L'Ultimo Wittgenstein e il Campo Freudiano Roma 19 e 20 novembre 2004 Forum Austriaco di Roma JACOPA STINCHELLI Per un'introduzione ... was jenseits der Grenze liegt, wird einfach Unsinn sein (ciò che si trova aldilà del confine, sarà solo follia - Wittgenstein) Thomas Bernhard nel 1971 parlava della difficoltà di scrivere sulla filosofia, soprattutto sulla poesia di Wittgenstein. Non si trattava di parlare di un filosofo ma di una mente, di un cervello filosofico, o meglio, di un cervello poetico. E ciò non si poteva fare. La domanda non era scrivere di Wittgenstein. Era: diventare Wittgenstein per un attimo senza distruggere lui (Wittgenstein) o se stesso (Thomas Bernhard). E a questa domanda lui non poteva rispondere. Wittgenstein, così Bernhard, è una domanda a cui non c'è risposta. Quindi Bernhard non avrebbe scritto su Wittgenstein perché non ne era capace, ma perché non era in grado di rispondere alla sua domanda. (In Ver Sacrum, risposta a Hilde Spiel, 1971) Se non si può diventare Wittgenstein senza rischiare di distruggere lui o se stessi, si può si deve inventarlo. Si deve trovare una chiave d'accesso tra le molte a disposizione nelle migliaia di pagine del suo Nachlass e nelle migliaia di pagine dei suoi esegeti e commentatori. Già questa è un'impresa, come sanno tutti coloro che si sono cimentati con essa, scontando -come sempre- la verità che ‘il meglio non si dice o non può essere detto’, come anche il tutto, anche perché la metà, dice Wittgenstein, è più del tutto. E il desiderio è un resto che continua a pulsare. Ma c'è dell'interpretazione perché c'è dell'inconscio. Il soggetto è strutturato a partire da un non sapere, in questo senso sapere e credere non si equivalgono, credere è possibile per via di un non sapere. La riflessione sulla filosofia e sulla ricerca di Wittgenstein da parte del campo freudiano, così, si presenta tutt'altro che conclusa. Tuttavia non si può non considerare l'aspetto dell'ambivalenza di Wittgenstein nei confronti della psicoanalisi di Freud, non c'era inconscio secondo lui, questa solo è già una traccia notevole per i lavori del nostro convegno. Lo studio del Nachlass si apre allora come ulteriore possibilità. Farne a meno può significare vietarsi l'accesso a una svolta antimetafisica fondamentale nella storia del pensiero, una svolta che ha mutato le scienze umane, richiamandole a un rigore necessario, monastico, nei pregi e nei difetti. La logica che renderà possibile l'informatica e che aprirà l'epoca della tecnica sono perfettamente comprese in Wittgenstein, e si pensi anche alla linguistica, alle conquiste negli studi filologici, glottologici e dialettologici grazie allo strumento di precisione dell'alfabeto fonetico. Lo stesso Wittegenstein dopo la prima scala, non ne vuole altre, nel 1930: Potrei dire che, se al luogo cui voglio pervenire si potesse salire solo con una scala, abbandonerei il proposito di raggiungerlo.[…] Ciò che è raggiungibile salendo una scala non mi interessa. L'aprirsi del campo freudiano al confronto con un pensiero scomodo e sgusciante come quello di Wittgenstein è una prova necessaria. Prendendo le mosse da Wittgenstein, a partire dal titolo stesso del convegno di studi, si nomina la difficoltà. Wittgenstein non fece mai mistero del fatto che non intendesse con il suo scritto risparmiare ad altri la fatica di pensare. E, come dice Cora Diamond, a proposito del Tractatus, il Tractatus non si rivolge alla nostra ignoranza, non ci vuole insegnare cose che non sappiamo. Freud invece, seppur consapevole della difficoltà della psicoanalisi, non rinunciò alla introduzione alla psicoanalisi attraverso i suoi scritti. Nonostante sapesse che il linguaggio delle nostre percezioni, ritraducendo ogni nuova acquisizione del metodo psicoanalitico, limitava di fatto la portata dirompente di una più precisa approssimazione al reale (das Reale), lo stesso non si avventò mai contro i limiti del linguaggio, non fu rivoluzionario nel suo stile di scrittura. Questo almeno il rimprovero di Wittgenstein: Freud scrive in modo eccellente, e leggerlo è un piacere, ma non è mai grande nel suo modo di scrivere. Grande è invece la battaglia della filosofia contro l'incantamento del nostro pensiero per mezzo del nostro linguaggio. Il pensiero è imprigionato dal linguaggio in abiti che lo frenano e lo appiattiscono. Non può manifestarsi liberamente così paludato. Il linguaggio non solo incanta, depista: Il linguaggio ha pronte per tutti le stesse trappole; l'enorme rete di strade sbagliate ben praticabili. (…) Ovunque si dipartano strade sbagliate, dovrei quindi apporre dei cartelli che aiutino a superare i punti pericolosi, dice Wittegenstein nel 1931. Il vecchio modo di pensare, il punto di stasi va abbandonato, se si vogliono risolvere problemi filosofici. Se non li si vuole risolvere è inutile occuparsene. Se non si vuole mutare la vecchia maniera di pensare (alte Denkweise), la propria posizione che è un punto epistemico, un punto in cui si sta fermi (Standpunkt), il problema si considererà irrisolvibile. Ma questo volere bisogna provarlo con l'azione, non a parole. La mutazione può avvenire soltanto attraverso l'uso consapevole (l'etica) di un linguaggio che non serve alla ripetizione e quindi al perpetuarsi del problema (anche se 'a parole', nell'intenzione, lo si vuole risolvere), bensì al suo superamento. Superamento che il linguaggio propizia inventandosi, uscendo fuori dal precostituito e trovando lo stile, il proprio. Nasce il soggetto. A me non interessa innalzare un edificio, ma piuttosto vedere dinanzi a me le fondamenta degli edifici possibili. Il mio scopo quindi è diverso da quello dell'uomo di scienza, e il movimento del mio pensiero diverso dal suo. […] dove debbo tendere davvero, là devo in realtà già essere. (Pensieri Diversi, 1930 e cfr. L. Perissinotto 1997) Nel paragrafo 6.5 del Tractatus com'è noto non c'è enigma (Rätsel), a ogni domanda c'è risposta, e se c'è la risposta ci deve essere anche la domanda. Così risolve la scienza. Ma quando si parla dei Lebensprobleme (problemi della vita che persistono intatti, anche quando a tutte le domande della scienza sia stata data una risposta) di cosa si sta parlando? Di problemi che non si risolvono con il linguaggio logico o pseudo-logico, con la domanda e la risposta. Quando si risolvono, si risolvono da soli, sparendo. Dalla presenza, dalla mostra che di sé danno, passano e si dissolvono, come fantasmi. Cambia la struttura che li rendeva possibili. I problemi della vita soggettiva come fantasmi. Sono anche questi problemi filosofici? Un'ottima domanda wittgensteiniana. [6.521] La soluzione al problema della vita si nota nel momento in cui questo problema svanisce. [6.622] C'è comunque dell'Inesprimibile. Ciò si mostra, è il Mistico. In Wittgenstein il problema si presenta allora come problema scientifico, filosofico e vitale (Lebensproblem). Il risolversi dei problemi è una necessità vitale, inarrestabile, la ricerca è infinita, la soluzione è la fine del problema. Ma è poco rispetto a tutto quello che segue, che c'è aldilà del confine: l'Unsinn ( il non-senso, la follia). Non a caso molti si tengono aldiqua. Non a caso l'indagine, la Untersuchung di Wittgenstein vorrebbe arrestarsi, ma non si arresta, deve sopravvivere nell'Unsinn, il sopravvivere fisico sì, è per puro caso. Il paradosso che il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente quello di Nulla dire se non ciò che può dirsi.[…] dunque, qualcosa che con la filosofia nulla ha a che fare […] esso sarebbe l'unico metodo corretto. Nel 1931 Il lavoro filosofico è propriamente-come spesso in architettura- piuttosto un lavoro su se stessi. Sul proprio modo di vedere. Su come si vedono le cose. (E su che cosa si pretende da esse). (Pensieri Diversi e cfr. Perissinotto 1997) La soluzione di compromesso è quella di non pubblicare più. Non tacere del tutto, ma nemmeno pubblicare, e lasciare un Nachlass labirintico e immenso con tanti fili d'arianna che, diversamente, promettono il Minotauro e l'uscita ai loro eredi. Ma il reperimento del Minotauro, del segreto biografico di Wittgenstein, potrebbe essere poco probabile, o almeno non tanto, quanto il non reperimento di alcunché, se non della domanda senza risposta rappresentata dalla mente filosofica di Wittgenstein. Se l'opera degli ultimi mesi, Über Gewissheit-On certainty, racchiude il segreto filosofico di Wittgenstein, il testamento del suo pensiero vale a dire, per raccoglierne compiutamente l'eredità i documenti del Nachlass sono strumenti imprescindibili. E si può rintracciare nel primo, nell'ultimo e nel Wittgenstein di mezzo, una progressione del suo problema, della sua esplorazione in un luogo allo stesso tempo heimlich e unheimlich, familiare e selvaggio, conosciutissimo eppure segreto (geheim), il luogo della sua filosofia e della sua soggettività intermittente. Per comprendere meglio la trama densissima de "l'ultimo Wittgenstein". Non tanto nel desiderio di farla finita con lui, di de-finirlo, sebbene consapevoli della plausibilità di questo desiderio (lo stesso che lui aveva nei confronti di Freud), ma nella consapevolezza dell'emergenza documentaria. Da alcuni anni il suo Nachlass è consultabile pubblicamente (in Italia, per ora a quanto ci risulta, a Milano e a Bologna) nella Bergen Edition (anche in formato elettronico), un'edizione che rende più facile la ricerca dei frammenti e delle annotazioni relative a Freud, per esempio, o a eventuali testi onirici, rimasti ancora inediti. Ne Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci, Freud, a proposito del compito che sempre si rinnova nel biografo alla ricerca di una traccia documentaria che permetta l'accesso ai contenuti latenti del suo oggetto d'amore e d'indagine, dice che Se tale impresa non dà risultati sicuri, la colpa non sta nella metodica errata o inadeguata della psicoanalisi, ma nella incertezza e lacunosità del materiale che la tradizione fornisce su questa persona. Tanto più che Wittgenstein, a differenza di Leonardo del quale Freud si stupiva per il fatto che la sua urgenza di sapere era rimasta diretta al mondo esterno, mentre qualcosa lo teneva lontano dall'esplorazione della vita psichica umana, non ha fatto mistero del suo interesse per il Seelenleben (la vita psichica cioè, basti pensare alle sue Note al Ramo D'oro di Frazer) non cessando tuttavia di considerarlo un problema filosofico. Per il segreto biografico, che sempre è nella mira del sapere psicoanalitico, le cose sono più complesse. Si possono solo mostrare, accennare, intuire, sempre tuttavia alla ricerca di lapsus nel materiale documentario via via a disposizione, che facciano sorgere Geschichte (storia) del soggetto. Come un miraggio. In questo senso la psicoanalisi freudiana è avvantaggiata rispetto alla filosofia di Wittgenstein: se la sua filosofia non scopre nulla, la psicoanalisi è più promettente in questo senso. copyright Jacopa Stinchelli, Roma novembre 2004