DIGNITA’ PERSONALE E DIRITTO MODERNO Il diritto moderno si fonda sul riconoscimento della dignità personale Ma che significa dignità ed in che modo fonda l’esistenza di diritti fondamentali? Dignità come valore morale a) 1. IMMANUEL KANT (Fondazione della Metafisica dei Costumi). Nella concezione kantiana – la dignità umana è essenzialmente un concetto morale. Nella massima di non trattare mai gli uomini come mezzi ma sempre come fini vi è implicita l’idea che certi valori fondamentali non sono negoziabili. L’uomo non può mai essere strumento di qualcos’altro. È fine. La dignità è dunque connessa all’idea di valore: si tratta di un valore intrinseco all’essere umano, in quanto essere capace di darsi leggi morali – e dunque universali. Si legga il seguente passo: “Nel regno dei fini ogni cosa o ha un prezzo o ha una dignità. Ciò che ha un prezzo può essere rimpiazzato da qualcosa di equivalente; ciò che dall’altro lato si innalza su ogni prezzo e dunque non ammette alcun equivalente ha dignità. Ora, la moralità è la condizione per cui soltanto un essere razionale può essere un fine in se stesso. dunque la moralità, e l’umanità in quanto capace di moralità, è ciò che ha dignità” La dignità è dunque valore senza prezzo: si legga questo ulteriore passo della Metafisica dei costumi: “Non essere il lacchè di nessuno. Non consentire che gli altri calpestino impunemente i tuoi diritti. Non contrarre debiti che non puoi onorare con certezza. Non accettare favori di cui puoi fare a meno…. Lamentarsi e piagnucolare, e perfino piangere dal dolore fisico, non è degno di te, specialmente quando sei consapevole di aver meritato questo. Inginocchiarsi e prostarsi per terra, anche per mostrare la tua venerazione per beni celesti, è contrario alla dignità umana…. Per Kant la dignità è valore senza prezzo: il valore assoluto di ogni persona è la base dell’autostima ma anche della consapevolezza che la natura razionale è comune a noi e agli altri. Un esempio recente di questo concetto kantiano di dignità, come di valore non negoziabile, ci è offerto da una pronuncia della Corte Costituzionale tedesca: in seguito agli attacchi dell’11 settembre il parlamento tedesco passò una legge che consentiva alla Luftwaffe di abbattere un aereo in mano ai dirottatori quando era certo che stessero facendo saltare in aria il velivolo. La Corte costituzionale ha ritenuto incostituzionale questa legge sulla base dell’art. 1 della Legge Fondamentale che afferma che la “dignità umana è inviolabile”. Ne consegue che l’abbattimento volontario delle vite di innocenti non è mai consentito a nulla rilevando che quelle vite siano destinate tristemente a cessare in un breve lasso di tempo. E cioè anche quando esse sono per altri motivi spacciate. “La dignità umana esige la medesima protezione costituzionale a prescindere dalla durata dell’esistenza fisica del singolo essere umano”. 2. JAMES GRIFFIN. Sulla stessa scia si pone James Griffin (nel suo On Human Rights, Oxford University Press, 2008): James Griffin sostiene di mutuare il suo concetto di dignità umana da Pico della Mirandola. La dignità dell’uomo risiederebbe nella capacità tutta umana “di essere ciò che desidera”. Questa capacità viene definita: capacità normativa. Talvolta i diritti umani sono strumentali a questa capacità: ad esempio abbiamo diritto ad un minimo di assistenza perché se affamati non siamo in grado di darci delle legge; talaltra i diritti sono invece una conferma della nostra capacità normativa: ad esempio quando ci viene riconosciuto il diritto di compiere una scelta. In tutti i casi, però, la dignità è un concetto morale: è un attributo inerente all’umanità e da cui viene desunto il principio legale dei diritti. 3. DIGNITA’ E RELIGIONE CATTOLICA. La dignità umana risiede nella sacralità della vita. Questo principio si mantiene inalterato anche nelle situazioni limite: quelle dell’embrione o del paziente terminale. Si veda il passo dell’enciclica di Giovanni Paolo II Evangelium Vitae dove si condanna l’opinione che la dignità umana presuppone la capacità di una comunicazione verbale o esplicita: “Sulla base di queste presupposizioni non c’è alcun posto nel mondo per colui che, come il non nato o il morente, è un elemento debole nella struttura sociale, o per chiunque appaia completamente alla mercè di altri e sia radicalmente dipendente da costoro, e non può comunicare se non con un linguaggio silenzioso di profonda condivisione di affetto.” b) DIGNITA’ E LIGNAGGIO O STATUS JEREMY WALDRON contesta l’idea che la DIGNITA’ UMANA sia necessariamente un attributo morale dell’uomo e vi riconnette invece una stretta connessione con i concetti – legali – di lignaggio e status. L’idea di WALDRON – espressa di recente nella TANNER LECTURES del 2009 – è questa: la storia giuridica insegna che il riconoscimento di certi privilegi o di certi diritti va di pari passo al riconoscimento dello status legale o del lignaggio di colui cui tali diritti vengono riconosciuti. Ecco qualche esempio: I Report inglesi sono pieni di esempi: non si poteva procedere nei confronti di un duca o di un barone per i suoi debiti attraverso le vie ordinarie. In altri termini, mentre i cittadini comuni rispondevano dei propri debiti non solo con tutto il loro patrimonio ma anche con il corpo – e potevano dunque essere incarcerati fino a quando non avessero adempiuto – ai nobili erano concessi particolari privilegi. WALDRON ci racconta: nel 1606 la carrozza della contessa di Rutland, Isabella, stava attraverso Londra quando fu assalita da individui che asserivano di essere creditori della contessa. Isabella fu sequestrata e tradotta in detenzione – mentre i creditori dichiararono che l’avrebbero rilasciata solo quando avesse adempiuto ai propri debiti. Lo Star Chamber stabilì che l’arresto era illegittimo in quanto i nobili godono di alcune prerogative tra cui quella del diritto a non essere arrestati per i propri debiti. A questo riguardo citò un’antica massima: “law will have a difference between a lord or a lady, &c. and another common person”. La corte utilizzò i seguenti argomenti: - “vi sono due ragioni per cui una persona non può essere arrestata in casi come questi: una con riguardo alla sua dignità, e l’altra in quanto la legge presume che ella abbia sufficienti proprietà e terre per poter assolvere ai propri debiti. Proprio in ragione a questa presunzione di benessere l’arresto non poteva considerarsi legittimo come se si stesse recuperando il debito contratto da un uomo comune”. Ora, continua Waldron, noi applichiamo questo principio – e cioè il principio secondo cui il debitore risponde solo col proprio patrimonio e non invece con la libertà – a tutti. Questo dimostra una cosa: che la dignità è un concetto legale: e che l’idea di dignità che sta alla base dei nostri testi costituzionali e soprattutto delle carte internazionali deriva dall’estensione AI CITTADINI COMUNI dei privilegi concessi prima solo a certe classi. DIGNITA’ NON è DUNQUE UN CONCETTO MORALE – SEBBENE SIA LEGATO AD UN VALORE MORALE (L’EGUAGLIANZA): DIGNITA’ SIGNIFICA ESTENSIONE AI CITTADINI COMUNI DEI PRIVILEGI SPETTANTI IN BASE AL DIRITTO ANTICO IN BASE AL LIGNAGGIO O ALLO STATUS. I sistemi giuridici moderni hanno abbandonato l’idea di una società divisa in classi o status (liberi e schiavi, nobili e plebei, etc..). i nostri sistemi giuridici moderni prevedono comunemente UN SOLO STATUS. I diritti e i privilegi derivano da questo status – e non sono invece precedenti allo status medesimo. WALDRON distingue fra due grandi categorie di STATUS: quella che lui definisce SORTAL STATUS (approssimativamente – status che si fonda sul tipo umano) e l’altra che definisce CONDITION-STATUS (status che dipende da una condizione, per lo più temporanea e contingente). I nostri ordinamenti prevedono una serie di CONDITION STATUS – di status condizioni: i minori, gli incapaci, il fallito, sposato, divorziato, etc…) mentre hanno superato le distinzioni in STATUS basate su tipizzazioni umane: CONTADINI VS. NOBILI; LIBERI VS. SCHIAVI. Il concetto di dignità nega proprio l’esistenza di distinzioni fondate su STATUS-TIPI UMANI. esso presume che non ci siano differenti tipi umani, a cui vanno accordati diritti diversi, ma che tutta l’umanità appartenga alla stessa medesima specie: che tutti abbiamo il medesimo STATUS. WALDRON aggiunge a questa idea un’altra: che lo STATUS che noi oggi tutti condividiamo è di un tipo particolare: è simile allo status di coloro che fino a qualche tempo fa occupavano i gradini più alti della gerarchia sociale. E’ un po’ come se fossimo tutti conti, baroni, o principi. In sostanza il concetto di dignità umana ha comportato un innalzamento verso l’alto: non più l’aurea mediocritas dei moralisti secenteschi. COME SI Può DEFINIRE QUESTO STATUS: L’IDEA DI CITTADINANZA LEGALE. Waldron mutua il concetto di legal citizenship da T.H. Marshall il quale scrive: L’elemento civile [della cittadinanza] consiste nei diritti necessari alla libertà personale, la libertà di espressione, di pensiero, di credo, al diritto di proprietà o di concludere contratti validi, il diritto al ricorso giurisdizionale. L’ultimo è un diritto di una specie particolare perché è il diritto di difendersi e di sostenere i propri diritti in termini di eguale considerazione e rispetto nonchè il diritto ad un giusto processo. In altri termini si tratta di eguaglianza di fronte alla legge. non è l’eguaglianza formale. E’ piuttosto il riconoscimento (1) che il diritto si auto-applichi; (2) il diritto al contraddittorio e al ricorso giurisdizionale; (3) il diritto alla motivazione di un provvedimento pubblico. In sintesi, ci dice WALDRON, la dignità consiste nel diritto dei cittadini a non essere guidati dalla legge come gregge al pascolo, ma di essere piuttosto guidati in modo che: - i cittadini si presumano ragionevoli, capaci di intendere e di volere e responsabili; - la legge sia comunemente seguita – e sia dunque comprensibile, conoscibile, praticabile e nella sostanza conforme all’antropologia dei cittadini; - che la coercizione – aspetto che caratterizza il diritto – sia somministrata con ragionevolezza, proporzionalità, con imparzialità; - che certi diritti siano garantiti. La tesi di WALDRON - quella secondo cui la dignità presupponga uno spostamento della società verso l’alto – è in esatta antitesi alla tesi secondo cui la cultura dei diritti sia invece la cultura della mediocrità, dell’uomo comune, del risentimento. Pensiamo alle riflessioni di BURKE sulla Rivoluzione Francese: “l’età della cavalleria è andata. Quella dei sofisti, degli economisti, dei calcolatori gli è succeduta…. Mai, mai più vedremo tributare una generosa lealtà allo status e al sesso, quella fiera sottomissione che dà dignità all’obbedienza. Ora tutto è cambiato. …tutte gli abbellimenti decorosi della vita sono stati spazzati via rudemente. Tutte le opinioni uscite dal guardaroba dell’immaginazione morale, di cui il cuore è padrone, e che l’intelletto ratifica, - tutte le opinioni necessaria per coprire i difetti della nostra nuda e tramante natura e per sollevarla alla dignità del nostro apprezzamento, sono oggetto di ludibrio, di ridicolizzazione, vengono liquidate come idee antiquate. In questo nuovo schema, un re è solo un uomo, una regina è solo una donna; una donna non è altro che un animale, un animale neanche dell’ordine più elevato”. Waldron si discosta da questo modo di vedere, tipico, a suo dire, del pensiero reazionario. Ecco testualmente la conclusione delle TANNER LECTURES: “questo è ciò che i reazionari comunemente dicono: se aboliamo la distinzione fra lignaggi, finiremo col trattare chiunque come un animale, “e un animale non dell’ordine più elevato”. Ma l’ethos della dignità umana ci ricorda che c’è un’alternativa: noi possiamo appiattire la scala degli status e dei lignaggi e tuttavia lasciare Maria Antonietta pressoché al posto di partenza… Il maltrattamento anche dell’infimo criminale sarà visto come sacrilego, una violazione della dignità umana”. F. NIETZSCHE: N. esprime la posizione diametralmente opposta a quelle precedentemente esposte. Si inserisce nella corrente di pensiero che vede nell’estensione dei diritti, nell’affermazione del principio di eguaglianza, espressione del deterioramento della natura forte dell’uomo eroico, virile. Anche il pensiero politico moderno è pervaso dallo stesso dissidio che aveva caratterizzato il mondo greco classico. Siamo costretti a scegliere fra una morale ambiziosa, aristocratica, anti-egalitaria – che mira all’armonia – e una morale meno ambiziosa – il cui ideale sommo è la giustizia giuridica – che tuttavia è aperta a tutti.