GLI APPALTI VERDI: LA SODDISFAZIONE DI INTERESSI AMBIENTALI ATTRAVERSO LE PROCEDURE DI AGGIUDICAZIONE DEI CONTRATTI PUBBLICI.. Qualche riflessione alla luce dei recenti interventi normativi(*) SOMMARIO. 1.) Strumenti per lo sviluppo sostenibile: gli appalti verdi - 2.) Il contesto: l’influenza comunitaria e il diritto interno - 3.) Qualificare una procedura d’appalto verde - 4.) Considerazioni conclusive. 1.) Strumenti per lo sviluppo sostenibile: gli appalti verdi. - La sfida di uno sviluppo “sostenibile per le generazioni presenti e future”1 conferma la centralità dell’ambiente quale “valore” giuridico2 e l’accresciuta “consapevolezza del carattere inscindibile delle questioni della salute ambientale del pianeta e dell’avvenire economico dei suoi abitanti”3. Il principio dello sviluppo sostenibile4, infatti, richiedendo che “la crescita economica volta a soddisfare i bisogni delle generazioni presenti non (*) Benché il lavoro sia frutto di una riflessione congiunta delle autrici, si precisa che S. Biancareddu è autrice dei paragrafi 1 e 2, mentre G. Serra è autrice del paragrafo 3. L’ultimo paragrafo è frutto del lavoro congiunto. 1 R. FERRARA - F. FRACCHIA - N. OLIVETTI, Diritto dell’ambiente, Roma, 1999, p. 13. 2 Sulla tematica si rinvia a G. ROSSI La materializzazione dell’interesse ambientale, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, 2011; B. CARAVITA, Diritto pubblico dell’ambiente, Bologna, 1990; G. PERICU, Ambiente (tutela), in Digesto disc. pubbl., Torino; P. DELL'ANNO - E. PICOZZA (diretto da), Trattato di diritto dell'ambiente, Cedam, Padova, 2012; F. FONDERICO, La tutela dell'ambiente, in S. CASSESE (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2000. Si richiama l’attenzione sui primi saggi scientifici in materia: E. CAPACCIOLI, Profili giuridico-organizzativi della tutela contro l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, in Foro Amm., VI, 1970; M. S. GIANNINI, Diritto dell’ambiente e del patrimonio naturale e culturale, in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, p. 1122 e ss.; IDEM, Ambiente: saggio sui suoi diversi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, I, p. 15 e ss.; ed ancora E. CAPACCIOLI – F. DAL PIAZ, Ambiente (tutela). Parte generale e diritto amministrativo, in Noviss. Dig., I, Torino, 1980; A. PREDIERI, Paesaggio, in Enc. dir., 1981. 3 M. POLITI, Tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile: profili e prospettive di evoluzione del diritto internazionale alla luce della Conferenza di Rio de Janeiro, in Scritti degli allievi in memoria di G. Barile, Padova, 1995, p. 456. Vds. anche M. GOLA, L’amministrazione degli interessi ambientali, Milano, 1995, p. 81 e ss. 4 I riferimenti in dottrina sono molteplici. Si rimanda in particolare ex multis a: F. FRACCHIA, Il principio dello sviluppo sostenibile, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, 2011; F. FRACCHIA, Lo sviluppo sostenibile. La voce flebile dell’altro tra protezione dell’ambiente e tutela della specie umana, Napoli, 2010; V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile fra diritto internazionale e diritto interno, in Riv. giur. amb., 2002, II, p. 209 e ss.; C. CENCINI; Economia, ambiente e sviluppo sostenibile, Bologna, 2003; F. SALVIA, Ambiente e sviluppo sostenibile, in Riv. giur. amb., 1998, II, p. 235 e ss. P. COSTA, Dal conflitto alla sostenibilità ambientale, in Economia della cultura, 1997, II, p. 111; G. WALKER, Dal pensare globale all’agire locale. Il diritto 1 comprometta, attraverso lo sfruttamento incondizionato delle risorse disponibili, il soddisfacimento di quelli delle generazioni future”5, pone al centro dell’attenzione “i rapporti fra tutela dell’ambiente e sviluppo economico”6. internazionale e la sua influenza sul diritto ambientale, in Riv. giur. amb., 2002, p. 913 e ss.; F. LA CAMERA, Sviluppo sostenibile: origini, teoria e pratica, Roma, 2005; H. FRENCH, Ambiente e globalizzazione: le contraddizioni tra neoliberismo e sostenibilità, Milano, 2000; S. NESPOR - A. L. DE CESARIS, Codice dell’ambiente, Milano, 2009; S. NESPOR, Il governo dell’ambiente. La politica e il diritto per il progresso sostenibile, 2009; F. GABRIELE - A. M. NICO, La tutela multilivello dell’ambiente, Bari, 2005; M. BENOZZO - F. BRUNO, Legislazione ambientale: per uno sviluppo sostenibile del territorio, Milano, 2003; B. CARAVITA, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2005; P. DELL’ANNO, Diritto dell’ambiente: commento sistematico al d.lgs. 152/2006, integrato dai d.lgs. 4/2008, 128/2010, 205/2010, 121/2011, Padova, 2011; A. CROSETTI, Diritto dell’ambiente, Roma, 2008; P. MADDALENA, Il diritto dell’ambiente: una riflessione giuridica sulla difesa ecologica del pianeta, Napoli, 2012; S. MAGLIA, Diritto ambientale: alla luce del d.lgs. 152/2006 e successive modificazioni, Roma, 2009; B. CARAVITTA DI TORITTO, Studi in onore di Alberto Predieri, I, Milano, 1996. 5 Lo sviluppo sostenibile “rappresenta un tipico caso di soft law, ovvero di un principio giuridico che nasce in dichiarazioni internazionali non produttive di precisi obblighi e diritti, tendendo ad occupare spazi in precedenza lasciati alla discrezionalità degli Stati per poi penetrare […] nelle varie legislazioni nazionali” - così V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile: tra governo dell’economia e profili costituzionali, Piacenza, 2002, p. 41. Il concetto, infatti, trova origine nel diritto internazionale in un “periodo di fermento culturale e politico siscitato in occidente dalle contraddizioni intraviste nel modello di crescita affermatosi col boom economico del secondo dopoguerra” – così M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come sistema complesso, adattivo, comune, Torino, 2007, p. 44. La WORLD COMMISSION ON ENVIRONMENT AND DEVELOPMENT (Commissione mondiale su ambiente e sviluppo, organismo indipendente creato su iniziativa dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1983), i cui lavori sono stati pubblicati nel volume Il futuro di tutti noi, ed. it, Milano, 1988 – definiva nel Rapporto Brundtland del 1987 lo sviluppo sostenibile come “devolpment which meets the needs of the present whithout compromising the ability of the future generations to meet theirs own needs. It contains within two concepts: the concept of needs, in particular the essential needs of the world’s poor, to which overrinding priority should be given; and the idea of limitations imposed, by the state of technology and social organizatiion, on the environment’s ability to meet present and future needs”. Il tema dello sviluppo sostenibile, già affrontato a Stoccolma nel 1972, veniva sviluppato nella Conferenza di Rio de Janeiro nel vertice mondiale su “ambiente e sviluppo” del 1992 e il concetto veniva ripreso nello stesso anno dalle istituzioni comunitarie con l’accordo di Maastricht. Il principio oggi compare nel Trattato sull’Unione Europea che all’art. 2 parla di “sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche”; nel Trattato di Lisbona, ove all’art. 3 si legge che l’Unione “si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”; nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che, all’interno del Titolo IV, art. 37, dispone “un elevato livello di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. È stato ripreso anche a livello nazionale e inserito nel 2008 all’interno del codice dell’ambiente, il d.lgs. 152/2006, all’art. 3-quater ove si legge che “ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità 2 Il principio ha come contenuto il dovere e la responsabilità7 di realizzare uno sviluppo compatibile con la tutela dell’ambiente, di coniugare “due imperativi apparentemente inconciliabili: la crescita secondo i modelli capitalistici e la protezione ambientale, al fine di preservare le risorse naturali e poter mantenere, anche in futuro, l’attuale livello di benessere”8. Divenuta “criterio ispiratore dell’intera politica di salvaguardia dell’ambiente”9 e “metro di valutazione della bontà delle scelte” e delle decisioni di politica della vita e le possibilità delle generazioni future”. Come evidenzia F. FRACCHIA, Il principio dello sviluppo sostenibile cit., p. 172, il legislatore “riconosce allo sviluppo sostenibile il rango di principio applicabile non solo alle scelte ambientali, ma a tutta l’attività amministrativa discrezionale”: il comma 2, infatti, sancisce “anche l’attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile per cui nell’ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell’ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di primaria considerazione” – sulla cui interpretazione diffusamente p. 177 e ss. 6 M. POLITI, op. loc. cit. Tale rapporto è siglato in un principio “in funzione di direttiva di fondo dell’azione dei singoli governi, [..] anche attraverso il ricorso a strumenti ad efficacia più ristretta”, come effetto della “accresciuta percezione dell’incidenza dei comportamenti di ciascuno Stato sul livello di tutela dell’ambiente globale del pianeta”, che, a sua volta, spinge a “stabilire principi e regole generalmente validi o comunque aperti all’adesione di tutti” – vd. spec. p. 454. V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile: tra governo dell’economia e profili costituzionali cit., p. 45, considera il rapporto tra ambiente ed economia “il nuovo nodo delle politiche economiche e sociali”, che importa “modificazioni degli assetti istituzionali e l’adozione di nuove legislazioni tese a un radicale cambiamento non solo economico e sociale ma dello stesso stile di vita della comunità”, culturale. 7 F. FRACCHIA, op. ult. cit., p. 174. “L’ambiente si configura come l’oggetto di un dovere che nella nostra Costituzione trova un referente essenziale nell’art. 2”, nel dovere di solidarietà – su cui diffusamente F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente: art, 2 Cost. e doveri di solidarietà ambientale, in Diritto dell’economia, 2002, II, p. 215 e ss. Lo sviluppo sostenibile è un concetto “fondato sull’idea di dovere nei confronti delle generazioni future” e di solidarietà intergenerazionale, dunque, di responsabilità. Fermo resta che “il principio non intende riconoscere eguali vincoli in capo a tutti”, ma che, non potendo esser assicurato dal libero gioco del mercato, richiede un chiaro “meccanismo di responsabilità politica”, attraverso il “ripristino della sovranità della politica e il recupero del diritto sull’economia”. Sul fallimento del mercato e, in particolare, sulle tecniche giuridiche di intervento in funzione di protezione ambientale vds. oltre. 8 P. DIMAN, Principi della tutela ambientale, in G. DI PLINIO - P. FIMIANI (a cura di), Principi di diritto dell’ambient cit., p. 56. In tal modo, il principio opera come “linea guida” e strumento di “supporto e rafforzamento dei principi di cui all’art. 174 Tr. CE”, quali il principio di prevenzione, precauzione e correzione alla fonte – su cui diffusamente p. 42 e ss. Sul punto vds. anche B. CARAVITA, I principi della politica comunitaria in materia ambientale, Riv. giur. amb., 1991, p. 207 e ss. Spiega il CIPE, deliberazione 2 agosto 2002, n. 57, Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia, p. 4, par. 4, “un sistema economico in crescita è sostenibile solo se l’ammontare delle risorse utilizzate per la creazione di ricchezza resta, in quantità e qualità, entro opportuni limiti di sfruttamento e non sovraccarica le capacità di assorbimento fornite dall’ecosfera”. 9 M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente come sistema complesso, adattivo, comune, Torino, 2007, p. 56, per il quale – vds. spec. p. 63, “il principio dello sviluppo 3 economica compiute in materia sul piano nazionale e internazionale10, la sostenibilità ambientale impone l’integrazione della variabile “ambiente” da parte dei soggetti pubblici e privati11 ed “allarga l’orizzonte temporale delle istituzioni alla difesa degli interessi delle future generazioni”12. La Pubblica Amministrazione, chiamata a soddisfare l’esigenza della sostenibilità, deve operare in modo capillare e flessibile13; e, a tal fine, ricorre agli strumenti di mercato con finalità di protezione dell’ambiente, che rappresentano forme di intervento imperniate su incentivi economici, orientate a “internalizzare gli effetti esterni di natura ambientale” derivanti dalle imperfezioni del mercato14. sostenibile presidia per l’appunto lo sviluppo, valore necessario alla sopravvivenza quanto la contestuale conservazione di un ambiente integro e funzionale, poggiando sulla comprensione del fatto che tanto lo sfruttamento quanto la preservazione delle risorse ambientali possono risultare preziosi per l’umanità e tenendo conto delle istanze contrapposte ambisce ad un corretto bilanciamento”. 10 M. POLITI, op. cit., p. 457. Osserva P. DELL’ANNO, Manuale di diritto ambientale, Milano, 2003, p. 4, “il criterio ordinale dei limiti dello sviluppo è stato più che sostituito integrato da quello dello sviluppo sostenibile, con un mutamento di prospettiva nella relazione di corrispondenza biunivoca tra ambiente e sviluppo”, dove il primo diviene “[…] sfida all’innovazione tecnologica e scientifica, impegno economico primario nei paesi industrializzati, fonte di accese querelles sul versante giuridico, parametro essenziale delle attese sociali di nuova qualità della vita”. Sui temi vds. F. H. MEADOWS, I limiti dello sviluppo, Roma, 1972. La tutela dell’ambiente diviene parametro di valore dello sviluppo economico secondo G. FIDONE, Gli appalti verdi all’alba delle nuove direttive: verso modelli più flessibili orientati a scelte ecoefficienti, in Riv. it. Dir. pubbl. com., 2012, V, p. 819: “tale concetto presuppone che anche la crescita economica possa essere considerata apprezzabile solo se comporta un miglioramento della qualità dell'ambiente, della vita, della salute, e qualora garantisca un uso razionale delle risorse”. Di più, propone “la corretta collocazione delle problematiche ambientali all’interno delle scelte economico-produttive”, tanto nel complesso delle politiche comunitarie che nazionali, M. GOLA, op. cit., p. 142 e ss. 11 Per F. FRACCHIA, Sulla configurazione giuridica unitaria dell’ambiente cit., p. 235 e ss. il dovere di solidarietà ambientale importa doveri di comportamento anche per i soggetti privati. Nello stesso senso, P. MADDALENA, L’ambiente: prolegomeni per una sua tutela giuridica, in Riv. giur. ambiente, 2008, p. 530. 12 M. CAFAGNO, op. ult. cit., p. 64. 13 M. CAFAGNO, Strumenti di mercato a tutela dell’ambiente, in G. ROSSI (a cura di), Diritto dell’ambiente, 2011, p. 183, secondo cui “il livello di capillarità e flessibilità [richiesto, può essere promosso] soltanto da un duttile sistema di incentivi e non può essere affidato alla mera predisposizione di obblighi e divieti o all’esclusivo esercizio dell’autorità”. Evidenziava la necessità di individuare un giusto equilibrio tra gli strumenti a tutela dell’ambiente, distinguendo tra ordinari – “tradizionali strumenti conformativi, autorizzatori, e pianificatori” – e straordinari – tipici di “una logica della tutela dell’ambiente come tutela emergenziale” – già B. CARAVITA, Diritto pubblico dell’ambiente cit., p. 275 e ss. Sul tema della necessaria integrazione di strumenti vds. anche G. PINELLA, Economia e politiche dell’ambiente, Roma, 2002; M. BRESSO, Economia ecologica, Roma, 2002; G. BOLOGNA, Manuale della sostenibilità, Milano, 2005. 14 M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente cit., p. 329 e ss. Agli strumenti di comando e controllo, quali interventi autoritativi “caratterizzati da una forte concentrazione del potere decisionale in capo alle istituzioni pubbliche, [cui] appartiene la maggior parte dei rimedi adottati dal diritto nazionale” – su cui vds. anche F. SALVIA, Gli strumenti giuridici della tutela 4 Gli appalti verdi, a cui è dedicata la presente indagine, e, cioè, il favore accordato nelle procedure pubbliche di selezione dei contraenti a candidati e soluzioni capaci di offrire vantaggi ecologici, si collocano proprio fra gli strumenti “economici”15 e, fra questi, assumono un ruolo fondamentale “sia per la dimensione economica degli appalti pubblici16, sia per l'interesse collettivo a limitare l'impatto sull'ambiente delle attività in cui detti appalti si concretizzano”17. La stretta connessione al più ampio tema dello sviluppo sostenibile appare evidente, trattandosi di “strumenti giuridici tesi a promuovere la graduale integrazione degli interessi ambientali nella disciplina legislativa degli appalti pubblici”18; o, meglio, di un “sistema volto a rivedere le pratiche di appalto della pubblica amministrazione privilegiando tipologie di lavori, beni e servizi” ecocompatibili19, secondo quell’approccio noto a livello comunitario come “Green Public Procurement”20. ambientale, in Riv. giur. amb., 1993, II, p. 209 e ss. – si oppongono gli strumenti di mercato, quali forme di intervento “imperniate su incentivi economici”, che ricomprendono “i modelli d’azione attraverso cui i pubblici poteri si limitano ad espletare sul mercato una funzione di disseminazione informativa, […] gli interventi attraverso cui la mano pubblica modifica autoritativamente i costi di accesso al sistema ambientale mediante diretta o indiretta assegnazione di un prezzo a servizi e risorse naturali, altrimenti gratuiti e liberamente accessibili”, in particolare attraverso la predisposizione di imposte correttive e sussidi, la creazione di mercati artificiali, la previsione di ipotesi di responsabilità ambientale ed ancora, attraverso l’integrazione della variabile ambientale nelle procedure d’appalto. Per un approfondimento vds. M. CLARICH, La tutela dell'ambiente attraverso il mercato, in Dir. pubbl., 2007, p. 219 e ss. e S. NESPOR, I contratti ambientali: una rassegna critica, in Dir. pubbl. comp. ed eur., 2003, p. 962 e ss. 15 F. GAVERINI, Attività contrattuale della p.a. e protezione dell’ambiente: gli appalti verdi, in Riv. giur. edilizia, 2009, 5-6, p. 153, distingue gli strumenti giuridici utilizzabili in un’ottica di tutela e conservazione ambientale collocandoli “lungo una linea che congiunge quelli di prevenzione specifica (o collettiva) e quelli di prevenzione generale (o di mercato)”. Tra questi definisce alcuni “puri”, “ in quando per essi il ruolo dell’amministrazione può dirsi marginale e limitato a funzioni di tipo certificativo, informativo e promozionale”, altri “misti” e, fra questi, indica gli appalti verdi “in quanto l'intervento del decisore pubblico non ha rilievo esclusivamente certificativo, informativo o promozionale ma si spinge più a fondo, individuando concreti privilegi nella scelta del contraente da individuare attraverso le procedure ad evidenza pubblica per coloro che siano in grado di offrire prodotti e servizi quanto più possibile ecologici”. 16 Sulla valenza economica degli appalti, vds. Commissione europea, Step towards a deeper economic integration: the internal market in the 21st century. A contribution to single market review, Gennaio 2007, in ec.europa.eu; IDEM, Acquistare verde! Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili, 2005, in ec.europa.eu. 17 F. SCHIZZEROTTO, I principali provvedimenti europei italiani in materia di Green Public Procurement, in Riv. Giur. Ambiente, 2004, VI, p. 967. 18 IDEM, op. loc. cit. 19 G. FAILLA, Green Public Procurement: appalti verdi nel Lazio, in Appalti e contratti, 2010, III, p. 44. 20 Il Green public procurement importa, secondo la definizione che ne viene data nel Libro Verde “Gli appalti pubblici nell’Unione Europea” del 1996, che le pubbliche amministrazioni integrino i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di 5 Attraverso questo sistema, il legislatore comunitario e nazionale21 ha inteso “affermare una nuova politica che […] punti sulla prevenzione e sulla sollecitazione di condotte virtuose su base volontaria, responsabile e consapevole”22 ed offra alla pubblica amministrazione “sia nella veste di committente, che di utente, la facoltà di internalizzare costi e benefici ambientali nei contratti pubblici”23, “utilizzando il proprio potere d’acquisto per scegliere beni e servizi che rispettino l’ambiente”; così, contribuendo “al raggiungimento dello sviluppo sostenibile”24. La peculiarità di tale strumento, che non individua una particolare categoria giuridica rispetto all’istituto dell’appalto25, ma semplicemente soddisfa la necessità di coordinare la materia degli appalti con gli aspetti ambientali, consiste nel richiamare “un criterio generale” capace di orientare non solo il settore pubblico26, ma, per il tramite di questo, l’intero “mercato”27, con un effetto a cascata sulla “ricerca di nuove tecnologie, beni, processi innovativi” ecocompatibili. tecnologie e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita. Come spiega il CIPE, deliberazione 2 agosto 2002, n. 57, Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia, par. 38, tale approccio si traduce nella necessità di “modificare il comportamento di alcuni grandi consumatori, primo tra essi il settore pubblico. […] Azioni appropriate devono essere sviluppate per produrre e mettere a disposizione linee guida e basi di dati che privilegino la qualità ambientale nella committenza e negli acquisti”. E, in questo senso, rappresenta uno “strumento cardine” della Politica Integrata dei Prodotti nell’ambito della Comunicazione della Commissione COM 2003/302. Così A. SCIPIONI, La pianificazione e la gestione sostenibile del territorio: la partnership e gli strumenti operativi a disposizione, in A. POSTIGLIONE (a cura di), Economia e ambiente: profili economici, giuridici e sociali dello sviluppo sostenibile in Italia, Atti del convegno tenuto a Verona nel 2008, Milano, 2009, p. 121; e C. ALBERTI, Tutela ambientale, politica sociale e appalti: verso uno sviluppo sostenibile, in www.jus.unitn.it. 21 Su cui vds. oltre, par. 2. 22 G. FAILLA, op. loc. cit. 23 M. CAFAGNO, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente cit., p. 410 24 Commissione Europea, Acquistare verde. Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili, Lussemburgo, 2005, in www.europa.eu.int. 25 L’appalto, quale istituto giuridico a natura prettamente economica, è definito dall’art. 3, c. 6, d.lgs. 163/2006 come “il contratto a titolo oneroso, avente ad oggetto l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi”. 26 G. FIDONE, op. ult. cit. 27 “Incidendo in modo strutturale sulle azioni e le sclete degli operatori economici”, così G. FAILLA, op. loc. cit. M. OCCHIENA, Norme di gestione ambientale, in M.A. SANDULLI, R. DE NICTOLIS, R. GAROFOLI (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, II, 1465 ss.: “ […] acquistando dal mercato verde le amministrazioni finirebbero non solo con lo sviluppare la circolazione dei beni e servizi ecocompatibili o a basso impatto ambientale, ma anche con l'incentivare la produzione verde, orientando e modificando i cicli produttivi delle imprese”. Nello stesso senso G. BELLOMO, Il Green Public Procurement nell'ordinamento multilivello ambientale, in Diritto Pubblico Comparato Europeo, 2008, 2, p. 940 ss.: “Con l’adozione dei GPP, le Pubbliche Amministrazioni modificano i propri stili di consumo e di conseguenza forniscono al mercato un forte stimolo verso il cambiamento dei modi di produzione. Se, infatti, 6 Nelle righe che seguono, ricostruito il contesto normativo – al presente dominato dalla recente direttiva 2014/24, si delineeranno i confini dell’istituto, esaltandone il versante attuativo e valorizzando le “legittime” e concrete possibilità d’inserimento del profilo ambientale nelle diverse fasi della procedura d’appalto. L’intera riflessione sarà attraversata dall’intento di ricercare quel difficile, ma necessario bilanciamento tra valori che il principio dello sviluppo sostenibile esprime. A questo il potere dell’amministrazione è preordinato e da questo dipende la stessa diffusione di tale strumento ancora, troppo spesso, assestato a livello normativo e di dichiarazione d’intenti, come riprovano anche i diversi interventi del legislatore sul tema. 2.) Il contesto: l’influenza comunitaria e il diritto interno - L’evoluzione delle normative in materia di appalti pubblici verso l’integrazione di aspetti ambientali ha preso avvio su impulso del legislatore comunitario. È in questa sede, innanzitutto, che l’ambiente, attraverso l’affermazione del principio di integrazione28, è divenuto variabile necessaria della crescita economica, ovvero “valore” di rango pari ad altri interessi considerati meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento29, anche nel settore degli appalti30. […] gli appalti delle pubbliche amministrazioni aumentano la domanda globale di beni a basso impatto ambientale, le imprese saranno incentivate, nel medio-lungo periodo, a introdurre innovazioni (tecnologiche, gestionali, organizzative, ecc.) che consentano di produrre tali beni a costi più bassi; si metterebbe così in moto un circolo virtuoso poiché le imprese che producono i beni con alto impatto ambientale, vendendo meno e perdendo quote di mercato a favore delle imprese verdi a mano a mano che queste riescono a ridurre i costi di produzione, abbandonano un po' alla volta quei mercati per convertirsi alla realizzazione dei beni a più basso impatto ambientale”. 28 Il suddetto principio, espressivo della necessità di “integrare” la politica ambientale con le altre politiche europee, ha assunto particolare rilievo confluendo dall’art. 6 del Trattato di Amsterdam all’articolo 11 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, dove si afferma: “le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Anche la Carta di Nizza all’articolo 37 ha ribadito che “un elevato livello di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile”. Come osserva, L. KRAMER, Manuale di diritto comunitario per l'ambiente, Milano, 2002, p. 90, il nucleo centrale del principio di integrazione va ricercato nella considerazione in base alla quale la politica ambientale comunitaria non va letta in chiave “isolata” ma ha carattere “trasversale”, nel senso che anche le altre politiche, direttamente o indirettamente, hanno effetti sull’ambiente. In senso analogo, G. GARZIA, Bandi di gara per appalti pubblici è ammissibilità delle clausole «ecologiche», in Foro amm.-CDS, 2003, XII, p. 3515. 29 Particolare attenzione meritano i rapporti col valore della concorrenza. Come evidenziato anche dalla giurisprudenza comunitaria – vds. ex multis Corte di Giustizia, 4/12/2003, n. 448, sez VI; Corte di Giustizia CE 14/7/1998, (C-284/95) e (C-341/95); 18/10/2001 (C-19/00) – la tutela dell’ambiente attraverso l’inserimento di un “elemento verde” nelle procedure d’appalto non comporta l’automatica prevalenza di tale materia a discapito delle altre politiche comunitarie, ma rende necessario un bilanciamento degli interessi e dei valori in gioco, in particolare con gli altri 7 I primi interventi del legislatore comunitario in materia risalgono agli anni ’70, quando con le direttive 71/305 e 77/6231, venne introdotta una disciplina essenzialmente “centrata sul perseguimento di obiettivi di natura economica”32. L’assenza di qualunque riferimento all’elemento ambientale lasciava intendere che l’unico obiettivo fosse la “realizzazione del mercato unico europeo”33 e la garanzia “valori costituzionali” – su cui vds. S. GRASSI, Ambiente e diritti del cittadino, in Scritti in onore di Guarino, II, Padova, 1998, p. 506. La stessa Corte di Giustizia, 4/12/2003, n. 448, sez. VI ribadiva che “restrizioni ai diritti tutelati dall’ordinamento comunitario possono essere poste a condizione che tali restrizioni rispondano effettivamente a obiettivi di interesse generale e non costituiscano, rispetto lo scopo perseguito da tali restrizioni, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti tutelati. Deve effettuarsi, in tali situazioni, un bilanciamento tra gli interessi di cui si tratta e deve accertarsi, con riferimento a tutte le circostanze di ciascuna fattispecie, sia stato osservato un giusto equilibrio tra tali interessi”. Diversi principi, secondo la Corte, regolano tale equilibrio: “il principio di non discriminazione, di idoneità, proporzionalità e necessità” – su cui vds. DE SEDELEER, Environmental principales, Oxford, 2002, p. 292 – da considerare criteri immediatamente discendenti dal principio di integrazione delle politiche. Sul punto, vds. oltre. 30 Da un punto di vista storico, l’attenzione del legislatore sovranazionale per le tematiche ambientali è piuttosto recente. Rimandando a quanto detto precedentemente – vds. retro, par. 1, spec. nota 5 – si precisa che “la prospettiva ecologica nellapproccio al mercato a livello europeo trova spazio nelle Agende 21 locali”, un programma di azione ambientale che trova origine nella Dichiarazione di Rio de Janeiro del 1992, volta allo “sviluppo equo per tutti gli esseri umani, comprese le generazioni future, conservando al contempo l'integrità dell'ambiente mondiale” e fondato, in particolare, sul Capitolo 28 dedicato alla promozione di strategie comuni di sostenibilità definite congiuntamente dalle amministrazioni locali, dalle imprese, dalle associazioni e dalla comunità territoriale. Gli obiettivi fondamentali di tali programmi sono la valutazione dei costi ambientali delle decisioni dei produttori e dei consumatori; il ricorso a principi economici per incoraggiare la creazione di nuove fasce di mercato e aree di lavoro nei settori del controllo ambientale e della tutela e gestione delle risorse naturali; la dinamica dei prezzi da correlare alla penuria dei beni naturali e al loro effettivo valore. Sul punto, si può anche ricordare che nel 1994, alla Conferenza delle città europee per uno sviluppo durevole e sostenibile di Aalborg (Danimarca), fu firmata la Carta di Aalborg, attraverso la quale le amministrazioni e gli organismi internazionali firmatari si impegnavano ad attuare l’Agenda 21. 31 Si tratta della direttiva del Consiglio 26 luglio 1971 n. 71/305/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici, in G.U.C.E., 16 agosto 1971 n. 185; Direttiva 21 dicembre 1976 n. 77/62/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, in G.U.C.E., 15 gennaio 1977 n. L13. Sul sistema delineato da tali direttive e dalle successive, precedentemente alle n. 2004/17/CE e 2004/18/CE, si veda G. MORBIDELLI, M. ZOPPOLATO, Appalti pubblici, in M.P. CHITI, G. GRECO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, 1998, 213 ss.; F. LAURIA, I pubblici appalti: disciplina comunitaria e giurisprudenza italiana, Milano, 1998. 32 “Finalizzata a garantire la parità di condizioni tra le imprese partecipanti alla gara e ad assicurare procedure di aggiudicazione trasparenti, non discriminatorie, e accessibili” - G. FIDONE, op. loc. cit. La disciplina comunitaria sugli appalti pubblici elaborata a partire dagli anni settanta del secolo scorso persegue l’obiettivo di “realizzare l’integrazione economica tra gli Stati membri ed attuare i principi” di libera circolazione dei beni (art. 28 e ss. Tr. Ce), dei servizi (art. 49 e ss. Tr. Ce), dei diritto di stabilimento (art. 43 e ss. Tr. Ce), del principio di non discriminazione e parità di trattamento (art. 12 Tr. Ce). 33 F. SCHIZZEROTTO, op. loc. cit. 8 della piena non discriminazione e concorrenza fra operatori economici. L’inserimento del requisito ambientale nelle singole offerte, infatti, “avrebbe potuto tradursi in maggiori costi da sostenere per il concorrente, comportando34 una sua penalizzazione nella gara, con minore probabilità di divenire aggiudicatario”. Nonostante la crescente attenzione alle istanze ambientali, sulla stessa linea si orientarono le direttive 92/50, 93/36 e 93/37 rispettivamente in materia di appalti pubblici di servizi, forniture e lavori35. E solo nella seconda metà del 1990, si cominciò a prospettare una piena integrazione tra politica economica e ambientale, così riconoscendo l’esigenza di ponderare ragioni produttivo-economiche e ragioni “sociali”36. Fu in quegli anni che si realizzarono i primi importanti passi per connettere la normativa sugli appalti alla tutela ambientale. Alla fine degli anni’ 90, in particolare, quando la Commissione europea adottando il Libro verde su “gli appalti pubblici nell’Unione europea” e, di lì a poco, con identico oggetto, il Libro bianco, riconobbe: “sebbene la legislazione europea in materia di appalti all’epoca vigente non contenga alcun riferimento esplicito all’ambiente, qualora correttamente interpretata, può tradursi in un efficace strumento di difesa ambientale, pur37 senza compromettere la trasparenza della procedura di gara e la parità di trattamento dei partecipanti”38. Analoghe considerazioni vennero successivamente espresse nella Comunicazione interpretativa del 4 luglio 200139, in cui la Commissione pose efficacemente in risalto la molteplicità delle occasioni in cui avrebbe potuto darsi “rilevanza agli interessi ambientali durante l’iter che la pubblica amministrazione deve seguire per concludere un contratto d’appalto”40; ben potendo inserire i fattori ambientali 34 Corsivo mio. Gli stessi obiettivi “di natura economica” perseguiti dalle direttive degli anni ’70 – su cui vds. infra – vennero in seguito richiamati dalle direttive 93/37/CE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori (II considerando), 93/36/CE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture (V considerando), 92/50/CE che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (I, II, IV e V considerando), successivamente modificate dalla direttiva 97/52/CE I “settori esclusi”, invece, erano regolati dalla direttiva 93/38/CE, in seguito modificata dalla direttiva 98/4/CE. 36 Si parla di ragioni sociali in senso ampio ed in corrispondenza all’interesse della collettività al rispetto e alla conservazione dell’ambiente, il quale, significativamente può esser inciso dal prevalere di ragioni economico-produttive, ovvero di contenimento dei costi. 37 Corsivo mio. 38 Vds. p. 44-46 del Libro verde COM (96) 583 def. del 27 novembre 1996 e par. 4 del Libro bianco COM (98) 143 def. 11 marzo 1998. 39 Comunicazione interpretativa COM (2001) 274, su cui A. GRATANI, La tutela dell'ambiente nel diritto comunitario degli appalti pubblici, in Rivista Giuridica dell'Ambiente, 2003, p. 857 e ss. 40 F. SCHIZZEROTTO, op. loc. cit. 35 9 nella determinazione dell’oggetto, nella definizione delle specifiche tecniche, dei requisiti di capacità o idoneità professionale dei candidati41. Dando seguito alle indicazioni della Commissione42 e ad alcune pronunce della Corte di Giustizia43, l’opportunità di inserimento dell’elemento verde nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici venne finalmente accolta anche dal legislatore, con le Direttive 17/2004 e 18/200444. La direttiva 18/2004, in particolare, fu adottata in risposta all’esigenza di “unificazione”45 delle normative sulle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, con l’obiettivo di garantire l’apertura degli stessi alla “concorrenza”46, nel rispetto della necessaria discrezionalità amministrativa nella scelta del contraente47. 41 G. FAILLA, op. cit., p. 45. Tale documento si muove nella cornice della disciplina dei contratti pubblici contenuta nelle direttive comunitarie allora vigenti, che non contenevano alcuna disposizione in materia di tutela ambientale, e non poteva entrare, ovviamente, in contraddizione con le stesse. Precisa infatti la Commissione la propria impossibilità “in un documento di carattere interpretativo come questo, a proporre soluzioni che esulino dall’attuale regime degli appalti pubblici”, anche considerato che “l'interpretazione del diritto comunitario resta di esclusiva competenza della Corte di giustizia”. Su tale base, pur confermando una visione prettamente economicistica della disciplina che regola il settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, la Commissione afferma che “la crescita economica e il mantenimento di un livello accettabile di qualità ambientale non sono necessariamente in contraddizione”. Ancora, viene affermato che il documento si propone “di analizzare e di mettere in luce le possibilità che la legislazione comunitaria vigente offre alle pubbliche autorità di integrare le considerazioni di carattere ambientale nella loro politica degli appalti, e di contribuire in tal modo a uno sviluppo sostenibile”. Ed in questo senso nella comunicazione, d’altra parte, troviamo importanti suggerimenti sull’inserimento del fattore ambientale nelle diverse fasi – su cui vds. diffusamente oltre, par. 3. 42 Non si trascuri che, fra i diversi suggerimenti, la Commissione nel 2003, con la Comunicazione COM 2003/302, invitava gli Stati membri ad adottare dei Piani d’azione nazionali sul Green Public Procurement per assicurarne la massima diffusione. 43 Vds. nota 48 e diffusamente oltre, par. 3. 44 Direttiva 2004/18/CE relativa “al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti di pubblici lavori, di forniture e di servizi nei settori ordinari” (G.U.CE L134 del 30 aprile 2004). Come detto, ad essa si affianca la dir. 2004/17/CE sui “settori esclusi”. Per una recente analisi del contenuto di tali direttive, che sostituiscono le precedenti, si veda D. SPINELLI, Aggiudicazione degli appalti più verde con le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, in Ambiente & Sicurezza, 2004, n. 17, pp. 23-25; G. FIDONE, Principi e disposizioni comuni, in M. CLARICH, Commentario al codice dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2010. 45 G. FIDONE, op. loc. cit. 46 Considerando 2 della direttiva 2004/18/CE che richiama espressamente il rispetto dei principi di fissati nel Trattato, in particolare con il principio di libera circolazione delle merci, di libertà di stabilimento, della libera prestazione di servizi, della parità di trattamento, di non discriminazione, di riconoscimento reciproco, di proporzionalità e di trasparenza. 47 L’amministrazione potrà individuare il contraente secondo diverse procedure, di volta in volta più opportune rispetto all’obiettivo finale della scelta della migliore offerta. 10 In linea con tale aspetto, quello della garanzia della “flessibilità delle procedure di aggiudicazione”48, la direttiva ha riconosciuto, al fine della selezione del contraente da parte della pubblica amministrazione, “per la prima volta esplicitamente49 la possibilità degli enti aggiudicatori di prendere in considerazione fattori di ordine non economico, tra i quali quelli volti alla tutela dell’ambiente”50. Ha offerto, così, la possibilità di “integrare” la dimensione ambientale fra le variabili di valutazione della “migliore” offerta, inserendola “nel contesto della tutela della concorrenza”. E ha stabilito un collegamento ed un “doveroso” bilanciamento tra “efficienza economica e tutela ambientale”; avviando un percorso di valorizzazione della variabile “ambiente” attraverso “l’utilizzo degli stessi meccanismi del mercato concorrenziale” per la promozione delle politiche di sostenibilità ambientale”51. Ulteriore e più recente conferma si rinviene nel testo della direttiva 2014/24 in materia di appalti pubblici, approvata lo scorso 26 febbraio e di prossimo 48 G. FIDONE, op. loc. cit., il quale considera la garanzia della “flessibilità delle procedure di aggiudicazione” un elemento “perfettamente compatibile con l'obbiettivo dell'apertura alla concorrenza, a ben vedere, un corollario”. Sul tema vds. G.D. COMPORTI, Introduzione: dal potere discrezionale alle scelte negoziali, in G.D. COMPORTI, Le gare pubbliche: il futuro di un modello, Editoriale Scientifica, Napoli, 2011; M. CAFAGNO, Lo Stato banditore, Giuffrè, Milano, 2001; L. PARISIO, Meccanismi d'asta, Carocci, Roma, 1999. 49 Al Considerando 1 della direttiva 18 è affermata la “possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di soddisfare le esigenze del pubblico interesse, tra l'altro in materia ambientale e sociale, purché tali criteri siano collegati all'oggetto dell'appalto, non conferiscano all'amministrazione aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta, siano espressamente menzionati e rispettino i principi fondamentali di cui al considerando 22”; al Considerando 5, oltre ad essere richiamato il principio di integrazione – su cui vds. infra, è ribadito che “la presente direttiva chiarisce in che modo le amministrazioni aggiudicatrici possono contribuire alla tutela dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile garantendo loro al tempo stesso di poter ottenere per i loro appalti il miglior rapporto qualità/prezzo”. Analogo tenore al Considerando 12 della direttiva 17. Sul punto, vds. M. OCCHIENA, Norme di gestione ambientale, cit., 1471: “[…] nei preamboli è illustrata la filosofia di fondo delle due direttive per introdurre il green public procurement nella disciplina comunitaria: le amministrazioni potranno richiedere l’applicazione di misure o sistemi di gestione ambientale nei casi appropriati, ossia “tutte le volte in cui l’applicazione di misure o sistemi di gestione ambientale durante l’esecuzione dell'appalto pubblico è giustificata dalla natura dei lavori e/o dei servizi”. 50 G. FIDONE, op. loc. cit., per il quale “la scelta è coerente con la linea della maggior flessibilità delle procedure di aggiudicazione nelle quali è riconosciuta ampia discrezionalità alle stazioni appaltanti di procedere a valutazioni che non si traducano in apprezzamenti solo quantitativi”. La flessibilità delle procedure e la discrezionalità dell’amministrazione sono aspetti venuti in rilievo in particolare nell’ultimo periodo alla luce dell’esigenza di una revisione delle direttive appalti, in cui l’ambiente assume un ruolo centrale – vds. oltre. 51 G. BELLOMO, Il Green Public Procurement nell'ordinamento multilivello dell'ambiente cit.; M. CAFAGNO, Principi cit.; M. CLARICH, La tutela dell'ambiente attraverso il mercato, cit.; N. LUGARESI, Diritto dell'Ambiente, Cedam, Padova, 2004. 11 recepimento52, dove, riconosciuto il ruolo fondamentale degli appalti pubblici nell’ambito della strategia Europa 2020 - per “una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva”, si afferma la necessità di rivedere la normativa sugli appalti “in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica” e permettere “ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale”53; “in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”54. Tutto quanto è alla base dello strumento degli appalti verdi55. In ambito nazionale, in un momento antecedente al recepimento delle direttive del 2004, realizzato con il decreto legislativo n. 163 del 2006, la normativa appariva frammentaria e disorganica. Si ebbe un primo tentativo di razionalizzazione con la legge n. 86 del 1989 – la legge comunitaria del 1990, a cui seguirono due importanti atti del CIPE: la delibera del 28 dicembre 1993 “approvazione del piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione della Agenda 21” e la delibera del 21 dicembre 1993 con la quale si approvava il “Programma triennale 1994-1996 per la tutela dell’ambiente”. Alla fine degli anni ‘90 furono approvati una serie di provvedimenti legislativi, le cui norme, pur connesse al “Green Public 52 Il 28 marzo 2014 sono state pubblicate le tre nuove direttive europee in materia di contratti pubblici, il cui recepimento da parte degli Stati membri è previsto entro il 18 aprile 2016 – reperibili in www.eur-lex.it. La direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici e la direttiva 2014/25/UE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, modificano e sostituiscono, rispettivamente, la direttiva 2004/18/CE e la direttiva 2004/17/CE, allo scopo di realizzare la semplificazione delle procedure, nonché avvicinare la disciplina dei settori “speciali” a quella dei settori classici. A queste si accompagna la direttiva 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, che va a disciplinare un importante ambito finora oggetto di parziale regolazione. 53 È quanto richiamato al considerando 2 della direttiva in cui, appunto, si definiscono gli appalti pubblici “uno degli strumenti basati sul mercato necessari alla realizzazione di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva” e si afferma letteralmente l’esigenza di adeguare “la normativa sugli appalti adottata ai sensi della direttiva 2004/17/CE e della direttiva 2004/18/CE in modo da accrescere l’efficienza della spesa pubblica, facilitando in particolare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici e permettendo ai committenti di farne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale”. D’altra parte, come si riconosce al considerando 95, “Tenuto conto delle sensibili differenze tra i singoli settori e mercati, non sarebbe tuttavia opportuno fissare requisiti obbligatori generali per gli appalti in materia ambientale, sociale e di innovazione, […] lasciando che sia la normativa settoriale specifica a fissare obiettivi e prospettive vincolanti in funzione delle particolari politiche e condizioni vigenti nel settore pertinente, e promuovere lo sviluppo e l’utilizzazione di un approccio a livello europeo per il calcolo dei costi del ciclo di vita in modo da favorire ulteriormente il ricorso agli appalti pubblici a sostegno di una crescita sostenibile” – su cui vds. oltre, par. 4. 54 Come si legge al considerando 91, “La presente direttiva chiarisce in che modo le amministrazioni aggiudicatrici possono contribuire alla tutela dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile, garantendo loro la possibilità di ottenere per i loro appalti il migliore rapporto qualità/prezzo”. 55 G. COCCO, Nuovi principi e l’attuazione della tutela ambientale tra diritto comunitario e diritto interno, in Riv. Giur. ambiente, 1999, II, p. 1. 12 Procurement”, si mostrarono comunque frammentarie e a carattere settoriale, “non riferibili ad un complessivo disegno di politica ambientale”56. Solo nel 2006, come si accennava, con il Codice dei contratti pubblici, il d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, la “cura ambientale ha fatto il suo ingresso ufficiale” nella normativa nazionale sugli appalti pubblici57. Il complesso normativo, che ha rappresentato il tentativo di ricondurre ad “unitarietà” la materia nel settore degli appalti, anche “attraverso il recepimento fedele delle istanze verdi contenute nelle direttive”58, si occupa degli appalti ecocompatibili in numerose norme59, per altro fornendo in alcuni passaggi “input più vigorosi di quelli di matrice comunitaria”60. Superando la più datata concezione della disciplina della contrattualistica pubblica, improntata esclusivamente su ragioni economicistiche, prevalentemente legate al conseguimento del risparmio di spesa della pubblica amministrazione, il legislatore interno riconosce quella necessaria “integrazione fra politiche” sulla linea già tracciata dal legislatore comunitario61; che l’amministrazione assume come regola dell’esercizio del potere discrezionale secondo la logica del bilanciamento degli interessi che ne sono alla base; e che il mercato interiorizza per la piena realizzazione di uno sviluppo sostenibile. All’articolo 2 del Codice, relativo ai principi generali, dopo aver richiamato la necessità di garantire “la 56 M. FIESCHI, Le forniture verdi in Italia, in Il Sole 24ore, Roma, 2004. Si tratta della legge n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, della legge n. 394 del 1991 sulle aree protette, della legge n. 36 del 1994 sulla tutela e l’uso delle risorse idriche; ancora, del decreto legislativo n. 22 del 1997 in tema di rifiuti che, all’art. 3 quater (introdotto dal d.lgs. 4/2008), impone la finalizzazione dell’attività della pubblica amministrazione “alla migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile”; del decreto ministeriale 27 marzo 1998 che, all’articolo 5, stabilisce che le amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli altri enti locali nonché gli enti e i gestori pubblici o privati di servizi pubblici o pubblica utilità all’atto di sostituire i veicoli in loro dotazione rientranti nelle categorie indicate dall’articolo medesimo, coprano il 50% dei nuovi acquisti con veicoli a basse emissioni inquinanti; della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) che, all’articolo 52, prevede che le stesse amministrazioni di cui all’articolo 5 del D.M. del 27 marzo 1998 riservino nell’acquisto di pneumatici per le loro flotte di automezzi una quota pari almeno al 20% del totale a “pneumatici ricostruiti”. F. SCHIZZEROTTO, op. loc. cit., evidenzia come l’impianto normativo interno si caratterizzasse rispetto alla normativa europea per esiguità, erraticità ed assenza di […] sistematicità. In particolare, “le norme interne non si limitano ad incentivare il ricorso da parte delle amministrazioni pubbliche al “Green Public Procurement”, ma “impongono alle stesse di acquistare una quantità minima di prodotti o servizi con caratteristiche ecocompatibili, ingenerando così sospetti di incompatibilità con le direttive comunitarie sugli appalti e in generale con i principi del Trattato in materia di libera concorrenza” e di “contrasto con i principi costituzionali di imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione”. 57 G. MASTRODONATO, Gli strumenti privatistici nella tutela amministrativa dell’ambiente, in Riv. Giur. ambiente, 2010, V, p. 707 e ss. Sul punto vds. oltre, par. 3. 58 G. FIDONE, op. loc. cit. 59 Si vedano ex multis gli artt. 2, 64, 68, 69, 53, 83 – di cui oltre, par. 3. 60 A. MASSARI, Nuova linfa agli appalti verdi nel collegato alla legge di stabilità, in App. e contratti, 2013, 11, p. 2-3. 61 Vds. sopra, note 29 e ss. 13 qualità delle prestazioni oggetto del contratto” e lo svolgimento delle procedure di aggiudicazione secondo “i principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”62, prevede che “il principio di economicità possa esser subordinato, entro i limiti in cui sia espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri indicati dal bando ispirati a esigenze sociali, nonché alla tutela della salute e dell’ambiente e alla promozione dello sviluppo sostenibile”63. L’ambiente è, così, oggetto di una nuova considerazione: non più limite all’iniziativa economica64, ma esigenza di interesse pubblico da bilanciare e integrare con le logiche economicisitiche della libera concorrenza; “valore” che deve caratterizzare la disciplina degli appalti pubblici, quali strumenti “essenziali per promuovere l’innovazione, che è di primaria importanza per la futura crescita in Europa”65. Anche i successivi interventi normativi ne hanno dato conferma66. Non ultimo il disegno di legge in materia ambientale, collegato alla legge di stabilità 201467, il cui Titolo IV introduce disposizioni relative al green public procurement. 62 È importante ricordare che tali principi, desumibili anche dall’art. 97 della Costituzione, sono riferiti dallo stesso art. 2 del d.lgs. 163/2006, tanto alla fase della aggiudicazione quanto alla fase dell’esecuzione del contratto. Trovano, dunque, applicazione oltre la fase pubblicistica dell’aggiudicazione del contratto ed investono anche quella privatistica della sua esecuzione. Lo stesso articolo 2 prevede, d’altra parte, un secondo gruppo di principi, di derivazione comunitaria, che governano la sola fase dell'aggiudicazione del contratto. Sul tema, diffusamente, R.E. IANIGRO, Commento all’art. 2, in R. GAROFOLI, G. DE LISE, Codice degli appalti pubblici e nuova direttiva ricorsi. Tomo I, Nel diritto Editore, Roma, 2009, 17; G. FIDONE, Principi e disposizioni comuni, in M. CLARICH, Commentario al codice dei contratti pubblici, Giappichelli, Torino, 2010. 63 M. OCCHIENA, Norme di gestione ambientale, cit., 1465, precisa: “il codice segna una tappa importante nella tutela dell’ambiente. Infatti, in applicazione delle indicazioni comunitarie […] il legislatore delegato ha tentato nel codice di integrare la disciplina dell'evidenza pubblica con la difesa dell'ecosistema”. 64 G. MASTRODONATO, op. loc. cit. 65 Considerando 95, direttiva 2014/24 cit. 66 Si ricorda, in particolare, accanto all’art. 1, c. 1126, della legge 296/2006 che finanziava l’attuazione di un “Piano d’azione per la sostenibilità ambientale di consumi nel settore della p.a.”, il decreto del Ministero dell’ambiente n. 135 dell’11 aprile 2008 (revisionato con d.m. del 10 aprile 2013) di concerto con Consip, con il Ministero dell’economia e con il Ministero dello sviluppo economico, dopo il confronto con le parti economiche e sociali, con cui è stato approvato il Piano di azione nazionale sul Green public procurement. Quest’ultimo, da intendersi come misura di razionalizzazione della spesa pubblica, invita tutte le pubbliche amministrazioni ad introdurre una stabile politica di Green public procurement, basata sul coinvolgimento di regioni, province e comuni e prevede che con appositi decreti siano definiti, per categorie merceologiche, gli obiettivi di sostenibilità ambientale da raggiungere per gli acquisti, così come definiti dal Piano, ovvero i “criteri ambientali minimi” per diverse categorie di prodotto. 67 Disegno di legge 2093, “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo delle risorse”, presentato il 12 febbraio 2014 alla Camera dei Deputati, reperibile in www.astrid-online.it. 14 3.) Qualificare una procedura d’appalto “verde”. - Nel disegno del legislatore nazionale, l’introduzione dell’elemento verde all’interno di una procedura di gara assume rilevanza tanto sotto il profilo della tutela ambientale quanto dal punto di vista economico, in quanto fattore determinante per il rilancio della crescita economica del Paese. In questa prospettiva, l'elemento verde dovrebbe esser valorizzato in tutte le fasi della procedura di acquisto, secondo quanto riconosciuto originariamente a livello europeo. La prima occasione per tenere conto del requisito ambientale viene individuata nel momento della scelta dell’oggetto dell’appalto68. In questa fase le stazioni appaltanti godono di un’ampia discrezionalità69 nella valutazione dell'elemento ambientale70, non dovendo sottostare a disposizioni a carattere obbligatorio di matrice comunitaria in merito alla scelta dell’oggetto del contratto pubblico. Gli enti aggiudicatori sono, pertanto, “liberi” di definire l’oggetto dell’appalto nel modo in cui essi ritengono maggiormente rispondente agli obiettivi da perseguire. Tuttavia l'inserimento della variabile ambientale “non deve comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura della procedura di gara alla massima concorrenza, con la conseguenza che i suddetti criteri devono trovare una chiara ed espressa menzione nel capitolato d’appalto o nel bando di gara, se possibile nell’ordine decrescente dell’importanza loro attribuita, affinché gli imprenditori siano posti in grado di conoscere la loro esistenza e la loro portata71”. Sia il legislatore comunitario che quello nazionale individuano nel bando di gara (di cui all’art. 64 d.lgs. 163/2006) il primo reale approccio dell’amministrazione 68 C. MIRABELLI, Dei singoli contratti, p. 396 Per oggetto del contratto (art. 53) si intende il contenuto della prestazione dell'appaltatore: il bene determinato o il servizio che l'attività dell'appaltatore deve produrre o conferire nel caso specifico. Nel codice dei contratti pubblici tale previsione è contenuta nell'art. 11 comma 2 con il quale è stata generalizzata la previsione di cui all'art. 192 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e s.m.i. ove è previsto che "La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa indicante a) il fine che con il contratto si intende perseguire; b) l'oggetto del contratto, la sia forma e le clausole ritenute essenziali; c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le ragioni che ne sono alla base". 69 Secondo quanto previsto dall'art. 2, comma undici, la stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento indicante a) il fine che con il contratto si intende perseguire; b) l'oggetto del contratto, la sua forma e la clausole ritenute essenziali; c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti. 70 Comunicazione interpretativa COM (2001) 274. La possibilità di prendere in considerazione l'elemento ambientale differisce a seconda della tipologia di appalto. Negli appalti di lavori, i quali comprendono non solo l'opera finale ma anche la progettazione e l'esecuzione dei lavori, la fase della progettazione offre maggiore possibilità di tenere conto delle esigenze ambientali. Gli appalti di servizi comportano la possibilità di prevedere determinate modalità di esecuzione. Gli appalti di forniture, al contrario, offrono minori possibilità di valutazione in merito all'elemento ambientale, limitandosi a considerarlo soltanto nella fase della scelta della fornitura. 71 M. CALABRÒ, Le certificazioni di qualità ambientale di prodotto quali fattori di competitività per il made in Italy, in Foro amm. TAR, 2009, 9, p. 2639. 15 aggiudicatrice con il mercato, in cui si porta a conoscenza la “volontà” di aggiudicare un appalto. In esso sono contenuti tutti gli elementi prescritti dal legislatore ed è, quindi, prevista la possibilità di menzionare le clausole ecologiche, in ossequio ai principi di pubblicità e trasparenza72. Il problema oggetto di attenzione giurisprudenziale73, in precedenza centrato sull’astratta possibilità di inserire nei bandi di gara le clausole ecologiche, verte sull’esigenza di definire in che termini e secondo quali modalità ciò sia possibile74. Fondamentale importanza viene attribuita all’esistenza di un collegamento funzionale tra le clausole ecologiche e l'oggetto del contratto75. A livello nazionale il concetto di “collegamento” è stato recepito utilizzando quello di “pertinenza”: ai sensi dell'art. 83, 1° comma, del d.lgs. n. 163 del 2006, infatti, “quando il contratto è affidato con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell'offerta, pertinenti alla natura, all'oggetto e alle caratteristiche del contratto”76. La predetta “pertinenza” si riferisce, pertanto, nel caso della norma nazionale, non solo all’oggetto del contratto, ma anche alla sua natura ed alle sue caratteristiche. 72 C. Giust. Ce 10 aprile 2003, cit., (punto 60). C. Giust. Ce 18 ottobre 2001 (causa C-19/00), in http://curia.eu.int/ (punto 32); sentenza Concordia Bus Finland (punto 58). 74 G. GARZIA, op. loc. cit. 75 Il concetto è recepito dalle direttive comunitarie n. 2004/17/CE e 2004/18/CE le quali nel disciplinare i criteri di aggiudicazione degli appalti dispongono in relazione a quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa che i criteri di valutazione debbano essere appunto collegati con l'oggetto del contratto in questione, esemplificati in ragione della seguente elencazione: i termini di consegna o di esecuzione, il costo di utilizzazione, l'economicità, la redditività, la qualità, il carattere estetico e funzionale e le caratteristiche ambientali, il pregio tecnico, il servizio post vendita e l'assistenza tecnica, l'impegno in materia di pezzi di ricambio, la sicurezza di approvvigionamento e i prezzi. 76 La norma è degna di particolare attenzione, in considerazione della modifica prevista con il disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014, “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”. Come si legge nella relazione illustrativa, l’art. 13 “Disposizioni per agevolare il ricorso agli appalti verdi”, al 2° comma, mira a introdurre tra i criteri ambientali di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per i contratti aventi ad oggetto beni e servizi, anche il criterio per il quale le prestazioni oggetto del contratto siano dotate di marchio Ecolabel, mentre al 3° e al 4° comma sono introdotti tra i criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa il criterio del costo del ciclo di vita dell’opera, prodotto o servizio; criterio per altro previsto dall’art. 67 della nuova direttiva comunitaria sugli appalti pubblici. Sempre nel disegno di legge collegato alla legge di stabilità 2014, “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, si rinviene al 1° comme dell’art. 13 “Disposizioni per agevolare il ricorso agli appalti verdi”, una valorizzazione dei titoli di registrazione Emas (che certifica la qualità ambientale dell’organizzazione aziendale) o di marchio Ecolabel (che certifica la qualità ecologica di prodotti, comprensivi di beni e servizi), prevedendo per gli operatori economici che partecipano ad appalti pubblici e che ne siano muniti incentivi di natura economica basati sulla riduzione percentuale della cauzione a corredo dell’offerta ai sensi dell'art. 75, comma 7, del Dlgs. 163/2006. 73 16 Tra le condizioni della “legittima” apposizione della clausola ecologica77 vi sono quelle della non discriminatorietà e della proporzionalità: considerato che la clausola viene ad incidere in senso limitativo sulla libera circolazione dei servizi e delle merci, da un lato, non potrà eccedere le restrizioni ritenute inevitabili in funzione dello specifico scopo di tutela ambientale in concreto perseguito, dall'altro, dovrà comunque essere idonea al perseguimento del suddetto scopo78. Tali limitazioni si rendono necessarie in quanto, pur essendo un “obiettivo essenziale della Comunità”, la tutela dell'ambiente non può determinare l’irrilevanza degli altri beni ed interessi79 con esso contrastanti, primo tra tutti quello delle libertà economiche80. Per quanto riguarda la procedura di gara, la comunicazione81 della Commissione europea poneva in rilievo il ruolo delle specifiche tecniche quale momento che consente di valorizzare maggiormente le considerazioni ambientali. Esse “definiscono in modo obiettivo82 e misurabile le caratteristiche dell’oggetto del contratto e hanno, quindi, necessariamente un rapporto diretto con lo stesso”83. 77 Sentenza Concordia Bus Finland in http://curia.eu.int/. DE SEDELEER, Enviromental principles, Oxford, 2002, 292 ss. 79 Si veda G. GARZIA, Bandi di gara per appalti pubblici e ammissibilità delle clausole c.d. ecologiche, in Foro amm. CDS 2003, XII, 3515 secondo cui "la tutela ambientale deve essere opportunamente integrata con altre politiche comunitarie, in conseguenza delle modifiche dell'art. 6 introdotte da Trattato di Amsterdam e poi con l'approvazione della Carta di Nizza, la quale, all'art.37 ribadisce che un elevato livello di tutela dell'ambiente e il miglioramento delle sue qualità devono essere integrati nelle politiche dell'Unione Europea e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile". 80 Vds. infra. 81 Comunicazione interpretativa COM (2001) 274, cit., per determinate specifiche tecniche idonee a tutelare l'ambiente, la Comunicazione consiglia sia di ricorrere a criteri adottati per l'assegnazione di marchi ecologici sia di consentire la presentazione di varianti. Tale orientamento della Commissione ha ricevuto veste legislativa con l'adozione della Direttiva 2004/18 CE la quale stabilisce che le amministrazioni sono legittimate a definire specifiche tecniche facendo ricorso ai criteri utilizzati per le eco-etichettature, così che i materiali, i prodotti o i servizi relativi all'appalto siano ecocompatibili; richiedere che gli operatori economici dimostrino, in determinati casi, di essere in possesso di capacità tecniche adeguate all'appalto mediante la prova dell'iscrizione ad un sistema di gestione ambientale (cfr. considerando 44, art. 48, par. 2, lett. f, e art. 50); escludere dalla gara i concorrenti nei cui confronti sia stata accertata (con sentenza passata in giudicato o con decisione equivalente) la violazione di norme ambientali, qualora la legislazione nazionale qualifichi tale violazione come un reato che incide sulla moralità professionale dell'autore o come una grave colpa professionale (considerando 43); utilizzare criteri di aggiudicazione ambientali nell'eventualità in cui sia stato scelto il metodo dell'offerta economicamente più vantaggiosa e nei limiti tracciati dalla Corte di Giustizia nelle sue sentenze (cfr. art. 53, considerando 1); esigere condizioni di esecuzione dell'appalto volte a tutelare l'ambiente, purché compatibili con il diritto comunitario ed espressamente indicate nel bando di gara o nel capitolato d'oneri (cfr. art. 26). 82 Le direttive vietano di menzionare nelle specifiche tecniche prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza ovvero ottenuti mediante un particolare procedimento e che abbiano l'effetto di favorire o escludere determinati fornitori o prodotti. In particolare, l'indicazione di marchi, brevetti o tipi, ovvero l'indicazione di un'origine o di una produzione determinate è 78 17 L'art. 23, comma 3, lett.-b) della direttiva 18/2004, privo del carattere della obbligatorietà, prevede che le specifiche tecniche siano dettate in termini di prestazione o di requisiti funzionali84, ben potendo includere caratteristiche ambientali o fare riferimento alle ecoetichette85. Il legislatore nazionale recepisce le indicazioni comunitarie nell'art. 68 d.lgs. 163/200686, in cui definisce le specifiche tecniche quale strumento attraverso il quale la normativa comunitaria e nazionale concepisce e garantisce la libera concorrenza nel e del mercato e la leale concorrenza tra i competitori87. L'importanza delle specifiche tecniche all'interno dell'iter procedurale è tale che in fase di redazione della Legge di stabilità per il 2014 il Legislatore ha proposto l'obbligatorietà dell'inserimento negli appalti di lavori, servizi e forniture dell'elemento verde, non più limitato soltanto ad alcune tipologie di beni e servizi ma esteso alla generalità degli acquisti della pubblica amministrazione al fine di rendere la legislazione nazionale conforme agli obiettivi europei. Le stazioni appaltanti, peraltro, “quando prescrivono caratteristiche ambientali in termini di prestazioni o di requisiti funzionali” possono utilizzare le specifiche dettagliate o, all'occorrenza, parti di queste, “quali eco-etichettature88 europee (multi)nazionali o qualsiasi altra eco etichettatura”89. Inoltre il DDL collegato alla autorizzata solo quando non sia possibile fornire una descrizione dell'oggetto dell'appalto mediante specifiche sufficientemente precise e comprensibili per tutti gli interessati. Tale indicazione dev'essere sempre accompagnata dalla menzione “o equivalente” nei casi in cui le direttive consentono questa eccezione. 83 V. Comunicazione interpretativa COM (2001) 274. Si veda M. CALABRÒ, op. loc. cit. La stessa giurisprudenza, ha specificato che la loro introduzione all'interno di un bando di gara è da considerarsi legittima a condizione che attengano all'oggetto dell'appalto e siano espressamente menzionati nel bando di gara in modo da evitare una eccessiva libertà di scelta in capo all'amministrazione aggiudicatrice e nel rispetto dei principi fondamentali del diritto comunitario. 84 G. FIDONE, op. loc. cit. 85 Considerando 29 Direttiva 2004/18 CE. 86 Art. 68 comma 1 d.lgs. 163/2006: [...] Ogniqualvolta sia possibile dette specifiche tecniche devono essere definite in modo da tenere conto dei criteri di accessibilità per i soggetti disabili, di una progettazione adeguata per tutti gli utenti, della tutela ambientale. 87 S. TOSCHEI, in Codice dei contratti pubblici annottato con dottrina e giurisprudenza, sub art. 68, a cura di A. MAGGIO - G. STERI, 2010, p. 512. 88 Art. 68 comma 9 dlgs. 163/2006. Si tratta delle etichette verdi, che sono utilizzabili quando ricorrano le condizioni previste dalla medesima norma, ovvero «a) esse siano appropriate alla definizione delle caratteristiche delle forniture o delle prestazioni oggetto dell'appalto; b) i requisiti per l'etichettatura siano elaborati sulla scorta di informazioni scientifiche; c) le ecoetichettature siano adottate mediante un processo al quale possano partecipare tutte le parti interessate, quali gli enti governativi, i consumatori, i produttori, i distributori e le organizzazioni ambientali; d) siano accessibili a tutte le parti interessate». 89 Tale possibilità è sottoposta a condizioni in quanto tali specifiche devono essere appropriate alla definizione delle caratteristiche delle forniture o delle prestazioni oggetto dell'appalto, i requisiti per l'eco-etichettatura devono essere elaborati sulla scorta delle informazioni scientifiche e devono essere adottate mediante un processo al quale possano partecipare tutte le parti 18 Legge di stabilità del 2014 prevede l'introduzione dell'art. 68 bis concernente l'applicazione dei criteri ambientali minimi nelle procedure di acquisto, espressione di un cambiamento irreversibile nella politica di tutela ambientale. La fattispecie delle specifiche tecniche non può essere analizzata separatamente dalla successiva norma relativa all'esecuzione del contratto (ex art. 69, comma 2, d.lgs. 163/2006) la quale chiarisce che le condizioni di esecuzione possono attenere a esigenze sociali o ambientali90. L'art. 69 attiene alla fase di predisposizione della documentazione di gara prescrivendo il comportamento che l'amministrazione deve tenere nella redazione della lex specialis, in relazione alla fase del bando attinente all'esecuzione del contratto con il fine di orientare il risultato finale dell'intera operazione contrattuale. Così, come nel precedente art. 68 l'amministrazione prevede l'indicazione delle specifiche tecniche nei documenti di gara, nell'art. 69 il legislatore consente alla stazione appaltante di condizionare, anche a fini sociali o ambientali, le modalità di esecuzione del contratto stabilendo metodi che dovranno essere obbligatoriamente rispettati e garantiti dall'appaltatore91. La fase “intermedia” della procedura ad evidenza pubblica è il momento in cui l'amministrazione procede alla valutazione dei candidati; a tal fine, prevedendo ipotesi di esclusione dalla procedura o imponendo agli stessi particolari requisiti di capacità tecnica. In merito al primo profilo, la direttiva 18/2004 consente all'ente nazionale aggiudicatore di prevedere ipotesi di esclusione dalla procedura92. Il diritto interessate, quali gli enti governativi, consumatori, produttori, distributori e organizzazioni ambientali. 90 S. TOSCHEI, in Codice dei contratti pubblici annottato con dottrina e giurisprudenza, sub art. 68, a cura di A. MAGGIO-G. STERI, 2010, p. 516. 91 IDEM, op. loc. cit., tali metodi esecutivi possono attenere anche ad esigenze sociali o ambientali che devono essere espressamente richiamate nei documenti di gara nei quali è necessario giustificarne l'esigenza di salvaguardia attraverso l'imposizione di particolare prescrizioni esecutive. 92 Direttiva 18/2004 CE considerando 43 :"Occorre evitare l'aggiudicazione di appalti pubblici a operatori economici che hanno partecipato a un'organizzazione criminale o che si sono resi colpevoli di corruzione o di frode a danno degli interessi finanziari delle Comunità europee o di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero richiedere, all'occorrenza, ai candidati/offerenti i documenti appropriati e, in caso di dubbi sulla loro situazione personale, potrebbero chiedere la cooperazione delle autorità competenti dello Stato membro interessato. L'esclusione di detti operatori economici dovrebbe intervenire non appena l'amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza di una sentenza relativa a tali reati, emessa conformemente al diritto nazionale e avente un carattere definitivo che le conferisce autorità di cosa giudicata. Se il diritto nazionale contiene disposizioni in tal senso, il mancato rispetto della normativa ambientale o di quella degli appalti pubblici in materia di accordi illeciti, che sia stato oggetto di una sentenza definitiva o di una decisione avente effetti equivalenti, può essere considerato un reato che incide sulla moralità professionale dell'operatore economico o come una colpa grave". 19 nazionale recepisce tale indicazione nell'art. 38 d.lgs. 163/2006 stabilendo quali l’ esclusione del candidato che sia stato condannato con sentenza passata in giudicato o altro provvedimento del giudice penale equiparato per “reati gravi” e che “incidono sulla moralità professionale”. Pertanto la dottrina93 si è interrogata sulla possibilità di ricomprendere all'interno di suddette locuzioni la condanna attinente a reati ambientali; essi potrebbero essere ricondotti tra i reati che incidono sulla moralità professionale e quindi comportare l'esclusione dalle gare, tuttavia la valutazione della reale incidenza sulla moralità professionale è rimessa alle amministrazioni appaltanti e deve essere adeguatamente motivata94. Relativamente al secondo profilo, le indicazioni comunitarie95 sono state recepite nell'art. 42, comma 1, lett. f) da leggersi unitamente all'art. 44 dello stesso Codice rubricato “norme di gestione ambientale”. Il primo prende in considerazione i requisiti soggettivi relativi alla capacità tecnico-professionale che devono possedere i concorrenti e che rilevano ai fini dell'ammissione alla gara. La dimostrazione di tali capacità può essere fornita anche attraverso “l'indicazione delle misure di gestione ambientale che l'operatore potrà applicare durante la realizzazione dell'appalto”96 purché collegati al suo oggetto e nel rispetto del principio di proporzionalità. Le norme di gestione ambientale, menzionate nell'articolo in esame, sono oggetto di una apposita previsione normativa (art.44) la quale costituisce una novità del d.lgs. 163/2004 in quanto introduce in maniera espressa la tutela ambientale nel contesto dei lavori e dei servizi pubblici97. L'utilizzo dei sistemi di gestione ambientale98 consente la valutazione dei requisiti 93 G.L. ROTA E G. RUSCONI, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture 2009; AA.VV., commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori servizi e forniture, a cura di M. SANNINO; R.DE NICTOLIS, a cura di, I contratti pubblici di lavori servizi e forniture, 2011. 94 Cons. St., sez. V, n. 1723/2007; T.A.R. Sardegna, Sez. I, 29 maggio 2009, n. 808; Cons. Stato, sez. V, 28 aprile 2003, n. 2129; Cons. Stato Sez. V, 31/01/2006, n. 349; Cons. St., Sez. V, 31 gennaio 2006, n. 349; Cons. St., Sez. IV, 10 febbraio 2009, n. 740; Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2007 n. 6683. 95 Direttiva 2004/18 CE considerando 44 :"Nei casi appropriati, in cui l'applicazione di misure o sistemi di gestione ambientale durante l'esecuzione dell'appalto pubblico è giustificata dalla natura dei lavori e/o dei servizi, può essere richiesta, l'applicazione di siffatte misure o sistemi. I sistemi di gestione ambientale, indipendentemente dalla loro registrazione conformemente agli strumenti comunitari quale il regolamento (CE) n. 761/2001(17) (EMAS), possono dimostrare la capacità tecnica dell'operatore economico di realizzare l'appalto. Inoltre, deve essere accettata come mezzo di prova, alternativo ai sistemi di gestione ambientale registrati, una descrizione delle misure applicate dall'operatore economico per assicurare lo stesso livello di protezione dell'ambiente". 96 Si vedano gli artt. 40 e 42 del Codice dei Contratti Pubblici. 97 E. VARGIU, in Codice dei contratti pubblici annottato con dottrina e giurisprudenza, 2010, Si precisa che nell'ambito applicativo della norma non rientrano gli appalti di forniture in quanto la normativa ambientale non ha come oggetto il prodotto fatto oggetto di fornitura ma l'intera organizzazione dell'impresa economica interessata alla pubblica commessa. 98 Norme di gestione ambientale più note ISO 14001: è la norma di riferimento per la certificazione del sistema ambientale, tale norma è stata approvata dal Comitato Europeo di 20 tecnici al fine di verificare fino a che punto l'operatore economico sia in grado di rispettare, fare proprie e utilizzare le norme di gestione durante l'esecuzione dell'appalto. La norma non lascia totale discrezionalità all'amministrazione introducendo un limite al suo potere attraverso la locuzione “nei casi appropriati”, così ribadendo il necessario collegamento con l'oggetto dell'appalto e soprattutto con il principio di proporzionalità. La fase conclusiva della procedura ad evidenza pubblica investe la valutazione delle offerte e l'aggiudicazione dell'appalto. La normativa comunitaria99, recepita fedelmente dal codice dei contratti, individua due criteri di aggiudicazione: il prezzo più basso e l'offerta economicamente più vantaggiosa. In merito a quest'ultima modalità di valutazione le direttive stesse individuano alcuni criteri che l'operatore può seguire nella scelta del migliore offerente, quali il prezzo, il termine di consegna o d'esecuzione, costi di gestione, redditività, qualità, caratteristiche estetiche e funzionali dei beni o servizi, servizio postvendita, assistenza tecnica, rendimento, valore tecnico, ma lasciano la possibilità all'amministrazione di prevedere ulteriori criteri quale potrebbe essere, appunto, l'elemento ambientale. Nelle abrogate direttive tuttavia l'elemento ambientale non aveva una propria identità, potendo essere inserito quale criterio di valutazione dell'offerta esclusivamente se dalla sua valutazione fosse derivato un vantaggio di natura economica per l'amministrazione aggiudicatrice. Normazione divenendo norme europee e poi italiane a seguito della loro pubblicazione dall'Ente Nazionale di Unificazione. Le norme non fanno altro che creare e individuare degli standards procedurali che gli operatori economici devono seguire in materia di tutela ambientale. EMAS (Eco Management and Audit Scheme) è stato creato dalla comunità Europea per valutare e migliorare gli standards di tutela ambientale di un operatore economico e di una organizzazione e fornire ai terzi notizie chiare sulle modalità di utilizzo di queste norme di salvaguardia ambientale da parte dell'impresa interessata. 99 Il considerando 46 della direttiva 18 ribadisce che, al fine di garantire la parità di trattamento, i criteri di aggiudicazione devono consentire di raffrontare le offerte e di valutarle in maniera oggettiva. Dentro tale condizione, "criteri di aggiudicazione economici e qualitativi, come quelli relativi al rispetto di requisiti ambientali, possono consentire all'amministrazione aggiudicatrice di rispondere ai bisogni della collettività pubblica interessata, quali espressi nelle specifiche dell'appalto". Il considerando 53 della Direttiva 18 contempla espressamente le "caratteristiche ambientali", tra i criteri per la selezione dell'offerta economicamente più vantaggiosa, purché (come per espressamente detto anche per gli altri criteri) collegate all'oggetto del contratto pubblico da aggiudicarsi. Su tale base, la stessa Commissione Europea suggeriva di orientare i criteri di scelta componenti l'offerta economicamente più vantaggiosa sulla valutazione del costo del ciclo di vita del prodotto, considerando non solo il prezzo di acquisto ma anche i costi di consegna, istallazione, messa in funzione, funzionamento (ad esempio, energia), manutenzione (comprese le parti di ricambio), costi di fine di vita del prodotto, smaltimento, in www.europa.eu.int. 21 Una ingente attività giurisprudenziale ha successivamente fornito una autonoma rilevanza all'elemento ambientale. Ciò è iniziato con la sentenza Beentjes100 con la quale il giudice europeo ammetteva la legittimità di criteri non prettamente economici purché non producessero effetti discriminatori nei confronti degli offerenti101. Un definitivo mutamento si ha con la pronuncia Concordia Bus Finland102 con la quale la Corte di Giustizia afferma in modo inequivocabile che considerazioni di tipo non economico possono concorrere a formare criteri di aggiudicazione di un contratto pubblico, poiché “anche fattori non meramente economici possono incidere sul valore di un'offerta per l'amministrazione aggiudicatrice”. Con tale pronuncia si segna il superamento del criterio ambientale quale elemento idoneo a fornire esclusivamente un vantaggio economico all’amministrazione, diretto o indiretto, potendo invece configurarsi come requisito atto a consentire una valorizzazione dell'offerta non solo sul piano economico-quantitativo quanto su quello tecnico-qualitativo103. Tuttavia la Corte europea precisa che l'introduzione dell'elemento verde è subordinata alla presenza di alcuni requisiti quali il collegamento con l'oggetto dell'appalto, l'assenza di una incondizionata libertà di scelta per l'amministrazione, l'espressa menzione del criterio nel bando di gara, il rispetto di tutti i principi dell'ordinamento comunitario soprattutto quello di non discriminazione. Un ulteriore problema sul quale la Corte si è soffermata e che appare meritevole di essere riportato in quanto attinente al collegamento tra l’elemento verde e l'oggetto dell'appalto riguarda i limiti entro i quali è consentito alle pubbliche amministrazioni ricorrere a criteri ambientali per la scelta del contraente, anch’esso oggetto di pronuncia giurisprudenziale104. La Corte coglie l’occasione per affermare la legittimità di un criterio di scelta dell'offerta a carattere ambientale, pesante per il 45% sul totale dei criteri, purché l'attribuzione del punteggio sia effettivamente collegata all'oggetto dell'appalto. Sulla base di tali presupposti il legislatore nazionale recepisce fedelmente le direttive comunitarie e codifica l'inserimento dell'elemento verde nell'art. 83, il 100 Corte di giustizia, 20 settembre 1988, causa C-31/87, Beentjes c. Netherlands State, in www.europa.eu.int. Successive sentenze sono state determinanti nell'evoluzione del suddetto argomento, si veda Corte di giustizia, 28 marzo 1995, C-324/93 Evans Medical Ltd e Macfarlan Smith Ltd nella quale il giudice comunitario ha ribadito la compatibilità di criteri non prettamente economici con la disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, a condizione che non siano forieri di discriminazione e siano oggetto di un’adeguata pubblicità; Corte di giustizia, 26 settembre 2000, causa C-225-98, Commissione c. Francia, Commissione vs. Repubblica Francese, la Corte precisa che un criterio di aggiudicazione privo di un valore economico diretto potesse essere determinate nella scelta dell'aggiudicatario solo nel caso di offerte economicamente equivalenti, rispetto alle quali il requisito sociale sarebbe stato un quid pluris. 101 G. FIDONE, op. loc. cit. 102 Corte di giustizia, 17 settembre 2002, causa C-513/99 in www.europa.eu.int. 103 G. FIDONE, op. loc. cit. 104 Corte di giustizia, 10 aprile 2003, cause riunite C-20/01 e C-28/01, in www.europa.eu.int. 22 quale prevede criteri di valutazione dell'offerta diversi dal requisito economico nel bando di gara purché siano “pertinenti alla natura, oggetto e caratteristiche del contratto” e tra tali criteri espressamente menziona “le caratteristiche ambientali e il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell'opera o del prodotto”. Questa valorizzazione dell'elemento qualitativo sembra assumere maggiore rilevanza nel contenuto della recente Direttiva 24/2014 CE, la quale si sofferma sui criteri di aggiudicazione, attribuendo un ampio margine di discrezionalità tecnica alla stazione appaltante attraverso il superamento del solo parametro economico come criterio di scelta predominante105. 4.) Considerazioni conclusive - Il quadro nazionale e le recenti direttive europee offrono alcuni importanti spunti per qualche breve riflessione sull’applicazione effettiva dell’istituto, a partire da alcune considerazioni sul ruolo svolto dalle amministrazioni pubbliche e sulla facoltà loro attribuita di inserire il criterio ecologico in una procedura di gara. Come già evidenziato106, tale facoltà non implica che “ogni clausola possa essere sempre e in ogni caso presa in considerazione dall’amministrazione aggiudicatrice”107, ma si lega all’esercizio del potere discrezionale dell’amministrazione, tanto sul piano dell’opportunità d’inserire clausole ecologiche, quanto delle legittime modalità d’apposizione di simili considerazioni. Sul piano dell’opportunità, l’inserimento dell’elemento verde, in una procedura di acquisto di beni e servizi, rappresenta l’occasione per slegarsi da un criterio meramente economico, che resta comunque un parametro fondamentale, e per estendere lo spazio della discrezionalità alla valutazione di fattori “esterni”, maggiormente connessi ad esigenze sociali. Più in particolare, il “merito” della scelta dell’amministrazione di introdurre clausole ambientali si connette ad una valutazione più ampia dell’interesse pubblico, ma incontra il proprio limite nella necessità di “modellarsi” sul piano delle concrete modalità d’apposizione delle clausole ecologiche. Nelle diverse fasi della procedura, ma ancor prima nel momento di definizione dell’oggetto, il fatto che la previsione di considerazioni ambientali possa determinare un’incisione “in senso restrittivo” sulla libera concorrenza importa l’esigenza di una valutazione in ordine agli interessi in gioco. Dal punto di vista dell’amministrazione, il problema si pone, anche in virtù di quanto affermato dalla giurisprudenza comunitaria108, nei termini della “inevitabilità e idoneità” delle 105 P. SESTITO, Recepimento delle direttive europee in materia di contratti pubblici, in www.camera.it. 106 Vds. retro, par. 3. 107 G. GARZIA, op. loc. cit. 108 Ex multis, Corte giust. Ce 11 luglio 2000 (causa C-473/98) in Riv. giur. amb., 2001, 49 ss., con nota di A. GRATANI, La libera circolazione delle merci e le sue eccezioni dirette ora a privilegiare ora a limitare la tutela ambientale (punto 46). Nella sentenza Kemikalieinspektionen 23 stesse clausole in funzione dello specifico scopo di tutela ambientale in concreto perseguito e, quindi, del limite del principio di proporzionalità109. Ne deriva, in capo ad essa, un generale “dovere” di ragionevolezza nella definizione delle concrete modalità d’inserimento dell’elemento verde, non accompagnato, tuttavia, da un “dovere” di introdurre considerazioni ambientali nella procedura ad evidenza pubblica. Che l’assenza di uno specifico obbligo110 in tal senso possa essere connessa alla scarsa diffusione dell’istituto nell’attività amministrativa nazionale e locale, è l’aspetto su cui chi scrive intende suggerire una riflessione, ciò anche a fronte dei recenti interventi normativi del legislatore europeo, che ne danno ulteriore conferma, non offrendo vere e proprie soluzioni “obbligate”111. richiamata si afferma che il sistema di limitazioni al commercio di una determinata sostanza (nello specifico il tricloroetilene a fini professionali) appare “idoneo e proporzionato”, poiché consente di migliorare la protezione dei lavoratori tenendo conto, nel contempo, delle esigenze di continuità delle imprese. Sul punto vds. diffusamente retro, specialmente par. 2, nota 34 e par. 3. 109 È la proporzionalità della misura ambientale a rappresentare il criterio di ponderazione tra i diversi interessi coinvolti; la regola del necessario bilanciamento fra tutela dell’ambiente, libertà di partecipazione delle imprese alla gara e non discriminazione; il punto centrale di riferimento per l'amministrazione che, nell'ambito di una gara di appalto, non solo può scegliere i criteri di aggiudicazione ma può anche stabilire la ponderazione degli stessi. Si ricorda, con le parole di M.S. GIANNINI, Il potere discrezionale della pubblica amministrazione, Milano, 1939, 74-75, “la discrezionalità amministrativa consiste proprio nella comparazione qualitativa e quantitativa degli interessi pubblici e privati che concorrono in una situazione sociale oggettiva, in modo che ciascuno di essi venga tutelato secondo il valore che l'autorità ritiene abbia nella fattispecie”. 110 Sul tema, utili spunti si rinvengono ancora una volta in sede comunitaria. Il Libro verde sulla modernizzazione della politica dell’Unione europea in materia di appalti pubblici per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti del 27 gennaio 2011, COM (2011) 15, si interroga su diversi problemi quali l’obbligatorietà del requisito ambientale il collegamento necessario tra l’oggetto dell’appalto elemento verde. Ci si chiede se sia opportuno inserire come obbligatorio il requisito ambientale e, quindi, imporre alle amministrazioni aggiudicatrici l’introduzione dell’elemento verde nella procedura di gara, modificando l’attuale assetto normativo che lascia, invece, alle amministrazioni la discrezionalità in merito al suo inserimento. Sul punto vds. G. FIDONE, op. loc. cit. Potrebbero essere prescritti alle amministrazioni aggiudicatrici livelli massimi di utilizzo dell’energia delle risorse, sostanze nocive per l’ambiente, livelli minimi di riciclaggio, ovvero in termini di obiettivi, ad esempio, una percentuale minima di acquisti pubblici ecocompatibili. Inoltre il Regolamento (CE) n. 106/2008 (GU L 39 del 13 febbraio 2008, pag. 1, cosiddetto regolamento Energy Star UE) ha imposto alle amministrazioni aggiudicatrici di richiedere nei propri appalti pubblici un certo livello di efficienza energetica; la Direttiva 2009/33/CE relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico ha imposto alle amministrazioni aggiudicatrici di tener conto dell'impatto energetico o di altri tipi di impatto ambientale nelle decisioni in materia di appalti pubblici; la Direttiva 2006/32/CE concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici ha invitato il settore pubblico a svolgere un ruolo esemplare nel settore dell'efficienza energetica adottando un numero minimo di misure per promuovere l'efficienza energetica negli appalti. 111 Che rimanda alle normative settoriale la fissazione di “prospettive e obiettivi vincolanti” vds. retro, par. 2, nota 54. 24 Nell’ordinamento interno, a fronte di una disciplina che consente, ma non impone, di ricorrere al green public procurement, i progetti realizzati sembrano il frutto della libera e spontanea sensibilità delle singole amministrazioni112. Le attività finalizzate alla valorizzazione e alla tutela dell’ambiente appaiono spesso sporadiche e non sistematiche, né supportate da una collaborazione tra i diversi livelli territoriali che consenta di inserire l’ambiente in una “dimensione amministrativa globale” presente in tutti i rami dell’attività stessa e non lasciato, come spesso accade, all’autonoma sensibilità degli amministratori locali. Se, da un lato, potrebbe ragionevolmente riferirsi tale dato all’assenza di un obbligo normativo a carattere generale, dall’altro, in modo più coerente con l’intera logica del sistema si potrebbe individuare, fra le diverse ragioni della scarsa diffusione dell’istituto, anche la mancata consapevolezza sul ruolo da questo giocato per un’effettiva realizzazione dello sviluppo sostenibile. L’appalto “verde”, infatti, quale strumento di mercato, “nasconde in sé” la capacità di influire sui comportamenti di operatori pubblici e privati attraverso la leva “economica”, diversamente da qualsiasi altro strumento a carattere autoritativo. Ed in questo senso, contraddittoria apparirebbe la garanzia della sua diffusione attraverso l’introduzione di norme a carattere obbligatorio, proprio in considerazione del fatto che l’istituto agisce sulla “sensibilità ambientale” dei singoli e delle amministrazioni. La “configurabilità” dello stesso come modello generale di comportamento e di buona amministrazione dipende, invece, strettamente dal riconoscimento di un “nuovo valore” al bene verde. Un nuovo, o meglio, un “maggiore valore economico al bene verde, piuttosto che norme di carattere obbligatorio”113, potrebbe, infatti, incentivare l’amministrazione a porre in essere un’attività ecologicamente orientata. Così che qualsiasi ripensamento dello strumento dal punto di vista normativo, dovrebbe essere preceduto da un’efficace campagna di sensibilizzazione verso l’elemento ambientale. È in questo scenario che, in attesa del prossimo intervento del legislatore nazionale, si deve guardare alle recenti direttive dell’Unione Europea le quali, pur non prevedendo l’obbligo di inserire l’elemento verde in ogni procedura 112 Per una breve analisi delle differenti esperienze nazionali e regionali, vds. Acquisti in forma associata, in www.comunetorino.it; E-procurement:l’esperienza del Comune di Rimini, in www.comune.rimini.it; La Regione Toscana e le prospettive di sviluppo dell’e-procurement, in www.regionetoscana.it; L'approccio della Lombardia agli acquisti verdi e sostenibili, in www.arca.regione.lombardia.it; Mercato elettronico, servizio di e-procurement, in www.comunefirenze.it; E-procurement, Lombardia ed Emilia Romagna partner, in www.Corrieredellecomunicazioni.it; L'e-procurement nella regione Piemonte, in www.regionepiemonte.it. Fra gli specifici progetti, si ricorda, in particolare, “Progetto LIFE + GPPinfoNET Green Public Procurement Information Network” che ha visto il coinvolgimento volontario di alcune Regioni, reperibile in rete. 113 Che superi la stessa visione dello strumento dell'appalto verde “da parte delle amministrazioni come una fonte di spesa più che di guadagno” – così G. FIDONE op. loc. cit. 25 d’acquisto, condividono il valore e l’idea del bene “ambiente” come “patrimonio da tutelare e preservare, non solo attraverso disposizioni normative, ma attraverso comportamenti virtuosi”, a carattere spontaneo, tanto dal punto di vista dell’amministrazione, che dal punto di vista della società civile; suggerendo come, soprattutto in questo materia, l’elemento “etico-culturale” rappresenti un aspetto imprescindibile dell’effettività normativa. Silvia BIANCAREDDU Dott. Ric. Eur. in “Diritto dell’attività amministrativa informatizzata e della comunicazione pubblica” presso l’Università degli studi di Cagliari. Giuditta SERRA Avv. e Dott. Ric. in “Diritto dell’attività amministrativa informatizzata e della comunicazione pubblica” presso l’Università degli studi di Cagliari. 26