dire più precisamente che, a causa dell’attrito tra la
Terra solida e l’acqua e del fatto che la Terra ruota intorno al proprio asse più
velocemente della Luna intorno alla Terra (1 giorno contro 28), i rigonfiamenti
mareali, i quali dovrebbero sempre trovarsi allineati con la congiungente Terra-Luna,
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sono invece trascinati in avanti dalla rapida rotazione della Terra solida e perciò
avanzano rispetto alla linea dei centri. Per questo l’attrazione gravitazionale che la
Luna esercita su di essi, essendo maggiore per il più vicino che non per il più lontano,
dà luogo ad una coppia di forze, cioè all’insorgere di un momento di marea, tendente
a contrastare la rotazione della Terra, rallentandola (si veda fig. 6).
Fig. 6 – Momento meccanico di marea esercitato dalla Luna sulla Terra. La freccia attorno ad O
indica il verso di rotazione della Terra. Le due frecce applicate in A e in B rappresentano la forza di
attrazione esercitata dalla Luna sui rispettivi rigonfiamenti mareali. Come si vede, la forza in A è
maggiore di quella in B, poiché A è più vicino alla Luna, e perciò l’effetto risultante è di rallentare la
rotazione della Terra.
Inoltre, dato che il sistema Terra-Luna può essere considerato isolato (essendo
l’azione del Sole abbastanza trascurabile), il momento angolare totale del sistema in
buona approssimazione si conserva; per questo il rallentamento della rotazione
terrestre, cioè la riduzione del momento angolare della Terra, è accompagnato da un
aumento del momento angolare orbitale della Luna. Come conseguenza, poiché (in
base alla relazione (5) che vedremo tra poco), all’aumentare del momento angolare
orbitale JL della Luna, aumenta anche la distanza r dalla Terra, il nostro satellite
scivola lentamente su un’orbita via via più larga, allontanandosi dal pianeta, mentre la
sua velocità angolare orbitale ωL, data dalla (4) che pure vedremo, progressivamente
diminuisce.
Ciò può essere provato nel seguente modo. Come sappiamo (vedi fig. 7), la
Terra e la Luna ruotano intorno ai propri assi con velocità angolari ω e ωL’, mentre il
sistema Terra-Luna ruota intorno al suo centro di gravità C con velocità angolare ωL
(più tardi vedremo che attualmente risulta ωL’ = ωL ).
Il reale moto di rotazione del sistema intorno al proprio baricentro, che
costituisce un tipico problema a due corpi, in teoria è esattamente equivalente a quello
8
di un sistema composto da un’ipotetica Terra di massa pari a quella totale del sistema,
non sottoposta ad alcuna forza e con il centro immobile nel baricentro del sistema e da
una Luna fittizia di massa pari alla massa ridotta del sistema:

mL M
mL  M
che le ruota attorno, soggetta ad una forza F = G mL M/r2 (dove r è la distanza tra i
centri di questi due corpi ipotetici). In altre parole, ai fini della derivazione del moto
relativo tra la Terra e la Luna, si può benissimo considerare il nostro pianeta fermo nel
baricentro del sistema e la Luna, di massa µ, che orbita attorno ad esso ad una
distanza r, soggetta ad una forza F = G mL M/r2.
Fig. 7 – Rotazione del sistema Terra-Luna.
L’equazione del moto del nostro satellite è allora:
F=μa
dove a = ωL2 r è l’accelerazione centripeta dovuta alla rotazione intorno al centro della
Terra ed F è al solito la forza gravitazionale. Quindi deve risultare:
G
mL M
mL M

L 2r
2
mL  M
r
per cui semplificando si ottiene:
 L 2 r 3  G (m L  M )
(3)
9
cioè:
L2 
G (m L  M )
r3
(4)
da cui si vede, come sopra accennato, che la velocità angolare orbitale ωL del nostro
satellite progressivamente diminuisce all’aumentare della distanza r dalla Terra.
Inoltre, per la definizione di momento angolare orbitale JL = μ ωL r2, si ha:
J L   G (mL  M )r
.
(5)
Ora, il momento angolare totale del sistema Terra-Luna è dato da:
JTOT = J + JL + J ’L  J + JL
dove:
J = momento angolare assiale della Terra;
JL = momento angolare orbitale del sistema;
J ’L = momento angolare assiale della Luna (trascurabile rispetto ai precedenti).
Poiché il sistema Terra-Luna, in prima approssimazione, può essere considerato
isolato, il suo momento angolare si conserva, per cui JTOT  costante. Quindi, se J
diminuisce, allora JL aumenta e, per la (5) anche r aumenta. Quindi, come
preannunciato, una diminuzione della velocità di rotazione terrestre comporta un
aumento della distanza Terra-Luna.
Tornando alla diminuzione della velocità assiale della Terra, evidentemente
essa comporta un aumento del periodo di rotazione, cioè la durata del giorno
lentamente aumenta. Esistono prove paleontologiche che supportano tale scenario.
In effetti, dal conteggio degli anelli d’accrescimento giornaliero di coralli
fossili del Carbonifero (Mississipiano), risalenti a 340 milioni di anni fa, alcuni
ricercatori hanno trovato che in quel periodo l’anno era costituito da 397 giorni.
Poiché la lunghezza dell’anno non è influenzata dall’attrito di marea, ed è in
pratica costante, anche allora l’anno era lungo 3.2  107 sec, per cui la durata del
giorno, pari a 1/397 di questo valore, era di 8  104 sec, cioè di 22.2 h.
4. Evoluzione mareale del sistema Terra-Luna e di altri sistemi pianeta-satellite
Fino ad ora abbiamo sempre parlato della velocità orbitale della Luna e assiale
della Terra e delle loro variazioni, trascurando la velocità assiale ωL’ del nostro
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satellite che attualmente ha un valore pari a ωL e quindi corrisponde ad un periodo di
28 giorni. Un tempo, però, la situazione era completamente differente.
Una possibile teoria, invero abbastanza accreditata tra i ricercatori, è che la
Luna si sia formata in un’orbita equatoriale per “accrezione”, cioè dall’aggregazione
di materiale scagliato via dal mantello terrestre a causa di un impatto della Terra con
un corpo delle dimensioni di Marte e rimasto in orbita intorno al nostro pianeta.
All’epoca della sua formazione, quasi contemporanea a quella della Terra (circa 4
miliardi e mezzo di anni fa), la distanza della Luna dal nostro pianeta doveva essere
compresa tra 10 e 23 raggi terrestri, corrispondente ad un periodo di rotazione iniziale
della Terra pari a 6 o 8 ore.
Come mostrano gli studi sulla rotazione di certi asteroidi e dei pianeti giganti,
questo intervallo di valori del periodo di rotazione era abbastanza comune nelle fasi
iniziali del sistema solare.
Dalle considerazioni precedenti bisogna concludere che anche la Luna appena
formata doveva avere un periodo molto breve, ben lontano dall’attuale. Cosa è dunque
successo al nostro satellite per ridurre così drasticamente la sua velocità di rotazione
assiale?
Per rispondere a questa domanda bisogna considerare che, così come la Luna
esercita delle forze di marea sul nostro pianeta, anche la Terra, a sua volta produce
delle maree sulla Luna.
L’attrito di marea sul nostro satellite, causato dalla non perfetta elasticità dei
materiali lunari, in maniera del tutto simile a quello sulla Terra, ha rallentato la
rotazione lunare, allontanando contemporaneamente la Terra e dissipando energia
sotto forma di calore. Tale processo dissipativo è andato avanti finché non si è
realizzata una situazione detta di “corotazione” in cui il periodo di rotazione assiale
della Luna ha uguagliato esattamente il periodo orbitale (ωL’ = ωL ), motivo per cui da
quel momento in poi il nostro satellite ci rivolge sempre la stessa faccia. Quando ciò è
accaduto i rigonfiamenti mareali sulla Luna hanno smesso di essere trascinati in
avanti dal suo moto di rotazione assiale ma sono rimasti allineati lungo la linea dei
centri, cosicché il momento di marea si è annullato e con esso la dissipazione di
energia rotazionale.
Si stima che il tempo necessario per arrivare alla corotazione della Luna per
evoluzione mareale sia stato dell’ordine di 10 milioni di anni, cioè abbastanza breve
rispetto all’età del sistema solare (grosso modo pari a quella della Terra e cioè 4
miliardi e mezzo d’anni circa).
Per i satelliti degli altri pianeti del sistema solare la prima domanda che ci
poniamo è se anch’essi, come la Luna, volgono sempre la stessa faccia ai rispettivi
pianeti oppure no. E la risposta è che durante la vita del sistema solare hanno avuto il
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tempo di raggiungere la fase di corotazione, per effetto dell’attrito di marea causato
dal pianeta, entrambi i satelliti di Marte, i primi cinque satelliti principali di Giove (il
più interno, Amaltea, più i successivi quattro scoperti da Galileo), i primi sette satelliti
principali di Saturno (fino a Giapeto, che è il più lontano), i cinque maggiori satelliti
di Urano ed infine Tritone, che è il satellite più interno di Nettuno.
Una volta che si stabilisce la corotazione del satellite, l’evoluzione successiva
del sistema pianeta-satellite può seguire due strade differenti a seconda che il periodo
di rivoluzione del satellite (Priv) risulti minore o maggiore del periodo di rotazione
assiale del pianeta (Prot).
Il primo caso (Priv < Prot) non è molto comune nel sistema solare e, per quanto
ne sappiamo, è realizzato con certezza per Fobos, il satellite più interno di Marte, per i
due satelliti di Giove, Metis e Adrastea, per ben 11 satelliti di Urano, tra cui Cordelia,
Ofelia, e per 5 satelliti di Nettuno, tra cui Galatea e Larissa. Nel caso di Fobos, per
esempio, poiché, quando si è realizzata la corotazione, il “mese” del satellite era
appunto più corto del “giorno” di Marte, i rigonfiamenti mareali del pianeta rosso,
anziché essere trasportati in avanti come accade sulla Terra, restano indietro rispetto
alla linea dei centri, di modo che la diversa attrazione gravitazionale di Fobos su di
essi provoca una coppia, ossia un momento di marea, che tende ad accelerare la
rotazione del pianeta (si veda fig. 8).
Fig. 8 – Momento meccanico di marea esercitato dalla Fobos su Marte. La freccia intorno ad O indica
il verso della rotazione di Marte. Le due frecce in A e in B rappresentano la locale attrazione
gravitazionale, che è maggiore in A a causa della sua minore distanza da Fobos e perciò l’effetto
risultante è di aumentare la velocità di rotazione di Marte.
Il conseguente aumento del momento angolare di Marte comporta quindi, per
la conservazione del momento angolare totale del sistema, una diminuzione del
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momento angolare orbitale del satellite e quindi, per la (5), una riduzione anche del
suo raggio orbitale. Ciò avviene con una rapidità sempre maggiore, dato che la
velocità d’avvicinamento si può dimostrare che vale:
.
dr
r 
 r0  0 
dt
r
6
(6)
.
(dove r0 ed r0 sono i valori attuali di r e dr/dt), e quindi è inversamente proporzionale
alla sesta potenza della distanza.
Dunque Fobos, spiralizzando sempre più velocemente verso Marte, è destinato
a cadere sul pianeta o, più precisamente, ad essere distrutto quando supererà il limite
di Roche, cioè giungerà così vicino a Marte che la differenza fra la forza
gravitazionale esercitata dal pianeta sulla parte rispettivamente più vicina e più
lontana del satellite sarà talmente grande da riuscire a spaccare quest’ultimo.
C’è anche chi sostiene che questo tipo di meccanismo (cioè appunto la rottura
a causa delle forze mareali di un satellite che spiralizza verso il suo pianeta) possa
portare alla formazione di anelli attorno al pianeta stesso. La materia di tali anelli, o
almeno parte di essa, deriverebbe appunto dalla rottura successiva dei vari pezzi di
quello che in passato era stato un satellite.
Il secondo tipo d’evoluzione che il sistema pianeta-satellite può seguire si
verifica quando, a corotazione avvenuta, il “mese” del satellite risulta più lungo del
“giorno” del pianeta (Priv > Prot), come nel caso del sistema Terra-Luna. In tal caso
abbiamo già visto che, a causa dell’attrito di marea sul pianeta, il satellite tenderà ad
allontanarsi, rallentando la rotazione del suo pianeta fino a quando “giorno” e “mese”
avranno la stessa durata, l’orbita sarà circolare ed i rigonfiamenti mareali, sia sul
satellite che sul pianeta, saranno allineati lungo la linea dei centri. Una volta raggiunta
questa configurazione non viene più dissipata energia né sul satellite (dove, in realtà,
la dissipazione si era già arrestata al raggiungimento della corotazione) né sul pianeta
ed il sistema, a meno di interventi esterni, è nella sua fase finale di equilibrio stabile.
Se consideriamo i satelliti destinati ad avere questo tipo di evoluzione mareale
e facciamo una stima del tempo necessario per raggiungere la fase finale, otteniamo
dei valori di gran lunga maggiori dell’età del sistema solare e ciò indica che si tratta di
sistemi ben lontani dall’essere sincroni.
C’è un’unica eccezione: il sistema Plutone-Caronte (Priv = Prot). In base alle
osservazioni fatte sembra risultare che questo satellite volge sempre la stessa faccia a
Plutone, e anche viceversa: un ipotetico abitante di Caronte vedrebbe cioè sempre la
stessa faccia del suo pianeta, proprio come a noi accade per la Luna. Per il sistema
Plutone-Caronte l’ipotesi fatta dagli astronomi per spiegare i dati osservazionali, e
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cioè che si tratti di un sistema sincrono, risulta confermata teoricamente: l’età del
sistema solare è stata sufficiente affinché Plutone e Caronte, al termine del processo di
evoluzione mareale, arrivassero a rivolgersi l’un l’altro la stessa faccia.
Pertanto, ricapitolando, per un satellite in orbita diretta sono possibili tre
evoluzioni successive al raggiungimento della corotazione:
 Priv  Prot  il satellite si avvicina al pianeta;
 Priv  Prot  il satellite si allontana dal pianeta;
 Priv  Prot  il semiasse maggiore dell’orbita del satellite rimane invariato.
Tornando al nostro sistema Terra-Luna, la fase finale dovrebbe essere
raggiunta quando il giorno terrestre ed il mese lunare si saranno allungati fino ad
arrivare alla durata di circa 48 giorni attuali.
Anche ammettendo che la Luna continui ad allontanarsi dalla Terra alla
velocità attuale di 5,6 cm/anno (in realtà, come si vede dalla (6) la sua velocità
diminuirà con l’aumentare della distanza dalla Terra, poiché l’attrito di marea è tanto
meno efficace quanto maggiore è la distanza tra i corpi) dovrebbero passare ben 3
miliardi d’anni prima che il sistema diventi sincrono.
Ma la storia comunque non finirà così. Finora infatti abbiamo sempre ignorato
l’azione del Sole, dal momento che la sua influenza mareale sulla Terra è minore di
quella lunare, così come sulla Luna è minore di quella terrestre.
Tuttavia, quando il sistema Terra-Luna raggiungerà lo stato finale sincrono (se
mai questa fase sarà effettivamente raggiunta), allora gli effetti mareali interni al
sistema si annulleranno, per cui diventeranno predominanti gli effetti della marea
solare. Come conseguenza, l’attrito di marea solare produrrà nel sistema Terra-Luna
un lento ma irreversibile trasferimento di momento angolare dal moto di rotazione
intorno al centro di massa a quello di rivoluzione intorno al Sole, cosicché l’orbita del
sistema Terra-Luna intorno al Sole si allargherà, mentre la Luna si avvicinerà
nuovamente al nostro pianeta, fino eventualmente a raggiungere il limite di Roche,
superato il quale essa verrà distrutta e disgregata.
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