MODULO n. 4 L`Italia prima e dopo la pace di Lodi

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Programma di Storia ed Educazione civica – Terzo anno
MODULO n. 4 L’Italia prima e dopo la pace di Lodi
periodo Maggio 2011
Temi
Nel corso del Trecento e del Quattrocento la penisola italiana si inserì nel sistema europeo con caratteristiche proprie, assai differenti da regione a regione.
L’Italia settentrionale sperimentò l’evoluzione dei Comuni in senso statale, sotto la forma delle signorie e dei principati. Tra fine Trecento e inizio Quattrocento si abbozzò un
dominio di ragguardevole entità, costituito dalla signoria dei Visconti, i quali riuscirono a ricostruire quasi totalmente l’antico regno dei longobardi, impadronendosi di quasi tutta la Pianura
Padana, fino ai confini con Venezia, Genova, Bologna, Parma e Piacenza. Gli Sforza, che subentrarono ai Visconti nel 1450, furono signori del Ducato di Milano, che si avvaleva del porto di
Genova e di altre floride città situate tra Lombardia, Piemonte ed Emilia. Il Mezzogiorno conobbe l’estendersi dell’autorità dei baroni, signori feudali detentori di grandi possedimenti terrieri, i quali
esercitavano un potere pressoché incontrollato sulle popolazioni rurali. Nel Sud non valsero a scalfire la netta egemonia baronale né la dominazione francese degli Angioini, re di Napoli dal
1266, né quella spagnola degli Aragonesi, che conquistarono la corona di Sicilia nel 1282 e quella di Napoli nel 1442. Il panorama politico dell’Italia all’alba dell’età moderna presentava altre
forme istituzionali: lo Stato della Chiesa, sede di una sovranità politico-religiosa di dimensione mondiale; le repubbliche, tra cui primeggiava Venezia, che aveva consolidato il potere oligarchico
del patriziato; i principati dinastici, frutto della riorganizzazione postcomunale, presenti in Piemonte con i Savoia, in Toscana con i Medici, nelle Marche con i Montefeltro di Urbino, e in altre
realtà minori.
A differenza di quanto stava avvenendo in Francia, in Spagna e in Inghilterra, nella penisola italiana non si ebbe un processo di unificazione in un’unica sovranità nazionale dei
molteplici stati. Al confronto con le nascenti monarchie europee, gli stati italiani palesarono la loro fragilità politica sin dal momento in cui il re francese Carlo VIII avviò la campagna per la
conquista della penisola (1494). Si aprì allora una lunga stagione di conflitti tra le maggiori monarchie europee, in competizione tra loro per assicurarsi il predominio in Italia, interrotta nel 1559
dalla pace di Cateau-Cambrésis, che stabiliva un equilibrio imperniato su diverse realtà. Nel Sud e nel Ducato di Milano si stabilizzò la dominazione degli Asburgo di Spagna; nel centro
restarono in vita sia gli stati signorili, ora dipendenti dai favori delle grandi potenze straniere, sia lo Stato della Chiesa; la repubblica di Venezia conservò intatta la sua dimensione territoriale a
nord-est della Pianura Padana e nell’Adriatico; a nord-ovest prese consistenza il Ducato sabaudo, collocato a ridosso delle Alpi, tra Francia e Italia, ma proiettato verso gli spazi italiani con la
politica seguita da Emanuele Filiberto. La penisola aveva così raggiunto un equilibrio nell’ambito del sistema degli stati europei, tuttavia condizionato dalle maggiori potenze, la Francia, la
Spagna e l’impero asburgico, arbitre delle relazioni tra le molteplici entità statali operanti in Italia.
L’Italia portò all’Europa un contributo di cultura e di idee nell’età dell’Umanesimo e del Rinascimento. Nati nel clima delle libertà civili delle città italiane, gli ideali del Rinascimento
trovarono accoglienza nelle raffinate corti europee, dove diedero l’impronta ai consumi e allo stile di vita delle aristocrazie. Un’Italia, quindi, divisa e subalterna sul piano politico poteva divenire
faro di civiltà per l’Europa, così come alcuni suoi uomini potevano trovarsi nel cuore dei grandi rivolgimenti mondiali. Questo ruolo toccò ai grandi navigatori, inventori di rotte oceaniche e
scopritori di mondi nuovi, quali furono Colombo, Vespucci, i fratelli Giovanni e Sebastiano Caboto, protagonisti delle scoperte geografiche del XV e XVI secolo, dalle quali iniziò una ridefinizione
della realtà economica europea. In questo processo l’economia urbana del Centro-Nord dell’Italia perse rilievo al confronto con le nuove capitali europee dei traffici e del denaro, quali Londra,
Parigi, Amsterdam, Augusta.
La cultura del Rinascimento, tollerante e universale, fu sconfitta dalle lacerazioni religiose che divisero l’Europa nel XVI secolo. L’Italia divenne il terreno di attuazione della risposta
data dalla Chiesa di Roma alla sfida della Riforma protestante. Nel concilio di Trento (1545-1563) prevalsero le tendenze intransigenti che provocarono la rottura con il mondo protestante.
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A partire da quella data, e per almeno tre secoli, la storia dell’Italia, cuore del cattolicesimo, fu influenzata dalla Controriforma, che impose canoni estetici, valori morali e modelli
culturali. Ne derivò un’impronta clericale, che pervase ogni settore della società italiana manifestandosi anche, se non soprattutto, in termini repressivi. Allo stesso tempo si organizzarono linee di
riforma morale, funzionali a disciplinare il clero e i laici, a radicare nella società la presenza della Chiesa, che poté disporre di nuovi ordini e congregazioni religiose, espressione di un
cattolicesimo militante. Il Seicento fu per i territori italiani il tempo dell’incertezza e della crisi, scandito non solo dalla guerra dei Trent’anni (1618-1648), ma anche dalle ondate di ribellione nel
mondo contadino, dalle rivolte politiche e sociali, dalle spaventose epidemie di peste.
La crisi economica che percorse il continente europeo riclassificò le scale di grandezza, relegando in posizioni più basse le aree del Mediterraneo, in primo luogo l’Italia, nella quale
persero di vigore le forze sociali che avevano animato lo slancio economico della tarda età medievale: si registrò in quel periodo una ripresa del feudalesimo, un’emarginazione dell’economia
urbana e una contrazione produttiva nei settori manifatturiero e agricolo.
All’inizio del Settecento finì l’egemonia spagnola in Italia, che datava dal 1559. Si avviarono mutamenti dinastici e territoriali che fissarono nel 1748 una nuova carta dei poteri nella
quale si potevano identificare i seguenti raggruppamenti: lo stato sabaudo, a nord-ovest, che aveva ampliato i suoi confini attestandosi alla linea del Ticino e aveva ottenuto la Sardegna nel
1720; l’area di dominio asburgico con i ducati di Milano e di Mantova e per un breve periodo con i regni di Napoli e di Sicilia, ai quali va aggiunto il Granducato di Toscana, dal 1737 passato ai
Lorena imparentati con gli Asburgo; lo Stato della Chiesa; le repubbliche di Genova e Venezia e la piccola repubblica di Lucca; l’area di dominio borbonico, con il Ducato di Parma e Piacenza e i
regni di Napoli e di Sicilia.
I nuovi assetti territoriali furono rafforzati da consolidamenti istituzionali, frutto di una politica di ampie riforme, nell’ambito dell’assolutismo illuminato. Fu una svolta storica a cui vanno
ascritte le origini di un risveglio civile nei diversi stati della penisola, nel corso del quale ripresero i contatti con i centri più vitali della civiltà europea. Firenze e Milano furono al centro del
movimento riformatore, che coinvolse con minore intensità le altre capitali della penisola, da Torino a Venezia, da Parma a Genova, segnando l’avvio di una ripresa generale dell’Italia, favorita
anche dalla diffusione dell’illuminismo. Le riforme attuate da Maria Teresa d’Asburgo in Lombardia (catasto delle proprietà terriere, perequazione fiscale, riduzione della presenza ecclesiastica,
rinnovamento dell’istruzione) e poi proseguite con maggiore intensità dal figlio Giuseppe II esercitarono una spinta alla modernizzazione che trovò corrispondenza nelle attitudini civili ed
economiche della società locale. Altrettanto si può dire per l’opera svolta in Toscana da un altro figlio di Maria Teresa, Leopoldo (granduca dal 1765 al 1790), che privatizzò le terre demaniali,
liberalizzò il commercio dei cereali e soprattutto riformò i codici in funzione di una giustizia svincolata dall’eredità feudale. In Piemonte si avvertì una politica di carattere assolutista che fondò un
efficiente stato burocratico, nel quale mancava, però, un ruolo autonomo da parte della società civile..
Fonti e Bibliografia
Manuale: Marco FOSSATI, Giorgio
LUPI, Emilio ZANETTE: Passato
presente vol. 1. Bruno Mondatori.
Il territorio italiano durante l’Alto
medioevo (appunti); la debolezza
dell’impero, la rinascita delle città e
l’esperienza dei comuni.
La crisi dei comuni e la
ricomposizione territoriale (da pag.
154 a pag. 161); l’Italia degli stati
regionali (da pag. 161 a pag. 171);
le guerre di Carlo V in Italia (267268-269-270; 308-309);
l’affermazione dell’egemonia
spagnola (316), l’Italia spagnola (da
pag. 363 a pag. 367)
In particolare si studino i paragrafi
indicati che corrispondono ai
seguenti argomenti:
La crisi delle istituzioni comunali; la
nascita delle signorie; le cause della
mancata unità; la formazione degli
stati regionali; gli stati regionali; la
pace inquieta del secondo
quattrocento; la fine dell’equilibrio; il
primo cinquecento e la crisi del
sistema politico italiano
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