Genziana (Gentiana lutea L. ) Famiglia: Gentianaceae Descrizione botanica È una pianta erbacea perenne alta da 40 a 150 cm, con una grossa radice fittonante polposa e fusti semplici, robusti ed eretti. Le foglie basali sono: glabre, picciolate, lunghe 20-30 cm, ovo-lanceolate e acute all’apice, con 5 nervature parallele evidenti. Le foglie cauline, simili alle basali sono progressivamente più piccole e sessili. I fiori sono peduncolati, riuniti in verticilli all’apice dei fusti e all’ascella delle foglie. La corolla è di colore giallo intenso, con leggere linee punteggiate di bruno ed è formata, inoltre, da un tubo campanulato, quasi completamente diviso in 5 lobi lanceolati. Il frutto è una capsula a due valve contenenti molti piccoli semi appiattiti di colore marrone. La specie è allogama (2n=40) con impollinazione entomofila (api e bombi). Il peso di 1000 semi è di circa 0,8-1,5 g (Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986). 120 Diffusione e mercato La genziana è diffusa in gran parte delle zone montane dell’Europa centro-meridionale: dai Pirenei fino ai Carpazi. In Italia è presente su tutto l’arco alpino, nell’Appennino settentrionale e meridionale e anche in Sardegna nei prati e pascoli montani ad un’altitudine che varia dai 1000 ai 2200 m. (Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L. 1997). È tutelata sia a livello nazionale da leggi di protezione della flora spontanea, sia da regolamenti Regionali che ne limitano la raccolta . Si stima che nell'Europa occidentale vengano commercializzate annualmente 5.000 t di radici fresche. In Francia, dove si raccolgono circa 2.500 t/anno di radici spontanee, l'80% del prodotto è destinato all'industria liquoristica. In Italia, le coltivazioni sono pressoché inesistenti, per cui gran parte del fabbisogno nazionale (100 t circa di radici secche) viene importata (Barbaro M., et al., 2008). Esigenze pedoclimatiche Durante il periodo invernale è a riposo vegetativo; predilige climi freschi e sufficientemente piovosi ma non tollera ambienti poco soleggiati. Vegeta bene in terreni ben drenati e non pesanti derivanti sia da substrati calcarei che silicei. Per permettere un buon sviluppo delle radici e agevolare la raccolta, vanno evitati terreni prevalentemente argillosi, quelli che causano ristagni di acqua o troppo ricchi di sostanza organica perché favoriscono l’insorgere di malattie fungine (Bezzi A., Aiello N., Tartarotti M., 1987). Tecnica colturale La diffusione di questa pianta è frenata dalla lunghezza del ciclo produttivo (4-5 anni) e dal fenomeno della dormienza dei semi che rendono difficile la produzione di piantine. È per questo che sono in via di sperimentazione diverse tecniche per stimolare la germinazione. Propagazione – Avviene per seme o mediante parti vegetative (rizomi). Il seme può essere ottenuto da piante spontanee o coltivate oppure da ditte sementiere per lo più estere. La semina può essere eseguita nel periodo autunnale oppure a fine inverno. Per superare la dormienza i semi, posti in piastre petri contenenti carta bibula, devono essere sottoposti a vernalizzazione (temperature di 3-7 °C alternate per 4-5 settimane) talvolta accompagnata o sostituita da ulteriore trattamento con acido gibberellico (100 ppm) per 1224 ore (Aiello N., D’Andrea L., Scatezzini F., Vender C., 1998). Prima della semina, è opportuno conciare i semi con fungicidi al fine di ridurre l’insorgenza di patogeni fungini. Se si esegue la semina autunnale i semi conciati e vernalizzati vengono posti in contenitori alveolati contenenti sabbia o torba e posti a umidità costante. Se si esegue invece, la semina 121 invernale i semi conciati e vernalizzati vengono posti in terricci arricchiti o costituiti da 2/3 di torba e 1/3 di sabbia precedentemente sterilizzati. Dopo l’emergenza, le piantine andranno tenute in ambiente protetto (serra o tunnel) dove vengono mantenute temperature non superiori a 10-15°C. Il trapianto si esegue quando le piantine avranno emesso 3-4 paia di foglioline. la costituzione di un impianto mediante rizomi non sembra essere un metodo economicamente conveniente. Sesti d’impianto – La densità ottimale di impianto è di circa 10 piantine/m2 con distanza sulla fila di 15-20 cm e interfila di 50-70 cm. Densità maggiori hanno fornito rese superiori, ma le radici sono risultate, alla raccolta, troppo piccole perciò poco pregiate dal punto di vista commerciale e difficili da raccogliere meccanicamente. Preparazione del terreno – La genziana può essere coltivata dopo una coltura da rinnovo (es. patata) o da foraggio. In genere viene impiantata dopo la rottura di un prato stabile o un pascolo. Si deve eseguire un’aratura profonda (40-45 cm) in autunno o inverno e prima del trapianto una fresatura. Possono essere necessarie delle sarchiature sulla fila per controllare le malerbe, soprattutto nei primi due anni di coltivazione. Irrigazione – È necessaria dopo il trapianto, dopo il trapianto, per favorire l’attecchimento delle piantine; in alcune zone, durante il periodo estivo, potrebbe essere necessaria un’irrigazione di soccorso. Concimazione – In ambiente protetto, dopo l’emergenza, potrebbe essere utile eseguire concimazioni liquide, se il terriccio utilizzato non è fertilizzato, con concimi complessi per evitare ingiallimenti e deperimenti delle giovani piantine. Se il terreno è particolarmente povero, il primo anno, con l’aratura si può interrare letame maturo, 60-80 kg/ha di P2O5 e 120-150 kg/ha di K2O. Prima del trapianto si distribuiranno 40-100 kg/ha di azoto. Negli anni successivi la concimazione verrà eseguita alla fine dell’inverno (Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986). Scelta varietale – Sono in corso lavori per ottenere ibridi a sviluppo vegetativo più rigoglioso e più resistenti alle avversità al fine di incentivare la coltivazione della genziana soprattutto nelle aree montane (Barbaro M., et al., 2008). Avversità Durante l’allevamento delle piantine in ambiente protetto bisognerà proteggerle da patogeni fungini quali Fusarium sp., Verticillium sp., Rhizoctonia sp., Botrytis cinerea e Sclerotinia sp.. Le radici conservate in magazzino possono essere attaccate da Macrosporium commune e da un coleottero (Stegobium paniceum) (Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P., 1986). 122 Raccolta, resa e utilizzazione Di tale coltura vengono utilizzate le radici, per avere una buona produzione la raccolta si esegue, a seconda delle zone, in tarda estate o in autunno del 5°, 6° o 7° anno di coltivazione. La raccolta può essere eseguita anche con mezzi meccanici e la produzione ottenibile può essere quantificata in 25-30 t/ha di radici con rese in secco di 25-30%. Le radici contengono diversi principi tra cui alcaloidi, zuccheri e glucosidi (genziopicrina, genzioamarina e genziina); il contenuto di tali sostanze varia in base al tipo di terreno, all’altitudine, alla provenienza, all’età e al diametro della radice nonché dall’epoca di raccolta. Le radici essiccate possono essere utilizzate per la produzione di liquori digestivi e vini aromatici (Loi M. C., et al. 2004). Può essere utilizzata per le gastriti, le indigestioni e inappetenza durante le malattie febbrili (Hanlidou E. et al., 2004). Esistono però,specifiche controindicazioni nell'uso di questa essenza per le persone portatrici di ulcera, gastrite acuta, esofagite. 123 Bibliografia Aiello N., D’Andrea L., Scatezzini F., Vender C. (1998) – Rimozione della dormienza dei semi di Gentiana lutea L. attraverso la prerefrigerazione e le gibberelline e durata dell’effetto stimolante. Agricoltura Ricerca 176, pag. 18-22. Barbaro M., et al. (2008) – Il progetto Gentiana lutea: strumento di tutela di una specie spontanea locale e opportunità di sviluppo per le aree montane. XIII Convegno Internazionale Interdisciplinare. Aquileia - UD, 2008. Bezzi A., Aiello N., Tartarotti M. (1987) – La coltivazione di Gentiana lutea L. nell’ambito del progetto “piante officinali” del Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste. Atti del Convegno sulla coltivazione delle piante officinali, Trento; pag. 159-190. Catizone P., Marotti M., Toderi G., Tètènyi P. (1986) – Coltivazione delle piante medicinali e aromatiche. Patron Editore; pag. 187-192. Hanlidou E., Karousou R., Kleftoyanni V., Kokkini S. (2004) - The herbal market of Thessaloniki (N Greece) and its relation to the ethnobotanical tradition. Journal of Ethnopharmacology 91 (2004); pag. 281–299. Leporatti M.L., Foddai S., Tomassini L. (1997) – Testo-atlante di anatomia vegetale e delle piante officinali. Piccin Editore; pag. 110-111. Loi M. C., et al. (2004) - Ethnopharmacology of Ogliastra (Villagrande Strisaili, Sardinia, Italy). Fitoterapia 75 (2004) pag. 277–295. Siti internet consultati: www.pianteofficinali.org 124