La sifilide - Studio Dermatologico Belsito

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La sifilide
La sifilide, o lue, è una malattia diffusissima in tutto il mondo, provocata da un batterio
chiamato Treponema pallidum, un batterio a forma di bastoncino ricurvo,
della lunghezza di circa 5-15 micron. Secondo la tradizione, fu portata in
Europa alla fine del Quattrocento attraverso i marinai di Cristoforo Colombo
ed arrivò in Italia tramite i soldati di Carlo VIII. Un tempo malattia
pericolosa e mortale, oggi la sifilide viene trattata con successo grazie alla
scoperta, nel 1943, della penicillina ad opera di Fleming. La malattia si
trasmette essenzialmente tramite i rapporti sessuali, ma anche per contatto
diretto di sangue oppure attraverso la placenta durante la gravidanza. Il
decorso della malattia può essere suddiviso in tre periodi: primario,
secondario e terziario.
Sifilide primaria
È il primo periodo della sifilide; ha un periodo i incubazione che va tra le 2 e le 6 settimane. Si
presenta nella zona genitale, ed esattamente sulle grandi o piccole labbra nelle donne e sul
prepuzio negli uomini. Si chiama sifiloma ed è un nodulo che presenta un’erosione nella parte
centrale superiore e che guarisce da solo. Accanto a questo sifiloma, si sviluppa gonfiore delle
ghiandole linfatiche, mentre il sifiloma stesso si cicatrizza entro un mese circa.
Sifilide secondaria
Dopo la cicatrizzazione del sifiloma, ha inizio il secondo stadio della sifilide. Si presenta con
rash cutaneo, febbre, linfomegalia ed infiammazione della gola. Raramente è associata anche
meningite. A questa fase di infiammazione generale, segue una fase di latenza, dopo la quale
un terzo dei pazienti la malattia resta asintomatica anche se non si negativizza, in un altro
terzo la malattia si risolve spontaneamente e l’ultimo terzo invece evolve verso la sifilide
terziaria, un evento oggi piuttosto raro, grazie alla terapia antibiotica oggi disponibile.
Sifilide terziaria
Senza trattamento, anche dopo anni dalla fase secondaria, può
manifestarsi la fase terziaria della sifilide. Le lesioni di questo
stadio colpiscono solitamente le valvole cardiache, il cervello, il
midollo spinale, la pelle, i sistema nervoso centrale, l’apparato
digerente e locomotore. Si possono riscontrare, in questa fase,
anche delle gomme cutaneo-mucose identificate in noduli rosso
scuro a margini netti. Questi noduli tendono ad aprirsi facendo
fuoriuscire del pus e guarendo poi lasciando delle cicatrici
devastanti.
La sifilide in gravidanza
La gravidanza non cambia il decorso ella sifilide, ma può risultare più difficoltosa da
diagnosticare poiché può trovarsi nel collo dell’utero o nella vagina. La malattia segue le fasi
tipiche e viene diagnosticata solamente quando la donna gravida viene sottoposta ai primi
esami di routine. Gli esami sul sangue si distinguono in non
treponemici, essenzialmente la VDRL, e treponemici. La VDRL ricerca
l’anticardiolipina nel siero delle persone colpite da sifilide. L’esame è
considerato reattivo tra 1 e 3 settimane dopo la comparsa della prima
lesione, ma nel 25% dei casi circa non è positivo. Questo esame è
molto sensibile alla terapia, in quanto diventa negativo dopo il
trattamento, quindi viene utilizzato molto nel monitoraggio degli effetti
della terapia stessa. Gli esami treponemici, invece, sono molto più sensibili e specifici; usano
FTA-ABS oppure TPHA, che diventano positivi entro due settimane dalla comparsa della prima
lesione. Inoltre, a differenza della VDRL, non sono sensibili alla terapia e restano positivi per
sempre.
Quando la donna in gravidanza è affetta da sifilide, la trasmissione della malattia al feto può
avvenire in qualsiasi momento della gestazione. Il batterio passa la feto attraverso la placenta
ed è normale se non è stata instaurata alcuna terapia, nel caso di sifilide allo stadio primario o
secondario, mentre la probabilità scende al 40% durante la latenza
precoce e al 10% circa durante la latenza tardiva. Il danno al feto
dipende strettamente da diverse variabili: lo stadio dello sviluppo
fetale al momento dell’infezione, il tempo tra l’insorgenza
dell’infezione e l’inizio della terapia, l’adeguatezza della terapia
stessa, la risposta immunitaria fetale. In assenza di trattamento e
con un’infezione precoce possono verificarsi aborto, morte alla
nascita, parto prematuro. Alla nascita,l’infezione può presentarsi con
o senza sintomi, che possono comparire in seguito se l’infezione non viene trattata.
Sintomi tipici della sifilide congenita precoce sono rash cutaneo, ingrossamento di fegato e
milza con ittero, anomalie ossee, anemia, adenopatia e talvolta piastrinopenia. Sintomi tipici
della forma tardiva, invece, sono sordità, cheratite, denti di Hutchinson, atrofia ottica, ritardo
mentale, convulsioni, anomalie ossee e delle articolazioni.
Trattamento
La terapia della sifilide si fonda essenzialmente sugli antibiotici. Quella di
prima scelta è oggi la benzilpenicillina, alla quale non è stata ancora
riportata alcuna resistenza. Il trattamento, seguito con scrupolo e
adeguatezza, porta alla guarigione completa dalla malattia e alla
negativizzazione degli esami del sangue. È comunque consigliato, dopo la
terapia, controllare l’esito con controlli periodici per avere la certezza che
l’infezione sia stata veramente sconfitta. Se si presentano delle recidive, la terapia va
riproposta con dosi più alte per un periodo di tempo più lungo; in questi casi, la prognosi è più
grave. Ovviamente, la penicillina riesce a fermare l’infezione e a debellarla, ma non ripristina
l’integrità degli organi già compromessi.
Oltre alla terapia individuale, è bene avvertire e sottoporre ad indagini cliniche anche gli
eventuali partner avuti in precedenza. Essi devono essere avvertiti della possibilità di contagio,
della pericolosità di trasmissione ad altri dell’infezione e vanno trattati di conseguenza,
evitando ogni rapporto sessuale finché non si possa dimostrare che non sono più contagiosi.
Prevenzione
Essenzialmente, come per tutte le malattie sessualmente trasmesse, la
prevenzione si basa su una pratica sessuale attenta, con l’utilizzo del
profilattico soprattutto nei casi di partner occasionali. Inoltre, il trattamento
tempestivo ed adeguato della malattia è un altro metodo per prevenire la sua
diffusione nei partner.
Durante la gravidanza, la prevenzione della sifilide congenita si attua
essenzialmente mediante i test sierologici. La donna gravida viene sottoposta a
test nel primo trimestre e, nei soggetti a rischio, esso viene ripetuto alla 28°
settimana e appena prima del parto.
FAQ
1. Cos’è la sifilide?
È una malattia provocata da un batterio, chiamato Treponema pallidum, uno spirochete
a forma elicoidale, che si trasmette attraverso i rapporti sessuali con le persone infette.
Malattia una volta mortale, oggi viene trattata con successo grazie alla penicillina,
scoperta da Fleming nel 1943.
2. Quali sono i sintomi della sifilide?
La sifilide ha tre stadi. Nello stadio primario appare un sifiloma, un nodulo, nella zona
genitale, cui segue linfomegalia. Quando il sifiloma cicatrizza (circa un mese), inizia il
secondo stadio, che si presenta con febbre, linfomegalia, infiammazione alla gola e rash
cutaneo. In casi rari, il quadro clinico accompagnato da meningite. Dopo questa fase,
c’è una latenza clinica che può prendere tre percorsi diversi: 1) risoluzione spontanea
della malattia; 2) malattia sintomatica con positività degli esami del sangue; 3)
evoluzione verso il terzo stadio. La sifilide terziaria è caratterizzata dalla comparsa di
gomme, cioè noduli che si rammolliscono, lasciando uscire pus. Questa fase della
malattia può colpire il sistema nervoso centrale, le valvole cardiache, le ossa, le
articolazioni ed ogni tipo di organo.
3. Cosa succede se una donna incinta ha la sifilide?
La donna gravida con sifilide va immediatamente trattata, poiché il Treponema pallidum
può passare attraverso la placenta e danneggiare seriamente il feto. I danno fetali
dipendendone essenzialmente da diverse variabili, quali lo stadio di sviluppo del
bambino, il tempo tra l’insorgenza dei sintomi e l’inizio del trattamento, l’adeguatezza
della terapia stessa, ecc. Se non trattata, la sifilide può provocare aborto, nascita
prematura, nascita di un feto morto o morte alla nascita.
4. Come viene diagnosticata la sifilide?
La sifilide viene diagnosticata attraverso esami del sangue. I test si distinguono in non
treponemici e treponemici. I primi si fondano essenzialmente sulla VDRL, che ricerca
l’anticardiolipina del sangue. L’esame è poco sensibili e poco specifico e risulta falso
negativo in circa il 25% dei casi. È un buon indicatore, però, per controllare l’effetto
della terapia, poiché molto sensibile al trattamento. Gli esami treponemici, invece, sono
molto sensibili e specifici e si positivizzano dopo circa 2 settimane dalla prima lesione.
Restano positivi tutta la vita e non sono influenzati dall’andamento della terpaia.
5. Quale trattamento esiste per combattere la sifilide?
Il trattamento di elezione della sifilide è la penicillina, in particolare la benzilpenicillina.
Una terapia adeguata porta alla guarigione completa e alla negativizzazione degli esami
del sangue. Ovviamente, però, è importante che la terapia venga instaurata al più
presto, poiché, se riesce a fermare la malattia, non può assolutamente restituire la
funzionalità degli organi già compromessi. Anche nella donna gravida, il trattamento
segue lo stesso decorso. Nei casi di recidiva, il trattamento va effettuato per un periodo
più lungo del normale e con dosi più alte. In questi casi la prognosi potrebbe essere più
grave.
6. Come si previene la sifilide?
Come tutte le malattie sessualmente trasmesse, la sifilide si può prevenire soltanto
evitando rapporti sessuali con persone infette o utilizzando il profilattico nel caso di
rapporti occasionali o con partner diversi. La sifilide congenita, inoltre, può essere
prevenuta sottoponendo la donna gravida a test periodici: il primo al primo trimestre di
gravidanza, il secondo alla 28° settimana ed il terzo appena prima del parto.
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