EPATITE CRONICA DA HBV: STORIA NATURALE
Giuseppe Pastore
Clinica Malattie Infettive – Università degli Studi di Bari
Sebbene, in questi ultimi 15-20 anni, i casi di infezione da HBV siano
sensibilmente diminuiti, l’epatite cronica da HBV è ancora una malattia diffusa anche
nel nostro Paese e costituisce una delle cause di cirrosi e di epatocarcinoma.
Dopo l’esposizione, il rischio di sviluppare una infezione ed una epatite cronica
da HBV è correlato all’epoca del contagio, risultando estremamente elevato nel caso di
trasmissione materno-fetale dell’infezione, ad un rischio valutato dell’1-5% per una
infezione contratta nell’adolescenza o nell’età adulta.
Come è noto, l’HBV non è un virus citopatico diretto, per cui il danno epatico
virus-indotto è immunologicamente mediato. Ne consegue che la storia naturale e
l’evoluzione della epatite cronica da HBV, oltre che dall’attività replicativa del virus e
dall’eventuale sviluppo di mutanti virali, dipende dall’efficacia della risposta
immunologia dell’ospite; diversa, se l’infezione è sostenuta dal ceppo selvaggio (epatite
cronica HBeAg positiva) o da ceppi mutanti (epatite cronica anti-HBe positiva) ovvero
dalla mediazione operata dalla risposta T cellulare specifica nei confronti degli antigeni
virali, requisito indispensabile per la eliminazione del virus dalle cellule che lo
contengono.
L’infezione e la malattia epatica sostenute dal virus selvaggio, specie se il
contagio è avvenuto alla nascita o nei primi anni di vita, si sviluppano in una prima fase,
definita di “immunotolleranza” (in genere prima dei 20 anni di età), caratterizzata, oltre
che dalla presenza di HBeAg in circolo, da alti livelli sierici di HBV-DNA, mentre
1
generalmente l’attività istologica epatica risulta minima o lieve e gli indici di citonecrosi
normali o lievemente alterati.
A questa fase, che può durare anni, segue una seconda fase, che si manifesta con
un aumento, anche notevole, degli indici di citolisi come espressione di una
esacerbazione della necroinfiammazione epatica, che si alterna spesso a periodi di
remissione,
dove
l’HBeAg
può
risultare negativo
sino
ad
una
eventuale
sieroconversione da HBeAg ad anti-HBe. A questa fase, che viene definita di
“immunoeliminazione”, corrispondono altrettanti tentativi dell’organismo di contrastare
la replica del virus e di favorire la sua eliminazione.
Qualora la fase di immunoeliminazione non evolve favorevolmente ovvero con
la cessazione definitiva della replica virale e la completa eliminazione degli epatociti
contenenti il virus in replicazione , la necroinfiammazione epatica rimane costantemente
attiva, producendo un danno progressivamente più severo al fegato, sino alla evoluzione
in cirrosi. Si calcola che, ogni anno, circa il 2% dei pazienti con questa forma di epatite
cronica sviluppa cirrosi e che, con la stessa frequenza, il cirrotico può sviluppare
epatocarcinoma.
Questo tipo di evoluzione coinvolge circa il 20-25% dei portatori cronici
HBsAg/HBeAg positivi, mentre, nei rimanenti casi, la fase di immunoeliminazione può
concludersi con la sieroconversione definitiva per anti-HBe e la completa cessazione
della replica virale, associata a spegnimento della citonecrosi e dell’attività
necroinfiammatoria epatica. Il paziente rimane portatore asintomatico di HBsAg con
replica virale notevolmente o completamente soppressa, con possibile scomparsa di
HBsAg dal siero.
2
In questi casi, sebbene l’eventualità che la malattia epatica possa evolvere in
cirrosi ed eventualmente in HCC sia ritenuta estremamente bassa (0,1-0,8%/anno), è
possibile una ripresa della replica virale spontanea (molto raramente) ovvero per una
sopravvenuta condizione di immunodeficit o in seguito a chemioterapia.
L’infezione da HBV contratta nell’età adulta mostra una storia naturale ed una
evoluzione diversa dall’infezione acquisita alla nascita. In questi casi generalmente
manca la fase di tolleranza, per cui la risposta immunologica dell’organismo diventa più
vigorosa e continua, producendo frequenti episodi di esacerbazione del processo epatico
nel tentativo di eliminare gli epatociti infetti. In queste circostanze risulta frequente che
l’HBV, sottoposto ad una vigorosa pressione immunologica, sviluppi mutazioni del suo
genoma (regione pre-core/core), fenotipicamente contraddistinte dalla mancata codifica
dell’HBeAg. In questi pazienti, nei quali l’infezione può essere sostenuta
prevalentemente o esclusivamente da ceppi di HBV mutanti, si assiste alla
sieroconversione da HBeAg ad anti-HBe, con persistente o intermittente replicazione
dell’HBV, rilevabile dalla presenza di livelli dosabili di HBV-DNA sierico.
L’infezione e l’epatite cronica da ceppi mutanti dell’HBV, che attualmente
costituiscono la maggioranza della patologia epatica cronica da HBV, hanno un decorso
ed una evoluzione spesso severi, contraddistinti da una persistente viremia e
necroinfiammazione epatica ovvero da un andamento recidivante della viremia e della
citolisi epatica, intervallato anche da periodi di remissione. In circa il 20% di questi
soggetti, l’evoluzione in cirrosi può svilupparsi anche nell’arco di pochi anni.
3