ANALISI DEI PARAMETRI CHIMICI UTILI A DETERMINARE IL LIVELLO QUALITATIVO DI UN OLIO VERGINE DI OLIVA. Chi oggi passeggia tra gli olivi sparsi nella campagna di San Donato Val Comino non può immaginare il lavoro ed i sacrifici dei nostri padri e nonni per coltivare queste piante che avrebbero dovuto dare alla loro famiglia un po’ di olio per il lungo inverno. Chiudete gli occhi e guardateli mentre potano, quasi accarezzandole, i piccoli rametti per diradarne la chioma con la sola forbice da pota avendo timore di usare la sega. Oggi sono pochi coloro che ancora potano gli ulivi e lo fanno con rumorose motoseghe che spaventerebbero i nostri avi. Anche la raccolta si sta ormai meccanizzando ed i tempi della stessa sono stati di molto anticipati. A dicembre ormai l’olio riposa nei contenitori di acciaio inossidabile mentre una volta a febbraio, sotto la neve, ancora si raccoglievano le olive, ormai cadute, per avere una maggior quantità di olio. Questo olio d’oliva resta, comunque, l’unico prodotto alimentare della nostra campagna e della nostra povera cucina. Favorito da un microclima ideale, visto il clima asciutto che impedisce la proliferazione della mosca dell’oliva, queste nostre olive marine (più del 90% del totale) ci offrono un olio privo di pesticidi ed anticrittogamici, dal sapore amaro-piccante che ne denota la sua straordinaria qualità. Nella tabella seguente sono riportati i principali componenti di un olio d’oliva che non è quello però di San Donato in quanto non esistono, al momento, indagini complete per conoscerne a fondo le qualità che sono strettamente legate alla sua composizione che deriva dalla varietà dell’ulivo, dal tempo e dal modo della raccolta delle olive, dalla lavorazione e dalla conservazione dell’olio. Noi dell’ITIS per chimici “Nicola Parravano” di Arpino vogliamo provare ad analizzarlo nel corso dei prossimi anni per rimediare a questa mancanza. Il lavoro non sarà facile perché dovremo sviluppare i metodi di analisi per le strumentazioni che abbiamo a disposizione nei nostri laboratori. Sarà comunque uno stimolante lavoro da offrire ai nostri alunni per accrescerne le conoscenze e da mettere a disposizione della comunità tutta. Ci apriremo al territorio e faremo conoscere le potenzialità di una scuola che da tanti decenni prepara ed offre al mondo del lavoro dei giovani competenti. COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO D’OLIVA FAMIGLIE grassi steroli %p/p COMPONENTI 99 0,2 15 acido oleico (monoinsaturo) 74 acidi grassi ω6 (linoleico) 8 acidi grassi ω3 (linolenico) 1 tra cui β-sitosterolo oleuropeina idrossitirosolo polifenoli 0,05 tirosolo altri FUNZIONI SVOLTE %p/p acidi grassi saturi Responsabili della liquidità del grasso olio. Danno maggiore stabilità nel tempo ed alla cottura rispetto agli oli di semi. Vengono definiti essenziali poiché non possono essere sintetizzati dall’organismo e debbono necessariamente essere introdotti con la dieta. Influenzano l’aggregazione piastrinica, la vasodilatazione e costrizione delle arterie coronariche e la pressione del sangue. Nell'olio di olivo extravergine hanno il giusto rapporto: circa 10:1. Proteggono dai tumori al colon, seno e prostata e riducono l’assorbimento intestinale del colesterolo; riducono i valori di LDL-colesterolo senza alterare quelli di HDL-colesterolo proteggendo dalle malattie cardiovascolari. Danno resistenza all’ossidazione dell'olio sia a temperatura ambiente che nella cottura. Hanno un ruolo protettivo nei confronti di tumori alla mammella, stomaco, colon, endometrio, ovaio e prostata. Svolgono un ruolo anti-aterogenico poiché ritardano l’ossidazione delle LDL-colesterolo, strettamente correlato alla formazione delle placche aterosclerotiche. Inoltre svolgono un ruolo protettivo nei confronti di altre patologie quali l’ipertensione arteriosa. Hanno un ruolo protettivo verso le infezioni batteriche del tratto intestinale e respiratorio nell’uomo. provitamina A - β-carotene vitamina F (acido linoleico+linoleico) vitamine liposolubili 0,3 vitamina E (a-tocoferolo) Hanno azione antiossidante. vitamina C (come ascorbil palmitato) vitamina D clorofilla 0,05 Svolge un ruolo di eccitamento sul metabolismo, di stimolo i crescita cellulare e sulla produzione del sangue e di accelerazione dei processi di cicatrizzazione. squalene 0,4 Numerosi studi condotti in Spagna, Grecia ed Italia attribuiscono allo squalene un’azione preventiva nei confronti del tumore al seno ed al pancreas. tab. 1 Per quest’anno ci siamo concentrati sulle analisi di verifica della conformità di otto campioni di olio d’oliva alla categoria di extravergine. Gli oli ottenuti dal frutto dell’olivo solamente mediante processi naturali quali la spremitura, senza alterarne l’olio, e che abbiano subito solo processi di lavaggio, decantazione, centrifugazione e pressione, sono definiti vergini. Tutti gli oli di semi quali, per esempio quello di mais e di girasole, sono invece ottenuti per estrazione dell’olio mediante processi chimici con l’utilizzo di solventi che poi vengono eliminati dal prodotto. In seguito, dall’analisi dei parametri chimici di acidità, numero di perossidi e dall’analisi spettrofotometrica nell’ultravioletto distinguiamo gli oli vergini in: • • • extravergine, vergine, vergine lampante. Quello che rientra nella definizione di olio extravergine dì oliva è l’olio del miglior livello qualitativo, che risponde a determinati parametri analitici e, a livello organolettico, è privo di difetti. Se l’olio ha i parametri chimici alterati o presenta uno o più difetti, scade nelle categorie inferiori di vergine o vergine lampante, in relazione all’intensità delle alterazioni chimiche ed organolettiche. L’olio lampante è talmente cattivo che una volta veniva utilizzato per l’illuminazione o per l’alimentazione degli schiavi. Gli oli d’oliva vergini lampanti non sono attualmente ammessi al consumo, ma vengono inviati alla rettifica dove subiscono dei processi chimici di deodorazione, per togliere i cattivi odori; decolorazione, per portar via i “brutti” colori; disacidificazione, per abbassare l’acidità, trasformandosi in oli d’oliva raffinati, inodori, incolori ed insapori. L’analisi di acidità, numero di perossidi e nell’ultravioletto sono fondamentali per conoscere se la filiera di produzione e conservazione funziona correttamente. La stessa Comunità Economica Europea nel regolamento CEE n. 2568 del 1991 nella revisione del 2004 (testo attualmente vigente) regolamenta il modo di assegnare la giusta categoria agli oli di oliva indicando le analisi da fare, i valori dei parametri che non devono essere superati per rimanere nella migliore categoria ed anche le metodiche di analisi. Alti valori di acidità evidenziano un’alterazione di tipo lipolitico (demolizione dei grassi). Viene espressa in % di acido oleico, l’acido grasso maggiormente presente in un olio da olive. È determinata mediante una semplice titolazione acido-base ma non è percepibile a livello organolettico. Il limite di acidità per un olio extravergine di oliva è pari allo 0,8%. L’acidità si forma a seguito della degradazione della struttura cellulare del frutto, quando l’olio, che normalmente è contenuto nel vacuolo, va a contatto con gli enzimi cellulari (lipasi), liberando acidi grassi dai trigliceridi. Valori di acidità che tendono al limite superiore spesso indicano problemi insorti durante la filiera produttiva e sono sovente accompagnati da difetti percepibili a livello organolettico (in particolare avvinato, riscaldo, muffa). I problemi possono essere legati al cattivo stato sanitario delle olive (in particolare attacchi di mosca), ad uno stadio di sovra maturazione, ad un’eccessiva morbidezza della polpa e conseguenti ammaccature dei frutti durante la raccolta, ad un’errata conservazione delle olive o errata trasformazione, soprattutto in presenza di fiscoli “inquinati”, che trattengono residui delle lavorazioni precedenti e rappresentano un focolaio dell’attività lipasica. Sovra maturazione ed errata conservazione delle olive raccolte erano un problema che il nostro olio ha avuto fino ad una quindicina di anni fa: la raccolta delle olive veniva protratta anche fino a febbraio e venivano ammucchiate per molti giorni prima di essere portate al frantoio. Oggi, la precocità della raccolta, il trasporto con apposite cassette che contengono piccoli quantitativi di olive ed arieggiate, la rapida trasformazione, ne hanno migliorato la qualità. Un’acidità molto bassa è, quindi, segnale di una corretta filiera; è condizione necessaria, ma non sufficiente, per dimostrare un elevato livello qualitativo dell’olio; per questo diventa necessario il supporto di altri parametri qualitativi, in particolare l’esame organolettico. Un elevato numero di perossidi è indice di un’alterazione di tipo ossidativo, sinonimo di degradazione ed invecchiamento. Il numero di perossidi indica il grado di ossidazione primaria dell’olio, quindi la sua tendenza a irrancidire e viene espressa in milliequivalenti di ossigeno per chilo di olio (meq O2/kg). In base all’attuale normativa il limite relativo al numero di perossidi è 20, al di sopra del quale l’olio è lampante. Un valore è buono se al di sotto di 10-12. I perossidi si formano ad opera dell’ossigeno dell’aria e per l’azione di alcuni enzimi specifici presenti nel frutto, le lipossidasi, che vanno a ossidare gli acidi grassi, in tutte quelle situazioni in cui lesioni cellulari permettono il contatto tra l’enzima e l’olio. Anche durante la conservazione dell’olio, la semplice presenza dell’ossigeno può attivare l’ossidazione chimica a carico degli acidi grassi, con conseguente formazione di idroperossidi. La reazione, una volta avviata, procede a catena ed è irreversibile, favorita dalla luce, dal calore e dall’aria. I perossidi sono inodori e insapori, per cui non percepibili a livello organolettico ma, essendo molto instabili, si decompongono facilmente dando luogo alla formazione di aldeidi e chetoni, responsabili del difetto di rancido. Un elevato numero di perossidi evidenzia un processo di ossidazione già avviato e irreversibile, riconducibile, il più delle volte, ad una cattiva conservazione dell’olio: in recipienti non chiusi, al caldo o alla luce (pensate a quelle bottiglie di olio in bella mostra sugli scaffali dei supermercati!). Un basso numero di perossidi, invece, non è necessariamente legato a qualità elevata, in quanto l’ossidazione può essere passata alla fase secondaria, in cui i perossidi si decompongono in aldeidi e chetoni. È quindi necessario accompagnare l’analisi dei perossidi con l’esame spettrofotometrico e il saggio organolettico. La determinazione delle costanti spettrofotometriche K232, K270 e del ∆K viene realizzata con lo spettrofotometro in laboratorio mediante lettura degli assorbimenti a 232, 266, 270 e 274 nanometri. I limiti per un olio extravergine sono 2,5 per il K232, 0,2 per il K270 e 0,01 per il ∆K. L’analisi spettrofotometrica evidenzia processi di raffinazione o fenomeni di ossidazione e invecchiamento dell’olio. Un aumento del K232, evidenzia un’ossidazione primaria, con formazione di perossidi, mentre un aumento del K270 evidenzia un’ossidazione secondaria, con formazione di aldeidi e chetoni. Appare chiara l’importanza di questi tre parametri nell’analisi di un olio di oliva: ci dicono se la raccolta e la lavorazione delle olive e la conservazione dell’olio sono state effettuate nella maniera migliore possibile per avere un olio dall’elevata qualità. Altri parametri chimici, quali i polifenoli, sostanze antiossidanti presenti nel frutto e nelle foglie dell’olivo responsabili del gusto amaro-piccante dell’olio, sono invece utili a caratterizzare l’olio, in quanto legati strettamente alla varietà ed alla zona di produzione, oltre che allo stadio di maturazione. I polifenoli sarà il nostro prossimo parametro per cui dovremo sviluppare un metodo di analisi. I RISULTATI Il “Frantoio dell’Antico Borgo” della società Agriservice s.n.c., che opera nel comune di San Donato Val di Comino, in provincia di Frosinone, ci ha fornito otto campioni di olio di oliva ottenuti per spremitura: sette della campagna olearia 2008 ed uno di quella del 2007. Nella tabella seguente sono riportati i risultati delle analisi condotte nei nostri laboratori. 1-2008 2-2008 3-2008 Acidità - % acido oleico 0,5 0,4 0,5 Numero di perossidi - meq O2/kg 10 13 11 K232 2,29 2,12 2,23 K270 0,22 0,16 0,13 0,00 -0,01 0,00 ∆K Le analisi sono state condotte nei laboratori dell’ITIS “N. Parravano” di Arpino Giuseppe Cianfarani e Fabio Cellucci con il supporto dell’A.T. Antonio Visca. 4-2008 5-2008 6-2008 7-2008 8-2007 0,4 0,4 0,7 0,4 0,5 11 11 12 11 17 2,30 2,40 2,32 2,38 2,13 0,12 0,15 0,14 0,14 0,17 0,00 -0,01 0,00 -0,01 0,00 dalle classi IVA e VC coordinate dai prof.i Marina Casavecchia, Tab. 2 Tali risultati devono essere confrontati con i limiti riportati nella tabella 3, imposti dalla Comunità Economica Europea. Caratteristiche di qualità di un olio di oliva extravergine di spremitura Acidità - % acido oleico Numero di perossidi – meq O2/kg K232 K270 ∆K Tab. 3 Limiti regolamento CEE n. 2568 del 1991 nella revisione del 2004 ≤0,8 ≤20 ≤2,50 ≤0,22 ≤0,01 Si nota come Il valore medio di acidità di questi oli risulta essere dello 0,5%. Tale basso indice di acidità ci conferma: che non ci sono stati problemi sanitari (assenza della mosca), che le olive sono state raccolte precocemente e non in uno stadio troppo maturo, che la raccolta è stata fatta in maniera corretta senza ammaccare eccessivamente il frutto, che la produzione è risultata buona e non inquinata da lavorazioni precedenti di olive con elevata acidità. Il valore medio di numero di perossidi è risultato di 12meq O2/kg. Tale basso indice di ossidazione ci conferma che la conservazione dell’olio, fino a questo momento, è risultata corretta. L’olio in questo periodo non è venuto a contatto con eccessivi carichi di ossigeno (aria), né con il caldo e né con la luce. Il campione più vecchio, anno 2007, mostra comunque un valore più alto di ossidazione. Se si volesse aumentare la conservabilità di quest’olio bisognerebbe modificare le condizioni ambientali al suo intorno. Le costanti spettroscopiche rientrano tutte nei limiti del regolamento CEE n. 2568 del 1991, revisione del 2004, a dimostrazione che tutti gli oli non mostrano un invecchiamento apprezzabile. Dai risultati così ottenuti risulta che tutti gli oli posseggono le caratteristiche di qualità richieste dal regolamento CEE e sono, quindi, classificabili nella categoria degli oli extravergine di oliva: oli della miglior qualità. Un’ultima considerazione ci viene offerta dai dati presentati nell’ultima tabella, la 4. Vi è riportata la variazione del numero di perossidi degli oli di oliva analizzati nel tempo (circa un mese di permanenza in una stanza a contatto con la luce ed il caldo dell’ambiente – condizioni ambientali in cui si trovano le oliere nelle nostre cucine e le bottiglie di olio in molti negozi). Numero di perossidi - meq O2/kg Iniziale Dopo circa un mese 1-2008 10 13 2-2008 13 18 3-2008 11 16 4-2008 11 15 5-2008 11 15 6-2008 12 17 7-2008 11 15 8-2007 17 24 Tab. 4 Dopo appena qualche settimana, passata nelle condizioni su menzionate, tutti gli oli risultano invecchiati. Il campione dell’annata 2007 risulta essere passato alla categoria degli oli lampanti, quelli scadenti, ed all’assaggio mostra sapore di rancido. Questa tabella ci dimostra: 1. l’importanza delle condizioni ambientali sulla conservazione di questo nostro pregiato alimento; 2. l’importanza di seguire protocolli standard di raccolta, lavorazione e conservazione; 3. la necessità di un maggiore controllo della qualità degli oli di oliva immessi sul nostro mercato per preservare contemporaneamente i consumatori e tutti gli altri produttori. N.B.: alcuni dati sono stati riprodotti dal sito www.gbianchi.it/news/parametri-chimici-olio-di-oliva Professor Fabio Cellucci docente di analisi chimica strumentale dell’Istituto di Istruzione Superiore “Tulliano” di Arpino, sezione ITIS per chimici “Nicola Parravano”