L`Italia: dai Comuni agli Stati regionali

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Il diseguale sviluppo socioeconomico tra Nord e Sud
L’Italia: dai Comuni
agli Stati regionali
6.1 L’Italia nel XIV
Milano
Asti
Regno d’Italia
Verona
Venezia
L’economia italiana tra
Trecento e Quattrocento
Piacenza
Bologna
Genova
Pisa
Firenze
e XV secolo
Ancona
STATO
DELLA
CHIESA
Mare Adriatico
Corsica
(nel 1284 a Genova)
Roma
Benevento
Napoli
Sardegna
Taranto
REGNO DI SICILIA
(dal 1326 agli Aragonesi)
(dal 1266 agli Angioini)
Mar Tirreno
Palermo
Sicilia
(dal 1282 agli Aragonesi)
La penisola italiana nel Trecento
Due banchieri, affresco di Niccolò di Pietro Gerini, XIV sec.
Mar Ionio
Nel periodo di crisi e di trasformazione
dell’economia continentale tra Trecento e
Quattrocento, anche il sistema commerciale e produttivo della nostra penisola conobbe profondi cambiamenti.
L’evoluzione più importante si ebbe nel
campo degli scambi commerciali. La crescente e minacciosa presenza dei turchi nel
Mediterraneo orientale iniziò a mettere in seria difficoltà i mercanti italiani che operavano in quell’area per rifornirsi di beni di lusso
provenienti dall’Asia. Già nel corso del Trecento, inoltre, trafficanti francesi, spagnoli
e inglesi avevano sviluppato scambi con gli
emirati indipendenti del Nord Africa (Egitto
e Tunisia in particolare), sostenuti con vigore dalle loro potenti monarchie nazionali: le
città italiane cominciarono quindi a patire
una concorrenza sempre più agguerrita. Tuttavia, Genova e, soprattutto, Venezia, continuarono a ricoprire un ruolo preponderante
fino almeno alla metà del Quattrocento.
Trasformazioni importanti interessarono
l’Italia anche nel campo della finanza. Fino
alla metà del Trecento i banchieri fiorentini
e genovesi avevano dominato il campo del
risparmio e del prestito (sia verso le compagnie commerciali private sia verso Stati
e principati). Dopo i fallimenti di alcune
imprese fiorentine a metà secolo (i Bardi e i
Peruzzi), il settore conobbe un momento di
grave crisi, dal quale nuovi banchieri seppero però emergere e proporsi sul mercato (a
Firenze crebbe l’importanza della famiglia
Medici). L’Italia rimase dunque una piazza
finanziaria di primo piano, pur perdendone
il monopolio.
Un diseguale sviluppo nei settori produttivi
(agricoltura, artigianato e manifatture) cominciò a segnare il destino delle due grandi
aree in cui già allora si divideva la penisola: Meridione e Isole da una parte, Centro e
Settentrione dall’altra.
In Meridione, politicamente più omogeneo e dominato da monarchie accentratrici,
non si era sviluppata una classe di mercanti
e artigiani sufficientemente ampia e dinamica da imprimere una svolta alla società e
all’economia. Rimaneva invece fondamentale il ruolo della nobiltà feudale, ossia dei
grandi proprietari fondiari, e l’agricoltura
e la pastorizia erano le attività economiche
prevalenti. I grandi latifondi erano alla base
del sistema agricolo, e occupavano moltissimi contadini salariati senza nessuna
prospettiva di progresso sociale. I cereali, il
vino e l’ olio , venduti in Italia ed Europa,
erano destinati esclusivamente al consumo
alimentare, coltivati su grandi estensioni e
con l’impiego delle tecniche agricole meno
progredite. Era quasi del tutto assente, invece, la produzione manifatturiera. Infatti, la
nobiltà si procurava i beni artigianali principalmente scambiando i propri prodotti
agricoli sui mercati dell’Italia centrale e settentrionale, o degli altri paesi europei.
Il territorio del Centro e del Nord, invece, era frammentato tra numerose entità
politiche diverse: dapprima in Comuni, poi,
come vedremo, in numerosi Stati regionali. I mercanti e borghesi urbani avevano
acquisito dalla nobiltà feudale parte della
proprietà delle terre; nella pianura padana
i nuovi proprietari iniziarono, accanto alle
colture più tradizionali (frumento in particolare) a investire in nuove coltivazioni che
sfruttavano l’abbondanza di acqua disponibile (riso e piante da foraggio) e garantivano nuove fonti di guadagno (come la seta
e l’allevamento). Tra i contadini – non tutti
dipendenti salariati – vi era una crescente
percentuale di mezzadri e piccoli e medi
proprietari, direttamente interessati allo
sviluppo della propria produzione. Inoltre,
abbondavano le manifatture tessili (lana e
seta), era sviluppata la produzione di metalli e si era affermata una rete di produzioni
artigianali (come quella delle armi a Milano) destinate anche all’esportazione.
Nel quadro di una complessiva perdita di
centralità dell’economia italiana (fenomeno che tuttavia diverrà drammatico solo nel
Seicento), l’Italia centro-settentrionale era
comunque in grado di reggere efficacemente la concorrenza delle aree europee emergenti (Sud e Nord-est della Francia, Fiandre,
Germania settentrionale e meridionale, Inghilterra) e, anzi, partecipava del loro dinamismo.
Le crescenti divisioni
all’interno dei Comuni
Il periodo di maggiore prosperità dei Comuni del Centro e Nord Italia andò all’incirca dal 1100 al 1250. Durante questo lasso
di tempo essi maturarono politicamente e
conobbero un grande sviluppo economico.
Difesero inoltre con tenacia la loro indipendenza dalle pretese dell’imperatore, se necessario alleandosi tra loro, riuscendo a tenere testa sia a Federico Barbarossa (nel XII
secolo) che a Federico II (nel XIII secolo).
Nel Trecento il crollo numerico della popolazione e la crisi economica colpirono
profondamente l’Italia, e anche i Comuni
ne risentirono. Tuttavia, essi furono scossi
in particolare dalle sempre più aspre lotte
interne. Le componenti del cosiddetto popolo grasso – ricchi nobili e borghesi (mercanti, artigiani e banchieri, gli appartenenti
alle Arti maggiori) – si disputavano il controllo politico delle città: i primi cercando
di difendere i tradizionali privilegi; i secondi
Scontro tra fazioni guelfe a Firenze, miniatura della Cronica di Villani, XIV sec.
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 Tweet Storia p. 358
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1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa
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100.000
Venezia
80.000-100.000
Palermo
50.000
Genova
50.000
Bologna
40.000-50.000
Napoli
40.000-50.000
Verona
40.000
Pisa
40.000
In tempi e modi differenti da città a città,
all’interno dei Comuni più ricchi e importanti (e in grado di imporsi sulle altre città
autonome) si affermò una nuova tendenza
politica: quella, cioè, di affidare il potere a
un solo uomo al fine di sottrarre il governo
della città alle continue turbolenze politiche
e sociali.
La ricerca di un uomo forte, cioè di un personaggio sostenuto da una famiglia potente e
in grado di raccogliere il consenso delle componenti sociali più influenti della città o di imporsi a esse con la forza, portò a esiti diversi:
• in altri casi prevalse un comandante militare vittorioso sui nemici della città;
• in altri casi ancora si impose l’esponente di
una famiglia emergente e benestante della città, di origini aristocratiche o borghesi.
In generale, quindi, i nuovi governanti dei
Comuni potevano essere dei nobili che
possedevano le terre e il denaro necessari
a finanziare un esercito con cui imporre il
loro potere. Ma potevano anche essere dei
ricchissimi borghesi, che in questo modo si
innalzavano ancora socialmente e univano
il mondo degli affari con il mondo della politica. Oppure, potevano essere i capi della
milizia, incaricati dal Comune di proteggerne le istituzioni e diventati, a poco a poco,
più potenti delle autorità stesse. In tutti i
casi comunque, il potere veniva conservato
a vita e i nuovi governanti diventavano, di
fatto, dei «signori» con pieni poteri.
Con l’avvento delle Signorie , nelle città
e nel contado cessarono in genere i conflitti
politici e sociali. E questo grande vantaggio
pose in secondo piano la perdita di indipendenza delle vecchie istituzioni comunali. Che il Comune non fosse più libero
Pavia
Alessandria
1200
Padova
Mantova
Venezia
Piacenza
Tortona
Ferrara
Parma
Bobbio
Acqui
Rovegno Reggio Emilia Modena
Ponzone
Bologna Ravenna
La Cisa
Genova
Pontremoli
Imola Faenza
Fivizzano
Firenzuola
Cesena
Forlì
Rimini
Pistoia
Lucca
Asti
Saluzzo
Mondovì
Tenda
PROVE N Z A
Mar Ligure
Urbino
Firenze
Arezzo Città di Castello
Volterra
STATO
Siena
Cortona
Massa
DE
LL A
Chiusi
Grosseto
CH I E SA
Pitigliano
Spoleto
Pisa
Ancona
c
o
Regno d’Italia
Stato della Chiesa
Mar Ti r r eno
Roma
REGNO DI
SICILIA
Monumento equestre di Bartolomeo Colleoni, Venezia.
ma sottoposto al dominio di un solo uomo
sembrava contare poco ed era visto come
una naturale evoluzione delle istituzioni
politiche che nella fase signorile rimasero in
vita anche se private di potere reale.
L’avvento dei Signori fu in realtà sostenuto e imposto dal ristretto numero di famiglie
borghesi più ricche. Esse rinunciarono volentieri a battersi tra loro e con le altre classi per le cariche di governo, e ottennero in
cambio la stabilità necessaria per mettere al
sicuro i loro investimenti e i loro affari dalle
pretese del popolo minuto. Anche i nobili
furono favorevoli al cambiamento perché in
genere i Signori garantirono in buona parte
il mantenimento dei loro antichi privilegi.
La vera vittima di questo processo storico fu il popolo minuto che, non avendo più
la forza politica né la possibilità di stringere
alleanze con altre classi sociali fu relegato ai
margini della vita cittadina.
nobiliari di duca, marchese, conte e soprattutto l’importantissimo diritto di trasmettere
il potere agli eredi dopo la morte. Una volta
formalizzata questa trasformazione, le differenti origini sociali (nobili, borghesi, militari)
vennero cancellate e nacque così una nuova
aristocrazia territoriale: il signore divenne
un principe a capo di una dinastia signori-
Dalla Signoria al Principato
Le Signorie si consolidarono rapidamente e
conobbero una evoluzione decisiva nel corso
del Quattrocento. A quell’epoca, infatti, l’autorità dei signori venne riconosciuta formalmente dai due poteri più alti: il papa e l’imperatore. Questi concessero ai signori i titoli
Il cortile di Palazzo Trinci, Foligno.
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Brescia
Cremona
Aquileia
ti
Firenze
Torino
Chieri
Treviso
Verona
a
150.000-200.000
Ivrea
Chivasso
L’avvento delle Signorie
• in alcuni casi a essere investito di più ampi
poteri fu il podestà – cioè l’amministratore
del Comune proveniente dall’esterno e con
mandato temporaneo –, che mantenne la
carica sempre più a lungo fino a tramutarsi
in una figura istituzionale stabile;
Bergamo
Milano
ri
Album p. 148
Milano
POSSEDIMENTI
DEI SAVOIA
REGNO DI GERMANIA
d
Signoria: così è
chiamata l’evoluzione
politica di molti Comuni
urbani dell’Italia centrosettentrionale intorno alla
metà del XIII secolo.
Il signore godeva di
enormi poteri e la sua
carica era vitalizia.
La nascita della Signoria
determinò la fine
del Comune.
Abitanti
CONFEDERAZIONE SVIZZERA
A
Città
L’Italia delle Signorie
re
La popolazione delle
principali città italiane
tra Duecento e Trecento
esponenti di questo ceto emergente, assieme
ai nobili sradicati dalla proprietà fondiaria e
dediti al «mestiere delle armi» (cioè alla guida delle milizie mercenarie al servizio dei Comuni e dei primi «Stati regionali») andarono a
formare la nuova classe dirigente comunale.
Ma
facendo valere il proprio dinamismo e la propria crescente fortuna.
Ai dissidi interni al popolo grasso si aggiungevano poi le pretese del popolo minuto, composto da piccoli artigiani, bottegai
e salariati. Costoro contribuivano in modo
essenziale alla ricchezza delle città e chiedevano di poter concorrere adeguatamente al
governo del Comune; cosicché si alleavano
di volta in volta con i nobili o con i borghesi
per far valere i propri interessi.
Lo scontro in seno alla città raggiungeva
la massima asprezza quando alle divisioni
interne si aggiungevano le diatribe su fatti
che noi oggi chiameremmo di «politica estera». In questo caso la contrapposizione era
tra il partito dei guelfi, sostenitori del papa,
e il partito dei ghibellini, che parteggiavano
per l’imperatore. Anche questi contrasti, pur
richiamandosi in apparenza a grandi scelte
ideali e a vicende politiche di portata europea,
si potevano, tuttavia, ricondurre a lotte tra famiglie e classi sociali all’interno della città:
la scelta di appartenere alla fazione guelfa o
a quella ghibellina era determinata dunque
principalmente da rivalità cittadine. A
Le importanti vittorie ottenute contro le
pretese imperiali avevano comunque indebolito il potere delle vecchie casate feudali e
garantito un ruolo preminente alla grande
borghesia dei commerci e della finanza. Gli
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Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
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2
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
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Principato: termine
che indica il governo
di un Principe, che
riceveva dal papa o
dall’imperatore un titolo
nobiliare, conservava
il potere per tutta la vita
e lo trasmetteva agli eredi.
La nascita del Principato
determinò quindi
la fine della Signoria, di
cui mantenne tutte
le caratteristiche, ma con
l’aggiunta fondamentale
della trasmissibilità del
potere.
Stato regionale:
istituzione politica che
aveva un’estensione
limitata al territorio
dominato dalla sua città
capitale. Si differenziava
così dallo Stato nazionale,
che comprendeva
invece l’intero territorio
di un paese e la sua
popolazione.
le e la Signoria si trasformò in Principato .
I Principi agirono su due fronti, interno ed
esterno.
Sul fronte interno, soppressero ciò che
rimaneva delle strutture politiche del Comune, finendo per esercitare un potere personale quasi assoluto, paragonabile a quello di un monarca. Crearono una propria
corte e favorirono lo sviluppo economico e
culturale delle città, tanto che molte di esse
divennero centri culturali e di commercio
di rilievo europeo.
Sul fronte esterno, invece, cercarono di
conquistare dei territori del contado e delle
città confinanti più deboli, allargando i domini dell’antico Comune e creando piccoli
ma compatti Stati regionali . Per portare a
termine i loro scopi militari ricorsero ai soldati mercenari delle compagnie di ventura,
professionisti della guerra che al comando di
un condottiero combattevano per chi pagava meglio. Veniva così soppiantato il vecchio
esercito dei cittadini, composto da artigiani, piccoli borghesi e bottegai che uscivano
dai loro quartieri per difendere il Comune,
allora considerato un bene di tutti. Il diffondersi delle compagnie di ventura ebbe però
talvolta conseguenze impreviste: più di un
condottiero riuscì infatti a impadronirsi del
potere nella città per cui combatteva, divenendone il signore o il principe.
Frammentazione politica e
conflitti tra Stati regionali
La creazione degli Stati regionali ebbe due
conseguenze importanti per la vita politica
dell’Italia.
In primo luogo, i centri urbani persero
quell’autonomia da cui derivava la formidabile spinta all’innovazione economica e
politico-sociale della penisola. Questa situazione accomunava l’Italia alla Germania – dove i principi si sottraevano al potere
dell’imperatore e l’Impero conosceva una
decadenza inarrestabile – e la differenziava
profondamente da Francia, Inghilterra e
Spagna. Qui i sovrani unificarono progressivamente sotto la bandiera della monarchia
nazionale il territorio dell’intero regno e popoli di lingua e tradizioni comuni. La frammentazione della penisola si rivelò fatale
dalla fine del Quattrocento, quando un’Italia divisa e debole militarmente si mostrò
incapace di difendere la propria indipendenza dalla minaccia esterna portatale prima dalla Francia e poi dalla Spagna.
In secondo luogo, il tentativo di ogni principe di estendere i confini del proprio dominio portò a un permanente stato di guerra
tra Stati regionali vicini e alla formazione di
sistemi di alleanze in continuo cambiamento. [ I NODI DELLA STORIA p. 146]
6.2 Gli Stati regionali
Esemplare per comprendere molte delle dinamiche della nascita e dello sviluppo degli
Stati regionali italiani è il caso della città di
Milano.
Alla fine del Duecento, Milano era una
città molto fiorente. Durante le lotte contro
il potere imperiale tra XII e XIII secolo aveva
ricoperto un ruolo di spicco all’interno delle diverse «leghe» tra i Comuni, e si era progressivamente imposta sui suoi tradizionali
nemici: Pavia, Lodi, Como, Cremona. La città
contava centinaia di botteghe, produceva ed
esportava in tutta Europa tessuti, prodotti
artigianali per la casa, armi e altri prodotti
metallurgici. Presenti in gran numero erano
Gli Stati regionali nell’Italia del Quattrocento
DO M I N I D E G L I A SB U R G O
CO N F. SVIZZ E RA
PRINCIPATO
Ginevra
DUCATO
DI TRENTO
Bergamo
DI
MILANO
R E P. D I V E N E Z I A
DUCATO
Aosta
DI
SAVOIA
Torino
Milano
1
Pavia
Nasce la Signoria
La Signoria diventa Principato
Padova
8
3 Cuneo
Modena
Bologna
R E P. DI
7
G E NOVA
5
6 Ventimiglia Massa 9 Lucca Firenze
Nizza
Tenda 4
Mar Ligure
Corsica
Contrapposizione tra
guelfi e ghibellini;
rivendicazioni del
popolo minuto; lotte
all’interno del popolo
grasso
Ajaccio
I M PE RO
OT TO M A N O
Rimini
Pisa
(Rep. di Genova)
REGNO D'UNGHERIA
Istria
Mantova
REGNO
Asti
Piacenza
Ferrara
Saluzzo 2 Alessandria
DI
FRANCIA
1 Genova Parma DOMINI ESTENSI
Comuni
M
Arezzo Perugia
Siena
10 REP. DI
SIENA
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STATO
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Roma
Sardegna
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Ragusa
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c o
Benevento
Mar Tirreno
DI
Potenza
1200
Taranto
Otranto
NAPOLI
Cosenza
Cagliari
Catanzaro
La musica, affresco di Gentile da
Fabriano, Palazzo Trinci, Foligno.
1
2
3
4
5
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7
8
9
10
Marchesato del Monferrato
Contea di Asti
Marchesato di Saluzzo
Contea di Tenda
Contea di Nizza
Principato di Monaco
Principato di Massa
Marchesato di Mantova
Repubblica di Lucca
Principato di Piombino
Palermo
Trapani
Sicilia
Agrigento
M a r
Messina
Reggio
Catania
Siracusa
M e d i t e r r a n e o
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Bari
REGNO
Salerno
Oristano
d
Foggia
Napoli
Torres
A
Chieti
L’Aquila
Civitavecchia
Dalmazia
Ancona
REP. DI FIRENZE Urbino
Gaeta
Fine dei dissidi politici
e sociali; potere quasi
assoluto a un solo uomo
e minore autonomia dei
centri urbani
Il Signore viene
riconosciuto dal papa
e dall’imperatore,
e ottiene un titolo
nobiliare e il diritto di
trasmettere il potere ai
suoi eredi
Trieste
Verona
Lodi
Piombino
Affidamento del potere a
un solo uomo
operai salariati, artigiani piccolo borghesi,
grandi famiglie di mercanti e imprenditori, e
nobili che mantenevano importanti proprietà fondiarie nella ricca campagna circostante. [Testimonianze  documento 4, p. 209]
Dal 1186 Milano era guidata da un podestà, ma era stata successivamente lacerata
dai violenti conflitti tra i guelfi e i ghibellini. Dietro ai due schieramenti stavano in
realtà gli esponenti delle famiglie più ricche
(in parte nobili e in parte grandi borghesi),
che ambivano a conquistare il controllo sulla città e a imporsi sul popolo minuto. Per
porre fine all’instabilità della vita cittadina
su delibera del popolo fu nominato «anziano perpetuo del popolo» un esponente della
famiglia Della Torre, ma il suo governo durò
poco perché nella città si impose ben presto
l’autorità dei Visconti.
Il ducato di Milano e i Visconti
Le fasi del passaggio da Comune a Principato
Conflitti politici e sociali
L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
Nel 1311 Matteo I Visconti ottenne dall’imperatore Enrico VII il titolo di vicario imperiale. Nel 1322 a lui succedette, ereditando tutte le prerogative della carica, il figlio
Galeazzo. Da quel momento, quindi, Milano
fu di fatto guidata da una Signoria ereditaria.
Dopo che i Visconti ebbero sconfitto tutti i
loro nemici interni ed esterni, la loro dignità
fu confermata ufficialmente nel 1395 dall’imperatore Venceslao, che assegnò a Gian Galeazzo Visconti (1378-1402) il titolo di duca
di Milano. Egli governava a quell’epoca una
metropoli che contava circa 200.000 abitanti
e con i suoi eserciti sconfisse e occupò molte
città, da Verona a Vicenza, da Padova a Lucca,
da Pisa a Siena, fino Genova. Il ducato di Milano estendeva dunque il suo dominio a buona
parte dell’Italia centro-settentrionale e simbolo del potere ducale fu il duomo milanese,
la cui costruzione cominciò proprio allora.
Alla morte di Gian Galeazzo, tuttavia, i
possedimenti di Milano si ridussero e tornarono entro i confini della Lombardia: la
dura lotta per la successione aveva indebolito la città e favorito l’offensiva di Venezia,
di Firenze e del papato.
Dal 1412 si impose a capo della città
uno dei figli di Gian Galeazzo, Filippo Maria (1412-1447). Egli assoldò truppe mercenarie guidate da capitani di ventura, riuscì a rafforzare internamente il ducato e
a riconquistare Genova, entrando però in
grave contrasto con Venezia che, alleatasi
con Firenze, sconfisse i milanesi a Maclodio (1427). Quando i Visconti si estinsero,
vicario: chi svolge un
compito in sostituzione
di qualcun altro.
Il vicario imperiale
era il rappresentante
e il «sostituto»
dell’imperatore per un
determinato territorio.
 Tweet Storia p. 358
I possedimenti di Venezia in terraferma e oltremare nel Quattrocento
Venezia
Genova
Pisa
Trieste
Ravenna
Roma
Zara
Spalato
Ragusa
Cattaro
Napoli
Palermo
Bona
Tunisi
Messina
Siracusa
Possedimenti veneziani
Acquisizioni temporanee
Scali commerciali
Principali rotte commerciali
Soldaia
M a r
Lepanto
Atene
Patrasso
Argo Nauplia
Modone
Malvasia
Corone
Mar Mediterraneo
N e r o
Sinope
Durazzo
Eraclea
Tessalonica
Costantinopoli
Butrinto
Gallipoli Rodosto
Cerigo
La Canea
Tripoli
Tarso
Lesbo
Focea
Efeso
Mileto
Rodi
Candia
Tobruk
Alessandria
Trebisonda
Lajazzo
Antiochia
Nicosia Famagosta
Pafo
Beirut
Sidone
Tiro Damasco
Acri
Gerusalemme
Damietta
La «Porta della carta» di Palazzo ducale, Venezia.
nel 1447, i milanesi cercarono di dare vita
a una repubblica. Dovendo però difendersi
dalle mire di Venezia, si misero sotto la protezione del condottiero Francesco Sforza
(1450-1466). Uomo d’arme e personaggio
molto astuto, approfittò della propria forza militare e del suo matrimonio con Bianca Maria Visconti (figlia naturale di Filippo
Maria) costringendo le autorità cittadine a
consegnargli il governo. Era il 1450. Il potere passò poi a due figli di Francesco: prima
a Galeazzo Maria, che fece di Milano una
delle capitali della cultura italiana, e dopo a
Ludovico Maria detto il Moro. Gli Sforza regnarono sul ducato lombardo (seppure con
qualche interruzione) fino al 1535.
La Repubblica di Venezia
Nel Duecento, la Repubblica di Venezia
rafforzò il suo dominio sul Mediterraneo
orientale, aggiungendo ai possedimenti della costa adriatica molte isole del Mare Egeo,
tra cui Rodi e Creta. L’impetuosa espansione
militare favorì i già floridi commerci della
repubblica e diede grande prestigio alle più
importanti famiglie dell’aristocrazia mercantile. Il doge, con la sua splendida corte,
rappresentava Venezia ma non aveva alcun
potere effettivo. La politica era invece nelle mani del Maggior Consiglio, il massimo
organo politico della Repubblica veneziana
nel quale entravano, per diritto ereditario,
solo i borghesi più ricchi, esponenti delle
grandi famiglie di mercanti internazionali.
E ogni tentativo di rivolta popolare veniva
duramente represso.
Nel Trecento, la supremazia di Venezia
sui mari  e sui commerci con l’Asia fu mes-
sa in pericolo dall’avanzata dei turchi ottomani, che insidiavano il dominio veneziano
nell’Adriatico e nell’Egeo; la Repubblica era
inoltre impegnata in furiose guerre contro
Genova, che minacciava i suoi commerci in
Oriente. Proprio durante questi conflitti, la
Repubblica si rese conto della propria vulnerabilità: tutta proiettata sul Mediterraneo,
poteva essere sconfitta da un semplice blocco navale.
Fu questo il motivo che agli inizi del Quattrocento spinse la Serenissima  alla conquista di un regno di terraferma che le avrebbe assicurato adeguate riserve alimentari e il
controllo delle vie commerciali interne (verso l’Europa centrale e verso il resto dell’Italia).
Nuove guerre, combattute soprattutto contro
Milano in alleanza con Firenze, le permisero di costruire un vasto Stato regionale, che
comprendeva il Veneto, il Trentino e parte
della Lombardia (le attuali province di Bergamo e Brescia) fino al fiume Adda. Venezia,
con accortezza, lasciò ampia autonomia alle
città conquistate, imponendo solo la scelta
del podestà. E riuscì con tali possedimenti a
compensare le crescenti difficoltà incontrate
nel Mediterraneo, dove l’Islam stava strappando a poco a poco alla Repubblica isole,
porti ed empori commerciali .
La temporanea supremazia di Venezia
nell’Italia settentrionale suscitò i timori di
Firenze, che ruppe l’alleanza con i veneziani unendosi a Milano. Per tutta la prima
metà del Quattrocento l’equilibrio tra gli
Stati regionali italiani sembrava impossibile
da raggiungere.
Firenze e i Medici
Dopo il tumulto dei Ciompi, il governo di
Firenze venne riconquistato dai nobili e
dai mercanti più ricchi, decisi a imporre
alla città il loro ordine. Nonostante i disordini interni, il Comune non era mai stato
così potente. Conquistate Pisa e Livorno al
principio del Quattrocento, Firenze estese il
suo dominio sull’intera Toscana. In questo
periodo la città conobbe un eccezionale sviluppo economico e culturale e – alleandosi con Venezia – contrastò efficacemente le
mire espansionistiche dei Visconti di Milano e degli Angioini di Napoli.
In questo quadro politico una nuova èra
si aprì nel 1434, quando Cosimo de’ Medici,
senza alcun mandato dalle autorità cittadine (ma con l’appoggio sia del popolo grasso
1200
emporio
commerciale: nel
Medioevo era un centro
di vendita mercantile,
situato nelle città portuali
in territorio straniero e
concesso dalle autorità
portuali ai mercanti della
repubblica di Venezia
(che aveva inventato
questo sistema per
favorire i suoi commerci).
Rappresentavano per la
repubblica una notevole
fonte di guadagno.
 Tweet Storia p. 358
Il giovane Lorenzo il Magnifico raffigurato come uno dei Magi da Benozzo Gozzoli.
Una veduta di Firenze del XV sec.
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
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che dei settori più moderati del popolo minuto), creò di fatto la Signoria medicea. Egli
mantenne in vita le istituzioni del Comune,
formalmente non assunse nessun incarico
pubblico e rimase ad abitare nella sua casa
privata non facendosi mai chiamare «Signore»; di fatto però diventò il dominatore della
vita cittadina. I Medici avevano costruito le
loro fortune sui commerci e il prestito del
denaro, divenendo però con il tempo anche proprietari di molte terre e manifatture.
Dopo trent’anni di governo, a Cosimo succedettero il figlio Piero e poi il nipote Lorenzo
detto il Magnifico.
Lorenzo si guadagnò l’appellativo «magnifico» grazie alla sua straordinaria abilità politica, alla sua grande cultura, e alla ricchezza
della sua corte. Era egli stesso poeta e amante delle lettere, e si circondò dei migliori artisti del tempo: il pittore Sandro Botticelli, lo
scultore Donatello e architetti come Filippo
Brunelleschi e Leon Battista Alberti; Michelangelo Buonarroti, uno dei massimi geni di
ogni tempo, crebbe artisticamente proprio
alla corte di Lorenzo. D5 Firenze divenne il
centro principale di quel fenomeno artistico-culturale denominato Rinascimento che
portò l’Italia all’avanguardia in Europa. D10
Figura politica molto rispettata dai suoi
contemporanei, Lorenzo fu l’ago della bi-
lancia della politica italiana della seconda
metà del Quattrocento: contribuì infatti
con le sue doti diplomatiche a mantenere
la pace instaurata a Lodi nel 1454. Nel 1478,
sfuggì a una congiura ordita dai Pazzi, famiglia nobile rivale dei Medici, e sconfisse
negli anni le ultime famiglie aristocratiche
che cercavano di opporsi alla sua autorità.
[Testimonianze  documento 5, p. 210] Lorenzo governò dal 1469 fino alla sua morte
nel 1492, e negli ultimi anni esercitò un potere incontrastato.
Nel 1494, poco tempo dopo la sua morte,
la discesa in Italia del re di Francia Carlo VIII
costrinse i Medici ad abbandonare temporaneamente la città. Ma il potere venne riacquistato all’inizio del XVI secolo e nel 1532,
per concessione dell’imperatore Carlo V, la
Signoria di Firenze si trasformò in Ducato di
Toscana, sempre sotto l’insegna della famiglia medicea.
Lo Stato della Chiesa
Nel Trecento lo Stato della Chiesa raggiunse
una notevole estensione territoriale: occupava infatti Lazio, Umbria, Marche e tutta la
Romagna ed era il più vasto fra tutti gli Stati italiani. I papi difendevano i loro confini
attraverso alleanze e guerre, esattamente
Il Palazzo papale a Viterbo.
Il Palazzo papale di Orvieto.
come ogni altro signore o sovrano della penisola: a causa di questa politica «terrena» i
papi venivano così accusati (e non a torto)
di interessarsi maggiormente alla cura del
potere temporale che ai bisogni spirituali dei
fedeli. Lo scopo di queste continue mosse
sullo scacchiere politico italiano era quello
di evitare un accerchiamento territoriale che
mettesse in pericolo i possedimenti del pontefice. Il rischio crebbe dopo la nascita di Stati regionali potenti come Firenze o Milano.
Roma, spesso in preda a violente sommosse popolari, rimaneva un luogo poco
sicuro per i papi, che preferivano vivere a
Orvieto, Viterbo e Perugia. E quanto fosse
precaria l’autorità del successore di Pietro
nella città eterna fu dimostrato nel periodo
della cattività avignonese (1307-1377). Infatti, una volta partito Clemente V alla volta
della Francia, Roma cadde nelle mani della
nobiltà, divisa tra le due potenti famiglie degli Orsini e dei Colonna in lotta per il potere.
La rabbia popolare per questo stato di cose
esplose nel 1347 e fu incarnata da Cola di
Rienzo (1313-1354): notaio di umili origini,
grande studioso di antichità romane e nostalgico dell’antica grandezza di Roma, era
una figura carismatica capace di arringare e
infiammare la folla. Con un colpo di mano
sollevò il popolo capitolino contro i nobili
e si fece proclamare tribuno (maggio 1347),
liberatore della città (agosto 1347) e instaurò la repubblica assumendo il titolo di senatore. A causa della sua intransigenza contro
clero e nobiltà venne cacciato dopo pochi
mesi; tornò tuttavia nel 1354, e venne assassinato durante una sommossa nobiliare. Innocenzo VI, dalla Francia, si affidò allora al
cardinale Egidio Albornoz, che agì energicamente. Sottomise la popolazione, impose
al clero il rispetto per le regole della Chiesa
e riorganizzò il governo delle varie province
dello Stato della Chiesa con le Costituzioni
Egidiane del 1357. Ma i progressi compiuti nel controllo dei territori furono annullati
nel giro di pochi anni.
Le cose infatti peggiorarono di nuovo tra
1378 e 1417, all’epoca del Grande scisma
d’Occidente, quando i papi di Roma si opposero ai papi di Avignone lasciando disorientata la cristianità. L’autorità del pontefice in molti suoi territori divenne allora poco
più che formale. A Perugia regnavano, infatti, i Baglioni, a Rimini i Malatesta, a Ferrara i d’Este, a Urbino i Montefeltro. Solo in
pieno Quattrocento i papi riacquistarono
il controllo sui territori pontifici; per farlo,
però, dovettero sempre concedere grande
autonomia alle principali città del regno.
Il regno di Napoli
Con la pace di Caltabellotta del 1302, il Meridione d’Italia era stato diviso tra angioini
e aragonesi.
La casa d’Angiò mantenne il regno di Napoli, che raggiunse il culmine della potenza
con il re Roberto d’Angiò (1309-1343). Alleato del papa, ebbe la meglio sugli imperatori tedeschi per tutta la prima metà del
Trecento, perseguitò le città ghibelline Pisa
e Genova e protesse la guelfa Firenze (anche
perché i banchieri fiorentini prestavano al
regno napoletano enormi somme di denaro). Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio, tra i più grandi letterati dell’epoca, soggiornarono alla sua corte dove si respirava
un’aria di cultura, grazie anche all’università fondata da Federico II.
Tra Trecento e Quattrocento il regno degli
Angiò però decadde: la successione di Roberto d’Angiò fu infatti molto tormentata e
un lungo periodo di lotte interne e instabilità si concluse solo nel 1414 con l’ascesa al
trono di Giovanna II (1414-1435), che desi-
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Costituzioni
Egidiane: raccolta di
leggi riguardanti
il comportamento del
clero e la riorganizzazione
del governo dello Stato
pontificio. Esse rimasero
in vigore per quasi
cinquecento anni,
fino al 1816.
L’interno della basilica francescana di San Lorenzo Maggiore di Napoli, eretta nel XIII sec.
© Loescher Editore – Torino
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L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali
© Loescher Editore – Torino
1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura completa
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
gnò come successore il re d’Aragona Alfonso V (1416-1458). Costui, appartenente alla
casata degli Aragona, già governava sulla Sicilia. Il suo diritto di successione fu tuttavia
duramente osteggiato da Luigi III d’Angiò,
che si era alleato con Filippo Maria Visconti,
duca di Milano. Nella guerra che seguì, Alfonso V fu fatto prigioniero dai Visconti nel
1432, prima che questi cambiassero la loro
politica e ritenessero vantaggioso allearsi con gli Aragonesi. Grazie a questa svolta
(non erano infrequenti, nelle guerre italiane,
i cambiamenti di fronte), nel 1442 Alfonso V
riunì Napoli alla Sicilia e creò il regno delle
due Sicilie, assumendone la guida e dedicandosi solo ad esso con il nome di Alfonso
I; il regno di Aragona fu invece affidato al
fratello Giovanni.
Il regno di Alfonso I rappresentò un periodo di stabilità e progresso per l’Italia meridionale: la produzione agricola aumentò,
furono avviate le esportazioni di olio e grano e, almeno nell’area di Napoli e Palermo,
nacquero delle manifatture tessili. Il re pose
la sua residenza a Napoli e la rese una delle
città più attive d’Europa, dal punto di vista
sia commerciale che culturale.
Il progetto dei sovrani aragonesi di imporre il controllo dello Stato su tutta l’amministrazione del regno – sul modello delle
monarchie nazionali europee – si scontrò
tuttavia con l’ostilità dei baroni: Ferrante
(1458-1494), il figlio di Alfonso I, nel 1485
dovette stroncare con la violenza una dura
rivolta della nobiltà, alla quale non fu tuttavia possibile strappare tutti i privilegi. Inoltre, non va dimenticato, che i saldi legami di
Alfonso I e della sua dinastia con l’Aragona
posero le basi per la successiva dominazione spagnola – e quindi straniera – su una
parte così importante della penisola.
Altri importanti Stati italiani
Oltre alle realtà politiche considerate finora
(Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli),
molti altri Stati regionali grandi e piccoli
animarono la politica italiana tra Trecento e
Quattrocento.
Si trattava di territori caratterizzati da
una debole presenza cittadina, guidati politicamente da famiglie nobili di antiche origini militari e feudali che avevano il titolo di
conte o marchese. Importanti erano il marchesato di Saluzzo, nel sud del Piemonte e il
forte dominio dei Savoia che avevano come
centri Torino e Pinerolo.
La famiglia Della Scala creò la propria
Signoria a Verona a partire dal 1269. Grazie
a numerose guerre, estese la propria influenza al Veneto, alla Toscana e all’Emilia.
Il loro dominio fu presto ridimensionato da
Venezia e Milano, ma riuscirono comunque
a conservare il potere su Verona e Vicenza.
La Repubblica di Genova dominava la
Liguria e la Corsica. Dopo aver sconfitto la
rivale Pisa alla fine del Duecento (nella famosa battaglia navale della Meloria, combattuta al largo di Livorno nell’agosto 1284)
La facciata del Palazzo
ducale di Mantova.
Domenico Morone, La cacciata dei Bonacolsi da Mantova, Mantova, Palazzo ducale.
da potenza tirrenica Genova si tramutò in potenza mediterranea, rivaleggiando con Venezia. La Repubblica, tuttavia, fu indebolita da
aspri contrasti interni (al contrario di Venezia,
molto più stabile politicamente). A partire dal
1339 essa venne guidata da «dogi perpetui»,
sostenuti da accordi tra una ristretta oligarchia di ricche famiglie di mercanti. La scelta
dei dogi perpetui riportò maggiore stabilità,
ma non la potenza duecentesca. Nel 1353
Genova fu sconfitta ad Alghero dall’alleanza
di veneziani e aragonesi e si mise allora sotto
la protezione di Milano, guidata dai Visconti.
Nei decenni successivi tornò indipendente e
combatté ancora contro Venezia nella guerra
di Chioggia (1378-1381): qui ottenne alcune
vittorie importanti ma non decisive, mentre la
situazione finanziaria della Repubblica subiva
un grave deterioramento. Tra il 1396 e il 1409
Genova subì il dominio francese e dal 1421
tornò sotto il dominio dei Visconti di Milano.
La Repubblica di Siena raggiunse il massimo splendore nella prima metà del Trecento:
successivamente cominciò una lenta decadenza, che l’avrebbe condotta sotto il dominio di Firenze nel 1555.
I Gonzaga presero il potere a Mantova con
la forza nel 1328 e vi istaurarono una Signoria. Ottennero nel Quattrocento il titolo di
marchesi e nel Cinquecento quello di duchi.
Governarono la città lombarda fino al principio del Settecento.
Gli Este affermarono la loro Signoria a Ferrara nel 1259 e la imposero poi anche a Modena e Reggio Emilia. Duchi dalla metà del
Quattrocento, governarono queste città e i
loro territori per secoli.
I Malatesta si affermarono a Rimini e i
Montefeltro a Urbino.
Il significato della pace di Lodi
(1454)
Per tutta la prima metà del Quattrocento
i principali Stati regionali italiani vissero
in una situazione di guerra permanente. I conflitti costavano ai principi somme
enormi per pagare le truppe mercenarie
indispensabili a condurre la loro politica
espansionistica e portarono a un crescente
indebolimento dell’intera penisola.
Furono solo fattori esterni a determinare
una lunga tregua. Nel 1453, infatti, la caduta
di Costantinopoli aveva messo definitivamente fine alla storia dell’Impero romano
d’Oriente e la presenza sempre più minacciosa dei turchi ottomani nel Mediterraneo
spinse i principi italiani a ricomporre le rivalità. Si temeva un’imminente invasione
turca e il papa Niccolò V e Venezia – il primo per difendere la cristianità, la seconda
per proteggere le sue basi commerciali nel
Mediterraneo orientale – spinsero per un
accordo tra le diverse entità politiche della
penisola. La trattativa con Milano fu facilitata dall’autorevole intervento del fiorentino
Cosimo de’ Medici detto il Vecchio e la sua
famiglia al potere a Firenze fu la principale
garante della durata degli accordi.
Si giunse così, nel 1454, alla pace di Lodi,
grazie alla quale l’Italia godette fino quasi a
fine secolo di una situazione di stabilità. Cinque Stati emersero allora come i più importanti della penisola: il ducato di Milano, la repubblica di Venezia, la repubblica di Firenze,
lo Stato della Chiesa e il regno di Napoli.
La pace poneva inoltre fine alla guerra in corso da due anni per la successione
al ducato di Milano, che vedeva contrap-
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L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
posti da una parte
gli Sforza, Firenze,
Genova e Mantova e
dall’altra Venezia, Alfonso I d’Aragona, re
di Napoli, il duca di
Savoia e il marchese
di Monferrato. Ma il
significato dell’accordo oltrepassava la soluzione dell’ultimo di
una serie di conflitti: i
confini di Venezia fuLe mura di Lucca in una miniatura medievale.
rono definitivamente fissati sulla linea
dell’Adda, mentre la Serenissima riconosceva
la successione di Francesco Sforza al ducato
di Milano. Firenze accettò l’equilibrio nella
pianura padana e ottenne garanzie sull’intangibilità dei suoi territori in Toscana.
Firenze, Milano e Venezia stabilirono anche un accordo di reciproca protezione e soluzione pacifica dei conflitti detto «Lega Italica», al quale in seguito aderì anche Napoli.
Il trattato fu rispettato grazie soprattutto
alla costante azione diplomatica dei Medici
(prima di Cosimo il Vecchio, poi di Lorenzo il
Magnifico) e l’equilibrio assicurato dalla pace
di Lodi durò circa un quarantennio. Esso garantiva la pace, ma nello stesso tempo fissava
la situazione di frammentazione politica della penisola, condannandola a una crescente
debolezza nel contesto europeo: durante
questo periodo di assenza di guerre non venne compiuto alcun passo verso una reale collaborazione tra gli Stati, ciascuno impegnato
a sviluppare la propria economia e a rafforzare il controllo sul proprio territorio. Non
ci fu quindi, in Italia, alcuna affermazione e
rafforzamento dello spirito nazionale, come
avveniva in quel periodo in Francia, Spagna e
Inghilterra.
Alla fine del Quattrocento, nuovi conflitti finirono per coinvolgere nelle vicende del
nostro paese il re francese Carlo VIII, ormai a
capo di un regno forte e capace di una politica espansionistica: questo modificò completamente il quadro politico italiano.
I NODI DELLA STORIA
XIV sec.
Il Comune diventa Signoria
1311
I Visconti ottengono il dominio
su Milano
1395
Gli Sforza duchi di Milano
XV sec.
La Signoria diventa Principato
1434
I Medici prendono il potere
a Firenze
Quale fu l’evoluzione dei Comuni tra Trecento e Quattrocento?
La debolezza dei poteri medievali tradizionali, sfiancati da una
reciproca secolare lotta, i progressi dell’economia e lo sviluppo
demografico avevano consentito la formazione di un fenomeno
politico unico e irripetibile, quello dei liberi Comuni. Si trattava
di un’esperienza possibile solo negli spazi d’Europa controllati
virtualmente dall’impero o rivendicati come dominio diretto del
papato; quindi, soltanto in Germania e, in misura ancora maggiore, in Italia. Da centri urbani destinati a decollare grazie allo
sviluppo delle manifatture e a un’economia di scambio progressivamente più sofisticata, i Comuni si erano non solo resi autonomi dai centri di potere a cui dovevano formale obbedienza,
ma avevano sperimentato un’originale forma di autogoverno di
tipo corporativo. Con il passare del tempo, però, l’occupazione
del contado, cioè il territorio limitrofo all’abitato, non risultò più
sufficiente a soddisfare le esigenze sempre più ampie di una
popolazione inquieta e divisa al suo interno. Nascevano, infatti,
sempre nuove rivalità intestine, frutto anche della complessità dell’articolazione sociale del popolo cittadino, ormai diviso
tra una solida borghesia degli affari, una sorta di «ceto medio»
formato soprattutto da piccoli mercanti e artigiani specializzati
e i settori più poveri della popolazione, il popolo minuto. La
conflittualità permanente tra i vari Comuni, per tutto il XIII secolo mascherata dal più generale conflitto tra guelfi e ghibellini,
non fu più in grado di nascondere queste tensioni, specie con
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l’esplodere della crisi economica nel Trecento. Il processo di
passaggio dal comune alla signoria era, in realtà, già avviato.
L’avventura personale di alcuni esponenti del popolo grasso, i
cosiddetti «Signori», fu possibile anche per la capacità di questi di sostenere il peso economico delle milizie mercenarie, le
cosiddette condotte. Il passaggio dall’autogoverno comunale
al potere signorile, però, non significò una stabilizzazione della
situazione. I nuovi Signori aspiravano a rendere perpetuo il loro
potere e all’allargamento dei propri domini. La lenta e irregolare
evoluzione verso i principati, embrioni dei futuri Stati italiani
destinati a durare fino all’unificazione nazionale, avvenne in
un quadro confuso e di conflittualità permanente. La pace di
Lodi del 1454, fin troppo enfatizzata dai contemporanei e dalla
storiografia del passato, rallentò il processo di disgregazione
ma non lo fermò. Sul finire del secolo, così come era successo
nel tardo Duecento con la chiamata degli angioini per risolvere il conflitto tra le fazioni guelfe e ghibelline, ci fu chi ritenne
indispensabile usare gli eserciti stranieri per mettere ordine
al ginepraio italiano. La poco lungimirante tattica politica dei
Signori italiani, ormai elevati al rango di principi dal rinnovato
potere imperiale asburgico e benedetti, a corrente alternata, da
pontefici sempre più calati nel ruolo di piccoli sovrani locali,
avrebbe messo la penisola totalmente in balia delle grandi potenze straniere.
1347-1252
Cola di Rienzo guida
la Repubblica a Roma
L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali
1 Tra XIV e XV secolo l’economia italiana è ancora protagonista in Europa,
ma cresce la concorrenza dei paesi nordeuropei e si avverte il diseguale
sviluppo tra nord e sud del paese. Ancora crocevia decisivo dei commerci con il
Mediterraneo orientale – in particolare grazie a Venezia – e ancora esportatrice di
prodotti agricoli, tra Trecento e Quattrocento l’Italia subì la crescente concorrenza dei
mercanti europei e delle manifatture della Francia, delle Fiandre e dell’Inghilterra.
In generale la penisola italiana rimase protagonista della vita economica europea,
ma subì la perdita di diversi monopoli (ad esempio quello della finanza). Cominciò
a emergere anche il diseguale sviluppo economico tra Nord e Sud: il Meridione era
dominato dalla nobiltà feudale che viveva essenzialmente della rendita delle proprie
terre. Al Centro e al Nord c’era maggiore dinamismo sia in agricoltura, sia negli altri
settori produttivi e commerciali.
2 Nel corso del Trecento le istituzioni comunali si indeboliscono e si affermano le «Signorie». Nel Trecento i Comuni dell’Italia centro-settentrionale vissero importanti mutamenti istituzionali. Le continue lotte tra guelfi e ghibellini, nobili
e mercanti, «popolo grasso» (la ricca borghesia) e «popolo minuto» (piccoli artigiani
e salariati) stremarono le città. Per questo il potere pubblico fu affidato sempre più
frequentemente a un solo uomo forte, in grado di garantire stabilità. A capo dei Comuni furono messi podestà oppure condottieri militari oppure, ancora, esponenti di
famiglie nobili o borghesi emergenti. Costoro in breve divennero dei veri e propri «signori», e i Comuni si tramutarono in «Signorie»; in seguito, quando i signori ottennero
dal papa o dall’imperatore titoli nobiliari trasmissibili alla discendenza le Signorie si
trasformarono in «Principati». Era la fine delle istituzioni comunali.
3 I signori delle grandi città consolidano e ampliano i loro «Stati regionali» a
prezzo di continue guerre tra loro, fino alla pace di Lodi del 1454. Signori e
principi promossero lo sviluppo economico e culturale delle città, dando libero corso
ai commerci e circondandosi dei maggiori artisti e letterati del tempo. Soprattutto,
essi si adoperarono per allargare i loro domini territoriali e dare vita a piccoli ma
ricchi e potenti Stati regionali. Per questo la storia d’Italia alla fine del Medioevo è
una storia di guerre continue, di alleanze e controalleanze. Nel 1454 venne firmata la
pace di Lodi, che assicurò alla penisola circa quarant’anni di tranquillità; la pace era
tuttavia basata su un fragile equilibrio e la frammentazione politica non era messa
in discussione.
4 1442
Unificazione dell’Italia
meridionale sotto gli Aragonesi
1454
Pace di Lodi
Milano, Venezia, Firenze, lo Stato della Chiesa e il regno delle due Sicilie sono gli Stati regionali principali. I principali Stati regionali italiani erano
cinque. Il Ducato di Milano era il più forte del Nord Italia e fu governato prima dai
Visconti e poi dagli Sforza. La Repubblica di Venezia dominava il Mediterraneo orientale, era una grande potenza economica e nel Quattrocento creò anche un regno
nell’entroterra conquistando Veneto, Trentino e parte della Lombardia. A Firenze si
impose la famiglia dei Medici; Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico, fu il garante
degli equilibri diplomatici italiani nella seconda metà del Quattrocento e il fulcro della
corte artisticamente più ricca dell’epoca. Lo Stato della Chiesa soffriva di continue
turbolenze: durante la «cattività avignonese», a Roma fu proclamata la repubblica
sotto la guida di Cola di Rienzo. I papi recuperarono il proprio potere, ma dovettero
concedere grande autonomia alle città più importanti del regno: da Perugia a Ferrara,
da Rimini a Urbino. C’era infine il Meridione d’Italia, unificato nel regno delle Due
Sicilie dagli aragonesi, che strapparono Napoli agli angioini.
1469-1492
Lorenzo de’ Medici
© Loescher Editore – Torino
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6
Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
Gli edifici del potere civile e religioso
nei Comuni italiani
Incontro, mercato
e cultura
I comuni dell’Italia centro-settentrionale, a partire dall’XI secolo, divennero progressivamente delle cittàStato politicamente autonome. Esercitavano il loro potere anche su una parte consistente delle campagne
circostanti e non ammettevano l’intromissione di nessuna autorità politica esterna, nemmeno imperiale.
Al di là di questa particolare e originale organizzazione politica, del tutto unica in Europa, i Comuni erano
però prima di tutto delle città, ossia centri urbani costituiti da una fitta rete di strade, piazze, quartieri e
abitazioni e caratterizzati dalla presenza di edifici pubblici con funzioni religiose e politiche. Quest’ultimo
tipo di edifici, collocati nella parte centrale del centro abitato e molto più grandi e vistosi di tutti gli altri,
assumevano un valore simbolico rilevante e la popolazione cittadina non solo vi si identificava ma vi era
anche molto affezionata, come si trattasse di una bandiera e di una personificazione della loro città.
Il duomo
La presenza del vescovo era una delle prime
ragioni di prestigio per una città medievale e, di
conseguenza, uno degli edifici simbolicamente
più importanti era da sempre il duomo o chiesa cattedrale (cattedrale proprio perché sede
della cattedra del vescovo). Per la costruzione di
queste chiese venivano investite grandi energie
e forti somme di denaro con la partecipazione
di tutta la cittadinanza. Questo forte legame tra
città e chiesa cattedrale emerge con evidenza
in tutte le realtà cittadine non solo della penisola
italiana, ma anche dell’intera Europa cristiana.
I Comuni da città-Stato
a città-capitali
I palazzi della politica
Accanto a questi importanti edifici di tipo religioso, ve ne erano altri, altrettanto rilevanti, che avevano una funzione politica ed
erano stati costruiti per ospitare le principali istituzioni del Comune come il Consiglio cittadino, i consoli, il podestà o il capitano.
In questo caso c’era un’evidente differenza tra le città italiane e quelle del resto d’Europa: in queste ultime, oltre alla sede del
Consiglio cittadino, erano spesso presenti e ben più visibili palazzi e residenze edificate per ospitare il sovrano e la sua corte, del
tutto assenti nell’Italia comunale.
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Altri spazi simbolicamente molto
importanti, all’interno delle città medievali, erano anche le piazze e le
università. Si trattava in entrambi i
casi di spazi di incontro e di scambio,
tanto commerciale quanto culturale,
che caratterizzavano le città come
luoghi di contatto umano. Mentre le
piazze caratterizzavano da sempre
le realtà urbane ed erano presenti
ovunque, l’istituzione universitaria
era invece limitata a un numero molto ristretto di città medievali come
ad esempio, nella penisola italiana,
Bologna o Padova.
L’interno dell’antica università di Padova.
Il duomo di Pisa.
Il Palazzo Pubblico a Siena.
L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali
Il Palais de la Conciergerie, residenza medievale dei re di Francia a Parigi.
Il panorama urbano dei più importanti
comuni dell’Italia centro-settentrionale
subì successivamente, tra XIV e XV secolo, un cambiamento importante a causa
dell’avvento delle Signorie e della successiva nascita degli Stati regionali.
Venezia, Mantova, Milano, Ferrara o Firenze non furono più semplici città-Stato,
ma divennero le capitali di Stati regionali di ampie dimensioni. Furono quindi
edificati palazzi adibiti a residenza della
famiglia principesca e moderne fortezze
destinate alla difesa della capitale.
Il castello ducale di Ferrara.
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2
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Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
Ragiona sul tempo e sullo spazio
Impara il significato
1
4
2
Osserva le cartine alle pp. 134 e 137 e rispondi alle domande: qual è l’assetto dell’Italia centro-settentrionale?
Come si presenta la situazione politica della penisola nel Quattrocento?
ATTIVITÀ
Esplora il macrotema
3
Collega ogni concetto al significato che assume nel periodo degli Stati regionali.
1 Emirato 2 Doge 3 Tribuno 4 Essere l’ago della bilancia 5 Mandato
6 Essere all’avanguardia 7 Intangibilità 8 Progresso sociale
Completa le frasi scrivendo l’anno esatto in cui accade l’evento.
Cosimo de’ Medici fonda la Signoria medicea; il nipote Lorenzo verrà soprannominato «il Magnifico»,
1 Nel
per via della sua abilità politica e della sua grande cultura
2 Nel
Cola di Rienzo, un notaio di origini popolari, organizza a Roma una rivolta antinobiliare facendosi
proclamare tribuno e instaurando la repubblica
3 Nel
il cardinale Albornoz emana le Costituzioni egidiane al fine di riorganizzare il governo delle varie
province dello Stato della Chiesa
4 Nel
Alfoso V riunisce Napoli alla Sicilia e crea il regno delle due Sicilie
5 Nel
Matteo I Visconti ottiene dall’imperatore Enrico VII il titolo di vicario
6 Nel
i Gonzaga prendono il potere con la forza e instaurano una Signoria a Modena
7 Nel
la pace di Lodi sancisce la fine delle guerre espansionistiche tra gli Stati regionali italiani nonché
la guerra per la successione al Ducato di Milano
8 Nel
per concessione dell’imperatore Carlo V, la Signoria di Firenze si trasforma in Ducato di Toscana,
sempre sotto la famiglia medicea
9 Nel
il governo di Milano passa nelle mani degli Sforza
10 Nel
l’imperatore Venceslao assegna a Gian Galeazzo Visconti il titolo di duca di Milano
L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali
a
b
c
d
e
f
g
h
5
Occupare una posizione avanzata rispetto ad altri, precorrendo i tempi per concezioni, iniziative e progetti; il Rinascimento,
per esempio, si sviluppò prima in Italia che nel resto dell’Europa
Nella Roma repubblicana, membro delle magistrature; in epoca medievale tale titolo è assunto da Cola di Rienzo
Incarico di agire per conto di altri (per esempio delle autorità cittadine)
Si dice di qualcosa che non si può toccare, che si deve rispettare e lasciare intatto (per esempio un territorio)
Capo dello Stato nella Repubblica di Venezia
Miglioramento del proprio status; il maggior potere di contrattazione dei contadini permette di migliorare le loro condizioni
Il territorio sul quale un principe o un capo arabo esercita il suo potere
Rivestire un ruolo determinante nel garantire una situazione di equilibrio; Lorenzo il Magnifico, con le sue doti diplomatiche,
fu in grado di mantenere la pace tra le potenze della penisola italica
Prova a riflettere sul significato di «piazza finanziaria» e spiega perché, secondo te, ha assunto questo nome.
Osserva, rifletti e rispondi alle domande
6
Osserva la mappa concettuale relativa al passaggio dalla Signoria al Principato. Poi rispondi alle domande.
La trasformazione del Comune in Signoria e poi in Principato
Completa il testo. Attenzione: alcuni concetti non vanno usati.
Europa • nazionale • omogeneo • borghesi • dinamica • statica
egemonica • Italia • nobili • pastorizia • mezzadri
Tra il XIV e il XV secolo l’Italia è caratterizzata da una frammentazione politica e da un diseguale
sviluppo nei settori produttivi tra Centro e Settentrione da una parte, e Meridione e Isole dall’altra.
Mentre in (1)
andavano affermandosi le monarchie nazionali, che comprendevano
l’intero territorio di un paese e la sua popolazione, in (2)
non si forma un unico stato
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, ma emergono cinque grandi stati regionali (facenti capo a Milano, Venezia, Firenze,
Roma e Napoli) che hanno un’estensione limitata al territorio dominato dalla città capitale. La volontà
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di ciascuno di essi, poi, porterà a una situazione di guerra permanente che solo la
pace di Lodi riuscirà a stabilizzare all’insegna della politica dell’equilibrio.
Anche dal punto di vista economico, l’Italia non presenta un quadro (5)
. Al Nord, lo
spirito di iniziativa di mercanti e (6)
permette lo sviluppo di un’economia
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che, oltre al settore agricolo (il quale registra una forte percentuale di
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e piccoli e medi proprietari), si alimenta dei settori tessile e artigianale; nel
Sud, al contrario, rimane fondamentale il ruolo dei grandi proprietari fondiari: agricoltura e
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sono le due attività economiche principali, mentre la produzione manifatturiera
è quasi del tutto assente.
1 Quali sono le ragioni della cessione del potere al Signore?
2 Quali sono le caratteristiche del Principato?
3 Quali conseguenze ha l’aspirazione dei diversi Principati al domino in Italia?
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Osserva l’immagine a p. 134 e rispondi alle domande: chi sono i soggetti raffigurati? Da cosa lo deduci?
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