Ruggieri - L’identità in psicologia e teatro - 6 – Il tono muscolare E’ attraverso il gioco delle tensioni toniche e fasiche dei muscoli che viene data forma all’io. In genere, in teatro o in psicoterapia si segue il percorso inverso: si lavora sull’espressione o sui processi mentali invece che sul corpo (sui muscoli). In realtà se il cambiamento avviene è proprio perché il lavoro ‘mentale’ ha generato un cambiamento nell’organizzazione di pattern tonico-posturali, originando un atteggiamento diverso verso l’esistenza. L’atteggiamento posturale è un evento che si struttura attraverso l’organizzazione attiva dello spazio e rivela, nella sua organizzazione, la personalità dell’individuo. E’ già precocemente, nelle interazioni madre-bambino che si acquisiscono gli schemi motori nucleari, che possono poi diventare schemi portanti per il controllo e la modulazione motoria. Nel modello bioesistenzialista vengono accolti e rielaborati i concetti winnicottiani di holding e handling e la teoria dell’attaccamento di Bowlby (in alcune ricerche si evidenzia come le varie forme di attaccamento abbiano relazioni con parametri fisiologici come la tensione miografica epigastrica ed il riflesso psicogalvanico). Nel rapporto madre-bambino si ha il primo apprendimento nella modulazione delle tensioni corporee e della motricità (si pensi ad un modo di prendere in braccio ‘sicuro’, che consente di sentirsi contenuti e di appoggiarsi, ed uno ‘insicuro’ che susciterà tensioni di aggiustamento o difensive). La sensazione di stabilità o instabilità vissuta attraverso il corpo si trasforma in stabilità o instabilità psicologica e nel tempo può diventare un tratto stabile di personalità. Dunque la prima educazione all’organizzazione della postura è già tra le braccia della madre (madre rigida o madre fredda non sono solo modi di dire, ma hanno dei riscontri corporei). Ricordiamo cos’è un arco riflesso: si tratta di un circuito che parte dalla stimolazione di un recettore; questo stimola poi un motoneurone che a sua volta fa contrarre un muscolo. Un esempio di arco riflesso è la contrazione di un muscolo provocata da un’azione di trazione sullo stesso. L’organismo può essere considerato come composto da un numero altissimo di archi riflessi che si collocano a diverse altezze del midollo spinale e che sono collegati da neuroni intersegmentali. Ciò che succede ai vari livelli, inoltre, viene segnalato in diverse stazioni situate nell’encefalo (bulbo, ponte, mesencefalo, talamo, corteccia); alcune fibre, poi, conducono l’informazione direttamente al cervelletto (che ne riceve allo stesso tempo anche dal tronco dell’encefalo). Tronco e cervelletto, inoltre, intervengono a modulare eccittazione ed inibizione delle fibre motorie. Insomma il sistema nervoso è composto vari centri di elaborazione delle informazioni sempre più ampi, in posizione meta l’uno rispetto all’altro, nei quali l’input e l’output si trovano in rapporto di circolarità. A livello corticale poi si raggiunge una complessità maggiore attraverso la produzione di rappresentazioni immaginative e programmi comportamentali. In letteratura si attribuisce alle strutture sottocorticali la regolazione della postura, disconoscendo l’importanza del ruolo della corteccia (dell’immaginazione). Shilder, ad esempio, distingue tra schema corporeo (le dinamiche posturali) e immagine corporea (autorappresentazione), come se tra le due cose non ci fosse relazione. In realtà, al contrario, l’immagine corporea che si produce in corteccia è un prodotto di sintesi delle informazioni provenienti dalla periferia e, a sua volta, determina una modulazione della tonicità muscolare e quindi dell’assetto posturale. La stessa gestualità si inserisce in questa circolarità: i gesti e gli atteggiamenti posturali sono da un lato degli output, e diventano a loro volta degli input per i centri encefalici superiori. Gesti e atteggiamenti posturali entrano dunque a far parte dell’Io. Abbiamo detto che il tono è la tensione muscolare di base. Abbiamo anche ricordato come la trazione di un muscolo evochi in via riflessa la sua contrazione. Questo gioco di stiramento e contrazione è uno dei meccanismi fondamentali per la regolazione (in particolare l’incremento) del tono. Tra tono muscolare di base (postura) e contrazione c’è senz’altro continuità, dal momento che esse si possono entrambe tradurre in numero delle fibre muscolari interessate e frequenza di scarica dei motoneuroni su di esse. L’atteggiamento posturale, nell’ottica dell’azione, va visto non soltanto in chiave fenomenologico-espressiva, ma anche nel suo significato relazionale, gestuale. L’atteggiamento posturale è come un’azione lenta e prolungata nel tempo, che diventa sfondo per altre azioni. Dunque il tono muscolare possiederà le stesse carateristiche dell’azione muscolare, ad esempio la direzionalità. Per capire come il tono, nella sua apparente immobilità, possa nascondere una direzionalità, immaginiamo un muscolo che, facendo leva su un punto fisso A si contragga per attrarre verso A un punto mobile B. Se interviene un blocco su B il movimento si ferma, e nel muscolo si realizza una variazione di tono (una contrazione) anche se non si vede alcun movimento: la contrazione inizialmente isotonica (il tono del muscolo è costante mentre cambia la sua lunghezza) si trasforma in isometrica (cresce il tono ma la lunghezza del muscolo rimane uguale). Ecco che, nonostante l’immobilità, si ha una tensione direzionale. Si capisce come questo cambi il modo di considerare la postura: l’assenza di movimento che il fisiologo potrebbe intendere come tono di base può essere invece costituita da movimenti bloccati sul nascere, accennati ma non completati, dunque va intesa come tono muscolare direzionato. Il tono è quindi una combinazione di istanze di stabilità ed equilibrio posturale con intenzioni motorie, comparse in epoche di vita diverse, cristallizzate in schemi posturali attuali. Abbiamo visto che i muscoli sono coinvolti tanto nella produzione della postura (e quindi nel sentimento di presenza, il piacere narcisistico di essere al mondo) che nelle variazioni di tensione che si accompagnano alla generazione delle emozioni. A questo proposito, nella clinica si può osservare che un soggetto può produrre un’emozione che si protrae indefinitamente nel tempo, al punto che può entrare a far parte di un atteggiamento posturale stabile. C’è insomma una continuità anche tra le tensioni posturali e quelle emozionali. Questo vuol dire anche che l’attività muscolare si svolge solitamente su uno sfondo emozionale. Misurando il livello di attività di un muscolo a riposo si riscontrano continue oscillazioni del livello del tono (sia nella frequenza che nell’ampiezza). A regolare e mantenere il tono muscolare presiedono strutture encefaliche specializzate ed i loro specifici mediatori chimici, in complessa interazione tra loro. Ancora una volta ricordiamo che la periferia (il sistema muscolare) è in rapporto reciproco con tali centri e ne influenza l’attività, oltre ad essere regolata da questi. Essa fornisce ai centri superiori l’input che consente di creare l’immagine corporea. A sua volta, sulla base di quest’immagine, i centri superiori regolano le tensioni muscolari per realizzarla. Una ipotesi cul come i centri superiori possano regolare il tono è quella che vede coinvolto il sistema gamma, composto da piccole cellule che hanno sede nelle corna anteriori del midollo spinale, le quali hanno la capacità di modificare l’attività dei recettori propriocettivi. Un’altra ipotesi possibile sulla genesi di variazioni del tono muscolare è quella di programmi motori antagonisti. Se coesistono due programmi motori in antitesi tra loro e nessuno dei due riesce a prevalere sull’altro, il risultato è un innalzamento progressivo del tono (visto come il risultato di una sequenza dinamica in cui uno cerca di prevalere sull’altro, in rapidissima sequenza). Anche in questo caso il meccanismo sarebbe sia periferico che centrale. Un meccanismo simile, che però funziona in modo inverso, può essere alla base dell’esperienza di leggerezza. Dunque attraverso il gioco di contrapposizioni motorie si può sia innalzare che abbassare il tono muscolare. Cominciano ad acquisire significato le oscillazioni toniche di cui si parlava poco fa. Tra l’altro, l’oscillazione tonica ha anche delle basi metaboliche. Ci riferiamo all’affaticamento muscolare, per ovviare al quale, all’interno del muscolo, le fibre impegnate nell’attività si alternano per permettere a tutte le fibre del muscolo di riposarsi a rotazione. Questo meccanismo di staffetta all’interno di uno stesso muscolo ha luogo anche tra muscoli diversi, tra quelli impegnati, ad esempio, nel mantenimento della postura. Questo spiegherebbe i fenomeni di alternanza e di oscillazione corporea che caratterizzano ogni postura. Un’altra funzione dell’oscillazione dell’attività muscolare è connessa con la gestione del peso. I muscoli, nella loro funzione antigravitaria, sostengono il corpo umano allo stesso modo in cui i fili sostengono una marionetta, svolgendo però la loro funzione dall’interno. Non potendo essere continuamente tesi devono ricorrere all’alternanza nell’attività delle fibre che li costituiscono. Il sistema muscolare è dunque costantemente percorso da onde di attività. Esistono molte modalità di oscillazione del tono muscolare, diverse configurazioni, con diverse caratteristiche morfologiche spazio-temporali (figura pag.146), che rendono possibile una grande variabilità individuale. Arrivati a questo punto diviene più chiaro come i due processi esaminati, quello della direzione del tono e quello delle diverse forme spazio-temporali del livello di oscillazione ritmica, intrecciandosi tra loro possono determinare modalità individuali quanto mai varie di gestione delle tensioni all’interno della propria organizzazione posturale. Inoltre appare chiaro che una tale complessità dell’attività muscolare ha bisogno di qualcosa che coordini e dia coerenza all’attività dei vari distretti; insomma, è necessario che ci sia uno o più segnapassi che svolga questa funzione. Un esempio di segnapassi è quello dei centri encefalici che coordinano l’attività posturale con la dinamica respiratoria. Possiamo considerare le differenze nei vari livelli di tensione, infine, come il prodotto di diverse componenti della personalità. Ad esempio, alcuni muscoli del corpo hanno un livello miografico superiore ad altri, che risulta correlato con la gestione abituale delle barriere interpersonali. E’ possibile, in sostanza, individuare delle correlazioni tra attività miografica in specifici distretti corporei ed eventi psicologici. Esistono cioè dei pattern tensionali posturali strettamente legati a specifiche funzioni psicofisiologiche dell’Io.