Modelli contemporanei dell`opinione pubblica

Forme contemporanee dell’opinione pubblica:
fra contro-potere, legittimazione e consenso
Mauro Barisione
Dipartimento di Studi Sociali e Politici
Facoltà di Scienze politiche
Università degli Studi di Milano
[email protected]
Tel.: +39 02 50321248
Paper presentato al Convegno Nazionale AIS - Sezione Sociologia Politica
Università di Milano, 23-25 settembre 2010
1
Abstract
L’opinione pubblica, nella sua accezione più complessa, è un concetto centrale della
sociologia politica, in quanto rappresenta la principale via (prevalentemente)
informale alla legittimità democratica, tanto attraverso i processi sociali di
formazione del consenso, quanto attraverso l’esercizio di una funzione critica e di
contro-potere – o di potere informale ma politicamente influente.
Varie prospettive concorrenti sul concetto di opinione pubblica si sono affermate
successivamente nelle società occidentali a partire dal XVIII secolo, senza tuttavia
che nessuna di queste fosse definitivamente superata o, al contrario, soppiantasse le
altre. Nella classificazione proposta in questo paper, queste prospettive/tradizioni
teoriche concorrenti definiscono rispettivamente l’opinione pubblica come: (a)
Tribunale sociale; (b) Pubblica discussione; (c) Azione collettiva; (d) Opinione
maggioritaria; (e) Emozione pubblica; (f) Processo multidimensionale. Il successo
più o meno contingente di ciascuna di queste prospettive riflette importanti
trasformazioni d’ordine sociale, politico e tecnologico nella storia delle società
occidentali.
Dopo avere esaminato i cambiamenti recenti (nuove forme e modelli di
rappresentanza, partecipazione, cittadinanza e comunicazione politica) che hanno
investito le relazioni tra società civile e sistema politico negli ultimi decenni, questo
paper propone quindi una tipologia delle principali forme espressive contemporanee
dell’opinione pubblica – (1) Atteggiamento collettivo; (2) Opinione aggregata; (3)
Corrente d’opinione; (4) Movimento d’opinione – che identificano aspetti e processi
eterogenei ma che tendono a coesistere nella sfera pubblica reale.
Ciascuna di queste forme d’espressione combina diversi elementi delle tradizioni
teoriche considerate nella prima parte. Inoltre, ogni forma è definita a partire da una
specifica combinazione dei criteri seguenti: livelli di tematizzazione pubblica e di
processualità; tipi di pubblico coinvolti; principio di efficacia; funzione politica;
concetti teorici correlati; principali metodi di ricerca e indicatori empirici. Un
tentativo di definizione comune ai quattro modelli completerà questa proposta di
concettualizzazione sociologica delle forme contemporanea dell’opinione pubblica.
Parole chiave: Teoria e ricerca sull’opinione pubblica; legittimità democratica:
partecipazione e rappresentanza politica; media e sfera pubblica.
2
L’opinione pubblica è uno snodo centrale nei processi di democrazia ‘reale’,
in quanto rappresenta la principale via, prevalentemente informale, alla legittimità
democratica (Urbinati 2009), tanto attraverso i processi sociali di formazione del
consenso, quanto attraverso l’esercizio di una funzione critica, di controllo e di
contropotere – o di potere informale ma politicamente influente (Habermas 1996).
Vari elementi suggeriscono che la centralità dell’opinione pubblica sia andata
crescendo nelle democrazie degli ultimi decenni. Il deficit di legittimità delle
istituzioni rappresentative e degli organi di intermediazione politica, dovute in parte
al processo globale di erosione delle sovranità nazionali, ha favorito una graduale
trasformazione delle relazioni tra demos e autorità, tra cittadini e governo, tra società
civile e sfera delle decisioni politiche. E, almeno sul piano del potere simbolico e dei
processi comunicativi (Castells 2009), la bilancia pare essersi inclinata in direzione
del primo polo.
Alle radici stesse della logica democratico-rappresentativa, il processo di
selezione della rappresentanza e della leadership politica appare finalizzato
innanzitutto a anticipare e a soddisfare la domanda, o ciò che viene interpretato come
tale, proveniente dall’opinione pubblica. Dagli orientamenti di quest’ultima
dipenderà il consenso – rilevato specialmente dagli indicatori sondaggistici della
‘popolarità’ – del governo, del primo ministro o del presidente, vale a dire la
precondizione della legittimità democratica, ma anche dell’efficacia dell’azione
statale in democrazia. 1 La tensione tra «scelta parlamentare» e «scelta plebiscitaria»
dei capi (Weber 1918) e dei rappresentanti politici pare dunque essere risolta a favore
della seconda, e ciò ben al di là della pratica occasionale delle elezioni primarie.
Ma il peso crescente dell’opinione pubblica nel processo democratico si
manifesta anche in una serie di fenomeni tematizzati in modo sempre più insistente
dalla sociologia politica contemporanea, come lo slittamento della leadership politica
verso una forma di followership degli orientamenti popolari nella definizione stessa
delle priorità in ambito regolativo e di policy; la diffusione di stili comunicativi e di
ordini di giustificazione politica di matrice populista anche da parte delle élite di
governo; la moltiplicazione, non fosse che a livello sperimentale o di governance
locale, di pratiche decisionali ‘partecipate’ e di esperienze di democrazia
deliberativa; l’emergere di una sfera pubblica ‘globale’ su tematiche intrinsecamente
transnazionali come il global warming, l’immigrazione, la speculazione finanziaria, i
diritti delle coppie omosessuali, o il terrorismo; o l’espandersi di modelli di
informazione politica sempre più ‘orizzontale’ e partecipata dal pubblico stesso,
specie attraverso i canali interattivi offerti dai nuovi media. Nelle democrazie
ancorate alle moderne società della comunicazione, insomma, la lotta per il potere
politico assume sempre più le sembianze di una lotta simbolica per la conquista
dell’opinione pubblica.
A fronte di una tale rilevanza sociale e politica, il fenomeno dell’opinione
pubblica continua a essere oggetto di una grave indeterminatezza teorica e ambiguità
concettuale, che lo lasciano fluttuare in uno spazio semantico definito da due limiti
estremi e contrapposti: da una parte, un’entità astratta e inafferrabile, come una sorta
di ‘Spirito santo’ (Key 1961), o di ‘Araba fenice’; dall’altra, una semplice
articolazione delle percentuali ricavate dai sondaggi d’opinione.
L’obiettivo che si persegue in questo paper è duplice: in una prima parte, si
cercherà di ricostruire il vasto campo di significati che storicamente sono stati
1
Di per sé, la capacità statale può essere elevata anche nei regimi non democratici (Tilly 2007), che
trascendono però l’oggetto di questa analisi.
3
attribuiti al concetto di opinione pubblica, identificando un certo numero di tradizioni
teoriche concorrenti, dalle quali possono essere riprese chiavi interpretative e
categorie d’analisi applicabili allo studio dei processi d’opinione contemporanei.
Nella seconda parte, dopo avere esaminato le trasformazioni che hanno investito le
forme e i modelli di rappresentanza, partecipazione, cittadinanza e comunicazione
politiche nel corso dei processi di democratizzazione in Europa e negli Stati Uniti, si
proporrà una tipologia che schematizza le principali forme d’espressione
dell’opinione pubblica contemporanea: (1) Atteggiamento collettivo; (2) Opinione
aggregata; (3) Corrente d’opinione; (4) Movimento d’opinione. Combinando in varia
misura diversi elementi delle tradizioni teoriche esaminate, queste forme espressive
saranno illustrate sulla base di un’ampia serie di proprietà teoriche ed empiriche.
In conclusione, questo tentativo di concettualizzazione sociologica delle
forme contemporanea dell’opinione pubblica intende proporre un quadro teorico che
sia utilizzabile per la ricerca empirica e per l’analisi dei processi d’opinione in una
sfera pubblica contemporanea tanto ‘pluralizzata’ (Privitera 2001) quanto ‘multilivello’ (Keane 2000), data cioè dall’insieme di quegli spazi comunicativi in continua
ristrutturazione che connettono le società civile e i sistemi politici a livello non solo
nazionale, ma anche locale, regionale, transnazionale e globale.
1. Una classificazione delle tradizioni teoriche concorrenti sull’opinione pubblica
Varie accezioni concorrenti dell’opinione pubblica si sono affiancate nelle
società occidentali a partire dal XVIII secolo. Ciascuna di queste può essere
articolata in una vera e propria tradizione teorica caratterizzata da un’interpretazione
peculiare di ciò che si deve intendere per ‘opinione pubblica’. Senza che sia possibile
individuare un percorso storico lineare nel consolidamento successivo di queste
diverse prospettive teoriche, il successo più o meno contingente di ciascuna di esse
riflette tuttavia importanti trasformazioni d’ordine sociale (modernizzazione
dell’economia e dello Stato, costituzione di una sfera pubblica relativamente
autonoma, processi di razionalizzazione e di individualizzazione), politico
(inclusione delle masse popolari nella partecipazione politica formale e informale,
ascesa e declino dei partiti come organi di intermediazione e rappresentanza) e
tecnologico (affermazione successiva della stampa, dei sondaggi, della televisione,
dei nuovi media) che ne hanno segnato lo sviluppo. Ciascuno di questi punti sarà
ripreso e sviluppato nelle parti che seguono.
La prima proposta classificatoria di questo paper consiste nell’identificazione
di sei tradizioni, o prospettive teoriche, concorrenti, ciascuna di queste fondata su
una diversa accezione dell’opinione pubblica, che viene intesa rispettivamente come:
(a) Tribunale sociale; (b) Pubblica discussione; (c) Azione collettiva; (d) Opinione
maggioritaria; (e) Emozione pubblica; (f) Processo multidimensionale. Qui di
seguito si presenterà e si tenterà di giustificare la pertinenza di questa classificazione,
delineando per ciascuna di queste prospettive le principali proprietà teoriche e i
fondamentali riferimenti sociologici e filosofici su cui si fondano.
Tab. 1.: Tradizioni teoriche concorrenti e relative accezioni dell’opinione pubblica
•
•
•
(a) Tribunale sociale
(b) Pubblica discussione
(c) Azione collettiva
4
•
•
•
(d) Opinione maggioritaria
(e) Emozione pubblica
(f) Processo multidimensionale
(a) Opinione pubblica come Tribunale sociale
In questa accezione sociale, trascendente la sfera politica, l’opinione pubblica
è il giudizio morale collettivo che dalla società emana continuamente, e perlopiù
implicitamente, rispetto alla condotta di ciascun individuo. Si tratta quindi di un
‘tribunale’ anonimo e impersonale, portatore del senso comune e degli standard
etico-culturali prevalenti in una collettività sociale a un’epoca data. L’opinione
pubblica si manifesta quotidianamente nello ‘sguardo’ giudicante dei passanti, degli
spettatori, della cerchia dei conoscenti e degli altri e perlopiù sconosciuti membri di
una collettività: in quanto tale, può essere portatrice ad esempio di approvazione o
disprezzo verso le azioni o le scelte di un dato individuo o raggruppamento sociale;
ma può anche esplicitarsi in manifestazioni collettive, quali di ammirazione,
derisione o stigmatizzazione e condanna.
La potenziale minaccia rappresentata dall’espressione di un giudizio negativo
da parte di questo tribunale informale ha conseguenze importanti sulle scelte
individuali e collettive. Esso traccia anzi i confini di ciò che può/non può essere detto
o fatto senza incorrere in quella sanzione simbolica, ma socialmente vitale, emanata
dal tribunale dell’opinione pubblica. Al contempo, un’opinione pubblica così intesa
svolge una potente funzione di controllo e integrazione sociale, favorendo
atteggiamenti di conformismo e comportamenti finalizzati alla pubblica
approvazione, con effetti conservativi dell’ordine sociale.
Numerosi riferimenti filosofici e sociologici testimoniano questa accezione
dell’opinione pubblica come tribunale della Società. John Locke (1690) definiva
“Legge dell’opinione” (o “della reputazione”) quel giudizio di approvazione o
biasimo proveniente dagli Altri, e che individuava come uno dei principali moventi
della condotta sociale degli individui. Jean-Jacques Rousseau (1762, 509) utilizzò nel
Contratto sociale l’immagine di un ‘tribunale’, e più precisamente di un ‘tribunale
della censura’, come traduzione fedele dell’opinione pubblica, l’opinione del popolo
fondata sui costumi della nazione. 2 La pressione sociale, la spinta al conformismo,
l’invito implicito all’auto-censura e la minaccia di isolamento esercitate
dall’opinione pubblica intesa come Tribunale della società sono chiaramente presenti
anche nelle pagine di Tocqueville (1835) riguardo l’onnipotenza della maggioranza –
nella manifestazione tanto del pensiero quanto dei ‘costumi’ – nella giovane
democrazia degli Stati Uniti. 3 La stessa prospettiva riemerge nell’influente teoria
della ‘spirale del silenzio’ sviluppata dalla sociologia tedesca Noelle-Neumann negli
ultimi decenni del XX secolo, che mette in luce gli effetti in termini di coesione, ma
2
Come sottolinea Baker (1987, 55-56) nella sua disamina dell’evoluzione del concetto nei decenni
precedenti la Rivoluzione francese, l’opinione pubblica è per Rousseau «l’opinione degli altri nella
Società», «l’espressione collettiva dei valori morali e sociali di un popolo», nonché «la fonte della
reputazione e della stima fra gli uomini», e va pertanto intesa come una «categoria sociale piuttosto
che politica».
3
Il meccanismo stesso della ‘spirale del silenzio’ sviluppato dalla Noelle-Neumann è brillantemente
anticipato da Tocqueville: «In America la maggioranza traccia un cerchio formidabile intorno al
pensiero. Nell’interno di quei limiti lo scrittore è libero, ma guai a lui se osa oltrepassarli […] Coloro
che lo biasimano si esprimono a gran voce, mentre coloro che pensano come lui, senza avere il suo
coraggio, tacciono e si allontanano. Egli allora cede, si piega sotto uno sforzo quotidiano e rientra nel
silenzio […]».
5
anche di controllo sociale prodotti dall’opinione pubblica, di cui non solo le opinioni
politiche, ma perfino le ‘scelte’ – o piuttosto i compromessi effettuati dagli individui
per volontà di integrarsi e paura dell’isolamento sociale – nei campi
dell’abbigliamento o dell’acconciatura dei capelli sarebbero una manifestazione
profonda. 4
In termini sociologici più ampi, questa accezione dell’opinione pubblica
come tribunale dispensatore di condanne simboliche non fa altro che ribadire tutto il
peso – e, si potrebbe dire, la ‘pesantezza’ – della società avvertito dagli individui che
ne fanno parte, e che tuttavia nel mondo sociale stesso cercano quella
considerazione, legittimazione e riconoscimento che diviene la vera ragion d’essere
della loro esistenza (Bourdieu 1997, Pizzorno 2007), come secondo la celebre
formula durkheimiana «la società, è Dio».
(b) Opinione pubblica come Pubblica discussione
Una prospettiva radicalmente diversa è quella – di matrice kantiana e
illuminista, ma anche, come si vedrà, sociologico-discorsiva – che pone l’accento sul
requisito della ‘pubblicità’ per cogliere la natura più autentica dell’opinione pubblica.
Contrariamente all’opinione implicita, irriflessa, indiscussa e quindi, a ben vedere,
non-pubblica dell’accezione precedente, l’opinione pubblica è qui quella che si
forma, e può formarsi solo, attraverso ‘l’uso pubblico della ragione’, ed emerge dalla
pubblica discussione dei privati cittadini riuniti in pubblico.
Jurgen Habermas è indubbiamente l’autore che meglio ha saputo sviluppare, e
perfino impersonare, questa prospettiva teorica, a partire dal celebre saggio (1962) in
cui ricostruiva in termini storici e sociologici la genesi di una ‘sfera pubblica
borghese’, quello spazio discorsivo fra stato e società dove, a fronte di un potere
assoluto sempre più incalzato dalle trasformazioni dello stato moderno e
dell’economia, la borghesia nascente poteva dare vita, attraverso procedure di
pubblica argomentazione razionale, a un’opinione pubblica con mansioni di critica,
controllo e contro-parte dell’autorità politica.
In questa accezione, l’opinione pubblica, oltre ad essere tale solo se
emergente dalla pubblica discussione – l’opinione diviene pubblica solo in quanto
esposta alle procedure discorsive dell’argomentazione e della contro-argomentazione
– è anche investita più direttamente nella sfera politica, prendendo forma intorno ai
temi relativi all’esercizio della pubblica autorità e delle decisioni collettivamente
vincolanti. Da forza sociale, l’opinione pubblica si trasforma in una forza
eminentemente politica. 5
Anche la concezione sociologica classica dell’opinione pubblica individua
nella pubblica discussione un requisito essenziale. L’opinione pubblica è vista infatti
come un fenomeno collettivo, e più in particolare come il prodotto ‘superindividuale’
– trascendente la somma delle opinioni dei singoli individui – emergente dalla
4
Nel paragrafo significativamente intitolato «La moda è opinione pubblica» de La spirale del silenzio
(1974), la Noelle-Neumann cita la stessa «legge dell’opinione» di John Locke, altrimenti nota come
legge «della reputazione» o «della moda» (law of fashion).
5
L’età illuminista e la poi Rivoluzione francese segnano la politicizzazione della sfera pubblica,
inizialmente circoscritta all’ambito della critica letteraria (Habermas, cit.). Nello svolgere una
funzione critica e di contropotere rispetto all’autorità assoluta, l’opinione pubblica diviene il nuovo
principio di legittimità, invocata tanto dal potere quanto dall’opposizione quale istanza ultima di
legittimazione politica (Baker 1993).
6
discussione di un pubblico intorno a un tema di interesse collettivo. 6 L’interazione
comunicativa e il confronto di posizioni diverse tra i membri del pubblico sono gli
elementi centrali del processo di formazione dell’opinione pubblica. 7
Su un piano normativo, anche la teoria della democrazia deliberativa
concepisce la pubblica discussione come un elemento indispensabile per un processo
decisionale proceduralmente corretto, e quindi in grado di garantire la legittimità di
una decisione collettiva. 8 Più specificamente, la qualità stessa dell’opinione pubblica,
che è la fonte ultima di legittimità delle decisioni, dipende in quest’ottica dalla
possibilità per i membri del pubblico di essere coinvolti in una discussione informata
sul tema. La tecnica del sondaggio deliberativo (Fishkin 2009), nel quale gli
intervistati forniscono le proprie opinioni su un tema dopo aver assistito e partecipato
a una discussione di gruppo articolata in varie sessioni, viene anzi presentata dai suoi
promotori come l’indicatore più efficace di un’opinione pubblica autentica e
informata, non soggetta ai limiti classici delle’non-opinioni’ (Converse 1964) e delle
opinioni superficiali e improvvisate (Zaller 1992). 9
Se in questa accezione il requisito normativo della razionalità è solitamente
attribuito al processo di formazione dell’opinione pubblica, il principio unificante più
realistico e fondamentale di questa tradizione teorica resta la procedura della
pubblica discussione, vale a dire la presenza di un esercizio, per quanto limitato, di
argomentazione e contro-argomentazione sui principali aspetti del tema dibattuto.
(c) Opinione pubblica come Azione collettiva
Una terza prospettiva interpreta l’opinione pubblica come l’espressione delle
voci collettivamente mobilitate a difesa di una qualche domanda o rivendicazione
politica o sociale. In questa accezione, l’opinione pubblica è inscindibile dalla società
civile organizzata, emergendo come l’espressione di volta in volta dominante del
campo di lotte che coinvolge attori collettivi quali i movimenti sociali, i sindacati, le
organizzazioni di categoria, le associazioni o le chiese, a loro volta interagenti con i
partiti e gli altri attori del sistema politico.
Questa visione riflette i cambiamenti indotti dall’inclusione delle masse
popolari nelle modalità formali e, soprattutto, informali della partecipazione politica:
manifestazioni, scioperi, petizioni e varie altre azioni collettive di protesta.
L’opinione pubblica si traduce essenzialmente nella voce che si staglia in modo più
netto e distinto, in conseguenza degli sforzi di mobilitazione messi in campo dalle
forze politiche e sociali organizzate. Le opinioni ‘intense’ delle minoranze attive e
organizzate finiscono dunque per pesare di più nella lotta simbolica intorno a un
6
«In senso realistico, l’interazione diversificata che dà luogo all’opinione pubblica avviene in larga
misura tra gruppi funzionali, e non tra individui disparati» (Blumer, cit., 545).
7
Secondo Robert E. Park (1904, 1997: 74), l’opinione pubblica «nasce dalla discussione tra individui
che hanno posizioni opposte». Precisa meglio il senso di questa concezione Charles H. Cooley (1918:
379) quando afferma che «un gruppo che ha riflettuto, maturato e discusso una questione arriva a una
pubblica opinione al riguardo, che i membri siano d’accordo o no» […] «Comunque le opinioni
possano differire, esse fanno parte di un tutto, dato che ciascuna ha aiutato le altre a formarsi».
8
Per Habermas (1996: 362), il più influente teorico contemporaneo della democrazia deliberativa,
condizione necessaria per la legittimità di una decisione in democrazia è la presenza di una procedura
formale in base a cui «proposte, informazioni e ragioni possono essere trattate più o meno
razionalmente
9
John Zaller (cit.) le definisce opinioni top-of-the head, o ‘in cima alla mente’, in riferimento alle
considerazioni che sono rese mentalmente più accessibili all’individuo in uno specifico contesto
comunicativo, ma suscettibili di essere modificate al variare della cornice comunicativa stessa.
7
tema divisivo, e hanno buon gioco nel dare rappresentanza a quel costrutto sociale,
spendibile come risorsa politica, che è l’opinione pubblica.
Anche al di là delle fasi più conflittuali della lotta politica, i gruppi
organizzati della società civile sono stati a lungo considerati, specie attraverso
l’intermediazione dei propri leader e dirigenti, come i portatori più autentici
dell’opinione pubblica, almeno relativamente agli orientamenti delle rispettive
categorie sociali. Ciò era particolarmente ben visibile, secondo Benjamin Ginsberg
(2001), negli Stati Uniti dei primi decenni del ventesimo secolo, fino all’avvento dei
sondaggi d’opinione, i quali «trasformarono l’opinione pubblica, che era una
proprietà di gruppi, in un attributo di individui» (ibid, 193). 10 Tuttavia anche in
seguito, in piena ‘era dei sondaggi’, rimaneva d’attualità un’accezione di opinione
pubblica che enfatizza il ruolo dei gruppi organizzati nel costruire, canalizzare e dare
risonanza a determinati punti di vista nella società, e farli pervenire ai decisori
politici forti di un’influenza e di un’efficacia ben superiori a quelle raggiungibili da
un pubblico fatto da individui disparati e disorganizzati (Blumer 1948). Respingendo
come una finzione ideologica l’idea che le opinioni di tutti gli individui pesino in
modo eguale, indipendentemente dalla loro competenza politica, dalla loro posizione
sociale e dalla loro appartenenza a gruppi d’interesse organizzati, questa prospettiva
mette al centro del processo d’opinione pubblica l’opinione ‘mobilitata’ e sostenuta
da minoranze attive, gruppi e forze sociali conflittuali (Bourdieu 1973).11
Proprio per il fatto di fondare il concetto sociologico di opinione pubblica
sull’opinione mobilitata (peraltro non riducibile all’idea di opinione ‘gridata’) 12 ,
questa prospettiva è quella che di certo sovrappone maggiormente l’opinione
pubblica all’azione dei movimenti sociali da una parte, a quella dei gruppi di
pressione dall’altra. Concezione anch’essa radicalmente anti-individualistica, e forse
apparentemente anacronistica, quella di opinione pubblica in quanto ‘azione
collettiva’ resta nondimeno una chiave interpretativa che, come si vedrà, può essere
utilmente applicata alla molteplicità di sfere pubbliche reali e ‘virtuali’
contemporanee.
(d) Opinione pubblica come Opinione maggioritaria
Oggi quasi auto-evidente, questa accezione dell’opinione pubblica come
opinione maggiormente diffusa in una popolazione affonda le sue premesse nei
processi di razionalizzazione sociale dell’età moderna – di cui il pensiero utilitarista
fu una significativa espressione ideologica 13 – e nella graduale diffusione dei modelli
10
Fino ad allora, «l’opinione pubblica era un bene prezioso che apparteneva ai partiti, ai gruppi di
interesse, o alle comunità e ai loro capi» (ibid.)
11
Alcuni passaggi del noto scritto di Pierre Bourdieu “L’opinione pubblica non esiste” (cit.) sono
particolarmente rappresentativi di questa prospettiva. Fra questi, i seguenti (71-88): «Lo stato
dell’opinione, in un determinato momento, è un sistema di forze, di tensioni»; «Nelle situazioni reali,
le opinioni sono delle forze e i rapporti d’opinione sono conflitti di forza»; «L’opinione mobilitata è
quella della gente la cui opinione, come si dice, ha un peso»; «La gente si trova davanti a opinioni
precostituite, opinioni sostenute da gruppi, opinioni tra le quali si deve scegliere perché si deve
scegliere tra i gruppi»; «Soltanto le minoranze attive sono capaci di mobilitare l’opinione».
12
L‘opinione gridata’ è la metafora con cui J. Lazar (1995) rappresenta schematicamente la forma
d’espressione prevalente dell’opinione pubblica nel XIX secolo, contrapponendola all’opinione
‘illuminata’ del XVIII secolo e all’opinione ‘sondata’ del XX secolo.
13
La formula del «più gran numero di persone» attribuita a Jeremy Bentham (1748-1832) traduce la
visione individualista radicata nel pensiero utilitarista, non a caso anticipatore dello sviluppo
dell’economia politica e della dottrina liberista, nonché dell’individualismo metodologico nelle
scienze sociali.
8
della cittadinanza civile e politica, nonché del correlato principio della
rappresentanza democratica.
In particolare, l’introduzione del suffragio popolare e la progressiva
estensione del diritto di voto nei paesi europei fecero delle elezioni politiche il
momento di massima espressione dell’opinione pubblica, benché in modalità solo
periodiche e, soprattutto, in termini tematicamente confinati alla scelta dei
rappresentanti politici.14
La concezione dell’opinione pubblica come opinione maggioritaria diveniva
predominante con l’affermazione del sondaggio d’opinione commerciale negli Stati
Uniti, a partire dagli anni ’30 del ‘900. L’introduzione della tecnica campionaria per
la rilevazione delle opinioni individuali e la loro estensione alla popolazione
statistica di riferimento rifletteva in larga misura il modello elettorale, finalizzato a
misurare, secondo una logica puramente aggregativa, le quote di consenso destinate
alle diverse opzioni dell’offerta elettorale.
Questa traslazione del principio «una testa, un voto» in «una testa,
un’opinione» fa dell’egualitarismo il punto di forza dei sondaggi come espressione
dell’opinione pubblica, attribuendo il medesimo peso alle opinioni di ogni membro
del pubblico generale. 15 Da ciò deriva quell’effetto-sommatoria che fa dell’opinione
pubblica non più il senso comune implicito di una società, né il prodotto collettivo di
una discussione pubblica, né la voce mobilitata dalle organizzazioni della società
civile, bensì l’opinione più diffusa, quella rilevata quantitativamente tra il maggior
numero di individui.
Le somiglianze con la logica del voto hanno fin dal principio indotto i
sondaggisti americani a proclamare la profonda democraticità dello strumento del
sondaggio, ritenuto capace di rivelare ad ogni momento e su ogni tema desiderato
l’orientamento maggioritario tra i cittadini, favorendo così la realizzazione storica di
un governo «del popolo, attraverso il popolo, per il popolo». 16 Al di là di un
ottimismo che appare oggi ingenuo, il sondaggio campionario apriva prospettive
importanti ai fini della rilevabilità empirica del costrutto ‘opinione pubblica’,
opportunamente modificato rispetto alle altre accezioni vigenti. Nonostante tutti i
limiti e le semplificazioni proprie di questa accezione, un’opinione pubblica intesa
come l’orientamento maggioritario emergente dalle inchieste campionarie si
presenta, contrariamente alle altre definizioni, come empiricamente accessibile e
facilmente operativizzabile.
Se l’accessibilità empirica spiega una parte del successo contemporaneo di
questa accezione dell’opinione pubblica, altri elementi che devono essere messi in
rilievo sono la maggiore ‘funzionalità’ dal punto di vista dei governanti – le
maggioranze ‘silenziose’ monitorate dai sondaggi possono spesso essere invocate per
contrastare le minoranze ‘rumorose’ delle forze sociali organizzate 17 – e la maggiore
14
Il suffragio universale maschile fu introdotto negli Stati Uniti fin dal 1776, in Francia (fatta salva la
parte la parentesi rivoluzionaria) nel 1848, mentre nella grande maggioranza dei paesi europei solo nei
primi decenni del ‘900.
15
Proprio questo preteso isomorfismo delle opinioni individuali è il punto maggiormente criticato
nelle citate analisi tanto di Blumer (1948) quanto di Bourdieu (1973). Tuttavia, anche il concetto
moderno di ‘cittadinanza’, a ben vedere, è portatore di un’astrazione analoga, fondata sull’idea della
«uguaglianza di tutti i cittadini in quanto cittadini, quali che siano peraltro le loro differenze e le
ineguaglianze che li separano» (Schnapper 2000: 12).
16
Primi fra questi, George Gallup, Elmo Roper e Archibald Crossley, che non esitarono a enfatizzare
la nascita del sondaggio d’opinione come una grande conquista per la democrazia (cfr. fra gli altri
Barisione & Mannheimer 1999).
17
Il ribaltamento di prospettiva rispetto a una concezione dell’opinione pubblica come Azione
collettiva è particolarmente evidente nelle parole di Roper (1940), che si rallegrava di come i
9
congruenza con le logiche d’informazione dei mass media. Una volta divulgati dai
media, i risultati dei sondaggi commerciali divengono parte del processo d’opinione
intorno a un tema, e contribuiscono alla definizione di ciò che viene comunemente
indicato come ‘opinione pubblica’. Pertanto, quali che siano le critiche
metodologiche o epistemologiche rivolte ai sondaggi come strumenti di rilevazione e
conoscenza dell’opinione pubblica, essi hanno contribuito a trasformare la comune
comprensione del fenomeno, affermando la formula, concettualmente più calzante
allo strumento, dell’Opinione maggioritaria.
(e) Opinione pubblica come Emozione pubblica
Questa concezione, particolarmente ampia e eterogenea, si caratterizza per
l’attribuzione di una certa irrazionalità di fondo, o suscettibilità a una reazione
emozionale, dell’opinione pubblica nella società ‘di massa’.
La psicologia delle folle della fine del diciannovesimo secolo (in particolare,
Le Bon 1895) è un precursore di questa visione, a partire dall’osservazione dei
comportamenti degli individui negli allora sempre più frequenti assembramenti
collettivi anche di carattere politico. Elementi come l’anonimato e l’unità ‘mentale’
favoriti da questi contesti collettivi erano ritenuti responsabili di fenomeni
comportamentali improntati all’istintività, alla contagiosità, alla suggestionabilità
estrema. Ma, soprattutto, queste stesse reazioni emotive venivano potenzialmente
attribuite, a fronte di avvenimenti traumatici per una comunità, anche all’insieme
degli individui che la compongono, benché fisicamente separati. 18 La folla diveniva
dunque una potenziale metafora per l’opinione pubblica.
La Prima guerra mondiale fornì l’occasione per le prime esperienze di
organizzazione delle attività di propaganda da parte dei governi democratici, specie
di Gran Bretagna e Stati Uniti (Lasswell 1927). L’intento esplicito era quello di
mobilitare il sostegno dell’opinione pubblica alla guerra utilizzando i canali della
comunicazione di massa (film, notiziari, cartelloni pubblicitari) per diffondere
messaggi ad elevato contenuto simbolico ed emotivo, allo scopo di suscitare
sentimenti comuni – specie di ostilità per i nemici – tra la popolazione. Gli sforzi di
manipolazione degli atteggiamenti collettivi attraverso la propaganda di massa
trassero nuovo impulso dalle esperienze dei regimi totalitari tra le due guerre.
Concetti mutuati dalla psicologia sociale venivano correntemente utilizzati dagli
studiosi dell’opinione pubblica e delle tecniche di propaganda: stereotipo (Lippmann
1922), mente pubblica (Bernaeys 1923), riflesso condizionato (Tchakotine 1939).
E’ in questo contesto storico che si afferma il cosiddetto ‘paradigma degli
effetti onnipotenti’ nell’ambito degli studi sull’influenza delle comunicazioni di
massa sull’opinione pubblica. La presunta ‘atomizzazione’ del pubblico rispetto alle
vecchie comunità di appartenenza, favorita dall’incedere della società di massa,
veniva ritenuto un fattore facilitante rispetto a un impatto persuasivo potente,
immediato, diretto e pressoché omogeneo dei messaggi propagandistici sull’insieme
degli individui che vi erano esposti. L’opinione pubblica veniva quindi a
legislatori non avrebbero più dovuto «temere le conseguenze di un rifiuto di cedere alla pressione di
un gruppo minoritario rumoroso».
18
«Migliaia di individui separati possono, a un momento dato e sotto l’influenza di certe emozioni
violente, come ad esempio un grande avvenimento nazionale, acquistare le caratteristiche di una folla
psicologica» […] «Basta allora che una circostanza li riunisca perché il loro comportamento acquisti
subito quella forma che è particolare alle folle» (Le Bon, cit.: 17).
10
rappresentare una sorta di camera d’eco pronta a reagire emotivamente agli stimoli
veicolati dalla radio, dai giornali e dagli altri mezzi di comunicazione di massa.
Nonostante le ricerche nei campi della sociologia delle comunicazioni di
massa e della comunicazione politica abbiano smentito, fin dagli anni ’50, la validità
complessiva delle teorie dei media onnipotenti, una visione tendenzialmente
pessimistica dell’opinione pubblica come Emozione pubblica non ha mai cessato di
convivere, accanto alle altre accezioni concorrenti, specie nei decenni di massima
diffusione della televisione nella società e nella sfera politica. In particolare, vari
autori (da Meyrowitz 1985, a Sartori 1997, a Castells 2009) hanno ipotizzato, benché
in forme e da prospettive molto diverse, che la televisione sia all’origine di una
trasformazione delle stesse facoltà percettive degli individui nelle società
mediatizzate, portati a concentrare la propria attenzione sugli elementi visivi,
simbolici, personalizzati ed emotivi della comunicazione e dell’informazione.
Tendenze recenti, quali la creazione di una sfera mediale su scala globale o
l’affermarsi di un ciclo di informazione televisiva continua, hanno rafforzato la tesi
di un’opinione pubblica sempre più sostituita da una sorta di Emozione pubblica, un
alternarsi di stati d’animo collettivi effimeri – commozione, rabbia, orrore, angoscia,
paura, speranza, ecc. – suscitati di volta in volta da suggestioni e choc provenienti
per lo più dalle immagini in diretta, in quella che Paul Virilio (2004) definisce una
‘sincronizzazione delle emozioni’, una ‘globalizzazione degli affetti’ o, ancora, una
‘logica dello choc perpetuo’.
Perfino i più recenti filoni neurocognitivi nello studio della comunicazione
politica tendono a mettere in risalto il ruolo centrale delle emozioni in quelle aree del
cervello umano che presiedono alla ricezione e all’elaborazione dei messaggi
comunicativi (Westen 2007, Lakoff 2008). Ciò si traduce nella visione di
un’opinione pubblica che, in sorprendente sintonia con i precetti del marketing
elettorale, appare particolarmente reattiva agli elementi più periferici, formali ed
emotivi – dal ‘framing’ allo ‘spin’ dei messaggi – della comunicazione politica.
(f) Opinione pubblica come Processo multidimensionale
Un’ultima prospettiva teorica si caratterizza per lo spostamento di interesse
dall’opinione pubblica come ‘soggetto’ all’opinione pubblica come ‘processo’. In
questa accezione, «l’opinione pubblica non è il risultato finale di un processo, ma
esiste nel processo stesso» (Crespi 1997: 161). 19 Tale processo ha una natura
multidimensionale, in quanto coinvolge al contempo attori individuali e collettivi,
tanto della società civile quanto del sistema politico, e si dispiega sia al livello micro
della comunicazione interpersonale tra cittadini inseriti nelle loro cerchie sociali, sia
al livello macro dell’interazione (mass-)mediata, prevalentemente tra le élite
politiche e istituzionali.
L’opinione pubblica va quindi analizzata attraverso il ‘ciclo di vita’ – nascita,
ascesa, declino, scomparsa – di ogni tema che contribuisce a definire l’agenda del
dibattito pubblico, o la struttura tematica della comunicazione politica (Luhmann
1971). Per ogni fase, inoltre, deve essere osservato il processo di costituzioni dei
19
Ancora Irving Crespi (ibid.): «Il processo d’opinione pubblica è un configurarsi in modo
caleidoscopico – variegato, in continuo cambiamento – di opinioni individuali e collettive, il cui
significato esiste in quelle stesse configurazioni, e non solo nel contenuto di tali opinioni». In una
forma simile, Diana Mutz (1989: 21): «L’opinione pubblica non è semplicemente l’aggregato
statistico delle opinioni di qualche pubblico, ma piuttosto un processo sociale che implica
l’interazione di opinioni espresse pubblicamente».
11
pubblici, o dei vari tipi di pubblico (generale, votante, attento, attivo, monotematico)
a diverso livello di coinvolgimento (Price 1992). Se la posta in gioco ultima può
essere ‘l’allineamento’ finale – pro o contro una data proposta tematica – di uno dei
livelli di pubblico (‘generale’ per i sondaggi d’opinione, ‘votante’ per le elezioni o i
referendum, ‘attento’ per le tendenze o i climi d’opinione, ‘attivo’ o ‘monotematico’
per le mobilitazioni collettive), ciò che più conta è il processo discorsivo e di
comunicazione che vede interagire attori e spettatori individuali e collettivi. Come
nell’accezione incentrata sulla pubblica discussione, infatti, anche in questa
prospettiva l’idea di dibattito pubblico rimane al cuore del processo sociale attraverso
cui si forma l’opinione pubblica. Con esso si definiscono non solo i contenuti delle
opinioni, ma anche il campo stesso delle opinioni e delle forme d’espressione
legittime, nonché degli attori legittimati a esprimerle (Crespi, cit.).
Tuttavia, il dibattito pubblico intorno a un problema condiviso può svolgersi
non solo a livello interpersonale, ma anche su scala sociale più ampia,
essenzialmente attraverso i mass media, sotto forma di ‘dibattito pubblico mediato’
(Grossi 2004). A questo livello macro, il concetto di dibattito pubblico diventa quindi
una sorta di metafora di un processo interattivo i cui partecipanti più attivi sono una
grande varietà di individui e forze politiche, gruppi organizzati, commissioni,
membri del pubblico attivo o attento, e i cui fondamentali canali di comunicazione
sono i media. In ultima analisi, la ricerca sull’opinione pubblica è strettamente
connessa all’analisi dei processi di discussione, di comunicazione e di continua
transazione fra attori individuali e collettivi, in merito a temi che riguardano
decisioni di interesse pubblico.
Sul piano della ricerca empirica, lo studio dell’opinione pubblica come
processo multidimensionale richiederà pertanto la definizione di un disegno di
ricerca complesso, che preveda al contempo un’analisi del contenuto della copertura
dei media e della documentazione legislativa; inchieste campionarie sul pubblico
generale; interviste qualitative con campioni ragionati di responsabili politici e
sociali (Price, cit.). Tuttavia, questa accezione, se appare particolarmente attenta a
cogliere il processo d’opinione pubblica in tutta la sua complessità, mostra
nondimeno nella capacità di rilevazione empirica del fenomeno il suo aspetto
maggiormente critico. A una certa indeterminatezza teorica, infatti, si accompagna la
difficoltà di stabilire un nucleo di indicatori chiari, e chiaramente rilevabili, del
processo stesso.
2. Condizioni sociologiche delle tradizioni teoriche concorrenti sull’opinione
pubblica
Benché lo sviluppo di queste diverse accezioni dell’opinione pubblica non
abbia seguito, come si è già osservato, un ordine cronologico lineare, è tuttavia
possibile delineare una ricostruzione che schematicamente metta in relazione
ciascuna di esse con alcuni fondamentali processi storici e sociali attraverso cui la
sfera pubblica politica è evoluta, si è definita e continuamente trasformata, specie
nelle società europee e degli Stati Uniti. In questa riflessione, il punto centrale resta il
permanere di alcune delle condizioni istituzionali, sociali e tecnologiche che hanno
favorito l’affermarsi di ciascuna delle accezioni considerate. Benché ognuna di esse
abbia conosciuto una fase di relativo predominio storico, infatti, nessuna ha mai
definitivamente soppiantato le altre come chiave interpretativa del concetto di
opinione pubblica. Al contrario, e in assenza delle condizioni strutturali perché la
concezione ‘precedente’ fosse screditata da quella ‘successiva’, il processo può
12
essere interpretato nei termini, additivi più che sottrattivi, dell’affiancamento di
prospettive concorrenti ma coesistenti.
Ciò detto, è possibile indicare alcune delle condizioni strutturali che hanno
favorito l’emergere (e il provvisorio predominio – mai appunto il ‘monopolio’) di
ciascuna delle tradizioni teoriche considerate. La prospettiva (a) (‘Tribunale sociale’)
appare predominante in un contesto politico pre-democratico, dove i principi della
cittadinanza civile e della partecipazione politica non sono ancora entrati in scena, e
dove l’opinione pubblica non esiste come soggetto relativamente autonomo e in
grado di proporsi come interlocutore dell’autorità politica. In un senso ancora più
ampio, il contesto maggiormente favorevole precede la piena affermazione dello
Stato moderno, cui si accompagna la graduale emersione di una società civile distinta
rispetto all’ambito del potere politico, e i primi lineamenti di una sfera pubblica
come spazio sociale relativamente accessibile per la discussione, specie intorno a
quegli ambiti della vita privata e dell’economia che divengono sempre più soggetti
all’intervento potestativo della monarchia assoluta.
Inoltre, nelle società in cui i processi di modernizzazione non hanno ancora
dispiegato a fondo i propri effetti in termini di razionalizzazione della vita sociale, e
quindi di crescente differenziazione e specializzazione funzionale, la pressione
conformistica di una comunità – nel senso sociologico di gemeinschaft – più
omogenea e meno permeabile alla circolazione di nuovi valori e pratiche sociali pare
offrire le condizioni strutturali più propizie per un’accezione dell’opinione pubblica
come Tribunale della società.
Implicitamente, si sono quindi già suggerite alcune delle trasformazioni
storiche che hanno favorito l’affermarsi di una visione dell’opinione pubblica come
frutto di una Pubblica discussione (b) finalizzata alla ricerca del bene comune dei
cittadini – o, nell’accezione utilitarista, del massimo numero possibile di cittadini –
attraverso una procedura di contro-argomentazione razionale, trasparente e
relativamente egualitaria. Più in particolare, le trasformazioni indotte sia dallo
sviluppo dell’economia moderna – emersione delle attività economica dalla sfera
domestica con la diffusione del capitalismo manifatturiero, ascesa di una borghesia
urbana e di un nuovo ceto di ‘dotti’, affermazione della politica mercantilistica come
nuovo ambito regolativo dello Stato –, sia dal sorgere dello stato moderno – il
soggetto unitario che diviene titolare esclusivo della sovranità, ambito della politica
formalmente separato da quello della società civile –, sia dalle rivoluzioni politiche
americana e francese, con l’introduzione del concetto moderno di cittadinanza e il
relativo riconoscimento di alcuni fondamentali diritti civili e politici, forniscono le
precondizioni per la nascita di una sfera pubblica in cui l’opinione emergente dalla
discussione funga da controparte critica dell’autorità. Non a caso, nel resoconto
classico di Habermas (1962), tali condizioni sembrano venire meno con l’avvento
dello Stato sociale del ventesimo secolo, che segna un grado di compenetrazione tra
stato e società tale da favorire il negoziato privato rispetto alla discussione pubblica,
la rappresentanza corporativa degli interessi o l’adesione plebiscitaria alla politica
partigiana rispetto al confronto delle opzioni e dei programmi in una chiave ispirata
alla procedura deliberativa.
Se nell’accezione (a) l’opinione pubblica è una forza sociale – o una metafora
delle norme della Società – con funzioni implicite di controllo e di preservazione
della coesione della collettività, in quella (b) essa viene concettualizzata come una
forza politica e una nuova istanza di legittimità per il potere. A una funzione critica
di controparte dell’autorità, essa unisce un più fondamentale ruolo in quanto fonte
ultima di legittimazione del potere politico: la sovranità non è più tale per volere
divino, ma per volontà del popolo.
13
Le accezioni (c) (d) e (e), invece, possono essere interpretate come tre diverse
modalità di reazione a un fenomeno storicamente collocabile, almeno nei paesi
europei, a partire dalla metà del diciannovesimo secolo: l’inclusione progressiva e
reale delle masse popolari nelle forme di partecipazione alla sfera politica. Da una
parte, laddove una significativa estensione del suffragio elettorale viene introdotta
dall’alto, la concezione dell’opinione pubblica come Opinione maggioritaria (d)
trova una parziale naturalizzazione, benché limitata appunto al momento elettorale;
dall’altra, laddove i processi di democratizzazione o le lotte per l’indipendenza
nazionale vedono diffondersi gli strumenti della manifestazione e dei moti di piazza
da parte dei settori più attivi della popolazione, per poi istituzionalizzarsi con la
crescita dei partiti e delle organizzazioni sociali legate al movimento operaio o alle
istanze indipendentiste, una concezione tendenzialmente ‘positiva’ dell’opinione
pubblica come Azione collettiva (c) si affianca ad una più ricca di connotazioni
negative quale quella di Emozione pubblica (e). Quest’ultima accezione, infatti,
accomuna le reazioni di stampo élitario tanto alle manifestazioni delle ‘folle’ tardoottocentesche quanto, in maniera molto più sistematica, agli effetti della propaganda
politica novecentesca attraverso i moderni mezzi di comunicazione di massa. Le
funzioni attribuite all’opinione pubblica, in questo caso, richiamano in parte una
mobilitazione di tipo ‘affettivo’ ai fini di una qualche rivendicazione sociale
(funzione di contro-potere, anche prerogativa principale della concezione (c) ), ma
soprattutto il mantenimento di un tacito sostegno alle scelte dei governanti attraverso
un processo di costruzione del consenso per via propagandistica e mediale (funzione
di consenso ‘specifico’).
Se, tuttavia, il passaggio dell’«età delle folle» (Park 1904) alla società di
massa (Blumer 1946, Kornhauser 1959), per usare due concetti pur sociologicamente
non del tutto soddisfacenti, separa simbolicamente i due contesti sociali che
presentano le condizioni più conformi, rispettivamente, alle accezioni (c) e (e),
l’inizio della tendenziale egemonia della accezione (d) è legata, come già notato, a un
cambiamento di tipo essenzialmente tecnologico: l’applicazione del sondaggio
campionario alla rilevazione e allo studio dell’opinione pubblica. A quest’ultima,
nell’era dei sondaggi d’opinione, viene imputata in sostanza una funzione di
consenso specifico sulle politiche di governo, cui non è disgiunta però una più
fondamentale funzione di consenso sistemico al funzionamento stesso delle
istituzioni democratiche, legittimate da quella pratica elettorale che è il modello di
riferimento per l’accezione dell’opinione pubblica come Opinione maggioritaria.
Tuttavia la concezione (d), al di là dei noti limiti metodologici e
epistemologici dello strumento del sondaggio, introduce anche una sorta di equivoco
nella rappresentazione miniaturizzata della scelta elettorale come atto fondamentale
del processo democratico. Fatto salvo il caso del referendum, che resta però una
pratica istituzionalmente non prevista da molte democrazie contemporanee,
l’elezione esprime la sovranità popolare non solo in quanto operativizzata attraverso
il criterio della maggioranza, ma anche mediata dal principio di rappresentanza. La
negazione del ruolo di mediazione fra demos e potere svolto dai partiti politici, dai
candidati e dagli eletti negli organi di rappresentanza istituzionale è del tutto evidente
nell’accezione sondaggistica dell’opinione pubblica e della democrazia, dove gli
orientamenti dei cittadini sono ‘sondati’ senza alcuna mediazione a beneficio delle
leadership di governo. Anche questo slittamento concettuale è all’origine delle
analisi di chi ha individuato nelle esacerbazioni degli ultimi decenni i sintomi
dell’affermazione di una democrazia ‘del pubblico’ in luogo della precedente
democrazia ‘dei partiti’ (Manin 1995), o di una ‘post-democrazia’ caratterizzata, tra
14
l’altro, da forme di partecipazione politica puramente formale, oppure manipolata,
passiva e rarefatta attraverso i sondaggi d’opinione (Crouch 2004).
Il processo decisionale reale con cui vengono definite le politiche pubbliche
nelle democrazie postindustriali, tuttavia, non può evidentemente essere ridotto a una
maggiore o minore responsiveness dei responsabili di governo alle domande che
pervengono dall’opinione pubblica attraverso i sondaggi d’opinione. La crescente
complessità dei processi di governance a livello locale, regionale, nazionale o
sovranazionale, specie europeo, mette in luce il ruolo di transazione, interazione e
negoziazione continua tra una pluralità di attori individuali e collettivi – sociali,
politici e istituzionali. E’ in questo contesto che la concezione (f) di opinione
pubblica come Processo multidimensionale diviene sociologicamente più rilevante, e
pare non a caso rappresentare la prospettiva emergente nello studio sociologico
dell’opinione pubblica. Pur con tutte le difficoltà di concettualizzazione empirica di
cui si è accennato, l’interesse di (f) risiede nell’estensione del raggio d’analisi del
fenomeno, che include le relazioni tra un ampio numero di attori, di stadi e di
dispositivi del processo d’opinione pubblica, oltre che di fasi di vita di un tema e di
livelli dei pubblici considerati, in quello che può essere definito, in senso
sostanzialmente bourdieusia no, un vero e proprio ‘campo’ demoscopico (Grossi
2004). In questa prospettiva sociologicamente realistica, l’opinione pubblica
rappresenta una forza dinamica e composita, coinvolta in un conflitto permanente,
tanto al proprio interno quanto verso l’esterno, intorno all’affermazione degli
interessi e dei valori predominanti nella sfera delle decisioni politiche.
Nessuna di queste prospettive, si diceva, ha perso la propria capacità
interpretativa rispetto ai fenomeni d’opinione pubblica contemporanei. Da quanto
osservato, non paiono esservi controversie sull’applicabilità attuale della concezione
(d) (sondaggi d’opinione come indicatori dell’Opinione maggioritaria), (e) (effetti
della comunicazione politica in termini di Emozione pubblica) e (f) (complessità,
multidimensionalità e natura processuale dell’opinione pubblica nelle società
globalizzate). Anche le prime tre prospettive considerate, tuttavia, continuano ad
apparire necessarie per cogliere aspetti importanti del fenomeno, anche nelle sue
forme attuali. La prima (a) (Tribunale sociale) fornisce gli strumenti teorici per
comprendere e analizzare meccanismi quali la ‘spirale del silenzio’, il ‘clima
d’opinione’, o la ‘ignoranza pluralistica’; la seconda (b) (Pubblica discussione) è
centrale ad esempio nella concettualizzazione delle pratiche di democrazia
deliberativa contemporanee; la terza (c) (Azione collettiva) entra in gioco tanto
nell’analisi della sfera pubblica mobilitata a livello globale, quanto in quella delle
nuove forme virtuali di mobilitazione collettiva, o ancora in quelle locali favorite
dall’organizzazione via web o comunicazione mobile.
La logica additiva in virtù della quale ogni prospettiva emersa in una qualche,
benché non lineare, successione storica va affiancata e non sostituita alle precedenti
può essere esemplificata attraverso il caso analogo dei canali di formazione e
d’espressione dell’opinione pubblica. Al ‘pettegolezzo’, in quanto potenziale forma
di trasmissione dell’opinione pubblica (nella fattispecie, come Tribunale della
società), si succedono nell’arco di due secoli canali quali la stampa d’opinione, il
suffragio elettorale, le manifestazioni di piazza, i sondaggi, la televisione, internet.
Nessuno di questi canali, in tutta evidenza, è scomparso in seguito all’apparizione di
uno dei canali successivi. Al contrario, tutti coesistono – soggetti a continue
innovazioni tecnologiche e trasformazioni sociali – e contribuiscono ai processi
d’opinione pubblica contemporanei.
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3. Verso una prospettiva ‘multiforme’: una tipologia delle forme d’espressione
dell’opinione pubblica contemporanea
Le sei prospettive considerate identificano altrettante modalità di attribuire un
significato a quel costrutto sociale che è l’opinione pubblica. Tutte e sei, si è detto,
sono teoricamente fondate e analiticamente applicabili, in alcuni dei loro elementi,
alle realtà contemporanee. Tuttavia il limite di ciascuna di essa, se considerate
singolarmente, appare al contempo epistemologico e sociologico. Ognuna di queste
prospettive, infatti, coglie solo alcune sfaccettature parziali di un fenomeno che
appare invece conoscibile attraverso categorie concettuali e chiavi interpretative
anche relativamente distanti tra loro. Non solo: questi diversi concetti e categorie
sono realmente e quotidianamente invocati dagli attori sociali e politici coinvolti
tanto nella formazione quanto nell’analisi dei processi d’opinione pubblica. Il
‘politeismo’ di credenze intorno alla vera natura dell’opinione pubblica è reale, e
dipende tanto dagli interessi dei diversi attori a legittimarne di volta in volta
un’accezione piuttosto che un’altra, quanto dal contesto discorsivo e dall’ambito
tematico di riferimento.
Gli usi sociali multipli e contestati che vengono fatti del concetto, insomma,
attingono da tutte queste prospettive concorrenti. Alcuni enunciati, a titolo di
esempio, potrebbero essere i seguenti: (a) «Per l’opinione pubblica americana la pena
di morte è una soluzione del tutto ovvia e naturale»; (b) «L’opinione pubblica si è
ormai convinta delle necessità di questa riforma della legge elettorale»; (c) «Il
governo, sotto la pressione dell’opinione pubblica, ha dovuto ritirare il decreto di
legge »; (d) «Il primo ministro può contare ancora sul consenso dell’opinione
pubblica»; (e) «Il tragico episodio ha sconvolto l’opinione pubblica, che ora chiede a
gran voce un giro di vite sulla sicurezza»; (f) «Il sindaco intende coinvolgere
l’opinione pubblica nell’individuazione delle priorità strategiche per la città nei
prossimi cinque anni». Tutti questi usi appaiono legittimi, eppure ciascuno di essi
chiama in causa concezioni profondamente diverse di ciò che è l’opinione pubblica,
dei soggetti che la compongono, dei meccanismi che la governano, delle sue funzioni
nella società e dei suoi effetti nel processo politico.
Prendendo atto dell’impossibilità di una definizione esclusiva – ed escludente
tutte le altre –, nonché dell’inutilità della ricerca di una presunta accezione ‘pura’ del
concetto di opinione pubblica nella molteplicità dei suoi usi attuali, ciò che qui si
intende proporre è una sorta di ri-articolazione concettuale, attenta al contempo al
problema della rilevabilità empirica, delle forme ‘reali’ dell’opinione pubblica
contemporanea. Questa proposta teorica e orientata alla ricerca consiste nel delineare
una prospettiva ‘multiforme’, o ‘polimorfica’, che includa, importandoli e
incrociandoli in una limitata varietà di combinazioni, gli elementi principali delle
prospettive fin qui analizzate. Questa ri-articolazione concettuale del fenomeno si
concentrerà su una tipologia contenente le principali forme di espressione
dell’opinione pubblica. In particolare, quattro fondamentali forme d’espressione
saranno delineate a partire da due criteri di differenziazione bipolari, i quali potranno
essere rappresentati graficamente attraverso due assi cartesiani che danno forma a
quattro quadranti. Definiremo i due criteri, rispettivamente, come ‘pubblicità’ e
‘processualità’.
Il criterio della pubblicità definisce quelle forme d’espressione dell’opinione
pubblica che riguardano un oggetto discorsivo tematizzato nell’agenda pubblica.
L’opinione pubblica si esprime in forme diverse se relativa a un tema che è in quel
momento al centro del dibattito pubblico mediato, piuttosto che a un tema del tutto
assente dall’agenda della comunicazione mediale e interpersonale. Così, ad esempio,
16
l’opinione pubblica in merito al riconoscimento delle coppie di fatto omosessuali
rifletterà tendenzialmente un mero orientamento etico-culturale di fondo nei
confronti della categoria sociale degli omosessuali se espressa, per esempio
attraverso una domanda di sondaggio, al di fuori di un contesto di pubblicità del
tema, mentre darà vita a un’opinione su una più specifica proposta di policy da parte
di un qualche attore politico o sociale qualora essa sia stata tematizzata nel dibattito
pubblico attraverso i media. Pubblicità è dunque sinonimo di tematizzazione
nell’agenda pubblica.
Il criterio della processualità definisce invece la dimensione ‘statica’ o
‘dinamica’ di una data forma espressiva dell’opinione pubblica. Una forma
d’espressione statica può caratterizzare non solo un orientamento pubblico
tendenzialmente costante rispetto a un qualche oggetto politico o sociale, ma anche
un’opinione risultante da un dibattito pubblico su un tema e ‘fotografata’ a un
momento dato. Per contro, una forma d’espressione dinamica identifica un fenomeno
il cui senso va ricercato nella sua dimensione diacronica, vale a dire nella capacità di
emergere o svilupparsi in una qualche durata temporale, come nel caso di una
tendenza in via di formazione, di un ciclo, o di un movimento d’opinione. Il criterio
della processualità distingue dunque uno stato d’opinione da una dinamica
d’opinione.
Fig. 1: una tipologia delle forme d’espressione dell’opinione pubblica
La fig. 1 raffigura i quattro quadranti definiti dai due assi bipolari: pubblicità
(senza/con tematizzazione) in orizzontale, processualità (stato vs. dinamica
d’opinione) in verticale. Ciascuno dei quadranti viene a circoscrivere una delle
quattro forme di espressione dell’opinione pubblica qui concettualizzate.
I. Atteggiamento collettivo: uno stato d’opinione su un oggetto non
tematizzato nell’agenda pubblica.
II. Opinione aggregata: uno stato d’opinione su un oggetto tematizzato
nell’agenda pubblica.
III. Corrente d’opinione: una dinamica d’opinione su un oggetto non
tematizzato nell’agenda pubblica
17
IV. Movimento d’opinione: una dinamica d’opinione su un oggetto
tematizzato nell’agenda pubblica.
Qui di seguito, ciascuna di queste forme viene illustrata nelle proprie
componenti essenziali. Nel complesso, questa tipologia segue una strategia di
‘parsimonia’ classificatoria, privilegiando un’alta denotazione dei concetti, e quindi
un’estensione del campo di applicazione di ciascuno dei tipi risultanti a una pluralità
di fenomeni teoricamente collegabili tra loro. Inoltre, la numerazione dei quadranti
ha una funzione pratica, e non deve suggerire una dinamica sequenziale o ‘rotatoria’,
per la quale ogni forma d’espressione tenderebbe a trasformarsi, a uno stadio
successivo del processo, in quella successiva, benché in alcuni casi specifici questo
esito sia possibile, come sarà illustrato più avanti. L’illustrazione dei tipi, infine,
seguirà lo schema presentato nella tab. 2, precisando di volta in volta quali ne siano
le tradizioni teoriche di riferimento, i tipi di pubblico che lo compongono, il principio
di efficacia (o di influenza politica) e la funzione politica specifiche, il campo dei
concetti e dei fenomeni teorici ad essi collegati, i principali indicatori e metodi di
ricerca – spesso inscindibili tra loro, e una possibile metafora che ne sintetizzi il
significato.
1. Atteggiamento collettivo
In quanto ‘stato’ d’opinione su un oggetto non tematizzato nell’agenda
pubblica, l’atteggiamento collettivo fa riferimento all’insieme degli orientamenti
valoriali e delle disposizioni implicite di una collettività verso un’ampia gamma di
oggetti e categorie sociali. 20 L’opinione pubblica nella forma dell’atteggiamento
collettivo può indicare, ad esempio, l’orientamento dominante in una popolazione
nazionale verso fenomeni, tanto vari quanto simbolicamente centrali per l’identità
culturale e politica di una società, quali le istituzioni religiose, le pratiche sessuali, la
regole civili, le minoranze etniche, i principi democratici, i partiti politici, la scuola
pubblica – fenomeni che possono tanto prendere parte direttamente alla sfera
politica, quanto essere relativi alla sfera della vita quotidiana, ma suscettibili, qualora
tematizzati nell’agenda del dibattito pubblico, di regolazione politica e normativa.
Seguendo i criteri elencati nella fig. 2, nella quale le principali caratteristiche
distintive di ciascuna delle quattro forme d’espressione dell’opinione pubblica sono
illustrate schematicamente, si noterà che sono indicati due possibili ‘principi di
efficacia’ nella sezione relativa all’atteggiamento collettivo: egemonia e
maggioranza. Ciò suggerisce che il meccanismo di traduzione dell’atteggiamento
dalla dimensione individuale a quella collettiva può essere l’egemonia, riferita non
tanto a ciò che è esplicitamente condiviso da una collettività, quanto a ciò che non
viene generalmente messo in discussione, in quanto percepito come normale, ovvio o
dato per scontato; o la maggioranza, quando un orientamento emerge come
condiviso da una larga parte della popolazione. Atteggiamento collettivo in quanto
atteggiamento dominante può quindi significare, a seconda dei casi, egemonico o
maggioritario in una collettività. In tal senso, a questa forma espressiva sono
20
Il termine atteggiamento, mutuato dalla tradizione psicosociale di studi sull’opinione pubblica,
indica un orientamento affettivo di fondo verso un oggetto sociale generico (il mercato, il comunismo,
gli immigrati, gli Stati Uniti, ecc.), e si distingue quindi dall’opinione per il suo carattere
maggiormente durevole, latente, e generalizzante. Utilizzato dagli psicologi sociali a livello micro e
individuale (l’atteggiamento degli individui), il concetto di atteggiamento è qui riferito agli
orientamenti di una collettività.
18
applicabili elementi che derivano tanto dalla prospettiva teorica (a) (l’opinione
pubblica definisce il ventaglio di ciò che è ‘pensabile’ e ‘dicibile’ in una società),
quanto dalla concezione (d) (le opinioni, ma anche i valori e gli atteggiamenti,
possono essere rilevati per via aggregativa, quantificandone le occorrenze più
diffuse). In ogni caso, un atteggiamento collettivo investe, almeno potenzialmente,
l’insieme del pubblico generale, vale a dire una popolazione nazionale nella sua
interezza.
Se il concetto di atteggiamento ci appare, proprio per la sua natura affettiva,
irriflessa e generalizzante, quello più soddisfacente per definire l’insieme di questa
categoria, altri concetti e fenomeni vanno inclusi – in ragione della relativamente alta
denotatività di questa classificazione – nella stessa forma d’espressione dell’opinione
pubblica. Un atteggiamento collettivo, infatti, affonda le proprie radici nel senso
comune, che riguarda appunto l’insieme delle rappresentazioni sociali e simboliche
date per scontate dai membri di una collettività; è inoltre strettamente connesso al
concetto sociologico di valori, in quanto «concezioni del bene collettivo» (Sciolla
2004, 2008), o orientamenti normativi e principi-guida, benché talvolta di natura più
pratica che riflessiva, in merito a ciò che si ritiene desiderabile nella vita sociale o
politica; infine, si intreccia in profondità con la nozione di cultura politica, non solo
nel senso politologico dell’insieme degli orientamenti affettivi, cognitivi e valutativi
verso un sistema politico e i suoi attori, ma soprattutto nell’accezione, più
propriamente sociologica (Santambrogio 2001), dell’insieme di quegli elementi
culturali che danno vita a un’identità politica e favoriscono lo sviluppo di un senso di
appartenenza a una parte o forza politica.
Tab. 2: principali proprietà delle diverse forme d’espressione dell’opinione pubblica
La principale funzione politica che può essere imputata a questa forma
espressiva dell’opinione pubblica – per la quale una metafora linguistica calzante
appare quella dell’ethos – è la legittimazione di condotte, prese di posizione o
decisioni che rientrano nella sfera di approvazione implicita della collettività e,
specularmente, la delegittimazione di quelle che non ne fanno parte. L’atteggiamento
collettivo delinea dunque lo spazio di ciò che è possibile politicamente, o delle
proposte enunciabili senza che una delegittimazione preventiva ne precluda la
realizzazione, o la semplice possibilità di ottenere in tempi relativamente rapidi un
consenso pubblico significativo intorno ad esse. 21
21
Poiché, ad esempio, l’atteggiamento collettivo del pubblico degli Stati Uniti è, secondo gli studi in
materia, favorevole al libero mercato, all’applicabilità della pena di morte e alla difesa militare
19
Allo scopo di fare emergere questo insieme di rappresentazioni collettive
affettivamente orientate, un approccio in termini di individualismo metodologico
(Boudon 1984) appare difficilmente eludibile.22 Diversi sono i possibili indicatori e i
metodi di rilevazione di un atteggiamento collettivo. Fra i metodi quantitativi, gli
indicatori più tipici sono quelli che rilevano il grado di fiducia dei membri di una
collettività in una serie di istituzioni sociali e politiche (i sindacati, la stampa, la
chiesa, il parlamento, ecc.) o le azioni che sono ritenute più o meno giustificabili o
ingiustificabili (dall’evadere il fisco al praticare l’eutanasia); o, ancora, gli scopi
giudicati prioritari nella vita; la percezione di una serie di ruoli sociali; gli elementi
considerati indispensabili in una democrazia; gli obiettivi prioritari che un sistema
politico idealmente dovrebbe porsi. 23 Fra i metodi qualitativi, le interviste in
profondità o i focus group appaiono come strumenti più soddisfacenti allo scopo di
fare emergere in modo meno direttivo gli elementi più significativi di un dato
atteggiamento collettivo. Anche vari metodi sperimentali vengono correntemente
utilizzati, specialmente dagli psicologi sociali e politici, ad esempio per far emergere
pregiudizi razziali latenti che possono essere parte di una cultura politica collettiva.
2. Opinione aggregata
L’opinione aggregata è uno stato d’opinione su un oggetto tematizzato
nell’agenda pubblica. In quanto tale, essa emerge in merito a un tema che gode in
quel momento dato di un’ampia copertura da parte dei media e si trova al centro di
una qualche controversia tra attori politici o sociali concorrenti. La tematizzazione
presuppone quindi un’ampia comunicazione per via mediale e l’esistenza di un
qualche dibattito a livello ‘macro’. In questa tipologia dagli elevati livelli di
denotazione (o estensione), il requisito di un’approfondita discussione interpersonale
che coinvolga i membri del pubblico non è dunque necessario, poiché questi ultimi
sono suscettibili di formarsi un’opinione sul tema a partire dalla semplice
esposizione alle argomentazioni e contro-argomentazioni sviluppate dagli attori in
competizione per la conquista del consenso, e veicolate appunto dai media.
Nel caso dell’opinione aggregata, il principio d’efficacia è dato dal criterio
della maggioranza, trattandosi di una forma d’espressione dell’opinione pubblica
fondata sulla sommatoria delle singole opinioni dei membri di un pubblico.
Sintetizzabile attraverso l’immagine della percentuale, essa si manifesta attraverso
un’ampia gamma di indicatori e canali di espressione, tanto diversi tra loro quanto
accomunati dal principio dell’aggregazione delle singole opinioni e dalla logica della
dell’interesse nazionale, un attore politico che, in questa fase storica, proponesse la nazionalizzazione
dell’industria automobilistica, l’abolizione della pena capitale a livello federale e il ritiro unilaterale
delle truppe dai territori extra-nazionali si porrebbe al di fuori dello spettro delle opinioni
politicamente legittime.
22
La spiegazione del processo e della relazione di reciprocità fra rappresentazioni individuali e
collettive è uno dei problemi classici della sociologia, affrontato in particolare da Durkheim (1912:
159) : «Allo stesso modo in cui non esistono società senza individui, le forze impersonali che si
dispiegano dalla collettività non possono costituirsi senza incarnarsi in delle coscienze individuali
nelle quali esse si individualizzano. In realtà non si tratta di due processi diversi, ma di due aspetti
diversi di un unico processo».
23
Il più noto programma di ricerca a livello mondiale che include questi indicatori è il World Values
Surveys, presieduto da Ronald Inglehart. Come nota Rositi (2008, 14), queste inchieste campionarie
«usano spesso domande centrate su quell’idea di ‘importanza’ che […] non discriminano fra scopo e
valore». Per quanto poco adeguate a cogliere empiricamente i valori nella loro accezione sociologica,
esse appaiono tuttavia utili per la rilevazione del concetto – dal più ampio livello di denotazione – di
«atteggiamento collettivo».
20
‘volontà della maggioranza’. Fra questi, vi sono certamente i referendum, ma anche
le elezioni, che tematizzano nella sfera pubblica politica la scelta tra partiti o
candidati concorrenti. Tuttavia, il sondaggio d’opinione appare come l’indicatore per
eccellenza dell’opinione aggregata, a condizione che verta su una questione di
interesse pubblico tematizzata da un qualche attore individuale o collettivo e dotata
di copertura mediale nel periodo in cui è effettuata la rilevazione campionaria. 24
Questo requisito accomuna l’opinione aggregata non solo alla prospettiva teorica
dell’opinione pubblica come Opinione maggioritaria (d), ma anche a quella che
presuppone la presenza di una Pubblica discussione (b), che tuttavia in questo caso si
svilupperà essenzialmente nei termini di un dibattito pubblico mediale. Il pubblico di
riferimento sarà qui quella parte del pubblico generale, più o meno ampia a seconda
dei contesti tematici e dei casi nazionali, che prende parte a questo tipo di
consultazioni relativamente tematizzate, a base elettorale piuttosto che
campionario/demoscopiche: un pubblico votante nel caso di elezioni e referendum,
un pubblico rispondente nel caso dei sondaggi d’opinione.
In conseguenza della strategia denotativa prescelta per questa classificazione,
anche altri due rilevanti sottotipi di sondaggi, che pur si differenziano profondamente
dai comuni sondaggi campionari per alcuni importanti aspetti, rientrano fra gli
indicatori di un’opinione aggregata, sulla base dei criteri presentati nella tab. 2. Il
primo tipo sono i sondaggi deliberativi (deliberative polls), che vanno al di là del
comune sondaggio d’opinione per il fatto di predisporre uno spazio fisico di
discussione ad uso di un campione di partecipanti, sicché il risultato atteso non sarà
la semplice aggregazione delle preferenze individuali, ma la possibilità di una loro
previa trasformazione, in consonanza con un principio fondante della teoria
deliberativa; il secondo tipo sono gli ormai continui sondaggi online attraverso
campioni auto-selezionati, specie fra gli utenti di un qualche sito di informazione o
blog (web polls). Benché il grado di motivazione dei partecipanti a quest’ultimo tipo
di sondaggi possa essere superiore a quello degli intervistati estratti a sorte e
sollecitati a rispondere, il principio unificante va ricercato di nuovo nella
tematizzazione pubblica che gli oggetti di questi sondaggi per definizione
presentano, poiché tipicamente si riferiscono a controversie che nascono da eventi
sociali o politici d’attualità e sono ampiamente discussi nei media – soprattutto
attraverso editoriali, interviste o commenti dei lettori. 25
La funzione politica essenziale dell’opinione aggregata come forma
d’espressione dell’opinione pubblica consiste nella manifestazione di un consenso o
di un dissenso specifico e contingente verso un’azione, proposta o presa di posizione
pubblica ad opera di un qualche attore del sistema politico o della società civile.
Secondaria appare, a questi fini, la questione dell’uso che di tale manifestazione di
consenso/dissenso viene fatto – conoscitivo o strumentale. Allo stesso modo, uno
stato d’opinione diviso in due su un dato tema, e quindi l’assenza di una qualsivoglia
maggioranza al riguardo, non pregiudica in nulla il senso dell’opinione aggregata
come forma espressiva dell’opinione pubblica.
24
In caso contrario, nella migliore delle ipotesi ciò che sarà rilevato è un atteggiamento collettivo su
una questione di potenziale interesse pubblico, ma che non è stata oggetto di investimento simbolico
da parte degli attori politici, e non ha quindi (ri)attivato linee di divisione tra il pubblico
(Schattschneider 1960).
25
Entrambi questi sottotipi sono quindi indicatori dell’opinione aggregata e possono essere collegati
alla prospettiva teorica (d), perché il loro principio di efficacia resta quello di maggioranza. Tuttavia il
sondaggio deliberativo ha un legame più accentuato con la prospettiva (b) (Pubblica discussione),
mentre il sondaggio online si avvicina agli indicatori della quarta forma d’espressione dell’opinione
pubblica (‘movimento d’opinione’).
21
3. Corrente d’opinione
Per corrente d’opinione si intende una dinamica d’opinione su un oggetto non
tematizzato nell’agenda pubblica. Nel significato di ‘corrente’ è contenuto non solo
l’elemento dinamico, ma anche l’altra caratteristica essenziale di questa forma
d’espressione dell’opinione pubblica, vale a dire la sua dimensione latente. La
corrente d’opinione, infatti, è una tendenza in via di formazione in un pubblico
intorno a un tema che non ha ancora fatto irruzione sulla scena politica. È quindi
paragonabile a un atteggiamento collettivo in corso di formazione (o di
trasformazione) presso un pubblico caratterizzato da un qualche livello di
partecipazione politica attiva o passiva, su una questione che non è stata oggetto
esplicito di trattamento politico o mediatico.
La formazione di una corrente d’opinione, ad esempio anti-politica, o ‘anticasta’, o in una direzione ideologicamente conservatrice, può dispiegarsi nel medio
periodo – per un certo numero di mesi/semestri 26 – restando tuttavia ‘sotto traccia’,
senza cioè che né il fenomeno stesso né una sua eventuale causa esplicita siano
rilevati pubblicamente. Questo crescente atteggiamento collettivo non potrà dunque
coinvolgere un pubblico consapevole di se stesso e, per così dire, autoriflessivo. Solo
quando, e nel caso in cui, il tema dell’anti-politica, o di un crescente sentimento
‘anti-casta’, o di un’onda ideologicamente conservatrice, sarà stato attivato,
evidenziato, problematizzato e tematizzato dai media e dagli attori politici, la
corrente d’opinione potrà cristallizzarsi in uno stato d’opinione suscettibile di
rilevazione quantitativa, e eventualmente attribuibile a una maggioranza del pubblico
generale (ad esempio, favorevole alla revocabilità dei parlamentari sottoposti a
indagini giudiziarie), e/o sfociare in un movimento d’opinione, vale a dire in una
mobilitazione tematizzata di un pubblico attivo (come una manifestazione di piazza
organizzata da esponenti della società civile allo scopo esplicito di contestare la
classe politica). 27 In questo senso, il significato della ‘corrente d’opinione’ può
essere rafforzato attraverso la metafora della marea.
Un’importante variante elettoralistica della corrente d’opinione, inoltre,
consiste in una propensione latente, ma relativamente anticipabile, del pubblico
votante su un tema, o una scelta elettorale, non ancora posta al centro del dibattito
politico-mediale. Questo fenomeno è legato alla relativa prevedibilità di alcune
dinamiche d’opinione che riguardano il sostegno ai governi/presidenti in carica o
uscenti. Una dinamica ricorrente in vari sistemi politici, ad esempio, consiste nella
flessione di voti, nell’arco del ciclo elettorale che investe un’intera legislatura, per i
partiti di governo nelle elezioni di secondo ordine (midterm elections). Un’altra
tendenza prevedibile riguarda la sanzione elettorale per i presidenti o governi uscenti
in congiunture di crisi economica. Un’altra ancora, più specificamente in merito
all’andamento delle curve di popolarità dei presidenti/primi ministri, prevede un
declino dei consensi per la leadership politica nazionale dopo un certo numero di
mesi dall’investitura elettorale; ma anche un provvisorio picco di popolarità,
osservato specialmente nel contesto statunitense, in caso di scoppio di un conflitto
26
Una dinamica della durata di vari anni darebbe luogo a un riallineamento d’opinione di tipo
strutturale più che a una corrente d’opinione di medio periodo.
27
La formazione di una corrente d’opinione conservatrice è prevedibile, secondo lo studio di Stimson
(2004) riferito alla politica degli Stati Uniti, in presenza di un’amministrazione liberal, mentre una
‘marea di consenso’, come egli la definisce, in direzione liberal è da mettere in relazione alla presenza
di un’amministrazione di orientamento conservatore. La spiegazione è che l’opinione pubblica
americana, fondamentalmente moderata e centrista, darebbe vita a correnti ri-equilibratrici rispetto a
linee di policies percepite come ideologicamente ‘sbilanciate’ a destra o a sinistra.
22
internazionale (rally round the flag). Tutti questi fenomeni possono essere
considerati come fattispecie di correnti d’opinione (o di ‘opinione latente’: Zaller
2003), in quanto non rilevabili sotto forma di opinione aggregata prima che l’evento
elettorale o politico si sia verificato, e tuttavia considerabili in qualche modo in via di
formazione, come allo stadio di propensioni ‘carsiche’ e destinate a venire alla luce
quando la questione sarà pubblicamente tematizzata.
Infine, anche il fenomeno del ‘clima d’opinione’, che riguarda la percezione
che i membri di una collettività si formano in merito agli orientamenti della
maggioranza, può essere messo in relazione a questa forma espressiva dell’opinione
pubblica. La percezione di «dove tira il vento» dell’opinione maggioritaria è infatti
un processo latente e in continua evoluzione, una sorta di pratica sociale che
coinvolge continuamente gli individui, benché a un debole grado di consapevolezza,
sia all’interno delle loro cerchie personali sia, attraverso la rappresentazione che ne
danno i media, a un livello sociale più ampio, tipicamente quello nazionale. 28 Anche
in questo caso il fenomeno può tradursi in termini elettorali, nella misura in cui la
percezione di «chi vincerà le elezioni» è in grado di condizionare i comportamenti di
alcuni segmenti del pubblico votante (Noelle-Neumann 1974).
L’efficacia e la funzione politica di una corrente d’opinione risiede
nell’anticipazione dell’impatto che potrà produrre emergendo con la pubblica
tematizzazione del fenomeno. Questa sorta di impatto potenziale e differito nel
tempo potrà misurarsi nei termini quantitativi dell’opinione aggregata (ad esempio,
una maggioranza di voti alle elezioni) o nei termini dell’intensità di un movimento
d’opinione (la mobilitazione tematizzata di un pubblico attivo). Potenzialità e
anticipazione dell’impatto di una corrente d’opinione definiscono anche l’essenziale
funzione di controllo che essa esercita sui detentori dell’autorità politica, come una
sorta di possibile sanzione preventiva verso il loro operato decisionale.
4. Movimento d’opinione
Per movimento d’opinione si deve intendere, infine, una dinamica d’opinione
su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica. L’espressione ‘movimento
d’opinione’ appare dotata di una valenza euristica importante, nonostante sia
sorprendentemente assente dalla letteratura sull’opinione pubblica. Essa coglie infatti
quella dimensione dei processi d’opinione maggiormente legata ai fenomeni d’azione
collettiva, evitando però di collassare il concetto di opinione pubblica in quello di
movimento sociale. 29 Più precisamente, un movimento d’opinione si configura come
una reazione di un pubblico attivo che si mobilita in riferimento a un avvenimento di
società (ad esempio un fatto di cronaca con implicazioni più o meno indirettamente
politiche) o a una questione politica (nel duplice significato inglese di political issue
e policy issue) contingente, relativa cioè al dibattito pubblico inserito nell’attualità
mediale. Un movimento d’opinione non nasce dunque da uno specifico gruppo o
categoria sociale, né si appoggia su reti di relazioni e risorse organizzative
relativamente stabili, né si fa portatore di visioni del mondo alternative o di nuove
28
Il concetto di ‘influenza impersonale’ (Mutz 1998), in particolare, si riferisce all’influenza esercitata
dai media sulle percezioni che gli individui si formano degli ‘altri’ anonimi e collettivi, dell’altro
generalizzato al di fuori della propria cerchia sociale.
29
In alcune delle loro possibili espressioni, i concetti di movimento sociale e di movimento d'opinione
potranno divenire empiricamente indistinguibili, specie nella fase di ‘statu nascenti’ e in relazione a
tematiche legate al conflitto fra forze o attori politici istituzionalizzati. Nulla impedisce eventualmente
di considerare i movimenti d’opinione come un sottotipo di movimento sociale, caratterizzato dalle
proprietà indicate nel seguito del testo.
23
identità collettive. Piuttosto, nasce come espressione volontaristica di una posizione
intensamente sentita da una parte del pubblico attento, che si attiva in reazione a un
evento politico, o suscettibile di essere mobilitato politicamente, dotato in quel
momento di un’ampia copertura da parte dei media.
La diffusione dei nuovi media, e in particolare di internet, sembra aver
attribuito una nuova centralità a questa forma di espressione dell’opinione pubblica,
la cui rappresentazione metaforica può essere quella della petizione. Questa modalità
classica di partecipazione politica, anch’essa caratterizzata da una natura tipicamente
reattiva rispetto a un evento contingente, può infatti applicarsi con uguale efficacia
alle nuove forme di comunicazione online. Così, la petizione, l’appello, o la
sottoscrizione cui aderiscono gli utenti di un sito di informazione o di uno spazio di
social networking rappresenta una delle forme più tipiche di opinione mobilitata
nella sfera pubblica virtuale, e può fornire lo spunto allo stesso tempo per un’azione
di protesta collettiva offline, come una semplice manifestazione in piazza, o una flash
mob, o un media event. 30 Ma è necessario insistere sulle opportunità che il web ha
dischiuso per la nascita, la formazione e l’esistenza stessa di movimenti d’opinione.
Se le lettere ai giornali e i fax di protesta alle sedi istituzionali hanno rappresentato,
in epoche diverse, due modalità esemplari di mobilitazione dell’opinione, la
comunicazione in rete ha moltiplicato le opportunità di espressione (re-)attiva di un
pubblico minoritario ma portatore di opinioni intense : dai post, o commenti inseribili
in fondo alle notizie su siti di informazione, blog, o communities, alla formazione di
gruppi tematici nelle reti sociali, tutte queste modalità di espressione e mobilitazione
dell’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica rappresentano
altrettanti indicatori tanto dell’esistenza, quanto per l’analisi stessa dei movimenti
d’opinione. 31
Se il principio di efficacia del movimento d’opinione è naturalmente non la
maggioranza, bensì l’intensità – e quindi la visibilità e la forza nello spazio pubblico
mediale – di una posizione assunta da una parte minoritaria del pubblico che si attiva
in relazione a un evento politico contingente, la funzione di questa forma espressiva
è essenzialmente di natura critica, o di contro-potere. 32 La dinamica prevalentemente
reattiva dei movimenti d’opinione, infatti, tende a privilegiare la dimensione critica
in relazione a avvenimenti che coinvolgono le élite di governo o proposte di policy
governative, anche se ciò non esclude al contempo la proposta, la rappresentanza e la
manifestazione di «potenzialità alternative» nella sfera pubblica (Pizzorno 2008: 18).
La componente della durata appare come dirimente nell’identificazione di un
movimento d’opinione, il cui ciclo di vita si dispiega nei tempi stessi della
30
Infiniti sono gli esempi possibili di movimenti d’opinione online e/o di piazza. Fra i più celebri, le
manifestazioni simultanee in vari paesi del mondo contro l’intervento militare in Iraq nel marzo 2003
sono state spesso indicate come esempi di una nuova ‘opinione pubblica globale’, ma lo sono nella
forma specifica del ‘movimento d’opinione’. Lo stesso vale per le estemporanee proteste contro il
governo Aznar in Spagna dopo gli attentati del marzo 2004, strumentalmente attribuiti da fonti
governative all’ETA. Nel caso italiano, ottimi esempi di movimenti di opinione, prima che si
strutturassero in movimenti sociali organizzati o si istituzionalizzassero trovando rappresentanza in
partiti politici, sono offerti dai primi ‘Girotondi’, dalla prima manifestazione del ‘Popolo viola’, dalle
mobilitazioni, prevalentemente online, contro il lodo Alfano o la cosiddetta ‘legge bavaglio’. In tutti
questi casi, il principio d’efficacia dell’opinione pubblica non è più la maggioranza, ma l’intensità
delle opinioni espresse da una parte, presumibilmente minoritaria, del pubblico.
31
Operativamente, utili indicatori possono essere ad esempio la quantità e l’uni-direzionalità dei
commenti postati su un tema, o il numero di adesioni a gruppi di social networking creati ad hoc per
sostenere una data ‘battaglia’ d’opinione.
32
In linea di principio, le stesse forme d’espressione possono riguardare modalità di sostegno al
governo o al presidente in carica, ma in questi casi si tratta più spesso di mobilitazioni eterodirette che
coinvolgono un gruppo sociale specifico, quale la base di militanti di uno o più partiti.
24
tematizzazione mediale dell’oggetto della mobilitazione. La natura contingente, e
legata alla durata della copertura mediale del tema, di un movimento d’opinione
rende questo fenomeno suscettibile di tre esiti principali. Il primo è la semplice
estinzione con la fuoriuscita del tema dall’agenda pubblica. Qualora invece il tema si
inserisca nell’agenda del dibattito mediale di medio o lungo periodo, scavando così
una nuova linea di divisione sociale o politica, il movimento d’opinione può finire
per strutturarsi in un movimento sociale organizzato (social movement organization),
oppure istituzionalizzarsi in un partito politico.
Intrecciato alle tradizioni teoriche dell’opinione pubblica non solo come
Azione collettiva (c), ma anche come Processo multidimensionale (f) fondato su una
continua interazione dinamica tra attori individuali e collettivi, questo fenomeno si
presta male, da un punto di vista metodologico, a essere studiato attraverso lo
strumento della survey, se non per un’analisi sociodemografica o motivazionale dei
partecipanti alle iniziative del movimento. Strumenti preferibili per un’analisi del
fenomeno nella sua dimensione collettiva appaiono piuttosto, oltre alle analisi
quantitative degli indicatori suggeriti sopra, un’etnografia delle azioni di protesta,
un’analisi del discorso o dei frame del movimento, un’analisi dei reticoli sociali, e le
altre principali tecniche mutuate dallo studio dei movimenti sociali.
4. Per concludere: una definizione inclusiva di opinione pubblica, oltre le antinomie
classiche
A conclusione di questo lavoro di classificazione delle fondamentali
tradizioni interpretative e delle principali forme d’espressione contemporanee
dell’opinione pubblica, si può tentare di formulare una definizione più precisa del
concetto, ma sufficientemente inclusiva da recepire elementi da ciascuna delle
diverse accezioni, considerate nella loro fondatezza teorica, capacità euristica e
attualità empirica.
L’opinione pubblica potrà essere definita come:
l’insieme degli orientamenti collettivi dei cittadini, che risultano dalle interazioni con
gli altri attori (media, élite politiche, organizzazioni della società civile) della sfera pubblica
a diversi livelli (subnazionale, nazionale, transnazionale) e che, in presenza di problemi
tematizzati nell’agenda pubblica mediale, tendono a tradursi in allineamenti d’opinione o in
mobilitazioni di diversi tipi di pubblici a vario livello di generalità/attenzione/partecipazione,
con funzioni ed effetti di legittimazione, consenso, critica e controllo nei confronti tanto di
un sistema politico nel suo insieme, quanto dei responsabili delle decisioni politiche
contingenti.
Si tratta dunque di una definizione inclusiva, perché racchiude al suo interno
tutte le forme espressive analizzate – (1) atteggiamento collettivo, (2) opinione
aggregata, (3) corrente d’opinione e (4) movimento d’opinione. Tuttavia si tratta
anche di una definizione esplicita in relazione alla questione fondamentale di «chi
sono» gli attori dell’opinione pubblica. Infatti, in parziale controtendenza rispetto ad
alcuni assunti della prospettiva teorica oggi più in voga – (f) processo
multidimensionale – si ritiene importante ricondurre, e in un certo senso
circoscrivere, al pubblico, o ai pubblici, la natura e la composizione di ciò che
25
intendiamo per opinione pubblica. 33 Certo, quest’ultima rappresenta l’orizzonte
strategico di un ampio campo di forze e attori individuali e collettivi – editorialisti e
opinion maker, leader e partiti, chiese, ONG, sindacati, associazioni e gruppi di
volontariato, movimenti sociali organizzati, categorie professionali, ecc. – che
concorrono e interagiscono nella sfera pubblica ‘reale’, principalmente allo scopo di
produrre allineamenti e/o movimenti d’opinione che legittimino e rafforzino le
proprie posizioni, in vista di esiti decisionali collettivamente vincolanti. In questo
processo, le élite politiche, mediali o demoscopiche possono certamente agire come
imprenditori, canali o determinanti dell’opinione pubblica. Tuttavia esse non ne
fanno direttamente parte. L’opinione pubblica, come concetto empirico, ne è se mai
il risultante, e resta pertanto un fenomeno relativo ai pubblici, vale a dire ai cittadini,
ut singuli o collettivamente, in gruppi.
Ciò detto, l’adozione di una prospettiva ‘multiforme’(o polimorfica) implica
che l’opinione pubblica vada studiata esattamente in quanto processo. Non solo,
però, nel senso ‘multidimensionale’ – nell’interazione dei diversi tipi di pubblico con
gli altri attori della sfera politica – bensì, e soprattutto, in senso dinamico, nella
misura in cui ogni processo d’opinione pubblica si presenta anche come una
sequenza diacronica, specie di breve e medio periodo, di combinazioni variabili tra
forme diverse d’espressione dell’opinione pubblica. Così, nell’analisi delle diverse
‘fasi di vita’ di un oggetto, non ancora o già tematizzato nell’agenda pubblica, e dei
successivi stadi di formazione e coinvolgimento di tipi di pubblico diverso, potranno
emergere le specifiche combinazioni di atteggiamento collettivo, opinione aggregata,
corrente d’opinione e movimento d’opinione – o potrà emergere di volta in volta la
forma espressiva più influente nel processo – che concorrono a definire
dinamicamente quel costrutto che chiamiamo ‘opinione pubblica’. 34
Oltre a fornire un quadro analitico per la ricerca sull’opinione pubblica, un
approccio di tipo polimorfico permette di superare alcuni dei principali dilemmi
teorici che tipicamente ostacolano i tentativi di chiarificazione del fenomeno. Fra i
dilemmi, o antinomie, o tensioni bipolari che, classicamente presenti nel concetto di
opinione pubblica (Price 1992), tendono a risolversi nella prospettiva multiforme e
nella strategia di tipologizzazione qui perseguite, si possono ricordare i seguenti:
•
•
•
•
Individuale vs. collettivo
Emotivo vs. ragionato
Autonomo vs. etero diretto
Intenzionale vs. inconsapevole
33
Senza con ciò voler adottare una prospettiva di tipo sostanziale dell’opinione pubblica (Marletti
2001, 197), che interpreterebbe ingenuamente il fenomeno come espressione della volontà di un
«soggetto collettivo» unitario.
34
Ad esempio, il processo d’opinione pubblica che negli Usa ha avuto come oggetto il candidato
presidenziale Obama potrebbe essere scomposto in quattro diverse fasi analitiche, a ciascuna delle
quali corrisponde ipoteticamente una forma espressiva specifica e più influente. Prima che la
candidatura di Obama alle primarie democratiche fosse tematizzata nel dibattito pubblico mediale,
l’opinione pubblica poteva essere analizzata in quanto (1) atteggiamento collettivo: per esempio
rispetto all’idea di un presidente afroamericano, o rispetto a un tipo di leadership simbolica ‘di
prossimità’, relativamente outsider e ‘post-ideologica’; (3) corrente d’opinione: un livello di
insoddisfazione destinato a crescere nell’opinione pubblica rispetto all’operato del presidente uscente,
a causa tanto del perdurare della guerra in Iraq quanto del sopraggiungere della crisi economica. Una
volta la candidatura tematizzata, l’opinione pubblica poteva essere analizzata in quanto (2) opinione
aggregata: la percentuale di consenso per il candidato Obama alle primarie (e poi di voti alle elezioni
presidenziali, e poi ancora di popolarità del presidente neoeletto); (4) movimento d’opinione: la
mobilitazione di settori crescenti di pubblico per sostenere attivamente il candidato Obama (attraverso
sottoscrizioni finanziarie, attivismo grassroots e online, partecipazione alle primarie, ecc.).
26
•
Volatile vs. profondo
L’illustrazione delle quattro forme d’espressione dell’opinione pubblica qui
individuate ha permesso di ripensare il fenomeno nei termini di un costrutto
composito, in grado di riconciliare in sé, combinandole più che contrapponendole,
alcune delle sue proprietà dicotomiche classiche. Così, l’opinione pubblica può
essere al contempo – o in fasi diverse del processo, a seconda della combinazione
specifica, o della forma espressiva di volta in volta più influente – un fenomeno
individuale e/o collettivo, emotivo e/o ragionato, autonomo e/o eterodiretto,
intenzionale e/o inconsapevole, volatile e/o profondo. 35
Naturalmente, il quadro concettuale qui proposto dovrà essere affinato e
arricchito attraverso il più gran numero di applicazioni alla ricerca empirica,
utilizzandone la griglia per singoli casi di studio o per analisi comparate, e
acquisendo di volta in volta nuovi elementi di comprensione del fenomeno. Tuttavia
questa proposta avrà già raggiunto un risultato importante se sarà riuscita in un
duplice intento: disincagliare il concetto di opinione pubblica dall’interpretazione
riduttiva e banalizzante di «ciò che misurano i sondaggi», e farlo al contempo
discendere dalle astrazioni ‘celesti’ dello Spirito santo o dell’Araba fenice.
35
L'elemento emotivo, ad esempio, è potenzialmente presente in ciascuna delle forme d’espressione,
come indicato dal continuo richiamo, nella tab. 2, alla tradizione teorica (e) (Emozione pubblica).
Nell’atteggiamento collettivo, la dimensione emotiva è presente nella definizione stessa di
‘orientamento affettivo’, un cui esempio-limite può essere quello del pregiudizio di tipo razziale;
nell’opinione aggregata, le preferenze degli individui possono essere tanto il frutto di un processo
deliberativo ragionato, quanto una reazione istantanea a un frame dell’informazione intriso di
emotività (Barisione 2009); la corrente d’opinione, a sua volta, può nascere e svilupparsi in quanto
‘sentimento’ latente fra settori sempre più ampi, o sempre più motivati, del pubblico; il movimento
d’opinione, infine, presuppone una mobilitazione di individui che possono essere motivati da stati
emozionali quali, ad esempio, la rabbia, l’orgoglio o l’indignazione.
27
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