sfântul toma şi filosofia politică

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FONTI NEOPLATONICHE IN S TOMMASO.
LA „REFLEXIO” COME „REDITIO IN SEIPSUM”
Abelardo Lobato, O.P.
Introducere
La ricerca delle fonti è di grande interesse in qualsiasi autore
allo scopo di poter valutare sia l’originalità di esso, sia la situazione storica nella quale è stato prodotto. C’era un tempo nel quale
si preferiva presentare i grandi pensatori al di sopra del tempo e
dello spazio. Nel secolo XXº si è riscoperta la dimensione storica
del pensiero umano. La conquista della verità accade nella storia.
Ogni pensatore si colloca nell’alveo di una certa tradizione sulla
quale poggia. E’ sempre poco ciò che il singolo pensatore aggiunge, ed è molto di più ciò che egli riceve. Tommaso era convinto che il processo di conquista della verità, sia nel singolo che
nella comunità umana si fa lentamente e per diversi passi della
scala ascendente, quasi paulatim et pedetentim1. Questo si verifica
anche in Tommaso d’Aquino. Quanto più si scoprono le diverse
fonti del suo pensiero, tanto più si apprezza il contributo del suo
genio. Sono molti gli studiosi che hanno adoperato questo metodo, tra i quali ha un posto di rilievo il P.D.M Chenu, con la sua
Introduzione allo studio di Tommaso2. Le scoperte in questa linea
di ricerca sono sempre più notevole, e a distanza di un ventennio, ben due volte, sono apparse nuove biografie e nuove interpretazioni storiche di Tommaso. Sono ben note le opere dei due
studiosi domenicani, Weisheipl e Torrell. In questo versante dell’inizio del terzo millennio, Tommaso si presenta nel suo tempo,
e nella cultura medievale, nella sua vera statura, molto più grande
che prima. La scoperta delle fonti del suo pensiero è stato all’origine di questa rinascita tomista. Le fonti neoplatoniche del suo
pensiero sono uno dei fattori di maggior rilievo in questa pro1
S. TOMAS; ST, I, 44, 2
Cfr, M-D CHENU, Introduction e l’étude de saint Thomas d’Aquin, ParisMontreal, 1952.
2
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spettiva. Tommaso non solo adopera fonti neoplatoniche, ma le
concede un certo primato.
Le fonti neoplatoniche contribuiscono in modo notevole allo
sviluppo e consolidamento della metafisica e alla antropologia
tomista. Hanno ripercussione teologica, ma sono di natura filosofica. E’ ben noto il paradosso che presenta il pensiero di Tommaso filosofo. Egli non si sente nel suo posto tra i filosofi. Ha
scelto con giusta e forte decisione dedicarsi al suo ufficio di maestro di teologia, allo scopo di manifestare la verità della dottrina
cattolica. La sua concezione della teologia è quella dell’abito della
sapienza, che include sotto la visione radicale di Dio, ogni verità.
L’uomo è nato per la verità. Ha una vocazione di filosofo, e nel
suo mestiere di maestro di teologia, deve volare con le due ali,
quella della fede, e quella della ragione, e fare dialogo con tutti
quanti ricercano la verità. Sotto questa prospettiva si verifica in
lui il paradosso. Egli non si propone diventare filosofo, ma mediante il dialogo con i filosofi, e la ricerca della verità „tutta intera”, conquista la filosofia più profonda e originale, che oggi si alza sopra le altre, per le due grandi intuizioni: l’essere come atto
degli atti, e l’ente come composto di atto e potenza 3. Queste intuizioni vanno al di sopra della filosofia precedente, della quale
parte e sulla quale poggia. Il pensiero neoplatonico é una delle
fonti di questa scoperta. Il nostro Congresso si inserisce in questo vasto orizzonte di ricerca storica e tomista,
Il mio contributo si propone uno scopo modesto, si limita ad
un solo punto di ricerca, quello del ritorno su di se nelle sostanze spirituali. Vorrei fare questo approccio mediante tre brevi considerazioni; la prima, più generica, sul neoplatonismo come fonte di
Tommaso; la seconda fa l’analisi della prop. XV de Liber de causis
che presenta la reditio dell’anima in se stessa; e la terza propone l’assimilazione di Tommaso della reflexio come via dell’uomo verso
la propria interiorità.
3
Cfr. B. MONDIN, La meafisica di San Tommaso d’Aquino e i suoi interpreti,
Bologna, 2002, „Sn Tommaso filosofo, teologo e mistico” pp.7-30.
FONTI NEOPLATONICHE IN S TOMMASO
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1. Il neoplatonismo in Tommaso
Tommaso conosce bene il nucleo della filosofia neoplatonica.
Il suo criterio storico è lineare: ciò che importa non è tanto chi lo
ha detto, quanto cosa ha detto, cioè non le opinioni dei mortali,
quanto la verità delle cose. Dalla corrente neoplatonica egli assume con tutte le conseguenze sia la spiritualità dell’anima, sia l’affinità con le sostanza spirituali. L’alto medioevo conosceva solo
in parte la ricca eredità filosofica del pensiero greco. Disponeva,
tramite Boezio, di briciole di Aristotele, e tramite Proclo, di una
modesta eredità platonica. Il grande assente sembrava essere Platone. Circolavano di lui alcune dottrine „non scritte”. Plotino,
unus de magnis, come lo descrive S. Tommaso, aveva chiara influenza in alcuni pensatori cristiani. Al di sopra del parere di alcuni pensatori cristiani radicali, come Tertulliano che rifiutano
l’uso della filosofia e si domandano „cos’ha Gerusalemme a che
vedere con Atene? La nostra scuola è quella di Salomone” 4, di
fatto, dopo Dionigi e Agostino,il dialogo con i pensatori greci sui
punti centrali, era un fatto eloquente:e la paideia greca aveva influito nella paideia cristiana e viceversa. L’helenismo è un fatto
storico di grande portata culturale.
Le fila di questa corrente giungono a Tommaso per tre vie:
quella latina di sant’Agostino e di Boezio, quella greca dei Cappadoci e del trattato dell’uomo di Nemesio di Emesa, e quella araba
attraverso Avicenna. Uno specifico influsso corrisponde al Liber
de causis. Tommaso mantiene un dialogo aperto con tutti convinto che a verità da qualsiasi fonte proceda, in ultima istanza procede dallo Spirito Santo. Basti pensare alla profonda armonia
con S. Agostino, alle simpatie per l’opera di Dionigi, che egli ha
conosciuto dal tempo di studente a Colonia nella scuola di Alberto.
Gli studi sulla partecipazione, condotti da Geiger e Fabro hanno aperto un nuovo varco per la conoscenza dell’influsso della
corrente neoplatonica per superare le posizioni di Aristotele. Si
tratta di un influsso proficuo, che da consistenza alla causalità.
Da questa prospettiva risulta più chiaro che la causa prima è cau4
Cfr. TERTULIANO De preascriptione haerticorum, 7.
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sa dell’essere, ed è influente in tutto il processo, più delle cause
seconde, e non si limita al solo movimento. Tommaso non ha
difficoltà nell’ uso dello stesso linguaggio dei neoplatonici, come
l’emanatio, con il senso nuovo della creatio ex nihilo, ben lontano
dai processi necessari nelle cadute discendenti dall’Uno alla materia prima. Tutto questo ha un certo peso, applicato all’emanazione delle potenze dell’anima, seguendo un certo ordine dopo
l’intelligenza. Lo schema della circolarità tra le potenze dell’anima, come quello dell’exitus-reditus di tutta la realtà, ha un’origine
neoplatoniche.5
2. La reditio dell’anima nel Liber de Causis
La storia e la legenda del Liber de Causis è singolare e ben nota.
Tommaso è l primo che scopre „il giallo”, e denunzia che non è
d’Aristotele, ma è un Compendio dell’ opera di Proclo Elementi di
Teologia. Ancora non si sa con certezza chi ha fatto il Compendio. E’ probabile che sia opera di un autore arabo nel secolo X.
Fu confuso con i Libri naturales dello Stagirita, che verso la fine
del sec. XII erano tradotti prima all’arabo, poi in latino. Infatti
venne attribuito ad Aristotele e ricevete un titolo seducente; Liber Aristotelis de espositione bonitatis purae. Quando a Parigi nel 1250
si permette insegnare Aristotele, si fa menzione esplicita del Liber de Causis. Era il testo della metafisica medievale, che godeva di
altissima reputazione.
Nel 1265 Tommaso si decide a fare un commento, nello stesso prologo denunzia che non è di Aristotele ma di Proclo, ed solo un compendio in 32 proposizioni, delle 219 del trattato di
Proclo6. Il Liber insegna che la causa prima ha un effetto radicale:
da l’essere: Prima rerum creatarum est esse et non est ante ipsum creatum
aliud. Accanto alla Causa Prima, ci sono altre cause universali:
l’intelligenza e l’anima.
5
Cfr.R. IMBACH; Le neoplatonisme médievale. Proclus latin et l’école dominicaine allemand, « Revue de téologie et philosophie2 110 (1978) 427-448.
6
Cfr. S TOMMASO, In Liber de Causis Expositio,ed. C. Pera, Marietti
1955.
FONTI NEOPLATONICHE IN S TOMMASO
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La proposizione XV presenta la reditio dell’anima in se stessa.
La sua formulazione è questa: Omnis sciens qui scit essentiam suam est
rediens ad essentiam suam reditione completa.
Il Commento di Tommaso di questa proposizione cerca de
proporre con chiarezza il contenuto dottrinale. Questo ritorno
su di se, implica ed esige alcune condizioni che sono i presupposti, prima nel Liber dimostrati: cioè l’essere incorporeo è separabile di ogni corpo, deve avere sussistenza in se , ha dominio sia
del suo operare che del suo essere, conosce se stesso, e essendo
anima risulta sostanza incorporea e separabile del corpo.7
Tutte queste capacità dell’anima fanno possibile il ritorno su di
se in modo completo, la reditio ad essentiam suam reditione completa.
Scire se significa conoscere se stessa. Questo conoscere se stessa
implica la presenza di se a se e quindi l’essere allo stesso tempo
conoscente e conosciuto. Accade in questo processo una certa
circolazione, come indica la parola reditio o conversio. Questo ritorno è completo quando non solo comporta l’operazione, ma anche la sostanza. L’anima ha queste due proprietà è sussistente e
conoscente, e può essere soggetto e oggetto della attività conoscitiva. L’orizzonte della conoscenza nella triade,-- cioè l’uno,
l’intelletto e l’anima-- non è coincidente. L’uno conosce in quanto causa; l’intelletto primo conosce solo se stesso, gli altri intelletti conoscono se stessi e il suo superiore, ma l’anima conosce
per le sue potenze, non conosce se stessa per la propria essenza
ma per le specie che sono come le forme del intelletto.8
La reditio o conversio dell’anima è indice di nobiltà nell’essere in
quanto trascende la corporeità. Dove c’è la materia non è possibile il ritorno su di se completo. La quantità è il suo impedimento, poiché questo accidente della materia, dispone partes extra partes. Le dita della mano possono essere piegati facendo il pugno,
ma non sono in grado di essere tutti in tutto, Questo è la proprietà dello spirito, dell’anima spirituale, la quale, nella definizione di Aristotele, è in certo modo tutte le cose, quodammodo omnia!.
Nell’atto di conoscere si fa l’oggetto conosciuto.
Per questa condizione di spiritualità è una forma emergente, che
7
8
Cfr. W. BEIERWALTES, Plotno. Lo spirito e l’Uno. Milano, 1993
Cfr. J¡J. TROULLIARD , l’Un et l’Ame selon Proclus, Pars, 1972
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nel fieri, nel essere e nell’operare dimostra la sua capacità di trascendenza sulla materia. Alla fine della lezione Tommaso fa riferimento ai due modi della umana conoscenza, quello platonico
della partecipazione, e quello aristotelico delle specie intelligibili.
Tommaso, commentatore del Liber de Causis cerca come hanno
fatto i neoplatonici e faranno i filosofi arabi, la concordia tra le
due grandi correnti della filosofia: quella iniziata da Platone e
quella proposta per Aristotele. In realtà questo programma di superamento, indica che nessuno dei due ha la verità, e che si devono aprire altre vie per ulteriori sviluppi. La reditio deve trovare
il suo posto nel pensiero cristiano nel quale lo schema exitus-reditus viene accolto da Dionigi in poi con na calda accoglienza.
3. La „reflexio” tomista
La filosofia moderna propone con Kant la chiamata „rivoluzione copernicana” nella spiegazione del fatto della conoscenza
nei tre livelli,sensibile, intellettuale, ragionevole. Il conoscere non
è tanto un ricevere quanto un progettare e conformare i dati alle
categorie. E’ diventato doveroso iniziare la filosofia con l’analisi
non della realtà ma con l’analisi dell’atto di conoscere, e con la
chiamata teoria della conoscenza. Il modello kantiano era seducente. La filosofia scolastica instaurata nelle scuole con il Papa
Leone XIII si trovava nel bivio. Mentre a Roma si cercava una
conoscenza sempre più completa del sistema tomista e il suo nucleo, a Louvain si cercava l’approccio ai pensatori moderni, Perché non tentare di superare Kant con l’applicazione del suo metodo trascendentale?. Così ha iniziato J.. Marechal la sua grande
opera, Le point du départ de la metaphysique. Ma questa deviazione
non era grata ai discepoli di Tommaso. Era più consono alla tradizione tomista cercare le nuove vie nello stesso San Tommaso.
E cosí iniziò i primi passi la Critica tra i tomisti.9 Il tema della conoscenza in Tommaso è un capolavoro non superato. La rispo9
Cfr. F. Van STEENBERGHEN, Les thomistes en dialogue avec la pensée moderne, nel vol. « Tommasso d’Aquino nel I Centenario dell’Aeterni Patris”,
Roma, SITA, 1980, pp 137-158.
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sta ai filosofi della modernità si poteva trovare nello studio delle
intuizioni tomiste. Due sono state i luoghi privilegiati per questa
ricerca, tutte due degli anni del primo magistero di Tommaso a
Parigi, e tutte due nelle questioni De Veritate, il primo nella 1 questione, art. 9, dove Tommaso espone la capacità della umana intelligenza, mediante il processo del ritorno e la riflessione; il secondo nella questione 10, art. 8 dove si chiede, con Agostino se
l’anima conosce se stessa per la sua essenza.
Il retroscena di questi due luoghi è neoplatónico. Tommaso ha
presente sia la reditio del Liber de Causis, sia il pensiero agostiniano
dell’ In teipsum redi. Su queste due vie Tommaso arriva alla proposta della reflexio, come metodo di accesso all’essere del ente, complemento de la abstractio e la separatio.
Non è qui i luogo per l’esposizione esauriente della riflessione,
ma per mostrare la realtà delle fonti neoplatoniche nell’opera di
Tommaso. La riflessione è la via del ritorno. Nella conoscenza
normale si verifica lo schema del exitus-reditus. Il soggetto è in atto per la partecipazione dell’essere, che dalla creazione del singolo va unito all’anima e comunicato al tutto. L’operare de soggetto
è un uscire di se, la potenza passa all’atto, viene perfezionata con
gli abiti, e arriva all’oggetto. Tale è l’exitus. Per la sua condizione
spirituale l’intelletto è capace di fare il ritorno dei passi; dall’oggetto all’atto, da questo alla potenza, e di questa alla forma, e
quindi al soggetto personale. In ogni momento di questo processo di ritorno puó fare un giudizio di proporzioni e di verità nell’adeguazione. Tale è il reditus e la via della giustificazione della
verità. L’intelletto umano non solo conosce, ma è capace di conoscere l’attività, e dire con Agostino „Intelligo me ntelligere”10.
In questo processo della conoscenza riflessa non si tratta solo
di una presenza psicologica, ma anche ontologica, in quanto il
soggetto non si ferma nella esperienza vitale, ma la sorpassa e arriva alla realtà di ció che conosce.
Due sono le vie di accesso all’interiorità, una questa della reflexio che percorre in senso inverso la via normale della conoscenza. Tommaso conosce la proposta di Avicenna di distinguere tre
tipi di conoscenza, uno per astrazione delle realtà corporee e ma10
SAN AGUSTIN; De Trinitate X, 11, PL, 42 983.
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teriali, altro per riflessione di quelle realtà che sono del profondo
dell’uomo, e un terzo livello, delle realtà che sono sopra di noi,
come le sostanze separate, le quale si conoscono per impressionem.
La reflexio occupa il luogo intermedio.
Un'altra via di accesso all’interiorità è per la presenza di se a se.
Questa presenza è fondante. Essa include la memoria di se, la certezza più radicale di tutte, nella quale va compresa la memoria,
agostiniana, il cogito cartesiano l’ich denke überhaupt, l’ hic homo singularis intelligit di Tommaso. Si tratta di una presenza del soggetto
agli atti, che testifica la coscienza, ed è concomitante con ciascuno di noi. Ma si tratta di una coscienza atematica, nella quale non
si trova il contenuto. Lo avvertiva Aristotele quando diceva che è
la cosa più chiara per tutti, conoscere che siamo dei viventi, che
abbiamo anima, ma è la cosa più difficile, sapere cosa sia l’anima.
La conoscenza non va al di là del fatto di esistere e di avere attività, ma il mistero del soggetto e delle sue profondità rimane.
Agostino desiderava avere questa verità nascosta: Noverim Te, noverim me!. Il problema della vie dell’interiorità resta aperto, e resta
avvolto nel mistero. La filosofia moderna cerca la verità del soggetto, il quale di sé non può essere conosciuto come oggetto,
poiché è inoggetivabile11.
Alla fine del nostro periplo risulta positiva la fonte neoplatonica per la comprensione adeguata dei punti essenziali di metafisica
e di antropologia tomista. Ci sono gli elementi, non rubati di nascosto, ma ben assimilati e integrati da Tommaso in nuova e più
profonda filosofia. Tale è il destino della verità, manifestarsi nascondersi a mortali, in un processo sempre aperto e mai concluso.
11
Cfr, A. LOBATO, La metafisica dell’uomo nella filosofia contemporanea, en
„Sapienza” Napoli, 22(1969) 356- 406.
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