1 modulo 5 Sezione storico-religiosa Scheda di approfondimento per pagina 422 Giovanni Paolo II chiede scusa per l’olocausto La “resistenza” dei cristiani al nazismo «non è stata quella che l’umanità era in diritto di aspettarsi»: l’ha detto ieri il Papa ed è una parola nuova, la più coraggiosa che un Pontefice abbia detto fino a oggi sulla terribile materia. Quel pronunciamento Wojtyla l’ha fatto ricevendo i sessanta studiosi che ha convocato in Vaticano per indagare sulle «radici dell’antigiudaismo in ambiente cristiano». Il “colloquio” […] si tiene a porte chiuse, ma nel suo intervento il Papa ha chiarito l’intenzione con cui l’ha convocato. Il Pontefice ha pure affermato l’“assoluta” condanna dell’antisemitismo e di ogni genocidio e la doppia gravità che per un cristiano spetta alla “Shoàh”, cioè al genocidio ebraico voluto da Hitler. E ha insistito sul fatto fondante che «Gesù era ebreo» e che da lì deriva il legame indissolubile della Chiesa con l’ebraismo. Affermazioni tutte importanti, ma la più nuova è l’ammissione sull’inadeguata reazione dei cristiani al nazismo. In essa è rintracciabile il filo rosso dell’“esame di coscienza” che il Papa va conducendo in vista del Giubileo. «Nel mondo cristiano – ha detto il Papa – alcune interpretazioni erronee e ingiuste del Nuovo Testamento relative al popolo ebraico e alla sua pretesa colpevolezza sono circolate per troppo tempo, generando sentimenti di ostilità nei confronti di questo popolo. Tali sentimenti hanno contribuito ad assopire molte coscienze, in modo che quando sull’Europa è dilagata l’ondata delle persecuzioni ispirate a un antisemitismo pagano che, nella sua essenza, era anche un anticristianesimo, accanto a cristiani che hanno fatto di tutto per salvare i perseguitati fino a mettere in pericolo la propria vita, la resistenza spirituale di molti non è stata quella che l’umanità era in diritto di aspettarsi dai discepoli di Cristo». Nel giugno dell’anno scorso, da Berlino, il Papa aveva riconosciuto che quanto fece la Chiesa in opposizione al nazismo era stato «troppo poco». Ora dice di più: quell’opposizione, è stata inferiore a quello che l’umanità aveva il diritto di attendersi. Ed è quasi una sconfessione di quanti – per esempio a difesa di Pio XII – chiedevano agli interlocutori più esigenti: chi ha il diritto di dire che cosa dovevano fare i cristiani? Wojtyla riconosce legittima l’attesa di una coerenza evangelica da parte del mondo nei confronti delle Chiese. Giovanni Paolo II ha poi invitato i partecipanti al “colloquio” a gettare uno «sguardo lucido sul passato, in vista di una purificazione della memoria, per mostrare chiaramente che l’antisemitismo è senza giustificazioni e assolutamente condannabile». E ancora: «La Chiesa condanna con fermezza tutte le forme di genocidio, così come le teorie razziste che le hanno ispirate o che hanno preteso di giustificarle». E infine: «Alla malizia morale di ogni genocidio si aggiunge, nella Shoàh, la malizia di un odio che attacca il piano salvifico di Dio sulla storia: da questo odio la Chiesa [ne esce] essa stessa direttamente presa di mira». (L. Accattoli, in «Corriere della Sera», 1 novembre 1997) • Il monumento alla memoria della Shoàh davanti al Museo dell’Olocausto a Yad Vashem (Gerusalemme), un complesso di edifici che raccolgono la memoria dei sei milioni di Ebrei sterminati durante il nazismo. capitolo 1 L’Ebraismo 2 Il viaggio di Benedetto XVI culmina nella visita ad Auschwitz CRACOVIA, domenica, 28 maggio 2006 – La figura bianca di Benedetto XVI ha attraversato questa domenica, al termine della sua visita in Polonia, il cancello del campo di concentramento di Auschwitz, e come i deportati ha potuto leggere le parole ormai tristemente famose Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi). Come aveva confermato il giorno prima Joaquín Navarro-Valls ai giornalisti, si è trattato di una visita inclusa personalmente dal Papa in questo secondo viaggio apostolico internazionale, in cui ha seguito le orme biografiche di Giovanni Paolo II. Dopo aver visitato in silenzio i luoghi dell’orrore, aver pregato a lungo nel simbolo dell’Olocausto e aver parlato con i sopravvissuti ai campi di sterminio, il Pontefice ha pronunciato un discorso […]. «Prendere la parola in questo luogo di orrore, di accumulo di crimini contro Dio e contro l’uomo che non ha confronti nella storia, è quasi impossibile – ed è particolarmente difficile e opprimente per un cristiano, per un Papa che proviene dalla Germania», ha detto iniziando il suo discorso. «In un luogo come questo vengono meno le parole, in fondo può restare soltanto uno sbigottito silenzio – un silenzio che è un interiore grido verso Dio: Perché, Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto questo? […]. Io sono oggi qui come figlio del popolo tedesco, e proprio per questo devo e posso dire, come Giovanni Paolo II: “Non potevo non venire qui. Dovevo venire”. Era ed è un dovere di fronte alla verità e al diritto di quanti hanno sofferto, un dovere davanti a Dio, di essere qui come successore di Giovanni Paolo II e come figlio del popolo tedesco, figlio di quel popolo sul quale un gruppo di criminali raggiunse il potere mediante promesse bugiarde, in nome di prospettive di grandezza, di ricupero dell’onore della nazione e della sua rilevanza, con previsioni di benessere e anche con la forza del terrore e dell’intimidazione». In questo modo, ha riconosciuto, «il nostro popolo poté essere usato ed abusato come strumento della loro smania di distruzione e di dominio. Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto?», ha proseguito il Papa. «Noi non possiamo scrutare il segreto di Dio – vediamo soltanto frammenti e ci sbagliamo se vogliamo farci giudici di Dio e della storia». Il Vescovo di Roma ha chiesto di adottare con Dio lo stesso atteggiamento manifestato dal popolo ebraico nei Salmi quando implora: «Svégliati! Non dimenticare la tua creatura, l’uomo!» «Il nostro grido verso Dio deve al contempo essere un grido che penetra il nostro stesso cuore, affinché si svegli in noi la nascosta presenza di Dio – affinché quel suo potere che Egli ha depositato nei nostri cuori non venga coperto e soffocato in noi dal fango dell’egoismo, della paura degli uomini, dell’indifferenza e dell’opportunismo». Il Papa ha osservato che questo grido elevato a Dio è particolarmente necessario in questa nostra ora presente, «nella quale sembrano emergere nuovamente dai cuori degli uomini tutte le forze oscure: da una parte, l’abuso del nome di Dio per la giustificazione di una violenza cieca contro persone innocenti; dall’altra, il cinismo che non conosce Dio e che schernisce la fede in Lui. Noi gridiamo verso Dio, affinché spinga gli uomini a ravvedersi, così che riconoscano che la violenza non crea la pace, ma solo suscita altra violenza – una spirale di distruzioni, in cui tutti in fin dei conti possono essere soltanto perdenti». («Zenit», 28 maggio 2006) • Benedetto XVI al suo ingresso nel campo di concentramento di Auschwitz il 28 maggio 2006.