I.P.S.S.C.T.S. "P. Sella" Mosso
APPARATO MUSCOLARE
I MUSCOLI
Sono la parte attiva dell'apparato locomotore; tutte le ossa danno inserzione ai muscoli
scheletrici, i quali, attraverso la contrazione, trasformano l'energia chimica, accumulata
nell'organismo, in energia meccanica.
Tale contrazione può essere dinamica (movimento) o statica (fissare una posizione).
Si distinguono tre tipi di tessuto muscolare:
-
Liscio: presente negli organi interni, costituito da cellule a forma di fuso o di nastro,
parallele tra loro, innervate dal S.N. Autonomo, le cui contrazioni sono lente e non
dipendono dalla volontà del soggetto (tubo digerente, arterie, ecc.)
-
Striato cardiaco: si trova solo nel cuore e come i muscoli lisci ha una contrazione
involontaria (con una propria centrale di comando) però intensa, rapida e priva di
affaticamento.
-
Striato: si trova in tutti i muscoli dello scheletro, formati da fibre muscolari parallele tra di
loro che si prolungano nei tendini.
Nell'uomo i muscoli rappresentano circa il 40% del peso corporeo, nella donna il 30-32%.
Ogni muscolo è composto da una parte carnosa detta corpo muscolare e due
estremità con cui entra in contatto con l'osso; quella più vicina al corpo è chiamata
origine e rimane relativamente statica durante la contrazione, quella opposta si
chiama inserzione. Ogni fibra è racchiusa in una una guaina di tessuto
connettivale, più fibre si riuniscono in fascetti primari, secondari e terziari; il tutto è
circondato da una membrana, il perimisio, a sua volta circondata da una
membrana connettivale, aponeurosi.
I muscoli larghi si inseriscono sull'osso tramite questa aponeurosi, mentre in quelli lunghi il
tessuto connettivo si prolunga in un cordone biancastro e lucido, il tendine, dotato di elevata
resistenza e non estensibile. Il legame che si viene a creare tra il tendine e l'osso è molto
forte, per cui è possibile che la trazione esercitata dal
tendine strappi l'osso e non il tendine.
Le fibre sono a loro volta divise nelle miofibrille che
osservate al microscopio presentano un’alternanza di zone
chiare (bande I) e zone scure (bande A), e per questo viene
chiamato striato.
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La banda A nella regione centrale ha una zona meno densa, detta zona H, la cui larghezza
diminuisce durante la contrazione.
Ogni banda chiara (I) presenta una linea scura centrale detta linea Z, lo spazio compreso tra
due linee Z è chiamata Sarcomero, ed è l'unità di contrazione; tali linee sono continue per
tutta la lunghezza della fibra muscolare, e servono a tenere insieme le miofibrille.
Sempre dall’osservazione al microscopio, all’interno del sarcomero è
possibile osservare due tipi di filamenti: quello più spesso è costituito
da miosina (filamento primario), quello più sottile da actina
(secondario) . Le bande I sono costituite solo da actina, la bande A
da tutte e due.
Ogni molecola di Miosina è circondata da sei di Actina, ed ha dei
filamenti a pettine che si protendono fino ad articolarsi con essa.
Durante la contrazione l'actina s'infila più profondamente tra la miosina
fino quasi a toccare la punta di quella opposta.
I muscoli striati sono innervati dal S.N. centrale, e la loro contrazione è
sotto il controllo della volontà; perciò sono detti volontari, e scheletrici
perché sono attaccati allo scheletro e ne consentono il movimento.
Essi si contraggono + rapidamente e + intensamente di quelli lisci
ma non possono rimanere contratti a lungo avendo bisogno di un
breve periodo di riposo prima di contrarsi nuovamente. Non sono
comunque mai completamente rilassati, ma si trovano in uno stato di
contrazione parziale chiamato tono muscolare che consente di mantenere il corpo
nell'atteggiamento adatto alle circostanze. Solo durante il sonno il tono muscolare è quasi
completamente abolito.
Vi sono due tipi di fibre: rosse e bianche con proprietà differenti; e il nome è dovuto alla
presenza o meno di mioglobina, un pigmento capace di immagazzinare ossigeno, il ché
rende il muscolo più resistente anche se meno rapido e preciso nel compiere un movimento.
Tutti i muscoli contengono una percentuale diversa di fibre bianche e rosse, determinata
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geneticamente, ma influenzabile in qualche modo dall'allenamento. Senza allenamento le
fibre bianche diventano rosse, quindi nei bambini movimenti rapidi ma di breve durata,
anziani movimenti più lenti ma possibilità di ripeterli nel tempo. Anche l’allenamento per certi
sport (resistenza) può modificare tale percentuale.
Il muscolo presenta una fitta rete sia di vasi sanguigni che di fibre nervose .
Dai vasi sanguigni arriva il nutrimento, regolato, sia a livello nervoso che chimico, tramite
l’apertura di un numero più o meno elevato di capillari a seconda delle necessità.
Da una cellula nervosa situata nel midollo spinale giunge al muscolo un filamento motorio
Assone che termina in una giunzione tra nervo e muscolo: placca neuro-muscolare; da qui
si suddivide in piccoli rami diretti alle singole fibre, o a fasci di fibre. Una fibra nervosa può
innervare, con le sue diramazioni, da 1 a oltre 200 fibre muscolari; l’insieme costituito da:
cellula nervosa, assone, fibre innervate costituisce l’UNITA’ MOTORIA. Il numero delle fibre
muscolari innervate da una singolafibra muscolare non dipende dalla grandezza del muscolo
ma dalla precisione dei movimenti richiesti
(muscoli oculari anche una sola fibra m. per
u.m., quadricipite e paravertebrali centinaia di
fibre m. per u.m.)
Per gli atti motori volontari è indispensabile
l’intervento dei neuroni del cervello che
agiscono in base alle informazioni provenienti
dai recettori (estero - proprio - enterocettivi) :
essi trasformano gli stimoli ricevuti in segnali
elettrici, che vengono inviati al cervello il quale,
a sua volta, invierà una risposta. Gli atti motori
involontari (o riflessi) si verificano invece quando l’impulso arriva direttamente dal midollo,
senza l’intervento del cervello, che solo in un secondo tempo riceverà le informazioni
sensoriali derivate dall’azione riflessa (mano che tocca fonte di calore).
Il muscolo che determina il movimento viene definito Agonista, quello che agendo in senso
opposto si rilascia gradualmente e produce un controllo frenante Antagonista; nel
movimento intervengono anche altri muscoli detti Direzionali che consentono un movimento
più preciso e uniforme.
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Una classificazione dei muscoli abbastanza usata è quella che si basa sui movimenti che
compiono: flessori, estensori, elevatori, abbassatori, dilatatori (sfinteri), abduttori, adduttori,
rotatori, ecc.
La forma dei muscoli è estremamente varia e si adattano alla forma delle ossa su cui sono
inseriti e al movimento che devono compiere.
La risposta del muscolo ad uno stimolo contrattile è retta dal principio del TUTTO O NIENTE,
inoltre le fibre si contraggono solo se lo stimolo è superiore ad una certa intensità detta
soglia di stimolo che è diversa da fibra a fibra; di conseguenza, quando arriva alla fibra
muscolare uno stimolo nervoso, essa si contrae solo se tale stimolo è maggiore della sua
soglia e si contrae completamente.
La forza di un muscolo è quindi la risultante della forza di contrazione delle singole fibre che
lo compongono, ed essa si esplica tramite il tirare e non lo spingere.
La contrazione muscolare è un lavoro meccanico e richiede un consumo di energia che viene
prodotta da processi biochimici, provocati a loro volta dall’eccitazione di cui sopra.
Dal punto di vista biomeccanico le ossa si possono paragonare alle leve che sono di tre tipi:
•
I: Indifferenti in cui il Fulcro si trova tra Potenza e Resistenza (testa)
•
II: Vantaggiose la R si trova tra F e P (piede)
•
III: Svantaggiose la P si trova tra F e R (avambraccio) e sono la maggioranza
Il tempo che intercorre tra l’eccitazione del muscolo e l’inizio del suo accorciamento si chiama
tempo di latenza e diminuisce con l’aumento della temperatura (a 37° 1 mmillisecondo).
Ogni muscolo è composto da più unità motorie, e ogni unità ha una sua soglia di stimolo: se
più stimoli di intensità crescente arrivano al muscolo, esso aumenta la sua forza di
contrazione
Stimolo basso
intervengono poche unità
Stimolo maggiore
intervengono altre unità
Questo permette di graduare la forza durante l’attività, tuttavia ogni singola unità motoria non
aumenta la sua contrazione con l’aumentare dello stimolo, proprio per il princio del TUTTO O
NIENTE.
Se dopo una contrazione muscolare viene inviato un secondo stimolo, avremo due
contrazioni separate, ma quanto più riusciremo a mandare ravvicinati gli stimoli, tanto
maggiore sarà l’effetto fino a provocare una sommazione
5
3
12
8 = 5+3+12+8
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5
3
12
8 = 28
Se un muscolo viene ripetutamente stimolato, con un elevata frequenza, per cui l’intervallo è
più breve del periodo di contrazione, si verifica una contrazione prolungata la cui forza è un
multiplo della contrazione semplice, e viene chiamato tetano muscolare (polpaccio 100/sec,
retto dell’occhio 350/sec); nei movimenti sportivi sono quasi tutte contrazioni tetaniche.
La Forza di un muscolo dipende dal numero di fibre attivate contemporaneamente
La Velocità dipende dalla rapidità con cui si susseguono le contrazioni
Entrambe sono altresì influenzate dal sincronismo con cui vengono attivate le fibre che lo
compongono.
Contrazione isotonica quando il muscolo si accorcia e la sua tensione rimane costante
Contrazione isometrica quando il muscolo non si accorcia ma aumenta la sua tensione
All’inizio abbiamo sempre un breve lavoro isometrico per vincere la resistenza (peso)
L’alternarsi tra contrazione e rilassamento permette la circolazione del sangue, quindi nel
lavoro isometrico tale circolazione diminuisce e quindi favorisce l’accumulo di acido lattico
che provoca una limitazione del lavoro nel tempo.
Il muscolo, contraendosi, compie un lavoro e ciò determina un consumo di energia, che
deve essere prodotto da un carburante: l’ATP Adenosintrifosfato, presente in tutti i muscoli,
seppur non in grandi quantità (al massimo circa 100g.).
Esso viene sintetizzato dai mitocondri, piccolissimi organi che si trovano all’interno di ogni
cellula, a partire dagli zuccheri e i grassi assorbiti dal nostro corpo attraverso il cibo.
Questo ATP scindendosi rilascia un gruppo fosforico (P) e libera Energia utilizzata nella
contrazione.
ATP
ADP + P + E x contrazione
Detto così la cosa sembrerebbe molto semplice,
ma come
detto nel nostro corpo l’ATP è presente in quantità limitata, ed
è l’unico carburante utilizzabile dai muscoli; per protrarre il
lavoro nel tempo è quindi necessario produrne dell’altro,
oppure ricostituirlo, visto che un maratoneta, ad esempio, ne consuma circa 75 kg. Per capire
come questo succede pensiamo ad un’atleta che si metta a correre al massimo della velocità.
1. Un primo processo di risintesi dell’ATP si attua a
carico degli Accumulatori di Energia, il principale
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dei quali è la Fosfocreatina: CP che, scindendosi in C e P, fornisce all’ADP il P necessario
a ricostituire l’ATP, e libera Energia
CP
C+P+E
ADP
ATP
Questa reazione avviene grazie all’intervento di un enzima (creatinkinasi)
Ma la CP, pur essendo presente nel nostro corpo in quantità 4/5 volte maggiore dell’aTP,
dopo 6/7 secondi ne viene consumata normalmente più dell’80%, e viene quindi utilizzata
per scatti brevi, salti, lanci, parata del portiere, tiri da fermo; poi bisogna rivolgersi ad altri
meccanismi di risintesi.
Ad esempio un altro enzima (miokinasi) permette di resintetizzare una molecola di ATP
da due di ADP produzione di ammoniaca che finisce poi nel sangue
E’ quindi un meccanismo che può fornire molta potenza ma di capacità limitata, è come
se l’atleta fosse al volante di un dragster.
2. A questo punto non resta che ridurre la velocità e utilizzare un altro meccanismo (usare
una Ferrari che consenta una maggiore autonomia pur garantendo un’elevata velocità).
Partendo da una molecola di Glucosio (zucchero), presente nei muscoli e stoccato nel
fegato sotto forma di glicogeno, all’interno delle cellule, in particolari organi chiamati
miticondri, avviene la Glicolisi, una serie di reazioni (12) che avvengono, passando
attraverso la creazione di acido piruvico . Si arriva così ad ottenere 3 molecole di ATP,
se parto dal glicogeno, e 2 partendo dal glucosio, ma si producono anche 2 molecole di
Acido Lattico, che depositandosi nei muscoli provoca un’affaticamento fino a impedire il
lavoro muscolare, soprattutto a causa degli ioni H. Questo ac. latt. viene poi metabolizzato
quando si interrompe il lavoro e ritrasformato in parte in glicogeno o utilizzato in altre
funzioni (contrazione cardiaca). Anche questo meccanismo non può essere protratto a
lungo (massimo 4’) e quindi si utilizza nella velocità prolungata fino ai 400 m, le volate
finali del ciclismo, azioni particolarmente intense
nei giochi di squadra. L’atleta deve
scendere dalla Ferrari e salire su un’utilitaria.
3. Il terzo meccanismo utilizzato prevede l’intervento dell’Ossigeno bruciando gli zuccheri e i
grassi.
3.1. Partendo dagli zuccheri il meccanismo è identico al precedente fino alla formazione
dell’ac. piruvico, il quale però, in presenza dell’ossigeno, si trasforma in acetil6
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Coenzima A che entra nel Ciclo di Krebs: una serie complessa di reazioni chimiche
che porta alla formazione di altre 2 molecole di ATP + Carbonio e Idrogeno. IL
carbonio si lega all’ossigeno e viene eliminato sotto forma di CO2; l’H invece, con
quelli liberati dalla glicolisi, entra in una serie di reazioni chiamata catena di trasporto
degli elettroni attraverso la quale forniscono l’energia per la risintesi di 34 molecole di
ATP dall’ADP + H2O. Alla fine avremo 39 molecole di ATP se siamo partiti dal
glicogeno, 38 se dal glucosio. Questo è il meccanismo normalmente usato nella vita
di tutti i giorni, anche quando dormiamo.
Nello sport è caratteristico degli sport di durata, compresi quelli di squadra, e le scorte
di glicogeno sono sufficienti per 1-2 ore; i grassi invece sono in grado di fornire una
riserva energetica maggiore.
3.2. Partendo dai grassi, essi si degradano fino ad acetila-CoA per poi seguire lo stesso
procedimento degli zuccheri. La quantità di ATP finale prodotto dipende dal numero
di atomi di Carbonio del grasso da cui si è partiti secondo la formula (8.5 x n) – 6. Se
parto dall’ac. palmitico, composto da 16 atomi di C, avremo 130 molecole di ATP.
In ogni caso solo il 40% dell’energia prodotta viene immagazzinata sotto forma di
ATP, perché il 60% viene disperso sotto forma di calore; inoltre occorre un maggior
apporto di ossigeno in quanto una molecola di O2 permette di produrre 5.6 molecole
di
ATP
dpartendo
dai
grassi,
contro
le
6.3
partendo
dagli
zuccheri.
Questo è uno dei motivi per cui si ha un calo di rendimento quando si esauriscono le
scorte di zuccheri.
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Riassumendo, tutti i movimenti che noi effettuiamo danno luogo a tre diversi tipi di lavoro
muscolare:
ANAEROBICO ALATTACIDO (non in presenza di ossigeno e senza produrre acido lattico)
dall’ATP e accumulatori di energia. Sforzi di brevissima durata e grande intensità (salti, lanci)
ANAEROBICO LATTACIDO (non in presenza di ossigeno) demolisce gli zuccheri ma
produce acido lattico. Viene attivato rapidamente e produce in fretta grandi quantità di ATP.
Utilizzato per sforzi di grande intensità ma di breve durata (velocità)
AEROBICO (in presenza di ossigeno) demolisce zuccheri e grassi fino ad ottenere acqua e
anidride carbonica. Viene condizionato dall’attività del sistema cardiocircolatorio (sci di fondo,
maratona, ciclismo)
La successione che abbiamo utilizzato non è necessariamente quella che avviene nella
realtà. Se si affronta uno sforzo prolungato, maratona, interviene subito il meccanismo
aerobico, se deve effettuare delle variazioni di velocità ricorre all’anaerobico lattacido.
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TRAUMI MUSCOLARI
Il muscolo è un tessuto elastico ma, se sottoposto ad un lavoro molto intenso, può subire dei
traumi dovuti ad un eccessivo affaticamento (presenza di ac. lattico) o a movimenti troppo
bruschi.
Nel primo caso il muscolo tenderà a bloccarsi con le fibre contratte dando luogo a quello che
si chiama crampo o contrattura che può causare forte dolore. Per alleviare il dolore bisogna
effettuare dei massaggi o cercare di allungare il muscolo (stretching), e poi lasciarlo a riposo.
I crampi notturni sono, in genere, segnali di mancanza di sali minerali.
Se, nonostante l’affaticamento, continuo il lavoro, o nel caso di movimenti bruschi, le fibre si
possono sfilacciare, si ha allora uno stiramento; bisogna applicare un impacco freddo e
mettere in assoluto riposo l’arto, possibilmente in posizione sollevata.
Ben più grave è lo strappo, quando le fibre si rompono; in questo caso il primo soccorso è
simile a quello dello stiramento, cercando di non far compiere alcun movimento alla parte lesa
e trasportando al più presto l’infortunato al pronto soccorso. Le fibre in seguito si risaldano
dando luogo ad un muscolo cicatrizzato.
Vi possono essere infine lesioni tendinee, fortunatamente più rare, il cui trattamento segue
quello degli strappi.
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