Neuroni a specchio e nuovi modelli educativi di Giovanna Caporaso tecnico/ricercatore Nucleo territoriale Campania (ex IRRE) La scoperta dei neuroni specchio consente di capire come percepiamo e comprendiamo gli altri in modo nuovo e quindi di suscitare nuove riflessioni in ambito pedagogico. I risultati della ricerca delle neuroscienze cognitive possono e debbono influenzare anche il modo in cui concepiamo cosa debba essere insegnato e come farlo. La recente scoperta ha messo in luce un aspetto fondante della nostra dimensione sociale, della reciprocità che ci mette in condizioni di stabilire relazioni con gli altri. Una delle conseguenze più importanti è quella di una possibile ridefinizione del processo di insegnamento-apprendimento, in quanto i neuroni a specchio sottolineano la rilevanza per il processo di acquisizione del sapere dell’esperienza pratica, in particolare motoria, e, in secondo luogo perché ci rimandano ad un concetto di intelligenza come qualcosa di profondamente attinente alla interazione e all’apprendimento per imitazione, ed infine come qualcosa di estremamente plastico e modulabile dall’esperienza. Perfino la comprensione semantica del linguaggio è mediata, almeno in parte da meccanismi di simulazione che vedono coinvolto il sistema motorio. Comprendere una frase che esprime un’azione sicuramente comporta l’attivazione di quegli stessi circuiti nervosi coinvolti durante l’effettiva esecuzione di quella stessa azione. Addirittura è possibile pensare che una parte dei concetti che normalmente utilizziamo nel linguaggio e nel pensiero hanno probabilmente radici senso-motorie. Per non parlare del fatto che queste ricerche neuroscientifiche ci possono fornire una chiave di letture essenziale, biologicamente fondata, dell’essere umano , della reciprocità, di come si relaziona agli altri. Il meccanismo di funzionamento dei neuroni a specchio gioca un ruolo fondamentale anche per la comprensione di come si costruisce la cosiddetta identità sociale: noi siamo in grado riconoscere l’altro come simile a noi , dal momento che condividiamo le stesse esperienze, e questo perché abbiamo in comune gli stessi meccanismi neurali. I neuroni a specchio, scoperti da un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, su dei macachi e successivamente sugli uomini, sono una classe di neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un'azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri . I neuroni dell'osservatore "rispecchiano" quindi il comportamento dell'osservato, come se stesse compiendo l'azione egli stesso. Nell'uomo, oltre ad essere localizzati in aree motorie e premotorie, si trovano anche nell'area di Broca, e nella corteccia parietale inferiore. Alcuni scienziati considerano la scoperta dei neuroni specchio una delle più importanti delle neuroscienze degli ultimi dieci anni. La funzione del sistema specchio è soggetto di molte ipotesi teoriche. Questi neuroni possono essere importanti per la comprensione delle azioni di altre persone e quindi per l'apprendimento attraverso l'imitazione. Alcuni ricercatori ritengono che il sistema specchio possa simulare le azioni osservate e perciò contribuire a una teoria della 1 conoscenza . È stato anche proposto il collegamento tra il sistema specchio con le patologie della conoscenza e della comunicazione, in particolare l'autismo. Ancora ampliando il campo d’indagine, gli stessi scopritori dei neuroni specchio hanno dichiarato che proprio la comprensione delle loro caratteristiche di attivazione diretta e pre-riflessiva determina intorno agli individui l'esistenza di uno spazio d'azione condiviso da altri individui, per cui si originano forme di interazione sempre più elaborate. La capacità di parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con moti del volto, gesti e suoni; la capacità di codificare istantaneamente questa percezione in termini "viscero-motori", rende ogni individuo in grado di agire in base a un meccanismo neurale per ottenere quella che gli scopritori chiamano "partecipazione empatica". Dunque un comportamento bio-sociale, ad un livello che precede la comunicazione linguistica, che caratterizza e soprattutto orienta le relazioni interindividuali, che sono poi alla base dell'intero comportamento sociale e pro-sociale. Il riconoscimento delle emozioni sembra, quindi, poggiare su un sistema di circuiti neurali che condividono la proprietà dello “specchio”, rilevata nel caso della comprensione delle azioni.. E’ stato possibile studiare sperimentalmente alcune emozioni primarie: i risultati mostrano che quando osserviamo negli altri una manifestazione di dolore o di disgusto si attiva il medesimo substrato neurale collegato alla percezione diretta della stessa emozione. L'animale umano è, dunque, un animale sociale, che per crescere e vivere ha, per sua natura, bisogno della relazione - da quella fisica a quella comunicativa - con i propri simili. Uno dei meccanismi fondamentali dell'interazione sociale è l'imitazione. Cosa c'è di più semplice della capacità di imitare una azione altrui? In realtà, come spesso ci capita, riusciamo a imitare certi gesti, ma non abbiamo idea di come sia possibile farlo, di cosa si debba sapere per imitare. Ora sappiamo che possiamo imitare l'azione altrui, perché il nostro cervello “risuona”, “rispecchia”, assieme a quello della persona che stiamo osservando. Si tratta di un meccanismo cerebrale fondamentale, perché permette una sorta di comunicazione non linguistica fra i cervelli. C'è di più: se quel che fai tu è simile a quel che faccio (o potrei fare) io, allora io sono in qualche modo tuo simile, e viceversa. Per dirla in altri termini, l'animale umano scopre se stesso - così come sosteneva Merleau-Ponty, come quel certo corpo che è, quella certa soggettività che è, soltanto attraverso la relazione con l'altro. La più importante conseguenza psicologica e filosofica di questa scoperta è che, evidentemente, contro la tendenza individualistica prevalente nella psicologia contemporanea, in particolare nelle scienze cognitive, la soggettività animale e umana in particolare, è in realtà una intersoggettività originaria. E’ auspicabile che queste ricerche sui neuroni abbiano profonde ripercussioni nel modo di insegnare. Basti pensare ai programmi di alfabetizzazione emozionale e di educazione alla prosocialità, alla necessità che il loro inserimento nel curricolo sia previsto in tutti gli ordini e gradi di scuola. Insomma i neuroni a specchio ci spiegano fisiologicamente la relazione con l’altro, ma questo non basta a fare di noi degli esseri in grado di relazionarci positivamente con gli altri. Per esempio, anche se un bambino o UN adolescente sono in grado di provare lo stesso dolore della vittima, non è detto che smettano di assumere atteggiamenti di 2 prevaricazione su di essa. Allora cosa succede in questi casi? Il bullo non ha i neuroni a specchio? Se li possiede, come può non rispecchiare la sofferenza dell’altro? I neuroni specchio non «sentono». È la persona che comprende, al livello dell'esperienza ciò che prova l'altro, anche grazie al meccanismo di simulazione sostenuto dai neuroni specchio. E’ possibile che la capacità di fare esperienza di ciò che prova l'altro non implichi necessariamente l'impossibilità di usare la violenza contro di lui. Empatizzare e simpatizzare con l'altro sono due processi distinti. Se vedo gioire il mio avversario, posso comprenderne la gioia, grazie a un meccanismo empatico, senza necessariamente condividere lo stesso sentimento, ma anzi più probabilmente derivandone un sentimento negativo. La scuola può e deve occupare questo “spazio”, quello della intersoggettività per ampliare le competenze sociali e civiche, perché esse sono collegate al bnessere personale e sociale. Educare al benessere, alle buone relazioni, ai buoni sentimenti, facilitando la creazione di climi positivi a scuola, non può più essere solo il frutto di una scelta consapevole di docenti e dirigenti lungimiranti, ma, dovrebbe essere parte integrante del programma didattico-educativo. Del resto ormai quasi tutte le linee guida per l’attuazione di programmi e/o di indicazioni ministeriali guardano alla capacità di stabilire buone relazioni come uno degli obiettivi formativi più importanti, capace di garantire lo sviluppo pieno della persona e delle cosiddette competenze per la vita. Bibliografia Giacomo Rizzolatti-Corrado Sinigallia, So quel che fai, Raffaello Cortina, Milano,2006 Mario Iacobazzi, Ineuroni a specchio. Come capiamo ciò che fanno gli altri, Bollati Boringhieri, Torino, 2008-08-04 Giacomo Rizzolatti –lisa Vozza, Nella mente degli altri. Neuroni specchio e comportamento sociale, Zanichelli, Bologna,2007 3