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PIÙ VERITÀ, MENO
MAESTRI
Attorno a Mauro Bonazzi,
Con gli occhi dei Greci
Roma, Carocci, 2016
Il capitolo intitolato Tradimenti del libro
Con gli occhi dei Greci di Mauro Bonazzi
(Roma, Carocci, 2016), si apre con il
confronto fra tre dei più celebri filosofi e
maestri della scuola di Atene: Socrate,
Platone ed Aristotele; l’uno maestro e
traditore dell’altro.
Socrate (Atene, 470 a.C./469 a.C.–
399 a.C.) è stato un filosofo greco, che ci
è sempre stato solo narrato, e del quale
conosciamo il pensiero attraverso le
testimonianze indirette tramandate dai
discepoli. Grazie a questi ultimi, sappiamo
che era un tipico cittadino ateniese,
parlava volentieri di politica e amava
discutere con la gente nella piazza della
città; era un maestro esclusivo nella
scuola di Atene e il suo fine era quello
trasmettere i suoi principi ai suoi
discepoli: egli credeva che lo scopo
dell’esistenza fosse ricercare la verità
nella realtà. Nel 399 a. C. viene
ingiustamente condannato a morte
accusato di empietà e di corruzione dei
suoi allievi.
Platone (Atene, 428/427 a.C. –348/347
a.C.) fu discepolo e ‘traditore’ di Socrate.
Era un giovane aristocratico, per il quale
l’impegno politico era inizialmente
l’orientamento naturale, facilitato
dall’ambiente familiare. Platone, destinato
alla politica, diventò filosofo proprio
grazie a Socrate. Egli ipotizzava un
mondo perfetto, irrealizzabile. Per Platone
la filosofia è la soluzione ai mali
dell’umanità, la felicità si realizza nelle
verità, altrove, perché noi umani non
siamo esseri mortali, ma divini.
Aristotele (384 a.C. /323 a.C.) fu a
sua volta allievo e ‘traditore’ di Platone,
con il quale ebbe sempre un rapporto
conflittuale. Era un giovane macedone,
un vero provinciale e il più bravo tra gli
allievi; veniva infatti chiamato “la Mente”.
La sua profonda intuizione era il suo
punto di forza insieme al suo
caratteristico realismo. Criticava infatti
l’eccessivo “ottimismo” del maestro e
credeva nella concretezza delle cose.
Argomento centrale del testo di
Bonazzi è la filosofia, ovvero la capacità
di cercare domande e provare a darsi
delle risposte. «Non fuggire dalla realtà
ma imparare a meravigliarsi per la su
infinita ricchezza»: questo è
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l’insegnamento che venne tramandato da
Socrate a Platone, che a sua volta lo
impartì ad Aristotele. Un elemento
comune, un lascito dei maestri. Il
pensiero si tramanda, viene messo in
discussione dai discepoli, senza mai
completamente rinnegare i propri
insegnanti.
dei propri maestri non ci si libera mai
totalmente. Qualcosa rimane sempre,
anche se inconsapevolmente, come in
Aristotele è rimasto un po’ di Platone.
Contributo:
Hilla Dragushansky, Flavia Rinaldi (classe
I N, L. Cl. Virgilio, Roma)
«Quando si tratta della verità
bisogna lasciare da parte gli aspetti
personali» -Aristotele contro Platone-.
Nell’ Etica Nicomachea di Aristotele,
opera che segna il distacco tra lui e il suo
maestro Platone e che è considerata il
libro del tradimento perfetto, Aristotele
comincia contraddicendo il maestro, per
poi però sorprendentemente concludere
confermando alcune delle teorie di
Platone.
Aristotele conferma la propria
autonomia rispetto a Platone, mette in
discussione ogni sua teoria però alla fine
arriva ad una conclusione simile a quella
del maestro. Nell’Etica Nicomachea
inizialmente Aristotele afferma che la
politica umana ha bisogno di
ragionamenti concreti: pensiero
completamente opposto a quello di
Platone, il quale crede che la filosofia,
quindi l’aspetto più umano di ogni cosa,
sia più importante della politica. Infine
Aristotele conclude dicendo che la felicità
deve essere cercata nella conoscenza
delle verità ultime e non nella politica. Si
contraddice da solo, dà ragione a Platone
pur di non abbandonare la filosofia.
Non è vero che «i Tradimenti sono
il sale della vita»: il tradimento tra il
maestro e il discepolo, la lotta fra vecchio
e nuovo, in realtà non ha senso visto che
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