Lezione 15' Reti sociali e salute Mi fa piacere che questo corso finisca trattando il tema delle reti sociali e della salute. Anche perché, se non si riconoscesse l'importanza del modo in cui la società è strutturata e dei legami che tengono unite le sue componenti, non avrebbe senso parlare di politiche territoriali dei servizi sanitari e sociali. La politica nasce, infatti, per dare forma alla società e favorire legami di amicizia e di pace tra le persone. Solo in questo modo può promuovere un autentico benessere nella popolazione, da un punto di vista sanitario e sociale. E' quindi l'occasione giusta per ribadire alcuni concetti fondamentali ed entrare più in profondità su questi argomenti. Adottare una prospettiva di rete significa, infatti, leggere e interpretare il mondo in modo nuovo, a tutti i livelli del reale, dal piano biochimico a quello ecosistemico. 1) Prima di tutto, l'essere umano va considerato come una persona, non come un individuo. Parlare dell'essere umano in una prospettiva personalistica significa riconoscere la sua natura intrinsecamente relazionale. L'uomo, infatti, nasce da una relazione, si sviluppa e diventa quello che è grazie alle molteplici interazioni coi suoi simili e con l'ambiente che lo circonda: l'ambiente nelle sue componenti socio-economiche, culturali, biologiche, fisico-chimiche. Siamo quindi lontani da una concezione individualistica che vede l'essere umano come un'entità separata da tutti gli altri. L'uomo non è né un'isola priva di porti, ponti e relazioni, né un monolite, assolutamente omogeneo al suo interno, chiuso in sé stesso e nelle sue certezze. In realtà, l'essere umano, oltre che essere costitutivamente relazionale, è anche riconoscibile come una confederazione di anime diverse, in dialogo tra loro. Anche grazie a questo dialogo interiore egli può perfezionarsi. Nel dialogo intimo della coscienza, le reazioni più immediate e stereotipate agli stimoli esterni possono venire inibite per approfondire la riflessione. Quanto più il dibattito interno è intenso, tanto più ricchi e fecondi risultano i pensieri che vengono elaborati. Aumenta, così, la capacità personale di comprensione che facilita l'apertura al rapporto con gli altri. 2) La concezione personalistica dell'essere umano va considerata anche come un grande contributo della scienza. Si è trascurato troppo a lungo il fatto che questo modo di intendere l'uomo non è solo appannaggio di qualche importante corrente filosofica o fede religiosa, ma è anche il frutto dei maggiori traguardi scientifici raggiunti nell'ambito della genetica e delle neuroscienze. La genetica, infatti, ci ha oggi permesso di comprendere come il ruolo del patrimonio genetico, preso isolatamente, assuma un peso minore rispetto a quanto si ritenesse in passato. Lo sviluppo dell'essere umano è fortemente condizionato da una continua interazione tra il patrimonio genetico e l'ambiente socio-cuturale e fisico in cui si svolge il corso di vita delle persone. Più specificamente, nell'ambito delle neuroscienze, la stessa cosa si può dire per lo sviluppo della mente che è, a sua volta, il risultato di una molteplicità di interazioni tra patrimonio genetico e ambiente, inteso in senso lato. La mente, infatti, è “una proprietà emergente che nasce dalle interazioni del cervello con il resto del corpo e con tutti gli stimoli che provengono dall'ambiente esterno”. Il suo schema organizzativo di base è geneticamente predeterminato, ma il risultato dello sviluppo mentale, fin dalla gravidanza, è condizionato dalla quantità e qualità delle interazioni che accompagnano la sua storia esistenziale: dall'amore che si riceve ai processi educativi cui si viene esposti, al cibo che si mangia, all'aria che si respira... Per comprendere meglio come la scienza ci insegna a pensare in termini di persone e di reti, accennerò brevemente alla natura del patrimonio genetico e alle sue interazioni. Geni, genoma ed epigenetica La scoperta dei geni è avvenuta prima di quella del genoma. Forse anche per questo abbiamo in un primo tempo sopravvalutato il ruolo dei geni e confuso il concetto di genoma. Per evitare fraintendimenti bisogna ricordare, prima di tutto, che i geni non agiscono direttamente, ma tramite la codifica della produzione delle proteine, sottoposta, a sua volta, a molteplici interazioni. Il genoma, poi, non è semplicemente l'insieme dei geni presenti all'interno di ogni cellula dell'organismo. Esso è "l'insieme delle istruzioni biologiche necessarie e sufficienti per far nascere, sviluppare e, al momento opportuno, riprodurre un organismo vivente". I geni veri e propri occupano solo circa il 3% della sequenza del genoma. Una regione molte volte più vasta è necessaria per la corretta attivazione di questi geni. Per il resto il Dna sembra non servire a nulla, tanto che è stato definito "spazzatura". Invece, l'aspetto più interessante del genoma non è costituito dai geni veri e propri, ma dalla regolazione della loro azione che è opera della porzione di Dna che non contiene geni. Se guardiamo ai geni che codificano proteine, il nostro Dna è sovrapponibile per il 99% a quello dello scimpanzé. Non sono le proteine a essere diverse nelle 2 specie, ma il loro assembramento, dovuto a differenti meccanismi regolatori. Il genoma, oltre a far dividere e moltiplicare lo zigote (cellula uovo fecondata dallo spermatozoo) provoca anche: - la differenziazione cellulare per cui alcune linee cellulari diventano tessuti del cuore, cellule cerebrali, del sangue, del fegato ecc...; - la morfogenesi per cui ogni cellula si posiziona in un luogo conforme alla sua differenziazione e contribuisce a dare una certa forma alla struttura che compone. Il genoma, quindi, ordina cosa diventare e come posizionarsi. E' un insieme ordinato di programmi specifici che si susseguono dinamicamente nel tempo e nel modo dovuto. E' un programma di accensione e spegnimento selettivi di specifici geni. All'inizio del tutto, il programma di attivazione di tali geni è di natura puramente genetica, quasi automatico. Poi la situazione cambia, e il genoma viene influenzato dalle interazioni tra le cellule e con l'ambiente circostante. Ogni cellula finisce, così, per controllare l'attività dei geni. Questo processo prende il nome di regolazione genica. Esso stabilisce il "se", il dove" il quando e il quanto della produzione genica. Il programma del genoma agisce, così, in relazione a ciò che accade nel tempo all’interno dell’ambiente di vita. L’insieme delle caratteristiche effettive possedute dalle persone, il cosiddetto “fenotipo”, nasce dall’interazione del genotipo con l’ambiente. L’epigenetica (etimologicamente: sopra la genetica) è una nuova branca della genetica. Essa studia tutte le molteplici segnalazioni che giungono al Dna dal mondo circostante e dalla sua storia più recente, sulla base delle quali il Dna orienta la sua azione controllando l'espressione dei vari geni. Si sa da tempo che i fattori ambientali, come lo stress o l’alimentazione, possono influenzare l’espressività dei geni in un organismo. I geni, infatti, sono sottoposti a un’espressività differenziale per cui possono essere accesi o spenti. In base all’espressività differenziale, molti geni presenti in una cellula sono repressi per la maggior parte o, addirittura, per tutta la vita. Ciò che viceversa rappresenta una scoperta più recente e, in parte, rivoluzionaria, nel campo dell’epigenetica, è data dal fatto che l’espressione dei geni, modificata da fattori ambientali, può essere trasmessa nei discendenti. In questi casi il cambiamento deve interessare le cellule riproduttive, per via della presenza o assenza di molecole che influenzano il funzionamento del Dna. La doppia elica non cambia, ma i geni delle nostre cellule possono accendersi e spegnersi sulla base di caratteristiche acquisite dai genitori in relazione alle loro esposizioni ambientali. Viene, per certi versi, ripresa la teoria di Lamarck sulla ereditarietà dei caratteri acquisiti che solo poco tempo fa procurava scandalo tra gli scienziati. E’ tuttavia importante enfatizzare che la maggior parte dei tratti non è trasmessa per via epigenetica: si tratta solo di eccezioni alla regola. Tutto questo, tuttavia, deve destare una profonda attenzione a come le condizioni di vita non solo influenzano la salute, ma possono trasmettere i loro impatti nelle generazioni successive. Nello stesso tempo, incrementa notevolmente l’interesse per gli studi sui corsi di vita e l’epidemiologia delle malattie croniche. Queste scoperte sono, infatti, coerenti con i risultati degli studi epidemiologici sulle malattie croniche e, in particolare, con gli approcci sui corsi di vita. La malattia cronica, in alcuni casi, può essere interpretata come l'esito tardivo dell'interazione tra le condizioni della madre nell'età dell'adolescenza e l'embrione che si annida e sviluppa nel suo utero. Alla luce di tutto ciò si prospetta, per gli operatori e per i servizi, un ruolo preventivo meglio definito, anche da un punto di vista delle conoscenze scientifiche: quello di influenzare positivamente le traiettorie esistenziali delle persone creando le condizioni affinché nascano e vivano in ambienti privi di stress e favorevoli alla loro salute. E se mai qualcuno imboccasse una traiettoria insidiosa per il suo benessere sanitario e sociale, gli operatori dovrebbero promuovere dei "punti di svolta" per aiutare a riprendere il cammino su una strada più salubre e sicura. 3) Se l'essere umano va considerato come una persona, la società va vista nella sua forma reticolare, come un insieme di persone in relazione tra loro. Va confutata la famosa sentenza di Margaret Tatcher, che ha segnato la storia del neoliberismo, secondo cui non esiste la società, ma esistono solo gli individui. La società non è costituita semplicemente dalla sommatoria dei singoli individui. E' molto di più della somma degli elementi che la compongono poiché le persone che costituiscono la società sono in relazione tra loro e danno, così, luogo a una moltitudine di proprietà emergenti, per tanti versi imprevedibili. 4) Per via dei modi in cui si devono intendere l'essere umano e la società, ha senso, in tema di sanità e salute, tener conto dell'importanza delle relazioni e pensare ad approcci di rete. Secondo questi approcci, il cittadino, sano o malato che sia, è un nodo collegato con altri nodi (persone) da relazioni più o meno intense. Non si tratta, certo, di idee innovative, ma di declinazioni più specifiche provenienti da contributi ormai vecchi di mezzo secolo. Già negli anni 60, infatti, la nascita della teoria generale dei sistemi metteva in evidenza le relazioni che legano le diverse componenti tra loro, i differenti tipi di struttura che danno forma ai sistemi e li fanno funzionare in un certo modo. Tra gli anni 60 e l'inizio degli anni 70 nasce, poi, l'ecologia, definita come “la scienza che studia i rapporti degli organismi tra loro e con l'ambiente fisico, chimico e biologico in cui si svolge la loro vita”. Essa può riguardare diversi livelli di organizzazione (dall'ecosistema a una popolazione specifica a un sottoinsieme al suo interno) e diversi tipi di interazione degli organismi viventi (es. flussi di energia, di informazioni, di materia...) 5) La promozione della salute, la prevenzione e la cura delle malattie non vanno viste, perciò, in termini individualistici, ma in termini di rete. a) Per quanto riguarda la promozione della salute e la prevenzione delle malattie, abbiamo ripetuto più volte, nel corso dei nostri incontri, come le disuguaglianze abbiano effetti devastanti sulla coesione sociale. Esse, infatti, corrodono i legami che uniscono le persone, generano e diffondono invidia, ostilità e sfiducia. A un livello macro, in un confronto tra le diverse nazioni dei Paesi più ricchi, le società più sperequate sono disfunzionali poiché hanno effetti distruttivi sulla salute dei cittadini che ne fanno parte. Tanto maggiori sono le sperequazioni, tanto più frequenti sono la mortalità, la depressione, l'ansia, la violenza, la criminalità, l'alcolismo, la tossicodipendenza, l'obesità, l'insuccesso scolastico, le gravidanze tra adolescenti.. Analoghi risultati si ottengono a un livello micro. Diversi studi hanno associato le condizioni di salute dei singoli con la situazione delle loro reti sociali di appartenenza. Nei casi in cui le persone fanno parte di reti sociali strutturalmente più ampie o funzionalmente più connesse (secondo indicatori sia soggettivi che oggettivi) diminuisce la probabilità di ammalare o morire. b) Per quanto riguarda, poi, la cura delle malattie, gli approcci di rete devono tener conto sia della diffusione degli effetti della malattia, nella rete sociale cui il malato appartiene, che della necessità di coinvolgere la rete nell'aiuto da offrire al malato. - In riferimento alla diffusione degli effetti della malattia, la malattia non colpisce solo la persona che ne è affetta, ma, in grado diverso, tutta la rete sociale di cui fa parte il paziente. Vista l'importanza assegnata ai conti economici, l'approccio di rete dovrebbe renderci più consapevoli, tra l'altro, degli impatti economici reali della salute e della malattia sulla società. Le conseguenze sono molto maggiori di quel che siamo soliti calcolare. Se le nostre analisi diventassero più corrette, attribuiremmo maggior valore a una sanità efficace, equa ed efficiente. I calcoli tradizionali dell'economia sanitaria usano mettere in luce i costi economici diretti, quelli indiretti e quelli intangibili. Abbiamo già sottolineato, invece, che i calcoli dell'economia aziendale, in modo riduttivo, tengono conto solo dei costi diretti. I costi economici diretti sono quelli sostenuti dal servizio sanitario nazionale per curare il malato (ricoveri ospedalieri, visite, test diagnostici, esami, farmaci...) I costi indiretti (o sociali) sono quelli che derivano dalla ridotta produzione associata all'assenza dal lavoro durante il periodo di malattia. I costi intangibili sono relativi alla sofferenza, alla perdita di tempo libero, alla diminuzione dell'autonomia... Questi 3 costi vengono in genere quantificati secondo una prospettiva individualistica che occulta completamente i costi relativi agli altri membri della rete familiare e sociale. Invece, anche gli altri nodi della rete possono essere coinvolti negli stessi 3 tipi di costo. Un marito può, ad esempio, andare incontro a una depressione, in seguito alla malattia da cui è colpita la moglie e generare, a sua volta, dei costi diretti, per via delle cure cui si sottopone. Inoltre, può essere costretto a perdere delle giornate di lavoro, a causa della depressione, e dar origine, così, a costi indiretti. A parte, poi, i costi diretti e indiretti, la sua sofferenza per la malattia della moglie, l'abbandono degli eventuali passatempi e l'impoverimento della vita di relazione aggiungono una mole notevole di costi intangibili che deteriorano la qualità della sua esistenza, oltre che quella delle persone con cui è in rapporto. Se, poi, considerassimo le conseguenze sulla vita dei figli e anche solo dei parenti più stretti di questa coppia, avremmo una percezione più chiara dei costi che implica la cattiva salute di una persona per tutta la rete sociale. - Per quanto riguarda il coinvolgimento della rete nell'aiuto, in un'epoca come la nostra, caratterizzata dalla diffusione progressiva delle malattie cronico-degenerative, l'approccio di rete è particolarmente funzionale nell'organizzare l'assistenza al malato. Diventa sempre più importante, infatti, il sostegno dato dai familiari e dagli amici, accanto a quello tipico dei professionisti sanitari. I contesti domiciliari sono diventati il luogo abituale in cui vengono prestate cure e assistenza a questi malati. Le organizzazioni gerarchiche degli ospedali hanno ceduto il posto alle organizzazioni a rete che hanno come luogo di riferimento principale le case dei malati. Ma, prima di soffermarci a riflettere su ciò che implica, per i professionisti, questo diverso approccio, esaminiamo con metodo quello che ci dice oggi la scienza riguardo alla struttura e funzioni delle reti. 6) L'analisi delle reti sociali Alla luce di queste considerazioni diventa importante acquisire qualche strumento di analisi sulla struttura e le funzioni delle reti sociali. Alcune modalità strutturali e funzionali delle reti sociali possono essere interpretate, infatti, come causa e/o conseguenza di buona o cattiva salute. Si sa, ad esempio, che la malattia può comportare una parziale o totale perdita dell'autonomia e condurre a un progressivo isolamento del malato e all'impoverimento della sua rete sociale. In questo caso, il deterioramento della rete sociale è "conseguenza" delle cattive condizioni di salute. Si sa anche che le reti sociali sono capaci di veicolare risorse cui è possibile accedere per la emancipazione, la valorizzazione e la salute di tutte le persone che ne fanno parte. In questo altro caso la rete sociale diventa "causa" delle condizioni di salute delle persone. E' facile intravedere, nel rapporto tra reti sociali e salute, una stretta analogia col rapporto che esiste tra posizione socio-economica e salute. Alle posizioni socio-economiche superiori sono solite corrispondere delle reti sociali più ampie e connesse. Anche per le reti sociali c'è una relazione di ricorsività con le condizioni di salute, per cui le une influenzano le altre, in un circolo che può diventare virtuoso o vizioso, a seconda della qualità delle condizioni di partenza. C'è, inoltre, un'influenza reciproca tra struttura e funzione delle reti. Da un punto di vista strutturale, infatti, una rete poco estesa (di scarsa ampiezza), con poche relazioni (a bassa densità) ha scarsa capacità di funzionare, al contrario di una rete più ampia e connessa. E da un punto di vista funzionale, una rete in cui le relazioni sono ricche per via della qualità dei suoi legami, indipendentemente dal fatto che sia poco estesa, ha la facoltà di allargare il suo raggio d'azione, includendo altri nodi e costruendo altre relazioni. Le reti sociali, quando tendono a crescere, lo fanno in base a legami preferenziali. I singoli nodi aumentano le loro relazioni legandosi ad altri nodi sia in base al numero dei legami che già hanno sia anche in base alla loro "fitness", una capacità attrattiva dovuta alle loro caratteristiche intrinseche. Le reti sono, infatti, regolate dalle cosiddette "leggi di potenza". La crescita avviene, quindi, sulla base di collegamenti preferenziali che privilegiano i nodi che già posseggono le connessioni più numerose (di maggior grado) e sono dotati della miglior "fitness". In conseguenza dell'operato delle leggi di potenza, la distribuzione di frequenza del numero di relazioni dei diversi nodi (definito grado, come diremo più avanti) non corrisponde con una curva gaussiana, a campana, ma con una curva caratterizzata da una lunga coda che scende lentamente verso destra, a significare la presenza di una piccola quota di nodi con grado elevatissimo. I nodi caratterizzati da un elevato numero di legami sono definiti "hub". Sono proprio le leggi di potenza che spiegano, ad esempio, la ragione per cui, nelle nostre società, i ricchi tendono a diventare, in assenza di un'adeguata regolamentazione, sempre più ricchi, aggravando, così, l'entità delle sperequazioni esistenti. In ambito sociale e sanitario le leggi di potenza spiegano, ad esempio, la distribuzione del numero di contatti dei singoli utenti coi servizi sociali o dei singoli malati coi servizi sanitari. Come si possono, allora, analizzare le reti che ci interessa esaminare? Prima di tutto c'è un lessico di cui tener conto, proprio della teoria dei grafi. Teoria dei grafi Nodo linea, arco Rete Linguaggio sociologico attore sociale relazione, legame struttura sociale Definita la corrispondenza dei termini tra teoria sociologica e teoria dei grafi, lo studio delle reti si basa sostanzialmente su 3 tappe: 1) raccolta della matrice dei dati In altri ambiti di studio, la tipica matrice per la raccolta dei dati è rettangolare n x k (dove n rappresenta il numero delle osservazioni e k il numero delle variabili raccolte per ogni unità osservazionale). Nell'analisi di rete, invece, la matrice è tipicamente quadrata (n x n, dove n è in numero dei nodi presenti nella rete). Il dato di ogni cella alla intersezione tra le righe e le colonne della matrice rappresenta l'esistenza o meno di una relazione tra 2 attori (1 se esiste, 0 se non esiste). In ambito sanitario e sociale, le reti di peculiare interesse sono quelle "egocentrate" che legano un determinato attore ad altri nodi per vari tipi di relazione (di supporto, affettive..) Immaginiamo, ad esempio, che A sia il nome di un malato in condizioni di parziale autonomia e in rapporto con la moglie (B), un amico intimo (C) e la sorella (D). La moglie e la sorella non si parlano per via di antichi rancori mai sopiti. L'amico intimo ha un rapporto esclusivo con lui, conosce la moglie e la sorella solo di vista. La matrice seguente è la rappresentazione formale della situazione che è stata descritta. A B C D A 1 1 1 B 1 0 0 C 1 0 0 D 1 0 0 - Somma 3 1 1 1 2) Visualizzazione grafica della rete. Il primo grafico è la rappresentazione visiva della rete di cui abbiamo parlato. Possiamo, ora, immaginare che il malato, sentendo svanire le proprie forze, si impegni per il riavvicinamento delle persone che lo circondano e riesca in questo suo tentativo. I nodi, a questo punto, possono diventare tutti collegati tra loro. La prima rete, quella descritta, si trasforma, perciò, nella rete successiva che è definita "completa" perché tutti i nodi sono connessi tra loro. Prima rete Rete successiva B C D C B D A A 3) Analisi descrittiva delle proprietà della rete riguardo a: a) caratteristiche della rete complessiva - ampiezza della rete è data dal numero dei nodi che la compongono. L'ampiezza delle 2 reti è di 4 nodi - densità della rete = legami osservati / legami potenziali legami potenziali = (numero nodi) x (numero nodi -1)/2 in caso di relazioni biunivoche La densità della prima rete è 0,5; della seconda è 1. Nelle reti complete, quando ogni nodo è collegato con tutti gli altri, la densità è 1 b) Proprietà dei sottogruppi all'interno della rete complessiva: es. ampiezza, densità di un sottogruppo. Il sottogruppo è gerarchico quando uno o pochi nodi hanno un "grado" molto superiore rispetto agli altri. In caso contrario il sottogruppo ha una struttura piatta. c) la posizione degli attori (grado, centralità, ad esempio "betweeness") Grado è una proprietà del nodo: il numero delle relazioni che il nodo possiede a distanza (o separazione) 1. Nella prima rete, A è un nodo di grado = 3, B,C,D hanno tutti grado= 1. Betweeness è una proprietà tale da consentire o impedire il flusso verso altri nodi della rete. Il nodo A, ad esempio, possiede questa proprietà poiché è l'unico che consente il flusso verso B, C e D. Si definiscono "hub" nodi con numerosi legami diretti ad ampio raggio: sono tessitori di relazioni, hanno una funzione di interconnessione della rete. Quanto più la rete è interconnessa, tanto minore è il grado di separazione media tra 2 nodi scelti a caso nella rete stessa. Ma la probabilità che 2 nodi scelti a caso possano entrare in contatto direttamente o indirettamente è anche legata alla qualità dei vari legami, alla ricchezza e intensità delle loro relazioni. Perciò lo studio delle reti non può essere solo quantitativo, ma deve arricchirsi di un approfondimento qualitativo. A questo proposito, occorre, per esempio, riflettere sulla natura della relazione esistente tra 2 nodi diversi. Si tratta di una relazione di scambio (basata sul potere contrattuale), di reciprocità o di dono? Inoltre, per ogni nodo si possono raccogliere dei dati "attributo" tipo il sesso, la data di nascita, la posizione sociale, la professione, atteggiamenti, preferenze.... Queste caratteristiche possono essere valutate nel loro grado di affinità in relazione a quelle di un attore specifico, ad esempio, del malato di cui si vuole studiare la rete sociale. La forza della relazione che lega il malato agli altri attori dipende dalle affinità di interessi, dalle consonanze emotive, dalla durata e periodicità della frequentazione. La relazione, per essere tale, deve comunque basarsi su flussi reali (di informazioni, beni materiali, immateriali, supporto reciproco...) che la qualificano come forte o debole, a seconda della natura ed entità dei flussi. 7) Professioni di aiuto e prospettiva di rete La prospettiva di rete viene adottata quando l'operatore riconosce l'importanza della trama che connette i vari attori e vuole puntare sulle relazioni sia per gestire i problemi che per dare un maggior senso all'esistenza di tutti. Con questa consapevolezza l'operatore può proporsi 2 obbiettivi: - fare un lavoro "in" rete (diventare lui stesso un nodo della rete che si costruisce) e - praticare un lavoro "di" rete, ossia di guida basata sul coordinamento, sulla direzione da dare e sullo sviluppo, inteso come crescita della consapevolezza degli attori, della qualità dei loro legami ed, eventualmente, dell'ampiezza della rete, adeguatamente estesa e connessa. Facendo un lavoro di rete l'operatore diventa un nodo speciale della rete che contribuisce a costruire: diventa un “hub”, ossia un nodo con molteplici legami, un tessitore di relazioni capace di aumentare l'ampiezza e la densità della rete. Egli deve decidere, insieme con le altre persone della rete di aiuto, se tentare di coinvolgere altri attori. Deve anche decidere su che tipo di relazioni investire (professionali, di reciprocità, di gratuità...) Il suo impegno è gravato da un difficile equilibrio, ai margini di un crinale sottile che, da una parte, può far scivolare nell'esproprio (delle responsabilità degli altri, accentrando tutto su di sé) e, dall'altra, nella delega (quando si fugge dalle proprie responsabilità e ci si ritrae, delegando troppo ad altri). L'esito dell'azione di una rete in cui l'operatore ha assunto un ruolo di guida non dipende solo dalla struttura e dalle relazioni che la caratterizzano, ma anche dalla difficoltà dei compiti. La rete informale, infatti, non può essere investita di compiti troppo tecnici o difficoltosi. L'operatore di rete può retroagire sugli altri attori (feed-back) rinforzando atteggiamenti e comportamenti se la rete fa bene (favorisce così l'apprendimento) oppure stimolando una "potenzialità" per svilupparla in una certa direzione. Il feed-back è un accorto dosaggio di stimoli e rinforzi. Esso assume spesso le modalità della "riformulazione", elaborata sulla base dei discorsi fatti dai vari attori, nella forma di un rinforzo rispetto a quanto è stato detto o di uno stimolo verso l'approfondimento. Lo stimolo può orientare la rete rispetto a possibili piste da esplorare su uno stesso livello logico oppure favorire l'approfondimento su un ulteriore livello, passando, ad esempio, dal livello dei giudizi di fatto al livello dei significati connessi coi fatti e dei giudizi di valore o, infine, agli intrecci di questi significati con le storie particolari delle persone coinvolte che contribuiscono a rendere comprensibile l'espressione dei giudizi di valore (personalizzazione). Conclusione Giunti al termine di questo corso, credo si possa condividere come la politica possa fare molto per la salute: prima di tutto per prevenire le malattie, fondamentalmente tramite la costruzione di società meno sperequate. Si possono riorientare le finalità della politica. Non si deve rincorrere tanto un irrealistico e rischioso progressivo incremento del Pil, ma soprattutto una sua distribuzione più equa. Lo sviluppo su cui puntare riguarda una crescita dell'equilibrio per migliorare la coesione sociale e la fiducia. Si può evitare la corrosione dei legami che uniscono le persone, l'ostilità e la sfiducia generate dalla disuguaglianza. La politica può fare molto anche per migliorare la qualità della vita di chi si ammala. Pensare alla società in una prospettiva reticolare ci aiuta a interpretare l'impatto della salute e della malattia in modi nuovi e più veritieri. La malattia non colpisce solo il singolo paziente, ma anche la rete delle persone che gli sono più vicine La prospettiva reticolare ci consente, inoltre,di valorizzare le reti sociali che si sono costruite per aumentare la capacità di auto-controllo dei malati sulle loro vite, anche in condizioni di menomazione. Infatti, l'assistenza dei malati nelle loro case e l'organizzazione a rete riassegnano ai malati cronici, soprattutto nelle fasi terminali dell'esistenza, la dignità e l'autonomia di cui devono restare titolari fino all'ultimo. Sono molte le ragioni per cui dobbiamo riprendere a interessarci seriamente del bene comune. In questa epoca così buia per la politica, i problemi della sanità e della salute fanno appello alla sensibilità di tutti affinché le politiche sanitarie e sociali possano risollevarsi fino a raggiungere l'altezza richiesta dal loro ruolo. Lo scopo non è fare l’interesse dei potenti, come è tradizionalmente avvenuto, ma migliorare il più possibile la salute e la qualità della vita di tutta la popolazione, a incominciare da chi sta peggio.