Infezione da virus dell’epatite B ed epatocarcinoma L’infezione cronica da HBV è uno dei principali fattori di rischio per lo sviluppo di epatocarcinoma (HCC). Su scala mondiale, si stima un’incidenza tra 500.000 e 1.000.000 di casi di HCC l’anno, di cui oltre il 50% associati anche ad infezione HBV. Il coinvolgimento dell’HBV nell’induzione di HCC è sostenuto da studi epidemiologici e virologici nonché dall’evidenza che virus strettamente correlati all’HBV (WHV, GSHV) inducono carcinoma epatico nel loro ospite naturale. Gli studi epidemiologici hanno mostrato che in caso di infezione cronica HBV il rischio di HCC è almeno 100 volte superiore che in assenza di infezione; esiste inoltre una evidente correlazione geografica tra prevalenza di infezione HBV ed incidenza di HCC. Lo sviluppo di HCC è un processo multistep a lenta evoluzione: la neoplasia compare dopo un periodo di 15-30 anni di infezione cronica, generalmente, ma non necessariamente, in fegati cirrotici, evidenziando l’importanza di meccanismi in cui il virus ha un ruolo indiretto, quale agente promotore di infiammazione cronica immuno-mediata e rigenerazione epatica. Tuttavia molteplici evidenze sperimentali hanno portato all’opinione che anche meccanismi diretti contribuiscano al processo di carcinogenesi epatica da HBV. A sostegno dell’importanza di tali meccanismi (azione di proteine virali e integrazione di DNA virale nel genoma cellulare) c’è l’evidenza di casi di HCC indotto in presenza di infezione da HBV e sviluppatosi in assenza di infiammazione epatica e cirrosi. Per quanto riguarda l’integrazione di HBV, nel passato l’apparente assenza di siti ricorrenti e il raro rilevamento di geni presso il sito d’inserzione hanno portato al concetto di mutagenesi inserzionale come meccanismo raro nella carcinogenesi epatica da HBV. Tale concetto è stato recentemente rivisto, poiché è stato accertato che geni cellulari sono presenti presso il sito d’integrazione di HBV in circa il 70% di HCCs e che siti ricorrenti d’integrazione esistono anche per HBV.