Feedback ed empatia

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ACP – Rivista di Studi Rogersiani - 1991
Feedback ed empatia
Vincenzo Graziani
1. Il modello cibernetico: Feedback e Locus of
Evaluation
Nell'ambito della psicologia moderna il concetto di feedback è
ampiamente utilizzato da quelle teorie che fanno dei processi interni
alla mente il loro oggetto privilegiato di studio, come il cognitivismo.
In tale contesto la mente è concepita come sistema autoregolato i cui
processi si spiegano in base ai piani o ai programmi in cui sono
inseriti. Le informazioni che provengono dall'esterno sono
continuamente confrontate con questi piani o programmi e non
appena si registra una incongruenza, quel processo entra in azione e
continua ad operare finché la discrepanza non viene eliminata (cfr. il
modello TOTE descritto da Miller, Galanter e Pribram, in Piani e
struttura del comportamento, 1960).
L'incongruenza tra il piano mentale e la realtà percepita avvia
l'azione, il feedback che ne segue informa sui risultati e il processo
prosegue fino a quando non si raggiunge una soddisfacente
congruenza tra piano mentale e realtà percepita. Solo la conoscenza
del risultato delle mie azioni (feedback) mi permette di compararlo
con i miei "scopi", per vedere se esso è congruente con l'immagine, il
desiderio e l'obiettivo che mi prefiggo di raggiungere.
Il feedback può essere dato in base a due criteri di valutazione:
estrinseco e intrinseco. Nel feedback estrinseco il soggetto viene
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semplicemente informato da informatori esterni (o introiettati a livello
inconscio) sul risultato positivo o negativo della sua azione.
L'individuo può solo valutare se la sua azione è conforme o
contrastante con le aspettative degli altri. Il locus of evaluation
(centro di valutazione) dell'esperienza e del suo significato e valore
resta esterno all'individuo o rimosso nelle pieghe dell'introiezione.
Domina la preoccupazione per quello che pensano e dicono gli altri,
la dipendenza dal loro giudizio, dai loro premi e castighi, la sete di
successo e la paura dell'isolamento e dell'emarginazione. Nel feedback
intrinseco l'individuo è in grado di autovalutarsi e deciderò da solo
se il risultato del suo comportamento è giusto o sbagliato. Il locus of
evaluation è dentro l'individuo, i criteri di valore poggiano sulla
consapevolezza e libertà interiore. L'informazione di ritorno (feedback) sul
risultato dell'azione compare come conseguenza diretta ed automatica
dell'azione stessa, in quanto il confronto tra la rappresentazione mentale
interna all'individuo e il risultato esterno e immediato; cosa peraltro
impossibile quando il criterio di valutazione è estrinseco all'individuo che
compie l'azione, sbagliato. Nel criterio estrinseco, infatti, non viene offerto
alcun elemento per capire la valutazione. La transizione da una forma di
valutazione estrinseca ad una forma di valutazione intrinseca è resa possibile
dalla disponibilità del facilitatore a motivare la sua valutazione, fornendo un
criterio di comparazione che permetta alla persona di confrontare la sua
risposta con la soluzione proposta.
Si possono capire facilmente le implicazioni dei suddetti concetti nel campo
della ricerca. Le ricerche fatte per valutare l'efficacia del modello
psicoterapeutico rogersiano hanno avuto esiti apparentemente contraddittori
: se le registrazioni delle sedute venivano valutate col criterio del feedback
estrinseco (giudizio di esperti) i terapeuti rogersiani risultavano meno
efficaci dei terapeuti di altre scuole, quando invece le sedute venivano
valutate col criterio del feedback intrinseco (giudizio diretto dei clienti) essi
risultavano più efficaci.
Secondo Rogers il criterio di valutazione degli effetti della terapia non può
risiedere che nel cliente.
L'autovalutazione fatta dal cliente ha inoltre il vantaggio di facilitarne il
processo di emancipazione.
Nel feedback estrinseco il criterio di valutazione, nel migliore dei casi, è dato
dopo che l'azione è stata eseguita, nel caso peggiore, non è dato mai.
Il concetto behavioristico di "rinforzo" rivela qui il suo limite insuperabile:
l'efficacia dei premi e dei castighi arriva sempre alla fine del processo e non
potrà mai riuscire a guidarlo, prevenirlo e orientarlo. Il rafforzamento
skinneriano, ad esempio, è sempre una prova fornita "a posteriori" dall'esterno e quindi ha scarsa incidenza sulla motivazione e scarso valore
euristico.
Può essere utile a questo punto evidenziare le divergenze tra l'approccio
skinneriano e quello rogersiano al problema della valutazione. Vedremo
come il feedback della cibernetica può essere studiato con rigore
metodologico da una scuola psicologica di orientamento decisamente
umanistico.
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2. Feedback ed empatia
II feedback empatico (Rogers 1942, 1951, 1967) assume la fisionomia
di una manifestazione di attenzione. Rappresenta una testimonianza
verbale dell'attenzione di chi ascolta a chi sta parlando. Lo scopo è
proprio quello di dare tale certezza a chi espone qualcosa. Si tratta di
un comportamento verbale che riprende gli aspetti percettivi
cognitivi ed emotivi del discorso altrui e li ripropone in forma chiara
e fedele. Tale intervento si limita a dimostrare che si è seguito con
attenzione II discorso altrui. L'ascoltatore non ha bisogno di
aggiungere commenti, valutazioni, interpretazioni, richieste di
chiarificazioni o altri tipi di integrazioni. Ciò che differenzia il
feedback empatico da altri segni e manifestazioni di attenzione (
sorriso, cenni del capo, sguardo ) è il riferimento preciso e fedele al
comportamento che si sta rispecchiando.
Si tratta di una manifestazione di attenzione rigorosa, mirata a
rispettare pienamente il messaggio, evitando sovrapposizioni,
valutazioni, ristrutturazioni o altri elementi estranei al discorso
originario. La riformulazione corretta di quanto è stato detto
mantiene fermo il contenuto del discorso e si limita a cambiare
l'espressione verbale; il feedback empatico manifesta un profondo
interesse per il mondo dell'altro, per le sue percezioni, emozioni e
significati. E'certamente errato credere che il feedback empatico
possa limitarsi alla ripetizione delle ultime parole dell'interlocutore;
al contrario, è necessario stabilire una interazione in cui una persona
sia in grado di offrire all'altra una compagnia calorosa, sensibile e
rispettosa allo scopo di aiutarla nella difficile esplorazione del suo
mondo personale. Rogers paragona questa interazione a quella di una
coppia di danzatori, in cui il "cliente" conduce e il terapista segue; il
fluire armonioso, spontaneo e dinamico dell'energia durante
l'interazione ha un suo ritmo e una sua particolare bellezza.
E' utile e talora necessario registrare l'interazione se si vuole valutare
obiettivamente la qualità del feedback.
Il feedback empatico è stato utilizzato inizialmente nel colloquio
psicoterapeutico, si tratta di una situazione dominata dal
comportamento verbale, ma ciò non toglie che possano e debbano
essere rispecchiati anche aspetti non verbali come il tono di voce e la
mimica facciale.
Già nella formulazione originaria (Rogers 1942), viene sottolineata la
possibilità che la riformulazione riguardi non solo il contenuto del
discorso, ma anche quegli aspetti che permettono di cogliere
sfumature di stati d'animo e sentimenti sufficientemente chiari (anche
se non verbalizzati).
Si possono fare constatazioni dubitative sui sentimenti che un certo tono o
una certa espressione del volto rivelano. Si tratterà allora di un feedback
attento al non-verbale.
Con l'aiuto della registrazione si potrà vedere se si è trattato di un feedback
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efficace e, se sì, in che misura esso è stato adeguato.
Possiamo andare oltre e verificare se il linguaggio verbale ci permette di
riportare fedelmente la quasi infinita gamma dei comportamenti umani. Tale
ricerca evidenzia la rilevanza di una ricca e creativa immaginazione verbale.
Due sono i rischi da evitare: l'utilizzazione di termini sconosciuti
all'interlocutore, l'uso di espressioni che richiamino ad intenzioni da lui non
chiaramente manifestate. Si può infatti manifestare attenzione anche ad una
persona che sta in silenzio e si rifiuta di parlare. Al contrario, non manifesta
semplice attenzione chi nel feedback esprime una qualche forma di
approvazione o valutazione. L'empatia assicura accettazione e comprensione
senza ricorrere ad alcuna forma di valutazione.
3. Gli obiettivi del feedback empatico
Gli obiettivi perseguiti da Rogers sono:
a) facilitare l'espressione dell'interlocutore, creando una situazione
comunicativa in cui egli non si senta minacciato e possa esprimersi nel modo
più aderente possibile a ciò che pensa e che sente (considerazione positiva
incondizionata). Di qui deriva il sotto obiettivo di comunicare attenzione non
valutativa, ossia un'attenzione che eviti persino la valutazione positiva.
Rogers estende gli svantaggi della valutazione negativa anche alla
valutazione positiva: ogni forma di valutazione, in quanto espressione di un
giudizio altrui, costituisce una minaccia e comunque va distinta dalla
comunicazione di vera e propria accettazione.
Chi da una valutazione positiva ipotizza almeno la possibilità di quella
negativa. La valutazione crea condizioni comunicative che spesso spingono il
soggetto a controllarsi e limitarsi nell'espressione dei suoi vissuti. Se dunque
si vuole incoraggiare una comunicazione completamente libera, bisogna
assicurare all'altro la piena accettazione di qualsiasi cosa egli vorrà
esprimere.
Il messaggio sarà oggetto di massima attenzione e di ascolto, nient'altro.
L'intervento
interpretativo
dello
psicoanalista
esprime
una
valutazione, sia pure in forma indiretta, e quindi limita la libertà della
relazione e comunicazione. Nell'interpretazione è sempre presente
l'aspetto di commento, per cui l'analista, anziché accettare il
contenuto, lo ridefinisce in termini diversi da quelli espressi dal
protagonista dell'esperienza comunicata. L'analista fa riferimento ad
una sua visione del mondo (Weltanschauung), cui non rinuncia mai
completamente per immergersi totalmente nell'ascolto empatico ed
entrare veramente nel frame of reference (schema di riferimento) del
suo cliente. L'interpretazione dell'analista è inoltre espressa in un
contesto tecnico-medico-specialistico che il cliente difficilmente
riesce a controllare. Per questo Rogers insiste sull'accettazione nonvalutativa, sull'evitare sovrapposizioni o aggiunte, in pratica sul
testimoniare semplicemente una fedele e calorosa attenzione.
b)
dimostrare
comprensione
nei
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confronti
del
discorso
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dell'interlocutore (empatia).
La testimonianza di comprensione facilita la prosecuzione e
l'approfondimento della comunicazione, senza per questo essere un
esplicito invito a continuare.
Rogers rifiuta anche le sollecitazioni dirette a continuare: si tratta
ancora una volta di evitare qualsiasi imposizione dallo esterno,
qualsiasi occasione per reazioni che possano disturbare il libero fluire
della comunicazione.
Di fronte ad un invito o ad una domanda precisa è possibile che
l'interlocutore entri in difficoltà. Una domanda esige qualche
risposta, l'interlocutore può sentirsi impegnato in un compito che
non si era spontaneamente assunto. La relazione può deteriorarsi
ancora di più se l'altro non si sente in grado di rispondere, e quindi di
nuovo esperimenta difficoltà impreviste. Se poi il cliente decide di
non rispondere alle domande, deve viversi una non semplice
situazione di contrapposizione al suo "facilitatore", divenuto, ironia
delle parole, il suo attuale ostacolo.
Queste e altre considerazioni convinsero Rogers a rinunciare al
modello psicoanalitico di interazione terapeutica.
Il feedback empatico è un invito indiretto a continuare e ad
approfondire l'interazione e salvaguarda dagli inconvenienti
dell'invito diretto. L'interlocutore può continuare, se si sente, ma può
anche rinunciarvi, senza assumersi l'onere di contrapporsi
apertamente a chi lo invita a parlare.
C'è inoltre da osservare che il feedback empatico, pur rimanendo fedele
al discorso dell'interlocutore, può essere selettivo e quindi non solo
facilitare la prosecuzione dell'interazione ma dirigere o orientare la
comunicazione su determinati aspetti o temi, piuttosto che su altri.
Si possono inoltre chiedere integrazioni, precisazioni, chiarificazioni di
eventuali incongruenze o lacune. Si possono fare (in modo non
costrittivo) tutte quelle operazioni comunicative che risultino idonee a
produrre nuove informazioni o a completare quelle precedenti.
La possibilità di operare in modo selettivo è importante quando al
terapeuta non è chiaro il messaggio del cliente: il criterio di scelta è
quello di privilegiare la parte meno facilmente comprensibile e di
farla oggetto del feedback; in tal modo si fa una sollecitazione
indiretta che può apportare aggiunte, approfondimenti che rendano il
discorso precedente più significativo e comprensibile.
4. Verifica dell'effettiva realizzazione del feedback
empatico
La definizione di empatia è data da Rogers in termini operazionali
precisi, al fine di rendere possibile la sua utilizzazione e la sua
validazione/ invalidazione mediante la ricerca: solo con un accurato
studio del colloquio registrato è possibile determinare in che misura
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l'intenzione o le intenzioni (del terapeuta) vengono effettivamente
realizzate... il giudizio soggettivo del terapeuta... non basta. Soltanto
un'analisi oggettiva delle parole, della voce e delle sue inflessioni può
determinare in modo attendibile l'effettiva intenzione che il terapeuta
sta perseguendo (C. Rogers, 1951,25).
Con questo principio dell'implementation o del controllo della
realizzazione effettiva delle intenzioni del terapeuta, Rogers riesce a
contemperare l'esigenza di rispettare la libertà della introspezione
(soggettività), con la necessità di avere una conferma sperimentale
della validità del comportamento scelto dal terapeuta o
dall'educatore (oggettività).
E' questo il modo con cui egli si pone di fronte al problema radicale
dell'epistemologia moderna: come rendere congruenti la soggettività
dell'esperienza e il bisogno di tornare ad essa con il crisma
dell'oggettività. Il rigore della ricerca behavioristica si integra con il
profondo rispetto dell'interiorità e libertà della persona che
caratterizza la tradizione psicoanalitica e umanistica.
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