Forme contemporanee dell’opinione pubblica: fra contro-potere, legittimazione e consenso Mauro Barisione Dipartimento di Studi Sociali e Politici Facoltà di Scienze politiche Università degli Studi di Milano [email protected] Tel.: +39 02 50321248 Paper presentato al Convegno Nazionale AIS - Sezione Sociologia Politica Università di Milano, 23-25 settembre 2010 1 Abstract L’opinione pubblica, nella sua accezione più complessa, è un concetto centrale della sociologia politica, in quanto rappresenta la principale via (prevalentemente) informale alla legittimità democratica, tanto attraverso i processi sociali di formazione del consenso, quanto attraverso l’esercizio di una funzione critica e di contro-potere – o di potere informale ma politicamente influente. Varie prospettive concorrenti sul concetto di opinione pubblica si sono affermate successivamente nelle società occidentali a partire dal XVIII secolo, senza tuttavia che nessuna di queste fosse definitivamente superata o, al contrario, soppiantasse le altre. Nella classificazione proposta in questo paper, queste prospettive/tradizioni teoriche concorrenti definiscono rispettivamente l’opinione pubblica come: (a) Tribunale sociale; (b) Pubblica discussione; (c) Azione collettiva; (d) Opinione maggioritaria; (e) Emozione pubblica; (f) Processo multidimensionale. Il successo più o meno contingente di ciascuna di queste prospettive riflette importanti trasformazioni d’ordine sociale, politico e tecnologico nella storia delle società occidentali. Dopo avere esaminato i cambiamenti recenti (nuove forme e modelli di rappresentanza, partecipazione, cittadinanza e comunicazione politica) che hanno investito le relazioni tra società civile e sistema politico negli ultimi decenni, questo paper propone quindi una tipologia delle principali forme espressive contemporanee dell’opinione pubblica – (1) Atteggiamento collettivo; (2) Opinione aggregata; (3) Corrente d’opinione; (4) Movimento d’opinione – che identificano aspetti e processi eterogenei ma che tendono a coesistere nella sfera pubblica reale. Ciascuna di queste forme d’espressione combina diversi elementi delle tradizioni teoriche considerate nella prima parte. Inoltre, ogni forma è definita a partire da una specifica combinazione dei criteri seguenti: livelli di tematizzazione pubblica e di processualità; tipi di pubblico coinvolti; principio di efficacia; funzione politica; concetti teorici correlati; principali metodi di ricerca e indicatori empirici. Un tentativo di definizione comune ai quattro modelli completerà questa proposta di concettualizzazione sociologica delle forme contemporanea dell’opinione pubblica. Parole chiave: Teoria e ricerca sull’opinione pubblica; legittimità democratica: partecipazione e rappresentanza politica; media e sfera pubblica. 2 L’opinione pubblica è uno snodo centrale nei processi di democrazia ‘reale’, in quanto rappresenta la principale via, prevalentemente informale, alla legittimità democratica (Urbinati 2009), tanto attraverso i processi sociali di formazione del consenso, quanto attraverso l’esercizio di una funzione critica, di controllo e di contropotere – o di potere informale ma politicamente influente (Habermas 1996). Vari elementi suggeriscono che la centralità dell’opinione pubblica sia andata crescendo nelle democrazie degli ultimi decenni. Il deficit di legittimità delle istituzioni rappresentative e degli organi di intermediazione politica, dovute in parte al processo globale di erosione delle sovranità nazionali, ha favorito una graduale trasformazione delle relazioni tra demos e autorità, tra cittadini e governo, tra società civile e sfera delle decisioni politiche. E, almeno sul piano del potere simbolico e dei processi comunicativi (Castells 2009), la bilancia pare essersi inclinata in direzione del primo polo. Alle radici stesse della logica democratico-rappresentativa, il processo di selezione della rappresentanza e della leadership politica appare finalizzato innanzitutto a anticipare e a soddisfare la domanda, o ciò che viene interpretato come tale, proveniente dall’opinione pubblica. Dagli orientamenti di quest’ultima dipenderà il consenso – rilevato specialmente dagli indicatori sondaggistici della ‘popolarità’ – del governo, del primo ministro o del presidente, vale a dire la precondizione della legittimità democratica, ma anche dell’efficacia dell’azione statale in democrazia. 1 La tensione tra «scelta parlamentare» e «scelta plebiscitaria» dei capi (Weber 1918) e dei rappresentanti politici pare dunque essere risolta a favore della seconda, e ciò ben al di là della pratica occasionale delle elezioni primarie. Ma il peso crescente dell’opinione pubblica nel processo democratico si manifesta anche in una serie di fenomeni tematizzati in modo sempre più insistente dalla sociologia politica contemporanea, come lo slittamento della leadership politica verso una forma di followership degli orientamenti popolari nella definizione stessa delle priorità in ambito regolativo e di policy; la diffusione di stili comunicativi e di ordini di giustificazione politica di matrice populista anche da parte delle élite di governo; la moltiplicazione, non fosse che a livello sperimentale o di governance locale, di pratiche decisionali ‘partecipate’ e di esperienze di democrazia deliberativa; l’emergere di una sfera pubblica ‘globale’ su tematiche intrinsecamente transnazionali come il global warming, l’immigrazione, la speculazione finanziaria, i diritti delle coppie omosessuali, o il terrorismo; o l’espandersi di modelli di informazione politica sempre più ‘orizzontale’ e partecipata dal pubblico stesso, specie attraverso i canali interattivi offerti dai nuovi media. Nelle democrazie ancorate alle moderne società della comunicazione, insomma, la lotta per il potere politico assume sempre più le sembianze di una lotta simbolica per la conquista dell’opinione pubblica. A fronte di una tale rilevanza sociale e politica, il fenomeno dell’opinione pubblica continua a essere oggetto di una grave indeterminatezza teorica e ambiguità concettuale, che lo lasciano fluttuare in uno spazio semantico definito da due limiti estremi e contrapposti: da una parte, un’entità astratta e inafferrabile, come una sorta di ‘Spirito santo’ (Key 1961), o di ‘Araba fenice’; dall’altra, una semplice articolazione delle percentuali ricavate dai sondaggi d’opinione. L’obiettivo che si persegue in questo paper è duplice: in una prima parte, si cercherà di ricostruire il vasto campo di significati che storicamente sono stati 1 Di per sé, la capacità statale può essere elevata anche nei regimi non democratici (Tilly 2007), che trascendono però l’oggetto di questa analisi. 3 attribuiti al concetto di opinione pubblica, identificando un certo numero di tradizioni teoriche concorrenti, dalle quali possono essere riprese chiavi interpretative e categorie d’analisi applicabili allo studio dei processi d’opinione contemporanei. Nella seconda parte, dopo avere esaminato le trasformazioni che hanno investito le forme e i modelli di rappresentanza, partecipazione, cittadinanza e comunicazione politiche nel corso dei processi di democratizzazione in Europa e negli Stati Uniti, si proporrà una tipologia che schematizza le principali forme d’espressione dell’opinione pubblica contemporanea: (1) Atteggiamento collettivo; (2) Opinione aggregata; (3) Corrente d’opinione; (4) Movimento d’opinione. Combinando in varia misura diversi elementi delle tradizioni teoriche esaminate, queste forme espressive saranno illustrate sulla base di un’ampia serie di proprietà teoriche ed empiriche. In conclusione, questo tentativo di concettualizzazione sociologica delle forme contemporanea dell’opinione pubblica intende proporre un quadro teorico che sia utilizzabile per la ricerca empirica e per l’analisi dei processi d’opinione in una sfera pubblica contemporanea tanto ‘pluralizzata’ (Privitera 2001) quanto ‘multilivello’ (Keane 2000), data cioè dall’insieme di quegli spazi comunicativi in continua ristrutturazione che connettono le società civile e i sistemi politici a livello non solo nazionale, ma anche locale, regionale, transnazionale e globale. 1. Una classificazione delle tradizioni teoriche concorrenti sull’opinione pubblica Varie accezioni concorrenti dell’opinione pubblica si sono affiancate nelle società occidentali a partire dal XVIII secolo. Ciascuna di queste può essere articolata in una vera e propria tradizione teorica caratterizzata da un’interpretazione peculiare di ciò che si deve intendere per ‘opinione pubblica’. Senza che sia possibile individuare un percorso storico lineare nel consolidamento successivo di queste diverse prospettive teoriche, il successo più o meno contingente di ciascuna di esse riflette tuttavia importanti trasformazioni d’ordine sociale (modernizzazione dell’economia e dello Stato, costituzione di una sfera pubblica relativamente autonoma, processi di razionalizzazione e di individualizzazione), politico (inclusione delle masse popolari nella partecipazione politica formale e informale, ascesa e declino dei partiti come organi di intermediazione e rappresentanza) e tecnologico (affermazione successiva della stampa, dei sondaggi, della televisione, dei nuovi media) che ne hanno segnato lo sviluppo. Ciascuno di questi punti sarà ripreso e sviluppato nelle parti che seguono. La prima proposta classificatoria di questo paper consiste nell’identificazione di sei tradizioni, o prospettive teoriche, concorrenti, ciascuna di queste fondata su una diversa accezione dell’opinione pubblica, che viene intesa rispettivamente come: (a) Tribunale sociale; (b) Pubblica discussione; (c) Azione collettiva; (d) Opinione maggioritaria; (e) Emozione pubblica; (f) Processo multidimensionale. Qui di seguito si presenterà e si tenterà di giustificare la pertinenza di questa classificazione, delineando per ciascuna di queste prospettive le principali proprietà teoriche e i fondamentali riferimenti sociologici e filosofici su cui si fondano. Tab. 1.: Tradizioni teoriche concorrenti e relative accezioni dell’opinione pubblica • • • (a) Tribunale sociale (b) Pubblica discussione (c) Azione collettiva 4 • • • (d) Opinione maggioritaria (e) Emozione pubblica (f) Processo multidimensionale (a) Opinione pubblica come Tribunale sociale In questa accezione sociale, trascendente la sfera politica, l’opinione pubblica è il giudizio morale collettivo che dalla società emana continuamente, e perlopiù implicitamente, rispetto alla condotta di ciascun individuo. Si tratta quindi di un ‘tribunale’ anonimo e impersonale, portatore del senso comune e degli standard etico-culturali prevalenti in una collettività sociale a un’epoca data. L’opinione pubblica si manifesta quotidianamente nello ‘sguardo’ giudicante dei passanti, degli spettatori, della cerchia dei conoscenti e degli altri e perlopiù sconosciuti membri di una collettività: in quanto tale, può essere portatrice ad esempio di approvazione o disprezzo verso le azioni o le scelte di un dato individuo o raggruppamento sociale; ma può anche esplicitarsi in manifestazioni collettive, quali di ammirazione, derisione o stigmatizzazione e condanna. La potenziale minaccia rappresentata dall’espressione di un giudizio negativo da parte di questo tribunale informale ha conseguenze importanti sulle scelte individuali e collettive. Esso traccia anzi i confini di ciò che può/non può essere detto o fatto senza incorrere in quella sanzione simbolica, ma socialmente vitale, emanata dal tribunale dell’opinione pubblica. Al contempo, un’opinione pubblica così intesa svolge una potente funzione di controllo e integrazione sociale, favorendo atteggiamenti di conformismo e comportamenti finalizzati alla pubblica approvazione, con effetti conservativi dell’ordine sociale. Numerosi riferimenti filosofici e sociologici testimoniano questa accezione dell’opinione pubblica come tribunale della Società. John Locke (1690) definiva “Legge dell’opinione” (o “della reputazione”) quel giudizio di approvazione o biasimo proveniente dagli Altri, e che individuava come uno dei principali moventi della condotta sociale degli individui. Jean-Jacques Rousseau (1762, 509) utilizzò nel Contratto sociale l’immagine di un ‘tribunale’, e più precisamente di un ‘tribunale della censura’, come traduzione fedele dell’opinione pubblica, l’opinione del popolo fondata sui costumi della nazione. 2 La pressione sociale, la spinta al conformismo, l’invito implicito all’auto-censura e la minaccia di isolamento esercitate dall’opinione pubblica intesa come Tribunale della società sono chiaramente presenti anche nelle pagine di Tocqueville (1835) riguardo l’onnipotenza della maggioranza – nella manifestazione tanto del pensiero quanto dei ‘costumi’ – nella giovane democrazia degli Stati Uniti. 3 La stessa prospettiva riemerge nell’influente teoria della ‘spirale del silenzio’ sviluppata dalla sociologia tedesca Noelle-Neumann negli ultimi decenni del XX secolo, che mette in luce gli effetti in termini di coesione, ma 2 Come sottolinea Baker (1987, 55-56) nella sua disamina dell’evoluzione del concetto nei decenni precedenti la Rivoluzione francese, l’opinione pubblica è per Rousseau «l’opinione degli altri nella Società», «l’espressione collettiva dei valori morali e sociali di un popolo», nonché «la fonte della reputazione e della stima fra gli uomini», e va pertanto intesa come una «categoria sociale piuttosto che politica». 3 Il meccanismo stesso della ‘spirale del silenzio’ sviluppato dalla Noelle-Neumann è brillantemente anticipato da Tocqueville: «In America la maggioranza traccia un cerchio formidabile intorno al pensiero. Nell’interno di quei limiti lo scrittore è libero, ma guai a lui se osa oltrepassarli […] Coloro che lo biasimano si esprimono a gran voce, mentre coloro che pensano come lui, senza avere il suo coraggio, tacciono e si allontanano. Egli allora cede, si piega sotto uno sforzo quotidiano e rientra nel silenzio […]». 5 anche di controllo sociale prodotti dall’opinione pubblica, di cui non solo le opinioni politiche, ma perfino le ‘scelte’ – o piuttosto i compromessi effettuati dagli individui per volontà di integrarsi e paura dell’isolamento sociale – nei campi dell’abbigliamento o dell’acconciatura dei capelli sarebbero una manifestazione profonda. 4 In termini sociologici più ampi, questa accezione dell’opinione pubblica come tribunale dispensatore di condanne simboliche non fa altro che ribadire tutto il peso – e, si potrebbe dire, la ‘pesantezza’ – della società avvertito dagli individui che ne fanno parte, e che tuttavia nel mondo sociale stesso cercano quella considerazione, legittimazione e riconoscimento che diviene la vera ragion d’essere della loro esistenza (Bourdieu 1997, Pizzorno 2007), come secondo la celebre formula durkheimiana «la società, è Dio». (b) Opinione pubblica come Pubblica discussione Una prospettiva radicalmente diversa è quella – di matrice kantiana e illuminista, ma anche, come si vedrà, sociologico-discorsiva – che pone l’accento sul requisito della ‘pubblicità’ per cogliere la natura più autentica dell’opinione pubblica. Contrariamente all’opinione implicita, irriflessa, indiscussa e quindi, a ben vedere, non-pubblica dell’accezione precedente, l’opinione pubblica è qui quella che si forma, e può formarsi solo, attraverso ‘l’uso pubblico della ragione’, ed emerge dalla pubblica discussione dei privati cittadini riuniti in pubblico. Jurgen Habermas è indubbiamente l’autore che meglio ha saputo sviluppare, e perfino impersonare, questa prospettiva teorica, a partire dal celebre saggio (1962) in cui ricostruiva in termini storici e sociologici la genesi di una ‘sfera pubblica borghese’, quello spazio discorsivo fra stato e società dove, a fronte di un potere assoluto sempre più incalzato dalle trasformazioni dello stato moderno e dell’economia, la borghesia nascente poteva dare vita, attraverso procedure di pubblica argomentazione razionale, a un’opinione pubblica con mansioni di critica, controllo e contro-parte dell’autorità politica. In questa accezione, l’opinione pubblica, oltre ad essere tale solo se emergente dalla pubblica discussione – l’opinione diviene pubblica solo in quanto esposta alle procedure discorsive dell’argomentazione e della contro-argomentazione – è anche investita più direttamente nella sfera politica, prendendo forma intorno ai temi relativi all’esercizio della pubblica autorità e delle decisioni collettivamente vincolanti. Da forza sociale, l’opinione pubblica si trasforma in una forza eminentemente politica. 5 Anche la concezione sociologica classica dell’opinione pubblica individua nella pubblica discussione un requisito essenziale. L’opinione pubblica è vista infatti come un fenomeno collettivo, e più in particolare come il prodotto ‘superindividuale’ – trascendente la somma delle opinioni dei singoli individui – emergente dalla 4 Nel paragrafo significativamente intitolato «La moda è opinione pubblica» de La spirale del silenzio (1974), la Noelle-Neumann cita la stessa «legge dell’opinione» di John Locke, altrimenti nota come legge «della reputazione» o «della moda» (law of fashion). 5 L’età illuminista e la poi Rivoluzione francese segnano la politicizzazione della sfera pubblica, inizialmente circoscritta all’ambito della critica letteraria (Habermas, cit.). Nello svolgere una funzione critica e di contropotere rispetto all’autorità assoluta, l’opinione pubblica diviene il nuovo principio di legittimità, invocata tanto dal potere quanto dall’opposizione quale istanza ultima di legittimazione politica (Baker 1993). 6 discussione di un pubblico intorno a un tema di interesse collettivo. 6 L’interazione comunicativa e il confronto di posizioni diverse tra i membri del pubblico sono gli elementi centrali del processo di formazione dell’opinione pubblica. 7 Su un piano normativo, anche la teoria della democrazia deliberativa concepisce la pubblica discussione come un elemento indispensabile per un processo decisionale proceduralmente corretto, e quindi in grado di garantire la legittimità di una decisione collettiva. 8 Più specificamente, la qualità stessa dell’opinione pubblica, che è la fonte ultima di legittimità delle decisioni, dipende in quest’ottica dalla possibilità per i membri del pubblico di essere coinvolti in una discussione informata sul tema. La tecnica del sondaggio deliberativo (Fishkin 2009), nel quale gli intervistati forniscono le proprie opinioni su un tema dopo aver assistito e partecipato a una discussione di gruppo articolata in varie sessioni, viene anzi presentata dai suoi promotori come l’indicatore più efficace di un’opinione pubblica autentica e informata, non soggetta ai limiti classici delle’non-opinioni’ (Converse 1964) e delle opinioni superficiali e improvvisate (Zaller 1992). 9 Se in questa accezione il requisito normativo della razionalità è solitamente attribuito al processo di formazione dell’opinione pubblica, il principio unificante più realistico e fondamentale di questa tradizione teorica resta la procedura della pubblica discussione, vale a dire la presenza di un esercizio, per quanto limitato, di argomentazione e contro-argomentazione sui principali aspetti del tema dibattuto. (c) Opinione pubblica come Azione collettiva Una terza prospettiva interpreta l’opinione pubblica come l’espressione delle voci collettivamente mobilitate a difesa di una qualche domanda o rivendicazione politica o sociale. In questa accezione, l’opinione pubblica è inscindibile dalla società civile organizzata, emergendo come l’espressione di volta in volta dominante del campo di lotte che coinvolge attori collettivi quali i movimenti sociali, i sindacati, le organizzazioni di categoria, le associazioni o le chiese, a loro volta interagenti con i partiti e gli altri attori del sistema politico. Questa visione riflette i cambiamenti indotti dall’inclusione delle masse popolari nelle modalità formali e, soprattutto, informali della partecipazione politica: manifestazioni, scioperi, petizioni e varie altre azioni collettive di protesta. L’opinione pubblica si traduce essenzialmente nella voce che si staglia in modo più netto e distinto, in conseguenza degli sforzi di mobilitazione messi in campo dalle forze politiche e sociali organizzate. Le opinioni ‘intense’ delle minoranze attive e organizzate finiscono dunque per pesare di più nella lotta simbolica intorno a un 6 «In senso realistico, l’interazione diversificata che dà luogo all’opinione pubblica avviene in larga misura tra gruppi funzionali, e non tra individui disparati» (Blumer, cit., 545). 7 Secondo Robert E. Park (1904, 1997: 74), l’opinione pubblica «nasce dalla discussione tra individui che hanno posizioni opposte». Precisa meglio il senso di questa concezione Charles H. Cooley (1918: 379) quando afferma che «un gruppo che ha riflettuto, maturato e discusso una questione arriva a una pubblica opinione al riguardo, che i membri siano d’accordo o no» […] «Comunque le opinioni possano differire, esse fanno parte di un tutto, dato che ciascuna ha aiutato le altre a formarsi». 8 Per Habermas (1996: 362), il più influente teorico contemporaneo della democrazia deliberativa, condizione necessaria per la legittimità di una decisione in democrazia è la presenza di una procedura formale in base a cui «proposte, informazioni e ragioni possono essere trattate più o meno razionalmente 9 John Zaller (cit.) le definisce opinioni top-of-the head, o ‘in cima alla mente’, in riferimento alle considerazioni che sono rese mentalmente più accessibili all’individuo in uno specifico contesto comunicativo, ma suscettibili di essere modificate al variare della cornice comunicativa stessa. 7 tema divisivo, e hanno buon gioco nel dare rappresentanza a quel costrutto sociale, spendibile come risorsa politica, che è l’opinione pubblica. Anche al di là delle fasi più conflittuali della lotta politica, i gruppi organizzati della società civile sono stati a lungo considerati, specie attraverso l’intermediazione dei propri leader e dirigenti, come i portatori più autentici dell’opinione pubblica, almeno relativamente agli orientamenti delle rispettive categorie sociali. Ciò era particolarmente ben visibile, secondo Benjamin Ginsberg (2001), negli Stati Uniti dei primi decenni del ventesimo secolo, fino all’avvento dei sondaggi d’opinione, i quali «trasformarono l’opinione pubblica, che era una proprietà di gruppi, in un attributo di individui» (ibid, 193). 10 Tuttavia anche in seguito, in piena ‘era dei sondaggi’, rimaneva d’attualità un’accezione di opinione pubblica che enfatizza il ruolo dei gruppi organizzati nel costruire, canalizzare e dare risonanza a determinati punti di vista nella società, e farli pervenire ai decisori politici forti di un’influenza e di un’efficacia ben superiori a quelle raggiungibili da un pubblico fatto da individui disparati e disorganizzati (Blumer 1948). Respingendo come una finzione ideologica l’idea che le opinioni di tutti gli individui pesino in modo eguale, indipendentemente dalla loro competenza politica, dalla loro posizione sociale e dalla loro appartenenza a gruppi d’interesse organizzati, questa prospettiva mette al centro del processo d’opinione pubblica l’opinione ‘mobilitata’ e sostenuta da minoranze attive, gruppi e forze sociali conflittuali (Bourdieu 1973).11 Proprio per il fatto di fondare il concetto sociologico di opinione pubblica sull’opinione mobilitata (peraltro non riducibile all’idea di opinione ‘gridata’) 12 , questa prospettiva è quella che di certo sovrappone maggiormente l’opinione pubblica all’azione dei movimenti sociali da una parte, a quella dei gruppi di pressione dall’altra. Concezione anch’essa radicalmente anti-individualistica, e forse apparentemente anacronistica, quella di opinione pubblica in quanto ‘azione collettiva’ resta nondimeno una chiave interpretativa che, come si vedrà, può essere utilmente applicata alla molteplicità di sfere pubbliche reali e ‘virtuali’ contemporanee. (d) Opinione pubblica come Opinione maggioritaria Oggi quasi auto-evidente, questa accezione dell’opinione pubblica come opinione maggiormente diffusa in una popolazione affonda le sue premesse nei processi di razionalizzazione sociale dell’età moderna – di cui il pensiero utilitarista fu una significativa espressione ideologica 13 – e nella graduale diffusione dei modelli 10 Fino ad allora, «l’opinione pubblica era un bene prezioso che apparteneva ai partiti, ai gruppi di interesse, o alle comunità e ai loro capi» (ibid.) 11 Alcuni passaggi del noto scritto di Pierre Bourdieu “L’opinione pubblica non esiste” (cit.) sono particolarmente rappresentativi di questa prospettiva. Fra questi, i seguenti (71-88): «Lo stato dell’opinione, in un determinato momento, è un sistema di forze, di tensioni»; «Nelle situazioni reali, le opinioni sono delle forze e i rapporti d’opinione sono conflitti di forza»; «L’opinione mobilitata è quella della gente la cui opinione, come si dice, ha un peso»; «La gente si trova davanti a opinioni precostituite, opinioni sostenute da gruppi, opinioni tra le quali si deve scegliere perché si deve scegliere tra i gruppi»; «Soltanto le minoranze attive sono capaci di mobilitare l’opinione». 12 L‘opinione gridata’ è la metafora con cui J. Lazar (1995) rappresenta schematicamente la forma d’espressione prevalente dell’opinione pubblica nel XIX secolo, contrapponendola all’opinione ‘illuminata’ del XVIII secolo e all’opinione ‘sondata’ del XX secolo. 13 La formula del «più gran numero di persone» attribuita a Jeremy Bentham (1748-1832) traduce la visione individualista radicata nel pensiero utilitarista, non a caso anticipatore dello sviluppo dell’economia politica e della dottrina liberista, nonché dell’individualismo metodologico nelle scienze sociali. 8 della cittadinanza civile e politica, nonché del correlato principio della rappresentanza democratica. In particolare, l’introduzione del suffragio popolare e la progressiva estensione del diritto di voto nei paesi europei fecero delle elezioni politiche il momento di massima espressione dell’opinione pubblica, benché in modalità solo periodiche e, soprattutto, in termini tematicamente confinati alla scelta dei rappresentanti politici.14 La concezione dell’opinione pubblica come opinione maggioritaria diveniva predominante con l’affermazione del sondaggio d’opinione commerciale negli Stati Uniti, a partire dagli anni ’30 del ‘900. L’introduzione della tecnica campionaria per la rilevazione delle opinioni individuali e la loro estensione alla popolazione statistica di riferimento rifletteva in larga misura il modello elettorale, finalizzato a misurare, secondo una logica puramente aggregativa, le quote di consenso destinate alle diverse opzioni dell’offerta elettorale. Questa traslazione del principio «una testa, un voto» in «una testa, un’opinione» fa dell’egualitarismo il punto di forza dei sondaggi come espressione dell’opinione pubblica, attribuendo il medesimo peso alle opinioni di ogni membro del pubblico generale. 15 Da ciò deriva quell’effetto-sommatoria che fa dell’opinione pubblica non più il senso comune implicito di una società, né il prodotto collettivo di una discussione pubblica, né la voce mobilitata dalle organizzazioni della società civile, bensì l’opinione più diffusa, quella rilevata quantitativamente tra il maggior numero di individui. Le somiglianze con la logica del voto hanno fin dal principio indotto i sondaggisti americani a proclamare la profonda democraticità dello strumento del sondaggio, ritenuto capace di rivelare ad ogni momento e su ogni tema desiderato l’orientamento maggioritario tra i cittadini, favorendo così la realizzazione storica di un governo «del popolo, attraverso il popolo, per il popolo». 16 Al di là di un ottimismo che appare oggi ingenuo, il sondaggio campionario apriva prospettive importanti ai fini della rilevabilità empirica del costrutto ‘opinione pubblica’, opportunamente modificato rispetto alle altre accezioni vigenti. Nonostante tutti i limiti e le semplificazioni proprie di questa accezione, un’opinione pubblica intesa come l’orientamento maggioritario emergente dalle inchieste campionarie si presenta, contrariamente alle altre definizioni, come empiricamente accessibile e facilmente operativizzabile. Se l’accessibilità empirica spiega una parte del successo contemporaneo di questa accezione dell’opinione pubblica, altri elementi che devono essere messi in rilievo sono la maggiore ‘funzionalità’ dal punto di vista dei governanti – le maggioranze ‘silenziose’ monitorate dai sondaggi possono spesso essere invocate per contrastare le minoranze ‘rumorose’ delle forze sociali organizzate 17 – e la maggiore 14 Il suffragio universale maschile fu introdotto negli Stati Uniti fin dal 1776, in Francia (fatta salva la parte la parentesi rivoluzionaria) nel 1848, mentre nella grande maggioranza dei paesi europei solo nei primi decenni del ‘900. 15 Proprio questo preteso isomorfismo delle opinioni individuali è il punto maggiormente criticato nelle citate analisi tanto di Blumer (1948) quanto di Bourdieu (1973). Tuttavia, anche il concetto moderno di ‘cittadinanza’, a ben vedere, è portatore di un’astrazione analoga, fondata sull’idea della «uguaglianza di tutti i cittadini in quanto cittadini, quali che siano peraltro le loro differenze e le ineguaglianze che li separano» (Schnapper 2000: 12). 16 Primi fra questi, George Gallup, Elmo Roper e Archibald Crossley, che non esitarono a enfatizzare la nascita del sondaggio d’opinione come una grande conquista per la democrazia (cfr. fra gli altri Barisione & Mannheimer 1999). 17 Il ribaltamento di prospettiva rispetto a una concezione dell’opinione pubblica come Azione collettiva è particolarmente evidente nelle parole di Roper (1940), che si rallegrava di come i 9 congruenza con le logiche d’informazione dei mass media. Una volta divulgati dai media, i risultati dei sondaggi commerciali divengono parte del processo d’opinione intorno a un tema, e contribuiscono alla definizione di ciò che viene comunemente indicato come ‘opinione pubblica’. Pertanto, quali che siano le critiche metodologiche o epistemologiche rivolte ai sondaggi come strumenti di rilevazione e conoscenza dell’opinione pubblica, essi hanno contribuito a trasformare la comune comprensione del fenomeno, affermando la formula, concettualmente più calzante allo strumento, dell’Opinione maggioritaria. (e) Opinione pubblica come Emozione pubblica Questa concezione, particolarmente ampia e eterogenea, si caratterizza per l’attribuzione di una certa irrazionalità di fondo, o suscettibilità a una reazione emozionale, dell’opinione pubblica nella società ‘di massa’. La psicologia delle folle della fine del diciannovesimo secolo (in particolare, Le Bon 1895) è un precursore di questa visione, a partire dall’osservazione dei comportamenti degli individui negli allora sempre più frequenti assembramenti collettivi anche di carattere politico. Elementi come l’anonimato e l’unità ‘mentale’ favoriti da questi contesti collettivi erano ritenuti responsabili di fenomeni comportamentali improntati all’istintività, alla contagiosità, alla suggestionabilità estrema. Ma, soprattutto, queste stesse reazioni emotive venivano potenzialmente attribuite, a fronte di avvenimenti traumatici per una comunità, anche all’insieme degli individui che la compongono, benché fisicamente separati. 18 La folla diveniva dunque una potenziale metafora per l’opinione pubblica. La Prima guerra mondiale fornì l’occasione per le prime esperienze di organizzazione delle attività di propaganda da parte dei governi democratici, specie di Gran Bretagna e Stati Uniti (Lasswell 1927). L’intento esplicito era quello di mobilitare il sostegno dell’opinione pubblica alla guerra utilizzando i canali della comunicazione di massa (film, notiziari, cartelloni pubblicitari) per diffondere messaggi ad elevato contenuto simbolico ed emotivo, allo scopo di suscitare sentimenti comuni – specie di ostilità per i nemici – tra la popolazione. Gli sforzi di manipolazione degli atteggiamenti collettivi attraverso la propaganda di massa trassero nuovo impulso dalle esperienze dei regimi totalitari tra le due guerre. Concetti mutuati dalla psicologia sociale venivano correntemente utilizzati dagli studiosi dell’opinione pubblica e delle tecniche di propaganda: stereotipo (Lippmann 1922), mente pubblica (Bernaeys 1923), riflesso condizionato (Tchakotine 1939). E’ in questo contesto storico che si afferma il cosiddetto ‘paradigma degli effetti onnipotenti’ nell’ambito degli studi sull’influenza delle comunicazioni di massa sull’opinione pubblica. La presunta ‘atomizzazione’ del pubblico rispetto alle vecchie comunità di appartenenza, favorita dall’incedere della società di massa, veniva ritenuto un fattore facilitante rispetto a un impatto persuasivo potente, immediato, diretto e pressoché omogeneo dei messaggi propagandistici sull’insieme degli individui che vi erano esposti. L’opinione pubblica veniva quindi a legislatori non avrebbero più dovuto «temere le conseguenze di un rifiuto di cedere alla pressione di un gruppo minoritario rumoroso». 18 «Migliaia di individui separati possono, a un momento dato e sotto l’influenza di certe emozioni violente, come ad esempio un grande avvenimento nazionale, acquistare le caratteristiche di una folla psicologica» […] «Basta allora che una circostanza li riunisca perché il loro comportamento acquisti subito quella forma che è particolare alle folle» (Le Bon, cit.: 17). 10 rappresentare una sorta di camera d’eco pronta a reagire emotivamente agli stimoli veicolati dalla radio, dai giornali e dagli altri mezzi di comunicazione di massa. Nonostante le ricerche nei campi della sociologia delle comunicazioni di massa e della comunicazione politica abbiano smentito, fin dagli anni ’50, la validità complessiva delle teorie dei media onnipotenti, una visione tendenzialmente pessimistica dell’opinione pubblica come Emozione pubblica non ha mai cessato di convivere, accanto alle altre accezioni concorrenti, specie nei decenni di massima diffusione della televisione nella società e nella sfera politica. In particolare, vari autori (da Meyrowitz 1985, a Sartori 1997, a Castells 2009) hanno ipotizzato, benché in forme e da prospettive molto diverse, che la televisione sia all’origine di una trasformazione delle stesse facoltà percettive degli individui nelle società mediatizzate, portati a concentrare la propria attenzione sugli elementi visivi, simbolici, personalizzati ed emotivi della comunicazione e dell’informazione. Tendenze recenti, quali la creazione di una sfera mediale su scala globale o l’affermarsi di un ciclo di informazione televisiva continua, hanno rafforzato la tesi di un’opinione pubblica sempre più sostituita da una sorta di Emozione pubblica, un alternarsi di stati d’animo collettivi effimeri – commozione, rabbia, orrore, angoscia, paura, speranza, ecc. – suscitati di volta in volta da suggestioni e choc provenienti per lo più dalle immagini in diretta, in quella che Paul Virilio (2004) definisce una ‘sincronizzazione delle emozioni’, una ‘globalizzazione degli affetti’ o, ancora, una ‘logica dello choc perpetuo’. Perfino i più recenti filoni neurocognitivi nello studio della comunicazione politica tendono a mettere in risalto il ruolo centrale delle emozioni in quelle aree del cervello umano che presiedono alla ricezione e all’elaborazione dei messaggi comunicativi (Westen 2007, Lakoff 2008). Ciò si traduce nella visione di un’opinione pubblica che, in sorprendente sintonia con i precetti del marketing elettorale, appare particolarmente reattiva agli elementi più periferici, formali ed emotivi – dal ‘framing’ allo ‘spin’ dei messaggi – della comunicazione politica. (f) Opinione pubblica come Processo multidimensionale Un’ultima prospettiva teorica si caratterizza per lo spostamento di interesse dall’opinione pubblica come ‘soggetto’ all’opinione pubblica come ‘processo’. In questa accezione, «l’opinione pubblica non è il risultato finale di un processo, ma esiste nel processo stesso» (Crespi 1997: 161). 19 Tale processo ha una natura multidimensionale, in quanto coinvolge al contempo attori individuali e collettivi, tanto della società civile quanto del sistema politico, e si dispiega sia al livello micro della comunicazione interpersonale tra cittadini inseriti nelle loro cerchie sociali, sia al livello macro dell’interazione (mass-)mediata, prevalentemente tra le élite politiche e istituzionali. L’opinione pubblica va quindi analizzata attraverso il ‘ciclo di vita’ – nascita, ascesa, declino, scomparsa – di ogni tema che contribuisce a definire l’agenda del dibattito pubblico, o la struttura tematica della comunicazione politica (Luhmann 1971). Per ogni fase, inoltre, deve essere osservato il processo di costituzioni dei 19 Ancora Irving Crespi (ibid.): «Il processo d’opinione pubblica è un configurarsi in modo caleidoscopico – variegato, in continuo cambiamento – di opinioni individuali e collettive, il cui significato esiste in quelle stesse configurazioni, e non solo nel contenuto di tali opinioni». In una forma simile, Diana Mutz (1989: 21): «L’opinione pubblica non è semplicemente l’aggregato statistico delle opinioni di qualche pubblico, ma piuttosto un processo sociale che implica l’interazione di opinioni espresse pubblicamente». 11 pubblici, o dei vari tipi di pubblico (generale, votante, attento, attivo, monotematico) a diverso livello di coinvolgimento (Price 1992). Se la posta in gioco ultima può essere ‘l’allineamento’ finale – pro o contro una data proposta tematica – di uno dei livelli di pubblico (‘generale’ per i sondaggi d’opinione, ‘votante’ per le elezioni o i referendum, ‘attento’ per le tendenze o i climi d’opinione, ‘attivo’ o ‘monotematico’ per le mobilitazioni collettive), ciò che più conta è il processo discorsivo e di comunicazione che vede interagire attori e spettatori individuali e collettivi. Come nell’accezione incentrata sulla pubblica discussione, infatti, anche in questa prospettiva l’idea di dibattito pubblico rimane al cuore del processo sociale attraverso cui si forma l’opinione pubblica. Con esso si definiscono non solo i contenuti delle opinioni, ma anche il campo stesso delle opinioni e delle forme d’espressione legittime, nonché degli attori legittimati a esprimerle (Crespi, cit.). Tuttavia, il dibattito pubblico intorno a un problema condiviso può svolgersi non solo a livello interpersonale, ma anche su scala sociale più ampia, essenzialmente attraverso i mass media, sotto forma di ‘dibattito pubblico mediato’ (Grossi 2004). A questo livello macro, il concetto di dibattito pubblico diventa quindi una sorta di metafora di un processo interattivo i cui partecipanti più attivi sono una grande varietà di individui e forze politiche, gruppi organizzati, commissioni, membri del pubblico attivo o attento, e i cui fondamentali canali di comunicazione sono i media. In ultima analisi, la ricerca sull’opinione pubblica è strettamente connessa all’analisi dei processi di discussione, di comunicazione e di continua transazione fra attori individuali e collettivi, in merito a temi che riguardano decisioni di interesse pubblico. Sul piano della ricerca empirica, lo studio dell’opinione pubblica come processo multidimensionale richiederà pertanto la definizione di un disegno di ricerca complesso, che preveda al contempo un’analisi del contenuto della copertura dei media e della documentazione legislativa; inchieste campionarie sul pubblico generale; interviste qualitative con campioni ragionati di responsabili politici e sociali (Price, cit.). Tuttavia, questa accezione, se appare particolarmente attenta a cogliere il processo d’opinione pubblica in tutta la sua complessità, mostra nondimeno nella capacità di rilevazione empirica del fenomeno il suo aspetto maggiormente critico. A una certa indeterminatezza teorica, infatti, si accompagna la difficoltà di stabilire un nucleo di indicatori chiari, e chiaramente rilevabili, del processo stesso. 2. Condizioni sociologiche delle tradizioni teoriche concorrenti sull’opinione pubblica Benché lo sviluppo di queste diverse accezioni dell’opinione pubblica non abbia seguito, come si è già osservato, un ordine cronologico lineare, è tuttavia possibile delineare una ricostruzione che schematicamente metta in relazione ciascuna di esse con alcuni fondamentali processi storici e sociali attraverso cui la sfera pubblica politica è evoluta, si è definita e continuamente trasformata, specie nelle società europee e degli Stati Uniti. In questa riflessione, il punto centrale resta il permanere di alcune delle condizioni istituzionali, sociali e tecnologiche che hanno favorito l’affermarsi di ciascuna delle accezioni considerate. Benché ognuna di esse abbia conosciuto una fase di relativo predominio storico, infatti, nessuna ha mai definitivamente soppiantato le altre come chiave interpretativa del concetto di opinione pubblica. Al contrario, e in assenza delle condizioni strutturali perché la concezione ‘precedente’ fosse screditata da quella ‘successiva’, il processo può 12 essere interpretato nei termini, additivi più che sottrattivi, dell’affiancamento di prospettive concorrenti ma coesistenti. Ciò detto, è possibile indicare alcune delle condizioni strutturali che hanno favorito l’emergere (e il provvisorio predominio – mai appunto il ‘monopolio’) di ciascuna delle tradizioni teoriche considerate. La prospettiva (a) (‘Tribunale sociale’) appare predominante in un contesto politico pre-democratico, dove i principi della cittadinanza civile e della partecipazione politica non sono ancora entrati in scena, e dove l’opinione pubblica non esiste come soggetto relativamente autonomo e in grado di proporsi come interlocutore dell’autorità politica. In un senso ancora più ampio, il contesto maggiormente favorevole precede la piena affermazione dello Stato moderno, cui si accompagna la graduale emersione di una società civile distinta rispetto all’ambito del potere politico, e i primi lineamenti di una sfera pubblica come spazio sociale relativamente accessibile per la discussione, specie intorno a quegli ambiti della vita privata e dell’economia che divengono sempre più soggetti all’intervento potestativo della monarchia assoluta. Inoltre, nelle società in cui i processi di modernizzazione non hanno ancora dispiegato a fondo i propri effetti in termini di razionalizzazione della vita sociale, e quindi di crescente differenziazione e specializzazione funzionale, la pressione conformistica di una comunità – nel senso sociologico di gemeinschaft – più omogenea e meno permeabile alla circolazione di nuovi valori e pratiche sociali pare offrire le condizioni strutturali più propizie per un’accezione dell’opinione pubblica come Tribunale della società. Implicitamente, si sono quindi già suggerite alcune delle trasformazioni storiche che hanno favorito l’affermarsi di una visione dell’opinione pubblica come frutto di una Pubblica discussione (b) finalizzata alla ricerca del bene comune dei cittadini – o, nell’accezione utilitarista, del massimo numero possibile di cittadini – attraverso una procedura di contro-argomentazione razionale, trasparente e relativamente egualitaria. Più in particolare, le trasformazioni indotte sia dallo sviluppo dell’economia moderna – emersione delle attività economica dalla sfera domestica con la diffusione del capitalismo manifatturiero, ascesa di una borghesia urbana e di un nuovo ceto di ‘dotti’, affermazione della politica mercantilistica come nuovo ambito regolativo dello Stato –, sia dal sorgere dello stato moderno – il soggetto unitario che diviene titolare esclusivo della sovranità, ambito della politica formalmente separato da quello della società civile –, sia dalle rivoluzioni politiche americana e francese, con l’introduzione del concetto moderno di cittadinanza e il relativo riconoscimento di alcuni fondamentali diritti civili e politici, forniscono le precondizioni per la nascita di una sfera pubblica in cui l’opinione emergente dalla discussione funga da controparte critica dell’autorità. Non a caso, nel resoconto classico di Habermas (1962), tali condizioni sembrano venire meno con l’avvento dello Stato sociale del ventesimo secolo, che segna un grado di compenetrazione tra stato e società tale da favorire il negoziato privato rispetto alla discussione pubblica, la rappresentanza corporativa degli interessi o l’adesione plebiscitaria alla politica partigiana rispetto al confronto delle opzioni e dei programmi in una chiave ispirata alla procedura deliberativa. Se nell’accezione (a) l’opinione pubblica è una forza sociale – o una metafora delle norme della Società – con funzioni implicite di controllo e di preservazione della coesione della collettività, in quella (b) essa viene concettualizzata come una forza politica e una nuova istanza di legittimità per il potere. A una funzione critica di controparte dell’autorità, essa unisce un più fondamentale ruolo in quanto fonte ultima di legittimazione del potere politico: la sovranità non è più tale per volere divino, ma per volontà del popolo. 13 Le accezioni (c) (d) e (e), invece, possono essere interpretate come tre diverse modalità di reazione a un fenomeno storicamente collocabile, almeno nei paesi europei, a partire dalla metà del diciannovesimo secolo: l’inclusione progressiva e reale delle masse popolari nelle forme di partecipazione alla sfera politica. Da una parte, laddove una significativa estensione del suffragio elettorale viene introdotta dall’alto, la concezione dell’opinione pubblica come Opinione maggioritaria (d) trova una parziale naturalizzazione, benché limitata appunto al momento elettorale; dall’altra, laddove i processi di democratizzazione o le lotte per l’indipendenza nazionale vedono diffondersi gli strumenti della manifestazione e dei moti di piazza da parte dei settori più attivi della popolazione, per poi istituzionalizzarsi con la crescita dei partiti e delle organizzazioni sociali legate al movimento operaio o alle istanze indipendentiste, una concezione tendenzialmente ‘positiva’ dell’opinione pubblica come Azione collettiva (c) si affianca ad una più ricca di connotazioni negative quale quella di Emozione pubblica (e). Quest’ultima accezione, infatti, accomuna le reazioni di stampo élitario tanto alle manifestazioni delle ‘folle’ tardoottocentesche quanto, in maniera molto più sistematica, agli effetti della propaganda politica novecentesca attraverso i moderni mezzi di comunicazione di massa. Le funzioni attribuite all’opinione pubblica, in questo caso, richiamano in parte una mobilitazione di tipo ‘affettivo’ ai fini di una qualche rivendicazione sociale (funzione di contro-potere, anche prerogativa principale della concezione (c) ), ma soprattutto il mantenimento di un tacito sostegno alle scelte dei governanti attraverso un processo di costruzione del consenso per via propagandistica e mediale (funzione di consenso ‘specifico’). Se, tuttavia, il passaggio dell’«età delle folle» (Park 1904) alla società di massa (Blumer 1946, Kornhauser 1959), per usare due concetti pur sociologicamente non del tutto soddisfacenti, separa simbolicamente i due contesti sociali che presentano le condizioni più conformi, rispettivamente, alle accezioni (c) e (e), l’inizio della tendenziale egemonia della accezione (d) è legata, come già notato, a un cambiamento di tipo essenzialmente tecnologico: l’applicazione del sondaggio campionario alla rilevazione e allo studio dell’opinione pubblica. A quest’ultima, nell’era dei sondaggi d’opinione, viene imputata in sostanza una funzione di consenso specifico sulle politiche di governo, cui non è disgiunta però una più fondamentale funzione di consenso sistemico al funzionamento stesso delle istituzioni democratiche, legittimate da quella pratica elettorale che è il modello di riferimento per l’accezione dell’opinione pubblica come Opinione maggioritaria. Tuttavia la concezione (d), al di là dei noti limiti metodologici e epistemologici dello strumento del sondaggio, introduce anche una sorta di equivoco nella rappresentazione miniaturizzata della scelta elettorale come atto fondamentale del processo democratico. Fatto salvo il caso del referendum, che resta però una pratica istituzionalmente non prevista da molte democrazie contemporanee, l’elezione esprime la sovranità popolare non solo in quanto operativizzata attraverso il criterio della maggioranza, ma anche mediata dal principio di rappresentanza. La negazione del ruolo di mediazione fra demos e potere svolto dai partiti politici, dai candidati e dagli eletti negli organi di rappresentanza istituzionale è del tutto evidente nell’accezione sondaggistica dell’opinione pubblica e della democrazia, dove gli orientamenti dei cittadini sono ‘sondati’ senza alcuna mediazione a beneficio delle leadership di governo. Anche questo slittamento concettuale è all’origine delle analisi di chi ha individuato nelle esacerbazioni degli ultimi decenni i sintomi dell’affermazione di una democrazia ‘del pubblico’ in luogo della precedente democrazia ‘dei partiti’ (Manin 1995), o di una ‘post-democrazia’ caratterizzata, tra 14 l’altro, da forme di partecipazione politica puramente formale, oppure manipolata, passiva e rarefatta attraverso i sondaggi d’opinione (Crouch 2004). Il processo decisionale reale con cui vengono definite le politiche pubbliche nelle democrazie postindustriali, tuttavia, non può evidentemente essere ridotto a una maggiore o minore responsiveness dei responsabili di governo alle domande che pervengono dall’opinione pubblica attraverso i sondaggi d’opinione. La crescente complessità dei processi di governance a livello locale, regionale, nazionale o sovranazionale, specie europeo, mette in luce il ruolo di transazione, interazione e negoziazione continua tra una pluralità di attori individuali e collettivi – sociali, politici e istituzionali. E’ in questo contesto che la concezione (f) di opinione pubblica come Processo multidimensionale diviene sociologicamente più rilevante, e pare non a caso rappresentare la prospettiva emergente nello studio sociologico dell’opinione pubblica. Pur con tutte le difficoltà di concettualizzazione empirica di cui si è accennato, l’interesse di (f) risiede nell’estensione del raggio d’analisi del fenomeno, che include le relazioni tra un ampio numero di attori, di stadi e di dispositivi del processo d’opinione pubblica, oltre che di fasi di vita di un tema e di livelli dei pubblici considerati, in quello che può essere definito, in senso sostanzialmente bourdieusia no, un vero e proprio ‘campo’ demoscopico (Grossi 2004). In questa prospettiva sociologicamente realistica, l’opinione pubblica rappresenta una forza dinamica e composita, coinvolta in un conflitto permanente, tanto al proprio interno quanto verso l’esterno, intorno all’affermazione degli interessi e dei valori predominanti nella sfera delle decisioni politiche. Nessuna di queste prospettive, si diceva, ha perso la propria capacità interpretativa rispetto ai fenomeni d’opinione pubblica contemporanei. Da quanto osservato, non paiono esservi controversie sull’applicabilità attuale della concezione (d) (sondaggi d’opinione come indicatori dell’Opinione maggioritaria), (e) (effetti della comunicazione politica in termini di Emozione pubblica) e (f) (complessità, multidimensionalità e natura processuale dell’opinione pubblica nelle società globalizzate). Anche le prime tre prospettive considerate, tuttavia, continuano ad apparire necessarie per cogliere aspetti importanti del fenomeno, anche nelle sue forme attuali. La prima (a) (Tribunale sociale) fornisce gli strumenti teorici per comprendere e analizzare meccanismi quali la ‘spirale del silenzio’, il ‘clima d’opinione’, o la ‘ignoranza pluralistica’; la seconda (b) (Pubblica discussione) è centrale ad esempio nella concettualizzazione delle pratiche di democrazia deliberativa contemporanee; la terza (c) (Azione collettiva) entra in gioco tanto nell’analisi della sfera pubblica mobilitata a livello globale, quanto in quella delle nuove forme virtuali di mobilitazione collettiva, o ancora in quelle locali favorite dall’organizzazione via web o comunicazione mobile. La logica additiva in virtù della quale ogni prospettiva emersa in una qualche, benché non lineare, successione storica va affiancata e non sostituita alle precedenti può essere esemplificata attraverso il caso analogo dei canali di formazione e d’espressione dell’opinione pubblica. Al ‘pettegolezzo’, in quanto potenziale forma di trasmissione dell’opinione pubblica (nella fattispecie, come Tribunale della società), si succedono nell’arco di due secoli canali quali la stampa d’opinione, il suffragio elettorale, le manifestazioni di piazza, i sondaggi, la televisione, internet. Nessuno di questi canali, in tutta evidenza, è scomparso in seguito all’apparizione di uno dei canali successivi. Al contrario, tutti coesistono – soggetti a continue innovazioni tecnologiche e trasformazioni sociali – e contribuiscono ai processi d’opinione pubblica contemporanei. 15 3. Verso una prospettiva ‘multiforme’: una tipologia delle forme d’espressione dell’opinione pubblica contemporanea Le sei prospettive considerate identificano altrettante modalità di attribuire un significato a quel costrutto sociale che è l’opinione pubblica. Tutte e sei, si è detto, sono teoricamente fondate e analiticamente applicabili, in alcuni dei loro elementi, alle realtà contemporanee. Tuttavia il limite di ciascuna di essa, se considerate singolarmente, appare al contempo epistemologico e sociologico. Ognuna di queste prospettive, infatti, coglie solo alcune sfaccettature parziali di un fenomeno che appare invece conoscibile attraverso categorie concettuali e chiavi interpretative anche relativamente distanti tra loro. Non solo: questi diversi concetti e categorie sono realmente e quotidianamente invocati dagli attori sociali e politici coinvolti tanto nella formazione quanto nell’analisi dei processi d’opinione pubblica. Il ‘politeismo’ di credenze intorno alla vera natura dell’opinione pubblica è reale, e dipende tanto dagli interessi dei diversi attori a legittimarne di volta in volta un’accezione piuttosto che un’altra, quanto dal contesto discorsivo e dall’ambito tematico di riferimento. Gli usi sociali multipli e contestati che vengono fatti del concetto, insomma, attingono da tutte queste prospettive concorrenti. Alcuni enunciati, a titolo di esempio, potrebbero essere i seguenti: (a) «Per l’opinione pubblica americana la pena di morte è una soluzione del tutto ovvia e naturale»; (b) «L’opinione pubblica si è ormai convinta delle necessità di questa riforma della legge elettorale»; (c) «Il governo, sotto la pressione dell’opinione pubblica, ha dovuto ritirare il decreto di legge »; (d) «Il primo ministro può contare ancora sul consenso dell’opinione pubblica»; (e) «Il tragico episodio ha sconvolto l’opinione pubblica, che ora chiede a gran voce un giro di vite sulla sicurezza»; (f) «Il sindaco intende coinvolgere l’opinione pubblica nell’individuazione delle priorità strategiche per la città nei prossimi cinque anni». Tutti questi usi appaiono legittimi, eppure ciascuno di essi chiama in causa concezioni profondamente diverse di ciò che è l’opinione pubblica, dei soggetti che la compongono, dei meccanismi che la governano, delle sue funzioni nella società e dei suoi effetti nel processo politico. Prendendo atto dell’impossibilità di una definizione esclusiva – ed escludente tutte le altre –, nonché dell’inutilità della ricerca di una presunta accezione ‘pura’ del concetto di opinione pubblica nella molteplicità dei suoi usi attuali, ciò che qui si intende proporre è una sorta di ri-articolazione concettuale, attenta al contempo al problema della rilevabilità empirica, delle forme ‘reali’ dell’opinione pubblica contemporanea. Questa proposta teorica e orientata alla ricerca consiste nel delineare una prospettiva ‘multiforme’, o ‘polimorfica’, che includa, importandoli e incrociandoli in una limitata varietà di combinazioni, gli elementi principali delle prospettive fin qui analizzate. Questa ri-articolazione concettuale del fenomeno si concentrerà su una tipologia contenente le principali forme di espressione dell’opinione pubblica. In particolare, quattro fondamentali forme d’espressione saranno delineate a partire da due criteri di differenziazione bipolari, i quali potranno essere rappresentati graficamente attraverso due assi cartesiani che danno forma a quattro quadranti. Definiremo i due criteri, rispettivamente, come ‘pubblicità’ e ‘processualità’. Il criterio della pubblicità definisce quelle forme d’espressione dell’opinione pubblica che riguardano un oggetto discorsivo tematizzato nell’agenda pubblica. L’opinione pubblica si esprime in forme diverse se relativa a un tema che è in quel momento al centro del dibattito pubblico mediato, piuttosto che a un tema del tutto assente dall’agenda della comunicazione mediale e interpersonale. Così, ad esempio, 16 l’opinione pubblica in merito al riconoscimento delle coppie di fatto omosessuali rifletterà tendenzialmente un mero orientamento etico-culturale di fondo nei confronti della categoria sociale degli omosessuali se espressa, per esempio attraverso una domanda di sondaggio, al di fuori di un contesto di pubblicità del tema, mentre darà vita a un’opinione su una più specifica proposta di policy da parte di un qualche attore politico o sociale qualora essa sia stata tematizzata nel dibattito pubblico attraverso i media. Pubblicità è dunque sinonimo di tematizzazione nell’agenda pubblica. Il criterio della processualità definisce invece la dimensione ‘statica’ o ‘dinamica’ di una data forma espressiva dell’opinione pubblica. Una forma d’espressione statica può caratterizzare non solo un orientamento pubblico tendenzialmente costante rispetto a un qualche oggetto politico o sociale, ma anche un’opinione risultante da un dibattito pubblico su un tema e ‘fotografata’ a un momento dato. Per contro, una forma d’espressione dinamica identifica un fenomeno il cui senso va ricercato nella sua dimensione diacronica, vale a dire nella capacità di emergere o svilupparsi in una qualche durata temporale, come nel caso di una tendenza in via di formazione, di un ciclo, o di un movimento d’opinione. Il criterio della processualità distingue dunque uno stato d’opinione da una dinamica d’opinione. Fig. 1: una tipologia delle forme d’espressione dell’opinione pubblica La fig. 1 raffigura i quattro quadranti definiti dai due assi bipolari: pubblicità (senza/con tematizzazione) in orizzontale, processualità (stato vs. dinamica d’opinione) in verticale. Ciascuno dei quadranti viene a circoscrivere una delle quattro forme di espressione dell’opinione pubblica qui concettualizzate. I. Atteggiamento collettivo: uno stato d’opinione su un oggetto non tematizzato nell’agenda pubblica. II. Opinione aggregata: uno stato d’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica. III. Corrente d’opinione: una dinamica d’opinione su un oggetto non tematizzato nell’agenda pubblica 17 IV. Movimento d’opinione: una dinamica d’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica. Qui di seguito, ciascuna di queste forme viene illustrata nelle proprie componenti essenziali. Nel complesso, questa tipologia segue una strategia di ‘parsimonia’ classificatoria, privilegiando un’alta denotazione dei concetti, e quindi un’estensione del campo di applicazione di ciascuno dei tipi risultanti a una pluralità di fenomeni teoricamente collegabili tra loro. Inoltre, la numerazione dei quadranti ha una funzione pratica, e non deve suggerire una dinamica sequenziale o ‘rotatoria’, per la quale ogni forma d’espressione tenderebbe a trasformarsi, a uno stadio successivo del processo, in quella successiva, benché in alcuni casi specifici questo esito sia possibile, come sarà illustrato più avanti. L’illustrazione dei tipi, infine, seguirà lo schema presentato nella tab. 2, precisando di volta in volta quali ne siano le tradizioni teoriche di riferimento, i tipi di pubblico che lo compongono, il principio di efficacia (o di influenza politica) e la funzione politica specifiche, il campo dei concetti e dei fenomeni teorici ad essi collegati, i principali indicatori e metodi di ricerca – spesso inscindibili tra loro, e una possibile metafora che ne sintetizzi il significato. 1. Atteggiamento collettivo In quanto ‘stato’ d’opinione su un oggetto non tematizzato nell’agenda pubblica, l’atteggiamento collettivo fa riferimento all’insieme degli orientamenti valoriali e delle disposizioni implicite di una collettività verso un’ampia gamma di oggetti e categorie sociali. 20 L’opinione pubblica nella forma dell’atteggiamento collettivo può indicare, ad esempio, l’orientamento dominante in una popolazione nazionale verso fenomeni, tanto vari quanto simbolicamente centrali per l’identità culturale e politica di una società, quali le istituzioni religiose, le pratiche sessuali, la regole civili, le minoranze etniche, i principi democratici, i partiti politici, la scuola pubblica – fenomeni che possono tanto prendere parte direttamente alla sfera politica, quanto essere relativi alla sfera della vita quotidiana, ma suscettibili, qualora tematizzati nell’agenda del dibattito pubblico, di regolazione politica e normativa. Seguendo i criteri elencati nella fig. 2, nella quale le principali caratteristiche distintive di ciascuna delle quattro forme d’espressione dell’opinione pubblica sono illustrate schematicamente, si noterà che sono indicati due possibili ‘principi di efficacia’ nella sezione relativa all’atteggiamento collettivo: egemonia e maggioranza. Ciò suggerisce che il meccanismo di traduzione dell’atteggiamento dalla dimensione individuale a quella collettiva può essere l’egemonia, riferita non tanto a ciò che è esplicitamente condiviso da una collettività, quanto a ciò che non viene generalmente messo in discussione, in quanto percepito come normale, ovvio o dato per scontato; o la maggioranza, quando un orientamento emerge come condiviso da una larga parte della popolazione. Atteggiamento collettivo in quanto atteggiamento dominante può quindi significare, a seconda dei casi, egemonico o maggioritario in una collettività. In tal senso, a questa forma espressiva sono 20 Il termine atteggiamento, mutuato dalla tradizione psicosociale di studi sull’opinione pubblica, indica un orientamento affettivo di fondo verso un oggetto sociale generico (il mercato, il comunismo, gli immigrati, gli Stati Uniti, ecc.), e si distingue quindi dall’opinione per il suo carattere maggiormente durevole, latente, e generalizzante. Utilizzato dagli psicologi sociali a livello micro e individuale (l’atteggiamento degli individui), il concetto di atteggiamento è qui riferito agli orientamenti di una collettività. 18 applicabili elementi che derivano tanto dalla prospettiva teorica (a) (l’opinione pubblica definisce il ventaglio di ciò che è ‘pensabile’ e ‘dicibile’ in una società), quanto dalla concezione (d) (le opinioni, ma anche i valori e gli atteggiamenti, possono essere rilevati per via aggregativa, quantificandone le occorrenze più diffuse). In ogni caso, un atteggiamento collettivo investe, almeno potenzialmente, l’insieme del pubblico generale, vale a dire una popolazione nazionale nella sua interezza. Se il concetto di atteggiamento ci appare, proprio per la sua natura affettiva, irriflessa e generalizzante, quello più soddisfacente per definire l’insieme di questa categoria, altri concetti e fenomeni vanno inclusi – in ragione della relativamente alta denotatività di questa classificazione – nella stessa forma d’espressione dell’opinione pubblica. Un atteggiamento collettivo, infatti, affonda le proprie radici nel senso comune, che riguarda appunto l’insieme delle rappresentazioni sociali e simboliche date per scontate dai membri di una collettività; è inoltre strettamente connesso al concetto sociologico di valori, in quanto «concezioni del bene collettivo» (Sciolla 2004, 2008), o orientamenti normativi e principi-guida, benché talvolta di natura più pratica che riflessiva, in merito a ciò che si ritiene desiderabile nella vita sociale o politica; infine, si intreccia in profondità con la nozione di cultura politica, non solo nel senso politologico dell’insieme degli orientamenti affettivi, cognitivi e valutativi verso un sistema politico e i suoi attori, ma soprattutto nell’accezione, più propriamente sociologica (Santambrogio 2001), dell’insieme di quegli elementi culturali che danno vita a un’identità politica e favoriscono lo sviluppo di un senso di appartenenza a una parte o forza politica. Tab. 2: principali proprietà delle diverse forme d’espressione dell’opinione pubblica La principale funzione politica che può essere imputata a questa forma espressiva dell’opinione pubblica – per la quale una metafora linguistica calzante appare quella dell’ethos – è la legittimazione di condotte, prese di posizione o decisioni che rientrano nella sfera di approvazione implicita della collettività e, specularmente, la delegittimazione di quelle che non ne fanno parte. L’atteggiamento collettivo delinea dunque lo spazio di ciò che è possibile politicamente, o delle proposte enunciabili senza che una delegittimazione preventiva ne precluda la realizzazione, o la semplice possibilità di ottenere in tempi relativamente rapidi un consenso pubblico significativo intorno ad esse. 21 21 Poiché, ad esempio, l’atteggiamento collettivo del pubblico degli Stati Uniti è, secondo gli studi in materia, favorevole al libero mercato, all’applicabilità della pena di morte e alla difesa militare 19 Allo scopo di fare emergere questo insieme di rappresentazioni collettive affettivamente orientate, un approccio in termini di individualismo metodologico (Boudon 1984) appare difficilmente eludibile.22 Diversi sono i possibili indicatori e i metodi di rilevazione di un atteggiamento collettivo. Fra i metodi quantitativi, gli indicatori più tipici sono quelli che rilevano il grado di fiducia dei membri di una collettività in una serie di istituzioni sociali e politiche (i sindacati, la stampa, la chiesa, il parlamento, ecc.) o le azioni che sono ritenute più o meno giustificabili o ingiustificabili (dall’evadere il fisco al praticare l’eutanasia); o, ancora, gli scopi giudicati prioritari nella vita; la percezione di una serie di ruoli sociali; gli elementi considerati indispensabili in una democrazia; gli obiettivi prioritari che un sistema politico idealmente dovrebbe porsi. 23 Fra i metodi qualitativi, le interviste in profondità o i focus group appaiono come strumenti più soddisfacenti allo scopo di fare emergere in modo meno direttivo gli elementi più significativi di un dato atteggiamento collettivo. Anche vari metodi sperimentali vengono correntemente utilizzati, specialmente dagli psicologi sociali e politici, ad esempio per far emergere pregiudizi razziali latenti che possono essere parte di una cultura politica collettiva. 2. Opinione aggregata L’opinione aggregata è uno stato d’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica. In quanto tale, essa emerge in merito a un tema che gode in quel momento dato di un’ampia copertura da parte dei media e si trova al centro di una qualche controversia tra attori politici o sociali concorrenti. La tematizzazione presuppone quindi un’ampia comunicazione per via mediale e l’esistenza di un qualche dibattito a livello ‘macro’. In questa tipologia dagli elevati livelli di denotazione (o estensione), il requisito di un’approfondita discussione interpersonale che coinvolga i membri del pubblico non è dunque necessario, poiché questi ultimi sono suscettibili di formarsi un’opinione sul tema a partire dalla semplice esposizione alle argomentazioni e contro-argomentazioni sviluppate dagli attori in competizione per la conquista del consenso, e veicolate appunto dai media. Nel caso dell’opinione aggregata, il principio d’efficacia è dato dal criterio della maggioranza, trattandosi di una forma d’espressione dell’opinione pubblica fondata sulla sommatoria delle singole opinioni dei membri di un pubblico. Sintetizzabile attraverso l’immagine della percentuale, essa si manifesta attraverso un’ampia gamma di indicatori e canali di espressione, tanto diversi tra loro quanto accomunati dal principio dell’aggregazione delle singole opinioni e dalla logica della dell’interesse nazionale, un attore politico che, in questa fase storica, proponesse la nazionalizzazione dell’industria automobilistica, l’abolizione della pena capitale a livello federale e il ritiro unilaterale delle truppe dai territori extra-nazionali si porrebbe al di fuori dello spettro delle opinioni politicamente legittime. 22 La spiegazione del processo e della relazione di reciprocità fra rappresentazioni individuali e collettive è uno dei problemi classici della sociologia, affrontato in particolare da Durkheim (1912: 159) : «Allo stesso modo in cui non esistono società senza individui, le forze impersonali che si dispiegano dalla collettività non possono costituirsi senza incarnarsi in delle coscienze individuali nelle quali esse si individualizzano. In realtà non si tratta di due processi diversi, ma di due aspetti diversi di un unico processo». 23 Il più noto programma di ricerca a livello mondiale che include questi indicatori è il World Values Surveys, presieduto da Ronald Inglehart. Come nota Rositi (2008, 14), queste inchieste campionarie «usano spesso domande centrate su quell’idea di ‘importanza’ che […] non discriminano fra scopo e valore». Per quanto poco adeguate a cogliere empiricamente i valori nella loro accezione sociologica, esse appaiono tuttavia utili per la rilevazione del concetto – dal più ampio livello di denotazione – di «atteggiamento collettivo». 20 ‘volontà della maggioranza’. Fra questi, vi sono certamente i referendum, ma anche le elezioni, che tematizzano nella sfera pubblica politica la scelta tra partiti o candidati concorrenti. Tuttavia, il sondaggio d’opinione appare come l’indicatore per eccellenza dell’opinione aggregata, a condizione che verta su una questione di interesse pubblico tematizzata da un qualche attore individuale o collettivo e dotata di copertura mediale nel periodo in cui è effettuata la rilevazione campionaria. 24 Questo requisito accomuna l’opinione aggregata non solo alla prospettiva teorica dell’opinione pubblica come Opinione maggioritaria (d), ma anche a quella che presuppone la presenza di una Pubblica discussione (b), che tuttavia in questo caso si svilupperà essenzialmente nei termini di un dibattito pubblico mediale. Il pubblico di riferimento sarà qui quella parte del pubblico generale, più o meno ampia a seconda dei contesti tematici e dei casi nazionali, che prende parte a questo tipo di consultazioni relativamente tematizzate, a base elettorale piuttosto che campionario/demoscopiche: un pubblico votante nel caso di elezioni e referendum, un pubblico rispondente nel caso dei sondaggi d’opinione. In conseguenza della strategia denotativa prescelta per questa classificazione, anche altri due rilevanti sottotipi di sondaggi, che pur si differenziano profondamente dai comuni sondaggi campionari per alcuni importanti aspetti, rientrano fra gli indicatori di un’opinione aggregata, sulla base dei criteri presentati nella tab. 2. Il primo tipo sono i sondaggi deliberativi (deliberative polls), che vanno al di là del comune sondaggio d’opinione per il fatto di predisporre uno spazio fisico di discussione ad uso di un campione di partecipanti, sicché il risultato atteso non sarà la semplice aggregazione delle preferenze individuali, ma la possibilità di una loro previa trasformazione, in consonanza con un principio fondante della teoria deliberativa; il secondo tipo sono gli ormai continui sondaggi online attraverso campioni auto-selezionati, specie fra gli utenti di un qualche sito di informazione o blog (web polls). Benché il grado di motivazione dei partecipanti a quest’ultimo tipo di sondaggi possa essere superiore a quello degli intervistati estratti a sorte e sollecitati a rispondere, il principio unificante va ricercato di nuovo nella tematizzazione pubblica che gli oggetti di questi sondaggi per definizione presentano, poiché tipicamente si riferiscono a controversie che nascono da eventi sociali o politici d’attualità e sono ampiamente discussi nei media – soprattutto attraverso editoriali, interviste o commenti dei lettori. 25 La funzione politica essenziale dell’opinione aggregata come forma d’espressione dell’opinione pubblica consiste nella manifestazione di un consenso o di un dissenso specifico e contingente verso un’azione, proposta o presa di posizione pubblica ad opera di un qualche attore del sistema politico o della società civile. Secondaria appare, a questi fini, la questione dell’uso che di tale manifestazione di consenso/dissenso viene fatto – conoscitivo o strumentale. Allo stesso modo, uno stato d’opinione diviso in due su un dato tema, e quindi l’assenza di una qualsivoglia maggioranza al riguardo, non pregiudica in nulla il senso dell’opinione aggregata come forma espressiva dell’opinione pubblica. 24 In caso contrario, nella migliore delle ipotesi ciò che sarà rilevato è un atteggiamento collettivo su una questione di potenziale interesse pubblico, ma che non è stata oggetto di investimento simbolico da parte degli attori politici, e non ha quindi (ri)attivato linee di divisione tra il pubblico (Schattschneider 1960). 25 Entrambi questi sottotipi sono quindi indicatori dell’opinione aggregata e possono essere collegati alla prospettiva teorica (d), perché il loro principio di efficacia resta quello di maggioranza. Tuttavia il sondaggio deliberativo ha un legame più accentuato con la prospettiva (b) (Pubblica discussione), mentre il sondaggio online si avvicina agli indicatori della quarta forma d’espressione dell’opinione pubblica (‘movimento d’opinione’). 21 3. Corrente d’opinione Per corrente d’opinione si intende una dinamica d’opinione su un oggetto non tematizzato nell’agenda pubblica. Nel significato di ‘corrente’ è contenuto non solo l’elemento dinamico, ma anche l’altra caratteristica essenziale di questa forma d’espressione dell’opinione pubblica, vale a dire la sua dimensione latente. La corrente d’opinione, infatti, è una tendenza in via di formazione in un pubblico intorno a un tema che non ha ancora fatto irruzione sulla scena politica. È quindi paragonabile a un atteggiamento collettivo in corso di formazione (o di trasformazione) presso un pubblico caratterizzato da un qualche livello di partecipazione politica attiva o passiva, su una questione che non è stata oggetto esplicito di trattamento politico o mediatico. La formazione di una corrente d’opinione, ad esempio anti-politica, o ‘anticasta’, o in una direzione ideologicamente conservatrice, può dispiegarsi nel medio periodo – per un certo numero di mesi/semestri 26 – restando tuttavia ‘sotto traccia’, senza cioè che né il fenomeno stesso né una sua eventuale causa esplicita siano rilevati pubblicamente. Questo crescente atteggiamento collettivo non potrà dunque coinvolgere un pubblico consapevole di se stesso e, per così dire, autoriflessivo. Solo quando, e nel caso in cui, il tema dell’anti-politica, o di un crescente sentimento ‘anti-casta’, o di un’onda ideologicamente conservatrice, sarà stato attivato, evidenziato, problematizzato e tematizzato dai media e dagli attori politici, la corrente d’opinione potrà cristallizzarsi in uno stato d’opinione suscettibile di rilevazione quantitativa, e eventualmente attribuibile a una maggioranza del pubblico generale (ad esempio, favorevole alla revocabilità dei parlamentari sottoposti a indagini giudiziarie), e/o sfociare in un movimento d’opinione, vale a dire in una mobilitazione tematizzata di un pubblico attivo (come una manifestazione di piazza organizzata da esponenti della società civile allo scopo esplicito di contestare la classe politica). 27 In questo senso, il significato della ‘corrente d’opinione’ può essere rafforzato attraverso la metafora della marea. Un’importante variante elettoralistica della corrente d’opinione, inoltre, consiste in una propensione latente, ma relativamente anticipabile, del pubblico votante su un tema, o una scelta elettorale, non ancora posta al centro del dibattito politico-mediale. Questo fenomeno è legato alla relativa prevedibilità di alcune dinamiche d’opinione che riguardano il sostegno ai governi/presidenti in carica o uscenti. Una dinamica ricorrente in vari sistemi politici, ad esempio, consiste nella flessione di voti, nell’arco del ciclo elettorale che investe un’intera legislatura, per i partiti di governo nelle elezioni di secondo ordine (midterm elections). Un’altra tendenza prevedibile riguarda la sanzione elettorale per i presidenti o governi uscenti in congiunture di crisi economica. Un’altra ancora, più specificamente in merito all’andamento delle curve di popolarità dei presidenti/primi ministri, prevede un declino dei consensi per la leadership politica nazionale dopo un certo numero di mesi dall’investitura elettorale; ma anche un provvisorio picco di popolarità, osservato specialmente nel contesto statunitense, in caso di scoppio di un conflitto 26 Una dinamica della durata di vari anni darebbe luogo a un riallineamento d’opinione di tipo strutturale più che a una corrente d’opinione di medio periodo. 27 La formazione di una corrente d’opinione conservatrice è prevedibile, secondo lo studio di Stimson (2004) riferito alla politica degli Stati Uniti, in presenza di un’amministrazione liberal, mentre una ‘marea di consenso’, come egli la definisce, in direzione liberal è da mettere in relazione alla presenza di un’amministrazione di orientamento conservatore. La spiegazione è che l’opinione pubblica americana, fondamentalmente moderata e centrista, darebbe vita a correnti ri-equilibratrici rispetto a linee di policies percepite come ideologicamente ‘sbilanciate’ a destra o a sinistra. 22 internazionale (rally round the flag). Tutti questi fenomeni possono essere considerati come fattispecie di correnti d’opinione (o di ‘opinione latente’: Zaller 2003), in quanto non rilevabili sotto forma di opinione aggregata prima che l’evento elettorale o politico si sia verificato, e tuttavia considerabili in qualche modo in via di formazione, come allo stadio di propensioni ‘carsiche’ e destinate a venire alla luce quando la questione sarà pubblicamente tematizzata. Infine, anche il fenomeno del ‘clima d’opinione’, che riguarda la percezione che i membri di una collettività si formano in merito agli orientamenti della maggioranza, può essere messo in relazione a questa forma espressiva dell’opinione pubblica. La percezione di «dove tira il vento» dell’opinione maggioritaria è infatti un processo latente e in continua evoluzione, una sorta di pratica sociale che coinvolge continuamente gli individui, benché a un debole grado di consapevolezza, sia all’interno delle loro cerchie personali sia, attraverso la rappresentazione che ne danno i media, a un livello sociale più ampio, tipicamente quello nazionale. 28 Anche in questo caso il fenomeno può tradursi in termini elettorali, nella misura in cui la percezione di «chi vincerà le elezioni» è in grado di condizionare i comportamenti di alcuni segmenti del pubblico votante (Noelle-Neumann 1974). L’efficacia e la funzione politica di una corrente d’opinione risiede nell’anticipazione dell’impatto che potrà produrre emergendo con la pubblica tematizzazione del fenomeno. Questa sorta di impatto potenziale e differito nel tempo potrà misurarsi nei termini quantitativi dell’opinione aggregata (ad esempio, una maggioranza di voti alle elezioni) o nei termini dell’intensità di un movimento d’opinione (la mobilitazione tematizzata di un pubblico attivo). Potenzialità e anticipazione dell’impatto di una corrente d’opinione definiscono anche l’essenziale funzione di controllo che essa esercita sui detentori dell’autorità politica, come una sorta di possibile sanzione preventiva verso il loro operato decisionale. 4. Movimento d’opinione Per movimento d’opinione si deve intendere, infine, una dinamica d’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica. L’espressione ‘movimento d’opinione’ appare dotata di una valenza euristica importante, nonostante sia sorprendentemente assente dalla letteratura sull’opinione pubblica. Essa coglie infatti quella dimensione dei processi d’opinione maggiormente legata ai fenomeni d’azione collettiva, evitando però di collassare il concetto di opinione pubblica in quello di movimento sociale. 29 Più precisamente, un movimento d’opinione si configura come una reazione di un pubblico attivo che si mobilita in riferimento a un avvenimento di società (ad esempio un fatto di cronaca con implicazioni più o meno indirettamente politiche) o a una questione politica (nel duplice significato inglese di political issue e policy issue) contingente, relativa cioè al dibattito pubblico inserito nell’attualità mediale. Un movimento d’opinione non nasce dunque da uno specifico gruppo o categoria sociale, né si appoggia su reti di relazioni e risorse organizzative relativamente stabili, né si fa portatore di visioni del mondo alternative o di nuove 28 Il concetto di ‘influenza impersonale’ (Mutz 1998), in particolare, si riferisce all’influenza esercitata dai media sulle percezioni che gli individui si formano degli ‘altri’ anonimi e collettivi, dell’altro generalizzato al di fuori della propria cerchia sociale. 29 In alcune delle loro possibili espressioni, i concetti di movimento sociale e di movimento d'opinione potranno divenire empiricamente indistinguibili, specie nella fase di ‘statu nascenti’ e in relazione a tematiche legate al conflitto fra forze o attori politici istituzionalizzati. Nulla impedisce eventualmente di considerare i movimenti d’opinione come un sottotipo di movimento sociale, caratterizzato dalle proprietà indicate nel seguito del testo. 23 identità collettive. Piuttosto, nasce come espressione volontaristica di una posizione intensamente sentita da una parte del pubblico attento, che si attiva in reazione a un evento politico, o suscettibile di essere mobilitato politicamente, dotato in quel momento di un’ampia copertura da parte dei media. La diffusione dei nuovi media, e in particolare di internet, sembra aver attribuito una nuova centralità a questa forma di espressione dell’opinione pubblica, la cui rappresentazione metaforica può essere quella della petizione. Questa modalità classica di partecipazione politica, anch’essa caratterizzata da una natura tipicamente reattiva rispetto a un evento contingente, può infatti applicarsi con uguale efficacia alle nuove forme di comunicazione online. Così, la petizione, l’appello, o la sottoscrizione cui aderiscono gli utenti di un sito di informazione o di uno spazio di social networking rappresenta una delle forme più tipiche di opinione mobilitata nella sfera pubblica virtuale, e può fornire lo spunto allo stesso tempo per un’azione di protesta collettiva offline, come una semplice manifestazione in piazza, o una flash mob, o un media event. 30 Ma è necessario insistere sulle opportunità che il web ha dischiuso per la nascita, la formazione e l’esistenza stessa di movimenti d’opinione. Se le lettere ai giornali e i fax di protesta alle sedi istituzionali hanno rappresentato, in epoche diverse, due modalità esemplari di mobilitazione dell’opinione, la comunicazione in rete ha moltiplicato le opportunità di espressione (re-)attiva di un pubblico minoritario ma portatore di opinioni intense : dai post, o commenti inseribili in fondo alle notizie su siti di informazione, blog, o communities, alla formazione di gruppi tematici nelle reti sociali, tutte queste modalità di espressione e mobilitazione dell’opinione su un oggetto tematizzato nell’agenda pubblica rappresentano altrettanti indicatori tanto dell’esistenza, quanto per l’analisi stessa dei movimenti d’opinione. 31 Se il principio di efficacia del movimento d’opinione è naturalmente non la maggioranza, bensì l’intensità – e quindi la visibilità e la forza nello spazio pubblico mediale – di una posizione assunta da una parte minoritaria del pubblico che si attiva in relazione a un evento politico contingente, la funzione di questa forma espressiva è essenzialmente di natura critica, o di contro-potere. 32 La dinamica prevalentemente reattiva dei movimenti d’opinione, infatti, tende a privilegiare la dimensione critica in relazione a avvenimenti che coinvolgono le élite di governo o proposte di policy governative, anche se ciò non esclude al contempo la proposta, la rappresentanza e la manifestazione di «potenzialità alternative» nella sfera pubblica (Pizzorno 2008: 18). La componente della durata appare come dirimente nell’identificazione di un movimento d’opinione, il cui ciclo di vita si dispiega nei tempi stessi della 30 Infiniti sono gli esempi possibili di movimenti d’opinione online e/o di piazza. Fra i più celebri, le manifestazioni simultanee in vari paesi del mondo contro l’intervento militare in Iraq nel marzo 2003 sono state spesso indicate come esempi di una nuova ‘opinione pubblica globale’, ma lo sono nella forma specifica del ‘movimento d’opinione’. Lo stesso vale per le estemporanee proteste contro il governo Aznar in Spagna dopo gli attentati del marzo 2004, strumentalmente attribuiti da fonti governative all’ETA. Nel caso italiano, ottimi esempi di movimenti di opinione, prima che si strutturassero in movimenti sociali organizzati o si istituzionalizzassero trovando rappresentanza in partiti politici, sono offerti dai primi ‘Girotondi’, dalla prima manifestazione del ‘Popolo viola’, dalle mobilitazioni, prevalentemente online, contro il lodo Alfano o la cosiddetta ‘legge bavaglio’. In tutti questi casi, il principio d’efficacia dell’opinione pubblica non è più la maggioranza, ma l’intensità delle opinioni espresse da una parte, presumibilmente minoritaria, del pubblico. 31 Operativamente, utili indicatori possono essere ad esempio la quantità e l’uni-direzionalità dei commenti postati su un tema, o il numero di adesioni a gruppi di social networking creati ad hoc per sostenere una data ‘battaglia’ d’opinione. 32 In linea di principio, le stesse forme d’espressione possono riguardare modalità di sostegno al governo o al presidente in carica, ma in questi casi si tratta più spesso di mobilitazioni eterodirette che coinvolgono un gruppo sociale specifico, quale la base di militanti di uno o più partiti. 24 tematizzazione mediale dell’oggetto della mobilitazione. La natura contingente, e legata alla durata della copertura mediale del tema, di un movimento d’opinione rende questo fenomeno suscettibile di tre esiti principali. Il primo è la semplice estinzione con la fuoriuscita del tema dall’agenda pubblica. Qualora invece il tema si inserisca nell’agenda del dibattito mediale di medio o lungo periodo, scavando così una nuova linea di divisione sociale o politica, il movimento d’opinione può finire per strutturarsi in un movimento sociale organizzato (social movement organization), oppure istituzionalizzarsi in un partito politico. Intrecciato alle tradizioni teoriche dell’opinione pubblica non solo come Azione collettiva (c), ma anche come Processo multidimensionale (f) fondato su una continua interazione dinamica tra attori individuali e collettivi, questo fenomeno si presta male, da un punto di vista metodologico, a essere studiato attraverso lo strumento della survey, se non per un’analisi sociodemografica o motivazionale dei partecipanti alle iniziative del movimento. Strumenti preferibili per un’analisi del fenomeno nella sua dimensione collettiva appaiono piuttosto, oltre alle analisi quantitative degli indicatori suggeriti sopra, un’etnografia delle azioni di protesta, un’analisi del discorso o dei frame del movimento, un’analisi dei reticoli sociali, e le altre principali tecniche mutuate dallo studio dei movimenti sociali. 4. Per concludere: una definizione inclusiva di opinione pubblica, oltre le antinomie classiche A conclusione di questo lavoro di classificazione delle fondamentali tradizioni interpretative e delle principali forme d’espressione contemporanee dell’opinione pubblica, si può tentare di formulare una definizione più precisa del concetto, ma sufficientemente inclusiva da recepire elementi da ciascuna delle diverse accezioni, considerate nella loro fondatezza teorica, capacità euristica e attualità empirica. L’opinione pubblica potrà essere definita come: l’insieme degli orientamenti collettivi dei cittadini, che risultano dalle interazioni con gli altri attori (media, élite politiche, organizzazioni della società civile) della sfera pubblica a diversi livelli (subnazionale, nazionale, transnazionale) e che, in presenza di problemi tematizzati nell’agenda pubblica mediale, tendono a tradursi in allineamenti d’opinione o in mobilitazioni di diversi tipi di pubblici a vario livello di generalità/attenzione/partecipazione, con funzioni ed effetti di legittimazione, consenso, critica e controllo nei confronti tanto di un sistema politico nel suo insieme, quanto dei responsabili delle decisioni politiche contingenti. Si tratta dunque di una definizione inclusiva, perché racchiude al suo interno tutte le forme espressive analizzate – (1) atteggiamento collettivo, (2) opinione aggregata, (3) corrente d’opinione e (4) movimento d’opinione. Tuttavia si tratta anche di una definizione esplicita in relazione alla questione fondamentale di «chi sono» gli attori dell’opinione pubblica. Infatti, in parziale controtendenza rispetto ad alcuni assunti della prospettiva teorica oggi più in voga – (f) processo multidimensionale – si ritiene importante ricondurre, e in un certo senso circoscrivere, al pubblico, o ai pubblici, la natura e la composizione di ciò che 25 intendiamo per opinione pubblica. 33 Certo, quest’ultima rappresenta l’orizzonte strategico di un ampio campo di forze e attori individuali e collettivi – editorialisti e opinion maker, leader e partiti, chiese, ONG, sindacati, associazioni e gruppi di volontariato, movimenti sociali organizzati, categorie professionali, ecc. – che concorrono e interagiscono nella sfera pubblica ‘reale’, principalmente allo scopo di produrre allineamenti e/o movimenti d’opinione che legittimino e rafforzino le proprie posizioni, in vista di esiti decisionali collettivamente vincolanti. In questo processo, le élite politiche, mediali o demoscopiche possono certamente agire come imprenditori, canali o determinanti dell’opinione pubblica. Tuttavia esse non ne fanno direttamente parte. L’opinione pubblica, come concetto empirico, ne è se mai il risultante, e resta pertanto un fenomeno relativo ai pubblici, vale a dire ai cittadini, ut singuli o collettivamente, in gruppi. Ciò detto, l’adozione di una prospettiva ‘multiforme’(o polimorfica) implica che l’opinione pubblica vada studiata esattamente in quanto processo. Non solo, però, nel senso ‘multidimensionale’ – nell’interazione dei diversi tipi di pubblico con gli altri attori della sfera politica – bensì, e soprattutto, in senso dinamico, nella misura in cui ogni processo d’opinione pubblica si presenta anche come una sequenza diacronica, specie di breve e medio periodo, di combinazioni variabili tra forme diverse d’espressione dell’opinione pubblica. Così, nell’analisi delle diverse ‘fasi di vita’ di un oggetto, non ancora o già tematizzato nell’agenda pubblica, e dei successivi stadi di formazione e coinvolgimento di tipi di pubblico diverso, potranno emergere le specifiche combinazioni di atteggiamento collettivo, opinione aggregata, corrente d’opinione e movimento d’opinione – o potrà emergere di volta in volta la forma espressiva più influente nel processo – che concorrono a definire dinamicamente quel costrutto che chiamiamo ‘opinione pubblica’. 34 Oltre a fornire un quadro analitico per la ricerca sull’opinione pubblica, un approccio di tipo polimorfico permette di superare alcuni dei principali dilemmi teorici che tipicamente ostacolano i tentativi di chiarificazione del fenomeno. Fra i dilemmi, o antinomie, o tensioni bipolari che, classicamente presenti nel concetto di opinione pubblica (Price 1992), tendono a risolversi nella prospettiva multiforme e nella strategia di tipologizzazione qui perseguite, si possono ricordare i seguenti: • • • • Individuale vs. collettivo Emotivo vs. ragionato Autonomo vs. etero diretto Intenzionale vs. inconsapevole 33 Senza con ciò voler adottare una prospettiva di tipo sostanziale dell’opinione pubblica (Marletti 2001, 197), che interpreterebbe ingenuamente il fenomeno come espressione della volontà di un «soggetto collettivo» unitario. 34 Ad esempio, il processo d’opinione pubblica che negli Usa ha avuto come oggetto il candidato presidenziale Obama potrebbe essere scomposto in quattro diverse fasi analitiche, a ciascuna delle quali corrisponde ipoteticamente una forma espressiva specifica e più influente. Prima che la candidatura di Obama alle primarie democratiche fosse tematizzata nel dibattito pubblico mediale, l’opinione pubblica poteva essere analizzata in quanto (1) atteggiamento collettivo: per esempio rispetto all’idea di un presidente afroamericano, o rispetto a un tipo di leadership simbolica ‘di prossimità’, relativamente outsider e ‘post-ideologica’; (3) corrente d’opinione: un livello di insoddisfazione destinato a crescere nell’opinione pubblica rispetto all’operato del presidente uscente, a causa tanto del perdurare della guerra in Iraq quanto del sopraggiungere della crisi economica. Una volta la candidatura tematizzata, l’opinione pubblica poteva essere analizzata in quanto (2) opinione aggregata: la percentuale di consenso per il candidato Obama alle primarie (e poi di voti alle elezioni presidenziali, e poi ancora di popolarità del presidente neoeletto); (4) movimento d’opinione: la mobilitazione di settori crescenti di pubblico per sostenere attivamente il candidato Obama (attraverso sottoscrizioni finanziarie, attivismo grassroots e online, partecipazione alle primarie, ecc.). 26 • Volatile vs. profondo L’illustrazione delle quattro forme d’espressione dell’opinione pubblica qui individuate ha permesso di ripensare il fenomeno nei termini di un costrutto composito, in grado di riconciliare in sé, combinandole più che contrapponendole, alcune delle sue proprietà dicotomiche classiche. Così, l’opinione pubblica può essere al contempo – o in fasi diverse del processo, a seconda della combinazione specifica, o della forma espressiva di volta in volta più influente – un fenomeno individuale e/o collettivo, emotivo e/o ragionato, autonomo e/o eterodiretto, intenzionale e/o inconsapevole, volatile e/o profondo. 35 Naturalmente, il quadro concettuale qui proposto dovrà essere affinato e arricchito attraverso il più gran numero di applicazioni alla ricerca empirica, utilizzandone la griglia per singoli casi di studio o per analisi comparate, e acquisendo di volta in volta nuovi elementi di comprensione del fenomeno. Tuttavia questa proposta avrà già raggiunto un risultato importante se sarà riuscita in un duplice intento: disincagliare il concetto di opinione pubblica dall’interpretazione riduttiva e banalizzante di «ciò che misurano i sondaggi», e farlo al contempo discendere dalle astrazioni ‘celesti’ dello Spirito santo o dell’Araba fenice. 35 L'elemento emotivo, ad esempio, è potenzialmente presente in ciascuna delle forme d’espressione, come indicato dal continuo richiamo, nella tab. 2, alla tradizione teorica (e) (Emozione pubblica). Nell’atteggiamento collettivo, la dimensione emotiva è presente nella definizione stessa di ‘orientamento affettivo’, un cui esempio-limite può essere quello del pregiudizio di tipo razziale; nell’opinione aggregata, le preferenze degli individui possono essere tanto il frutto di un processo deliberativo ragionato, quanto una reazione istantanea a un frame dell’informazione intriso di emotività (Barisione 2009); la corrente d’opinione, a sua volta, può nascere e svilupparsi in quanto ‘sentimento’ latente fra settori sempre più ampi, o sempre più motivati, del pubblico; il movimento d’opinione, infine, presuppone una mobilitazione di individui che possono essere motivati da stati emozionali quali, ad esempio, la rabbia, l’orgoglio o l’indignazione. 27 Riferimenti bibliografici Baker, K. M. (1987), «Politique et opinion publique sous l'Ancien Régime», Annales. Économies, Sociétés, Civilisations, 42, n. 1, pp. 41-71. ____ (1993), Au tribunal de L’opinion. Essai sur l'imaginaire politique au 18ème siècle, Paris : Payot. Barisione, M. (2009), Comunicazione e società. Teorie, processi, pratiche del framing, Bologna: Il Mulino. Barisione, M., Mannheimer, R. (1999), I sondaggi, Bologna : Il Mulino. Bernays, E. L. (1923), Crystallizing Public Opinion, New York: Liveright Publishing Corp. Blumer, H. (1946) «The Mass, the Public, and Public Opinion», in B. Berelson, M. Janowitz (a cura di), Reader in Public Opinion and Communication, New York: The Free Press, 1966, pp. 43-50. _____ (1948), «Public Opinion and Public Opinion Polling», American Sociological Review, n. 13, pp. 542-554. Boudon, R. (1984), La place du désordre. Critique des théories du changement social, Paris : PUF, trad. it. Il posto del disordine. Critica delle teorie del mutamento sociale, Bologna : Il Mulino. Bourdieu, P. (1973), « L'opinion publique n'existe pas », Les Temps modernes, n° 318, pp. 1292-1309, trad. it. «L’opinione pubblica non esiste», in S. Cristante (a cura di) : L’onda anonima. Scritti sull’opinione pubblica, Roma : Meltemi, 2004, pp. 182-201. ____ (1997), Méditations Pascaliennes. Paris: Seuil, trad. it. Meditazioni pascaliane, Milano: Feltrinelli, 1998. Castells, M. (2009), Communication Power, Oxford, New York: Oxford University Press, trad. it. Comunicazione e potere, Milano: Egea - Università Bocconi Edizioni, 2009. Converse, P. (1964), «The Nature of Belief Systems in Mass Publics», in D. Apter (a cura di), Ideology and Discontent, New York: Free Press, pp. 206–61. Cooley C. H. (1918), «Public Opinion as Process» in Social Process, New York: Charles Scribner's Sons, pp. 378-395. Crespi, I. (1997), The Public Opinion Process: How the People Speak, New Jersey: Lawrence Erlbaum Associates. Crouch, C. (2004), Postdemocracy. Cambridge: Polity Press. Trad. it. 2004. Postdemocrazia, Roma-Bari: Laterza. Durkheim, E. (1912), Les formes élémentaires de la vie religieuse, Paris : Alcan. Fishkin, J. (2009), When the People Speak: Deliberative Democracy and Public Consultation. New York: Oxford University Press. Ginsberg, B. (2001), « Les sondages et la transformation de l'opinion publique », Hermès, n° 31, pp. 181-206 [estratto di The Captive Public, New York: Basic Books, 1986]. Grossi, G. (2004), L'opinione pubblica. Teoria del campo demoscopico, Roma-Bari: Laterza Habermas, J. (1962), Strukturwandel der Öffentlichkeit, Neuwied: Luchterhand; trad. it. 1971, Storia e critica dell'opinione pubblica, Roma-Bari: Laterza. _____ (1996), Between facts and norms: Contributions to a discourse theory of law and democracy, Cambridge: Polity Press, trad. it. Fatti e norme, Milano, Guerini e Associati, 1996. Keane, J. (2000), «Structural transformation of the public sphere»‚ in Hacker, K., Dijk, J. (a cura di), Digital Democracy: Issues of Theory and Practice, London : Sage, pp. 7089. Key, V. O. Jr. (1961), Public Opinion and American Democracy, New York: Alfred Knopf. Kornhauser, W. (1959), The Politics of Mass Society, New York: Free Press. Lakoff, G. (2008), The Political Mind, New York: Viking. 28 Lasswell, H. (1927), Propaganda Techniques in the First World War, New York: Alfred. Knopf. Lazar, J. (1995), L'opinion Publique, Paris: Ed. Sirey. Le Bon G. (1895), Psychologie des foules, Paris: Alcan, trad. it. Psicologia delle folle, Milano: Longanesi, 1980. Lippmann, W. (1922, Public Opinion, New York: The Free Press Locke, J. (1690), An Essay Concerning Human Understanding, NY: Oxford University Press, 1975. Luhmann, N. (1971), «Offentliche Meinung», in Politische Planung, Opladen: Westdeutscher Verlag, trad. it., L’opinione pubblica, in S. Cristante (a cura di), L’onda anonima. Scritti sull’opinione pubblica, Roma: Meltemi, 2004, pp. 148-181. Manin, B. (1995), Principes du gouvernement représentatif, Paris: Calmann-Lévy, trad. it. Principi del governo rappresentativo, Bologna : Il Mulino, 2010. Marletti, C. (2001), «La democrazia d’opinione e l’autoreferenzialità dei media», Anàlisi, 26, pp. 189-206. Meyrowitz, J. (1985), No Sense of Place: The Impact of Electronic Media on Social Behaviour, New York: The Free Press, trad. it. Oltre il senso del luogo, Bologna: Baskerville, 1993. Mutz, D. (1989), «The influence of perception of media influence», International Journal of Public Opinion Research, 1, 3-24. _____ (1998), Impersonal influence: How perceptions of mass collectives affect political attitudes, New York: Cambridge University Press. Noelle-Neumann, E. (1984), The spiral of silence. A theory of public opinion – Our social skin, Chicago: University of Chicago Press, trad. it. La spirale del silenzio, Roma: Meltemi, 2002. Park, R.E. (1904), The Crowd and the Public, Chicago: University of Chicago Press, 1972, trad. it. 1996, “La folla e il pubblico”, Roma: Armando. Pizzorno, A. (2007), Il velo della diversità. Studi su razionalità e riconoscimento, Milano: Feltrinelli. ____ (2008), «La sfera pubblica e il concetto di mandante immaginario», Sociologica, n. 3, pp. 1-22. Price, V. (1992), Public Opinion, Newbury Park, CA: Sage, trad. it. 2004, L’opinione pubblica, Bologna: Il Mulino. Privitera, W. (2001), Sfera pubblica e democratizzazione, Roma-Bari: Laterza. Rositi, F. (2008), «Sulla distinzione fra scopi e valori», Rassegna Italiana di Sociologia, 49, n.1, pp. 5-37. Rousseau J.J. (1762), Le contrat social, trad. it. 1970, Il contratto sociale, in Scritti politici, Torino, UTET. Sartori, G. (1997), Homo videns. Televisione e post-pensiero, Roma-Bari, Laterza. Schattschneider, E. (1960), The Semi-Sovereign People: A Realist's View of. Democracy in America, New York: Holt, Rinehart and Winston, trad. it. Il popolo semi-sovrano: un'interpretazione realistica della democrazia in America, Genova: ECIG, 1998. Schnapper, D. (2000), Qu'est-ce que la citoyenneté?, Paris : Gallimard. Santambrogio, A. (2001), «Sul concetto di cultura politica: una prospettiva sociologica», in Crespi F., Santambrogio. A. (a cura di), La cultura politica nell'Italia che cambia, Carocci, Roma, pp. 43-83. Sciolla, L. (2004), La sfida dei valori. Rispetto delle regole e rispetto dei diritti in Italia, Bologna: Il Mulino. ____ (2008), «La forza dei valori», Rassegna Italiana di Sociologia, 49, n. 1, pp. 89-115. Stimson J. (2004), Tides of consent: How public opinion shapes American politics, Cambridge: Cambridge University Press. 29 Tchakotine, S. (1939), Le viol des foules par la propagande politique, Paris: Gallimard. Tilly C., (2007), Democracy, Cambridge: Cambridge University Press, trad. it. 2009, La democrazia, Bologna: Il Mulino, 2009. Tocqueville, A. (1835-40), De la démocratie en Amérique, trad. it. 1968, La democrazia in America, in Scritti politici, Torino, Utet, 1968. Urbinati, N. (2009), «Opinione pubblica e legittimità democratica», intervento al Convegno internazionale organizzato dalla Rassegna Italiana di Sociologia nel cinquantenario della fondazione. Virilio P. (2004), Città panico, Milano: Raffaello Cortina Editore. Weber, M. (1918), Parlament und Regierung im neugeordneten Deutschland, trad. it. 1993, Parlamento e governo, Roma-Bari: Laterza. Westen, D. (2007), The Political Brain: The Role of Emotion in Deciding the Fate of the Nation, New York: Public Affairs Press, trad. it. La mente politica. Il ruolo delle emozioni nel destino di una nazione, Milano: Il Saggiatore, 2008. Zaller, J. (1992), The Nature and Origins of Mass Opinion, Cambridge: Cambridge University Press. _____ (2003), «Coming to Grips with V.O. Key’s Concept of Latent Opinion», in M. MacKuen, G. Rabinowitz (a cura di), Electoral democracy, Ann Arbor: University of Michigan Press, pp. 311 -336. 30