2016-2017 Introduzione alla storia di Roma (16)

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STORIA ROMANA – A
2016-2017
Introduzione alla storia di Roma (16)
L’età augustea: alcuni riferimenti cronologici
31 a.C.
31-23 a.C.
30 a.C.
29 a.C.
28 a.C.
27 a.C.
26 a.C.
26-24 a.C.
25 a.C.
23 a.C.
22-19 a.C.
22 a.C.
20 a.C.
18-17 a.C.
17 a.C.
16-13 a.C.
14 a.C.
13 a.C.
12 a.C.
11 a.C.
12-9 a.C.
9 a.C.
8 a.C.
6 a.C.
4 a.C.
2 a.C.:
2 d.C.
4 d.C.
5 d.C.
6 d.C.
6-9 d.C.
9 d.C.
12 d.C.
13 d.C.
14 d.C.
battaglia di Azio
Ottaviano nominato console ogni anno
resa di Alessandria, suicidio di Antonio e Cleopatra
chiusura delle porte del tempio di Ianus (11 genn.); triplice trionfo di Ottaviano (13-15 agosto)
sesto consolato di Ottaviano, insieme ad Agrippa cos. iterum; censimento e lectio senatus; dedica del tempio di Apollo sul
Palatino (9 ottobre)
Agrippa cos. tertium; poteri di governo attribuiti ad Ottaviano su diverse province per 10 anni (13 genn.); conferimento del
titolo di Augustus (16 genn.)
Messalla Corvino primo praefectus Urbi; suicidio di Cornelio Gallo, primo praefectus Alexandreae et Aegypti
campagna di Augusto in Spagna
seconda chiusura del tempio di Ianus; Marcello (figlio di Ottavia) sposa Giulia (figlia di Augusto)
Augusto rinuncia al consolato; conferimento della tribunizia potestas a vita (giugno); morte di Marcello
Augusto in Oriente
Augusto accetta la cura annonae; Agrippa sposa Giulia
Tiberio in Oriente, restituzione delle insegne romane perdute a Carre
leges Iuliae; istituzione dei praefecti frumenti dandi (18 a.C.)
adozione di Gaio e Lucio Cesare da parte di Augusto; ludi saeculares (maggio-giugno)
Augusto in Gallia; campagne alpine di Tiberio e Druso; sottomissione di Norico, Rezia e Vindelicia; nascita di Germanico (15
a.C.)
nascita di Agrippina (maggiore)
primo consolato di Tiberio; il senato delibera la costruzione dell’ara Pacis
Augusto pontefice massimo; morte di Agrippa
Tiberio sposa Giulia
campagna di Druso in Germania e di Tiberio in Pannonia
dedica dell’ara Pacis (30 genn.); morte di Druso
morte di Orazio e di Mecenate
Tiberio riceve al potestà tribunizia per cinque anni, ma si ritira a Rodi
Gaio Cesare console
Augusto console per la tredicesima volta; Pater patriae (2 febbr.); inaugurazione del foro di Augusto e del tempio di Marte
Ultore (12 maggio); esilio di Giulia a Ventotene
morte di Lucio Cesare (a Marsiglia); rientro di Tiberio da Rodi
morte di Gaio Cesare (Licia); adozione di Tiberio da parte di Augusto; Tiberio riceve la potestà tribunizia per 10 anni
campagna di Tiberio in Germania; lex Valeria Cornelia
istituzione dell’aerarium militare; istituzione del corpo dei vigiles (e del praefectus vigilum)
rivolta in Illirico e Pannonia
esilio di Giulia minore; sconfitta di Teutoburgo
trionfo pannonico di Tiberio
rinnovo della tribunicia potestas di Tiberio
morte di Augusto a Nola (19 agosto); divinizzazione di Augusto (17 sett.); Tiberio riconosciuto suo successore
La “restaurazione” della Repubblica e i poteri di Augusto
Tac., Hist., I, 1-2
Initium mihi operis Servius Galba iterum Titus Vinius consules erunt. Post conditam urbem octingentos et viginti prioris aevi annos
multi auctores rettulerunt, dum res populi Romani memorabantur pari eloquentia ac libertate: postquam bellatum apud Actium
atque omnem potentiam ad unum conferri pacis interfuit, magna illa ingenia cessere; simul veritas pluribus modis infracta,
primum inscitia rei publicae ut alienae, mox libidine adsentandi aut cursus odio ad versus dominantes…
Inizierò la mia opera dall’anno in cui erano consoli Servio Galba, per la seconda volta, e Tito Vinio (genn. 69 d.C.). Molti autori
hanno narrato i precedenti ottocentoventi anni intercorsi dalla fondazione della città, quando le vicende del popolo romano
venivano ricordate con eloquenza pari alla libertà: dopo la battaglia di Azio, fu invece necessario, per il bene della pace, attribuire
tutto il potere a un uomo solo, allora vennero meno anche i grandi talenti letterari. E allora la verità fu offesa in vari modi: prima
di tutto per ignoranza degli avvenimenti pubblici, come se fossero sentiti ormai estranei, e poi anche per desiderio smodato di
adulazione, o al contrario per odio verso chi comandava.
[Antologia delle fonti, II.II.1.1, T4]
Tac., Ann., III, 28,2
Sexto demum consulatu Caesar Augustus, potentiae securus, quae triumviratu iusserat abolevit deditque iura, quis pace et
principe uteremur.
Nel suo sesto consolato (28 a.C.), infine, Cesare Augusto, sicuro del suo poter, abolì le disposizioni emanate durante il triumvirato
e diede norme da utilizzare in pace e sotto un principe.
[Antologia delle fonti, II.I,1.1, T2]
J.W. Rich – J.H.C. Williams, in The Numismatic Chronicle, 159, 1999, pp. 169-213 (aureus acquistato dal British Museum); cfr. D.
Mantovani, in Athenaeum, 96,1, 2008, pp. 5-54; A. Dalla Rosa, in Viri militares, Trieste 2015, pp. 171-200
Recto: ((testa di Ottaviano coronata d’alloro)): Imp(erator) Caesar Divi f(ilius) co(n)s(ul) VI
Verso: ((Ottaviano togato, seduto su sella curulis, con un volumen nella destra)): Leges et iura p(opul-) Roman(-) restituit
[Antologia delle fonti, II.I.1.1, T3]
Aug., Res gestae divi Augusti, 34
In consulatu sexto et septimo, postquam bella civilia exstinxeram, per consensum universorum potens rerum omnium, rem
publicam ex mea potestate in senatus populique Romani arbitrium transtuli. Quo pro merito meo senatus consulto Augustus
appellatus sum et laureis postes aedium mearum vestiti publice coronaque civica super ianuam meam fixa est et clupeus aureus
in curia Iulia positus, quem mihi senatum populumque Romanum dare virtutis clementiaeque et iustitiae et pietatis caussa
testatum est per eius clupei inscriptionem. Post id tempus auctoritate omnibus praestiti, potestatis autem nihilo amplius habui
quam ceteri qui mihi quoque in magistratu conlegae fuerunt.
Durante il mio sesto e settimo consolato [28-27 a.C.], dopo aver posto termine alle guerre civili, avendo il potere su tutto per
consenso universale, rimisi la repubblica dalla mia potestà al controllo del senato e del popolo romano. Per questo mio merito,
fui chiamato Augusto dietro parere del senato e, per pubblica decisione, lo stipite della mia casa fu ornato di alloro e sopra la mia
porta fu appesa una corona civica; nella curia Giulia fu posto uno scudo d’oro, la cui iscrizione attestava che il senato e il popolo
di Roma me lo concedevano in riconoscimento del mio valore, della mia clemenza, della mia giustizia e della mia devozione. Da
quel momento fui superiore a tutti per autorevolezza, ma non ebbi maggior potere degli altri che mi furono colleghi in ogni
magistratura
[Antologia delle fonti, II.I.1.1, T4]
Inscr. It., XIII,2, pp. 113 e 396 ss. (A. Degrassi); cfr. E. Todisco, in Epigrafia e territorio. Politica e società, VIII, Bari 2007, pp. 341358 (Fasti Praenestini, 13 gennaio)
a) Corona querc[ea, uti super ianuam domus Imp(eratoris) Caesaris] / Augusti poner[etur, senatus decrevit, quod rem
publicam] / p(opulo) R(omano) rest[it]u[it] (integrazioni Mommsen/Degrassi)
b) Corona querc[ea a senatu, uti super ianuam Imp(eratoris) Caesaris / Augusti poner[etur, decreta quod cives servavit, re
publica] / p(opuli) R(omani) rest[itut]a (integrazioni Todisco)
c)
Corona querc[ea, uti super ianuam domus Imp(eratoris) Caesaris] / Augusti poner[etur, senatus decrevit, quod iura] /
p(opuli) R(omani) rest[it]u[it] (integrazioni Scheid)
Suet., Divus Augustus, 27,5 (23 a.C.)
Tribuniciam potestatem perpetuam recepit, in qua semel atque iterum per singula lustra collegam sibi cooptavit. Recepit et
morum legumque regimen aeque perpetuum, quo iure, quamquam sine censurae honore, censum tamen populi ter egit; primum
ac tertium cum collega, medium solus.
Ottenne al potestà tribunizia a vita, in cui due volte si associò un collega per cinque anni rispettivamente. Ottenne anche il
controllo dei costumi e delle leggi, sempre a vita. In virtù di tale potere, pur non essendo censore, fece tre volte il censimento
della popolazione, la prima e la terza con un collega, la seconda da solo.
[Antologia delle fonti, II.I.1.1, T6]
Cass. Dio, LIII, 33, 5-6 (23 a.C.)
Il senato decretò ad Augusto il tribunato a vita e gli concesse l’autorità di portare davanti a qualsiasi seduta senatoria qualunque
questione egli desiderasse, anche quando non fosse in carica come console; inoltre gli permise di assumere l’imperium
proconsulare a vita, di modo che non dovesse deporlo ogni volta che entrava nel pomerio per poi riassumerlo nuovamente, ed
infine gli attribuì anche un potere sulle province superiore a quello dei magistrati ordinari di stanza in quelle regioni. Dal quel
momento in poi, sia Augusto, sia gli imperatori che gli succedettero godettero, per una sorta di autorità garantita dalla legge, di
esercitare il potere tribunizio insieme agli altri poteri: infatti il titolo di tribuno in sé non venne assunto né da Augusto, né da
nessun altro imperatore.
[Antologia delle fonti, II.I.1.1, T5]
Res Gestae Divi Augusti, 5-6
[5] Dictaturam et apsenti et praesenti mihi delatam et a populo et a senatu, M. Marcello et L. Arruntio consulibus [22 a.C.] non
accepi. Non recusavi in summa frumenti penuria curationem annonae, quam ita administravi, ut intra paucos dies metu et periclo praesenti populum universum liberarem impensa et cura mea. Consulatum quoque tum annuum et perpetuum mihi delatum
non recepi. [6] Consulibus M. Vinicio et Q. Lucretio [19 a.C.] et postea P. Lentulo et Cn. Lentulo [18 a.C.] et tertium Paullo Fabio
Maximo et Q. Tuberone [11 a.C.] senatu populoque Romano consentientibus ut curator legum et morum summa potestate solus
crearer, nullum magistratum contra morem maiorum delatum recepi. Quae tum per me geri senatus voluit, per tribuniciam pote statem perfeci, cuius potestatis conlegam et ipse ultro quinquiens a senatu depoposci et accepi.
[Antologia delle fonti, II.I.1.1, T9-T10]
Roma e l’Italia
Suet., Divus Augustus, 37
Quoque plures partem administrandae rei p(ublicae) caperent, nova officia excogitavit: curam operum publicorum, viarum,
aquarum, alvei Tiberis, frumenti populo dividundi, praefecturam urbis, triumviratum legendi senatus et alterum recognoscendi
turmas equitum, quotiensque opus esset. Censores creari desitos longo intervallo creavit. Numerum praetorum auxit. Exegit
etiam, ut quotiens consulatus sibi daretur, binos pro singulis collegas haberet, nec optinuit, reclamantibus cunctis satis
maiestatem eius imminui, quod honorem eum non solus sed cum altero gereret.
E affinché in maggior numero prendessero parte all’amministrazione della res publica escogitò nuovi uffici: la cura delle opere
pubbliche, delle strade, delle acque, del letto del Tevere, della distribuzione del frumento al popolo; e inoltre la prefettura
urbana, un triumvirato per aggiornare la lista dei senatori e un altro per passare in rassegna gli squadroni di cavalieri, ogni volta
che fosse necessario. Nominò i censori che da lungo tempo aveva smesso di nominare. Aumentò il numero dei pretori. Chiese
anche di avere due colleghi invece di uno, ogniqualvolta gli fosse conferito il consolato, ma non lo ottenne, poiché tutti
obiettavano che la sua maestà era già abbastanza sminuita dal fatto che egli esercitava quella carica non da solo, ma con un altro.
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T11]
Tac., Annales, VI, 11
Namque antea profectis domo regibus ac mox magistratibus, ne urbs sine imperio foret in tempus deligebatur qui ius redderet ac
subitis mederetur; feruntque ab Romulo Dentrem Romulium, post ab Tullo Hostilio Numam Marcium et ab Tarquinio Superbo
Spurium Lucretium impositos. dein consules mandabant; duratque simulacrum quoties ob ferias Latinas praeficitur qui consulare
munus usurpet. ceterum Augustus bellis civilibus Cilnium Maecenatem equestris ordinis cunctis apud Romam atque Italiam
praeposuit: mox rerum potitus ob magnitudinem populi ac tarda legum auxilia sumpsit e consularibus qui coerceret servitia et
quod civium audacia turbidum, nisi vim metuat. primusque Messala Corvinus eam potestatem et paucos intra dies finem accepit
quasi nescius exercendi; tum Taurus Statilius, quamquam provecta aetate, egregie toleravit; dein Piso viginti per annos pariter
probatus publico funere ex decreto senatus celebratus est.
Nel passato infatti, quando i re e più tardi i magistrati si assentavano da Roma, perché la città non restasse senza governo si
sceglieva chi, di volta in volta, rendesse giustizia e fronteggiasse gli imprevisti. Si racconta che tale compito sia stato affidato da
Romolo a Dentre Romulio e poi da Tullo Ostilio a Numa Marcio e da Tarquinio il Superbo a Spurio Lucrezio. In seguito furono i
consoli a conferirlo e ne resta un lontano riflesso nella scelta, in occasione delle Ferie Latine, di chi deve esercitare le funzioni
consolari. Al tempo delle guerre civili Augusto affidò a Cilnio Mecenate, dell’ordine equestre, l’intera amministrazione di Roma e
dell’Italia. Poi, dopo la presa del potere, per la grande crescita della popolazione e la lentezza di intervento delle leggi, scelse uno
degli ex-consoli, delegandolo alla repressione degli schiavi e di quella parte facinorosa di cittadini che oserebbe i torbidi, ma
teme la forza. Messalla Corvino fu il primo chiamato a tale incarico, ma ne fu esonera rato in pochi giorni, perché incapace di
esercitarlo; assolse poi egregiamente il suo compito, nonostante l’età avanzata, Tauro Statilio, e infine seguì, per vent’anni,
Pisone, con altrettanto merito. Per decreto del senato, ebbe l’onore dei funerali di stato (trad. M. Stefanoni)
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T12]
Frontinus, De aquae ductu urbis Romae, II, 98-99
98. Primus M. Agrippa post aedilitatem, quam gessit consularis, operum suorum et munerum velut perpetuus curator fuit. Qui
iam copia permittente discripsit, quid aquarum publicis operibus, quid lacibus, quid privatis daretur. Habuit et familiam propriam
aquarum, quae tueretur ductus atque castella et lacus. Hanc Augustus hereditate ab eo sibi relictam publicavit. 99. Post eum
Q. Aelio Tuberone Paulo Fabio Maximo cos. cum res usque in id tempus quasi potestate acta certo iure eguisset, senatus consulta
facta sunt ac lex promulgata. Augustus quoque edicto complexus est, quo iure uterentur qui ex commentariis Agrippae aquas ha berent, tota re in sua beneficia translata. Modulos etiam, de quibus dictum est, constituit et rei continendae exercendaeque cura torem fecit Messalam Corvinum, cui adiutores dati Postumius Sulpicius praetorius et Lucius Cominius pedarius. Insignia eis quasi
magistratibus concessa, deque eorum officio senatus consultum factum, quod infra scriptum est.
Per primo Marco Agrippa, dopo l’edilità che egli tenne dopo aver retto il consolato [33 a.C.], divenne una sorta di curatore a vita
delle acque e dei servizi che egli stesso aveva creato. Visto che ora l’abbondanza d’acqua lo consentiva, ripartì le quantità da
assegnare alle strutture pubbliche, ai bacini di raccolta e ai privati. Egli ebbe anche una propria squadra di schiavi per il
mantenimento delle riserve e dei bacini di raccolta. Questa squadra fu resa pubblica da Augusto che la ricevette in eredità da
Agrippa. Dopo Agrippa, sotto il consolato di Quinto Elio Tuberone e Paolo Fabio Massimo [11 a.C.], furono promulgati dei
senatoconsulti e una legge su quella materia, che fino ad allora era stata trattata secondo i poteri particolari dei magistrati.
Augusto da parte sua definì con un editto la situazione giuridica di coloro che avevano delle concessioni di acqua secondo i
registri di Agrippa, avendo passato tutta la questione nella competenza delle proprie finanze. Nominò curatori per la gestione
dell’amministrazione delle acque Messalla Corvino, a cui furono assegnati come assistenti Postumio Sulpicio, un ex-pretore, e
Lucio Cominio, che non aveva ancora esercitato delle magistrature. Furono loro accordate delle insegne come a dei magistrati e
fu promulgato un senatoconsulto per regolare le loro funzioni.
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T13]
Suet., Divus Iulius, 30
Spatium urbis in regiones vicosque divisit [7 a.C.] instituitque, ut illas annui magistratus sortito tuerentur, hos magistri e plebe
cuiusque viciniae lecti. Adversus incendia excubias nocturnas vigilesque commentus est; ad coercendas inundationes alveum
Tiberis laxavit ac repurgavit completum olim ruderibus et aedificiorum prolationibus coartatum. Quo autem facilius undique urbs
adiretur, desumpta sibi Flaminia via Arimino tenus munienda reliquas triumphalibus viris ex manubiali pecunia sternendas
distribuit. Aedes sacras vetustate conlapsas aut incendio absumptas refecit easque et ceteras opulentissimis donis adornavit, ut
qui in cellam Capitolini Iovis sedecim milia pondo auri gemmasque ac margaritas quingenties sestertium una donatione
contulerit.
Divise lo spazio della città di Roma in regioni e quartieri e stabilì che alle prime sovrintendessero magistrati annuali estratti a
sorte, ai secondi invece dei capi-quartiere (magistri) scelti tra la plebe di ogni zona. Contro gli incendi ideò guardie notturne e
vigili; per fermare le inondazioni fece allargare e pulire l’alveo del Tevere, da tempo pieno di detriti e ristretto dall’allargarsi degli
edifici. Inoltre, affinché Roma fosse raggiunta più facilmente da ogni direzione, preso su di sé l’onere di riparare la via Flaminia
sino a Rimini, distribuì tra gli uomini che avevano ricevuto il trionfo le altre strade da pavimentare con il denaro del bottino.
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T16]
Roma, le XIV regiones augustee
Strabo, Geografia, V, 3, 8
Questi dunque i vantaggi che la natura ha offerto alla città, ma i Romani, da parte loro, ne hanno aggiunti altri che derivano dalla
loro accurata amministrazione […] Tanta è l’acqua condotta dagli acquedotti, da far scorrere fiumi attraverso la città e attraverso i
condotti sotterranei: quasi ogni casa ha cisterne e fontane abbondanti, dovute per la maggior parte alla cura che se ne prese
Marco Agrippa, che ha abbellito la città anche con molte altre costruzioni. Si potrebbe dire che i primi Romani hanno tenuto in
poco conto la bellezza di Roma, volti ad obiettivi importanti e necessari; i successori poi, e specialmente i Romani di oggi e vicini
ai nostri tempi, neppure in questo sono rimasti indietro, ma hanno riempito la città di molti e bei monumenti. E infatti Pompeo,
il divo Cesare, Augusto e i suoi figli, gli amici, la moglie, la sorella hanno dispensato in gran quantità ogni loro cura e ogni spesa,
aggiungendo così alla bellezza naturale anche gli ornamenti dovuti al’oculata cura che costoro se ne sono presa […] Il più
notevole è il cosiddetto Mausoleo, grande tumulo che sorge su un’alta base di marmo bianco presso il fiume, interamente
ricoperto sino alla sommità da alberi sempreverdi. Sulla sommità c’è una statua di bronzo di Cesare Augusto, mentre sotto il
tumulo ci sono le tombe di lui stesso e dei suoi parenti e amici intimi; dietro c’è un grande bosco, che offre meravigliose
passeggiate. Nel mezzo del Campo[Marzio] c’è un recinto, anch’esso di marmo bianco, costruito intorno all’ustrino, che ha una
balaustra circolare in ferro, mentre all’interno ci sono piantati dei pioppi. Ancora se qualcuno, passando nell’antico foro, vede
uno dopo l’altro i fori costruiti appresso, le basiliche, i templi, e, ancora, il Campidoglio con le opere che sono là e quelle del
Palatino e del portico di Livia, facilmente potrebbe dimenticare tutto quello che sta fuori. Tale è dunque Roma.
[Antologia delle fonti, II.I.2, 1, T22]
Res Gestae Divi Augusti, 19-21
[19] Curiam et continens ei Chalcidicum templumque Apollinis in Palatio cum porticibus, aedem divi Iuli, Lupercal, porticum ad
circum Flaminium, quam sum appellari passus ex nomine eius qui priorem eodem in solo fecerat, Octaviam, pulvinar ad circum
maximum, aedes in Capitolio Iovis Feretri Iovis Tonantis, aedem Quirini, aedes Minervae et Iunonis Reginae et Iovis Libertatis in
Aventino, aedem Larum in summa sacra via, aedem deum Penatium in Velia, aedem Iuventatis, aedem Matris Magnae in Palatio
feci. [20] Capitolium et Pompeium theatrum utrumque opus impensa grandi refeci sine ulla inscriptione nominis mei. Rivos aquarum compluribus locis vetustate labentes refeci, et aquam quae Marcia appellatur duplicavi fonte novo in rivum eius inmisso. Fo rum Iulium et basilicam quae fuit inter aedem Castoris et aedem Saturni, coepta profligataque opera a patre meo, perfeci et ean dem basilicam consumptam incendio, ampliato eius solo, sub titulo nominis filiorum meorum incohavi, et, si vivus non perfecis sem, perfici ab heredibus meis iussi. Duo et octoginta templa deum in urbe consul sextum ex auctoritate senatus refeci nullo
praetermisso quod eo tempore refici debebat. Consul septimum viam Flaminiam ab urbe Ariminum refeci pontesque omnes prae ter Mulvium et Minucium. [21] In privato solo Martis Ultoris templum forumque Augustum ex manibiis feci. Theatrum ad aedem
Apollinis in solo magna ex parte a privatis empto feci, quod sub nomine M. Marcelli generi mei esset. Dona ex manibiis in Capitolio et in aede divi Iuli et in aede Apollinis et in aede Vestae et in templo Martis Ultoris consacravi, quae mihi constiterunt HS circi ter milliens. Auri coronari pondo triginta et quinque millia municipiis et colonis Italiae conferentibus ad triumphos meos quintum
consul remisi, et postea, quotienscumque imperator appellatus sum, aurum coronarium non accepi decernentibus municipiis et
colonis aeque benigne adque antea decreverant.
Plin. Nat. Hist., III, 46
Nunc ambitum eius urbesque enumerabimus, qua in re praefari necessarium est auctorem nos Divum Augustum secuturos di scriptionemque ab eo factam Italiae totius in regiones XI, sed ordine eo, qui litorum tractu fiet; urbium quidem vicinitates oratio ne utique praepropera servari non posse, itaque inferiore parte digestionem in litteras eiusdem nos secuturos, coloniarum men tione signata, quas ille in eo prodidit numero.
Ora passerò in rassegna il territorio e le città dell’Italia.. A questo proposito devo premettere che seguirò come autore il divino
Augusto e la suddivisione (discriptio), fatta da lui, dell’Italia in undici regioni, procedendo però secondo il tracciato della costa.
Quanto ai rapporti di vicinanza tra le singole città, ritengo impossibili mantenerli inalterati, almeno in un discorso affettato come
è il mio; perciò riguardo alle città dell’interno, mi atterrò all’elencazione per ordine alfabetico, fatta dallo stesso Augusto, segna lando le varie colonie, come fece lui.
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T17]
La discriptio Italiae di Augusto
Res gestae Divi Augusti, 28
[1] Colonias in Africa Sicilia Macedonia utraque Hispania Achaia Asia Syria Gallia Narbonensi Pisidia militum deduxi. [2] Italia
autem XXVIII colonias, quae vivo me celeberrimae et frequentissimae fuerunt, me[a auctoritate] deductas habet.
Le province
Strabone, Geographia, XVII 3, 25
Le province [ἐπαρχίαι] sono state divise in epoche diverse e in modo diverso, ma ora sono come le ha organizzate Cesare
Augusto. Infatti, quando la patria gli affidò il governo dell’impero ed egli ebbe a vita il potere in guerra e in pace, divise tutto il
territorio in due parti e assegnò una parte a se stesso, l’altra al popolo: a se stesso quella parte che ha bisogno di un presidio
militare, cioè la parte barbara e vicina a popolazioni non ancora domate oppure quella povera e difficile da coltivare, che oppone
resistenza e non obbedisce a causa della penuria di tutto il resto tranne che di luoghi fortificati; al popolo l’altra parte, cioè quella
pacificata e facile da governare senza armi. Divise poi l’una e l’altra in numerose province, delle quali le une sono dette di Cesare,
le altre del popolo [αἱ μὲν καλοῦνται Καίσαρος αἱ δὲ τοῦ δήμου]. Alle province di Cesare, Cesare invia comandanti e
amministratori, dividendo le zone ora in un modo ora in un altro, a quelle del popolo il popolo invia pretori o consoli [καὶ εἰς μὲν
τὰς Καίσαρος ἡγεμόνας καὶ διοικητὰς Καῖσαρ πέμπει, διαιρῶν ἄλλοτε ἄλλως τὰς χώρας καὶ πρὸς τοὺς καιροὺς πολιτευόμενος,
εἰς δὲ τὰς δημοσίας ὁ δῆμος στρατηγοὺς ἢ ὑπάτους].
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T18]
Cassio Dione, Historia Romana, LIII, 12-13
…ma [Augusto] affermò che egli non avrebbe governato tutte le province e, pure in quante avesse lui stesso governato, non lo
avrebbe fatto per sempre. Poi restituì al senato le [province] più deboli, in quanto pacificate e prive di guerre, tenne invece le più
forti poiché erano insicure, pericolose e minacciate da nemici ai confini oppure a rischio di rivolte. A parole sosteneva che così
facendo il senato avrebbe tratto con facilità profitto dalla parte migliore dell’impero, mentre a lui sarebbero toccate le fatiche e i
pericoli, in realtà, con questa scusa, i senatori erano disarmati e impossibilitati a combattere, mentre egli era l’unico ad avere
armi e soldati. [...] In un primo tempo introdusse la prassi che gli stessi senatori governassero entrambi i tipi di province, tranne
quella d’Egitto (lì, per le ragioni che ho detto, mandò l’equestre sopra citato); poi ordinò che gli uni (cioè i governatori delle
province senatorie) fossero annuali e scelti a sorte […]: questi erano inviati su decisione comune del senato, senza portare la
spada né indossare l’armatura ed erano chiamati proconsoli [ἀνθύπατοι] (non solo i due che avevano ricoperto il consolato, ma
anche gli altri che erano stati pretori o che erano stati immessi in senato in qualità di ex pretori); ciascuno aveva a disposizione lo
stesso numero di littori che era costume avere anche in città e assumevano le insegne del potere non appena superavano il
pomerio e le conservavano per tutto il tempo sino al loro rientro. Stabilì che gli altri (cioè i governatori delle province imperiali)
fossero scelti da lui stesso e fossero chiamati legati Augusti pro praetore [πρεσβευταὶ αὐτοῦ ἀντιστράτηγοι], anche qualora
fossero ex consoli. Di questi due titoli che erano a lungo esistiti durante la repubblica, egli diede il titolo di pretore (nella forma di
propretore) agli inviati scelti da lui, in ragione del fatto che questa carica nei tempi più antichi era associata alla guerra; diede il
titolo di console (nella forma di proconsole) agli altri, poiché i loro compiti erano pacifici
[Antologia delle fonti, II.I.1.2, T19 e T20]
I censimenti, i comitia, il senato
Res Gestae Divi Augusti, 8
(1) Patriciorum numerum auxi consul quintum (29 a.C.) iussu populi et senatus. (2) Senatum ter legi. Et in consulatu sexto (28
a.C.) censum populi conlega M(arco) Agrippa egi. Lustrum post annum alterum et quadragensimum fec[i]. Quo lustro civium
Romanorum censa sunt capita quadragiens centum millia et sexag[i]nta tria millia. (3). Tum [iteru]m consulari cum imperio
lustrum [s]olus feci C. Censorino et [C.] Asinio co(n)s(ulibus) (8 a.C.), quo lustro censa sunt civium Romanorum [capit]a
quadragiens centum millia et ducenta triginta tria m[illia. (4) Et ter]tium consulari cum imperio lustrum conlega Ti. Cae[sare filio]
m[eo feci], Sex. Pompeo et Sex. Appuleio co(n)s(ulibus) (14 d.C.), quo lustro ce[nsa sunt] civ[ium Ro]manorum capitum
quadragiens centum mill[ia et n]onge[nta tr]iginta et septem millia. (5) Legibus novi[s] m[e auctore l]atis m[ulta e]xempla
maiorum exolescentia iam ex nostro [saecul] red[uxi et ipse] multarum re[rum exe]mpla imitanda pos[teris tradidi].
[Antologia delle fonti, II.I.1.3, T28]
Tabula Hebana (AE 1949, 215; M.H. Crawford, Roman Statutes, London 1996, I, nr. 27), vv. 1-13
… utique in palatio in porticu quae est ad Apollinis in eo templo in quo senatus haberi solet [inter ima]/gines virorum inlustris
ingeni Germanici Caesaris et Drusi Germanici patris eius naturalis [fratrisque] / Ti. Caesaris Aug(usti) qui ipse quoq(ue) fecundi
ingeni fuit imagines ponantur supra capita columna[rum eius fas]/tigi quo simulacrum Apollinis tegitur utiq(ue) Sali carminibus
suis nomen Germanicici Caesa[ris pro ho]/norifica memoria interponant qui honos C. quoq(ue) et L. Caesarib(us) fratr(ibus)
Ti(beri) Caesaris Aug(usti) habitus est / utiq(ue) ad X centur(ias) Caesarum quae de co(n)s(ule) pr(aetoribus) destinandis
suffragium ferre solent adiciantur V centur[iae et cum] / primae X citabuntur C. et L. Caesar adpellentur insequentes V Germanici
Caesaris inq(ue) is omnib[us centuris] / senatores et equites omnium decuriarum quae iudicior(um) publicor(um) caussa
constitutae sunt erun[t suffragium] / ferant quiq(ue) cumq(ue) magistratum destinationis faciendae caussa senatores
quibusq(ue) in [sena]tu sen[tentiam] / dicere licebit itemque eq(uites) in consaeptum ex lege quam L. Valerius Messalla Volesus
Cn. Cornelius Cin[na Magnus] / co(n)s(ul) tulerunt sufragi ferendi caussa convocabit is uti senatores itemq(ue) equites omnium
decuriar[um quae] / iudiciorum public]orum gratia constitutae sunt erunt suffragium ferant quod eius r[ei fieri poterit in] / [XV
centur(ias)
Che si pongano sul Palatino, nel portico che è presso il tempio di Apollo, nel quale il senato è solito tenere le sue riunioni, tra le
immagini degli uomini di grande ingegno, sopra i capitelli delle colonne che sono presso il tempio che custodisce la statua di
Apollo, le immagini di Germanico Cesare e di Druso Germanico, suo padre naturale e fratello di Tiberio Cesare Augusto, che fu
anch’egli uomo di grande ingegno. Che i Salii inseriscano nei loro canti il nome di Germanico Cesare per onorare la sua memoria,
onore che fu reso anche a Gaio e Lucio Cesari, fratelli di Tiberio Cesare.
E che alle dieci centurie dei Cesari, che sono solite votare sulla designazione [destinatio] di consoli e pretori, ne siano aggiunte
altre cinque; e le prime dieci centurie che saranno chiamate siano dette di Gaio e Lucio Cesari, le cinque successive di Germanico
Cesare; e in tutte quelle centurie esprimano il loro voto senatori e cavalieri di tutte le decurie che sono o saranno costituite per i
processi pubblici; e chiunque convocherà nel recinto i senatori e coloro ai quali sarà lecito esprimere la propria opinione in
senato e parimenti i cavalieri per votare per la designazione dei magistrati secondo la legge che i consoli Lucio Valerio Messalla
Voleso e Gneo Cornelio Cinna Magno proposero, faccia in modo che i senatori e parimenti i cavalieri di tutte le decurie che sono
o saranno create per i processi pubblici esprimano il loro voto nelle quindici decurie.
[Antologia delle fonti, II.I.1.3, T26]
Cass. Dio, Hist. Rom., LIII, 21, 3-5
In particolare prendeva come consiglieri per sei mesi i consoli – o il console quando lui stesso teneva il consolato – e un
esponente di ogni altra magistratura, inoltre quindici uomini estratti a sorte dal rimanente gruppo dei senatori, così da introdurre
l’uso che attraverso costoro l proposte di legge fossero comunicate in un certo modo anche agli altri senatori. Presentavano
infatti alcune questioni anche all’intera assemblea senatoria, pur giudicando preferibile discutere con pochi in tranquillità la
maggior parte e le più importanti. Faceva ciò anche quando amministrava la giustizia insieme con quelli [i senatori]
[Antologia delle fonti, II.I.1.3, T32]
Uterque ordo: senatori ed equites
CIL, IX 3306 = ILS 932, cfr. Suppl. It. 22, 2004, p. 136; PIR2, V 276 (Superaequum)
Q. Vario Q.f. / Gemino, / leg(ato) divi Aug(usti) II, / proco(n)s(uli), pr(aetori), tr(ibuno) pl(ebis) / q(uaestori), quaesit(ori) iudic(i) /
praef(ecto) frum(enti) dand(i), / Xvir(o) stl(itibus) iudic(andis), / curatori aedium sacr(arum) / monumentor(um)que public(orum)
/ tuendorum, / is primus omnium Paelign(orum) senator / factus est et eos honores gessit. / Superaequani publice / patrono.
ILS 9007 = Supl.It., 5, 1989, p. 111 nr. 7; cfr. Suppl. It., 22, 2004, p. 138 nr. 7 (Superaequum)
Q. Octavius L.f. C,n. T. pron. Ser(gia) / Sagitta, / IIvir quinq(uennalis) III, praef(ectus) fab(rum), / prae(fectus) equi(tum),
trib(unus) mil(itum) a popuḷọ, procurat(or) Caesaris / Augusti in Vindalil ci ii si i et Raetis et in valle Poe/nina peri annos IIII, et in
Hispania provincia / per annos X, et in Suria biennium.
L’esercito
Suet., Divus Augustus, 49, 1-2
Ex militaribus copiis legiones et auxilia provinciatim distribuit, classem Miseni et alteram Ravennae ad tutelam Superi et Inferi
maris conlocavit, ceterum numerum partim in urbis partim in sui custodiam adlegit dimissa Calagurritanorum manu, quam usque
ad devictum Antonium, item Germanorum, quam usque ad cladem Varianam inter armigeros circa se habuerat. Neque tamen
umquam plures quam tres cohortes in urbe esse passus est easque sine castris, reliquas in hiberna et aestiva circa finitima oppida
dimittere assuerat. Quidquid autem ubique militum esset, ad certam stipendiorum praemiorumque formulam adstrinxit definitis
pro gradu cuiusque et temporibus militiae et commodis missionum, ne aut aetate aut inopia post missionem sollicitari ad res
novas possent.
Riguardo alle forze militari, distribuì nelle province le legioni e le truppe ausiliarie e stanziò per la difesa dei mari Superiore e
Inferiore una flotta a Miseno e un’altra a Ravenna; le altre truppe le pose a difesa dell’Urbe, parte come guardia personale, dopo
aver congedato la schiera dei Calagurritani che aveva tenuto con sé fino alla sconfitta di Antonio, e poi quella dei Germani che
aveva tenuto invece fra le altre guardie del corpo sino alla disfatta di Varo [9 d.C.]. Tuttavia non tollerò mai che nell’Urbe vi
fossero più di tre coorti e anch’esse senza accampamento fisso, mentre era solito inviare le altre nei loro quartieri invernali ed
estivi presso le città vicine. Per tutte le truppe, dovunque fossero stanziate, regolò d’altra parte gli stipendi e i premi, avendoli
definiti in base al grado, alla durata del servizio e ai vantaggi connessi con il congedo, affinché i soldati, dopo essere stati
congedati, non potessero essere indotti alla rivolta a causa dell’età o della miseria.
Res Gestae Divi Augusti, 17,2 (l’aerarium militare)
Et M(arco) Lepido et L(ucio) Arruntio co(n)s(ulibus) [5 d.C.] in aerarium militare, quod ex consilio meo contitutum est, ex quo
praemia darentur militi bus, qui vicena aut plura stipendia emeruissent ((sestertium)) milliens et semptigentis [centosettanta
milioni di sesterzi] ex patrimonio meo detuli
CIL, XIII 8648 cfr. p. 143 = AE 1955, 34 (Xanten, stele funeraria con ritratti)
…M. Caelio T.f. Lem(onia), Bon(onia) / ((centurioni)) leg(ionis) XIIX, ann(orum) LIII s(emissis). / [Ce]cidit bello Variano. Ossa /
[h(uc) i]nferre licebit. P. Caelius T.f., / Lem(onia), frater, fecit.
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