"e formula" "si può" "è un"

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Il concetto di Energia e la sua legge di conservazione sono una
delle colonne portanti della Scienza in generale e della Fisica in
particolare; in questi appunti viene spiegato in modo
abbastanza rigoroso come la conservazione dell’Energia, per la
parte meccanica, nasce dalle leggi della dinamica. Viene anche
accennato a come la nozione fondamentale di Energia viene
estesa progressivamente ad altri campi di applicazione.
I temi trattati in questi appunti si affiancano ai capitoli 6 e 7 del
libro di testo (esclusi i paragrafi 6.3, 6.7, 7.6), e sostituiscono le
dimostrazioni matematiche nei paragrafi 6.5 e 7.4; vi sono
anche alcuni argomenti e problemi d’approfondimento.
Lavoro, Energia e stabilità dell’equilibrio
I parte
Il concetto di Energia è uno dei più fondamentali paradigmi della Scienza, e non solo della
Fisica, e ne investe tutti gli aspetti e tutte le discipline; all’Energia è associata una legge di
conservazione che costituisce il primo e più importante esempio di un principio di portata
universale.
L’Energia ha una lunga storia, che parte dalle prime intuizioni legate alla scienza della
meccanica degli scienziati tra ‘700 e ‘800, in cui viene per la prima volta, e confusamente,
formulata la legge di conservazione dell’Energia meccanica partendo dai concetti allora in uso di
“Forza” e “Impulso”. Successivamente l’idea di Energia acquista consistenza e significato con gli
studi sul calore e le macchine termiche (quello che per noi oggi fa parte della Termodinamica), e
arriva alla forma moderna nel 1847 ad opera di Helmholtz. Egli mette finalmente al centro
dell’attenzione l’Energia, spodestando l’antico concetto di Forza, e formula per la prima volta in
forma chiara la “Legge di conservazione dell’Energia” per tutti i fenomeni fisici.
Nella Fisica moderna l’Energia nelle sue varie forme è un ingrediente indispensabile e
fondamentale, che si può trasformare in materia, movimento, luce, calore etc. L’Energia è ormai un
concetto di base, ampiamente utilizzato anche in altre discipline scientifiche.
In questa dispensa studiamo alcuni aspetti meccanici dell’Energia, legati al movimento e alla
posizione spaziale, e indaghiamo il concetto di equilibrio.
A) Il lavoro meccanico di una forza
r
Partiamo da un richiamo alla definizione di lavoro meccanico: data una forza F agente su un
r
corpo, e detto ds uno spostamento infinitesimo effettuato dal corpo (non necessariamente a causa
r
dell’azione della forza in esame), il lavoro meccanico infinitesimo di F è definito da
dW = F cos θ ds
r
(1)
F
dove cosθ è il coseno dell’angolo θ compreso tra la direzione di
r
θ
azione della forza F , e la direzione dello spostamento infinitesimo
r
r
ds (ricordiamo infatti che sia la forza sia lo spostamento sono
ds
vettori, cioè grandezze fisiche dotate di direzione nello spazio). Se il
corpo esegue uno spostamento complessivo dalla posizione iniziale (i) alla posizione finale (f), il
r
lavoro totale della forza F è ovviamente dato dall’integrale:
W =
f
∫i
F cos θ ds
(2)
dove sia F che cosθ sono, in generale, delle funzioni della posizione spaziale assunta dal corpo
durante il suo spostamento. Questo tipo di integrale è anche detto “integrale di linea” per il lavoro
meccanico, poiché non è altro che la somma delle quantità infinitesime dW eseguita seguendo il
percorso (la “linea”) effettuato dal corpo nel suo movimento.
Osservando che il prodotto F cos θ è la componente della forza
F
nella direzione dello spostamento possiamo anche dire che “il lavoro di una
forza è l’integrale della componente della forza nella direzione dello
θ
spostamento, moltiplicata per lo spostamento stesso”; ad esempio, se lo
Fx
dx
spostamento avviene sull’asse X abbiamo evidentemente F cos θ = Fx e
scriviamo:
W =
f
∫i
F x dx
(3)
formulazione molto utile nella pratica.
Il lavoro di una forza è una grandezza fisica scalare (cioè non dotata di direzione nello
spazio, ma solo di valore numerico) e può essere in generale positivo, negativo o nullo, e dipendere
non solo dalla forza, ma anche dalle caratteristiche del movimento del corpo, o meglio dallo
spostamento del “punto di applicazione” della forza. Ad esempio, nel primo disegno vi è un caso di
r
lavoro positivo (lavoro di F per trascinare il corpo sul piano). Vi sono anche casi in cui il lavoro di
una data forza è sempre zero, come nel caso della forza normale, perpendicolare all’appoggio e
quindi all’eventuale spostamento, o della forza del campo magnetico su cariche elettriche in
movimento (si vedrà in elettromagnetismo). Naturalmente vale una evidente regola di somma
secondo la quale il lavoro di una somma di forze è la somma dei singoli lavori eseguiti da ogni
forza.
Data la sua importanza, il lavoro ha un’unità di misura specifica detta Joule (simbolo J);
dalla definizione si ha subito che 1J = 1N·1m. Ricordiamo anche che si definisce la Potenza P
come il lavoro fatto nell’unità di tempo P = W / ∆t, o meglio, per intervalli di tempo infinitesimi,
P = dW / dt (dove dW è il lavoro infinitesimo eseguito durante l’intervallo infinitesimo dt ) con
unità di misura il Watt (simbolo W). Naturalmente 1W = 1J/1s.
Presentiamo ora due semplici ma fondamentali esempi di calcolo del lavoro.
a1) Lavoro della forza di gravità per un corpo che scende per una lunghezza L, lungo un piano
inclinato di altezza h = yi – yf , privo di attrito.
Come si vede dal disegno, il corpo parte dalla posizione
y
iniziale di coordinata yi e scende fino alla posizione di
r
coordinata finale yf ; tra le direzioni dello spostamento ds e
r
r
L
della forza F = mg vi è l’angolo θ, che rimane costante y i
r
ds
durante l’intero movimento (come ovviamente la forza peso
θ
mg). Quindi
h
θ
f
f
r
W = ∫ F cos θ ds = mg cos θ ∫ ds = mg cos θ ⋅ L
F
yf
i
i
dove l’integrale degli spostamenti infinitesimi ds sul
percorso del corpo dal punto iniziale al punto finale è uguale alla lunghezza totale percorsa L.
Osserviamo anche che dalla geometria del problema si ha h = L · cosθ, per cui il lavoro ora
calcolato si scrive anche:
W = mgh = mg ( y i − y f ) = mg y i − mg y f
(4)
cioè il lavoro della forza di gravità dipende dall’altezza di caduta (differenza delle coordinate y),
fatto che rivestirà molta importanza più avanti.
Infine osserviamo che W > 0 in questo caso. Se consideriamo il caso opposto, cioè
calcoliamo il lavoro della forza di gravità quando il corpo viene sollevato da terra all’altezza h,
otteniamo lo stesso risultato ma col segno cambiato; ovvero W < 0 se il movimento avviene contro
la forza.
a2) Lavoro della forza elastica, per un’allungamento di una
r
r
molla di costante elastica k, dalla posizione iniziale xi alla
Fm
Fext
posizione finale xf ; la forza elastica è Fm = - k x (avendo scelto la
posizione di equilibrio della molla all’origine dell’asse X), col
segno negativo perché si oppone sempre allo spostamento della
massa attaccata alla molla rispetto alla posizione di equilibrio.
xi
xf
Dato che forza e spostamento sono entrambi sull’asse X,
0
possiamo usare direttamente la formula (3), quindi:
W = ∫ Fm dx = ∫ (− kx ) dx = −k ∫ x dx = −k
f
f
i
f
i
i
[
1
2
x2
]
f
i
= − 12 k ( x 2f − xi2 )
W = 12 k xi2 − 12 k x 2f
(5)
dove si vede che il lavoro della forza elastica dipende dalle posizioni iniziale e finale, come per il
caso precedente. In particolare se xf > xi come nel disegno, si ha W < 0, e infatti il lavoro della
forza elastica in questo caso è negativo, dato che la molla ha dovuto essere tirata con un intervento
di una forza esterna Fext contro l’azione di Fm (notiamo che il lavoro effettuato dalla eventuale
forza esterna dovrà essere positivo).
Si può fare la stessa osservazione dell’esempio precedente: W può essere positivo o
negativo, e vale sempre la formula (5), a seconda che il suo movimento avvenga nella direzione
della forza elastica, o contro. Infine W è nullo nel caso che xi = xf , ovvero quando la molla fa una
(o più) oscillazioni complete; il lavoro positivo quando Fm è nella stessa direzione dello
spostamento viene annullato dal lavoro negativo del caso opposto (verificare esplicitamente!).
B) Lavoro in più dimensioni
Un modo più generale di definire il lavoro meccanico considera che sia la forza che lo
spostamento possono avere direzioni arbitrarie nello spazio; in tal caso si può sfruttare il fatto che
ogni vettore ha tre componenti cartesiane ortogonali, e quindi scrivere per il lavoro infinitesimo
r
eseguito su uno spostamento infinitesimo ds = (dx,dy,dz) :
dW = F x dx + F y dy + F z dz
e per il lavoro totale eseguito per uno spostamento su una traiettoria qualsiasi da una posizione
iniziale a una posizione finale:
W = ∫
i
f
(F
x
dx + F y dy + F z dz
)
(6)
che si dimostra essere equivalente alla (2), e in particolare si riduce alla (3) se il moto è in una sola
dimensione, ad esempio l’asse X.
Ma è molto più utile considerare il seguente punto di vista:
r
sappiamo che una forza vettoriale qualsiasi, agente su un oggetto che si
F
muove percorrendo una traiettoria di forma qualsiasi, può essere divisa
r
r
in due componenti, tra di loro perpendicolari, la forza tangenziale Ft ,
Fc
r
diretta tangente alla traiettoria e responsabile della variazione del modulo
Ft
r
della velocità, e la forza centripeta (o radiale) Fc , diretta verso il centro
di curvatura e responsabile della variazione della direzione del movimento:
r
r
r
F = Ft + Fc
Osserviamo che per queste forze l’angolo tra le loro direzioni e lo spostamento (che è ovviamente
r
lungo la traiettoria) è sempre θ = 0 rad per la forza tangenziale Ft , mentre è sempre θ = π/2 rad
r
(angolo retto) per la forza centripeta Fc . Poiché in quest’ultimo caso si ha cosθ = cos(π/2) = 0 ne
consegue l’importante risultato che per la forza centripeta dW = 0, ovvero la forza centripeta ha
sempre lavoro nullo. Si conclude anche che il lavoro di una forza è in generale dato dalla sola
componente tangenziale alla traiettoria:
W =
f
∫i
F cos θ ds =
f
F t ds
∫i
(7)
r
Dal punto di vista pratico del calcolo, questa ultima formula non è molto conveniente perché Ft
in generale cambia direzione e modulo anche per traiettorie semplici, e conviene sempre usare la
definizione (2), come fatto negli esempi. Ma questa formula è molto importante perché ci permette
di derivare l’importantissimo:
C) Il teorema dell’Energia cinetica
Ricordiamo che dalla seconda legge della dinamica (di Newton), se Ft è la forza tangenziale
totale agente su un corpo, vale la relazione:
Ft = m a t = m
dv
dt
(8)
dove a t è l’accelerazione tangenziale (componente dell’accelerazione nella direzione della
traiettoria) e dv / dt è la derivata del modulo della velocità (cioè la variazione della velocità scalare
nel tempo). Sostituendo nella (5) risulta:
f
f
f
f
dv
ds
W = ∫ F t ds = ∫ m
ds = ∫ m d v
= ∫ m v dv
i
i
i
i
dt
dt
dove l’integrale sullo spostamento infinitesimo ds è diventato un integrale sulla variazione
infinitesima di velocità dv ; infatti ds / dt = v per la definizione di velocità istantanea. L’integrale
ora sarà calcolato a partire dalla velocità iniziale vi per arrivare alla velocità finale vf . L’operazione
effettuata in questa trasformazione dell’integrale non è altro che il “cambiamento della variabile di
integrazione” da s a v, noto dalla Matematica; ma possiamo anche semplicemente dire che
abbiamo trattato i differenziali come degli intervalli piccoli ma finiti, operazione che ha sempre
senso in Fisica (vedi la discussione negli appunti di cinematica).
Infine, risolvendo (con massa costante) arriviamo a:
W =
f
∫i
m v dv = m
[
1
2
v2
]
vf
vi
=
1
2
m v 2f −
1
2
m v i2
Si definisce Energia cinetica K la quantità:
K =
1
2
m v2
(9)
e quindi possiamo scrivere la formula:
W = ∆K = K f − K i
(10)
che è l’espressione del Teorema dell’Energia cinetica; il lavoro totale delle forze agenti su un
corpo è uguale alla variazione di Energia cinetica, cioè alla differenza tra l’Energia cinetica
finale e quella iniziale.
L’Energia cinetica è una grandezza scalare, è una quantità caratteristica associata al
movimento di un oggetto, ed è sempre positiva (o nulla) come è evidente dal fatto che è
proporzionale al quadrato della velocità del corpo. Il teorema afferma che l’azione delle forze su un
oggetto si traduce in una variazione della sua Energia cinetica; a seconda che il lavoro W sia
maggiore o minore di zero, l’Energia cinetica posseduta da un corpo aumenta o diminuisce. Questo
è un risultato molto importante perché è totalmente indipendente dalla direzione dei vettori forza,
velocità o dei singoli spostamenti (come invece era la (2) in cui vi era dipendenza dall’angolo θ ),
vale per tutte le forze e non dipende nemmeno dal tempo in cui la forza agisce o il corpo si muove.
Il teorema dell’Energia cinetica è una formula universale, in cui compaiono solo quantità
che si riferiscono al “prima” e al “dopo” ma non a quello che succede “durante”. Dalla formula (10)
si vede subito che l’Energia cinetica si misura nelle stesse unità del lavoro, cioè in Joule; si verifica
anche dalla definizione che le sue dimensioni sono:
[K ] = [mv
2
]=
m
Kg ⋅  
 s 
2
=
N m2
⋅
= N⋅m = J
m/s 2 s 2
Esempio: riprendiamo il calcolo del lavoro fatto in (a1) per un corpo in caduta lungo un
piano inclinato privo di attrito. Le forze che agiscono sul corpo sono la forza di gravità e la forza
normale, ma quest’ultima ha lavoro nullo, essendo perpendicolare allo spostamento; quindi il
lavoro colà calcolato è effettivamente il lavoro totale. Possiamo quindi scrivere:
W = mgh = K f − K i
y
Se il corpo è partito con velocità iniziale vi = 0, e quindi
energia cinetica iniziale Ki = 0 possiamo trovare la sua
Energia cinetica finale Kf e la sua velocità finale quando
arriva alla base del piano inclinato :
mgh = K f − 0 =
1
2
m v 2f
⇒
v
f
=
r
FN
yi
2 gh
L
h
r
Questo risultato può naturalmente essere ricavato anche
F
yf
applicando le note formule cinematiche per il moto
rettilineo con accelerazione costante, dove l’accelerazione è quella dovuta alla componente della
forza lungo il piano inclinato (lasciamo questo calcolo come esercizio); è però evidente che il
risultato viene ottenuto in modo più facile e diretto utilizzando il teorema dell’Energia cinetica.
Osserviamo anche che se consideriamo il caso del corpo che cade in verticale la velocità finale
sarebbe la stessa (verificare!); questo fatto è connesso alla conservazione dell’Energia meccanica
come vedremo nella seconda parte.
D) Dimostrazione alternativa del teorema dell’Energia Cinetica
E’ istruttivo arrivare a dimostrare il teorema dell’Energia cinetica anche partendo dalla
espressione generale del lavoro nello spazio a tre dimensioni. Infatti dalla formula generale per il
lavoro meccanico (6) e dalla seconda legge della dinamica (sulla falsariga di quanto fatto nel
paragrafo precedente) abbiamo con massa costante:
W =∫
i
f
(m a
x
dx + m a y dy + m a z dz ) = m ∫
i
f




dv y
dv z

dv x
dy +
dz 
dx +
dt
dt
dt

ma per ognuno dei tre addendi possiamo trasformare e calcolare l’integrale come visto prima:
f
f
f
f
dx
dv x
1
1
dx = ∫ d v x
= ∫ v x d v x = 1 v 2x = v 2xf − v 2xi
∫i
2
i
i
i
dt
dt
2
2
[
]
dove il pedice indica la componente della velocità presa sul punto finale (f) o sul punto iniziale (i);
formule analoghe si hanno per vy e vz . Raggruppando i risultati otteniamo:
W =
1
2
m (v 2xf + v 2yf + v 2zf ) −
1
2
m (v 2xi + v 2yi + v 2zi )
Ma per il teorema di Pitagora in tre dimensioni, la somma dei quadrati delle tre componenti del
vettore velocità non è altro che il modulo quadrato della stessa:
v 2xf + v 2yf + v 2zf = v 2f ;
v 2xi + v 2yi + v 2zi = v i2
e quindi utilizzando la definizione di Energia cinetica (9) otteniamo:
W ==
1
2
m v 2f − 12 m v i2 = K
f
− Ki
che è l’espressione del teorema dell’Energia cinetica, dimostrato quindi in via del tutto generale
nelle tre dimensioni dello spazio.
E) L’Energia potenziale
Il teorema dell’Energia cinetica vale per qualunque tipo di
y
forza; ora studiamo un altro importante concetto che vale però solo
per una particolare categoria di forze.
Si è trovato nell’esempio (a1) che il lavoro della forza di
yi
gravità per un corpo che scende di un’altezza h lungo un piano
inclinato senza attrito vale (4) W = mgh = mgy i − mgy f .
r
h
ds
r
Anche nel caso che il corpo sia in caduta libera in verticale si ottiene
F
lo stesso risultato, come si verifica facilmente (in questo caso forza e y f
spostamento sono nella stessa direzione).
Di più, lo stesso risultato si ha se il corpo scendesse con una
r
traiettoria qualunque, ad esempio percorrendo uno scivolo senza attrito, − dy
d
s
come in figura. Infatti, per ogni tratto di percorso infinitesimo ds lungo
θ
lo scivolo, il lavoro infinitesimo della forza di gravità F = mg sarebbe
dW = mg cosθ ds , dove θ è l’angolo tra la direzione di ds e la direzione
r
F
di F , cioè la verticale. Ma il prodotto ds cos θ è
l’altezza infinitesima − dy di cui è sceso il corpo percorrendo ds (il segno
meno è necessario perché l’asse delle Y è diretto verso l’alto mentre lo spostamento avviene verso il
basso), per cui il lavoro totale si può calcolare come:
f
f
f
W = ∫ mg cosθ ds = ∫ mg ( −dy ) = − mg ∫ dy = −mg ( y f − yi ) = mgyi − mgy f
i
i
i
ritrovando anche in questo caso la stessa formula (4).
Dobbiamo quindi concludere che indipendentemente dal percorso fatto, il lavoro della
forza di gravità è sempre dato dalla differenza di due quantità, prese alle altezze iniziali e
finali del percorso, cioè W dipende solo dalle posizioni spaziali iniziale e finale.
Conviene allora definire la quantità scalare Energia potenziale gravitazionale, funzione
della coordinata verticale Y:
U g ( y) = m g y
(11)
e concludere che il lavoro della forza di gravità è sempre uguale alla diminuzione di Energia
potenziale gravitazionale:
W = − ∆ U g = − (U g ( y f ) − U g ( y i ) ) = U g ( y i ) − U g ( y f )
ed è indipendente dal particolare traiettoria eseguita.
(12)
Si può interpretare questa formula nel seguente modo: i corpi hanno un’altra proprietà
importante, l’Energia potenziale gravitazionale Ug , che essi possiedono per il solo fatto di essere ad
una certa quota Y, soggetti alla forza di gravità. Quando un corpo cade, la sua Energia potenziale
gravitazionale diminuisce di una quantità uguale al lavoro fatto dalla gravità, e questo avviene
indipendentemente dal modo con cui questo corpo perde quota, ma dipende solo dalle altezza
iniziali e finali. Da ciò si capisce l’aggettivo “potenziale”; il corpo ha “in potenza” la capacità di
cadere se lasciato libero, perdendo la sua Energia potenziale ma acquistando velocità (che poi può
essere usata per altri scopi). L’Energia potenziale, come tutte le Energie, si misura ancora in Joule
(J) come si verifica subito:
[U ] = [mgh ] = Kg ⋅ m2 ⋅ m =
s
N
m
⋅ 2 ⋅m = N ⋅m = J
2
m/s s
Una situazione analoga alla precedente si verifica per il caso (a2), il lavoro di una forza
elastica. La formula (5) ci mostra come questo lavoro dipende solo dalle posizioni iniziale e finale,
ma non dalle effettive modalità con cui la molla si è allungata (o compressa). Definiamo allora
l’Energia potenziale elastica, funzione della posizione:
U m ( x) =
1
2
k x2
(13)
e affermiamo che il lavoro di una forza elastica è uguale alla perdita di Energia potenziale
elastica, indipendentemente dal percorso fatto:
W = − ∆ U m = − (U m ( x f ) − U m ( xi ) ) = U m ( xi ) − U m ( x f )
(=
1
2
kx i2 − 12 kx 2f )
(14)
Anche questo risultato si può interpretare dicendo che, ad esempio, una molla allungata di xi
rispetto alla posizione di equilibrio possiede una Energia potenziale iniziale, che viene perduta se la
molla viene lasciata libera di comprimersi fino alla posizione xf < xi .
Naturalmente, dato che il lavoro W può essere sia positivo che negativo, anche la variazione
di Energia potenziale può essere, rispettivamente, negativa o positiva. Gli esempi che abbiamo fatto
ora corrispondono al primo caso; all’opposto, se un corpo viene sollevato da yi a yf con yf > yi
(oppure se una molla viene allungata da xi a xf con xf > xi ) il lavoro delle forze in questione è
negativo e la variazione di Energia potenziale positiva, cioè essa aumenta (verificare!).
Come si è visto da questi due esempi, mentre l’Energia cinetica è una grandezza univoca,
l’Energia potenziale può assumere diverse forme a seconda del sistema che si sta studiando e delle
forze in esso operanti; esistono molte diverse funzioni scalari della posizione che svolgono il
compito di Energie potenziali. E come per il lavoro, l’Energia potenziale di un sistema sarà la
somma delle singole Energie potenziali presenti.
Osserviamo infine che visto che quello che si calcola è sempre una variazione di Energia
potenziale, c’è una certa arbitrarietà nella scelta dello zero per la funzione Energia potenziale; nulla
cambierebbe nei risultati se lo zero della energia potenziale gravitazionale (qua coincidente con lo
zero dell’asse Y) venisse messo al suolo o all’altezza iniziale del piano inclinato.
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