La forza, concetti e metodi di allenamento

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L’ALLENAMENTO DELLA FORZA Classificazioni della forza Tra le diverse classificazioni della forza, sarà analizzata la classificazione della forza fatta da Harre. Inoltre sarà illustrata una classificazione non stereotipata della forza (A. Fucci, 1994; Carminati e A. Fucci, 1998). La classificazione di Harre Harre suddivide la forza in: A) FORZA MASSIMALE: è la massima forza che il sistema neuromuscolare è in grado di esprimere con una contrazione volontaria. B) FORZA VELOCE: è la capacità del sistema neuromuscolare di superare le resistenze con un’elevata capacità di contrazione. C) FORZA RESISTENTE: è la capacità del muscolo di opporsi alla fatica durante prestazioni di forza e di durata. Questa classificazione sopra esposta fatta dal fisiologo tedesco Harre (1972), ed è stata accettata da quasi tutto il mondo sportivo. Queste sono, invece, le percentuali di lavoro indicate da Bosco (1997): a)forza massima: 70-­‐100% del massimale; b)forza veloce: 20-­‐70% del massimale; c) forza resistente: 20-­‐50% del massimale. PRECISAZIONE Negli ultimi anni, in funzione di vari studi (Bosco, 1991), l'intensità, nell'ambito della forza, è associata al concetto di potenza. POTENZA= LAVORO NELL’UNITA DI TEMPO In fisica il lavoro corrisponde alla forza moltiplicata per lo spostamento: L= Fxs. Uno squat con un carico di 30 kg eseguito lentamente o uno squat, sempre con 30 kg, eseguito molto velocemente, significa lavorare a intensità diverse. Un controllo preciso che ci dia costantemente delle indicazioni precise sui valori di potenza espressi, è possibile, però, solo se si dispone di un dinamometro isotonico, l'Ergopower (ideato dal Prof. Bosco) o altri dispositivi simili, strumenti elettronici capaci di misurare lo spazio del carico sollevato in funzione del tempo, ciò permette di dedurre la potenza sviluppata. Questi apparecchi possono essere installati su qualsiasi macchina di muscolazione. Questi dinamometri possono anche guidare l’atleta durante l'allenamento. Per esempio non si stabilisce a priori il numero di ripetizioni da eseguire, ma non appena si sta esprimendo un valore di potenza considerato non idoneo, si viene avvisati attraverso un segnalatore acustico che ci si deve fermare. Analogo discorso vale sia per le serie che per il recupero tra le serie. I parametri forniti da queste macchine sono vari, oltre alla potenza vengono forniti anche il lavoro e la velocità. Classificazione non stereotipata della forza La forza può essere divisa in • FORZA ATTIVA • FORZA SEMI-­‐ATTIVA (o statico-­‐attiva) • FORZA REATTIVA La forza attiva E’ la capacità del sistema neuromuscolare di produrre una tensione grazie al "ciclo semplice" di lavoro: quello di accorciamento della parte contrattile. Quindi quell'azione determinata dall'attività biochimica che si realizza nella componente contrattile della fibra muscolare. La forza semi-­‐attiva E’ la risultante del lavoro dinamico del muscolo combinato con un’espressione di forza isometrica : isometria totale. Quest'ultima si verifica quando nel mezzo di una contrazione dinamica (concentrica o eccentrica) s'inserisce un'azione statica, per cui il lieve avvicinamento dei capi articolari è assicurato da un regime di contrazione dinamica e interrotta dal lavoro isometrico. Com'è deducibile, questo tipo di lavoro isometrico non si effettua contro carichi ina-­‐
movibili (isometria massimale) ma con carichi inferiori al proprio massimale isometrico. La forza reattiva Questa forza rappresenta la tensione prodotta da un "doppio ciclo" di lavoro muscolare, dove l'accorciamento (fase concentrica) è preceduto da un allungamento (fase eccentrica). Questo tipo di forza è il più redditizio, perché nella fase eccentrica c'è un accumulo di energia elastica che è utilizzato sotto forma di lavoro meccanico nella successiva contrazione concentrica. LE CONTRAZIONI MUSCOLARI Le contrazioni possono essere (Tabella 1): -­‐ isometriche, cioè non si modifica la lunghezza nonostante si sviluppi tensione. La distanza tra il punto di origine e d’inserzione rimane invariata; anisometriche (dinamiche), cioè determinano lo spostamento delle inserzioni. La contrazione muscolare può essere definita come: il mezzo fisiologico grazie al quale si reclutano le fibre muscolari, una volta che è arrivato lo stimolo nervoso e che c’è l’energia necessaria a disposizione. Contrazione isometrica (Figura 1) non si supera la resistenza per cui rimane invariata la lunghezza del muscolo. Questa contrazione può essere applicata sia opponendosi a pesi inamovibili (ISOMETRIA MASSIMALE), sia interrompendo una contrazione dinamica, cioè opponendosi a carichi superabili (ISOMETRIA TOTALE). Con la contrazione isometrica il muscolo può aumentare la propria forza del 10% rispetto al suo massimale concentrico. Contrazione concentrica (Figura 1) = si supera la resistenza, quindi si riduce la lunghezza del muscolo. Contrazione eccentrica (Figura 1) = il muscolo sviluppa tensione man mano che si allunga. Attraverso una contrazione eccentrica il muscolo può aumentare la propria forza del 30% rispetto alla massima forza isometrica. Contrazione pliometrica (Figura 1) = è la somma della contrazione eccentrica e concentrica. Cioè il muscolo prima di accorciarsi si allunga. Contrazione isocinetica (Figura 1) = il muscolo supera una resistenza con una velocità costante. E' possibile eseguire questo tipo di lavoro solo con particolari macchinari. Contrazione auxotonica = questo tipo di regime muscolare determina, al pari del concentrico, un accorciamento del muscolo, ma vi è una variazione della forza svilup-­‐
pata durante la contrazione. Infatti in seguito ad un progressivo aumento della resi-­‐
stenza si verifica anche un aumento progressivo della forza durante la contrazione. E' possibile eseguire la contrazione auxotonica solo in determinate esercitazioni, tipo il lavoro con gli elastici. LA CONTRAZIONE MUSCOLARE CONCENTRICA CONTRAZIONE CONCENTRICA: IL MUSCOLO SI ACCORCIA SVILUPPANDO UNA TENSIONE VARIABILE, NEL VINCERE UN CARICO COSTANTE. METODI DI ALLENAMENTO CON IL REGIME CONCENTRICO I principali metodi intensivi favorenti l'ipertrofia muscolare L'ipertrofia (aumento della sezione trasversa del muscolo) può essere ricondotta, fondamentalmente, a quattro cause principali (Figura 2): -­‐ aumento della dimensione e del numero delle miofibrille; -­‐ aumento del numero e delle dimensioni dei vasi capillari fra le fibre, cioè aumento della vascolarizzazione; -­‐ aumento del tessuto connettivo interposto fra le fibre; -­‐ iperplasia (aumento del numero di fibre). Nell’uomo quest'ultimo punto non è stato ancora accettato da tutti. Superserie La superserie originale prevede serie doppie, senza recupero, su muscoli antagonisti (Esempio 1). Una variante molto utilizzata della superserie prevede serie doppie, sempre senza pausa, sullo stesso gruppo muscolare (esempio 2). Questa variante della superserie gli americani la definiscono "compound set". ESEMPIO 1: curl con manubri (bicipite brachiale) + spinte all'ercolina (tricipite bra-­‐
chiale) tecnica chiamata anche "superserie antagonista"). ESEMPIO 2: (cosce) leg extension + leg press (tecnica definita anche "superserle agonista”). Serie giganti Le serie giganti (giant sets) richiamano la coumpound set, in quanto prevedono più esercizi per lo stesso gruppo muscolare. Solo che le serie giganti prevedono 4-­‐6 serie, senza recupero o con 15-­‐30 secondi di pausa tra una serie e l'altra, a carico dello stesso gruppo muscolare. ESEMPIO: (pettorali) distensioni su panca piana (10 rip.) + pectoral machine (10 rip.) + distensioni panca inclinata (10 rip.) + cavi incrociati (10 rip.) = 1 SERIE GIGANTE. Naturalmente è impensabile effettuare 10 serie giganti. Ripetizioni forzate Sono quelle ripetizioni che consentono, con l'aiuto di un partner, di portare la serie oltre il normale grado di esaurimento. Ci sono in linea generale, due modi di eseguire le ripetizioni forzate (forced reps), per cui le illustreremo con due esempi: ESEMPIO 1 (la VARIANTE) (pettorali) 10 RM su panca piana + 3-­‐4 ripetizioni con l'aiuto di un partner; ESEMPIO 2 (2a VARIANTE) (pettorali) 7 RM su panca piana + 3-­‐4 ripetizioni forzate con l'aiuto del partner. Come si vede nella seconda variante il carico è superiore a quello utilizzato nelle serie normali. Serie a "21" Questa tecnica consiste nell'effettuare 21 ripetizioni parziali con angolo di lavoro diverso ogni 7 ripetizioni. ESEMPIO: (bicipite brachiale) leg curl -­‐ 7 rip. con angolo di lavoro da 180' a 120'+ 7 rip. con angolo di lavoro da 120' a 30' + 7 rip. con angolo di lavoro da 180' a 30'. Le 21 ripetizioni sono concatenate, cioè senza recupero. Questa tecnica è particolarmente indicata per i muscoli delle braccia Burris (serie che bruciano) Sono quelle ripetizioni parziali che vengono effettuate solo su un angolo particolare del muscolo (tratto iniziale o finale), ma alla fine della serie normale. ESEMPIO: (bicipiti brachiali) leg curl: 10 rip. normali + 5-­‐6 rip. parziali, con angolo di lavoro da 180' a 120'. Anche questa tecnica è particolarmente indicata per i muscoli delle braccia. Stripping (o set a scalare) Questa tecnica consiste nel portare la serie fino all'esaurimento totale, alleggerendo il carico più volte nei momenti di affaticamento. ESEMPIO: (pettorali) distensione su panca piana con bilanciere: Caricare il bilanciere, con dischi di piccolo peso, con un carico che permette di effettuare massimo 6 ripetizioni: nel momento in cui non è possibile effettuare un'ulteriore contrazione il partner toglie dei dischi, in modo da permettere ancora un certo numero di ripetizioni. Procedere in questo modo fino a quando non c'è più la forza di fare un'ulteriore ripetizione. Alcuni allenatori prevedono solo 3 variazioni di peso, in fase discendente, stabilendo a priori quante ripetizioni devono essere fatte a ogni diminuzione del peso. ESEMPIO: (deltoidi esterni) alzate laterali con manubri: 8 rip. con due manubri da 12 Kg + 8 rip. con due manubri da 10 Kg + 8 rip. con due manubri da 8 Kg. Metodo delle tre serie discendenti Questo metodo consiste nel legare tre serie, per lo stesso gruppo muscolare, in ordine decrescente di difficoltà. S'inizia a lavorare con l'esercizio più difficile per poi continuare con gli altri due, in modo da esaurire le riserve energetiche del gruppo muscolare interessato. ESEMPIO: (coscie) 8 RM squat + 8 RM leg press + 8 RM leg extension. Il passaggio da un esercizio all'altro deve avvenire senza recupero. Metodo piramidale nella stessa serie Questo metodo è identico, come principio, al piramidale doppio (che analizzeremo più avanti), solo che le variazioni si effettuano nella stessa serie. ESEMPIO: (pettorali) distensioni su panca piana : 3 rip. con carico al 70% del max + 2 rip. con carico al 75% dei max + 1 rip. con carico all'80% del max + 2 rip. con carico al 75% del max + 3 rip. con carico al 70% del max. Il pre-­‐affaticamento Questo metodo si basa sul principio della superserie agonista, dove, però, il muscolo prima di essere allenato con un esercizio generale viene affaticato con un esercizio analitico (di isolamento). Il pre-­‐affaticamento è molto importante per determinare il completo esaurimento del gruppo muscolare interessato. Infatti, ad esempio, quando alleniamo i pettorali con la panca piana, la fatica sopraggiunge non perché si siano impoveriti i muscoli interessati (pettorali) ma i tricipiti (anello debole, in questo esempio, della catena motoria), che venendo coinvolti fortemente nel movimento si affaticano prima dei pettorali. Utilizzando il pre-­‐affaticamento si riesce a impoverire completamente il gruppo muscolare interessato. ESEMPIO: (quadricipite): 8 RM concentriche (leg extension; es. analitico) + 10 RM concentriche (squat o pressa; es. generale) Si ricorda che la successione tra i due esercizi (analitico+ generale) deve avvenire senza recupero. Quanto appena riportato nell'esemplo corrisponde alla metodica allenante comu-­‐
nemente utilizzata. Cioè si effettuano delle ripetizioni con un regime di contrazione concentrico e si termina la serie con un altro esercizio, però, sempre con un'azione concentrica. Tuttavia noi consigliamo di utilizzare il pre-­‐affaticamento anche effettuando ripetizioni con un regime di contrazione diverso. Il post-­‐affaticamento Questo metodo, al pari del pre-­‐affaticamento, ha come obiettivo finale l'impoverimento delle riserve energetiche dei gruppi muscolari interessati all'esercizio. Tuttavia, mentre nel pre-­‐affaticamento si posiziona l'esercizio d’isolamento all'inizio, nel post-­‐affaticamento si effettua alla fine. ESEMPIO: (pettorali): 10 RM concentriche (panca piana) (es. generale) + 6 RM concentriche (pectoral machine) (es. analitico) Si ricorda che anche in questo caso la successione tra i due esercizi deve avvenire senza recupero. Anche con il post-­‐stancaggio vale il principio dell'alternanza dei regimi di contrazione. Il pre e post-­‐affaticamento Com'è comprensibile questo metodo è l'insieme dei due metodi analizzati in pre-­‐
cedenza. Il pre e post-­‐affaticamento è un metodo molto faticoso ma altrettanto interessante per lo sviluppo della massa muscolare. Questo metodo si può applicare in due modi: 1) effettuando lo stesso esercizio d'isolamento nella fase di pre e post-­‐affaticamento; ESEMPIO (pettorali): 6 RM concentriche (croci panca piana) + 10 RM conc. (dist. Panca piana) + 6 RM conc. (croci panca piana) 2) variando l'esercizio d’isolamento in una delle due fasi: ESEMPIO (pettorali): 6 RM concentriche (croci panca piana) + 10 RM conc. (dist. Panca piana) + 6 RNI conc. (pectoral machine). Le due varianti di questo metodo possono essere ulteriormente modificate. Infatti, in ambedue le varianti si può benissimo inserire un regime di contrazione diverso sia nella fase di pre-­‐affaticamento che in quella di post-­‐affaticamento. The Big Wave (la Grande Onda) Questa metodica di allenamento è nata nei paesi dell'est e uno dei suoi ideatori è il bulgaro Angel Spassov. Oltre al power-­‐lifter anche i body builder la utilizzano, in quanto, secondo gli ideatori, è un allenamento utile per sviluppare sia la potenza che la massa (A. Spassov T. Todd, 1994). I punti su cui si basa questo metodo sono: la variazione del carico sollevato e la variazione delle pause tra i vari set. Le varianti del big wave sono 12, tuttavia in questa sede ne riporteremo solo una. ESEMPIO: 1 RM = 90 Kg. Esercizio: distensione panca piana -­‐ Riscaldamento: 10 rip. con 45 Kg (50% del max), recupero V 5 rip. con 62 Kg (70% del max), rec. V 3 rip. con 72 Kg (80% del max), rec. 1' o fino al ritorno della frequenza cardiaca sotto i 102-­‐108 battiti -­‐ Fase centrale: 3 rip. con 82 Kg (90% del max), rec. 30 secondi rip. a esaurimento con 62 Kg (70% del max), rec. fino a una frequenza cardiaca inferiore ai 108 battiti 3 rip. con 82 Kg (90% del max) , rec. 30 secondi rip. ad esaurimento con 62 Kg(70% del max). Di questa variante (A. Spassov). T Todd) non bisogna eseguire più di 2 o 3 esercizi al giorno e ogni seduta non deve durare più di 90 minuti, poiché oltre questo limite il corpo non è in grado di trarre vantaggio dall'allenamento (si suppone per motivi ormonali, n.d.a.) Nel corso del programma le pause indicate sono di 30 secondi perché il maggiore afflusso di sangue (ricercata per l'effetto pompaggio) nel muscolo avviene 30 secondi circa dopo la fine del set e tale afflusso dura circa 30-­‐45 secondi. Inoltre le frequenze cardiache riportate sono indicative del fatto che un set pesante non può essere effettuato con una frequenza cardiaca superiore a 102-­‐108 battiti (A. Spassov, T Todd, 1994). Naturalmente il tempo impiegato a raggiungere tali frequenze è soggettivo per cui si indica la frequenza e non il tempo. Una variante di questo sistema è stata utilizzata, con grande successo, anche da gio-­‐
catori di football (University of Texas). L’allenamento ipertrofizzante secondo J. V. Verchosanskij Un’interessante analisi riguardo al lavoro ipertrofizzante è stata fatta recentemente (1995) dal famoso ricercatore russo Jurij Vitalevic Verchosanskij. In questo paragrafo riassumeremo le indicazioni da lui fornite. Il metodo da utilizzare nel lavoro ipertrofizzante deve essere quello delle "ripetizioni a serie", dove il carico deve essere submassimale e la durata del lavoro massima. In questo modo aumenta il deficit dei fosfageni (ATP-­‐PC); l'accentuazione di questo deficit provoca un aumento della distruzione delle proteine muscolari, i cui prodotti residui fanno da induttori della sintesi proteica nel periodo di recupero, quando il rifornimento di ossigeno del tessuto viene di nuovo normalizzato e il suo apporto di substrati aumenta". Il metodo delle "ripetizioni a serie", in funzione della direzione principale dello stimolo allenante, prevede 2 varianti: 1) per un aumento MODERATO della massa muscolare 2) per un aumento NOTEVOLE della massa muscolare. CON QUESTO TIPO DI ALLENAMENTO AUMENTANO LE PROTEINE CONTRATTILI MUSCOLARI E QUINDI LA MASSA. VARIANTE 1 (aumento moderato della massa) In questo caso bisogna lavorare con un carico corrispondente al 70%-­‐90% del max. Le regole che caratterizzano questa variante sono: a) il carico deve essere così intensivo quanto ottimale per il mantenimento di uno stato ottimale di lavoro per l'organismo; b) l'allenamento non deve durare a lungo, deve avere piuttosto un carattere concentrato, con pause tra i set e le serie (più set formano una serie, che viene ripetuta più volte) allo scopo di recuperare la capacità di prestazione muscolare dell'atleta; c) il peso deve essere aumentato progressivamente; d) il recupero tra le unità di allenamento dura 2-­‐3 giorni. ESEMPIO 1: Carico all'85%-­‐90% del max: 3 serie ciascuna di 3 set, 5 ripetizioni x set. Recupero tra i set = 4'-­‐6' Recupero tra le serie = 6'-­‐8'. ESEMPIO 2: Serie di 4 set: I' set = 12 rip. con carico al 70% del max 2' set = 10 rip. con carico all'80% del max Y set = 7 rip. con carico all'85% del max 4' set = 5 rip. con carico al 90% del max. Effettuare 2 serie per unità allenante. Recupero tra i set = 4'-­‐6' Recupero tra le serie = 8'-­‐10'. Come si può costatare questa variante è caratterizzata da un alto volume del carico. Il Verchosanskij consiglia, inoltre, di effettuare movimenti lenti e di rilassare i muscoli tra i movimenti stessi. VARIANTE 2 (aumento notevole della massa) Questa seconda variante del metodo delle "ripetizioni a serie" viene definita "alle-­‐
namento anabolico", dato che mira all'intensificazione dei processi metabolici nei muscoli. Il regime di lavoro muscolare deve essere molto intenso e il processo energetico cui si deve ricorrere massicciamente è quello glicolitico, in modo tale da determinare una forte demolizione proteica. Durante il recupero avviene la foro sintesi, che è TANTO maggiore QUANTO più intensiva è stata la foro distruzione. Questa sintesi proteica si sviluppa molto lentamente e dura, dopo un'unità allenante faticosa, circa 48-­‐72 ore. Le caratteristiche dell'allenamento anabolico: a) il carico non deve essere di grandezza massimale b) il carico deve durare a lungo; cioè in un set il regime glicolitico viene eseguito fino all'esaurimento c) le pause tra i set sono brevi: 1-­‐2 minuti d) tra le ripetizioni all'interno di un set i muscoli non si debbono rilassare e) il carico ha un carattere locale. Vengono eseguiti 2-­‐3 set per gruppo muscolare. In un'unità allenante si lavora su 2-­‐3 gruppi muscolari. f) nell'unità di allenamento successiva si scelgono altri gruppi muscolari, in modo che restano 48-­‐72 ore per il recupero. Per l'incremento degli stimoli nell'allenamento anabolico si devono seguire le seguenti regole: 1) aumentare solo una variabile: il peso del bilanciere o il numero delle ripetizioni; 2) prima di aumentare il peso occorre aumentare il numero delle ripetizioni nel set; 3) aumentando il sovraccarico o il numero dei set, si devono ridurre le ripetizioni; 4) la pausa tra i set deve essere gradualmente ridotta. ESEMPIO 1: 2-­‐3 set di 10-­‐12 ripetizioni con carico del 75%-­‐80% del max. Esecuzione tenta fino all'affaticamento. In un’unità di allenamento devono essere eseguiti esercizi per 2-­‐3 gruppi muscolari. Recupero tra i set = 2 minuti. ESEMPIO 2: Più set con lo stesso numero di ripetizioni, ma diminuzione di peso da set a set: 10 ripetizioni con carico al 65% del max 10 ripetizioni con carico al 60% del max 10 ripetizioni con carico al 55% del max 10 ripetizioni con carico al 50% del max. Recupero tra i set = 1-­‐2 minuti. ESEMPIO 3: 3-­‐5 set ciascuno di 3-­‐8 ripetizioni con un carico dell'85%-­‐95% dei max; le ultime ripetizioni possono essere eseguite con l'aiuto di un partner(ripetizioni forzate), quando lo rende necessario la fatica. Recupero tra i set = 3-­‐5 minuti. Il metodo del contrasto Questo metodo viene anche chiamato "bulgaro" perché gli ideatori di tale metodica sarebbero bulgari. Il condizionale è d'obbligo. Il principio del metodo del contrasto "classico" consiste nell'alternare durante la seduta allenante, serie con carichi pesanti e serie con carichi leggeri (Tabella 2). Naturalmente nel secondo caso (carichi leggeri) risulta facile velocizzare il movimento, mentre nel primo caso (carichi pesanti), nonostante la volontà dell'atleta, il movimento risulta lento. Il ricercatore russo Yury Verkhoshansky già negli anni 70 parlava di un metodo chiamato "della stimolazione". "L'idea del metodo della stimolazione consiste nell'utilizzazione di una maggiore eccitabilità del sistema nervoso centrale prodotta da precedenti tensioni muscolari di breve durata allo scopo di aumentare la potenza (intensità) del lavoro specifico successivo, che è diretto principalmente allo sviluppo della forza esplosiva e della capacità reattiva dell'apparato neuromuscolare. Dalla fisiologia dell’apparato neuromuscolare sappiamo che ogni stimolo che aumenta l'intensità dell'attività muscolare, anche se dura per un periodo molto breve, lascia una traccia nel sistema nervoso. Queste tracce, che durano per un determinato periodo di tempo dopo la sospensione del-­‐
l'azione dello stimolo, possono influire notevolmente sull'attività muscolare successiva, e in particolare, aumentarne l'effetto (Y Verkhoshanskij, 1996). I1 metodo della stimolazione prevede due lavori successivi. Il primo (lavoro tonificante) è eseguito a velocità bassa (lentamente) e prevede l'utilizzazione di un sovraccarico di peso elevato e un numero limitato di ripetizioni, mentre il secondo lavoro (di sviluppo) è caratterizzato da un impegno esplosivo concentrato di forza, eseguito contro una resistenza minore e prevede un numero di ripetizioni notevolmente maggiore (Ottimale) rispetto al primo lavoro. Proprio questo lavoro, la cui potenza (intensità) è stata notevolmente aumentata grazie all'effetto tonificante sul sistema nervoso centrale del lavoro precedente, rappresenta il principale effetto allenante del metodo della stimola-­‐
zione sull'organismo dell’atleta" (Y Verkhoshanski, 1996). Il metodo del contrasto nella serie G. Cometti (1988) noto ricercatore francese ha pensato di proporre la metodologia del contrasto in vari modi (alternanza nella serie; alternanza carico e senza carico; alternanza tra i carichi con vari regimi di contrazione, ecc). Fondamentalmente il metodo a contrasto viene effettuato nella seduta alternando serie con carichi submassimali a serie con carichi più leggeri. Un'alternativa interessante risulta essere l'alternanza dei diversi carichi nella serie. ESEMPIO (1/2 squat) -­‐ 1 rip. 85% + 3 rip. 40% + 1 rip. 85% + 3 rip. 40%. Il metodo del contrasto con carichi e senza carichi durante la serie Un interessante variante al metodo a contrasto "classico" consiste nel sostituire le ripetizioni con carico leggero con esercitazioni senza carico e in maniera balistica. Questa variante viene da anni utilizzata in alcuni sport di squadra (calcio e basket). ESEMPIO: distensione su panca piana = esercizio con carico; piegamenti sulle braccia = esercizio senza carico -­‐ 6 distensioni su panca piana 80% del max; 3 minuti di recupero -­‐ 8 piegamenti sulle braccia; 3 minuti di recupero Ripetere la successione 8 volte Il vantaggio dell'alternanza, secondo G. Cometti (1988), di esercizi con carichi ed esercizi senza carichi, consiste nell'accentuazione dell'effetto di contrasto: tensione intensa con carico pesante-­‐velocità di esecuzione elevata con il solo peso del corpo. Il metodo del contrasto con carichi e senza carichi nella serie ESEMPIO: Squat al multipower = esercizi con carico -­‐ Squat jump (SJ) = esercizio senza sovraccarico. -­‐ 3 squat alla macchina 80% del max + 3 Sj + 3 squat alla macchina+3 Sj. Il metodo del contrasto con l'Ergopower Utilizzando l’Ergopower nel'alternanza tra i vari carichi, il lavoro può essere sviluppato con la propria potenza ottimale valutata precedentemente. ESEMPIO: Leg press 80% del max con potenza superiore al 90% della potenza max Leg press 40% del max con potenza superiore A 90% della potenza fiza max 1 serie con carico dell'80% del max con un numero di ripetizioni non stabilito a priori (perché la serie dovrà terminare solo quando non si riesce a sviluppare per due volte di seguito una potenza uguale o superiore al 90% della potenza max). Recupero 3 minuti 1 serie con carico del 40% del max con un numero di ripetizioni non stabilito a priori poiché la serie dovrà terminare solo quando non si riesce a sviluppare per due volte di seguito una potenza uguale o superiore al 90% della potenza max. Ripetere per 10-­‐15 serie. Lo stesso sistema può essere utilizzato in maniera unilaterale, cioè con un solo arto inferiore. Il metodo piramidale nelle sue varie forme Uno dei metodi più usati per l’allenamento della forza, è sicuramente il piramidale. Il piramidale rispecchia uno dei principi fondamentali dell'allenamento: la combi-­‐
nazione ottimale dei parametri volume ed entità del carico. Questa metodica allenante deve il suo nome all'aumento, o alla diminuzione, progressiva, simile alla forma di una piramide, dell'entità del carico. Esempio di piramide normale: squat al multipower, carico max (1 RM) = 100 kg -­‐ 10 rip. con carico al 70% del max (70 kg) rec. 4’ -­‐ 7 rip. con carico all'80% del max (80 kg) rec. 4' -­‐ 3 rip. con carico al 90% del max (90 kg) rec. -­‐ 1 rip. con carico al 100% del max (100 kg). Diminuendo il numero delle ripetizioni aumenta il carico da sollevare. Questo tipo di piramide è detto normale, ed è quello più utilizzato dagli atleti, nelle varie discipline, per allenare la forza nelle sue principali espressioni. Infatti, qualora si effettui il piramidale normale i vantaggi saranno: a) un miglioramento combinato della forza massimale ipertrofizzante e della forza massimale (coordinazione intramuscolare) e contemporaneamente uno sfruttamento più completo di tutto il potenziale muscolare a disposizione; b) Aumento della forza in tempi brevi: un allenamento piramidale di 4 settimane comporterà un aumento della forza maggiore rispetto ad un allenamento isolato di forza massimale ipertrofizzante (costruzione muscolare) oppure di un allenamento di forza massimale (coordinazione intramuscolare), ciascuno di 2 settimane (Ehlenz, Grosser, Zimmermann, 1983; citato in Weineck, 1996). Jurgen Weineck, ricercatore tedesco, fa presente come l'allenamento piramidale può avere diversi effetti se si tende a far prevalere una delle parti della piramide (Figura 3). Infatti, facendo prevalere la punta della piramide (carico alto, basso numero di ripeti-­‐
zioni) la forza sollecitata sarà quella massimale. Esaltando la parte centrale della pira-­‐
mide (60% ca del max, con un numero di ripetizioni di 8-­‐12) sarà, maggiormente nel principiante (n.d.a.), la forza massimale ipertrofizzante a essere interessata perché accentuando la base della piramide (molte ripetizioni -­‐ oltre 15 -­‐ con carico del 20-­‐40% del max) sarà dominante lo sviluppo della forza resistente. Sempre Weineck sostiene che un’esecuzione esplosiva effettuata con un carico basso incrementa principalmente la forza istantanea. Con il termine forza istantanea il ricercatore tedesco vuole intendere la forza iniziale. FORZA INIZIALE: Indica la capacità di sviluppare rapidamente l'impegno effettivo di forza all'inizio della tensione del lavoro muscolare. Il modo più adeguato di valutarla è l'angolo della tangente al punto iniziale della curva F/t. (Y Verkhoshanskij, 1996). Il metodo piramidale prevede anche altre forme: -­‐ piramide tronca -­‐ piramide doppia -­‐ piramide tronca doppia Nel primo caso (piramide tronca) il principio è lo stesso della piramide normale, solo che il lavoro si "interrompe" nel mezzo della piramide. Esempio di piramide tronca Distensione su panca piana, carico max 100 kg -­‐ 10 rip. con carico al 60% del max (60 kg) rec. 1.30 sec -­‐ 9 rip. con carico al 65% del max (65 kg) rec. 1.30 sec -­‐ 8 rip. con carico al 70% del max (70 kg) rec. 1.30 sec -­‐ 7 rip. con carico al 75% del max (75 kg) rec. 1.30 sec -­‐ 6 rip. con carico all'80% del max (80 kg). Quest'ultima variante è interessante soprattutto per lo sviluppo dell'ipertrofia musco-­‐
lare, perché per aumentare la sezione trasversa del muscolo non serve lavorare con carichi al 100% del max, ma basta utilizzare carichi che corrispondono al 70-­‐90% del max (con potenza del 70-­‐80% della potenza max), con un numero di ripetizioni di 8-­‐10 per serie (mentre se si lavora con l'ergopower bisogna fare tante ripetizioni fino a quando non si produca per 2 volte di seguito la potenza ottimale specifica). Con il secondo metodo (piramide doppia) a metà della piramide si verifica il feno-­‐
meno opposto, rispetto alla piramide normale; cioè, dopo la diminuzione delle ripetizioni e l'aumento del carico, si verifica il contrario. Quindi abbiamo un aumento del volume e una diminuzione dell'entità del carico. ESEMPIO DI PIRAMIDE DOPPIA: squat al multipower carico max 100 kg -­‐ 4 rip. con carico all'85% del max (85 kg) rec. 3 sec -­‐ 3 rip. con carico al 90% del max (90 kg) rec. 4 sec -­‐ 2 rip. con carico al 95% del max (95 kg) rec. 4 sec -­‐ 1 rip. con carico al 100% del max (100 kg) rec. 4-­‐5 sec -­‐ 1 rip. con carico al 100% del max rec. 4 sec -­‐ 2 rip. con carico al 95% del max rec. 4 sec -­‐ 3 rip. con carico al 90% del max rec. 4 sec -­‐ 4 rip. con carico all'85% del max Con questa variante l'obiettivo è rivolto principalmente alla forza massimale. Unendo le ultime due piramidi, nella stessa seduta, si avrà la piramide tronca-­‐doppia. ESEMPIO DI PIRAMIDE TRONCA-­‐DOPPIA: leg press Carico max = 100 kg -­‐ 10 rip. con carico al 60% del max (60 kg), rec.2 sec -­‐ 9 rip. con carico al 65% del max (60 kg), rec.2 sec -­‐ 8 rip. con carico al 70% del max (70 kg), rec. 2 sec -­‐ 7 rip. con carico al 75% del max (75 kg), rec. 3 sec -­‐ 7 rip. con carico al 75% del max (75 kg), rec. 3 sec -­‐ 8 rip. con carico al 70% del max, rec. 2 sec -­‐ 9 rip. con carico al 65% del max, rec. 2 sec -­‐ 10 rip. con carico al 60% del max La piramide discendente Solitamente il metodo piramidale inizia con carichi meno pesanti per poi arrivare ai carichi pesanti. Comunque è molto più interessante iniziare la piramide con il carico alto per finire con i carichi bassi. Il vantaggio di questa variante risiede a livello nervoso. Infatti, lo sforzo massimale è più efficace, riguardo ai fattori nervosi, se è effettuato su un muscolo non affaticato. Quando s'inizia con carichi sub-­‐massimali e si arriva alla fine a lavorare con carichi pesanti, il sistema neuromuscolare giunge già affaticato. Esempio di piramide discendente Distensione su panca piana, carico max = 100 kg -­‐ 2 rip. con carico al 95% del max (95 kg) rec. 4' -­‐ 3 rip. con carico al 90% del max (90 kg) rec. 4' -­‐ 4 rip. con carico all'85% del max (85 kg) rec. 4' -­‐ 5 rip. con carico all'80% del max (80 kg) rec. Y -­‐ 6 rip. con carico al 75% del max (75 kg) rec. Y -­‐8 rip. con carico al 70% del max (70 kg). Il metodo piramidale con ergopower Come per il metodo a contrasto allo stesso modo per la piramide il lavoro con ergo-­‐
power è garanzia di qualità. Il principio che rimane è solo la variazione del carico (crescente o discendente) mentre la variazione del numero di ripetizioni non è stabilita a priori, ma solo dal non raggiungimento per due volte consecutive della potenza ottimale per quel carico. ESEMPIO: Leg press; Massimo carico = 100 kg; Massima potenza = 1000 watt -­‐ la serie: carico al 70% del max (70 kg) con una potenza > 90% della potenza max (calcolata con 70 kg) rec. 4'. -­‐ 2a serie: carico all'80% del max (80 kg) con una potenza > 90% della Pmax (calcolata con 70 kg) rec. 4'. -­‐ 3a serie: carico al 90% del max (90 kg) con una potenza > 90% della Pmax (minimo (calcolata con 90 kg) rec. 4. -­‐ 4a serie: carico al 100% del max (100 kg) con una potenza > 90% della Pmax (minimo 9001 watt); rec. V -­‐ 5a serie carico al 90% del max con una potenza > 90% della Pmax; rec. 4' -­‐ 6a serie carico all'80% del max con una potenza > 90% della Pmax; rec. 4' -­‐ 7a serie carico al 70% del max con una potenza > 90% della Pmax In funzione dell'entità del carico e dell'intensità (potenza) questo esempio appena riportato è specifico per incrementare la forza massimale. Se avessimo voluto lavorare, con lo stesso sistema, sull'ipertrofia avremmo dovuto programmare quasi lo stesso carico (70-­‐90% del max), ma una potenza inferiore (70-­‐80% della Pmax). Naturalmente per i "nostalgici" del piramidale si può sempre prevedere una suc-­‐
cessione dove viene stabilito a priori il numero di ripetizioni, per cui a un incremento del carico corrisponde un numero inferiore di ripetizioni, solo che per ogni carico bisogna produrre la potenza ottimale. LA CONTRAZIONE MUSCOLARE ISOMETRICA CONTRAZIONE ISOMETRICA: SI SVILUPPA TENSIONE MA NON VI E’ ALCUNA VARIAZIONE NELLA LUNGHEZZA DEL MUSCOLO. ISOMETRIA Le contrazioni isometriche determinano un accorciamento degli elementi contrattili elementari; accorciamento che, tuttavia, viene equilibrato dall'allungamento degli elementi elastici e dei fasci tendinei (Figura 4). Vediamo quali sono i pregi e i difetti di questo tipo di lavoro. La contrazione isometrica può essere: -­‐ MASSIMALE: quando il muscolo, nonostante sviluppi un’elevata tensione, non riesce a superare la resistenza, cioè non si verifica l'avvicinamento dei capi articolari; TOTALE: quando durante una contrazione dinamica (concentrica o eccentrica) s’inserisce un’azione statica (isometrica), per cui il lieve avvicinamento dei capi articolari è assicurato da un regime di contrazione dinamica e interrotto da un lavoro isometrico. Il metodo statico-­‐dinamico si basa su quest'ultimo principio. IL METODO STATICO-­‐DINAMICO In questo metodo si fanno coesistere il lavoro isometrico totale (statico) e concentrico o eccentrico (dinamico), dato che combina, nella stessa ripetizione, delle fasi isometriche e dinamiche. Secondo Tschine questo metodo è uno dei migliori per lo sviluppo della forza esplosiva. La fase isometrica si può introdurre durante la contrazione eccentrica (discesa) o nella fase concentrica (salita). Il metodo statico-­‐dinamico (S-­‐D) si divide in: S-­‐D con 1 tempo di arresto (Figura 5) con carichi a circa 70% del max; S-­‐D con 2 tempi di arresto (Figura 6) con carichi a circa il 50-­‐60% del max. ESEMPIO DI S-­‐D CON 1 TEMPO DI ARRESTO (BENCH PRESS): 6 serie x 6 ripetizioni con carico al 70% del max. A metà della salita si ferma il bilanciere per 3 secondi, poi si termina la distensione con una fase concentrica esplosiva. ESEMPIO DI S-­‐D CON 2 TEMPI DI ARRESTO (SQUAT): 6 serie x 6 ripetizioni con carico al 50% del max. Durante la salita ci si ferma per 3 secondi con un angolo ginocchio di 70', si continua la salita e ci si ferma nuovamente, sempre per 3 secondi, con un angolo al ginocchio di 110'. Si completa il movimento sempre in forma esplosiva. IL LAVORO ISOMETRICO COMBINATO CON ALTRI REGIMI DI CONTRAZIONE NELLA SERIE Un altro modo per allenare la forza semi-­‐attiva consiste nel concatenare un lavoro d’isometria totale, nella stessa serie, con un lavoro esplosivo c/o esplosivo-­‐elastico. ESEMPIO: squat isometrico totale (mantenere la posizione fino a che sopraggiungono i tremori muscolari) con carico al 60% del max + 4 Sj (lavoro esplosivo) + squat isometrico totale con carico al 60% del max + 4 balzi tra gli ostacoli (lavoro esplosivo elastico). Una concatenazione del genere favorisce la sincronizzazione delle unità motorie, principalmente se nel lavoro isometrico ci si concentra maggiormente sulla velocità di contrazione (Tihany). IL METODO DEL CONTRASTO E L’ISOMETRIA Possiamo utilizzare il metodo del contrasto anche con l'isometria. Le varianti realizzabili sono molte. L'isometria, comunque, deve essere accoppiata sempre con un lavoro dinamico. Una delle possibili varianti è questa: -­‐ metodo del contrasto; -­‐ carico elevato in isometria su leg press orizzontale -­‐ carico basso in concentrico con ergo power su leg press orizzontale. ESEMPIO: max isometrico, angolo ginocchio 130°, 250 kg. Max concentrico, angolo ginocchio 130°, 200 kg. Pmax con 40% del max (80 kg) 1000 watt. Potenza da produrre per ogni ripetizione concentrica: >900 watt. LAVORO: 1 rip. isometrica (4") 80% del max isometrico + 4 rip. concentriche 40% del max concentrico con potenza >90% della Pmax + 1 rip. isometrica (4") 80% del max isometrico + 4 rip. concentriche 40% del max concentrico con potenza >90% della Pmax. Naturalmente il lavoro può essere anche programmato in modo tale che la con-­‐
catenazione venga fatta non nella serie ma nella seduta. Un altro modo di accoppiare il regime isometrico con regimi dinamici può essere il seguente: Isometria + concentrico con ergo power + eccentrico-­‐concentrico con optojump. Quest'ultimo attrezzo è un sistema di rilevamento ottico che permette la misurazione dei tempi di contatto e di volo, con una precisione di 1/1000 sec., durante l'esecuzione di una serie di balzi. LA CONTRAZIONE MUSCOLARE ECCENTRICA CONTRAZIONE ECCENTRICA: IL MUSCOLO SI ALLUNGA MENTRE SI CONTRAE, SVILUPPANDO, COMUNQUE, TENSIONE. CARATTERISTICHE DEL LAVORO ECCENTRICO La contrazione eccentrica si manifesta quando il muscolo sviluppa tensione allungandosi; quindi le inserzioni muscolari si allontanano per frenare il carico (Figure 7 e 8). Diversi studiosi hanno costatato come con una contrazione eccentrica il muscolo può aumentare la propria forza del 30% rispetto alla massima forza isometrica. Schmldtbleicher definisce la forza massimale eccentrica 'Forza assoluta", perché attraverso questo regime di contrazione l'atleta può esprimere il massimo di forza di cui è capace. Il motivo principale di queste tensioni molto elevate che si riescono a sviluppare con una contrazione di tipo eccentrica risiede nel fatto che viene sommata all'azione delle fibre nervose alfa (quelle che innervano le fibre muscolari extrafusali) quella delle fibre nervose gamma (quelle che innervano le fibre muscolari intrafusali), attivate dal riflesso miotatico. Nella contrazione eccentrica la forza e la velocità sono in rapporto direttamente proporzionale. ATTIVITA’ ELETTRICA E LAVORO NEGATIVO A parità di tensione muscolare, è richiesta una minore attività elettrica, intesa come la sollecitazione nervosa del muscolo, in una contrazione eccentrica rispetto a una contrazione concentrica e isometrica (Figura 10): ne è prova il fatto che per produrre una stessa tensione la contrazione eccentrica recluta un minor numero di unità moto-­‐
rie, le quali, però, producono ciascuna una forza superiore. Quindi è molto utile adoperare il lavoro eccentrico, dal momento che le fibre sono sollecitate in maniera più intensa. Inoltre con tali contrazioni le fibre muscolari selettivamente attivate sono quelle del tipo II b (Friden e coll. 1983), cioè le fibre muscolari veloci per eccellenza. Anche la sincronizzazione delle unità motorie, che è il processo che determina l'accorciamento degli intervalli di tempo tra i vari interventi delle singole unità motorie, è ottenibile anche con l'utilizzo del lavoro eccentrico. In questo modo si ottiene una contrazione quasi simultanea di tutte le fibre muscolari. A fronte dei vantaggi, esposti prima, che possiede il lavoro eccentrico, questo tipo di lavoro ha, però, degli effetti negativi. E’ noto come il lavoro eccentrico produca delle lesioni profonde nel muscolo: -­‐ a livello della banda Z (cioè a livello della giunzione tra i sarcomeri); -­‐ a livello delle fibre muscolari si costatano la necrosi di un gran numero di fibre, soprattutto quelle veloci; -­‐ a livello delle miofibrille si rileva una distruzione notevole; -­‐ anche il tessuto connettivo è coinvolto; -­‐ inoltre ci sarebbe un danno della giunzione muscolo-­‐tendinea. Durante il lavoro eccentrico si produce uno stiramento delle componenti connettivali, sia che si tratti di quelle costituenti i tendini che di quelle avvolgenti le fibre muscolari. Queste perturbazioni muscolari richiedono molto tempo per il totale recupero; per cui l'atleta necessita di un periodo abbastanza lungo per beneficiare di un effetto positivo di questo particolare tipo di lavoro. Nella letteratura è facile riscontrare gli studi che dimostrano come il dolore muscolare tardivo (DOMS = Delayed Onset Muscle Soreness) sia legato maggiormente all'azione eccentrica in confronto agli altri regimi di azione muscofare. Tra le varie teorie emerse per spiegare il dolore muscolare tardivo quella più accreditata è la teoria del tessuto connettivo: secondo questa teoria, i tessuti connettivi, compresi i tendini, sarebbero danneggiati durante la contrazione, causando così l'insorgere del dolore muscolare (E. Asmussen, 1956; P.V. Korni, E.R. Buskirk, 1972). L'osservazione che i sintomi dei DOMS sono assenti dopo allungamento passivo, ma sono esacerbati dopo esercizio a muscoli allungati, suggerisce che il danno possa verificarsi negli elementi elastici in serie anziché in quelli in parallelo (R.G. Eston, C. Byrne, 1998). Nonostante gli effetti negativi appena citati, l’opinione più accreditata è quella di far diventare, in maniera graduale, questo tipo di contrazione, il regime di lavoro dominante. Attenzione però, si deve fare in modo che ciò avvenga in maniera graduale, cioè attraverso un piano pluriennale. Tutti gli esperimenti fatti sull'efficacia o meno di questo lavoro, e dove sono state osservate le perturbazioni muscolari prima viste, sono durati settimane, qualche volta mesi, ma mai programmati attraverso un approccio pluriennale. Se s’introduce questo metodo in maniera graduale fino a farlo diventare "dominante" a conclusione di un piano pluriennale di allenamento, si evitano quasi completamente le conseguenze negative citate, grazie ad un adattamento neuromuscolare a "tappe". Ecco una sequenza per un inserimento graduale dell’atleta a questo tipo di lavoro. Programmazione con inserimento sistematico del lavoro eccentrico per gli arti inferiori: approccio graduale Di seguito saranno riportate delle esercitazioni che, seguendo un ordine crescente, verranno di volta in volta inserite nella seduta di forza. Le esercitazioni riguardano gli arti inferiori, tuttavia per la parte superiore del corpo si può seguire lo stesso andamento. Lavoro eccentrico senza carico 1. Piegamenti su una gamba per volta (1) (Figura 7) 2. Salti in basso con ammortizzazione (Figura 11) Lavoro eccentrico con giubbotto zavorrato 1. Piegamenti su una sola gamba per volta con giubbotto zavorrato. 2. Squat Jump con giubbotto zavorrato con ammortizzazione fino quasi a toccare con i glutei il terreno. Lavoro eccentrico con sovraccarico 1. Pressa orizzontale allungata con azione bilaterale con carichi inferiori al massimale concentrico; 2. Squat con carichi inferiori al massimale concentrico; 3. Pre-­‐affaticamento eccentrico senza carico (piegamenti lenti su una gamba per volta) + squat con carico dell'80% del max; 4. Squat con carico del 120% del max concentrico; 5. Pressa con azione unilaterale con carichi inferiori al 100% del max concentrico (relativo all'arto che lavora); 6. Pressa con azione unilaterale con carico del 120% del max concentrico (relatvo all'arto che lavora). Per i muscoli del polpaccio si può utilizzare il bilanciere sulle spalle con la pianta dei piedi posta su un rialzo. Ogni tappa della programmazione deve sempre prevedere l'inserimento del lavoro concentrico, e mai, quindi, solo il lavoro eccentrico. In una fase più avanzata bisogna inserire, nella seduta e/o nella serie, anche il lavoro pliometrico e isometrico. LA DURATA DELLA RIPETIZIONE ECCENTRICA Quando si lavora senza carichi ogni ripetizione deve durare 4-­‐6 secondi circa; Con carico inferiore al 100% del max, 5 secondi; Con carico superiore al 100% del max, 4 secondi. Comunque quando si lavora con carichi elevati per costatare se si sta lavorando con pesi eccessivamente gravosi, bisogna provare a compiere una contrazione isometrica poco prima del punto inferiore del movimento: se non si riesce è bene interrompere la serie. ALCUNE CONSIDERAZIONI SULL’INSERIMENTO DEL LAVORO ECCENTRICO. Un buon periodo per programmare un blocco a dominanza eccentrica è il periodo transitorio, cioè nel periodo compreso tra la fine di una stagione agonistica e l'inizio della preparazione pre-­‐campionato. L’ideale sarebbe iniziare il lavoro una settimana dopo la fine del campionato, settimana in cui si effettuerà uno scarico principalmente nervoso. Il numero di sedute da effettuare potrebbe essere di 8 così divise: 3 sedute la prima settimana; 2 sedute la seconda settimana e 3 sedute la terza set-­‐
timana. Tra una seduta e l'altra bisogna rispettare minimo 48 di recupero. Successivamente al blocco eccentrico deve esserci un periodo di riposo attivo (attività alternative alla propria disciplina) per poi iniziare a inserire lavori di forza esplosiva con multibalzi man mano che si avvicina il periodo preparatorio. Si ricorda che l'effetto dell'allenamento eccentrico permane oltre 8 settimane di non allenamento. Le espressioni di forza che traggono enormi vantaggi dal lavoro eccentrico sono: la forza massimale, la forza massimale ipertrofizzante (secondo recenti studi il lavoro negativo favorirebbe l'iperplasia) e la forza esplosiva, la quale è fortemente collegata, sia a livello neurogeno che endocrino, alla forza massimale. LA CONTRAZIONE MUSCOLARE ECCENTRICA -­‐ CONCENTRICA LA CONTRAZIONE ECCENTRICA-­‐CONCENTRICA E LA SOMMA DI DUE CONTRAZIONI: QUELLA ECCENTRICA E QUELLA CONCENTRICA. QUESTA CONTRAZIONE E’ L’ESPRESSIONE ESPLOSIVO-­‐ELASTICA DELLA FORZA. LA FORZA ESPLOSIVO-­‐ELASTICA E’ QUELLA FORZA DI TIPO REATTIVO CHE LA MUSCOLATURA IMMAGAZZINA OGNI QUALVOLTA SUBISCA, PRIMA DI ACCORCIARSI (FASE CONCENTRICA), UNO STIRAMENTO (FASE ECCENTRICA). Introduzione Tantissime azioni, come ad esempio calciare un pallone, tirare a canestro, correre saltare, ecc., sono il risultato di contrazioni eccentriche-­‐concentriche (EC) oppure pliometriche. LE TAPPE DELLA CONTRAZIONE EC Le tappe che si verificano in una contrazione pliometrica sono: 1) arrivo dello stimolo nervoso al muscolo (da parte del S.N.C.); 2) liberazione di ioni calcio; 3) disattivazione da parte degli ioni calcio dell'azione inibitoria provocata dalla tro-­‐
ponina-­‐C; 4) formazione dei ponti acto-­‐miosinici; 5) stiramento dei filamenti di actina verso l'esterno; 6) allungamento degli elementi elastici in serie; 7) accumulo all'interno del muscolo di energia elastica; 8) restituzione di energia elastica, sotto forma di lavoro meccanico, alla successiva contrazione concentrica; 9) movimento. ALCUNE CONSIDERAZIONI Ecco alcune considerazioni fatte da C. Bosco in merito all'azione muscolare con prestiramento: "la pre-­‐attivazione del sistema nervoso che si manifesta durante il lavoro eccentrico permette ai soggetti ricchi di fibre lente di avere la possibilità temporale di poter reclutare le unità motorie toniche (ST) che richiedono un tempo di attivazione più lungo rispetto a quelle fasiche. In tal modo all'inizio della spinta (lavoro positivo) l’attivazione nervosa è massimale sia in soggetti lenti che in soggetti veloci a differenza dello Sj (squat jump) in cui si ha un incremento progressivo dello sviluppo della forza e dell’attività mioelettrica” (C Bosco, 1992). L’efficacia della contrazione EC è dovuta a due motivi: -­‐ all'intervento del riflesso miotatico; esso è determinato dal coinvolgimento dei fusi neuromuscolari, la cui funzione è quella di avvertire l'entità dello stiramento del muscolo e, qualora questo sia elevato, determinare, per via riflessa, la contrazione delle fibre muscolari; -­‐ all'immagazzinamento di energia elastica nel muscolo durante la fase eccentrica e dal suo riutilizzo nella successiva contrazione concentrica. Per rendersi conto in maniera reale di come l’energia elastica comporti un risparmio di energia biochimica e un aumento del rendimento muscolare, basta analizzare alcuni studi dai quali è emerso che le massime velocità della corsa a piedi, per atleti d'élite, sarebbe di circa 8,5 km/h nei 10.000 metri (invece degli attuali 21,9) e di circa 13 km/h nel 200 metri piani (invece degli attuali 36,5), se non si potessero sfruttare le proprietà elastiche della muscolatura (di Prampero, 1985). LE ESERCITAZIONI PLIOMETRICHE Sono esercitazioni pliometriche tutte quelle che prevedono uno stiramento (fase eccentrica) prima dell’accorciamento (fase concentrica). Rientrano nelle esercitazioni EC senza carico tutti i vari tipi di balzi (caratterizzati dal pre-­‐stiramento) e il salto tra gli ostacoli (il metodo d'urto, che potrebbe rientrare in queste esercitazioni sarà analizzato separatamente). I multibalzi (successivo = sullo stesso arto; alternato = con passaggio da un arto all’altro; simultaneo = con i due arti insieme) (Figura 15) possono prevedere piccoli sovraccarichi (8-­‐15% del proprio peso corporeo). E' possibile effettuare il lavoro esplosivo-­‐elastico con sovraccarico, sempre in relazione agli arti inferiori, grazie ad una particolare tecnica. Il lavoro consiste nell'effettuare dei 1/2 squat con uno o più tempi di sviluppo (Figura 16). Il modo classico per allenare la forza esplosiva-­‐elastica negli arti inferiori, sia con carico che senza, è il CMJ (counter movement jump): partenza da gambe dritte, contro movimento verso il basso (non oltre i 90°) e successiva estensione verso l'alto (Figura 17). Anche la parte superiore del corpo può essere allenata con esercitazioni esplo-­‐
sivo-­‐elastiche. Queste esercitazioni, che ricordiamo si basano sempre sul ciclo stiramento-­‐accor-­‐
ciamento, possono essere effettuate: -­‐ con sovraccarico, tramite particolari modalità applicative; -­‐ senza sovraccarichi, sempre avvalendosi di tecniche particolari (Figura 19); -­‐ con palle zavorrate, dove il peso deve essere tale da non compromettere il carattere esplosivo del gesto (Figura 20). Il Prof. Vittori (1988) consiglia (per determinati sport di squadra, tipo il calcio) di allenare la forza esplosiva-­‐elastica, per gli arti inferiori, in maniera predominante. Questo perché, nonostante la forza massimale sia di fondamento a tutte le altre espressioni di forza, allenando la forza esplosiva-­‐elastica si allena anche la forza mas-­‐
simale in misura equilibrata e proporzionata al miglioramento delle altre. Sempre Vittori (1990), ritiene che la forza esplosiva ed esplosiva-­‐elastica vada allenata insieme e che la scelta dei mezzi e dei metodi che si utilizzano, sempre contemporaneamente, stimola la prevalenza dell'una sull'altra. Utilizzando carichi elevati si accentua lo sviluppo della forza esplosiva; lavorando con carichi più bassi lo sviluppa interessa principalmente la forza esplosiva-­‐elastica. In relazione allo stesso argomento il Tihany (1983) aveva osservato che usando spostamenti angolari scarsi e rapidi erano allenate le componenti elastiche del muscolo, invece eseguendo spostamenti angolari maggiori si allenava la componente contrattile. I multibalzi Rientrano in questa categoria tutte le esercitazioni esplosive-­‐elastiche. Diversi autori consigliano di effettuare i multibalzi in varie direzioni, in modo tale che le articolazioni e i muscoli vengono sottoposti a sollecitazioni più specifiche, inoltre in questo modo l'aspetto propriocettivo diventa più valido. Ad esempio, se pensiamo di fare 4 balzi simultanei, non chiediamo all'atleta di eseguirli solo in avanti, bensì in varie direzioni: ESEMPIO: balzo in avanti (av) + destra (dx)+ av + sinistra (sx). Le combinazioni sono varie. Ad esempio dopo un triplo alternato si può inserire uno scatto di 10 passi. Inoltre si può chiedere di modificare la parte finale dell'esercizio: Triplo alternato +2 balzi simultanei + scatto di 5 passi; Triplo alternato +1 balzo simultaneo avanti + 1 balzo simultaneo a sinistra. Nel lavoro con gli ostacoli bisognerebbe evitare quasi sempre una disposizione lineare, mentre si dovrebbe preferire disporre gli ostacoli in vario modo: Avanti + destra + avanti + sinistra + avanti + avanti: Ovviamente la disposizione può cambiare in tanti modi. Il METODO D’URTO QUESTO METODO HA DUE VANTAGGI FONDAMENTALI: 1. E’ UN MEZZO SEMPLICE CHE PERMETTE DI AUMENTARE IL RENDIMENTO MECCANICO DI QUALSIASI AZIONE MOTORIA SPORTIVA CHE RICHIEDE DI ESPRIMERE UN IMPEGNO ELEVATO DI FORZA IN UN TEMPO MINIMO; 2. E’ UN METODO MOLTO EFFICACE DELLA PREPARAZIONE SPECIALE DELLA FORZA, CHE FAVORISCE L’AUMENTO DELLA FORZA MASSIMALE, DELLA FORZA ESPLOSIVA E DELLA FORZA INIZIALE, COME ANCHE, IL MIGLIORAMENTO DELLA CAPACITA’ REATTIVA DELL’APPARATO NEUROMUSCOLARE DELL’ATLETA (Y.V.VERKHOSHANSKY, 1997). Chiarimenti in merito ai concetti di forza iniziale e Capacità reattiva. Per forza iniziale s’intende: la capacità di sviluppare rapidamente l'impegno effettivo di forza all’inizio della tensione del lavoro muscolare. Per capacità reattiva s’intende: una funzione particolare dell'apparato neuromuscolare che può essere definita come: la capacità specifica di esprimere un impegno elevato di forza subito dopo un intenso stiramento meccanico dei muscoli, cioè in un rapido passaggio dal lavoro muscolare eccentrico a quello concentrico nelle condizioni di sviluppo, in questo momento, di un carico dinamico (Y.Verkhoshansky, 1997). Introduzione Il metodo d'urto (salto verso l'alto, successivo a una caduta in basso da una determinata altezza) (Figura 21) è stato ideato dal prof. Jurij Vitalevic Verkhosanskij negli anni 50. I primi a utilizzarlo furono gli atleti partecipanti alle Olimpiadi del 1964. Il nome dato da Verkhosanskij a quest’allenamento era "metodo d'urto"; tuttavia in tutto il mondo questo metodo oggi è chiamato "pliometrico". In realtà l’ideatore di questo metodo ritiene sostanzialmente errata quest'ultima definizione, perché lui stesso sostiene quanto segue: "La particolarità e il principale fattore d’allenamento del mio metodo non consistono semplicemente nel prestiramento dei muscoli prima della contrazione necessaria, ma nell'improvviso brusco stiramento (allungamento) che deve avere il carattere di un colpo o di spinta elastica" (J. V Verchosanskij, 1995). LE PRINCIPALI INDICAZIONI PER EFFETTUARE CORRETTAMENTE IL METODO D'URTO • Un tappetino di gomma dello spessore di 25-­‐30 mm da collocare sul punto di ricaduta. • Un’asta alla quale si possa sospendere un oggetto. L’atleta deve eseguire il salto verticale, cercando di toccare con la mano quest’oggetto. • L’atleta deve salire sul plinto e collocarsi sul suo margine con un atteggiamento non rigido, con la schiena e il capo eretti (non si deve abbassare il capo), sguardo orizzontale. Iniziando l’esecuzione dell'esercizio, l’atleta con un arto inferiore esegue un normale passo in avanti e all'inizio della caduta deve riunire le gambe. Prima della caduta l’atleta non deve né piegare gli arti inferiori (che devono essere estesi), né spingere verso l'alto o verso avanti con entrambi gli arti inferiori, né piegare l'arto di appoggio. La traiettoria della caduta deve essere verticale e il corpo eretto. Durante la caduta gli arti superiori con un movimento naturale e sciolto vanno portati all'indietro. Un’esecuzione corretta e non rigida di tutti i movimenti di caduta ha un’importanza notevole per una giusta ricaduta e la successiva spinta verso l'alto. • l'atleta deve ricadere su entrambi gli arti inferiori, prima sulle punte e poi, recu-­‐
perare l'equilibrio poggiando anche i talloni. Nel momento della ricaduta gli arti inferiori devono essere piegati leggermente nelle articolazioni delle ginocchia e i muscoli devono essere naturalmente tesi (l'atleta non deve cercare di tendere la muscolatura). Gli arti superiori continuano a essere portati indietro. La ricaduta è un elemento molto importante del salto in basso con rimbalzo e deve essere elastica e includere un passaggio graduale all’ammortizzazione. • L’ammortizzazione è una componente del salto in basso con rimbalzo nella quale, grazie ad un piegamento elastico degli arti inferiori, si smorza l'energia cinetica della caduta del corpo e i muscoli estensori degli arti inferiori sono stirati, accumulando energia elastica. In questa fase è raggiunta la posizione più bassa del piegamento di ammortizzazione. L’atleta non deve inclinare eccessivamente le spalle in avanti e non deve rilassare i muscoli dorsali. Gli arti superiori sono portati indietro quanto più possibile e devono essere pronti a iniziare un energetico movimento di slancio. I PRINCIPALI PUNTI DEL METODO D'URTO Ecco alcuni enunciati dello stesso ideatore in relazione al "metodo d'urto". "L’idea di questo metodo consiste nell'utilizzazione dell'energia cinetica del corpo (attrezzo) dovuta alla sua caduta da un’altezza determinata, esattamente dosata per stimolare una tensione neuromuscolare nei gruppi muscolari interessati. Il movimento di frenata della caduta del corpo (attrezzo) su una traiettoria relativamente breve provoca un brusco (repentino) stiramento dei muscoli, per cui la scarica centrale d’impulsi dei motoneuroni s'intensifica e nel muscolo si crea un potenziale di tensione elastica. Tutto ciò provoca in seguito una rapida contrazione muscolare con veloce passaggio dal lavoro eccentrico a quello concentrico. Nelle nostre ricerche abbiamo stabilito che il metodo d’urto esercita un notevole sti-­‐
molo sul sistema nervoso centrale e su tutto l'apparato neuromuscolare” (J. V Verkhosanskij, 1995). Lo stesso autore sostiene che l’originalità del “metodo d’urto consiste nel fatto che lo stimolo meccanico esterno che "costringe" il S.N.C. ad aumentare l'intensità della corrente d’impulsi inviata alla periferia muscolare è rappresentato non tanto dal peso del corpo, quanto dall'energia cinetica, accumulata in esso durante la caduta libera da una certa altezza (Y. Verkhoshansky, 1996). Ecco alcune raccomandazioni che si devono tenere in considerazione quando si utilizza questo metodo: • questo lavoro deve essere preceduto da un allenamento speciale (esercizi con bilanciere ed esercizi di salto). • Si deve iniziare utilizzando un'altezza minima per poi, gradualmente, aumen-­‐
tarla fino a raggiungere una misura ottimale; • all'inizio il salto deve essere effettuato in direzione avanti-­‐alto e successivamen-­‐
te, una volta raggiunta una buona preparazione, solo in direzione verticale; • il dosaggio ottimale è di 4 serie x 10 ripetizioni, con 13-­‐2 minuti di recupero attivo (corsa leggera,ecc.) tra le serie, per atleti evoluti; mentre per i principianti le serie devono essere di 2-­‐3 x 5-­‐8 ripetizioni, rispettando gli stessi recuperi utilizzati per gli atleti affermati 0.5-­‐2 minuti); • il metodo d'urto, vista la sua forte azione sul S.N.C. nell'allenamento di alto livello, può essere usato come misura tonificante per l'aumento dell'efficacia del successivo lavoro specifico; • nel ciclo annuale l'incidenza principale del metodo d'urto cade nella seconda metà dei periodi di preparazione. Questo metodo, oltre a migliorare la forza esplosiva ed esplosiva-­‐elastica degli arti inferiori, è utile anche per sviluppare la forza massimale. E’ bene ricordare che per ottenere i migliori risultati con il metodo d'urto è importante trovare l'altezza di caduta ottimale, che è diversa per ogni atleta. L’altezza di caduta ottimale Bosco sostiene che bisogna ricercare l'altezza di caduta ottimale per ogni atleta attraverso il test Drop Jump (DJ). Quest'ultimo test, da farsi con la pedana ideata da Bosco (Ergojump), consiste nell'effettuare varie prove di salto cadendo da diverse altezze fino a trovare quella che permette di raggiungere la migliore altezza del baricentro (Best Drop Jump). Secondo Bosco e Komi (1979), in funzione delle esigenze neuromuscolari richieste nel calcio, l'altezza ideale per l'allenamento del metodo d'urto di questo sport deve essere di 30-­‐40 centimetri. In linea generale: quando si utilizza un'altezza di caduta di circa 30-­‐40 cm viene sollecitato principalmente il tricipite surale; mentre utilizzando un'altezza di caduta superiore al 40 cm viene sollecitato maggiormente il quadricipite femorale (Schmidtbleischer e Goilhofer, 1982). 
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