Appunti su spazi di Banach e Hilbert e serie di Fourier astratte

courtesy by Onofrio de Bari
Appunti su spazi di Banach e Hilbert
e serie di Fourier astratte
(versione riveduta da Pierluigi Colli)
13 ottobre 2015
Indice
Indice
1
1 Spazi di Banach e di Hilbert
1.1 Spazi vettoriali normati . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Spazi di Banach . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.3 Operatori lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Sottospazi normati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.5 Esempi di spazi normati a dimensione infinita . . . . . .
1.5.1 Le funzioni continue su un compatto . . . . . . .
1.5.2 Funzioni integrabili su un sottoinsieme misurabile
1.6 Spazi di Hilbert . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7 Spazi Lp . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.7.1 Disuguaglianze notevoli . . . . . . . . . . . . .
1.7.2 Inclusioni fra spazi Lp . . . . . . . . . . . . . .
1.8 Spazi di successioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.8.1 Inclusioni fra spazi `p . . . . . . . . . . . . . . .
1.9 Operatori lineari continui e limitati . . . . . . . . . . . .
1.9.1 Altri spazi di successioni . . . . . . . . . . . . .
1.10 Teorema delle proiezioni . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.11 Proiezioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.12 Il teorema di rappresentazione di Riesz . . . . . . . . . .
2 Serie di Fourier
2.1 Serie di Fourier astratte . . . . . . . . .
2.2 Il teorema di Fischer–Riesz . . . . . . .
2.3 Ortonormalizzazione . . . . . . . . . .
2.4 Serie trigonometriche . . . . . . . . . .
2.4.1 Gli spazi Lp (T) . . . . . . . . .
2.4.2 Polinomi e serie trigonometriche
2.4.3 Serie di seni e coseni . . . . . .
2.4.4 Il nucleo di Dirichlet . . . . . .
1
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49
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52
2
INDICE
2.4.5
Bibliografia
Il nucleo di Fejér . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
53
57
C APITOLO
1
Spazi di Banach e di Hilbert
1.1
Spazi vettoriali normati
Definizione 1.1. Sia V uno spazio vettoriale reale. Si chiama norma in V
un’applicazione k·k : V → R che verifica le condizioni
kuk ≥ 0
kuk = 0 se e solo se u = 0
kλuk = |λ| kuk
ku + vk ≤ kuk + kvk
(disuguaglianza triangolare)
(1.1)
(1.2)
(1.3)
(1.4)
comunque scelti u, v ∈ V e comunque scelto λ ∈ R.
Esempio 1.1. Dato 1 ≤ p < ∞, la funzione k·k : Rn → R definita da
1/p
kxkp = |x1 |p + · · · + |xn |p
per ogni x ∈ Rn
L
è una norma e si dice norma p.
Esempio 1.2. La funzione k·k : Rn → R definita da
kxk∞ = max |x1 | , . . . , |xn |
per ogni x ∈ Rn
L
è una norma e si dice norma infinito.
3
4
Spazi di Banach e di Hilbert
Definizione 1.2. Uno spazio vettoriale V su cui è definita una norma si dice
spazio normato.
Definizione 1.3. Si consideri la funzione
d: V × V → R
(u, v) 7→ ku − vk
che associa a una coppia di elementi di V il numero reale ku − vk detto distanza;
la funzione d si chiama metrica indotta dalla norma k·k su V .
Definizione 1.4. Uno spazio vettoriale dotato di una metrica si dice spazio metrico.
Nota 1.1. Ogni spazio normato è anche uno spazio metrico rispetto alla metrica
indotta dalla norma k·k, ossia rispetto alla distanza
d(u, v) = ku − vk
per ogni v ∈ V.
+ [2, p. 366] I concetti di intorno di un punto, di punto interno, esterno, frontiera –e tutti gli altri– per uno spazio euclideo si trasferiscono a uno spazio normato semplicemente sostituendo il modulo dei vettori con la norma e le distanza
euclidea con la distanza indotta dalla norma.
Definizione 1.5. Due norme k·k e k|·k| definite in uno spazio vettoriale V si
dicono equivalenti se esistono due costanti positive c1 e c2 tali che
c1 kvk ≤ k|vk| ≤ c2 kvk
per ogni v ∈ V .
Proposizione 1.1. Dato lo spazio vettoriale X, ogni norma k·k : X → R è una
funzione continua in X.
Dimostrazione. Vogliamo dimostrare che per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che
per ogni x con kx − x0 k < δ risulta |kxk − kx0 k| < ε o, equivalentemente,
kx0 k − ε < kxk < kx0 k + ε.
(1.5)
Se si sceglie in particolare δ = ε si ha
kxk = kx − x0 + x0 k ≤ kx − x0 k + kx0 k < δ + kx0 k = kx0 k + ε
dimostrando così la disuguaglianza destra di (1.5); allo stesso modo si ricava
kx0 k − ε = kx0 − x + xk − ε ≤ kx0 − xk + kxk − ε < ε + kxk − ε
provando in tal modo la sussistenza della disuguaglianza sinistra di (1.5) e ottenendo pertanto la tesi.
1.2 Spazi di Banach
1.2
5
Spazi di Banach
Definizione 1.6. Sia V uno spazio normato. Una successione {un } di elementi
di V si dice successione di Cauchy se per ogni ε > 0 esiste n̄ ∈ N tale che per
ogni m, n ≥ n̄ si ha kun − um k ≤ ε, cioè
lim kun − um k = 0.
m,n→∞
Definizione 1.7. Una successione {un } a valori nello spazio normato V si dice
convergente a un elemento u di V se
lim kun − uk = 0.
n→∞
Definizione 1.8. Uno spazio metrico V si dice completo se ogni successione di
Cauchy in V converge a un elemento di V .
Definizione 1.9. Uno spazio vettoriale V dotato di una norma si dice spazio
di Banach se è completo rispetto alla metrica indotta dalla norma, cioè se ogni
successione di Cauchy in V risulta convergente.
+ In uno spazio di Banach i concetti di successione convergente e di successione
di Cauchy coincidono.
Esempio 1.3. L’insieme R con la norma del valore assoluto è uno spazio di
Banach.
L
Esempio 1.4. L’insieme Rn con la norma euclidea è uno spazio di Banach.
1.3
L
Operatori lineari
Definizione 1.10. Dati due spazi vettoriali X e Y , una funzione f : X → Y si
dice un’operatore lineare se
f (λx + µy) = λf (x) + µf (y)
per ogni x, y ∈ X e per ogni λ, µ ∈ R.
Esempio 1.5. Tutti e soli gli operatori lineari che operano da R3 in R5 sono le
trasformazioni lineari
T : (x1 , x2 , x3 ) → (y1 , y2 , y3 , y4 , y5 )
rappresentati da una matrice A ∈ M(R)5,3 (5 righe e 3 colonne).
L
Se un operatore lineare è definito fra due spazi normati di dimensione finita, tale
operatore è sempre continuo; se invece si ha a che fare con spazi di dimensione
infinita, allora la continuità andrà volta per volta verificata.
6
Spazi di Banach e di Hilbert
1.4
Sottospazi normati
Premettiamo che in uno spazio normato le nozioni di punto, punto interno, punto
di frontiera, punto esterno, parte interna, frontiera, chiusura, insieme aperto o
chiuso o limitato, limite di successsione, somma di una serie e funzione continua
a valori in un altro spazio normato sono analoghe a quelle degli spazi euclidei; è
sufficiente, infatti, sostituire i moduli dei vettori e le distanze considerate con le
norme e con le distanze indotte.
Definizione 1.11. Dato uno spazio normato X, un sottoinsieme Z di X tale che
per ogni x, y ∈ Z e per ogni λ, µ ∈ R si ha λx + µy ∈ Z si dice sottospazio di
X.
Definizione 1.12. Sia V uno spazio normato. Un sottoinsieme C di V è chiuso
quando ogni punto x ∈ Rn \C ha un intorno disgiunto da C.
La definizione 1.12 si basa su quella esposta in [2, p. 115]; in tale definizione
l’intorno va, quindi, considerato come intorno rispetto alla metrica indotta dalla
norma e quindi si parla di sottoinsieme chiuso rispetto alla metrica indotta dalla
norma.
Definizione 1.13. [2, p. 443] Un sottoinsieme S di dimensione infinita di uno
spazio vettoriale V di dimensione infinita è indipendente se è indipendente ogni
suo sottoinsieme non vuoto finito.
Definizione 1.14. [2, p. 444] Un sottoinsieme S di dimensione infinita di uno
spazio vettoriale V di dimensione infinita genera V se ogni elemento di V può
essere scritto come combinazione lineare finita di elementi di S.
Definizione 1.15. Dato uno spazio vettoriale V , il sottospazio generato da un
sottoinsieme S di V è il sottospazio che, visto come spazio vettoriale, ha S
come sistema di generatori e coincide con l’insieme delle combinazioni lineari
di elementi di S.
Definizione 1.16. Dato S sottoinsieme di uno spazio normato V , con i simboli
span S
e
span S
si indicano il sottospazio generato da S e la chiusura di span S (ricordiamo che
la chiusura di un sottoinsieme A di uno spazio euclideo V è l’insieme dei punti
di V che non sono esterni ad A, dove per punto esterno intendiamo un punto x
per il quale esiste un intorno di x disgiunto da A).
Definizione 1.17. Un sottoinsieme S di uno spazio normato V si dice denso
quando la sua chiusura è V .
1.4 Sottospazi normati
7
Ricordiamo adesso la caratterizzazione di un sottoinsieme chiuso di uno spazio
normato [2, p. 366].
Proposizione 1.2. Sia V uno spazio normato. Un sottoinsieme C di V è chiuso
se e solo se gode della proprietà seguente: se {vn } è una successione di punti di
C convergente in V , allora anche il limite di {vn } appartiene a C.
I sottospazi di spazi normati a dimensione finita sono sempre chiusi, mentre ciò
non vale per spazi di dimensione infinita.
Proposizione 1.3. Sia dato uno spazio di Banach X e sia Z un suo sottospazio
chiuso; allora Z è uno spazio di Banach.
Dimostrazione. L’ipotesi implica l’esistenza di una successione di Cauchy {xn }
a elementi in Z tale che esiste n̄ ∈ N tale che per ogni m, n ≥ n̄ si ha
lim kxn − xm k = 0.
n→∞
Una successione di Cauchy {xn } in uno spazio di Banach X è anche convergente
per n → ∞ ad un elemento x ∈ X; essendo Z un sottospazio chiuso, si ha che
x ∈ Z a norma della Proposizione 1.2 e
lim kxn − xk = 0
n→∞
cioè xn tende a x elemento di Z.
Proposizione 1.4. Tutte le norme in Rn sono equivalenti.
Dimostrazione. È solo un’idea della dimostrazione: per provare la tesi, basta
dimostrare che qualsiasi norma k·k definita su Rn è equivalente alla norma k·k1 ,
per esempio. Una delle diseguaglianze
kxk ≤
n
X
|xi | kei k ≤ max{kei k , i = 1, . . . , n} kxk1
i=1
per ogni x = (x1 , . . . , xn ) ∈ Rn ,
dove ei denota il vettore con i-esima componente uguale a 1 e le altre uguali a
0, si ottiene facilmente. L’altra disuguaglianza può essere provata per contraddizione, sviluppando un ragionamento più laborioso.
8
Spazi di Banach e di Hilbert
1.5
1.5.1
Esempi di spazi normati a dimensione infinita
Le funzioni continue su un compatto
Dato un sottoinsieme K compatto di Rn , un esempio di spazio vettoriale a dimensione infinita è l’insieme C 0 (K) delle funzioni continue f : K → R. Se si
considera ad esempio K = [0, 1] ⊂ R, si possono introdurre le norme
Z
1
|f (x)| dx
kf k1 =
kf k∞ = max |f (x)| .
e
x∈[0,1]
0
Ci chiediamo se tali norme sono equivalenti; per rispondere a tale quesito, dobbiamo determinare se esistono due costanti c1 , c2 > 0 tali che
c1 kf k1 ≤ kf k∞ ≤ c2 kf k1 .
(1.6)
Si osserva immediatamente che
Z
kf k1 =
1
|f (x)| dx ≤ kf k∞
0
quindi per c1 = 1 la disuguaglianza sinistra in (1.6) è verificata. Per verificare la
disuguaglianza destra consideriamo la successione di funzioni
(
1 − nx
se 0 ≤ x ≤ 1/n
fn (x) =
0
se 1/n ≤ x ≤ 1
per la quale risulta
kf k∞ = 1 per ogni n
e
kf k1 =
1
;
2n
poiché non esiste c2 > 0 tale che per ogni n
1≤
c2
2n
le norme non sono equivalenti.
Ci chiediamo ora se l’insieme C 0 ([0, 1]) è uno spazio di Banach rispetto alla
norma infinito, cioè se per ogni ε > 0 esiste n̄ ∈ N tale che per ogni n, m ≥ n̄ si
ha kfn − fm k∞ ≤ ε, cioè
sup |fn (x) − fm (x)| ≤ ε.
x∈[0,1]
1.5 Esempi di spazi normati a dimensione infinita
Per x fissato, la successione fn (x) è una successione di Cauchy in R, quindi
ammette limite per n → ∞ (che indichiamo con f ); fissando n e passando al
limite per m → ∞ si ottiene
|fn (x) − f (x)| ≤ ε
quindi per ogni ε > 0 esiste n̄ ∈ N tale che per ogni n ≥ n̄ si ha
|fn (x) − f (x)| ≤ ε
per ogni x ∈ [0, 1]
cioè la convergenza uniforme di fn a f . Quanto scritto implica la conseguenza
che f è continua, pertanto f ∈ C 0 [0, 1]; questo dimostra che C 0 ([0, 1]) è uno
spazio di Banach rispetto alla norma infinito.
Lo spazio C 0 ([0, 1]) non è di Banach rispetto alla norma k·k1 . Definendo infatti
la successione {fn } come
(
1 − nx
se 0 ≤ x ≤ 1/n
fn (x) =
0
se 1/n ≤ x ≤ 1
si ottiene (fissato n > m) che
Z
1
m,n→∞
|fn (x) − fm (x)| dx −−−−→ 0;
0
la successione {fn } è di Cauchy, però tende a una funzione discontinua, quindi lo
spazio C 0 ([0, 1]) non è uno spazio di Banach rispetto alla norma k·k1 .%cite[p. 68]torelli.
+ Se uno spazio normato X ha due norme equivalenti, allora lo spazio è
completo rispetto a una norma se e solo se è completo rispetto all’altra.
+ Se uno spazio normato X è completo rispetto a due norme diverse non è
detto che le due norme siano equivalenti.
Esempio 1.6. Consideriamo lo spazio normato C 0 (K), k·k∞
, con K compatto
0
di R. Seguono alcuni esempi di sottospazi di C (K), k·k∞ .
• le funzioni costanti;
• l’insieme
S = {f ∈ C 0 ([0, 1]) tale che f (x) = a1 + a2 sin x + a3 ex , ai ∈ R}
è un sottospazio chiuso di C 0 (K), k·k∞ di dimensione 3;
9
10
Spazi di Banach e di Hilbert
• U = f ∈ C 0 ([0, 1]) tale che f è un polinomio è un sottospazio di
C 0 (K), k·k∞
ma non è chiuso, dato che
pn (x) =
n
X
xk
k!
k=0
∈U
pn (x) −−−→ ex
n→∞
x
però e ∈
/ U.
L
Vediamo ora esempi di operatori lineari T : C 0 ([0, 1]) → C([1, 3]):
• operatore identicamente nullo;
• f (x) → e−x f (1 + 2x);
• fissata una funzione
t ∈ [1, 3],
g(t),
ad esempio continua, l’operatore
Z x
g(t)f (1 + 2t)dt,
T : f (x) →
x ∈ [0, 1],
1
è ancora lineare.
Si dimostra che lo spazio C 1 ([0, 1]) con la norma infinito non è completo.
Esempio 1.7. Non è invece lineare l’operatore T : C 0 ([0, 1]) → C 0 ([0, 1]) definito da
Z x
T (f )(x) =
f (t)dt + 3.
0
L
1.5.2
Funzioni integrabili su un sottoinsieme misurabile
Sia dato uno spazio di misura (A, E, m) e sia B ⊆ A. Consideriamo l’insieme
X = {f : B → R integrabili su B}.
Definiamo la funzione
k·k1 : X → R
Z
f 7→ kf k1 =
|f (x)| dm
B
e verifichiamo che si tratta di una norma: si ha
1.5 Esempi di spazi normati a dimensione infinita
11
1.
R
2.
R
R
|f (x)| dm = 0 se e solo se f = 0, infatti se B |f (x)| dm = 0 si ha
f = 0 m-q.o. e se si prende come elemento dello spazio X non la singola
funzione f , ma la classe di tutte le funzioni g : B → R integrabili tali
che g = f m-q.o. allora tale proprietà della norma sussiste, mentre il
viceversa è ovvio;
3.
R
B
|f (x)| dm ≥ 0 per ogni f ;
B
B
|λf (x)| dm = |λ|
R
B
|f (x)| dm;
4.
Z
Z |f (x)| + |g(x)| dm
ZB
Z
=
|f (x)| dm +
|g(x)| dm.
|f (x) + g(x)| dm ≤
B
B
B
Lo spazio vettoriale X, costituito dalle classi di funzioni integrabii e tra loro
uguali quasi ovunque, dotato della norma
Z
|f (x)| dm
kf k1 =
B
si indica con L1 (B). L1 (B) risulta essere uno spazio di Banach; considerata infatti una successione di Cauchy {fn } di elementi di L1 (B), cioè una successione
per la quale per ogni n, m ≥ n̄ si ha
kfn − fm k1 −−−−→ 0,
n,m→∞
ossia
Z
|fn (x) − fm (x)| dm −−−−→ 0,
n,m→∞
B
esiste f integrabile su B tale che
Z
|fn (x) − f (x)| dm −−−→ 0;
B
n→∞
quindi la successione kfn − f k1 tende a 0 per n → ∞; si è così dimostrato che
L1 (B) è uno spazio normato e completo, cioè uno spazio di Banach.
12
Spazi di Banach e di Hilbert
1.6
Spazi di Hilbert
Definizione 1.18. Sia X uno spazio vettoriale reale e
( , ): X × X → R
un’applicazione (detta prodotto scalare) verificante le condizioni seguenti:
1. (x, x) ≥ 0 per ogni x ∈ X,
2. (x, x) = 0 se e solo se x = 0,
3. (x, y) = (y, x) per ogni x, y ∈ X
4. (λx + µy, z) = λ(x, z) + µ(y, z) per ogni x, y, z ∈ X e per ogni λ, µ ∈ R.
La coppia X, ( , ) si dice spazio prehilbertiano reale.
In uno spazio prehilbertiano X risulta definita in modo naturale per ogni x ∈ X
la norma
p
kxk = (x, x).
(1.7)
Disuguaglianza di Cauchy–Schwarz. Per ogni x, y ∈ X con X spazio prehilbertiano reale, si ha
|(x, y)| ≤ kxk kyk .
Dimostrazione. Dalle proprietà del prodotto scalare si deduce che
0 ≤ kx + yk2 = (x + y, x + y) = (x, x) + (x, y) + (y, x) + (y, y)
= kxk2 + 2(x, y) + kyk2
quindi
0 ≤ kx + yk2 ≤ kxk2 + 2(x, y) + kyk2
(1.8)
0 ≤ kx − yk2 = kxk2 − 2(x, y) + kyk2 .
(1.9)
e che
Da entrambe le disuguaglianze si ottiene
−2 |(x, y)| ≤ kxk2 + kyk2
e
2 |(x, y)| ≤ kxk2 + kyk2
ossia
2 |(x, y)| ≤ kxk2 + kyk2
per ogni x, y ∈ X.
Se x, y sono versori, cioè vettori di norma unitaria, si ottiene
2 |(x, y)| ≤ 1 + 1 = 2
1.6 Spazi di Hilbert
13
o, che è lo stesso,
|(x, y)| ≤ 1 = kxk kyk
(1.10)
quindi la disuguaglianza di Cauchy–Schwarz è valida per i versori; ancora più
semplicemente si dimostra che è valida se x = 0 oppure y = 0.
Consideriamo adesso x, y ∈ X \ {0} non necessariamente versori e definiamo
z=
x
kxk
e
w=
y
.
kyk
I vettori z e w così definiti sono versori, quindi per la (1.10)
|(z, w)| ≤ 1
cioè
!
x
y
,
≤ 1.
kxk kyk Dalla bilinearità del prodotto scalare si ricava che
1
1
·
|(x, y)| ≤ 1
kxk kyk
quindi
|(x, y)| ≤ kxk kyk .
Relazione del parallelogramma. Per ogni x, y ∈ X con X spazio prehilbertiano reale, si ha
kx + yk2 + kx − yk2 = 2 kxk2 + kyk2 .
Dimostrazione. Si ottiene dalla somma delle equazioni (1.8) e (1.9).
Proposizione 1.5. Per ogni x, y ∈ X con X spazio prehilbertiano reale, si ha
(x, y) =
1
kx + yk2 + kx − yk2 .
4
Dimostrazione. Si ottiene dalla differenza delle equazioni in (1.8) e (1.9).
Mostriamop
infine che la funzione definita in (1.7) è una norma; si osserva facilmente che (x, x) ≥ 0 per ogni x ∈ X e che kxk = 0 se e solo se x = 0 ∈ X.
Inoltre per ogni x ∈ X
p
p
p
kλxk = (λx, λx) = λ2 (x, x) = |λ| (x, x) = |λ| kxk
14
Spazi di Banach e di Hilbert
e infine, presi comunque x, y ∈ X, vale la disuguaglianza triangolare
0 ≤ kx + yk2 = kxk2 + 2(x, y) + kyk2
2
≤ kxk2 + 2 kxk kyk + kyk2 = kxk + kyk
quindi
2
kx + yk2 ≤ kxk + kyk ;
da ciò segue che
kx + yk ≤ kxk + kyk
ed è così dimostrato che la funzione in (1.7) è una norma.
Definizione 1.19. Uno spazio prehilbertiano completo rispetto alla norma indotta dal prodotto scalare si dice spazio di Hilbert.
Esempio 1.8. Lo spazio vettoriale Rn , dotato del prodotto scalare
(x, y) =
n
X
xi y i
i=1
e della norma indotta
kxk =
p
(x, x)
L
è uno spazio di Hilbert.
1.7
Spazi Lp
Consideriamo in questo paragrafo e nei sottoparagrafi uno spazio di misura
(A, E, m) e B ⊆ A. Se 1 < p < ∞ si definisce l’insieme
Lp (B) = {classi di f : B → R misurabili , uguali tra loro q.o.
e tali che |f |p è integrabile}
e su esso si introduce la norma
Z
kf kp =
!1/p
|f |p dm
.
B
Se p = ∞ si definisce l’insieme delle funzioni essenzialmente limitate
L∞ (B) = {classi di f : B → R misurabili, uguali tra loro q.o.
e tali che esiste c ≥ 0 tale che |f (x)| ≤ c q.o. in B}
con norma
kf k∞ = inf{c ≥ 0 : |f (x)| ≤ c q.o. in B}.
1.7 Spazi Lp
1.7.1
15
Disuguaglianze notevoli
Definizione 1.20. Due numeri p, q ∈ [1, ∞] si dicono esponenti coniugati se
1 1
+ =1
p q
con l’intesa che q = ∞ se p = 1.
Disuguaglianza di Young. Siano a, b ∈ R, a, b > 0, 1 < p < ∞, con p, q
esponenti coniugati; allora
ap b q
+ .
ab ≤
p
q
Dimostrazione. Si può scrivere
!
q
p
1
1
b
a
ln(ab) = ln a + ln b = ln ap + ln bq ≤ ln
+
;
p
q
p
q
quest’ultima disuguaglianza sussiste grazie alla proprietà di concavità della funzione logaritmo, secondo la quale se A, B > 0 e ϑ ∈ (0, 1) si ha
ln ϑA + (1 − ϑ)B ≥ ϑ ln A + (1 − ϑ) ln B.
Si deduce allora che
ab ≤
ap b q
+ .
p
q
Disuguaglianza di Hölder. Siano p e q due esponenti coniugati e siano f ∈
Lp (B), g ∈ Lq (B); allora la funzione f g appartiene a L1 (B) e inoltre
kf gk1 ≤ kf kp kgkq .
Dimostrazione. Se f g = 0 quasi ovunque la disuguaglianza è immediatamente
dimostrata. Il caso limite è per p = 1 e q = ∞; si ha
|f (x)g(x)| ≤ |f (x)| kgk∞
per q.o. x ∈ B,
con |f g| integrabile perché maggiorata da un’altra funzione integrabile, pertanto
si può scrivere
Z
Z
|f (x)g(x)| dm = kf gk1 ≤ kgk∞
|f (x)| dm = kgk∞ kf k1
B
B
16
Spazi di Banach e di Hilbert
e così si è dimostrato il caso limite. Se, infine, consideriamo il caso 1 < p < ∞,
dalla disuguaglianza di Young si ha che
|f (x)g(x)| ≤
1
1
|f (x)|p + |g(x)|q
p
q
per q.o. x ∈ B.
Integrando ambo i membri si ottiene
kf kpp kgkqq
+
kf gk1 ≤
p
q
e per ogni t > 0 si può scrivere
!
g 1
tp
p
q
tf
≤ kf kp + q kgkq .
t p
qt
1
Definiamo ora la funzione
ϕ(t) =
1
tp
kf kpp + q kgkqq
p
qt
(t > 0)
e determiniamo i valori che la minimizzano, calcolando a tal fine
ϕ0 (t) = tp−1 kf kpp − t−q−1 kgkqq ;
si trova come zero di ϕ0 (t) il valore
t̄ =
kgk1/p
q
kf k1/q
p
;
che, sostituito nell’espressione di ϕ, fa ottenere dopo semplici (anche se un po’
lunghi) calcoli il risultato
ϕ t̄ = kf kp kgkq .
Riguardo allo spazio L∞ (B) dotato della norma
kf k∞ = inf{c > 0 | |f (x)| ≤ c per q.o. x ∈ B}
si può affermare che:
• kf k∞ è in realtà un minimo dell’insieme cui si riferisce;
• kf k∞ è una norma;
• vale la disuguaglianza triangolare.
1.7 Spazi Lp
17
L’insieme L∞ (B) è pertanto uno spazio normato.
Scriviamo ora la disuguaglianza triangolare in termini di norma k·kp .
Disuguaglianza di Minkowski. Sia p ∈ (1, +∞) e siano f, g ∈ Lp (B); allora
f + g ∈ Lp (B) e inoltre
kf + gkp ≤ kf kp + kgkp .
Dimostrazione. Consideriamo la relazione
p
|(f + g)(x)|p ≤ |f (x)| + |g(x)| ≤ 2p |f (x)|p + 2p |g(x)|p
(1.11)
che implica che la funzione |(f + g)(x)|p è integrabile perché maggiorata dalla
somma di funzioni integrabili. Poi integriamo, riscrivendo quindi la prima parte
della (1.11) come
Z
Z
p
|f + g| dm ≤
|f + g|p−1 |f (x)| + |g(x)| dm.
B
B
Se q è l’esponente coniugato di p, la funzione |f + g|p−1 appartiene a Lq (B);
infatti in tal caso si ha
q
|f + g|p−1 = |f + g|pq−q = |f + g|p
che, come abbiamo visto, è integrabile. Si ottiene dunque
Z
Z
p
p
|f + g|p−1 |f | + |g| dm
|f + g| dm ≤
kf + gkp =
B
ZB
Z
p−1
≤
|f + g| |f | dm +
|f + g|p−1 |g| dm
B
B
p−1 |f + g|p−1 kgk
≤ |f + g|
kf
k
+
p
p
q
q
p−1
= kf + gkp
kf kp + kgkp
e pertanto
kf + gkp ≤ kf kp + kf kp .
A questo punto si verifica agevolmente che l’applicazione da Lp (B) in R
!1/p
Z
|f |p dm
kf kp =
;
B
è una norma.
+ Non si considerano gli spazi Lp per 0 < p < 1 perché in tal caso gli insiemi
del piano del tipo {kxkp ≤ r}, r > 0, non sono convessi, quindi non vale la
disuguaglianza triangolare se p < 1.
18
Spazi di Banach e di Hilbert
Teorema 1.1. Sia (A, E, m) uno spazio di misura, B un sottoinsieme misurabile
di A e p ∈ [1, ∞]; allora l’insieme Lp (B) è uno spazio di Banach. In particolare
L2 (B) è uno spazio di Hilbert con prodotto scalare
Z
(f, g) =
f (x)g(x)dm
f, g ∈ L2 (B).
B
Dimostrazione. Consideriamo 1 ≤ p < ∞ e sia {fn } una successione di Cauchy
a elementi in Lp (B), cioè per ogni ε > 0 esiste n̄ ∈ N tale che per ogni n, m ≥ n̄
si ha
kfn − fm kp ≤ ε.
È facile controllare che, per provare la tesi, basta trovare una sottosuccessione
{fnk } convergente a una funzione f in Lp (B). Notiamo ora che, se prendiamo
ε = 1/2 nella condizione di Cauchy, esisterà un indice n1 tale che per ogni
n ≥ n1
1
kfn − fn1 kp ≤ .
2
2
Se poi prendiamo ε = 1/2 , esiste n2 (che scegliamo maggiore di n1 ) tale che
per ogni n ≥ n2
1
kfn − fn2 kp ≤ 2
2
k
e così via fino a considerare ε = 1/2 per il quale esiste nk > nk−1 tale che per
ogni n ≥ nk
1
kfn − fnk kp ≤ k .
2
Si è in tal modo costruita una sottosuccessione {fnk } tale che per ogni k
fn − fn ≤ 1 .
k+1
k p
2k
Vogliamo ora provare che tale sottosuccessione risulta convergente in Lp (B).
Consideriamo per k = 1, . . . , n le funzioni
k
X
fn
gk (x) =
;
(x)
−
f
(x)
n
j+1
j
j=1
la successione {gk } è monotona crescente e inoltre, usando la disuguaglianza
triangolare, si controlla che
kgk kp ≤
k
k
X
X
1
fn (x) − fn (x) ≤
≤ 1.
j+1
j
p
k
2
j=1
j=1
1.7 Spazi Lp
19
Se ora si applica il teorema di Beppo Levi, si ricava che gn (x) converge m-q.o.
alla funzione limite
g(x) =
∞
X
fn
j+1
(x) − fnj (x) ;
j=1
con g ∈ Lp (B); tale funzione è di potenza p-esima integrabile. Se poi j > i si
ha
fn (x) − fn (x) ≤ fn (x) − fn (x) + · · · + fn (x) − fn (x)
j
j−1
i+1
i
j
i
j−1
X
fn
=
∞
X
fn (x) − fn (x)
(x) − fnk (x) ≤
j+1
i
k+1
k=i
k=i
≤ g(x) − gi−1 (x)
cosicchè
fn (x) − fn (x) ≤ g(x) − gi−1 (x) −−−→ 0
j
i
i→∞
cioè per q.o. x ∈ B la successione fnk (x) è di Cauchy, e dunque converge a un
limite che chiameremo f (x). Risulta in tal modo definita (quasi ovunque) una
funzione f su B. Facendo tendere j a infinito si ottiene
|f (x) − fni (x)| ≤ g(x) − gi−1 (x) ≤ g(x)
ed elevando a p
|f (x) − fni (x)|p ≤ |g(x)|p
con la funzione a primo membro che è integrabile e, dato che fni ∈ Lp (B),
anche f ∈ Lp (B). A questo punto, applicando il teorema di Lebesgue della
convergenza dominata, si ottiene
Z
lim
|f (x) − fni (x)|p = kf − fni kpp = 0,
i→∞
B
il che conclude la dimostrazione del caso 1 ≤ p < ∞.
Dimostriamo ora il caso p = ∞. Per ogni k ∈ N esiste un indice n̄k tale che per
ogni n, m ≥ n̄k
1
kfn − fm k∞ ≤ ;
k
esiste quindi un insieme trascurabile Ck tale che per ogni n, m ≥ n̄k si ha
|fn (x) − fm (x)| ≤
1
k
20
Spazi di Banach e di Hilbert
per ogni x ∈ B\Ck . L’insieme
[
C=
Ck
k∈N
è ancora trascurabile; infine, si ha che per ogni k ∈ N esiste n̄k tale che per ogni
n, m ≥ n̄k e per ogni x ∈ B\C si ha
1
|fn (x) − fm (x)| ≤ .
k
La successione {fn } risulta, pertanto, essere una successione di Cauchy in B\C
rispetto alla metrica della convergenza uniforme; esiste allora una funzione f
tale che fn → f uniformemente in B\C. Estendendo f a tutto B con valore
nullo per gli x ∈ C si ottiene la tesi.
La verifica che L2 (B) è uno spazio di Hilbert con il prodotto scalare definito è
immediata.
Corollario 1.1. Sia {fn } una successione convergente in Lp (B) a una funzione
f ; allora esistono una sottosuccessione {fnk } e una funzione h ∈ Lp (B) tali
che
1. fnk → f quasi ovunque in B;
2. |fnk (x)| ≤ h(x) per q.o. x ∈ R.
Dimostrazione. Se fn → f in Lp , allora fn è una successione di Cauchy in
Lp (B), quindi esiste una sottosuccessione fnk convergente quasi ovunque a f¯ in
Lp ; per il teorema di Lebesgue esiste una funzione g tale che
f¯(x) − fn (x) ≤ g(x);
k
quindi
|fni (x)| ≤ f¯(x) + g(x),
e possiamo porre h = f¯ + g. Dobbiamo infine verificare che f¯ = f ; poiché
fnk → f¯ in Lp (B) per k → ∞, l’unicità del limite in Lp (B) assicura che
f = f¯.
In generale, la convergenza in Lp non implica la convergenza q.o.; va però osservato che se una successione di funzioni fn tende a f in L∞ , allora al tendere
di n a ∞ si ha anche fn → f q.o.
+ La norma p è indotta dal prodotto scalare se e solo se p = 2; inoltre Lp (B) è
uno spazio di Hilbert se e solo se p = 2, perché solo in tal caso vale la regola del
parallelogramma. Si ha, infatti, che l’uguaglianza
ku + vk2p + ku − vk2p = 2 kuk2p + kvk2p , u, v ∈ Lp (B),
sussiste solo se p = 2.
1.8 Spazi di successioni
1.7.2
21
Inclusioni fra spazi Lp
Ci poniamo ora la seguente domanda: dato B sottoinsieme di uno spazio di misura (A, E, m), l’insieme Lp (B) è incluso in Lq (B) per qualche q? In particolare,
se B = R, si ha L∞ (R) ⊂ L1 (R), cioè per ogni f ∈ L∞ (R) si ha f ∈ L1 (R)?
La risposta è negativa; basta considerare f funzione costantemente uguale a 1.
Viceversa, vale L1 (R) ⊂ L∞ (R)? La risposta è ancora negativa; se infatti si
considera la funzione
(
1/ |x|1/2
se |x| ≤ 1
f (x) =
0
se |x| > 1
si verifica che f ∈ L1 (R) ma f ∈
/ L∞ (R).
2
Se B = (1, +∞) si ha L (B) ⊆ L1 (B)? Anche in questo caso la risposta
è negativa, basta considerare la funzione f (x) = 1/x. Invece, nel caso di un
insieme B di misura finita si ha il seguente risultato.
Proposizione 1.6. Sia (A, E, m) uno spazio di misura e B ⊆ A, B misurabile.
Se m(B) < ∞, si ha
Lp (B) ⊂ Lq (B)
per ogni 1 ≤ q ≤ p ≤ ∞.
1.8
Spazi di successioni
Se p ∈ [1, +∞) si definisce l’insieme
(
p
` =
x = (xn ) ⊂ R :
∞
X
)
p
|xn | < +∞
n=1
mentre se p = +∞ si definisce l’insieme
∞
` = x = (xn ) ⊂ R : sup |xn | < +∞ .
n∈N
Si verifica che `p e `∞ sono spazi vettoriali (con le operazioni di somma di successioni e prodotto di un numero reale per una successione) e hanno dimensione
infinita (perché i punti di `p hanno infinite componenti). Introducendo le norme
!1/p
∞
X
p
kxkp =
|xn |
,
n=1
kxk∞ = sup |xn | ,
n∈N
si dimostra che gli spazi predetti sono spazi di Banach.
22
Spazi di Banach e di Hilbert
Esercizio 1.1. Lo spazio `p non è uno spazio di Hilbert se p 6= 2.
Svolgimento. Considerati x = (1, 0, 0, . . . , 0, . . . ) e y = (0, 1, 0, . . . , 0, . . . )
appartenenti a `p , si ha
x + y = (1, 1, 0, . . . , 0, . . . ),
x − y = (1, −1, 0, . . . , 0, . . . ).
Quindi, se p 6= ∞ risulta
kxkp = 1,
kykp = 1,
kx + ykp = 21/p ,
kx − ykp = 21/p .
La regola del parallelogramma
kx +
yk2p
+ kx −
yk2p
2
2
= 2 kxkp + kykp
esplicitando dà
22/p + 22/p = 2 · 22/p = 2(1 + 1)
che vale se e solo se p = 2. Se p = ∞ si ha
kxkp = 1,
kykp = 1,
kx + ykp = 1,
kx − ykp = 1.
Quindi la regola del parallelogramma dà 2 6= 2(1 + 1).
1.8.1
Inclusioni fra spazi `p
Se p ≤ q, si ha `p ⊆ `q ; presa infatti una successione x = (xn ) ∈ `p , si ha
|xn | → 0 per n → ∞, dato che una successione non divergente ha il termine
generale che tende a 0. Per le proprietà delle potenze (tenuto conto che al limite
si è vicini a 0) si ha definitivamente
|xn |q ≤ |xn |p ,
quindi `p ⊆ `q .
Un controesempio è la successione
x=
appartenente a `2 ma non a `1 .
1
1
1, , . . . , , . . .
2
n
!
1.9 Operatori lineari continui e limitati
1.9
23
Operatori lineari continui e limitati
Definizione 1.21. Dati due spazi normati X e Y , un operatore T : X → Y si
dice limitato se esiste una costante L ≥ 0 tale che per ogni x ∈ X si ha
kT xkY ≤ LkxkX .
Esempio 1.9. Sia T (x) = mx con m fissato in R; per ogni x ∈ R si ha
|T (x)| ≤ |m| |x|
L
quindi l’operatore T è limitato.
Non va confuso il concetto di operatore limitato con quello di funzione limitata;
un operatore limitato è una funzione linearmente limitata.
Esempio 1.10. La funzione f (x) = sin x è una funzione limitata ed è un operatore limitato, ma non è un operatore lineare.
L
Esempio 1.11. La funzione f (x) = x/ |x| se x 6= 0, f (x) = 0 se x = 0, è
una funzione limitata ma non è un operatore limitato (basta prendere valori di x
vicini a 0 per rendersi conto).
L
Teorema 1.2. Un operatore lineare T : X → Y è continuo se e solo se è
limitato.
Dimostrazione. È facile controllare che linearità e limitatezza implicano la continuità dell’operatore. Dimostriamo che se T è continuo è anche limitato, considerando in particolare il punto {0} (il che non fa perdere di generalità, dato
che se un operatore è continuo è continuo anche in {0}). Per definizione, se T è
continuo in {0} si ha che per ogni ε > 0 esiste δ > 0 tale che per ogni x ∈ X
con kxkX ≤ δ si ha
kT (x)kX ≤ ε.
(1.12)
Preso z arbitrario in X\{0} si osserva che l’elemento x = δz/ kzk verifica
l’uguaglianza
δz kxkX = kzk = δ,
X
per cui applicando la (1.12) abbiamo
!
δz δ
kT (x)kX = T
kT (z)kY ≤ ε
=
kzk kzk X
X
quindi
kT (z)kY ≤
ε
kzkX
δ
24
Spazi di Banach e di Hilbert
disuguaglianza che vale sia per z 6= 0 che per z = 0; prendendo dunque L = ε/δ
si ottiene la tesi.
Per indicare la famiglia degli operatori lineari limitati da X a Y si usa il simbolo
L(X, Y ); l’insieme L(X, Y ) è uno spazio vettoriale. Si può dotare della norma
(
)
kT xkY
kT k = sup
, x ∈ X\{0}
kxkX
e poiché tale estremo superiore esiste finito ed è minore o uguale di ogni costante
di limitatezza si ha
kT k = inf{L ≥ 0 : kT xkY ≤ L kxkX per ogni x ∈ X}.
L’elemento nullo dello spazio è l’operatore nullo, ossia quello che a ogni elemento di X associa lo zero di Y .
Teorema 1.3. Se Y è uno spazio di Banach, lo spazio L(X, Y ) è uno spazio di
Banach.
Dimostrazione. Si abbia una successione di Cauchy {Tn } a valori in L(X, Y );
questo significa che per ogni ε > 0 esiste n̄ ∈ N tale che per ogni n, m ≥ n̄ si
ha
k(Tn − Tm )(x)kY
kTn − Tm kL(X,Y ) = sup
≤ ε.
kxkX
x∈X
x6=0
Fissato x ∈ X, x 6= 0, quanto scritto significa
k(Tn − Tm )(x)kY ≤ ε kxkX
cioè che la successione Tn (x) è una successione di Cauchy a valori in Y .
Essendo peripotesiY uno spazio di Banach (e quindi è anche completo), la
successione Tn (x) converge a un elemento di Y che indichiamo con T (x); in
questo modo
l’operatore T che a x ∈ X\{0} associa il limite per
si è costruito
n → ∞ di Tn (x) in Y , ponendo inoltre, T (0X ) = (0Y ).
L’operatore T appena costruito è lineare, infatti
T (αx + βy) = lim Tn (αx + βy) = α lim Tn x + β lim Tn y = αT x + βT y
n→∞
n→∞
n→∞
ed è limitato, dato che esiste n∗ tale che per ogni n, m ≥ n∗ si può scrivere
kTn − Tn∗ k ≤ 1
quindi per ogni n ≥ n∗
kTn k ≤ 1 + kTn∗ k .
1.9 Operatori lineari continui e limitati
25
Da quanto scritto si deduce
kTn k ≤ max kT1 k , . . . , kTn∗ −1 k , 1 + kTn∗ k
ossia
kT xkY = lim kTn xkY ≤ sup kTn k kxk ≤ c kxk .
n→∞
n∈N
Tornando a kTn − Tm kL(X;Y ) si ha, passando al limite per m → ∞, che per ogni
x ∈ X\{0}
k(Tn − T )(x)kY
≤ε
kxkX
quindi per ogni x ∈ X\{0} risulta
kTn − T kY = sup
k(Tn − T )(x)kY
≤ε
kxkX
cioè lo spazio L(X; Y ) è di Banach.
Un caso particolare di operatori lineari è quello dei funzionali lineari e continui,
ovvero delle applicazioni L : X → R con X spazio normato.
Definizione 1.22. Lo spazio L(X, R) si dice spazio duale dello spazio normato
X e viene indicato con X 0 o con X ∗ ; i suoi elementi sono i funzionali lineari e
continui da X a R.
Seguono alcuni esempi di funzionali lineari.
Esempio 1.12. Sia H uno spazio di Hilbert e fissiamo u ∈ H, considerando
l’operatore
L: H → R
v 7→ (u, v)
L è un operatore lineare perché è definito come prodotto scalare; è altresì continuo perché è limitato.
Un caso particolare si ha se H = `2 . Fissato
!
1
1
u = 1, , . . . , , . . .
2
n
consideriamo
L : `2 → R
v 7→ (u, v) =
∞
X
1
i=1
i
vi .
26
Spazi di Banach e di Hilbert
0
L’operatore L appartiene a `2 = L `2 , R . Ci chiediamo se le norme introdotte in questi spazi coincidono. Si ha
kLk(`2 )0 = sup
x∈`2
x6=0
L(x)
= sup |L(x)| ;
kxk`2
x∈`2
kxk=1
per ogni v ∈ `2 risulta
|L(v)| = |(u, v)| ≤ kuk`2 kvk`2 .
quindi
kLk(`2 )0 = sup |L(v)| ≤ kuk`2 .
v∈`2
kvk=1
Se v ha norma 1, allora si ha
|L(v)| ≤ kuk`2 ,
quindi
kLk(`2 )0 ≤ kuk`2 ;
se si trova un elemento v ∈ `2 tale che kvk`2 = 1 e |L(v)| = kuk`2 le norme
coincideranno; in particolare, considerato v = u/ kuk`2 si ottiene
L(v) = kuk`2
e quindi kLk(`2 )0 = kuk`2 .
L
Esempio 1.13 (Operatori di shift). Consideriamo l’operatore S : `1 → `1 detto
operatore di shift e definito per ogni x ∈ `1 da
S(x) = y
con y successione di `1 di termine generale yn = xn+1 (per ogni n ≥ 1); in altri
termini, se x = (x1 , x2 , x3 , . . . ), si ha S(x) = (x2 , x3 , . . . ). L’operatore S è
lineare. Per verificare che è continuo verifichiamo che è limitato, cioè che
kS(x)k`1 ≤ M kxk`1 ;
tale disuguaglianza è verificata banalmente per M = 1, quindi S ∈ L(`1 , `1 ).
Verifichiamo ora che, posto
kSk0 = kSkL(`1 ,`1 ) ,
1.9 Operatori lineari continui e limitati
27
si ha
kSk0 = sup
x∈`1
kS(x)`1 k
= sup kS(x)k`1
kxk`1
x∈`1
kxk=1
quindi kSk0 ≤ 1. Cerchiamo x ∈ `1 tale che kS(x)k`1 = 1 e kxk`1 = 1; per
e2 = (0, 1, 0, . . . , 0, . . . )
si ha S(e2 ) = e1 , ke2 k`1 = 1, kS(e2 )k`1 = 1 e se ne ricava che kSk0 = 1.
L
Esempio 1.14 (Operatori di Fredholm). Sia k : [0, 1] × [0, 1] → R una funzione
continua e si abbia l’operatore
T : C 0 ([0, 1]) → C 0 ([0, 1]),
detto operatore di Fredholm, definito per ogni u ∈ C 0 ([0, 1]) da
Z
1
T (u)(x) =
k(t, x)u(t)dt.
0
Si controlla che T è un operatore lineare. Introducendo in C 0 ([0, 1]) la norma
infinito definita per ogni u ∈ C 0 ([0, 1]) da
kuk∞ = sup |u(x)| ,
x∈[0,1]
T è continuo se e solo se è limitato, quindi se e solo se
kT (u)k∞ ≤ M kuk∞
per qualche costante M > 0. Ora si ha
Z
kT (u)k∞ = sup |T (u)(x)| ≤ kuk∞ sup
x∈[0,1]
x∈[0,1]
1
|k(t, x)| dt
0
e dunque possiamo prendere
Z
|k(t, x)| dt.
M = sup
x∈[0,1]
1
0
L
28
Spazi di Banach e di Hilbert
1.9.1
Altri spazi di successioni
Indichiamo con c lo spazio vettoriale delle successioni convergenti, con c0 quello
delle successioni infinitesime e con c00 quello delle successioni definitivamente
nulle, cioè quelle successioni x = (xn ) tali che esiste k ∈ N tale che per ogni
n ≥ k si ha xn = 0. Osserviamo innanzitutto che
c00 ⊂ c0 ⊂ c
e che se p 6= ∞ si ha
c00 ⊂ `p ⊂ c0 ⊂ c ⊂ `∞ .
Gli insiemi c e c0 sono chiusi in `∞ ; presa infatti una successione
xn = xn1 , xn2 , . . . , xnk , . . . ∈ c per ogni n
e convergente a x = x1 , x2 , . . . , xk , . . . , si ha per ogni n
lim xnk = an
k→∞
e si dimostra che x ∈ c con lim xk = lim an . Analogamente si opera per c0 .
n→∞
k→∞
L’insieme c00 è denso in `p , se p 6= ∞ e la chiusura di c00 rispetto a k·kp è `p .
Per ogni x ∈ `p esiste (xn ) ⊂ c00 tale che xn → x per n → ∞.
L’insieme c00 non è chiuso in `∞ e la chiusura di c00 in `∞ è c0 . Infine, l’insieme
`1 ⊂ `∞ non è chiuso in `∞ ; la sua chiusura è di fatto ancora c0 .
1.10
Teorema delle proiezioni
Definizione 1.23. Sia H uno spazio di Hilbert. Un sottoinsieme A di H è
convesso se per ogni x, y ∈ A e per ogni t ∈ [0, 1] si ha
tx + (1 − t)y ∈ A.
Teorema 1.4 (Teorema delle proiezioni). Sia H uno spazio di Hilbert e sia K ⊂
H un convesso chiuso non vuoto. Allora per ogni f ∈ H esiste un unico u ∈ K
tale che
kf − uk = min kf − vk = d(f, K).
(1.13)
v∈K
Inoltre u è anche l’unica soluzione della disuguaglianza variazionale
(f − u, v − u) ≤ 0
per ogni v ∈ K.
(1.14)
Dimostrazione. La dimostrazione segue il procedimento esposto in [1, p. 127].
Sia {vn } una successione minimizzante di elementi di K, ossia con le proprietà
1.10 Teorema delle proiezioni
29
• vn ∈ K per ogni n ∈ N,
• kf − vn k −−−→ inf kf − vk
n→∞ v∈K
e proviamo innanzitutto che {vn } è una successione di Cauchy. Applichiamo la
regola del parallelogramma agli elementi a = f − vn e b = f − vm scrivendo
k2f − (vn + vm )k2 + k−vn + vm k2 = 2 kf − vn k2 + kf − vm k2 ,
quindi dividiamo per 4 ottenendo
k2f − vn + vm k2 1
1
2
2
2
kv
−
v
k
=
kf
−
v
k
+
kf
−
v
k
,
+
n
m
n
m
22
4
2
!2
v
+
v
n
m
f −
+ 1 kvm − vn k2 = 1 kf − vn k2 + kf − vm k2 . (1.15)
2
4
2
Poiché il sottoinsieme K di H è un convesso e vn , vm sono elementi di K, anche
vn + vm
appartiene a K (basta scegliere t = 1/2 nella definizione di
l’elemento
2
convesso); posto
d = inf kf − vk
v∈K
si ha
2
vn + vm d ≤ f −
2
2
quindi da (1.15) si ricava che
2
vn + vm 1
1
2
2
2
kvm − vn k =
kf − vn k + kf − vm k − f −
4
2
2
1
≤
kf − vn k2 + kf − vm k2 − d2
2
e allora si conclude facilmente che
kvm − vn k2 −−−−→ 0,
n,m→∞
cioè {vn } è una successione di Cauchy. Poiché H è uno spazio di Hilbert, esiste
allora un elemento u ∈ H tale che lim vn = u; essendo K chiuso e vn ∈ K per
n→∞
ogni n, l’elemento u appartiene a K, quindi da
• lim vn = u,
n→∞
• kf − vn k −−−→ inf kf − vk
n→∞ v∈K
30
Spazi di Banach e di Hilbert
si deduce che kf − uk = d e questo prova l’esistenza di u che soddisfa (1.13).
Proviamo adesso che u soluzione di (1.13) risolve anche la disuguaglianza variazionale (1.14). Sia v ∈ K e definiamo l’elemento
w = (1 − t)u + tv,
t ∈ (0, 1],
che appartiene a K perché K è convesso; si ha allora
kf − uk2 ≤ kf − wk2 = kf − (1 − t)u − tvk2 = kf − u + t(u − v)k2
= kf − uk2 + t2 ku − vk2 − 2t(f − u, v − u);
quindi
2(f − u, v − u) ≤ t ku − vk2
e se t → 0 si ha
(f − u, v − u) ≤ 0.
Viceversa, se u risolve (1.14), allora
ku − f k2 − kv − f k2 = 2(f − u, v − u) − ku − vk2 ≤ 0
e dunque
ku − f k2 ≤ kv − f k2
per ogni v ∈ K ed f ∈ H.
Dimostriamo infine l’unicità della soluzione di (1.14). Supponiamo che u1 e u2
siano due elementi di K che verificano la disuguaglianza variazionale (1.14),
cioè che
(f − u1 , v − u1 ) ≤ 0
(f − u2 , v − u2 ) ≤ 0
per ogni v ∈ K,
per ogni v ∈ K.
Scegliamo v = u2 in (1.16) e v = u1 in (1.17), ricavando
(f − u1 , u2 − u1 ) ≤ 0
(f − u2 , u1 − u2 ) ≤ 0
per ogni v ∈ K,
per ogni v ∈ K.
Sommando (f − u1 , u1 − u2 ) ≥ 0 e (u2 − f, u1 − u2 ) ≥ 0 si ottiene
(f − u1 + u2 − f, u1 − u2 ) ≥ 0,
quindi
ku1 − u2 k2 ≤ 0
e ciò dimostra che u2 = u1 .
(1.16)
(1.17)
1.11 Proiezioni
1.11
31
Proiezioni
Definizione 1.24. L’elemento u la cui esistenza e unicità è garantita dal teorema
1.4 si indica con u = pKf = PK (f ) e si dice proiezione di f su K.
Proposizione 1.7. Nelle stesse ipotesi del teorema delle proiezioni sui convessi, se f1 , f2 appartengono allo spazio di Hilbert H e pKf1 , pKf2 sono le rispettive
proiezioni sul convesso chiuso K, allora
kpKf1 − pKf2 k ≤ kf1 − f2 k .
Dimostrazione. Consideriamo
(pKf1 − f1 , pKf1 − v) ≤ 0
(pKf2 − f2 , pKf2 − v) ≤ 0
per ogni v ∈ K
per ogni v ∈ K
(1.18)
(1.19)
scegliendo v = pKf2 in (1.18) e v = pKf1 in (1.19). Sommiamo per ottenere
pKf1 − f1 − pKf2 + f2 , pKf1 − pKf2 ≤ 0
e quindi passando alle norme e per le proprietà del prodotto scalare si ha
kpKf1 − pKf2 k2 ≤ kpKf1 − pKf2 k kf1 − f2 k ,
da cui semplificando
kpKf1 − pKf2 k ≤ kf1 − f2 k .
+ L’operatore di proiezione PK : H → K è lipschitziano di costante 1, in particolare continuo; non è, in generale, lineare (è lineare nel caso di un sottospazio
K).
+ Fra i sottoinsiemi convessi chiusi non vuoti di H vi sono in particolare i
sottospazi chiusi di H.
Corollario 1.2. Sia H uno spazio di Hilbert e K un sottospazio chiuso di H.
Allora per ogni f ∈ H esiste ed è unico u ∈ K tale che valga (1.13); inoltre
tale u è anche l’unica soluzione dell’uguagliarza variazione
(u, w) = (f, w)
per ogni w ∈ K.
Dimostrazione. Dal teorema delle proiezioni si ha
(f − u, v − u) ≤ 0
per ogni v ∈ K;
scelto v = u + w con w generico elemento di K, si ottiene
(f − u, w) ≤ 0.
(1.20)
32
Spazi di Banach e di Hilbert
Scelto ora v = u − w si ottiene
(f − u, −w) ≤ 0
quindi (f − u, w) ≥ 0, cosicché (f − u, w) = 0 per ogni w ∈ K.
Proposizione 1.8. Se K è un sottospazio chiuso di H, l’operatore PK è lineare.
Dimostrazione. Si può scrivere
PK (αf + βg), w = (αf + βg, w) = α(f, w) + β(g, w)
= α PK (f ), w + β PK (g), w = αPK (f ) + βPK (g), w
per ogni w ∈ K. Una proprietà del prodotto scalare ci permette di affermare che
se u, v ∈ K e
(u, w) = (v, w) per ogni w ∈ K,
allora u = v; si ha infatti che
(u, w) = (v, w)
implica (u − v, w) = 0 per ogni w ∈ K e la tesi si ottiene scegliendo w = u − v.
L’applicazione di tale proprietà permette allora di dedurre
PK (αf + βg) = αPK (f ) + βPK (g).
+ Se K è un sottospazio chiuso non vuoto di H, l’operatore PK appartiene a
L(H, H) e risulta kPK k = 1; infatti da kPK k ≤ 1 ricaviamo che
kPK (f1 − f2 )k ≤ kf1 − f2 k
e ciò implica
kPK (f )k ≤ kf k
per ogni f ∈ H; si osserva inoltre che PK (f ) = f per ogni f ∈ K, quindi il
valore
kP (f )k
kPK k = sup K
=1
kf k
f ∈H
f 6=0
viene raggiunto da tutte le f ∈ K.
+ L’operatore PK è un operatore idempotente, ossia PK2 = PK .
Definizione 1.25. Sia H uno spazio di Hilbert e K ⊆ H non vuoto. Si dice
ortogonale di K l’insieme
K ⊥ = {z ∈ H tale che (z, w) = 0 per ogni w ∈ K}
1.11 Proiezioni
33
Definizione 1.26. Due vettori z, w si dicono ortogonali se (z, w) = 0.
Proposizione 1.9. L’insieme K ⊥ è un sottospazio chiuso di H.
Dimostrazione. K ⊥ è sicuramente un sottospazio, in base alla linearità del prodotto scalare; se infatti u, v ∈ K ⊥ e α, β ∈ R, si ha
(αu + βv, w) = α(u, w) + β(u, w) = 0.
Verifichiamo la chiusura, cioè che, data una successione {un } a elementi in K ⊥
convergente a u ∈ H, l’elemento u appartiene a K ⊥ . Per ogni w ∈ K e n ∈ N
si ha (un , w) = 0 con
|(un − u, w)| ≤ kun − uk kwk
tendente a zero per n → ∞ perché kun − uk tende a zero per n → ∞; se ne
ricava che al tendere di n a infinito è
(u, w) = 0
cioè u ∈ K ⊥ .
Teorema 1.5 (Teorema di decomposizione ortogonale). Sia H uno spazio di
Hilbert e sia K un suo sottospazio chiuso. Allora H = K ⊕ K ⊥ (cioè H è
somma diretta di K e K ⊥ ), ossia per ogni u ∈ H esistono z ∈ K e w ∈ K ⊥ tali
che u = z + w e tale decomposizione è unica.
Dimostrazione. Sia u ∈ H. Poiché K è chiuso, si può applicare il Corollario 1.2
al teorema delle proiezioni, quindi l’elemento z = PK (u) verifica l’uguaglianza
(z, x) = (u, x)
per ogni x ∈ K; analogamente, l’elemento w = u − z verifica l’uguaglianza
(w, x) = (u − z, x) = 0
per ogni x ∈ K e dunque w ∈ K ⊥ .
Per quanto riguarda l’unicità, supponiamo che esistano due decomposizioni di u
come
u = z1 + w1 = z2 + w2 ;
allora da z1 + w1 = z2 + w2 si ottiene
z1 − z2 = w2 − w1
con z1 − z2 ∈ K e w2 − w1 ∈ K ⊥ , quindi appartenenti a K ∩ K ⊥ = {0}; da
questo si deduce che z1 = z2 e w1 = w2 , pertanto la decomposizione di u è
unica.
34
Spazi di Banach e di Hilbert
Esempio 1.15. Dato lo spazio di Hilbert H = R2 e gli spazi
K = {(x1 , 0) | x1 ∈ R}
K ⊥ = {(0, x2 ) | x2 ∈ R}
(K chiuso), vale la decomposizione K ⊕ K ⊥ .
L
Esempio 1.16. Si consideri lo spazio `2 e il sottospazio c00 . Quale è il sottospazio c00 ⊥ ? Data una successione x = (xn ) ∈ `2 , tale successione è in c00 ⊥
se
∞
X
xn y n = 0
n=1
per ogni y ∈ c00 ; in base alla densità di c00 in `2 si ha c00 ⊥ = {0}.
1.12
L
Il teorema di rappresentazione di Riesz
Passiamo ora a un teorema che riguarda i funzionali lineari e continui su spazi di Hilbert. Dato uno spazio di Hilbert H, ci si chiede se lo spazio duale
H 0 = L(H, R) è ancora uno spazio di Hilbert. Fissato un elemento y ∈ H,
l’applicazione x 7→ (x, y) che va da H in R è lineare (grazie alla linearità del
prodotto scalare) e continua, ossia
k(x, y)k ≤ kxk kyk
essendo y fissato in H); si deduce quindi che x 7→ (x, y) è un funzionale lineare
e continuo, cioè un elemento dello spazio duale H 0 .
Teorema 1.6 (Teorema di rappresentazione di Riesz). Sia H uno spazio di Hilbert. Allora per ogni L ∈ L(H, R) = H 0 esiste ed è unico l’elemento y ∈ H
tale che per ogni x ∈ H si ha L(x) = (x, y). Inoltre, vale l’uguaglianza
kLkH 0 = kykH .
Dimostrazione. Consideriamo l’insieme
N = {x ∈ H tale che L(x) = 0}
cioè il nucleo del funzionale lineare L. Sicuramente N 6= ∅ perché almeno 0
appartiene a N . N è un sottospazio chiuso di H; se infatti xn → x ∈ H e
xn ∈ N per ogni n, risulta
L(x) = lim L(xn ) = 0.
n→∞
1.12 Il teorema di rappresentazione di Riesz
35
Se N ≡ H, L è il funzionale nullo, quindi scegliendo y = 0 la tesi del teorema
è immediatamente dimostrata. Se invece N ⊂ H con N non coincidente con
H, esiste un elemento z 6= 0 appartenente a N ⊥ . Cerchiamo ora un elemento y
della forma λz, con λ scalare scelto in modo che sia
L(x) = (x, λz)
(1.21)
per ogni x ∈ H. Riscriviamo (1.21) come
L(x)(z, z)
= λ(x, z)
kzk2
cioè
L(x)(z, z)
− λ(x, z) = 0.
kzk2
(1.22)
Come possiamo scegliere λ? È sufficiente che sia
L(x)
z − λx ∈ N
kzk2
per ogni x, dato che z ∈ N ⊥ ; occorre dunque che
!
L(x)
z − λx = 0.
L
kzk2
Per la linearità di L si ha che
L(x)
L(z) − λL(x) = 0
kzk2
e dunque
λ=
L(z)
;
kzk2
un tale λ soddisfa l’uguaglianza (1.22) per ogni x; l’elemento
y=
L(z)
z
kzk2
verifica allora la proprietà
L(x) = (x, y)
per ogni x ∈ H.
(1.23)
36
Spazi di Banach e di Hilbert
Dimostriamo ora l’unicità; siano per assurdo y1 e y2 verificanti entrambi la
condizione (1.23), cioè
L(x) = (x, y1 ) = (x, y2 )
per ogni x ∈ H; allora da
(x, y1 ) = (x, y2 )
segue
(x, y1 − y2 ) = 0
per ogni x ∈ H.
2
Scelto x = y1 − y2 si ha ky1 − y2 k = 0 e quindi y1 = y2 .
Proviamo infine che kLkH 0 = kykH ; si ha
kLkH 0 = sup
x∈H
x6=0
|L(x)|
|(x, y)|
kxk kyk
= sup
≤ sup
≤ kykH
kxkH
kxk
x∈H kxkH
x∈H
x6=0
x6=0
e
kyk2H = (y, y) = L(y) ≤ kLkH 0 kykH ,
quindi
kykH ≤ kLkH 0 ;
deduciamo in tal modo che kLkH 0 = kykH , cioè la tesi.
Osservazione 1.1. Sia H = `2 . Ogni funzionale L lineare e continuo si rappresenta nella forma
∞
X
x n yn
L(x) =
n=1
2
con y = (y1 , y2 , . . . ) fissato in ` .
Osservazione 1.2. Si consideri L2 (B) con B ⊆ A, B insieme misurabile. Ogni
funzionale L lineare e continuo su L2 (B) si rappresenta nella forma
Z
L(f ) =
f (x)g(x)dx
B
con g fissato in L2 (B).
Osservazione 1.3. Il teorema di rappresentazione di Riesz definisce un operatore
R : H 0 → H con R(L) = y dotato delle seguenti proprietà:
• R è lineare: R α1 L1 + α2 L2 è l’elemento z che verifica la relazione
(x, z) = α1 L1 + α2 L2 (x) = α1 L1 (x) + α2 L2 (x)
= α1 (x, y1 ) + α2 (x, y2 ) = (x, α1 y1 + α2 y2 )
= x, α1 R(L1 ) + α2 R(L2 ) .
1.12 Il teorema di rappresentazione di Riesz
• R è continuo e in particolare conserva le norme, ossia
kR(L)kH = kLkH 0 ;
• R è iniettivo perché N (R) è costituito dal solo funzionale nullo;
• R è suriettivo perché, fissato y ∈ H, il funzionale x 7→ (x, y) è un elemento di H 0 , cosicchè R è un isomorfismo isometrico tra H 0 e H. Questo
si traduce in simboli come
(L1 , L2 )H 0 : = R(L1 ), R(L2 ) H .
Osservazione 1.4. Sussiste la decomposizione H = N ⊕ N ⊥ , con dim N ⊥ = 1.
37
C APITOLO
2
Serie di Fourier
2.1
Serie di Fourier astratte
Definizione 2.1. Dato uno spazio di Hilbert H, un sistema ortonormale al più
numerabile di H è una famiglia numerabile {xn } di vettori di H tale che
(
0
se n 6= m
(xn , xm ) =
1
se n = m.
+ Un sistema ortonormale non contiene il vettore nullo dello spazio.
Definizione 2.2. Un sistema ortonormale {xn } di uno spazio di Hilbert H si
definisce completo se la condizione
(x, xn ) = 0
per ogni n ∈ N
implica necessariamente x = 0.
+ In altre parole, un sistema ortonormale è completo se l’unico vettore ortogonale a tutti i vettori del sistema è il vettore nullo.
Esempio 2.1. Una base ortonormale (e1 , . . . , en ) di Rn è un sistema completo.
L
39
40
Serie di Fourier
Esempio 2.2. In `2 (spazio di dimensione infinita) si può considerare il sistema
ortonormale completo {ej }j∈N dove ej è la successione
(0, 0, . . . , 0, 1, 0, . . . , 0, . . . )
(l’elemento 1 è in j-esima posizione) definita da
(
0
se j =
6 k
(ej , ek ) =
1
se j = k.
L
Definizione 2.3. Sia H uno spazio di Hilbert e x ∈ H. Dato un sistema ortonormale {ej } in H, i numeri reali x̂i = (x, ej ) al variare di j nell’insieme di indici,
si dicono coefficienti di Fourier dell’elemento x rispetto al sistema ortonormale
{ej }.
+ Se il sistema {ej } è completo e x 6= 0, allora necessariamente esiste almeno
un coefficiente di Fourier non nullo.
Definizione 2.4. La serie formale
∞
X
x̂j ej
j=1
in H si dice serie di Fourier dell’elemento x rispetto al sistema ej .
Si pongono due quesiti: la serie converge in H? Se converge, converge all’elemento x? La risposta a entrambe le domande è affermativa e si giunge ad essa
mediante il teorema di Fischer–Riesz.
2.2
Il teorema di Fischer–Riesz
Teorema 2.1 (Teorema di Fischer–Riesz). Sia H uno spazio di Hilbert e sia
{en } un sistema ortonormale completo di H. Allora l’applicazione Λ : H → `2
che associa a f ∈ H la successione definita da
x̂1 , x̂2 , . . .
è un isomorfismo isometrico, cioè è lineare, continua, iniettiva, suriettiva e
conserva le norme, ossia
!1/2
∞
X
2
kxkH =
|x̂j |
= kΛ(x)k`2 .
j=1
2.2 Il teorema di Fischer–Riesz
41
+ Il teorema di Fischer–Riesz continua a valere con `2 sostituito da Rn nel caso
di uno spazio di dimensione finita, fissando una base canonica in H.
Per dimostrare il teorema di Fischer–Riesz sono necessari alcuni risultati preliminari.
Lemma 2.1. Siano H uno spazio di Hilbert ed {en } un sistema ortonormale di
H; sia inoltre x = (xn ) ∈ `2 . Allora la serie
∞
X
xn en
n=1
converge in H.
Dimostrazione. È sufficiente provare la condizione di Cauchy sulle ridotte della
serie, cioè
!2
n
m
X
X
x
e
−
x
e
j j
j j −−−−→ 0;
n,m→∞
j=1
j=1
H
se infatti è n > m si ha
n
2
X
xj ej =
j=m+1
H
=
n
X
xj ej ,
j=m+1
n
X
n
X
!
xi e i
i=m+1
xi xj (ej , ei ) =
i,j=m+1
n
X
|xi |2 −−−−→ 0.
n,m→∞
i=m+1
Teorema 2.2 (Teorema della migliore approssimazione). Sia H uno spazio di
Hilbert, {ϕi }i∈N un sistema ortonormale di H e f ∈ H. Si ha allora che la
successione fˆ: N → R definita da i ∈ N 7→ fˆi appartiene a `2 . Si ha inoltre
che per ogni µ = (µi ) ∈ `2
2
2
∞
∞ ∞
X
X
X
2
0 ≤ f −
fˆi ϕi = kf k2H −
µi ϕi .
fˆi ≤ f −
i=1
H
i=1
i=1
H
(2.1)
42
Serie di Fourier
Dimostrazione. Dimostriamo in primo luogo che la successione fˆ appartiene a
`2 . Si ha per ogni m ∈ N e per ogni µ = (µi ) ∈ `2
2
m
X
µi ϕ i =
f −
i=1
=
=
kf k2H
kf k2H
+
+
= kf k2H −
f−
µi µj (ϕi , ϕj ) −
i,j=1
m
X
µi ϕi , f −
i=1
H
m
X
m
X
m
X
!
µj ϕj
j=1
m
X
µi (f, ϕj )
j=1
2
|µi | − 2
i=1
m X
m
X
µi fˆi
i=1
m ˆ 2 X ˆ 2
2
ˆ
fi +
fi + |µi | − 2µi fi
i=1
i=1
m m 2
X
ˆ 2 X
= kf k2H −
µi − fˆi ≥ 0.
fi +
i=1
(2.2)
j=1
Se µi = fˆi per ogni i = 1, . . . , m si ha
m X
ˆ 2
2
fi ≤ kf kH ;
i=1
questo significa che la successione delle ridotte di
∞ X
ˆ 2
fi è monotona e limii=1
tata, quindi tale serie converge. Risulta allora
∞ X
ˆ
ˆ 2
f
=
2
fi `
i=1
quindi fˆ = fˆi appartiene a `2 . Prendendo ora µ = fˆ nella (2.2) e passando al
limite per m → ∞, si trova l’uguaglianza in (2.1). Altrimenti, passando al limite
in (2.2) per µ generico si ha facilmente la seconda disuguaglianza in (2.1).
Segue una conseguenza importante del teorema della migliore approssimazione.
Disuguaglianza di Bessel. Sia H uno spazio di Hilbert e {ϕi } un sistema ortonormale di H. Per ogni f ∈ H si ha
∞ X
ˆ 2
2
fi ≤ kf kH .
i=1
2.2 Il teorema di Fischer–Riesz
43
Dimostrazione. Si applica il teorema della migliore approssimazione.
Teorema 2.3. Sia H uno spazio di Hilbert e {ϕi } un sistema ortonormale di H.
Le seguenti condizioni sono equivalenti:
1) per ogni f ∈ H si ha che
kf k2H
∞ X
ˆ 2 ˆ2
=
fi = f 2
(uguaglianza di Bessel-Parseval);
`
i=1
2) {ϕi } è un sistema ortonormale completo di H;
3) per ogni f ∈ H si ha
f=
∞
X
fˆi ϕi ;
i=1
4) per ogni f, g ∈ H
f, g
H
= fˆ, ĝ
`2
=
∞
X
fˆi ĝi
(identità di Parseval).
i=1
Dimostrazione. Dimostriamo innanzitutto che 1) implica 2). Se fˆi = 0 per ogni
i, allora fˆ = 0, quindi kf k2`2 = 0 e per l’uguaglianza di Bessel si ha kf k2H = 0,
pertanto f = 0; dire che fˆi = 0 per ogni i implica f = 0 significa dire che il
sistema ortonormale è completo, quindi si è dimostrata la 1).
Dimostriamo che 2) implica 3). Consideriamo
g=
∞
X
fˆi ϕi ∈ H;
i=1
per ogni j ∈ N si ha
(g, ϕj ) = ĝj = fˆj .
Osserviamo che un sistema ortonormale {ϕi } è completo se
(f, ϕi ) = fˆi = 0
per ogni i
implica f = 0, quindi se e solo se – date f e g – la relazione fˆi = ĝi per ogni
i ∈ N implica f = g. Poiché per ipotesi il sistema è completo, si ha f = g e
quindi la tesi
∞
X
f=
fˆi ϕi .
i=1
44
Serie di Fourier
Dimostriamo che 3) implica 4). Per ogni f, g ∈ H si ha
!
∞
∞
∞ X
∞
X
X
X
ˆ
(f, g)H =
fi ϕi ,
ĝk ϕk
=
fˆi ĝk (ϕi , ϕk )
=
i=1
∞
X
k=1
i=1 k=1
H
fˆi ĝi = (fˆ, ĝ)`2 .
i=1
Dimostriamo infine che 4) implica 1). Per ogni f, g ∈ H si ha per ipotesi
(f, g)H = (fˆ, ĝ)`2 ;
scegliendo g = f si ha
2
kf k2H = fˆ
2
`
e questo equivale ad affermare che per ogni f ∈ H
kf k2H
∞ X
ˆ 2
=
fi i=1
cioè la 1).
Segue ora la dimostrazione del Teorema 2.1 (di Fischer–Riesz).
Dimostrazione. Per comodità di notazione scriviamo (Λf )i = fˆi . Proviamo la
suriettività di Λ; a tal fine, per ogni µ ∈ `2 cerchiamo un f tale che
(Λf )i = µi
Scelto
f=
per ogni i ∈ N.
∞
X
µi ϕi
i=1
si ha
(f, ϕj ) = fˆj = µj
dunque
(Λf )i = µi
per ogni i ∈ N, cosicché la suriettività è provata. Per provare l’iniettività deve
aversi che, dati f, g ∈ H, la relazione (Λf )i = (Λg)i per ogni i ∈ N implica
f = g; basta ricordare che per ipotesi {ϕi } è un sistema ortonormale completo,
cioè fˆi = ĝi per ogni i ∈ N per ottenere f = g. Infine, l’applicazione Λ conserva
le norme perché vale l’uguaglianza di Bessel
2
2
kf kH = fˆ = kΛ(f )k2`2 .
`2
2.3 Ortonormalizzazione
2.3
45
Ortonormalizzazione
Definizione 2.5. Sia H uno spazio di Hilbert e S un sottoinsieme di H. Si
definisce
( m
)
X
span(S) =
ak xk : ak ∈ R, xk ∈ S
k=1
l’insieme delle combinazioni lineari finite di elementi di S.
Definizione 2.6. Sia H uno spazio di Hilbert e S un sottoinsieme di H. S si dice
linearmente indipendente se ogni suo sottoinsieme finito è costituito da elementi
linearmente indipendenti.
Teorema 2.4 (Teorema di ortonormalizzazione
di Schmidt). Sia H uno spazio
di Hilbert e x1 , . . . , xk , . . . una famiglia numerabile di elementi linearmente
indipendenti di H. Allora esiste un sistema ortonormale w1 , . . . , wk tale che
1. span{x1 , . . . , xn } = span{w1 , . . . , wn } per ogni n ∈ N;
2. span{x1 , . . . , xn , . . . } = span{w1 , . . . , wn , . . . }.
Dimostrazione. Costruiamo un sistema ortogonale {yn } con
y 1 = x1 ,
yn+1 = xn+1 −
n
X
(xn+1 , yj )
j=1
kyj k2
yj
per n ≥ 1.
Dimostriamo in primo luogo, per induzione, che
yn 6= 0
per ogni n ∈ N.
(2.3)
Si ha y1 6= 0 perché x1 ∈ {x1 , . . . , xk , . . . } è un sistema linearmente indipendente. Supposto vero per ogni n ∈ N che yn 6= 0, se per assurdo fosse yn+1 = 0
dovrebbe aversi
n
X
(xn+1 , yj )
xn+1 =
yj ,
2
ky
k
j
j=1
con yj combinazione lineare degli xj , ma questo è contro l’ipotesi di {xk }
sistema linearmente indipendente; è così dimostrata la (2.3).
Dimostriamo adesso, sempre per induzione, che
(yi , yj ) = 0
se i 6= j.
(2.4)
46
Serie di Fourier
Si ha
(y1 , y2 ) =
(x2 , y1 )
y1 , x2 −
y1
ky2 k2
!
= (y1 , x2 ) − (x2 , y1 )
(y1 , y1 )
= 0;
ky1 k2
supposto vero che per ogni k ∈ N con k ≤ n e per ogni j ∈ N con j ≤ n, j 6= k
si ha
(yk , yj ) = 0
e allora risulta
(yk , yn+1 ) =
yk , xn+1 −
= (yk , xn+1 ) −
n
X
(xn+1 , yj )
j=1
n
X
j=1
= (yk , xn+1 ) −
kyj k2
!
yj
(xn+1 , yj )
(yk , yj )
kyj k2
(xn+1 , yk )
(yk , yk ) = 0
kyk k2
cosicché la (2.4), unita alla (2.3), dimostra che il sistema {yk } è ortogonale.
Scegliendo
yk
wk =
kyk k
si ha kwk k = 1 per ogni k ∈ N e {wk } ortogonale, quindi il sistema {wk } è
ortonormale.
Osserviamo infine che i vettori yj (j = 1, . . . , n) sono combinazione lineare
degli xj per j = 1, . . . , n così come gli xj sono ottenibili come combinazione
lineare degli yj , quindi
span{x1 , . . . , xn } = span{y1 , . . . , yn } = span{w1 , . . . , wn }
e da ciò si deduce che anche
span{x1 , . . . , xk , . . . } = span{w1 , . . . , wk , . . . }.
Teorema 2.5. Sia H uno spazio di Hilbert e {ϕi }n∈N un sistema ortonormale in
H. Allora sono equivalenti le seguenti affermazioni:
1) {ϕn }n∈N è completo;
2) span{ϕi , i ∈ N} = H
(densità di span{ϕi } in H).
2.3 Ortonormalizzazione
47
Dimostrazione. Dimostriamo che 1) implica 2). La tesi richiede che per ogni
f ∈ H esiste una successione fn ∈ span{ϕi } tale che fn → f per n → ∞.
Dall’ipotesi di completezza del sistema {ϕi } si può scrivere ogni funzione f
come
∞
X
f=
fˆi ϕi ;
i=1
poiché si ha
f = lim
n
X
n→∞
e
fn =
n
X
fˆk ϕk = lim fn
n→∞
k=1
fˆk ϕk ∈ span{ϕi }
per ogni n
k=1
si deduce la 2).
Mostriamo che 2) implica 1). La tesi sancisce che per ogni f ∈ H tale che
(f, ϕn ) = 0 per ogni n ∈ N, si ha f = 0. Poiché span{ϕi , i ∈ N} = H e un
generico x ∈ H può essere rappresentato come
x = lim
n→∞
con
n
X
n
X
ak ϕk ,
k=1
ak ϕk ∈ span{ϕi }, allora se (f, ϕi ) = 0 per ogni i e dunque
k=1
f,
n
X
!
ak ϕ k
= 0,
k=1
passando al limite per n → ∞ si ha – per la continuità del prodotto scalare – che
(f, x) = 0
e, dato che questo vale per ogni x ∈ H, si ottiene f = 0.
Definizione 2.7. Sia X uno spazio normato. X si dice separabile se esiste un
sottoinsieme U di X numerabile e denso in X (cioè numerabile e tale che Ū =
X).
Esempio 2.3. `2 è uno spazio normato separabile; basta considerare
U = {combinazioni inebri finite di en a coefficienti razionali},
dove en = (0, . . . , 0, 1, 0, . . . ) e l’elemento 1 occupa l’n-esima posizione.
L
48
Serie di Fourier
+ Tutti gli spazi normati di dimensione finita sono separabili.
Proposizione 2.1. Sia X uno spazio normato di dimensione infinita. Allora le
seguenti proposizioni sono equivalenti:
1) X è separabile;
2) esiste V ⊂ X numerabile tale che span(V ) = X;
3) esiste W ⊂ X numerabile e linearmente indipendente con la proprietà
span(W ) = X.
Dimostrazione. È immediato osservare che 3) implica 2). D’altra parte, si dimostra facilmente che 2) implica 3) selezionando da V un sottoinsieme W linearmente indipendente.
Dimostriamo che 1) implica 2). Per ipotesi lo spazio X è separabile, quindi
esiste un sottoinsieme U di X numerabile tale che U = X. Posto
U = {u1 , u2 , . . . , uk , . . . }
sia V = U ; allora
X = U ⊆ span(U ) = span(V ) ⊂ X
quindi span(V ) = X.
Dimostriamo che 2) implica 1). Cerchiamo U ⊂ X numerabile e denso in X.
Sia
( m
)
X
H=
qi vi | m ∈ N, qi ∈ Q, vi ∈ V
i=1
dove V = {v1 , v2 , . . . , vk , . . . } ⊂ X; l’insieme H è numerabile.
Teorema 2.6. Sia H uno spazio di Hilbert di dimensione infinita. H ammette
l’esistenza di un sistema ortonormale completo {ϕi }i∈N in H se e solo se H è
separabile.
Dimostrazione. La chiusura di span{ϕn } in H coincide con H, pertanto l’insieme span{ϕn } è denso in H, cioè H è separabile. Viceversa, se H è separabile
esiste un sottoinsieme S ⊆ H numerabile linearmente indipendente e denso in
H tale che span(S) = H. A partire da S, utilizzando il teorema di ortonormalizzazione, si può costruire un sistema ortonormale {ϕn } che sarà necessariamente
completo grazie alla densità di S.
Esempio 2.4. Sia Lp (Ω) con Ω sottoinsieme aperto di Rn :
2.4 Serie trigonometriche
49
• se 1 ≤ p < +∞, l’insieme Lp (Ω) è separabile;
• se p = +∞ l’insieme Lp (Ω) non è separabile.
L
Esempio 2.5. Se K è un compatto di Rn , lo spazio normato C 0 (K) è separabile.
L
2.4
Serie trigonometriche
Introduciamo adesso degli importanti spazi che godono delle proprietà esposte
nei precedenti paragrafi.
2.4.1
Gli spazi Lp (T)
Lo spazio funzionale Lp (T) è costituito dalle funzioni f : R → C misurabili, di
periodo 2π e con |f |p integrabile in (−π, π); in base alla periodicità di tali funzioni, è sufficiente che la funzione |f |p sia integrabile in un qualunque intervallo
di lunghezza 2π.
Un altro spazio da tenere presente è C 0 (T), costituito dalle funzioni f : R → C
continue e periodiche di periodo 2π. Nello spazio Lp (T) si introduce la norma
kf kp =
1
2π
Z
!1/p
π
|f (t)|p dt
−π
mentre in C 0 (T) si considera la norma
kf k∞ = sup |f (t)| .
t∈R
Gli spazi Lp (T) e C 0 (T) sono spazi di Banach complessi. Lo spazio L2 (T), in
particolare, è uno spazio di Hilbert rispetto al prodotto scalare definito da
Z π
1
(f, g)L2 (T) =
f (t)g(t)dt.
2π −π
Proposizione 2.2. Valgono le seguenti inclusioni:
• C 0 (T) ⊂ Lp (T);
• Lp (T) ⊂ Lq (T) se p > q
con
• kf kp ≤ kf k∞ per ogni f ∈ C 0 (T);
50
Serie di Fourier
• kf kq ≤ kf kp per ogni f ∈ Lp (T), se p > q.
Dimostrazione. Se f ∈ C 0 (T), allora si ha f ∈ Lp (T) per ogni p e vale (per la
disuguaglianza di Hölder)
kf kp =
1
2π
Z
!1/p
π
|f (t)| dt
Z
1
2π
≤
−π
!1/p
π
−π
kf k∞ dt
= kf k∞ .
Osserviamo poi che se p > q vale l’inclusione Lp (T) ⊂ Lq (T) quindi
1
kf k1 =
2π
Z
1
=√
2π
π
|f (t)| dt ≤
−π
1
2π
Z
π
−π
1
2π
Z
π
!1/2 Z
|f (t)| dt
π
2
−π
!1/2
dt
−π
!
√
|f (t)| dt
2π = kf k2 .
2
Proposizione 2.3. Lo spazio C 0 (T) è denso in Lp (T) per ogni p ∈ [1, +∞).
Preso un qualunque elemento f ∈ Lp (T) esiste una successione di funzioni
fn ∈ C 0 (T) tale che fn → f in Lp (T). Lo spazio L2 (T) è di Hilbert rispetto al
prodotto scalare (·, ·)L2 (T) .
2.4.2
Polinomi e serie trigonometriche
Ricordiamo innanzitutto la relazione di Eulero
eikt = cos(kt) + i sin(kt).
n o
delle funzioni a valori complessi periodiche di
Sia data la famiglia eikt
k∈Z
periodo 2π; sono
funzioni appartenenti a C 0 (T) e quindi contenute in tutti gli
Lp (T). Si ha eikt = 1 per ogni t ∈ R.
Un sistema ortonormale in L2 (T) è dato proprio da queste funzioni:
(
Z π
Z π
1
se k = n
1
1
eikt , eint =
eikt eint dt =
ei(k−n)t dt =
2π −π
2π −π
0
se k 6= n
Un polinomio trigonometrico si rappresenta come
n
X
k=−n
ak eikt .
(2.5)
2.4 Serie trigonometriche
51
Definizione 2.8. Una serie trigonometrica è una serie di funzioni
∞
X
ak eikt
k=−∞
dove {ak }k∈Z si dice successione dei coefficienti.
La convergenza di una serie trigonometrica va intesa nel senso seguente: la serie
trigonometrica converge in . . . se la successione dei polinomi trigonometrici in
(2.5) converge in . . . per n → ∞.
Data una funzione f ∈ L2 (T), i coefficienti di Fourier di f sono dati da
Z π
1
ikt
ˆ
fk = (f (t), e ) =
f (t)e−ikt dt
2π −π
e la corrispondente serie di Fourier è
+∞
X
fˆk eikt =
k=−∞
Z π
+∞
X
1
f (s)eik(t−s) ds
2π −π
k=−∞
(si può anche parlare di polinomi di Fourier per la f ). Si ha inoltre
f (t)e−ikt = |f (t)|
A norma delle relazioni di Eulero, una serie di Fourier
+∞
X
ak eikt si può scrivere
k=−∞
come
a0 +
+∞
X
ak [cos(kt) + i sin(kt)]
k=−∞
= a0 +
+∞
X
[(ak + a−k ) cos(kt) + i(ak − a−k ) sin(kt)]
k=1
I polinomi trigonometrici si riscrivono allora come
a0 +
n
X
{Ak cos(kt) + Bk sin(kt)}
k=1
dove Ak = (ak + a−k ) e Bk = i(ak − a−k ). La convergenza di una serie
trigonometrica è quindi la convergenza della serie di seni e coseni con le ridotte
52
Serie di Fourier
appena scritte e i cui coefficienti sono dati da
Z π
1
a0 =
f (t)dt
2π −π
Z
1 π
Ak =
f (t) cos(kt)dt
π −π
Z
1 π
f (t) sin(kt)dt
Bk =
π −π
2.4.3
Serie di seni e coseni
Data una funzione f : R → C, consideriamo le ridotte della serie trigonometrica
Z
1 π
Ak =
f (t) cos(kt)dt,
π −π
Z
1 π
Bk =
f (t) sin(kt)dt.
π −π
Presentano qualche interesse i seguenti tre casi:
1. se f è a valori reali, i coefficienti di Fourier rispetto ai seni e ai coseni sono
tutti reali;
2. se f è pari, si ottiene una serie di soli coseni;
3. se f è dispari, si ottiene una serie di soli seni.
2.4.4
Il nucleo di Dirichlet
Definizione 2.9. Siano date f, g ∈ L2 (T). Si definisce prodotto di convoluzione
delle funzioni f e g la funzione
1
(f ∗ g)(t) =
2π
Z
π
f (s)g(t − s)ds = f, g(t − · )
−π
Se una delle due funzioni è un polinomio trigonometrico, ad esempio
p(t) =
n
X
k=−n
ak eikt
2.4 Serie trigonometriche
53
il prodotto di convoluzione con una qualunque funzione f di L2 (T) è ancora un
polinomio trigonometrico; si ha infatti
Z π
Z π
n
X
1
1
(p ∗ f )(t) =
f (s)p(t − s)ds =
f (s)
ak eik(t−s) ds
2π −π
2π −π
k=−n
Z π
n
n
X
X
1
f (s)e−iks ds =
=
ak fˆk eikt
ak eikt
2π
−π
k=−n
k=−n
La funzione
Dn (t) =
n
X
eikt
(n ∈ N)
k=−n
si dice nucleo di Dirichlet. La successione
(Dn ∗ f )(t) =
n
X
fˆn eikt
k=−n
fornisce i polinomi di Fourier di f . Ci chiediamo se tali polinomi convergono in
L2 (T) a f stessa, e a ciò si risponderà nel prossimo paragrafo.
2.4.5
Il nucleo di Fejér
La media aritmetica dei primi n + 1 nuclei di Dirichlet
D0 + D1 + · · · + Dn
Kn =
n+1
si dice nucleo di Fejér. La convoluzione di Kn con f dà
!
!
j
n
n X
X
X
1
1
Kn ∗ f =
fˆk eikt .
Dj ∗ f (t) =
n + 1 j=0
n + 1 j=0 k=−j
Per il nucleo di Fejér valgono le seguenti proprietà:
1)
Kn (t) =
n
X
j=−n
!
1−
|j|
eijt ,
n+1
t ∈ R;
2)

!

n
+
1


sin2
t



2

1

!
Kn (t) = n + 1
t

sin2



2



n + 1
se t 6= 2kπ (k ∈ Z)
se t = 2kπ (k ∈ Z)
;
54
Serie di Fourier
3) Kn ∈ C ∞ (R), Kn (t) ≥ 0 per ogni t ∈ R;
4) Kn (t) = Kn (−t) per ogni t ∈ R;
Z π
1
5)
Kn (t)dt = 1;
2π −π
6) per ϑ ∈ (0, π) si ha
0 ≤ Kn (t) ≤
1
(n + 1) sin2
ϑ
2
!
per ogni t ∈ [ϑ, π],
e dunque Kn tende a 0 uniformemente nell’insieme [−π, −ϑ] ∪ [ϑ, π].
Teorema 2.7. Se f ∈ C 0 (T) allora Kn ∗ f tende a f in C 0 (T), cioè uniformemente.
Dimostrazione. Scriviamo
Z π
Z π
1
1
(Kn ∗ f )(t) − f (t) =
Kn (τ )f (t − τ )dτ −
Kn (τ )f (t)dτ
2π −π
2π −π
Z π
1
=
Kn (τ )(f (t − τ ) − f (t))dτ.
2π −π
Osserviamo che Kn (s) = Kn (−s); e pertanto con cambio di variabile τ = −s
si ha
Z 0
Z π
1
1
Kn (τ )(f (t − τ ) − f (t))dτ =
Kn (s)(f (t + s) − f (t))ds;
2π −π
2π 0
scindiamo l’integrale, ottenendo
Z π
1
(Kn ∗ f )(t) − f (t) =
Kn (τ )(f (t − τ ) − f (t))dτ
2π −π
Z 0
Z π
1
1
=
Kn (τ )(f (t − τ ) − f (t))dτ +
Kn (τ )(f (t − τ ) − f (t))dτ
2π −π
2π 0
!
Z
1 π
f (t + τ ) + f (t − τ )
=
Kn (τ )
− f (t) dτ.
π 0
2
Si ha dunque
|(Kn ∗ f )(t) − f (t)| ≤ In (ϑ) + Jn (ϑ)
per ϑ ∈ (0, π),
2.4 Serie trigonometriche
55
dove
Z
f (t + τ ) + f (t − τ )
1 ϑ
In (ϑ) =
Kn (τ ) − f (t) dτ
π 0
2
Z π
1
f (t + τ ) + f (t − τ )
Jn (ϑ) =
Kn (τ ) − f (t) dτ.
π ϑ
2
Dato ε > 0, per l’uniforme continuità di f si trova ϑ ∈ (0, π) tale che |τ | ≤ ϑ
implica
f (t + τ ) + f (t − τ )
− f (t) ≤ ε per ogni t ∈ R.
2
Per l’ultima delle proprietà di Kn , dato ϑ si riesce a trovare n̄ ∈ N tale che per
ogni n ≥ n̄
|Kn (τ )| ≤ ε per ogni τ ∈ (ϑ, π).
Abbiamo
ε
0 ≤ In (ϑ) ≤
π
Z
0
ϑ
ε
Kn (τ )dτ ≤
π
Z
0
π
ε
Kn (τ )dτ =
2π
Z
π
Kn (τ )dτ = ε
−π
dove l’ultima uguaglianza vale per la parità di Kn . Per quanto riguarda Jn ,
abbiamo
Z ε π f (t + τ ) + f (t − τ )
− f (t) dτ
0 ≤ Jn (ϑ) ≤
π ϑ
2
e
Jn (ϑ) ≤
≤
=
=
Z π
Z π
ε
ε
|f (t + τ ) − f (t)| dτ +
|f (t − τ ) − f (t)| dτ
2π ϑ
2π ϑ
Z π
Z π
ε
ε
|f (t + τ ) − f (t)| dτ +
|f (t − τ ) − f (t)| dτ
2π 0
2π 0
Z t+π
Z t
ε
ε
|f (s) − f (t)| ds +
|f (s) − f (t)| ds
2π t
2π t−π
!
Z t+π
Z π
1
ε
|f (s) − f (t)| ds ≤ ε
|f (s)| ds + |f (t)|
2π t−π
2π −π
!
≤ ε kf k1 + kf k∞
≤ 2ε kf k∞ ;
questo implica che
|(Kn ∗ f )(t) − f (t)| ≤ In (ϑ) + Jn (ϑ) ≤ ε(1 + 2 kf k∞ )
e quindi Kn ∗ f → f in C 0 (T).
56
Serie di Fourier
Corollario 2.1. La famiglia dei polinomi trigonometrici è densa in C 0 (T) rispetto alla metrica di C 0 (T).
Teorema 2.8. La famiglia di funzioni eikt con k ∈ Z costituisce un sistema
ortonormale completo per lo spazio di Hilbert L2 (T).
Dimostrazione. Il sistema ortonormale {eikt }k∈Z è completo se e solo se
span({eikt }i∈Z ) = L2 (T).
Per ogni f ∈ L2 (T), dato ε > 0 occorre trovare una funzione
g ∈ span{eikt }i∈Z tale che kf − gk2 ≤ ε.
Lo spazio C 0 (T) è denso in L2 (T) a norma della Proposizione 2.3. Data f ∈
L2 (T), troviamo una h ∈ C 0 (T) tale che kf − hk2 ≤ ε/2. Ora, per questa
h ∈ C 0 (T), servendoci del Teorema 2.7 troviamo un polinomio trigonometrico
g tale che kh − gk∞ ≤ ε/2. Poiché si ha
kuk2 ≤ kuk∞
per ogni u ∈ C 0 (T), si ricava facilmente
kf − gk2 ≤ kf − hk2 + kh − gk2 ≤ kf − hk2 + kh − gk∞ ≤ ε.
Esempio 2.6. Sia H = L2 (T). Il sistema {eikt } è un sistema ortonormale completo, infatti ogni f ∈ L2 (T) si può scrivere come somma della sua serie di
Fourier rispetto al sistema {eikt }. Si ha
Dn ∗ f =
n
X
n→∞
fˆj ej −−−→ f
j=−n
nel senso di L2 (T). In modo analogo si può dimostrare che il sistema
{1, sin kt, cos kt}
è un sistema ortogonale e completo.
L
Bibliografia
[1] Haim Brezis. Analisi funzionale. Liguori, 1986.
[2] G. Gilardi. Analisi matematica di base. McGraw-Hill, 2001.
57