Precoce interessamento dei muscoli locomotori nella

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Precoce interessamento dei muscoli locomotori nella Distrofia Muscolare di Duchenne
Lunedì 08 Marzo 2010 22:30 - Ultimo aggiornamento Venerdì 11 Marzo 2011 12:19
Precoce interessamento dei muscoli locomotori nella Distrofia Muscolare di Duchenne:
diagnosi, trattamento chirurgico e riabilitativo
Serena Alerci
[email protected]
Fisioterapista - Medico Chirurgo
Dipartimento di Specialita` Medico-Chirurgiche - Sez. Ortopedia e Traumatologia
Universita` degli Studi di Catania
FisiOnLine - 05, 2006
La Distrofia Muscolare progressiva di Duchenne (DMD) è una patologia che rientra nel folto
gruppo delle malattie neuromuscolari che sono rappresentate da patologie a diversa eziologia
che hanno in comune il coinvolgimento dell'unità motoria. Per unità motoria si intende un
insieme di strutture anatomiche diverse che hanno la funzione di attuare il comando motorio;
in tale termine sono pertanto compresi: il I motoneurone, il II motoneurone, la via di conduzione
(nervo periferico), la giunzione neuromuscolare e l'effettore muscolare periferico. A qualsiasi
livello venga colpita l'unità funzionale motoria si avrà un problema nella contrazione
muscolare.
La Distrofia Muscolare progressiva di Duchenne (DMD) è una malattia geneticamente
determinata a decorso cronico progressivo che e` causata da un difetto del gene codificante la
distrofina
, una macroproteina avente funzione stabilizzatrice della membrana sarcolemmale. La
mancanza di distrofina determina delle fratture del sarcolemma, responsabili dell'ingresso di
ioni calcio e dell'innesco di una serie di eventi a cascata che culminano nella necrosi delle fibre
e nella conseguente sostituzione con tessuto fibroadiposo.
Il gene codificante per la distrofina è localizzato sul braccio corto del cromosoma X, per cui il
particolare tipo di trasmissione genetica (recessiva legata al sesso) fa sì che la malattia si
manifesti solo nei maschi, mentre le femmine sono portatrici sane. Il rischio per una femmina
portatrice è quello di generare il 50% di maschi malati (l'altro 50% è sano) ed il 50% di
femmine portatrici (l'altro 50% è sano). La DMD è la più frequente tra le distrofie muscolari con
una incidenza di 1/3000 nati maschi. Si ha il coinvolgimento di tutti i gruppi muscolari:
locomotori, respiratori, cardiaco.[1]
In questo lavoro l'attenzione sara` rivolta al precoce interessamento dei muscoli locomotori.
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SINTOMATOLOGIA
La maggior parte dei bambini presenta un ritardo nello sviluppo motorio caratterizzato da
incapacità di deambulazione all'età di 18 mesi. I deficit motori tipici della malattia si
manifestano clinicamente tra i 2-5 anni. Nella DMD si può distinguere una prima fase detta
"ambulatoriale" caratterizzata da:
- andatura goffa che, per un precocissimo interessamento dei muscoli glutei, diviene
basculante (andatura anserina) e, per retrazioni del tendine d'Achille, sempre più sulla punta
dei piedi;
- graduale difficoltà nel correre, salire le scale e soprattutto nel rialzarsi da terra; infatti il
deficit della muscolatura pelvica misto a quello della muscolatura dorsale e del tronco,
impedisce al bambino di rialzarsi da terra se non puntellandosi con gli arti superiori al suolo ed
alle ginocchia in una sorta di "arrampicamento" su se stesso (segno di Gowers);
- iperlordosi lombare;
- pseudoipertrofia dei polpacci da sostituzione del tessuto muscolare con tessuto
fibroadiposo;
- ipostenia dei muscoli prossimali degli arti inferiori, del tronco e poi tardivamente anche di
quelli degli arti superiori, con particolare interessamento del deltoide e del sottoscapolare;
- i riflessi propriocettivi, con il deficit muscolare, divengono via via più deboli fino alla loro
scomparsa.[2]
La fase ambulatoriale termina con il confinamento del paziente in carrozzina. Questa fase,
detta "della sedia a rotelle", inizia di solito prima della pubertà ed è caraterizzata da:
- accentuazione dell'ipostenia che coinvolge i muscoli del tronco;
- la colonna vertebrale è incurvata in avanti e si ha un aggravamento della scoliosi;
- comparsa di contratture localizzate prevalentemente a livello delle anche e ginocchia che
si atteggiano in flessione e delle caviglie con il piede in varo-equinismo. Anche il gomito, in fase
tardiva, viene interessato, atteggiandosi in flessione.[3-4-5]
Il coinvolgimento della muscolatura scheletrica è progressivo e generalizzato; di solito i
muscoli innervati dai nervi cranici sono risparmiati.
DIAGNOSI
La diagnosi di malattia si effettua tramite l'anamnesi e l'esecuzione di un protocollo diagnostico
che prevede:
- valutazione sierica degli enzimi muscolari ed in particolare della componente
muscolare scheletrica MM della CK che raggiunge valori anche di cento volte superiori alla
norma. Alla nascita si ha già un incremento dei livelli sierici che raggiungono un picco intorno
ai tre anni e poi subiscono un progressivo decremento. Questo si spiega con quello che è
l'andamento e l'evoluzione della malattia che, inizialmente, è caratterizzata da un'attiva necrosi
e rigenerazione muscolare, poi presenta un successivo depauperamento sino alla completa
scomparsa delle fibre muscolari e loro sostituzione, nelle fasi terminali, con tessuto
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fibroadiposo. Si osserva inoltre, come espressione di necrosi muscolare, anche un aumento
dei livelli sierici di LDH, transaminasi e aldolasi;
- EMG: il tracciato è tipico delle patologie muscolari primitive ed è caratterizzato da una
riduzione di ampiezza e durata dei potenziali d'azione. Le alterazioni aumentano di grado con
l'evoluzione clinica. Recentemente l'EMG è stata usata nella valutazione del drive dei muscoli
respiratori ed in particolare del diaframma. L'EMG diaframmatico si effettua tramite elettrodi di
superficie, o piccoli aghi posti in corrispondenza del VI-VII spazio intercostale, o tramite un
catetere di Swan-Ganz modificato e inserito, per via nasoesofagea, a livello del terzo distale
dell'esofago; in questo modo si determina la presenza o l'assenza di attività (per es. nel
sospetto di una paralisi) e le eventuali variazioni quantitative (come nell'insorgenza della
fatica);[2]
- Biopsia muscolare: il quadro morfologico varia a seconda della fase della malattia;
infatti accanto ad aspetti degenerativi si osservano aspetti rigenerativi. Con il progredire della
malattia si nota una riduzione dei processi rigenerativi, una prevalenza di quelli degenerativi e
la graduale sostituzione del tessuto muscolare con tessuto fibroadiposo.
La conferma alla diagnosi è data dall'analisi del DNA sui leucociti del sangue che evidenzia
un'anomalia del gene che codifica per la distrofina. Se l'analisi del DNA è normale (come
accade di solito in 1/3 dei pz), si ricorre all'analisi immunoistochimica che conferma l'assenza o
l'anormalità della distrofina a livello sarcolemmale.[1-5]
TERAPIA
Importante è l'approccio multidisciplinare. Tutti i pazienti devono essere sottoposti a visite
regolari da parte del medico di famiglia e dovrebbero ricevere il vaccino antipneumococcico ed
il vaccino annuale antinfluenzale. I corticosteroidi orali aumentano la massa muscolare
ritardandone il deterioramento ma non ne determinano la guarigione.[6] Quindi una terapia
specifica è purtroppo ancora inesistente e nessuno dei farmaci utilizzati si è dimostrato in
grado di modificare il decorso naturale della malattia.
Le ricerche attuali vagliano la possibilità di una terapia genica basata sull'inserimento nelle
fibre muscolari, tramite vettori virali, di un gene, o meglio, date le dimensioni eccessive di
questo, di un mini gene in grado di rendere queste capaci di una sintesi anche parziale di
distrofina. In attesa che ciò sia possibile, la terapia rimane, quindi, quella di supporto
(chirurgica e riabilitativa).
TRATTAMENTO CHIRURGICO
La tenotomia dei flessori dell'anca a livello della spina iliaca anteriore-superiore e
l'allungamento tendineo multiplo degli arti inferiori sono alcuni degli interventi in grado di
prolungare la fase ambulatoriale in quanto prevengono e correggono le retrazioni tendinee e
muscolari. Appaiono controversi il timing dell'intervento (chirurgia precoce-preventiva o
chirurgia su retrazioni strutturate), le tecniche ed i livelli su cui intervenire. In ogni caso
l'intervento deve essere seguito da una mobilizzazione precoce ed intensiva in modo da
prevenire i danni secondari all'immobilità e accelerare il recupero del carico.[7-4]
Utile è l'uso di tutori lunghi tipo KAFO (knee-ankle-foot orthosis cioè coscia-gamba-piede).
Sulla base di un duplice studio (Forst, 1995-1999) relativo ad un ampia popolazione di soggetti
con DMD, la chirurgia precoce prolungherebbe la deambulazione di oltre 1 anno rispetto alla
storia naturale della malattia.[8]
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Particolare importanza assume il trattamento della scoliosi che risulta quasi sempre evolutiva
ed inarrestabile con i corsetti. Di solito si ricorre all'intervento di fissazione del rachide
(artrodesi vertebrale) quando l'angolo di Cobb misurato è 30°-50°. La necessità di ricorrere
ad una stabilizzazione chirurgica precoce della colonna vertebrale è giustificata dai i seguenti
motivi:
- tutte le curve scoliotiche progrediscono e nessun corsetto è in grado di prevenirle o
controllarne l'evoluzione;
- le difficoltà operatorie e le complicanze post-operatorie aumentano con il progredire della
scoliosi e del calo della funzione respiratoria: i pazienti hanno un minore rischio di soffrire di
complicanze respiratorie post-operatorie se la capacità vitale pre-intervento è >35%;
- è stato dimostrato in più studi internazionali che i pazienti operati mantengono una
migliore qualità della vita in virtù del miglioramento della postura seduta.[9-10]
TRATTAMENTO RIABILITATIVO
Il trattamento riabilitativo deve essere personalizzato in base al tipo di paziente e controllato
nel corso della sua applicazione. E' di estrema importanza coinvolgere la famiglia e motivare il
paziente alla sua rieducazione per ottenerne una volontaria collaborazione. L'obiettivo del
trattamento fisiochinesiterapico e' quello di:
- mantenere il piu' a lungo possibile la funzione muscolare;
- prevenire le retrazioni tendinee e le conseguenti strutturazioni delle deformazioni
osteoarticolari;
- evitare l'atrofia ex non usu delle fibre muscolari integre;
- combattere l'obesità .
Si cerca, quindi, di sfruttare il potenziale funzionale residuo del paziente. Nella fase iniziale
della malattia, quando il bambino può ancora camminare, è necessario porre in atto degli
accorgimenti preventivi per contrastare l'ipostenia, le limitazioni articolari e l'affaticabilità,
evitando gli inutili tentativi di recuperare il deficit di forza. Tali provvedimenti consistono in:
- mantenimento di posture corrette, eventualmente controllate da ortesi che devono essere
leggere, di facile impiego e sicure per il paziente;
- esercizi per il controllo posturale, ponendo particolare attenzione alla correzione delle
asimmetrie;
- frequenti cambiamenti di posizione;
- movimenti finalizzati ad attività funzionali. Sono dei movimenti attivi che devono essere
submassimali e con opportune pause di riposo.
- mobilizzazioni passive intese come un complesso di manovre di mobilizzazione (per
preservare l'escursione articolare) e di stretching muscolare dei distretti critici degli arti inferiori
(flessori delle ginocchia e tricipite della sura). Per essere efficaci, le manovre di stiramento
muscolare devono ottenere l'adesione al programma da parte dei familiari che vengono cosi
opportunamente addestrati.[11-12]
Un recente studio (Hyde 2000) dimostra un effetto positivo di rallentamento delle retrazioni del
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tendine d'Achille ad opera della combinazione stretching-docce AFO (ankle-foot orthosis) di
posizione per uso notturno. Programmi di stiramento, combinati all'uso delle ortesi posturali,
possono ritardare lo sviluppo delle retrazioni muscolo-tendinee e ridurre la loro progressione.[8]
Utile è anche l'idrokinesiterapia che, specialmente sotto forma di bagni caldi, attiva il circolo
periferico e contrasta i problemi trofici ed i dolori muscolari.
BIBLIOGRAFIA
1. L. Bergamini, B. Bergamasco, R. Mutani: Manuale di Neurologia Clinica; 681-684, 2000
2. K.G. Allsop, F.A. Ziter: Loss of strength and functional decline in Duchenne’s dystrophy.
Arch Neurol 1981; 38:406-411
3. E.W. Johnson: Patokinesiology of Duchenne muscular dystrophy: implication for
management. Arch Phys Med Rehabil1977; 58:4-7
4. G. Monticelli, L. Bocchi, G. Letizia, Q. Mollica, L. Romanini, R.R. Spinelli: Ortopedia e
Traumatologia, 1998
5. C.Fazio, C.Loeb: Neurologia;913-916, 1996
6. D.B. Drachman, K.V. Toyka, E. Myer: Prednisone in Duchenne muscular dystrophy. Lancet
1974; 2:1409-1412
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8. J.P.J. Bakker: The effects of knee-ankle-foot orthoses in treatment of Duchenne muscular
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9. R.F. Laprade, D.E. Rowe: The operative treatment of scoliosis in Duchenne muscolar
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10. E.B. Rodillo, E. Fernandez-Bermejo, J.Z. Heckmatt, V. Dubowitz: Prevention of rapidly
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11. Wm. Fowler, J. Goodgold: Rehabilitation management of neuromuscolar diseases. In: J.
Goodgold, ed : Rehabilitation Medicine. Mosby Company, 1988; 298-316
12. S.E. Harris, D.B. Cherry: Childhood progressive muscular dystrophy and the role of
physical therapy. Phys. Ther. 1974; 54:4-12
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